www.editorialedomani.it/fatti/pedo...i-dopo-syshqsjmPedofilia nella Chiesa, il caso Spotlight continua a Roma vent’anni dopo
Il cardinale Law cacciato da Boston, nel 2004 è nominato arciprete di Santa Maria Maggiore: la stessa Basilica dove, qualche anno dopo, convivono l'ex chierichetto di Boston Abruzzese e Roberto – guarda caso, un'altra vittima di pedofilia.
federica tourn by FEDERICA TOURN 13 Dicembre 2022 in Città del Vaticano
Federica Tourn, Editoriale DOMANI – È una limpida mattina romana di metà febbraio quando monsignor John Anthony Abruzzese, originario di Boston e canonico della Basilica papale di Santa Maria Maggiore all’Esquilino, viene convocato nell’ufficio del Commissario straordinario della Basilica, monsignor Rolandas Makrickas. Ad attenderlo trova l’arciprete della Basilica, il cardinale Stanisław Ryłko, e il suo vicario, l’arcivescovo Piero Marini, che gli consegnano una lettera da parte del Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato della Santa Sede Edgar Peña Parra. Le notizie non sono buone: Abruzzese è appena stato licenziato sui due piedi e deve tornarsene a casa, in Massachusetts. Il motivo non viene esplicitato, ma la lettera lascia intendere che la causa sia da ricercare nel fatto che Abruzzese, all’interno della basilica vaticana, divide l’alloggio con un ragazzo appena maggiorenne. Questo ragazzo, chiamiamolo Roberto, non è però un ventenne qualunque ma ha alle spalle una storia agghiacciante di pedofilia: è stato infatti abusato per nove anni da un prete e soltanto da poco si è deciso a denunciare.
Comincia così una vicenda che, come una matrioska, ne contiene un’altra e dal Vaticano arriva fino a Francofonte, in provincia di Siracusa. Un’ordinaria storia di brutalità ecclesiastica, in cui eminenti personalità ecclesiastiche si premurano di allontare un sacerdote perché ospita un ragazzo, soltanto quando questi si decide a rivelare al suo vescovo la violenza subìta. Senza preoccuparsi quindi della vittima né di fermare i suoi potenziali abusatori, ma facendo attenzione a non venire coinvolte in scandali di pedofilia: in Vaticano, poi, dove dopo quarant’anni ancora brucia il mistero di Emanuela Orlandi.
Ma andiamo con ordine. La lettera di licenziamento che monsignor Abruzzese riceve nell’ufficio del Commissario risale al 7 febbraio scorso ed è firmata personalmente da monsignor Peña Parra, il vescovo venezuelano che nel 2018 ha rimpiazzato il cardinale Giovanni Angelo Becciu nella carica di Sostituto alla Segreteria di Stato. Il provvedimento è preso in forza dell’articolo 11 dello Statuto di Santa Maria Maggiore, che prescrive dopo tre ammonizioni scritte l’allontanamento dalla Basilica del canonico «che conduca uno stile di vita che non corrisponde alla dignità e alla disciplina del capitolo». Dopo i ripetuti e disattesi richiami dell’arciprete della Basilica «anche in presenza di testimoni», si legge nella lettera, il sostituto si vede costretto a destituire Abruzzese e contestualmente gli ricorda che «non potrà più godere del titolo e dei benefici annessi al canonicato». Abruzzese è quindi invitato a fare prontamente ritorno alla sua diocesi di appartenenza, cioè a Boston. Per assicurarsi che sia ben chiaro, Peña Parra aggiunge che l’arcivescovo di Boston, il cardinale Sean Patrick ‘O Malley, è già stato avvertito.
Abruzzese non ci sta e il 21 febbraio si appella al papa contro questa decisione, da cui si definisce «gravemente offeso e ingiustamente giudicato e permanentemente penalizzato». In questo ricorso inviato al pontefice ricostruisce le tappe della vicenda e contesta il fatto che gli siano stati rivolti i menzionati «ripetuti e disattesi richiami». «Questo è di fatto falso e manca di documentazione», scrive Abruzzese al papa, e aggiunge che nella lettera di monsignor Peña Parra non viene specificato il motivo della «terribile decisione». L’unico richiamo che Abruzzese dichiara («sotto giuramento») di aver ricevuto risale ad alcuni mesi prima quando, in presenza dell’arciprete della Basilica e dell’arcivescovo Marini, gli è stato chiesto di congedare Roberto, «ma senza ammonimento canonico». Richiesta a cui Abruzzese sostiene di aver ottemperato già dall’11 gennaio. Quindi, protesta il sacerdote americano, sulla questione del ragazzo si sarebbe tenuto soltanto un incontro nell’ufficio del cardinale Ryłko e non gli sarebbero invece mai pervenute le tre ammonizioni canoniche prescritte dallo Statuto; allo stesso modo, non avrebbe ricevuto nessuna documentazione sulle accuse che hanno portato al suo licenziamento. Inoltre, la lettera di Peña Parra del 7 febbraio non solo non precisa quando e come gli sono stati dati questi avvertimenti, ma non indica nemmeno in che modo lui, Abruzzese, possa esercitare il diritto all’autodifesa. «Questo atto penale vìola anche il mio diritto al buon nome», protesta il sacerdote, chiedendo al papa che cancelli la pena che gli è stata inflitta.
