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'Ndrangheta. Arrestato e prosciolto don Madafferi: "attestazioni false per l'affidamento in prova dei mafiosi"

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view post Posted on 9/3/2023, 12:11

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Don Madafferi insieme a rappresentanti del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio (ordine dei Borboni delle Due Sicilie)

www.quicosenza.it/news/calabria/op...e-un-finanziere

Operazione ‘Hybris’: 49 arresti, ai domiciliari anche un sacerdote e un finanziere
Colpita la cosca Piromalli, e sequestrati beni per un milione di euro. Il blitz scaturisce da indagini svolte tra il 2020 e il 2021

S.G.
09/03/2023

REGGIO CALABRIA – E’ scattata questa mattina, in varie province italiane, un’operazione dei carabinieri di Gioia Tauro per l’esecuzione di 49 misure cautelari, 34 in carcere e 15 agli arresti domiciliari. Le indagini hanno consentito di individuare gli assetti funzionali della cosca Piromalli attiva nel narcotraffico e nel controllo della Piana.

Le accuse sono di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, porto e detenzione di armi comuni e da guerra; estorsioni; danneggiamento seguito da incendio ma anche turbata libertà degli incanti e importazione internazionale di sostanze stupefacenti.

I provvedimenti restrittivi seguono una complessa attività investigativa, condotta dal Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Gioia Tauro tra il 2020 e il 2021. L’operazione, indicata in maniera convenzionale con il nome di «Hybris» (a sottolineare la tracotanza che caratterizza l’imposizione della vis mafiosa) – partendo dall’osservazione del territorio, si è posta l’obiettivo di incidere sulla struttura organizzativa della cosca dominante nella Piana.

Oltre alle misure personali il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria ha riguardato anche il sequestro preventivo di una ditta (con il relativo compendio aziendale), attiva nel settore della trasformazione dei prodotti agricoli, e di due proprietà immobiliari utilizzate per agevolare le attività criminali della cosca e che rappresentano il profitto delle medesime attività delinquenziali, per un valore complessivo stimato in circa 1 milione di euro.

«Hybris»
L’indagine si basa sulle dinamiche della cosca nei mesi antecedenti alla scarcerazione di Giuseppe Piromalli, dopo oltre un ventennio di detenzione. In questo senso, viene registrato il fervore dei consociati per recuperare un’unità monolitica della cosca (segnata da personalismi quali la mancata condivisione degli utili), chiudendo un periodo ritenuto di transizione.

In tema di unità si deve registrare anche il riavvicinamento tra le cosche Piromalli e Molé, tornate a dialogare a distanza di 15 anni dall’omicidio di Rocco Molé cl. 1965, avvenuto il 1° febbraio 2008, ritenuto il termine di un periodo di ‘duopolio’ nella Piana di Gioia Tauro. L’intento dei luogotenenti dei Piromalli – per come restituito dalle intercettazioni – appare quello di ripristinare una partnership con i Molé, che avrebbe reso più semplice il raggiungimento degli obiettivi strategici di natura illecita.



Il controllo del mercato ittico
Il punto di incidenza che segna il rinnovato dialogo muove dal controllo del mercato ittico di Gioia Tauro. La ricostruzione dell’incendio di un peschereccio in un cantiere navale alla Tonnara di Palmi nell’ottobre 2020 ha permesso di dimostrare come l’evento fosse stato pianificato dalla cosca Molé, perché il proprietario dell’imbarcazione non aveva conferito il pescato al mercato ittico di Gioia Tauro, disattendendo le imposizioni mafiose relative alla gestione dell’intero settore. La distruzione del peschereccio, reso inutilizzabile, ha innescato una dinamica criminale di estremo interesse, in quanto la vittima, invece di ricorrere alle strutture preposte, ha ritenuto utile cercare la copertura mafiosa dei componenti della cosca Piromalli. Una richiesta che dietro lauti compensi è stata concessa dai vertici della consorteria in disamina. In buona sostanza, una dinamica trasversale che ha reso necessario un dialogo tra le due anime criminali di Gioia Tauro, il cui punto apicale è stato rappresentato da un summit effettuato all’interno dell’area cimiteriale del centro più importante della «Piana».

