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Preti veneti in crisi di nervi: "pochi e con troppo lavoro", Poveracci, con l'8 x 1000 e tutto spesato rischiano il manicomio. Manca solo il sesso. O forse no

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view post Posted on 31/3/2024, 22:21

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Veneto, sacerdoti sull'orlo di una crisi di nervi: «Pochi e con troppe incombenze»
diGloria Bertasi
Sono sempre meno e spesso devono dividersi tra più parrocchie. Ai compiti spirituali si sommano quelli amministrativi, così i preti vanno in burnout e dicono basta
31 marzo 2024
Due, tre, a volte quattro parrocchie da seguire, talvolta tra loro distanti, o in montagna dove anche dieci o quindici chilometri di tornanti possono complicare gli spostamenti tra paesi abbarbicati sulle Dolomiti. E sempre più mansioni da espletare, dalla organizzazione delle attività quotidiane alla gestione amministrativa di asili parrocchiali e chiese e se sono (come spesso accade nelle città e nei borghi veneti) beni monumentali con all’interno opere d’arte di valore storico e culturale, bisogna pensare anche alla tutela. Senza contare il compito principale del sacerdote, guida spirituale per le proprie comunità. Con fedeli anziani spesso soli e famiglie in difficoltà ad arrivare a fine mese.

L'anno sabbatico come difesa
Questioni che impegnano tutto il giorno i sacerdoti che incappano in problemi di ogni genere e succede che, anche loro, soffrano di stress, si affatichino e si sentano soli con un fardello sulle spalle, sempre più difficile da portare. E così, ogni anno, in ogni diocesi del Triveneto, di media, due o tre preti chiedono di staccare beneficiando dell’anno sabbatico, un istituto non dissimile a quello di cui beneficiano i docenti dell’università e che permette fino a un anno di stop dai compiti parrocchiali. È accaduto di recente, nel Bellunese, dove i parrocchiani di don Andrea Piccolin non lo hanno più trovato in chiesa a metà marzo: gestiva le parrocchie di Falcade e Caviola e ha concordato con il vescovo Renato Marangoni un periodo lontano dagli impegni pastorali. Troppo stress, sarebbe la motivazione. Piccolin taglia corto: «Non sarà un anno intero ma solo un periodo — spiega —. Non c’è altro da aggiungere». Dalla parte opposta del Veneto, qualche anno fa, lo stop chiesto da don Daniele Spadon da Occhiobello, Garzone e Santa Maria Maddalena, in Polesine, stupì tutti: «Ho bisogno di un periodo di pausa, ma continuerò a servire la Chiesa — aveva detto —. Non esiste alcun dissidio, anche noi parroci siamo uomini e ho manifestato la mia necessità di fermarmi». E di una «pausa» ha avuto bisogno anche don Mauro Da Rin Fioretto che seguiva quattro comunità: Vigonza, Peraga, Codiverno e Pionca nel Padovano.

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Il disagio di tutti
Storie e crisi (non necessariamente dal sacerdozio) di cui le diocesi si occupano perché «il senso di disagio in questa nostra società tocca tutti, laici e non», sottolinea monsignor Giuliano Zacchi, vicario generale della diocesi di Padova. La vita sempre più frenetica, i mille impegni, il servizio agli altri, il mondo in corsa costante: «Di fronte a tutto questo si può provare un senso di solitudine, si cerca di reagire con perseveranza, ci si confronta ma succede di aver bisogno di sostegno — continua — e le diocesi ci sono, con percorsi personalizzati, accompagnamento psicologico: l’importante è farsi aiutare». Che, poi, è quello che i sacerdoti dicono ai propri parrocchiani: «Perché l’unità della vita va custodita e questo vale per tutti», aggiunge Zacchi.

Vocazioni in calo
In questo si inserisce pure il fatto che i preti sono sempre meno, il calo delle vocazioni è un tema reale ma le chiese vanno gestite: tutte le diocesi si stanno riorganizzando, «con maggiore protagonismo dei parrocchiani — dicono le diocesi — la chiesa sta cambiando».
Scherza monsignor Osvaldo Checchini, vicario generale di Verona: «Pure io, con l’età che avanzava, avevo chiesto una parrocchia più piccola, mi occupavo nel Bresciano (sotto la diocesi scaligera, ndr) di tredici parrocchie, con teatro e palestra e invece poi sono stato nominato vicario — sorride —. C’è da dire che c’è sempre stato chi si prendeva del tempo per riflettere, andando in strutture o ad aiutare un amico prete. Ma oggi la vita è diventata più faticosa, si corre sempre. Ci si sente affannati, capita in ogni famiglia. Il prete mette tanto impegno, poi magari i risultati non sono quelli sperati… e anche noi siamo, come la società, sempre più anziani». La chiesa cerca di supportare i propri sacerdoti: «A Zevio c’è il centro Padre Venturini nato nel Dopoguerra proprio per chi è in difficoltà».

La pausa e i veri significati
Conferma Donato Pavone, vicario episcopale per il clero della diocesi di Treviso: «Nei tempi che viviamo nessuno è immune dal rischio di fatiche, crisi, stress, e anche i sacerdoti possono vivere queste dimensioni in particolari momenti della loro vita. Tanto più che il contesto sociale e culturale è in forte cambiamento, anche per quanto riguarda la figura e il ruolo dei preti, e dei parroci in particolare». Ma vanno sfatati due miti: non tutti quelli che chiedono l’anno sabbatico sono in crisi e questo periodo di pausa non porta necessariamente all’abbandono del sacerdozio. «C’è chi ha bisogno di un tempo di riposo fisico, a qualcuno pare di sentire una “seconda chiamata”, altra rispetto alla prima, su cui desidera fare maggiormente luce, c’è chi si sente “scarico” e chiede di poter dedicare un po’ di tempo straordinario alla propria formazione personale. Le motivazioni possono essere le più disparate — conclude —. Non è più possibile pensare che ciascun prete debba trovare da solo un equilibrio: c’è infatti qualcosa di sistemico nella condizione “faticosa” del prete oggi».
 
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