Nemmeno Abruzzese, che oggi ha 74 anni, è un sacerdote qualunque: da bambino infatti è stato chierichetto di “Johnny l’Allegro”, come veniva chiamato padre John Gheogan, il prete pedofilo condannato nel 2002 per violenza su minori e ucciso l’anno seguente in carcere. Gheogan, abusatore seriale a cui sono state attribuite 130 vittime in trent’anni di sacerdozio, ha fatto da detonatore al primo grande scandalo sulla pedofilia nella Chiesa cattolica, portato all’attenzione internazionale dall’inchiesta del Boston Globe, da cui è stato tratto il film Spotlight. Il cardinale Bernard Francis Law, all’epoca arcivescovo di Boston, aveva sempre taciuto, limitandosi a spostare di parrocchia in parrocchia lo scomodo padre John e altri preti pedofili. Ed ecco un altro pezzo della matrioska: per una curiosa coincidenza, lo stesso cardinale Law, ben lungi dall’essere ripudiato dalla Chiesa, nel 2004 è nominato arciprete di Santa Maria Maggiore (che, in quanto territorio vaticano, gode di extraterritorialità e lo protegge anche da scomodi procedimenti giudiziari), dove viene poi sepolto alla sua morte nel 2017. La stessa Basilica dove, qualche anno dopo, convivono l’ex chierichetto di Boston Abruzzese e Roberto – guarda caso, un’altra vittima di pedofilia.
Che sia questa convivenza il motivo dell’allontanamento dalla Basilica, Abruzzese lo dà per scontato e, nel suo accorato appello al papa, precisa che Roberto gli è stato raccomandato come possibile assistente, «24 ore su 24, 7 giorni su 7», da monsignor Vittorio Formenti, canonico adiutore della Basilica. Formenti, per anni a capo dell’ufficio statistica della Santa Sede e officiale emerito della Segreteria di Stato nella Città del Vaticano, è già noto alle cronache: il suo nome è emerso nell’ambito delle indagini della magistratura su Alessandro Raineri, un faccendiere bresciano, arrestato nell’ambito di un’inchiesta sulla gestione degli appalti lombardi per Expo 2015, in cui erano coinvolte anche le ‘ndrine calabresi. Raineri vantava fra l’altro anche conoscenze all’interno dello Stato Pontificio dove, secondo le carte, poteva contare sull’amicizia proprio dell’influente direttore dell’ufficio centrale di Statistica d’oltretevere.
È proprio Formenti a fare da tramite fra il ragazzo siciliano e i canonici di Santa Maria Maggiore: in un primo momento gli propone di fare il badante di monsignor Emilio Silvestrini, 87 anni, ex segretario della Pontificia Accademia per la vita e anche lui canonico della Basilica, ma l’anziano sacerdote è malato di Alzheimer e il ragazzo dopo sei giorni rinuncia all’incarico. A quel punto, monsignor Formenti chiede ad Abruzzese di dare ospitalità al ragazzo. Abruzzese accetta di accoglierlo, con «un atto di concreta carità», sottolinea, pensando che può essergli d’aiuto con le pulizie dell’appartamento. E aggiunge, con una frecciata: «poiché altri laici furono ospitati nella Basilica con canonici, non ci pensai». Non ha pensato, cioè, che ci potesse esserci qualcosa di male nell’ospitare un ragazzo, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Due giorni dopo l’invio del ricorso al papa, parte un’altra lettera, questa volta indirizzata oltreoceano al cardinale ‘O Malley, arcivescovo di Boston e presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori. Il mittente è monsignor Valentino Miserachs Grau, decano di Santa Maria Maggiore, che si premura di scrivere a nome suo e di altri canonici una nota in cui manifesta «sentimenti di sincera stima e affetto» nei confronti del confratello. «Monsignor John, sacerdote buono e generoso – si legge nella lettera – sta vivendo momenti particolarmente difficoltosi a causa di scelte volte ad aiutare spiritualmente ed economicamente persone in difficoltà, scelte che possono provocare qualche fraintendimento in chi non lo conosce».
Nessun dubbio sui fraintendimenti a cui fa riferimento il decano, considerata la situazione di convivenza non supportata da particolari esigenze di assistenza al sacerdote americano, e aggravata dalla storia di abusi del ragazzo.
Il 30 marzo Peña Parra manda un’altra riservata personale ad Abruzzese, in cui lo informa che il papa il 14 marzo ha rigettato il suo ricorso e ha confermato la decisione di rispedire il sacerdote alla diocesi di appartenenza. Il Sostituto lo sollecita quindi a conformarsi alla decisione del pontefice senza ulteriori indugi. Cosa che evidentemente il reverendo non fa, se il 26 aprile il vice commissario della Gendarmeria dei servizi di sicurezza del Governatorato della Città del Vaticano gli notifica un provvedimento di «divieto di accesso su tutto il territorio dello Stato della Città del Vaticano, disposto nei suoi confronti dalle Superiori autorità della Santa Sede» con lettera del giorno precedente. La polizia vaticana, quindi, va a prelevare fin dentro la Basilica il monsignore per espellerlo, non solo dalla chiesa, ma addirittura dallo Stato vaticano.
Qui si perdono le tracce del monsignore: forse è effettivamente tornato negli Stati Uniti, come intimatogli dal papa. Il ragazzo invece, pietra dello scandalo, è stato abbandonato con noncuranza dalla Chiesa al suo destino di vittima.
