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"Vescovo vai via". Condannato per turbativa di funzione religiosa, Vietato contestare monsignori in processione. Cassazione: "solo critiche motivate e consapevoli"

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view post Posted on 12/1/2024, 18:56

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Cassazione

Gridare “vai via” al vescovo durante una processione religiosa è reato
La Cassazione ha confermato la condanna per turbativa di una funzione religiosa e vilipendio alla religione per due persone che hanno gridato “vai via” al vescovo di Salerno durante una processione per la festa del santo patrono
di Patrizia Maciocchi

12 gennaio 2024

I punti chiave
Quando la critica alla religione è lecita

Scattano i reati di turbativa di una funzione religiosa e di vilipendio alla religione per chi grida «vai via» al vescovo, durante la processione per la festa del santo patrono della città. Una ricorrenza tanto importante da indurre la Cassazione a negare ai due imputati anche la particolare tenuità del fatto. I ricorrenti avevano gridato e offeso l’allora vescovo di Salerno Monsignor Luigi Moretti, gesticolando in maniera aggressiva e grossolana e invitandolo ad andarsene, mentre era in corso la processione per la festa di San Matteo. Per loro era scattata la condanna per due reati che negavano di aver commesso, rivendicando il diritto di critica e invocando la particolare tenuità del fatto. Non centra l’obiettivo il tentativo della difesa di indicare come bersaglio delle “scomposte rimostranze» i portatori delle statue i cosiddetti paranzieri. In più c’era da considerare che il poco garbato “invito” ad andare via non poteva essere considerato un’offesa al sentimento religioso mai entrato nel mirino dei contestatori, che semmai manifestavano il loro dissenso per come era stato organizzato l’evento. Ma per i giudici così non è. Perché chi offende un ministro del culto, offende tutta la comunità religiosa che lui rappresentata e vilipende stessa religione. «La condotta consiste - si legge nella sentenza - nel “tenere a vile”, ovvero nel manifestare un’offesa volgare e grossolana, che si concreta in atti che assumano caratteri evidenti di dileggio, derisione, disprezzo». E se questo è, diventa del tutto irrilevante, ai fini dell’esclusione del reato, il movente, politico o sociale, che muove i dissenzienti.

Quando la critica alla religione è lecita
Detto questo la Suprema corte sgombra il campo dall’equivoco che la critica non sia mai lecita quando si tratta di religione. Lo è, però va mossa entro limiti ben precisi. Si deve, infatti, tradurre «nella espressione motivata e consapevole di un apprezzamento diverso e talora antitetico, risultante da un’indagine condotta, con serenità di metodo, da persona fornita delle necessarie attitudini e di adeguata preparazione». Caratteristiche che ai ricorrenti non sono state riconosciute.
 
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