Le estorsioni
Nel segno della tradizione mafiosa è il ruolo preminente della «casa madre» nella ripartizione delle estorsioni, applicate in maniera sistematica sulle attività economiche di Gioia Tauro. Le operazioni svolte, nel loro complesso, hanno restituito un quadro chiaro sul controllo minuzioso del territorio effettuato dai componenti della cosca Piromalli. Un controllo effettuato in maniera pervasiva che consentiva ai mafiosi di conoscere ogni singola iniziativa economica. I proventi del malaffare venivano ripartiti nella parte sostanziale verso la «casa madre», le cui donne ricevano parte dei profitti estorsivi.

‘Ndrangheta economica
Il monitoraggio ha restituito l’immagine di una «‘ndrangheta economica», sempre alla cerca del profitto, ma anche saldamente legata ai simboli ed alle tradizioni criminali. Tra le forme di aggressione del territorio gli esponenti della cosca attuavano anche un diffuso racket, con particolare incidenza verso quello delle cosiddette «guardianie» (estorsioni poste in essere nei confronti dei proprietari dei fondi agricoli i quali, pagando una quota annuale alle rappresentate della cosca competente per territorio, evitano che i terreni vengano depredati dei raccolti o danneggiati nelle colture).



Capacità di pervadere il territorio dimostrata anche dalla disponibilità di armi affidate a custodi fidati: una scelta, quella di parcellizzare i luoghi di detenzione delle armi, oculata per quel che concerne pronta disponibilità sul territorio e schermatura da sequestri imponenti da parte delle forze dell’ordine. Di contro, gli investigatori, con l’individuazione dei soggetti deputati a custodire le armi, sono riusciti a comprovare il loro ruolo nell’aggregazione di mafia individuata.

La capacità occupazionale della cosca
Un’altra manifestazione criminale rilevata durante le indagini ha riguardato l’imposizione delle assunzioni a beneficio degli appartenenti alla cosca. In particolare, è stato documentato come un imprenditore sia stato costretto ad assumere un appartenente al sodalizio in una fabbrica attiva nella zona industriale del porto di Gioia Tauro. Il responsabile della ditta, oltre a non poter scegliere le maestranze da assumere, non poteva neanche sindacare sul rendimento e sull’apporto lavorativo dei malavitosi assunti.

Le mire per beni banditi nelle aste giudiziarie
si sono evidenziati alcuni equilibri criminali che regolavano la gestione immobiliare della zona industriale prospiciente al porto di Gioia Tauro. Un atteggiamento incurante delle iniziative rivolte a regolamentare questo settore, considerato il principale volano che avrebbe dovuto contribuire a valorizzare la zona del «retroporto» di Gioia Tauro. Beni «banditi all’incanto» verso i quali sono stati rilevati convergenti interessi per la loro aggiudicazione, dove chi non era gradito agli esponenti della malavita locale veniva preventivamente scoraggiato a partecipare.

Le relazioni radicate con le altre mafie
In due diverse circostanze gli indagati hanno avuto la necessità di operare fuori dalla Calabria e lo hanno fatto rivolgendosi agli omologhi esponenti criminali del posto, inseriti rispettivamente nei consessi di criminalità organizzata pugliese e siciliana. Un ambito nel quale sono state rilevate le alleanze trasversali tra le organizzazioni. In entrambe le circostanze gli esponenti dei Piromalli hanno fatto leva sull’intimidazione dei criminali che potevano esercitare il loro potere mafioso nella zona di interesse.



Inoltre, in uno scenario di vita criminale, sono stati richiamati i rapporti tra gli esponenti della «mafia siciliana» e quelli della «‘ndrangheta calabrese», disegnando uno scenario storico lungo oltre trent’anni e che apre un ulteriore scorcio sulle alleanze tra le diverse matrici mafiose nei primi anni novanta.

Le importazioni dello stupefacente dal Sudamerica
Un settore criminale ricorrente in ogni attività di contrasto alle maggiori consorterie della ‘ndrangheta, risulta essere quello dei traffici di grosse partite di stupefacente, soprattutto di «cocaina». Il mercato degli stupefacenti ha modificato nettamente l’approccio criminale: dalla contrapposizione alla federazione delle cosche per effettuare l’importazione di enormi quantitativi di droghe. Il sistema di collaborazione tra le diverse realtà della ‘ndrangheta garantisce minori spese e notevoli facilitazioni, oltre all’intuibile riduzione di quello che potremmo definire come il «rischio d’impresa» in caso di sequestri.