Una storia particolarmente tragica la sua, perché segnata da abusi ripetuti, iniziati quando era ancora molto piccolo. Roberto è infatti un bambino di appena nove anni quando suo padre muore per una grave malattia; la madre se ne è andata di casa un anno prima e ha lasciato Francofonte, dove abitano, per il nord. Alla morte del padre, Roberto e il fratello minore restano da soli con la nonna, seguiti dai servizi sociali. Don Giuseppe (nome di fantasia) è cappellano militare e, anche se non fa parte della diocesi perché è un prete dell’Eparchia di Piana degli Albanesi, una sede della Chiesa bizantina cattolica in Italia soggetta alla Santa Sede, di fatto vive anche lui a Francofonte, suo paese natale. Roberto fa il chierichetto nella Chiesa madre del paese, dove ogni tanto tiene messa il cappellano. Don Giuseppe, adocchiato il ragazzino vulnerabile, ne conquista presto la fiducia e lo invita a casa sua. Qui, dopo avergli promesso che si occuperà di lui e gli darà i soldi di cui ha bisogno, prima costringe Roberto ad avere un rapporto orale e poi lo congeda con 25 euro. Pochi giorni dopo il prete porta il bambino nella sua casa di campagna, dove ha una grande piscina, ed è proprio lì che lo stupra per la prima volta.
Le violenze vanno avanti per nove anni, fino alla maggiore età di Roberto. Abusi, manipolazione, stalking: il ragazzo dichiara di aver vissuto sotto il controllo totale di questo prete, in uno stato di soggezione fisico e mentale che lo ha più volte portato in ospedale in preda a crisi di ansia o in seguito a tentativi di suicidio. Il 22 marzo 2021 Roberto finalmente si rivolge alla giustizia ecclesiastica, e il giorno successivo a quella civile, ma ad oggi non si sa nulla nè dell’indagine previa, avviata da monsignor Lomanto, nè dell’inchiesta della squadra mobile della questura di Siracusa. Roberto, esasperato, dopo la denuncia chiede più volte al vescovo di intervenire nei confronti di questo sacerdote, che continua a dire messa e a frequentare le attività parrocchiali anche con i bambini, ma senza risultato. Soltanto lo scorso 16 novembre, quando Roberto decide di parlare con la stampa, monsignor Lomanto comunica in una nota ufficiale che don Giuseppe, «residente nella diocesi di Siracusa senza alcun incarico», il 31 ottobre è stato interdetto dall’esercizio pubblico del ministero dal vescovo di Piana degli Albanesi, Giorgio Demetrio Gallaro. Intanto, con un notevole tempismo, nella diocesi di Siracusa il 22 novembre viene inaugurato il Servizio per la tutela dei minori. Interpellati da Domani sul caso di Roberto, monsignor Gallaro non ha risposto e il vescovo di Siracusa ha preferito non aggiungere altro.
La vicenda di Roberto, così come la si apprende dalle sue parole, ha dell’incredibile. Quella prima estate del 2010, il bambino ritorna quasi tutti i giorni nella villa di don Giuseppe, incantato dal lusso e dalle promesse del sacerdote. Si ferma anche a dormire tre o quattro volte a settimana: «mi copriva di regali e trascorrevo le notti in sua compagnia dormendo nello stesso letto con lui», scrive Roberto nella memoria che consegna al vescovo al momento della denuncia. Quando Roberto manifesta il desiderio di farsi prete, don Giuseppe prova senza successo a farlo ammettere nel Preseminario minore di Roma, per poi trovargli nel 2012 un posto dai padri Rogazionisti di Messina, dove il ragazzo comincia a soffrire di crisi d’ansia e attacchi di panico, che lo portano per la prima volta a essere ricoverato in ospedale. Nel 2015 fa con il prete «un lungo tour turistico per le coste siciliane, vivendo praticamente con lui giorno e notte». Il sacerdote gli fa anche scaricare Grinder, una app per incontri gay, e lo usa come esca per contattare altri uomini.
Nel 2016 il cappellano comincia a frequentare anche un altro ragazzo e di lì a poco Roberto si trasferisce a Milano. Don Giuseppe però lo raggiunge anche qui e gli chiede di fargli conoscere i suoi amici, ovviamente a scopo sessuale. Roberto si sente male e viene ricoverato in psichiatria al San Raffaele di Milano; una volta dimesso torna a Francofonte, dove rientra nell’orbita del prete. Don Giuseppe da un lato lo umilia dicendogli che è «un incostante cronico, un irrisolto, un inconcludente», dall’altro gli propone di incontrare un sacerdote di Chieti, suo amico e preside di una scuola privata, che lo potrebbe aiutare a prendere il diploma. Non gratis, ovviamente: «il prezzo da pagare da parte mia sarebbe stata la mia disponibilità a ogni prestazione», esplicita Roberto.
Nel 2019 Roberto – sempre grazie a una segnalazione di don Giuseppe – entra nella comunità dei padri domenicani di Messina, dove però viene allontanato quasi subito: il Superiore della congregazione, infatti, viene informato da una telefonata che il ragazzo ha una relazione con un prete della città e quindi è indegno di portare l’abito domenicano. Una menzogna, dice Roberto, anche questa da attribuire a don Giuseppe, che lo «dipinge al peggio con cose che solo lui poteva sapere», come scrive nella memoria al vescovo. Lasciata Messina, Roberto viene ospitato per una settimana dai domenicani di Catania, che si rivolgono proprio a don Giuseppe per vedere se è disposto ad aiutare il ragazzo. Il prete si rifiuta, salvo poi farsi vivo durante il lockdown e chiedere al ragazzo prestazioni sessuali via cellulare in cambio di denaro; un tira e molla che si interrompe soltanto quando Roberto, a marzo 2021, prende la decisione di denunciare nove anni di abuso.
