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Le 13 monache ribelli di Pienza e la raccolta fondi della setta del vescovo Viganò, Decapitate perché troppo disinvolte. La diocesi manda i carabinieri. I misteriosi finanziamenti alla setta del prelato complottista no vax

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Stefano Chiappalone

Le monache di Pienza non ci stanno a passare per disobbedienti

Ancora un "giallo" che riguarda una comunità benedettina femminile, destinataria prima di una visita apostolica e poi costretta per decreto a cambiare i suoi vertici. Le religiose però replicano al comunicato diocesano e impugnano sul piano canonico le misure vaticane. Obbedienza sì, ma non cieca.

ECCLESIA 23_02_2023

Dopo il caso di Ravello, a Pienza c’è un’altra comunità benedettina femminile nell’occhio del ciclone. Questa volta il braccio di ferro si svolge tra la diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza, il monastero “Maria Tempio dello Spirito Santo” e il Dicastero vaticano per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica che ha disposto dall’alto di sostituire i vertici della comunità. Ma le monache non ci stanno a passare per disobbedienti e intendono rispondere non solo sul piano mediatico ma soprattutto su quello canonico.

Ancora una volta conviene ricordare la natura sui iuris dei monasteri contemplativi femminili, che hanno una propria autonomia giuridica (ribadita anche dalle norme più recenti, come l’istruzione Cor orans). La comunità di Pienza è costituita da religiose italiane e straniere, con varie provenienze ecclesiali (per esempio il Cammino neocatecumenale), originariamente presenti nel monastero “Santa Maria delle Rose” di Sant’Angelo in Pontano, nel maceratese. Dopo un’esperienza in Olanda, nel 2017 sono state accolte a Pienza dall’allora vescovo mons. Stefano Manetti. Una comunità giovane in tutti i sensi, anche per l’età media delle componenti decisamente più bassa rispetto ad altre realtà costrette a chiudere dall’anagrafe. La diocesi concede loro i locali del seminario e le sostiene anche economicamente (un monastero di nuova fondazione, non dispone infatti di propri beni). Le monache dal canto loro alla vita di preghiera affiancano anche l’ospitalità e il lavoro, come stabilisce la Regola di San Benedetto.

A partire dall’estate del 2022 si verificano alcuni cambiamenti, non sappiamo se e in che misura collegati tra loro. Dopo la nomina a Fiesole di mons. Manetti, a luglio 2022 la diocesi viene unita in persona episcopi a quella di Siena, guidata dal cardinale Paolo Augusto Lojudice. A novembre il monastero di Pienza riceve una visita apostolica, decisa dal dicastero vaticano mesi prima dell’arrivo di Lojudice – come afferma la diocesi. Passata la visita le monache non ne vengono a sapere gli esiti fino al 13 febbraio 2023 quando vengono notificati loro dei decreti del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, che dispone la decapitazione e la sostituizione dei vertici e l'ingresso nella Federazione monastica Picena.

Quale sia la colpa delle monache non è dato saperlo. Il comunicato della diocesi (non firmato) apparso in questi giorni si limita a far riferimento alla visita apostolica di novembre, ma senza specificare quali sarebbero le mancanze riscontrate, e lamentando che dopo sei giorni le religiose ancora non si sono adeguate al cambio coatto della badessa. Alcuni passaggi sembrano alludere a moventi economici («si rende presente che non sono autorizzate in alcun modo raccolte di denaro da inviare a conti del monastero o tantomeno intestati a persone fisiche»). «Cause “efficienti” che nemmeno lo stesso Dicastero ha mai menzionato», replica la comunità monastica, che in un suo comunicato del 20 febbraio lamenta la mancata discrezione del comunicato diocesano, di cui peraltro sono venute a conoscenza indirettamente dal web malgrado riguardasse proprio loro. Un testo, a loro avviso, aggravato «dai toni intimidatori» nonché lesivo «dei diritti propri di questa Istituzione ecclesiastica e di ciascuna di noi come consacrate».

Le monache reclamano chiarezza anche riguardo ai decreti vaticani, che oltre a non specificare esattamente le carenze (e neanche la visita apostolica), «recano, infatti, grossolane anomalie e vistose problematicità giuridiche che, anche grazie al supporto di alcuni canonisti, sono state già rilevate ed eccepite nei modi opportuni previsti dal Diritto canonico presso le sedi competenti». In breve, li stanno impugnando e respingono «ogni accusa, anche solo remota, di disubbidienza e resistenza, ai comandi dei legittimi Superiori quando comandano secondo diritto». Sottolineatura (nostra) di non poco conto, tanto più che le religiose ricordano la natura sui iuris del monastero che in quanto tale «dipende esclusivamente dalla Santa Sede». E «ritenendosi gravate da quanto impropriamente affermato e divulgato, diffidano la Diocesi di Montepulciano- Chiusi-Pienza ad astenersi da posizioni, esternazioni ed azioni che trascendano le materie di propria competenza ed esuberino i margini della propria giurisdizione canonica». Obbedienza sì, ma non cieca.

A complicare la situazione concorrono certe grida mediatiche tali da chiedersi se gli articolisti abbiano mai visto un qualsiasi santuario o monastero. Si leggono allarmi giornalistici sull’attività “alberghiera”, ovvero nient’altro che la possibilità di alloggiare in foresteria, altro aspetto praticamente normale, anzi parte integrante dell’ospitalità benedettina (e in generale religiosa), e non ci sarebbe nulla di male a pagare qualcosa per contribuire alle spese – cosa dovremmo dire allora delle case per ferie, diffusissime specialmente nell’Urbe, gestite da ordini religiosi magari nati con tutt’altri scopi? Si “titoleggia” persino sull’uso del web e dei social da parte delle religiose. Eh sì, le claustrali hanno un sito e pure una pagina Facebook (per il vero, poco aggiornata). Semmai al giorno d’oggi la “stranezza” sarebbe trovare un chiostro che non si affacci sul web. E addirittura se ne servirebbero per fare reclutamento servendosi del mezzo virtuale per parlare della bellezza della propria vocazione e proporre un ritiro alle ragazze potenzialmente interessate. Cioè, un ritiro vocazionale, come si usa pressoché in tutti gli ordini religiosi e nei seminari. E come altrimenti? Preferivate forse che regalassero bambole di pezza raffiguranti la monaca di Monza? Sorvoliamo sul “traffico” di candele, rosari e prodotti alimentari – ribadiamo: come fa qualsiasi monastero – perché se la situazione non fosse seria, questi allarmi sul “business della marmellata” farebbero sbellicare dalle risate.