In questo ambito un appartenente alla cosca si era impegnato per “importare, in due differenti circostanze, 298 kg e 216 Kg. di cocaina (la prima sequestrata presso il porto di Santos, la seconda al porto di Gioia Tauro, occultata in un container trasportato da una motonave proveniente dal Sud America).”

I ruoli attivi di soggetti delle istituzioni e di un sacerdote
Ci sono anche un finanziere, Salvatore Tosto, di 49 anni, e un sacerdote, don Giovanni Madafferi, parroco della chiesa “Santa Maria Assunta” di Castellace, tra le persone finite ai domiciliari. Il finanziere è accusato assieme alla moglie di aver rivelato a Cosimo Romagnosi, ritenuto esponente della cosca Piromalli, l’esistenza di un’indagine a suo carico. Mentre don Madafferi è accusato di aver attestato “falsamente, in certificati destinati a essere prodotti all’autorità giudiziaria, qualità personali, rapporti di lavori in essere o da instaurare relativi ad un soggetto imputato che avrebbe in tal modo dovuto beneficiare dell’affidamento in prova”.

Edited by pincopallino2 - 18/6/2023, 09:33
 
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view post Posted on 12/3/2023, 20:49

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https://www.corrieredellacalabria.it/2023/...o-dei-bellocco/

L’INCHIESTA
«Ci pensa don Gianni…». I 300 euro versati al sacerdote per il certificato al familiare di un uomo dei Bellocco
Le intercettazioni che inguaiano il sacerdote arrestato. I contatti tra Palaia e Delfino per il “favore”. Per il gip non c’è aggravante mafiosa
Pubblicato il: 12/03/2023 – 18:08
di Pablo Petrasso

GIOIA TAURO Francesco Benito Palaia, che per gli inquirenti è un membro della cosca Bellocco di Rosarno, ha bisogno di un favore. Lo chiede a Rocco Delfino, “u Rizzu”, considerato uno dei componenti del “direttorio” del clan Piromalli «con ampi poteri decisionali nella gestione delle estorsioni e di “collettore” delle tangenti». La vicenda che porterà il gip a decretare gli arresti domiciliari per il sacerdote di Oppido Mamertina Giovanni Madaffari (sospeso dalla Curia) inizia il 27 febbraio 2021 da una conversazione registrata tra Delfino e Palaia. La richiesta di Palaia – così viene sintetizzata negli atti dell’inchiesta “Hybris” della Dda di Reggio Calabria – è piuttosto esplicita: chiede a Delfino «se conoscesse un prete a Gioia Tauro disposto ad attestare la partecipazione ad un corso, per due mesi, due volte alla settimana, in favore di un soggetto rimasto ignoto». Per i magistrati antimafia «si tratta, con tutta evidenza, di una falsa attestazione posto che se l’attestazione fosse corrisposta al vero non si comprende perché fosse necessario adire un soggetto di fiducia del Delfino». Delfino non ha dubbi e indica «prontamente don Gianni Madafferi di Castellace, sulla cui disponibilità in tal senso non dubitava».

«Glielo diciamo a don Gianni»
La richiesta cautelare dei pm evidenzia la richiesta in maniera più netta. Servirebbe «un sacerdote disposto a redigere una dichiarazione in favore di un soggetto che voleva essere ammesso ad un corso di catechesi, finalizzata ad ottenere una dichiarazione “di comodo” da presentare in maniera strumentale all’Autorità chiamata a decidere in merito alla concessione di un permesso settimanale».
«Conosci qualche prete a Gioia Tauro?», chiede Palaia, «Mi serve una dichiarazione che uno deve fare un paio di mesi di corso… di andare due volte alla settimana in Chiesa… Elvio non c’è». “U Rizzu” individua don Giovanni Madafferi, «sacerdote in servizio alla parrocchia Santa Maria Assunta di Castellace, che ospitava pregiudicati in regime di misure alternative alla detenzione». «Eh… qui a don Gianni… andiamo a Castellace e glielo diciamo a don Gianni… e ce lo fa subito… conosci a don Gianni Madafferi… lo conosci, lo conosci».
Il commento dei pm: «Uno spaccato davvero desolante è fornito dalla figura del sacerdote don Giovanni Madafferi che, come si avrà modo di vedere, asseconderà dietro pagamento di 300 euro la richiesta di rilascio di un certificato falso».