Ed è qui, nel 2021 che ritroviamo Roberto, raccomandato da Formenti, insieme a monsignor Abruzzese nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Molte domande restano in sospeso: come faceva monsignor Formenti a conoscere Roberto? Se lo conosceva al punto da presentarlo addirittura a due monsignori, è plausibile che non sapesse nulla del suo passato di abusi?
Nella seconda metà degli anni ’80, Formenti era membro del Consiglio Pastorale Militare Nazionale dell’Ordinariato militare, da cui dipendono i cappellani militari, quindi anche il sacerdote sotto inchiesta. È possibile quindi che sia stato proprio il prete siciliano a raccomandare a Formenti il suo “protetto” per sistemarlo, come aveva fatto in precedenza in occasioni analoghe. È un fatto che il ragazzo diventa presto motivo di imbarazzo, tanto che Abruzzese viene invitato dai suoi superiori a congedarlo. Che cosa è successo? A marzo 2021 Roberto denuncia il suo abusatore e il vescovo, come è suo dovere, ha senz’altro avvertito l’ente vaticano competente in materia di abusi su minori, il Dicastero per la dottrina della fede. A quel punto, l’evidente normalità di una convivenza oltre le mura di San Pietro (sottolineata dallo stesso Abruzzese, che infatti al papa scrive che «non ci ha pensato» perché altri intorno a lui fanno lo stesso) diventa un peccato intollerabile da rimuovere al più presto, prima che scoppi lo scandalo. Il fatto che di mezzo ci sia un ragazzo abusato sin da bambino, che avrebbe bisogno di supporto, oltre che di verità e giustizia, sembra non preoccupare nessuno.
Al momento di monsignor Abruzzese non si sa più nulla, il suo nome prontamente cancellato dal capitolo dei canonici della Basilica di Santa Maria Maggiore; né si conosce l’esito del procedimento ecclesiastico sul cappellano militare, oggi in pensione. In Vaticano tutto è tornato alla normalità, come se nulla fosse successo.
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Da diversi mesi Silere non possum si è occupato di un caso particolare che ha destato scompiglio all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore. Oltre all’invio del commissario, infatti, i canonici di Santa Maria Maggiore hanno subito un po’ di trambusto per l’arrivo di un giovane ventunenne di origini siciliane, con il compito di assistere alcuni anziani Monsignori.
In queste ore, purtroppo, questa vicenda è stata raccontata in modo completamente distorto e non corrispondente a verità dal quotidiano Domani. Silere non possum, come noto, ha scelto di fare Verità su diverse vicende ed anche di questa storia è necessario parlare con documenti e con fatti, non con le solite illazioni da bar che piacciono tanto a giornalisti che tutelano sempre i dati degli accusatori ma non quelli degli accusati.
La vicenda, quindi, non è proprio come viene raccontata da Federica Tourn, la quale ha dimostrato, anche nell’ultima conferenza stampa in CEI, di non aver molto chiaro come funziona la Chiesa e il diritto canonico.
Prima di svelarvi i particolari della storia, però, dobbiamo tristemente sottolineare come il sistema utilizzato dal Domani è chiaramente una strategia consolidata. Nonostante Federica Tourn dica che “i titoli servono ad attirare l’attenzione”, ciò non significa che questi debbano essere completamente scollegati dalla realtà. Anche in questo caso, come abbiamo spiegato qui, il quotidiano mette in prima pagina: “Pedofilia: il caso Spotlight è a Roma”. Una cosa che non è affatto vera. Al massimo, il caso Spotlight ERA a Roma. Ma nulla ha a che fare con la storia che Tourn racconta. Chiaramente però, c’è chi vuole attirare i click passando sulla pelle di vere vittime di pedofilia.
In una vicenda come quella che andremo a raccontarvi, questa giornalista, addirittura, va a prendere l’infanzia di un monsignore che si è praticamente svenato pur di aiutare questo giovane, per mettere in risalto che questo faceva il chirichetto del Rev.do John Geoghan, il quale fu accusato di essere un pedofilo seriale. E quindi?
Il sacerdote in questione non è stato il chierichetto di Geoghan, come scrive Tourn. Ha servito solo la sua prima messa. In secondo luogo, che correlazione c’è? Il canonico della Basilica non è mai stato vittima di Geoghan e, altresì, non ha mai avuto a che fare con casi di pedofilia. Come al solito, però, questa giornalista ama mettere insieme “capra e cavoli”, pur di “attirare l’attenzione”, come scrive sul suo profilo Facebook.
La storia
Ma veniamo ai fatti. Silere non possum è stato contattato ad agosto 2022. Ci è stata raccontata una storia e, come di consueto, la nostra redazione ha proceduto ad avviare indagini interne anche al piccolo Stato. Non è necessario spiegare che il nostro lavoro non consiste nella pubblicazione della prima cosa che ci viene raccontata. Tutt’altro. Per poter garantire ai nostri lettori una notizia verificata e veritiera, è sempre fondamentale andare alla fonte. Al documento. Sentire, sempre, tutte le campane, come si suol dire.