In mancanza di specifici “capi d’accusa” siamo legittimati ad avanzare qualche ipotesi, a partire da come si presentano queste monache e da ciò che raccontano di se stesse. Sono donne moderne, che usano mezzi moderni, ma che non sposano acriticamente la modernità. Pregano secondo la liturgia post-conciliare, ma forse – avanziamo un’ipotesi – quel look così tradizionale concorre a renderle sospette. Aprendo il loro sito si viene sopraffatti da una “ventata” di gregoriano. Vestono interamente l’abito monastico e vivono integralmente la regola benedettina. Nella compostezza della preghiera e nella gioia della quotidianità si comportano da religiose, anzi da “Spose di Dio”, non da operatrici sociali o da opinioniste. E questo è un punto a sfavore nell’attuale clima ecclesiale.


www.open.online/2023/02/25/suore-p...tivi-ufficiali/
Suore di Pienza, galeotto fu il mercatino pubblicizzato sui social? Le benedettine “ribelli” rispondono alla diffida della diocesi: «Epurate senza motivi ufficiali»
25 FEBBRAIO 2023 - 21:37
di Redazione

«L’obbedienza non è cieca e supina subordinazione a comandi arbitrari» ha scritto il gruppo delle 13 monache di clausura nel comunicato ufficiale diffuso poche ore fa

«Un’epurazione senza motivi ufficiali: vogliamo capire di cosa siamo accusate». Così le suore di Pienza parlano in una nota ufficiale dopo la diffida formale della diocesi nei loro confronti. Galeotto può essere stato quel mercatino di biscotti e marmellate che le monache di clausura avrebbero pubblicizzato sui social, con tanto di invito rivolto alle giovani donne dai 18 ai 38 anni «che vogliano provare l’esperienza della vita claustrale per una settimana». Una specie di strategia social per attirare vocazioni che sembrerebbe aver dato noia alla Santa Sede. Dopo le polemiche degli ultimi giorni e le domande sulle reali ragioni della punizione al gruppo di religiose, le 13 sorelle chiedono nel documento ufficiale una risposta dettagliata sulle accuse motivanti la diffida formale ricevuta. «Non vi sono affatto atteggiamenti disallineati ma piuttosto vi è legittimo esercizio dei diritti che lo stesso diritto canonico riconosce», scrivono nel comunicato le 13 benedettine. Pochi giorni fa era stata la Santa Sede a decidere il trasferimento della madre superiora Diletta Forti, non senza critiche da parte del gruppo di suore, che ora torna a parlare. «La professione religiosa perpetua non priva chi la emette né della voce né della ragione, l’obbedienza è un ossequio dell’intelletto e della volontà ai comandi legittimi e secondo giustizia, non cieca e supina subordinazione a comandi arbitrari», scrivono in loro difesa. «Siamo state oggetto di provvedimenti che si traducono in una punizione senza che ci sia spiegato qual è il comportamento per cui saremmo state sanzionate. Non è indicata quale legge avremmo violato e nemmeno è indicato un comportamento contrario alla legge canonica: nei decreti non c’è nulla». Le benedettine definiscono poi «mortificante» il dover accettare una punizione «senza nemmeno sapere perché si viene punite».

https://corrierefiorentino.corriere.it/not...1dafdbxlk.shtml
5 mar 2023

Le monache di Pienza, la villa, il Vaticano: storia di intrighi e di marmellate
diAldo Tani
Viaggio a Pienza dopo il duello sul convento. Il sindaco: lì i migranti? Non ne so nulla

Le monache, la villa, il Vaticano: storia di intrighi e di marmellate

Social forse lo erano già. Famose no. Lo sono diventate in queste settimane. Da quando la loro storia è diventata di dominio pubblico. Al punto da richiamare curiosi al cancello del Monastero «Maria Tempio dello Spirito Santo» di Pienza. Giovani che si fermano e leggono il comunicato affisso al cancello da Diletta Forti, la madre superiora. «La pietra dello scandalo» dopo il decreto che la vuole fuori dal convento per ordine del Vaticano. La religiosa, che guida un gruppo di tredici monache benedettine, non ne ha voluto sapere e si è arroccata all’interno della struttura.

A suo carico c’è una relazione fatta da un delegato apostolico, inviato dalla Santa Sede per verificare la situazione. E adesso anche una diffida che porta la firma dell’avvocato Alessandro Pasquazi, in qualità di consulente legale della Diocesi. Le benedettine rischiano di essere ridotte allo stato laicale. Movimenti che sorvolavano l’abitato di Pienza, dove le monache sono argomento di dibattito da anni. I pientini non avevano preso bene l’addio delle Stimmatine, pienamente integrate nella comunità, ma quando nel 2017 si fecero avanti queste nuove religiose, in arrivo dall’Olanda, l’auspicio era di dare continuità a questa presenza. Invece, da allora l’amore non è mai sbocciato.

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Pienza, vendono candele e rosari: bufera sulle monache (ma la superiora ribelle non lascia il monastero)

Anzi, il rapporto si è incrinato quasi subito. «Compravano marmellate al supermercato, sostituivano l’etichetta e le rivendevano come nostrali», racconta una ragazza intenta a camminare lungo la via che costeggia il monastero. Sarebbe sbagliato ridurre la questione alla sola attività commerciale, perché in paese erano diverse le questioni che causavano malumore. Come quando



www.corriereadriatico.it/ascoli_pi...ie-7275233.html

Suore troppo social, i carabinieri di Ancona sentono la mamma di una monaca
Lo rivela l'arcivescono Viganò in un documento a difesa delle suore: ecco cosa scrive
Suore troppo social, la Procura accende un faro sul caso delle monache marchigiane a Pienza

di Maria Teresa Bianciardi

Mercoledì 8 Marzo 2023, 16:26 - Ultimo aggiornamento: 18:12

ANCONA - Un altro capitolo si aggiunge nell'intricata e inconsueta vicenda legata alle 13 suore di clausura ospitate nel monastero di Pienza dopo essere state costrette a lasciare il convento marchigiano a Sant’Angelo in Pontano reso inagibile dal terremoto del 2016. Sul caso infatti starebbero indagando i carabinieri di Montepulciano e la Procura competente avrebbe acceso un faro per capire cosa ci sia dietro tutto il polverone sollevato nelle ultime settimane.