«Il denaro era destinato a don Giovanni Madafferi»
La vicenda va avanti «con una conversazione dell’8 marzo 2021, quando Delfino contatta Palaia per comprendere se quest’ultimo avesse ritirato un “certificato” non meglio specificato». Palaia conferma, «riferendo che avrebbe provveduto a versare il corrispettivo per quanto ottenuto, pari a 300 euro». Delfino, da parte sua, ci tiene «a specificare che quel compenso non era diretto al redattore del certificato, per come lo stesso redattore aveva suggerito di precisare al Palaia; il redattore del certificato», cioè il sacerdote, «appariva preoccupato dell’impressione che quella condotta poteva suscitare su terzi estranei». Un’annotazione dei pm tende, però, a “riscrivere” la conversazione in cui si tenta di allontanare i sospetti dal religioso. «Nel prosieguo – si legge nella richiesta di applicazione di misure cautelari – si capirà invece che il denaro era destinato proprio a Don Giovanni Madafferi quale corrispettivo per il rilascio della certificazione pattuita. Appariva assolutamente anomalo che il diretto interessato, ossia colui che ne avrebbe beneficiato, oltre a non frequentare nessun corso, di fatto non aveva stabilito alcun contatto con il parroco».
Le intercettazioni si allargano anche al figlio di Rocco Delfino, Salvatore. Che sente direttamente il sacerdote e gli chiede «se un dato soggetto si fosse recato dal prete stesso». «Il sacerdote – scrive il gip – aggiungeva di “aver rilasciato la liberazione” in favore di quel soggetto e di intimarlo a recarsi presso di lui quella sera stessa». «Che la “liberazione” – prosegue il ragionamento dell’accusa – altro non fosse che il certificato che il prete doveva rilasciare a Palaia e di cui si era discusso il 27 febbraio, si comprende agevolmente dal fatto che Salvatore Delfino, immediatamente dopo aver chiuso con il prete, telefonava a Palaia invitandolo a recarsi dal Madafferi il giorno stesso».

«Gliel’ha fatta il prete, trecento euro ha voluto»
I tempi sono stretti. Il 9 marzo 2021 viene fissato «un incontro tra Palaia e don Giovanni Madafferi, attraverso l’intermediazione di Delfino padre e figlio». Da una conversazione registrata lo stesso giorno «tra Rocco Delfino, Cosimo Romagnosi e Aurelio Messineo peraltro veniva disvelata la natura della certificazione che il prete avrebbe rilasciato a Palaia». Si sarebbe trattato di «una dichiarazione di proposta di assunzione in carico di un soggetto, appartenente alla famiglia dei Palaia, il quale doveva avanzare istanza per la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova ai servizi sociali». E, sono sempre parole del gip, «si comprendeva chiaramente che per quella certificazione il prete aveva richiesto un corrispettivo pari a 300 euro («Gliel’ha fatta il prete, trecento euro ha voluto»)».
Per i magistrati della Dda di Reggio Calabria, «la circostanza denotava, pertanto, come il sacerdote si era reso disponibile a redigere un atto essenzialmente falso su richiesta e per favorire soggetti legati alla ‘ndrangheta». Per il gip sussiste la gravità indiziaria a carico di tutti gli indagati per questo capo d’imputazione, ma va esclusa l’aggravante mafiosa. «La condotta degli indagati, infatti, non appare aver avvantaggiato né la cosca Piromalli nel suo complesso né un soggetto specifico intraneo alla stessa, trattandosi di condotta finalisticamente diretta a vantaggio del solo beneficiario del certificato falso». ([email protected])
 
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view post Posted on 26/3/2023, 10:27

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Operazione Hybris: annullata la misura cautelare a Don Giovanni Madafferi
Il sacerdote tratto in arresto perché accusato di aver attestato falsamente in un certificato, ha sin da subito respinto ogni accusa

25 Marzo 2023 17:18

Il tribunale del Riesame di Reggio Calabria, accogliendo la richiesta di riesame presentata dagli avv.ti Annamaria Domanico del Foro di Cosenza e Daniele Corso del Foro di Palmi, ha disposto l’immediata scarcerazione di Don Giovanni Madafferi, arrestato lo scorso 9 marzo nell’ambito dell’operazione “Hybris” coordinata dalla DDA di Reggio Calabria.