Dalle nostre fonti è risultato che il giovane che si era presentato a noi, offriva un racconto poco chiaro, contorto e mancante di diversi elementi. Fra le molte cose che ci vennero dette, fu accennato ad una storia di abusi che, però, sarebbe stato “meglio non pubblicare al momento”. Come se ci fosse un momento propizio, una scelta editoriale. O, peggio ancora, come se decidessero i lettori quando pubblicare una notizia.
Per questo motivo decidemmo di non parlare della vicenda e continuare le nostre attività. Il 17 novembre 2022 i quotidiani italiani hanno titolato “Il prete mi ha abusato da quando avevo 9 anni”, “Io, abusato da un prete per nove anni”: la denuncia di un ventunenne”, ecc…
Il racconto è stato offerto da :***** *****, ventuno anni, natio di Francofonte in provincia di Siracusa. Soggetto conosciuto all’interno delle mura, perchè è stato attinto da un provvedimento che ne ha determinato il divieto di accesso allo Stato della Città del Vaticano. Per tale motivo siamo qui a pubblicare chiaramente quanto accaduto con i riferimenti del caso.
Giornalismo strumentale
Qui emerge tutto il dramma della stampa italiana. La ricerca della Verità è una cosa che appartiene a pochi giornalisti, in questo caso ad una sola: Laura Valvo del quotidiano La Sicilia. Perché al giornalista italiano, oggi, è sufficiente il testo di una denuncia per poter scrivere. Quel famoso “pezzo di carta che ti fa star tranquillo”. Eppure, non funziona così. La querela, o denuncia che sia, è sempre un racconto di parte, non è una sentenza. Lo ha ricordato recentemente anche l’Unione Europea in merito ai diritti degli accusati, ma vabbè inutile anche solo accennarne.
Nessun quotidiano, se non La Sicilia, ha sentito altre fonti. Le persone del luogo, i vari istituti che hanno ospitato il giovane, l’accusato, gli atti del procedimento canonico, ecc..ecc.. La stessa Tourn scrive “la vicenda, così come si apprende dalle sue parole, ha dell’incredibile”. Possibile che il giornalismo italiano si esaurisca qui? Non hanno neppure messo in discussione il suo racconto ed hanno trascurato anche lo stato attuale in cui si trova il ragazzo. Perché sia chiaro, raccontare la Verità o almeno cercarla, non significa “fare il processo alla vittima”, come si diverte a scrivere qualche avvocato, ma vuol dire fare seriamente il proprio lavoro. Anche perché, sia chiaro, proprio Nostro Signore ci ha messo in guardia da coloro che “vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci”.
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Perplessità e mezze verità
Le storie di abusi sono una cosa seria. Per questo motivo Silere non possum ha sempre parlato con chiarezza del tema e non abbiamo mai sopportato quando questa “carta jolly” è stata utilizzata per poter mettere in discussione tutto l’operato della Chiesa. O, peggio ancora, per far fuori le persone. Le vittime di abuso vivono una condizione che non può essere neppure immaginata da chi non ha vissuto in prima persona un trauma del genere. Lo abbiamo detto anche recentemente nel caso di Marko Ivan Rupnik, il quale è stato accusato di abusi psicologici e sessuali da parte di alcune suore. Abbiamo anche visto come questo caso è stato trattato dalla stampa. Contro il cappellano sconosciuto di Francofonte si imbracciano le armi pur non avendo in mano nulla, contro l’artista famoso si usano tutte le cautele del caso. Chissà perché Federica Tourn non ne ha parlato? Ma andiamo oltre.
La storia dolorosa di questi anni, ci ha anche insegnato che non tutte le accuse si sono rivelate reali. Molte volte la Chiesa non ha saputo affrontare una piaga che era più grande di lei, molte altre, la pedofilia o l’accusa inerente al de sexto è stato il modo facile per far saltare alcune teste. Il sistema certamente aiuta. Nessuna verifica, nessuna discussione, nessun contraddittorio. L’accusato è K.O. “PEDOFILO”, fine. È la dura realtà del processo mediatico, sistema che non dovrebbe esistere in uno Stato che si dice “di diritto”.
La storia di ***** ***** è una storia di sofferenza e grande disagio. Una storia che avremmo voluto evitare di raccontare ma, purtroppo, si è reso necessario spiegare come stanno realmente le cose. Una storia di disagio che nella Chiesa ha trovato persone che hanno saputo affrontarlo ed altre no. Chi ha tentato di aiutare il ragazzo, non ha certamente trovato terreno fertile e, allo stesso tempo, probabilmente non aveva neppure le capacità per farlo. Spesso sono stati offerti mezzi inidonei, quando, in realtà, era necessario un supporto di tipo professionale. Ma veniamo ai fatti.
La storia del giovane
“***** si è sempre presentato con fare arrogante, pretenzioso”, riferisce un ecclesiastico all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore. E continua: “Era stato portato in Basilica da Mons. Vittorio Formenti, presbitero della Diocesi di Brescia. Era stato ingaggiato come badante per un monsignore ma, poco dopo, disse di non riuscire in questo incarico. Si tentò, allora, con un altro canonico, il quale lo ha accolto come fosse un figlio” specifica.