Secondo quanto rivelato dall'arcivescovo Carlo Viganò la mamma di una suora sarebbe stata ascoltata dai carabineri di Ancona il 28 febbraio: «Secondo quanto a me riportato - riferisce Viganò - le domande che le sono state rivolte nel corso di un interrogatorio serrato e traumatizzante, erano di questo tenore: Può visitare sua figlia? Ogni quanto? L’ha mai vista triste o preoccupata? Si è mai lamentata di come vive, o ha fatto delle confidenze su problemi in Monastero? Chi custodisce il telefono in Monastero? Sua figlia può mandare messaggi e usare WhatsApp, oltre a chiamare?».

Dalle Marche a Pienza, il caso delle suore di clausura finisce il Procura
Un passo indietro. Le monache sono finite nel mirino del Vaticano e della Diocesi toscana dopo avere trasformato la regola dell’ora et labora in una missione 4.0, aprendo un sito (www.monesteropienza.it) ed attivando una pagina Facebook - Monastero Maria Tempio dello Spirito Santo - con 2.500 follower dove si invita a condividere «la nostra vita quotidiana, pregando e lavorando insieme a noi, per incontrare Cristo, scoprire il Senso della tua vita e trovare il riposo dello spirito».

Nei post le foto delle stanze riservate agli ospiti, sul sito lo spazio dedicato alle donazioni. Troppo social per essere monache di clausura, tanto che la Santa Sede ha inviato sul posto un nunzio apostolico a cui è seguito il commissarimento della madre superiora suor Diletta Forti, di Ascoli e la diffida della Diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza e dell’Arcidiocesi di Siena per avere «posto in essere una serie comportamenti totalmente disallineati con la loro scelta di vita, in aperta violazione con le norme regolatrici del codice di diritto canonico e del loro ordine cui, per libera scelta, hanno prestato sincera ed incondizionata obbedienza».

Dal 22 febbraio, giorno in cui la monache - 11 marchigiane, 1 taiwanese e 1 maltese - hanno pubblicato su Facebook un documento in cui rimandano al mittente tutte le "accuse" mosse, il silenzio.


Le suore si sono affidate all'avvocato ascolano Francesco Ciabattoni per portare avanti il ricorso, ma nel frattempo dalla Toscana arrivano notizie che la Procura di Siena avrebbe acceso un faro sulla vicenda, mentre i carabinieri della compagnia di Montepulciano starebbero raccogliendo testimonianze di persone ritenute “informate sui fatti” per capire quanto sia avvenuto nei mesi prima che il caso divenisse pubblico.
A difesa delle monache di clausura, due interventi molto accesi dell'arcivescovo Carlo Viganò, in cui si analizza anche l'ipotesi che il monastero di Piena possa servire per la realizzazione di un centro di accoglienza per profughi.

Il caso della piscina a Sant'Angelo in Pontano
Nel 2015 proprio a Sant'Angelo in Pontano le stesse suore erano finite nel mirino della Procura di Macerata per una piscina realizzata all'interno del convento su segnalazione di un cittadino che aveva comunicato al Comune il crollo di un muro di una casa del convento di via Castello e da dove si vedeva proprio l'impianto natatorio. Questione risolta nel giro di pochi mesi, dopo l'intervento dell'ufficio tecnico comunale e della Procura che aveva chiesto informazioni circa la presunta abusività della piscina: a gennaio 2016 infatti le suore comunicarono lo smantellamento della struttura. Caso chiuso, ma le polemiche andarono avanti per diverso tempo.


www.radiosienatv.it/caso-monache-r...-intimidazioni/

Arcivescovo Viganò: "Vita religiosa monache Pienza compromessa da grottesca sequela di aggressioni, minacce e intimidazioni"
Duro intervento dell'Arcivescovo che difende le suore "l’azione del Vaticano è del tutto pretestuosa" e lancia una raccolta fondi per sostenere le religiose
CRONACA SIENA
Di Redazione | 5 Aprile 2023 alle 15:30

Arcivescovo Viganò: "Vita religiosa monache Pienza compromessa da grottesca sequela di aggressioni, minacce e intimidazioni"
Caso delle “monache ribelli” di Pienza, un nuovo lungo e duro intervento dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Come si ricorda le tensioni sono nate per alcuni asseriti comportamenti (la vendita online e nei mercatini per strada di oggetti, alcuni post social) ritenuti dalle autorità religiose e superiori troppo disinvolti e fuori dalle regole. La vicenda ha interessato marginalmente anche i Carabinieri locali che hanno ascoltato alcune testimonianze e raccolto informazioni, e la Procura di Siena, che però non ravvisa reati o condotte da approfondire, con la vicenda che è da ricomprendere nel perimetro ecclesiastico. “Ciò conferma – principia Viganò – l’anomalia del ricorso al “braccio secolare” da parte della Curia e della Federazione benedettina, frettolosamente messo da parte perché palesemente abusivo e irregolare”.

L’Arcivescovo non lesina critiche alle autorità religiose e va in difesa delle monache: “Va parimenti ricordato che la decisione della Diocesi e della Federazione di diramare un comunicato contro le Monache ha suscitato clamore e comportato un grave danno alla reputazione delle Religiose, definite dalla stampa «suore ribelli» a causa delle accuse generiche e diffamatorie loro rivolte dall’Autorità ecclesiastica. Se le Monache si sono viste costrette a tutelare pubblicamente il loro buon nome, ciò si è reso necessario per l’imprudenza sin troppo disinvolta della Curia di Pienza”.


“Dopo la Visita Apostolica decisa dal Dicastero romano senza fornirne preventivamente le motivazioni e senza comunicarne gli esiti, le Monache si erano viste comparire a Pienza gli emissari del Vaticano che pretendevano di dare esecuzione a dei decreti non notificati regolarmente, e il 18 Febbraio avevano inviato – a norma del can. 1734, §1 – le loro Remonstrationes per chiedere di essere informate delle presunte accuse loro rivolte, in modo da potersi difendere. A tali Remonstrationes la Santa Sede avrebbe dovuto rispondere entro il termine di trenta giorni (can. 1735 CIC), ma questo non è avvenuto, aggiungendo un’ulteriore irregolarità a quelle già commesse. Il 20 Marzo viene invece recapitato un nuovo decreto del Dicastero, datato 14 Marzo e con protocollo 27887/2014, a firma del Prefetto Card. Braz de Aviz e del Segretario Mons. Rodriguez Carballo, con il quale si ribadiscono le decisioni assunte nel precedente decreto, con la sola deroga di una “concessione” di sessanta giorni di tempo alla Badessa e alla Priora per scegliere due distinte comunità in cui essere definitivamente trasferite. In sostanza, l’Autorità romana continua a non esplicitare né le motivazioni che hanno determinato la Visita, né i risultati della stessa che avrebbero dovuto essere indicati in una relazione finale. Questo lascia supporre che non sussistano motivi concreti alla base di tali provvedimenti e che l’azione del Vaticano sia del tutto pretestuosa”.