Il sacerdote tratto in arresto perché accusato di aver attestato falsamente in un certificato, destinato ad essere prodotto all’Autorità Giudiziaria, qualità personali, rapporti di lavoro in essere o da instaurarsi relativi ad un soggetto non identificato ha sin da subito respinto ogni accusa.

L’allora titolare della Parrocchia Santa Maria Assunta di Castellace già in sede di interrogatorio di garanzia ha dettagliatamente ricostruito ogni circostanza e fornito copiosa documentazione a riscontro della bontà del suo operato.

Egli nei numerosi anni di servizio sacerdotale nel piccolo centro alle pendici dell’Aspromonte, solo a seguito di apposita autorizzazione proveniente dei competenti Tribunali e in accordo e collaborazione con l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Reggio Calabria, ha messo a disposizione la struttura parrocchiale e il proprio operato al fine di consentire a numerosi soggetti di poter svolgere un percorso di rieducazione e risocializzazione attraverso dei lavori di pubblica utilità finalizzati a consentirne il pieno riscatto sociale.

È in questo contesto che si è articolata l’intera vicenda e il Tribunale del Riesame, presieduto dal dott. Antonino Genovese, accogliendo le argomentazioni degli avv.ti Annamaria Domanico e Daniele Corso tese a dimostrare l’assoluta inesistenza della contestata compiacenza verso componenti di sodalizi mafiosi attraverso la redazione di dichiarazioni di comodo ha disposto l’immediata liberazione di Don Giovanni Madafferi.
 
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view post Posted on 18/6/2023, 08:32

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17 Giugno 2023 | redazione

Il parroco don Giovanni Madafferi ha ripreso il suo ministero pastorale a Sinopoli
Anche a seguito del proscioglimento e dell'archiviazione del procedimento che lo ha visto coinvolto nei mesi scorsi

Di CLEMENTE CORVO

Il Parroco Don Giovanni Madafferi a seguito del proscioglimento e dell’archiviazione del procedimento che lo ha visto coinvolto nei mesi scorsi, ha ripreso il Ministero di Parroco della Parrocchia Santa Maria delle Grazie e San Giorgio in Sinopoli.
Infatti ieri con la Celebrazione della Santa Messa delle ore 19:00 alla presenza del neo-sindaco di Sinopoli PROF. Luigi Chiappalone, di tutta la sua nuova Giunta e alla presenza di tantissimi Fedeli festanti il Parroco è ritornato ad esercitare con pieno titolo il suo Ministero Pastorale.
Prima dell’inizio della Santa Messa c’è stato l’incontro di presentazione tra il neo-Sindaco e la sua nuova Amministrazione con il Parroco, al quale è stato portato il saluto per il suo tanto atteso ritorno nella comunità Sinopolese.
Poche parole all’inizio della Santa Messa da parte del Parroco Don Giovanni Madafferi alla popolazione, dove con grande umiltà si è scusato per aver dovuto per forza di cose essere assente in questi mesi dalla stessa comunità, ma con grande determinazione lo stesso ha detto che già da domani ritornerà la normalità nel suo cammino Pastorale.
Lo stesso ha ringraziato il neo Sindaco Prof. Luigi Chiappalone e tutta la sua Amministrazione che avendo appreso del suo reintegro in comunità, si sono premurati nell’immediatezza ad incontralo per esprimere i loro compiacimenti e la loro disponibilità per un lavoro costruttivo fatto in sinergia. Disponibilità manifestata tra l’ altro anche dallo stesso Parroco.
Un ringraziamento particolare è stato rivolto al Diacono Don Mimmo Cambareri, che in questi mesi ha dovuto svolgere con grande passione, con grande impegno, un lavoro veramente pesante, ma portato avanti con determinazione e risolutezza.
Un grande doveroso applauso è stato rivolto da tutta la comunità al termine della Santa Messa al Parroco Don Giovanni Modafferi ed al suo Vicario Don Mimmo Cambareri .
Già dai prossimi giorni sia il Parroco che il suo Vicario riprenderanno quel grande lavoro di ristrutturazione che avevano iniziato e che ha visto dei grandi risvolti all’interno della Parrocchia.
Certamente il ritorno tanto atteso del Parroco nella Comunità Sinopolise ridà Gioia e tranquillità a tutto l’ambiente.
 
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