All’interno delle diverse realtà, non solo nell’Urbe, il giudizio sul giovane sembra essere unanime. C’è chi riconosce qualche problema di tipo caratteriale, c’è chi ha un giudizio tranchant, estremamente duro. Durante la sua permanenza nella Basilica di Santa Maria Maggiore il giovane “dettava legge anche a noi”, riferiscono alcuni seminaristi. In effetti, ci vengono mostrate numerose foto del ***** in abito talare, indumento che il giovane non può indossare non essendo chierico o appartenente ad alcuna struttura ecclesiastica. Tale condotta configura anche il reato (depenalizzato) punito dall’art. 498 c.p.
Una foto del signor *****, con il colletto dell’abito talare, è stata appesa, per un determinato periodo, anche all’interno dei gabbiotti del Corpo della Gendarmeria. Ma, sull’argomento, torneremo più avanti.
I quotidiani italiani hanno riferito di abusi sessuali subiti dall’età di 9 anni. Saranno gli organi competenti a definire la vicenda, sia in sede canonica, sia in sede civile. Bisogna, però, evidenziare come a conferma di tale accusa non vi sono prove e il racconto del giovane non è mai stato chiaro. Anzi, la personalità del ragazzo e la sua storia (raccontata interamente e senza taglia e cuci di comodo) fanno pensare ad una delle tante persone che, allontanate dalle strutture ecclesiastiche, accusano oves boves et universa pecora.
Raccontare la storia della persona che accusa è molto importante, in quanto possono emergere diversi elementi che possono aiutare a ricostruire il complesso puzzle. Difatti, quando i reati sono la pedofilia, la violenza sessuale o anche psicologica, ecc… è sempre difficile, per la vittima, dimostrare quanto ha subito. Proprio perché si tratta di crimini che vengono commessi, per loro natura, lontano dagli occhi di terzi. Ciò non toglie che il racconto deve essere credibile, verosimile, provato da alcune evidenze e alcuni eventi della vita delle persone coinvolte possono certamente aiutare a ricostruire la Verità.
Federica Tourn (e la sua fonte) “dimentica” di riferire alcuni passaggi importanti della vita del ***** che, nostro malgrado, dobbiamo rendere pubblici per far comprendere meglio il quadro della vicenda. Il giovane, infatti, ha tentato, in più occasioni, di accedere ad alcune realtà ecclesiastiche. La risposta non è stata: “No qui non entri perché hai accusato di pedofilia un prete” oppure “qui non entri perchè ci ha detto don Tizio che non sei affidabile”, come si vorrebbe far credere. Piuttosto, la risposta è sempre giunta dopo un periodo in cui i formatori hanno tentato di far fare una esperienza all’interno della struttura alla quale lui bussava. In sostanza, gli è stata offerta la possibilità di farsi conoscere e di testare la propria “vocazione”.
Proprio perché, forse lo si dimentica troppo spesso, l’ingresso in seminario non è una pretesa, un capriccio da assecondare. Il giorno dell’ordinazione presbiterale, il responsabile della formazione dice: “la santa Madre Chiesa chiede che questo nostro fratello sia ordinato….”. È la Chiesa, quindi, che chiede, non il candidato.
Ma queste dinamiche non hanno riguardato solo realtà religiose ma anche semplici parroci e laici in giro per la penisola.
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Luci e ombre
“Il giovane diede diversi problemi nella sua parrocchia di origine, a tal punto che il parroco lo dovette allontanare”, riferiscono a Francofonte. Per questo motivo, all’età di 15 anni, ***** venne indirizzato presso la Congregazione dei Rogazionisti del Cuore di Gesù, anche perché i sacerdoti che lo accompagnavano erano preoccupati del fatto che questo ragazzo non riuscisse ad ottenere il diploma di maturità.
Lì stette da settembre fino alle vacanze natalizie dell’anno 2016, quando, tornato a casa, decise di non fare ritorno alla comunità religiosa perché non voleva continuare negli studi. Sarebbe stato sufficiente rivolgersi a queste realtà per chiedere se il giovane avesse mai riferito di essere stato vittima di abusi, per comprendere se “gli attacchi di panico e di ansia” potessero essere riconducibili a questi atti.
“In quel periodo, riferiscono alcune persone del luogo, il giovane viaggiava spesso e chiedeva denaro ai fedeli sostenendo che i suoi viaggi avevano il fine di fare rientro in convento”. È bene precisare, peraltro, che diverse persone sono state chiamate a rendere testimonianza nel corso delle indagini preliminari del procedimento penale italiano, che sono tuttora in corso.
*****, poi, ha bussato alla porta di diverse comunità. Fra queste ci sono: l’Istituto del Verbo incarnato in Umbria, la comunità di Familia Christi, l’Ordine di San Paolo Primo Eremita e l’Ordine dei frati predicatori. Il giovane, prima di giungere a Santa Maria Maggiore, trascorse anche un periodo di circa tre mesi nell’abitazione di un presbitero della diocesi di Albenga-Imperia. A queste realtà, peraltro, si è sempre presentato con una lettera di presentazione che risulta firmata dal sacerdote che poi ha accusato. Lo stesso presbitero non era a conoscenza di questo utilizzo seriale della lettera.
Il ***** si è rivolto anche all’Ordine dei Frati Predicatori (comunemente detti domenicani) e da quella realtà è stato allontanato dopo poco perché “intratteneva rapporti sessuali con terzi”. È risaputo, infatti, che all’interno degli ordini religiosi i giovani sono chiamati alla castità, che sarà uno dei voti che poi saranno tenuti a professare.