Ancora Viganò: “Va parimenti notato che il nuovo decreto cumula senza distinzione formale più disposizioni, destinate alle Religiose come Comunità e come singole Suore, alle Monache e alle loro Superiore. E se nel primo decreto si parlava di «particolari condizioni della comunità», nel secondo l’espressione «a seguito delle criticità emerse dalla Visita Apostolica» non aggiunge nessun elemento ulteriore che legittimi i provvedimenti disciplinari assunti. Essa evidenzia piuttosto il maldestro tentativo di dare arbitrariamente corpo ad accuse indeterminate e inespresse (can. 36, §1). E occorre aggiungere che nessun ammonimento o rimprovero è mai stato formulato prima di disporre la Visita, né all’intera Comunità né alle Superiore. Se dunque lo scopo dell’azione disciplinare – come richiede la Carità (Mt 18, 15-18) ancor prima che il diritto – è la correzione di una mancanza, risulta evidente per le Suore l’impossibilità di emendarsi da una colpa che non è mai stata nemmeno accennata: davvero un modo singolare di «animare e regolare la prassi dei consigli evangelici» da parte del Dicastero a ciò preposto”.

Continua l’Arcivescovo: “Al di là del fatto che il decreto si riferisca indistintamente a più destinatari, desta sconcerto che esso simuli una qualche mitigazione delle disposizioni precedentemente assunte nei riguardi della Badessa e della Priora, laddove concede alle due Religiose la possibilità di scegliere due Monasteri distinti – in modo da separarle e isolarle in vista di una loro “rieducazione” – anziché esclaustrare la Badessa e spedire la Priora nel “monastero” di Bose, ben noto per le sue posizioni ultramoderniste e per l’assoluta assenza di carisma benedettino e di vita claustrata. Questo patetico tentativo di offrire alle Superiore una soluzione alternativa all’esclaustrazione o alla rieducazione a Bose ha evidentemente lo scopo di indurre le due Monache, sotto la pressione degli eventi e dello stress emotivo causato dalla vicenda, a rinunciare al loro sacrosanto diritto a una difesa che ne dimostri l’assoluta estraneità a qualsiasi accusa. E questo è dovuto alla volontà di non dover giungere alla formulazione esplicita di accuse che si dimostrerebbero pretestuose e inconsistenti. Non solo: il nuovo decreto non spiega per quale motivo la severa decisione del precedente sia stata modificata con un’altra che, per quanto meno grave, rimane comunque ingiustificata finché non vengano contestate nello specifico le presunte mancanze genericamente indicate come «criticità»”.

“In pratica, il Dicastero si rifiuta di formulare le accuse dalle quali la Badessa, la Priora e tutte le Monache di Pienza dovrebbero potersi difendere; e si limita a ridurre parzialmente la pena di un delitto non esplicitato, per indurle a cedere al solo scopo di evitare peggiori punizioni. Definire questo comportamento scandaloso e ricattatorio è dir poco, specialmente da parte di chi nel 2018 esortava le Claustrate – con linguaggio peraltro irrispettoso – a non lasciarsi manipolare «anche se sono vescovi, cardinali, frati o altre persone». Viene dunque negato alle Monache ogni più elementare diritto alla difesa, rendendo ancor più devastante il pregiudizio di immagine e di reputazione delle Religiose. Il decreto non accenna nemmeno alle modalità di eventuale impugnazione, mentre lede i diritti della Badessa e del Capitolo che si vedono illegittimamente e immotivatamente usurpato l’esercizio del proprio ufficio (cfr. can. 1375, §1)”.

“Il nuovo decreto del 14 Marzo, come detto, si riferisce indistintamente a più destinatari: da un lato esso conferma le disposizioni del decreto precedente per quanto riguarda la Comunità, mentre dall’altro imparte nuove disposizioni nei riguardi della Badessa e della Priora. Le disposizioni riguardanti la Comunità, in quanto confermano quanto già disposto nel precedente decreto, non possono costituire l’oggetto di una nuova Remonstratio presso il Dicastero, ma di un Ricorso presso il Tribunale della Segnatura Apostolica – la “corte suprema” della Santa Sede. Detto Ricorso è stato prontamente inoltrato dalle Monache lo scorso 30 Marzo. La Badessa e la Priora, invece, essendo destinatarie di nuove disposizioni, lo scorso 30 Marzo hanno presentato al Dicastero due nuove Remonstrationes, con le quali chiedono la revoca delle disposizioni del decreto del 14 Marzo e l’accesso agli atti. Tra questi vi è l’intera documentazione relativa all’erezione canonica del Monastero “Maria Tempio dello Spirito Santo”, che come abbiamo visto nella prima parte del nostro intervento, sono stati manipolati dal precedente Ordinario di Pienza, mons. Stefano Manetti; e così pure gli atti che hanno condotto a disporre la Visita Apostolica e quelli concernenti la relazione finale della medesima. Le Monache chiedono parimenti che vengano date spiegazioni sull’uso quantomeno anomalo di un medesimo numero di protocollo per documenti diversi”.

“La vicenda del Monastero di Pienza fa emergere, ancora una volta, la situazione disastrosa in cui versa la Curia Romana. Il Dicastero presieduto da Braz de Aviz, in particolare, dimostra di non saper nemmeno dare parvenza di legittimità agli atti che emana, sommando l’arroganza e l’autoritarismo del Prefetto e del Segretario all’incompetenza e all’approssimazione del personale preposto alla redazione dei documenti. Dinanzi a certi errori macroscopici ci si chiede se i decreti siano sottoposti al controllo di un canonista, e come sia possibile – se non ricorrendo al “copia-incolla” di un elaboratore di testi – che addirittura i numeri di protocollo siano inaffidabili”.

“Rimane da vedere se, a questo punto, a Roma vi sarà qualcuno che si rassegnerà a seguire le norme canoniche e soprattutto ad agire con giustizia, perché in gioco non vi è solo l’immagine della Sede Apostolica – già ampiamente compromessa – ma la vita e la serenità di tredici Monache che hanno la sola colpa di voler seguire il Signore secondo il carisma benedettino e nella Tradizione. L’alternativa che si prospetta è il perpetuarsi di un clima tirannico più volte denunciato dagli sventurati che lavorano nella Curia Romana, ricorrendo alla via estrema delle sanzioni contro le Religiose. E questo sarebbe ancor più scandaloso, se solo lo si confronta con altri casi davvero gravi per i quali è garantita la massima indulgenza se non la totale impunità. Lo scandalo della remissione della scomunica per il sacrilego e pervertito padre Rupnik – i cui orrendi e costosissimi mosaici sconciano le chiese dell’urbe e dell’orbe – dovrebbe far comprendere la disparità di trattamento riservata ai nepotes di Santa Marta, che il Card. Mueller ha icasticamente compendiato, rilevando come gli amici di Bergoglio godano di uno status privilegiato, mentre i nemici sono oggetto delle più spietate malversazioni”.

“Se il secondo decreto del Dicastero per gli Istituti Religiosi e le Società di Vita Apostolica non ha in alcun modo contribuito a restituire serenità alle Monache, non si può dire che l’azione delle benedettine della Federazione Picena abbia dato prova di sensibilità e rispetto nei loro riguardi. Madre Daniela Vacca – designata dal Dicastero come amministratrice e incaricata di designare la nuova Superiora – si è nuovamente presentata alle porte del Monastero assieme a un’altra religiosa, citofonando e telefonando compulsivamente per ore nel tentativo di entrare, nonostante l’esecutività del decreto fosse sospesa dal ricorso presentato dalle Monache, al punto da costringere Madre Diletta ad intimare loro che avrebbe chiamato i Carabinieri se non se ne fossero andate”.

“È poi stato il turno di altre suore del Monastero di provenienza delle Monache di Pienza – “Santa Maria delle Rose” di Sant’Angelo in Pontano – venute anch’esse a tentare un’incursione per convincere le consorelle a cedere. Non è dato sapere a che titolo queste religiose si siano presentate, chi le abbia inviate e chi infine le abbia autorizzate ad infrangere la clausura cui sono tenute. Il pretesto era ovviamente innocente: accertarsi che stessero bene e che stessero agendo liberamente, senza costrizioni da parte delle Superiore. Ma non avevano già verificato questi aspetti i Carabinieri, per i quali non vi era alcun elemento a supporto dei sospetti insinuati che fossero subornate o manovrate psicologicamente? E quale sollecitudine ipocrita, questa, se si considera che né la Santa Sede né tantomeno la Curia si sono preoccupate di garantire i mezzi di sussistenza materiali – giungendo a vietare ogni sostegno economico al Monastero – e spirituali, costringendo le Suore a spostarsi per chilometri per poter assistere alla Messa e alle celebrazioni del Triduo Pasquale!”.

Sottolinea poi Viganò: “La vita religiosa delle Monache di Pienza è stata gravemente compromessa da una grottesca sequela di aggressioni, minacce e intimidazioni che hanno coinvolto la stampa e hanno danneggiato non solo la loro reputazione, ma anche la loro pace interiore e il loro benessere psicofisico. E tutto questo per quale motivo, e a che scopo? Al di là degli interessi economici dei subalterni, interessati a sloggiare le Suore per disporre dell’ex-Seminario e destinarlo a centro di accoglienza per profughi o venderlo per farne un lussuoso resort, è evidente la volontà del Dicastero di punire le Religiose per la loro decisione di avvicinarsi alla Tradizione e alla Messa antica, nel contesto di un attacco generalizzato ai Monasteri di vita contemplativa. Questo crimine di “leso Concilio” – ed ancor più di “lesa maestà” nei confronti di Bergoglio e dei suoi zelantissimi tirapiedi – ha ottenuto come risultato di persuadere le Monache circa la necessità di abbandonare definitivamente il rito riformato e di abbracciare esclusivamente la Liturgia tradizionale. E se un atteggiamento più prudente e paterno avrebbe forse ritardato questo processo di “conversione”, l’arroganza e l’autoritarismo del Dicastero, della Diocesi e della Federazione Picena hanno rafforzato la determinazione delle Monache, rinsaldando il legame comunitario, la fedeltà alla Badessa e la loro unanime volontà. Non si può dire che il Vaticano ne esca bene: forte coi deboli e debole coi forti, come sempre avviene quando si preferisce seguire la mentalità del mondo e rinnegare i principi del Vangelo. Spiace constatare che – qualsiasi sia la decisione delle Autorità coinvolte – l’ultima cosa che interessa ai mercenari che infestano la Curia Romana è esercitare concretamente quella Carità che troppo spesso abbiamo sentito menzionare a parole, mentre praticano al massimo grado quel “clericalismo” contro cui il loro capo si è scagliato più e più volte”.

Una raccolta fondi a sostegno delle monache: “E mentre i burocrati romani non esitano a privare questa Comunità dei mezzi di sussistenza, le Monache si organizzano per fronteggiare le necessità più urgenti fondando l’Associazione “Maria Tempio dello Spirito Santo”. Questa iniziativa darà modo ai fedeli – anch’essi vittime di queste scandalose epurazioni – di testimoniare concretamente il loro appoggio alle Religiose, che rappresentano un riferimento spirituale indispensabile nel tessuto ecclesiale locale. Sarà interessante vedere come il Vaticano si porrà dinanzi al sostegno dei laici, che i fautori del “sentiero sinodale” bergogliano sembrano considerare importanti nella Chiesa. L’Associazione permetterà ai fedeli di aiutare le Monache con donazioni, lasciti o legati, e in seguito sarà anche possibile destinare all’Associazione il “5 per mille” con la dichiarazione dei redditi. “Chi volesse aiutare le Monache potrà quindi inviare la propria offerta al conto intestato all’Associazione “Maria Tempio dello Spirito Santo” presso il BancoPosta, all’IBAN: IT84Q0760114500001065644401. Ma se l’aiuto materiale alle Monache è certamente importante, non meno importante è l’aiuto spirituale, che ciascuno di noi può donare loro con la preghiera e con la penitenza, mettendo a frutto questi giorni della Settimana Santa”.

www.avvenire.it/chiesa/pagine/l-ap...-con-la-diocesi
L’appello alle monache di Pienza: «Tornate nella comunione con la diocesi».
Matteo Guerrini sabato 24 giugno 2023


La comunità monastica accolta 6 anni fa nella diocesi guidata dal cardinale Lojudice è entrata in polemica con la Chiesa durante la pandemia. L'ex parroco ricostruisce il caso in una lettera aperta
La foto scelta dalla comunità monastica come immagine della sua pagina Facebook

«Passato un po’ di tempo, invece di fare un esame di coscienza sul vostro modo di vivere la vita monastica, i vostri animi sono ancora pieni di risentimento e di avversione verso la Chiesa, e la diocesi che vi ha accolto». Con un post su Facebook l’ex parroco di Pienza don Silvano Nardi si rivolge alle monache benedettine di Pienza, che nel loro monastero di Maria Tempio dello Spirito Santo da mesi sono arroccate su una posizione polemica nei confronti della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza, del suo vescovo, il cardinale Augusto Paolo Lojudice (che è anche arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino) e della stessa Santa Sede per il rifiuto di dare esecuzione alle disposizioni del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata dopo una visita apostolica, con la decisione tra l'altro di sostituire la superiora.