Tutte queste realtà hanno riferito che il ***** non risultava adatto alla vita religiosa o presentava problematiche di tipo caratteriale. La giornalista Federica Tourn riferisce che il giovane rifiutò tale “accusa” dicendo che era frutto di maldicenza del “cappellano abusatore”. Ora, non si vorrà mica sostenere che questo benedetto cappellano chiamò tutti i luoghi in cui il ragazzo andò riferendo cose false su di lui, no?
In riferimento ai “rapporti sessuali che il giovane intratteneva con terzi”, certamente desta stupore il racconto che Federica Tourn fa. Sono gli stessi giornalisti che fanno la morale ai preti, in articoli alquanto squallidi, dove pubblicano notizie che dovrebbero essere riservate ed afferenti alla sfera personale. Difatti, se il sacerdote ha rapporti sessuali con persone adulte e consenzienti, per lo Stato non si tratta di alcun reato. Motivo per cui i giornali, e chiunque altro con loro, dovrebbero rispettare la sfera intima delle persone e non fare articoli clickbait. Invece, Federica Tourn, con il suo fare da professoressa, si mette anche a spiegare che in realtà quella era una calunnia e chi l’avrebbe fatta? Ovviamente il fantomatico prete che avrebbe abusato del *****. Una storia che non ha né capo né coda.
È chiaro che il ***** vede in questo sacerdote l’origine di tutti i suoi mali e, pertanto, lo accusa delle cose più nefaste. Infatti, dagli atti del Tribunale Interdiocesano di Napoli emerge che in una deposizione del giovane, lo stesso ha riferito: “[il sacerdote accusato] chiamò [un altro sacerdote] a cui disse una marea di falsità sul mio conto”. Le realtà che hanno accolto il *****, però, hanno riferito di non aver avuto contatti con il cappellano militare in merito al ragazzo.
Il *****, fra l’altro, dopo essersi allontanato dal suo paese di origine, arrivò addirittura ad avvicinare un giornalista italiano che fu a capo del quotidiano dei vescovi italiani.
Il sacerdote, nel marzo 2021, ricevette la telefonata di questo ex direttore, il quale asseriva di aver conosciuto il ***** e di averlo ospite presso di sé. L’uomo chiese al prete se fosse stato disposto a pagare alcuni corsi per il giovane. Quando il presbitero spiegò la situazione, il giovane ritenne quella descrizione offensiva e “decise di vendicarsi” dicono. Fino a quel momento, infatti, non vi era stata alcuna accusa di pedofilia ma, piuttosto, queste accuse venivano rivolte ad altre persone. Ad un prete riferì di essere stato vittima di “un vecchio prete di Modica”, ad un altro sacerdote dell’Arcidiocesi riferì di essere stato abusato da “uno zio che viveva con la nonna”.
Inoltre, anche il Rev.mo Dom Gualtiero Rosa OSB Oliv, abate di Monte Oliveto Maggiore, ha accolto nell’agosto 2021 il ragazzo siciliano. ***** fece un mese di prova e, al termine dell’esperienza, il Padre Abate disse al giovane che “non era portato per la vita monastica”. L’abate fu vittima di una serie di insulti che il ***** gli indirizzò, accuse, parolacce e minacce che hanno dell’incredibile. Perché? Solo perché gli aveva comunicato che non era portato per la vita monastica. Eppure il cappellano militare non ha neppure idea che questo passaggio avvenne.
Certo, c’è da evidenziare che la descrizione che il sacerdote fece ha trovato riscontro in diverse persone che il ragazzo ha incontrato in questi anni. Quello stesso direttore del quotidiano dei vescovi, oggi, non vuole neppure sentirne parlare del ragazzo. Molte persone che abbiamo sentito riferiscono che la tecnica utilizzata dal giovane, il quale sul Domani viene descritto come un ragazzo stalkerizzato dal cappellano, è proprio quella di contattare le persone utilizzando la piattaforma Facebook e iniziare a tartassarle di messaggi provocatori e allusivi.
Alla redazione di Silere non possum sono giunte anche chat che comprovano un vero e proprio sistema che desta preoccupazione.
Dagli atti del procedimento canonico in corso presso il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo, emergono alcuni documenti che descrivono alcuni eventi che hanno visto il *****ospite di un presbitero della diocesi di Albenga-Imperia per tre mesi “a causa delle restrizioni da COVID-19”. Dalle carte emerge che il giovane ha subito alcuni ricoveri per motivi psichiatrici. “Il 30-31 di gennaio apparve proveniente dalla Sicilia dove aveva subito un ricovero in ospedale di Lentini”. Nei giorni seguenti “il ragazzo venne accompagnato al Pronto Soccorso del Policlinico Universitario Agostino Gemelli dove vi fu un episodio spiacevole”. Il ***** si sarebbe innervosito per via del tempo di attesa mostrando rabbia e violenza, quindi si fece accompagnare alla Basilica di Santa Maria Maggiore dove avrebbe incontrato Mons. Formenti.
L’arrivo a Roma
L’arrivo di ***** a Santa Maria Maggiore, nel luglio 2021, fu favorito dal Rev.do Mons. Vittorio Formenti, presbitero della diocesi di Brescia e Canonico del Capitolo della Basilica di Santa Maria Maggiore.