«Non voglio entrare in avvenimenti che non ho elementi per giudicare (la Congregazione dei religiosi e l’Ordine Benedettino da cui dipendono la vita di comunità dei monasteri e le vostre regole non sono direttamente legati alla diocesi, e hanno i loro metri di giudizio basati sul Vangelo e sulle regole che san Benedetto con tanto zelo ha scritto) ma vorrei soffermarmi su quanto riguarda il sottoscritto, i miei confratelli, la mia comunità diocesana che trattate con tanto disprezzo». Il sacerdote ricostruisce che «nel 2017 la diocesi vi ha accolto con generosità e ha messo a disposizione l’”ambitissimo ex-Seminario affacciato sulla Val d’Orcia” (come voi lo chiamate), uno dei pochi luoghi che aveva a disposizione per le attività pastorali, quando nessuno in Italia voleva accogliervi: dove era in quel periodo monsignor Viganò che cerca di squalificare la Chiesa locale che vi ha accolto? La diocesi ha pagato per voi le utenze fin dal giorno in cui siete arrivate e vi ha dimostrato sempre vicinanze e affetto, servendovi in tutte le vostre necessità. Necessitando di un documento circa la vostra permanenza in quello stabile – continua la lettera – la diocesi vi ha sottoposto (nei primi mesi del 2020), un comodato gratuito per nove anni rinnovabili, e voi l’avete rifiutato. Avete accolto il nostro vescovo-cardinale con ostilità, quando si è presentato per conoscervi. Perché? È il pastore che la Chiesa ci ha donato e deve essere accolto come il successore degli apostoli. Se non vi sentite parte della nostra Chiesa locale, come potete, in coscienza, continuare a usufruire dei benefici che essa vi elargisce: locale gratis; bollette luce, gas, acqua pagate; tasse pagate...?».

Non basta, perché don Nardi conosce molto bene lo spinoso caso: «Quando siete arrivate ero parroco a Pienza e vi ho accolto come membra vive della comunità parrocchiale, eliminando anche la Messa feriale mattutina in parrocchia per celebrarla all’interno del monastero (in modo che anche i parrocchiani che frequentavano la Messa potessero conoscervi e fare quell’amicizia umana che è inizio della comunione ecclesiale). Chiamato dall’obbedienza a servire una porzione del popolo di Dio in un'altra parrocchia, ho continuato a venire a Pienza una o due volte a settimana per celebrare l’Eucarestia, percorrendo oltre 50 km ogni volta, senza mai chiedere nulla; ho applicato la Santa Messa per le vostre intenzioni».

Poi la pandemia, che «ha cambiato sicuramente qualcosa nel vostro comportamento. Dopo il periodo di chiusura, ho nuovamente iniziato a venire a celebrare l’Eucarestia; a un certo punto mi avete chiesto di non venire. Il vescovo mi chiama e mi invita ad andare nuovamente a celebrare l’Eucarestia nel monastero ed io vado». Qui emerge il nodo della questione: «Arriviamo al periodo delle vaccinazioni; un giorno, dopo la Messa, la madre badessa mi informa che le monache del monastero non faranno mai nessuna vaccinazione; io le comunico che per rispetto di loro e delle persone fragili che il ministero pastorale parrocchiale mi fa avvicinare (ho portato il sacramento degli infermi anche ai malati di Coronavirus), farò presente al vescovo che finché dura la pandemia non potrò più andare a celebrare nel monastero di Pienza».

La ricostruzione del sacerdote diocesano è meticolosa, segno che al punto cui è arrivata la questione occorre rendere evidente e accessibile a tutti l’intero andamento della vicenda: «Siamo a novembre 2022 – si legge ancora nella lettera aperta –, il nostro vescovo si reca in monastero e rimane colpito dalla freddezza con cui è accolto. Le monache le fanno presente le difficoltà nel reperire un sacerdote per la celebrazione eucaristica. Il vicario generale della diocesi contatta alcuni sacerdoti e inizia subito un servizio giornaliero di celebrazione. Tutto sereno almeno in apparenza, fino al 13 febbraio 2023, quando la monaca sacrestana mi comunica di non andare il giorno seguente a celebrare l’Eucarestia perché c’era stato un contrattempo. Nell’incontro del clero del 24 febbraio vengono comunicate le decisioni della Congregazione dei religiosi. Lunedì 20 febbraio, dopo essermi consultato con il vescovo, ho chiamato ripetutamente il monastero ai vari numeri di telefono in mio possesso per sapere se il giorno dopo, come consuetudine, dovevo andare a celebrare. Nessun numero mi ha risposto. Ho provato anche nei giorni successivi, fin quando mi arriva questo messaggio da parte di madre Diletta: “Smettila di fare lo stalker con noi, comportati da sacerdote esaminando la tua coscienza e parlane con Cristo lasciando stare noi”. Termina qui il mio rapporto con il monastero. Anche agli altri sacerdoti della diocesi che si erano presi l’impegno di andare a celebrare l’Eucarestia il monastero ha chiesto di non andare più».



La lettera di don Silvano Nardi si fa infine accorato appello: «Come potete oggi dire che vi abbiamo abbandonato? Vivete nella comunità dove vescovo è il cardinale Augusto Paolo Lojudice, che cerca di far crescere la comunione nella comunità cristiana, e non chi cerca solo di dividere i fedeli».

www.lanazione.it/siena/cronaca/pie...-porte-cbd0ff6b

24 giu 2023
MASSIMO CHERUBINIC

Pienza, suore sotto accusa. "Squalificate la chiesa che vi ha aperto le porte"
Lettera aperta dell’ex parroco della città di Pio II don Silvano Nardi. "La diocesi vi ha sostenuto dal primo giorno, non vi sentite a disagio?".

Pienza, 24 giugno 2023 – Sulla vicenda delle suore del Monastero dello Spirito Santo di Pienza si apre un altro capitolo. Dopo la ’serrata’ delle tredici monache, iniziata a febbraio, che si sono opposte alla sostituzione, disposta dalla Santa Sede, della Superiora Madre Delitta, ora è don Silvano Nardi, ex parroco di Pienza (quello che accolse le tredici sorelle) e oggi alla guida della parrocchia di Valiano, nel comune di Montepulciano. Lungo, articolato, l’intervento di don Silvano che prende spunto "dall’ultima esternazione" delle sorelle. Il messaggio, postato su Facebook , è diretto alle "monache benedettine, a Madre Delitta e alla comunità". L’ex parroco di Pienza, dopo le premesse sui tempi del suo intervento ("ho riflettuto prima di scrivere") va già duro.

"Scusate se non vi parlo con il Vangelo in mano, perché i vostri ragionamenti sono completamente estranei al messaggio evangelico e frutto di esternazioni puramente umane (è questo lo spirito benedettino che orienta la vostra vita e i vostri pensieri?). Ma per puro amore della verità vorrei ricordarvi: nel 2017 la diocesi vi ha accolto con generosità e ha messo a disposizione l’’ambitissimo ex-seminario, affacciato sulla Val d’Orcia’, come voi lo chiamate, uno dei pochi luoghi che aveva a disposizione per le attività pastorali, quando nessuno in Italia voleva accogliervi: dove era, in quel periodo, monsignor Viganò che cerca di squalificare la Chiesa locale che vi ha accolto? La diocesi – scrive ancora don Silvano – ha pagato per voi le utenze fin dal giorno in cui siete arrivate e vi ha dimostrato sempre vicinanze e affetto, servendovi in tutte le vostre necessità. Avete voluto il coro per la piccola cappella e la diocesi ha pagato (circa 20mila euro)".

Quindi l’ex parroco di Pienza ricorda alla monache che la diocesi aveva proposto loro, anche per regolarizzarne la presenza nel seminario, un comodato d’uso per nove anni, rinnovabile. "Non lo hanno accettato, lo chiedevano per novantanove anni! Quante volte – si legge ancora – abbiamo cercato insieme, diocesi e monastero e in modo particolare monsignor Manetti, un luogo più idoneo per la vita monastica, perché voi ritenevate non idoneo il seminario per le attività di un monastero. Ricordate?"

Don Silvano afferma che "nessuno ha mai parlato di allontanare le suore". E, aggiunge: "avete accolto il nostro vescovo-cardinale, quando si è presentato per conoscervi, con ostilità. Perché? È il pastore che la Chiesa ci ha donato e deve essere accolto come il successore degli apostoli". Quindi l’affondo finale di don Silvano. "Se non vi sentite parte della nostra Chiesa locale come potete, in coscienza, continuare a usufruire dei benefici che essa vi elargisce: locale gratis, bollette luce, gas, acqua pagata, tasse pagate... Non vi sentite un po’ a disagio?".

https://corrieredisiena.it/notizie/2024/va..._bergoglio.html

Pienza, suore di clausura ancora al loro posto con suor Diletta malgrado il provvedimento vaticano
12 Gennaio 2024 di Gennaro Groppa

E' passato quasi un anno da quando, nel febbraio del 2023, l'attenzione mediatica si concentrò sul monastero Maria tempio dello Spirito Santo di Pienza e sulle sue 13 suore di clausura, accusate di tenere dei comportamenti "poco adatti": uscivano dal monastero, organizzavano mercatini e vendevano prodotti, avevano (e hanno) un loro sito internet e profili social. Ospitavano anche persone nel convento di clausura con un annuncio al riguardo pubblicato sul web. Si aprì un procedimento della Santa Sede, con l'arrivo di alcuni visitatori apostolici con il compito di valutare la situazione. La madre superiora, suor Diletta Forti, fu destituita con un provvedimento emesso in Vaticano. Non le fu tolto l'abito, ma le fu revocato l'incarico. Da allora, nulla è cambiato: suor Diletta è sempre al suo posto, così come le altre 12 religiose, nonostante il provvedimento della Santa Sede. Hanno fatto ricorso e la giustizia vaticana sta seguendo i propri ritmi. Non ci sono più stati contatti col cardinale Augusto Paolo Lojudice e con la comunità cittadina, ma si sono intensificati quelli col discusso monsignor Carlo Maria Viganò, noto per le sue posizioni in contrasto e di dissenso nei confronti di Papa Bergoglio. Viganò e la sua associazione Exsurge Domine si erano anche attivati per realizzare un villaggio monastico dove accogliere le monache benedettine di Pienza, ma queste ultime sul più bello, "con decisione improvvisa e unilaterale, con modi perentori e sprezzanti, senza lasciare alcuna possibilità di confronto" (si legge in una nota) hanno deciso di rifiutare l'offerta. Suor Diletta, interpellata al riguardo, ha semplicemente affermato: "Non commento questa vicenda".

https://lanuovabq.it/it/eremo-di-mons-viga...i-e-preti-dubbi

Riccardo Cascioli

Eremo di mons. Viganò, storie di fondi sospetti e preti dubbi
I soldi raccolti per ospitare le monache di Pienza (che non verranno) permettono la ristrutturazione di un antico convento nel viterbese abitato dai sacerdoti ex Familia Christi, che rifiutano l'autorità ecclesiastica. Nasce nell'ambiguità la creatura voluta da monsignor Viganò.

ECCLESIA 24_01_2024
Eremo della Palanzana
Rifugio di preti vittime della caccia pontificia alle streghe “indietriste” o embrione di una nuova chiesa scismatica? È la domanda che nasce spontanea osservando le vicende dell’Eremo di Sant’Antonio alla Palanzana, ex convento cappuccino nei pressi di Viterbo, attualmente proprietà dell’Associazione Vittorio e Tommasina Alfieri, ma diventato la base dell’attività dell’associazione Exsurge Domine, patrocinata da monsignor Carlo Maria Viganò.

Dalla presentazione di Exsurge Domine si dovrebbe dedurre che la risposta giusta è la prima. Monsignor Viganò mette infatti in cima agli obiettivi «l’assistenza, il sostegno e l’aiuto materiale» di preti, religiosi e laici consacrati che vogliono mantenere la Tradizione cattolica e seguire una dottrina sana, messi per questo ai margini o perseguitati a causa di questo pontificato. In realtà, le vicende di questi ultimi mesi fanno invece pensare che la risposta giusta sia la seconda, non solo e non tanto per la faccenda della “ri-consacrazione” episcopale di cui abbiamo parlato in un recente articolo.

Infatti l’attività di Exsurge Domine è stata annunciata ufficialmente nel maggio scorso contestualmente al lancio di una raccolta fondi per il primo progetto: un “villaggio monastico” per dare un tetto a una ventina di monache benedettine destinate a sgombrare il loro monastero di Pienza a causa di una vertenza con l’arcivescovo di Siena, cardinale Augusto Paolo Lojudice. Il caso delle monache di Pienza era di richiamo perché aveva già avuto notevole risalto sui giornali (anche la Bussola se ne è occupata) e monsignor Viganò era già intervenuto a loro difesa.

Ma il lancio del “Villaggio monastico” parte già con una stranezza: si parla infatti di «lavori di ristrutturazione e adeguamento di un casale e altri immobili preesistenti», che vengono dettagliati con tanto di piantine e costi; ma non si dice dove questo casale sia né chi siano le persone fisiche che costituiscono l’associazione (di cui monsignor Viganò sarebbe solo il patrocinatore), chiamate a gestire gli 1,5 milioni di euro che sono l’obiettivo della raccolta fondi. Di Exsurge Domine si conosce infatti soltanto il nome del presidente, il conte Giuseppe Vannicelli Casoni, legato da un lunghissimo rapporto personale con monsignor Viganò. Quanto al luogo, l’unica indicazione parla di «un benefattore provvisto di una proprietà immobiliare adeguata».

Come mai tanta segretezza? Forse perché svelare il misterioso “benefattore” e l’ubicazione dell’immobile avrebbero fatto immediatamente sorgere qualche perplessità e domanda non gradita. Il casale pre-esistente altro non è infatti che l’Eremo di Palanzana, sulle colline nei pressi di Viterbo; e l’Associazione Vittorio e Tommasina Alfieri che ne ha la proprietà è controllata da una quindicina d’anni dai sacerdoti della Congregazione “Familia Christi”, sciolta dalla Santa Sede nel dicembre 2019 dopo un anno di commissariamento. I tre sacerdoti ex Familia Christi rimasti (più un quarto ordinato illecitamente da monsignor Viganò) attualmente non ricoprono cariche direttive – come riferisce alla Bussola il loro leader don Riccardo Petroni – ma restano comunque la vera anima dell’associazione e anche gli abitanti dell’eremo.

Monsignor Viganò soltanto a dicembre ha rivelato l’ubicazione del villaggio monastico, ma perché costretto da rivelazioni contenute in una lettera aperta anonima pubblicata da alcuni blog italiani e americani. E nello stesso tempo ha però presentato un cambiamento di progetto: le monache di Pienza avevano deciso di rifiutare l’offerta e la struttura dell’eremo è destinata ora a diventare la sede del Collegium Traditionis, «casa di formazione clericale che accoglierà giovani vocazioni tradizionali e le accompagnerà con discernimento verso il Sacerdozio».

In realtà il forte sospetto è che questo fosse il progetto fin dall’inizio, con le monache di Pienza a fare da specchietto per le allodole per raccogliere i fondi necessari. Sospetto che le stesse monache devono avere avuto: fonti a loro molto vicine riferiscono infatti alla Bussola che i problemi tra le monache da una parte e monsignor Viganò e don Riccardo Petroni dall’altra, risalgono già all’inizio dell’estate, perché le religiose – a cui era destinato solo un edificio staccato dal corpo centrale dell’immobile, una parte minore dell’intera proprietà - non riescono ad ottenere nessuna garanzia sul loro futuro e sulla loro sistemazione. Viene rifiutata loro qualsiasi forma contrattualmente garantita o un comodato d’uso, e inoltre le monache lamentano la mancanza di trasparenza nella raccolta dei fondi e anche l’ordine dei lavori. Fanno infatti sapere alla Bussola che i lavori iniziati durante l’estate «non riguardavano l’ala a noi destinata», circostanza quest’ultima però negata da don Petroni. Fatto sta che alla fine di ottobre avviene la rottura definitiva, che Exsurge Domine però comunica soltanto il successivo 22 novembre, spinto dalle notizie che intanto stavano trapelando su internet.

Il punto è che per diversi mesi Exsurge Domine ha incamerato offerte provenienti da cattolici di tutto il mondo in nome delle monache di Pienza, quando oltretutto il progetto di ristrutturazione riguardava l’intera proprietà gestita dai sacerdoti ex Familia Christi. Peraltro nulla di quanto raccolto (che resta ignoto) è stato liquidato alle monache che, contrariamente a quanto affermato da monsignor Viganò, sono ancora alla disperata ricerca di una struttura che le possa ospitare.

Le perplessità non riguardano soltanto la questione economica, ma anche la credibilità degli stessi obiettivi di Exsurge Domine: se soccorrere religiosi e consacrati perseguitati all’interno della Chiesa è lodevole, è discutibile che gli ex Familia Christi possano essere inclusi in questa categoria, così come è dubbio che siano i soggetti adatti a provvedere una formazione adeguata basata sulla Tradizione vera della Chiesa. Per quanto si atteggino a vittime della Chiesa “ufficiale” a causa del loro amore alla Tradizione, testimonianze dirette raccolte dalla Bussola ci permettono di affermare con sicurezza che le ragioni del loro scioglimento hanno ben poco a che vedere con la Tradizione. Si è trattato invece di problemi legati agli stili di vita, alla formazione, alla liturgia, alla disciplina ecclesiastica, agli statuti e altro ancora. E le obiezioni non sono venute in primis dai nemici “bergogliani”, ma dagli “amici” della ora disciolta Commissione Ecclesia Dei, che era quella incaricata di seguire gli istituti religiosi legati alle celebrazioni in rito antico.

Non solo: essendo i sacerdoti della Palanzana senza incardinazione in quanto hanno rifiutato di dividersi in diverse diocesi, non possono lecitamente celebrare messa o amministrare i sacramenti. Ma alla Bussola risulta invece che venga fatto, sia nell’eremo sia in altre comunità; circostanza che – a precisa domanda – don Petroni non ha voluto smentire.

Quella che dunque sta nascendo all’eremo della Palanzana, sotto l’ala di monsignor Viganò, è una realtà che non è semplicemente critica dell’autorità ecclesiastica ma nei fatti non la riconosce e pretende di rappresentare la “vera” Chiesa in alternativa a quella “ufficiale”; anche se ciò non viene detto ufficialmente mantenendo quella ambiguità che serve per attirare un numero maggiore di fedeli confusi dalla attuale situazione nella Chiesa.

ECCLESIA

Edited by pincopallino1 - 24/1/2024, 12:44
 
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