Dapprima il ragazzo fu impiegato nell’accudire il Rev.do Monsignor Emilio Silvestrini, con il quale stette poco tempo, circa una settimana, perché poi riferì di non riuscire nel compito assegnatogli; successivamente venne affidato, sempre dal Formenti, ad un monsignore americano.
“All’interno della Basilica portava sempre la talare e redarguiva anche i sacerdoti perché riteneva che non facessero seriamente il loro ministero”, riferisce sempre un prelato. Il giovane ***** *****, quindi, passò diverso tempo con il Canonico italo americano ma, nel frattempo, conduceva una vita “alquanto disordinata” e “contattava diversi sacerdoti o insegnanti di religione attraverso i social network”.
Anche le questioni economiche non sono marginali in questa storia. Una comunità di religiose, che serve anche lo stesso Pontefice all’interno della Città Stato, si è vista richiedere un paramento liturgico per la modica cifra di 3000 euro. Chi paga? Il ragazzo non lavora, nel frattempo, però, ha acquistato una talare presso una nota sartoria ecclesiastica attorno al Vaticano. Abito che, come abbiamo anticipato, non può portare.
Nei giorni scorsi, queste religiose si sono viste arrivare il *****in convento, il quale pretendeva di poter ritirare la cotta senza saldare il conto. “Una furia” qualcuno ha commentato. “Durante l’ordinazione episcopale di Mons. Guido Marini e Mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira, il ragazzo si infuriò con un inserviente per alcune questioni inerenti gli inginocchiatoi. Anche in quella occasione era in talare” riferiscono all’interno della Basilica Vaticana.
Ma perchè il ***** era ospite di questo canonico? Il sacerdote ha, in più occasioni, detto al giovane che avrebbe avuto bisogno di un aiuto psicologico e, per questo motivo, non per altri come vuole far intendere la Tourn, lo ha tenuto con sé in casa. L’aspetto caritativo, a cui si fa riferimento, era proprio quello di garantirgli ospitalità in cambio di alcuni servizi per un sacerdote anziano.
La situazione, però, non fu rosea. Emersero diversi problemi nel comportamento del *****. Questo si evince da diversi documenti e atti che sono depositati sia presso le forze di polizia della Repubblica Italiana, sia in quelle dello Stato della Città del Vaticano alle quale il monsignore si rivolse esasperato. Anche la stessa lettera, giunta a Santa Marta all’attenzione del Santo Padre, recita proprio: “***** *****, giovane di 21 anni, siciliano, inizialmente fu raccomandato da Rev.mo Mons. Vittorio Formenti, canonico adiutore, come possibile assistente 24 ore su 24, 7 giorni su 7 di Rev.mo Mons. Emilio Silvestrini a cui fu diagnosticato il morbo di Alzhiemer. Dopo soli 6 giorni si è sentito incapace di continuare questo servizio. Dal momento che non aveva nessun altro posto da andare, il canonico menzionato prima, mi ha incoraggiato ad offrirgli ospitalità, perché aveva tanti problemi emotivi. Ho accettato la proposta come un atto di concreta carità, pensando che potesse aiutarmi in varie maniere (pulizia, mettere in ordine, etc) nel mio appartamento. Poiché altri laici furono ospitati nella Basilica con canonici, non ci pensai”.
Proprio in merito a questo scritto, è necessario specificare che l’Em.mo Sig. Cardinale Stanisław Ryłko, S.E.R. Mons. Piero Marini e lo stesso Commissario Rev.do Mons. Rolandas Makrickas, hanno adottato i provvedimenti in questione al solo fine di permettere al Canonico di potersi liberare del giovane, il quale doveva essere allontanato per tutti i motivi che abbiamo qui spiegato e non perché “vittima di abusi”. Il ragazzo aveva bisogno di aiuto e non voleva farsi aiutare, addirittura “diveniva difficile contenerlo”.
Federica Tourn, come molti altri suoi colleghi, troppo spesso dimentica che lo Stato della Città del Vaticano non ha nulla a che fare con le singole diocesi. Se un giovane è vittima di pedofilia a Siracusa, non viene attinto da un provvedimento di uno Stato che non gli permette di accedere al Vaticano. Se il ragazzo non avesse presentato tutte queste “difficoltà”, le quali nulla hanno a che vedere con i presunti abusi, avrebbe serenamente continuato a condurre la propria vita, proprio perché “altri laici furono ospitati nella Basilica con canonici”. Il che non significa null’altro rispetto a quanto scritto. Dovremmo forse pensare che tutte le badanti dei diversi anziani di questa terra, consumino rapporti con loro? Fare la badante / il badante, non è un lavoro dignitoso come altri? Forse qui i giornali dovrebbero rivedere un po’ la loro dose di sessismo e classismo.
Certo, forse ci si sarebbe aspettati più comprensione nei confronti di un confratello che era palesemente vittima di pressioni psicologiche e continue minacce da parte di un giovane che, quando veniva redarguito, diceva sempre “mi sento male, sto male” per suscitare pietà. Come al solito, però, come Chiesa dimostriamo di non saper aiutare neppure i confratelli ma diviene più semplice liberarci del problema con frasi cariche di ipocrisia: “Certo che saprà trovare serenità e conforto in una rinnovata adesione all’unico ed eterno Sacerdote, Gesù Cristo, a cui siamo totalmente consacrati, mi confermo con sensi di distinta stima”.
Come dicevamo all’inizio, non sempre ci sono state persone con la capacità di affrontare questi problemi.
L’allontanamento
Il provvedimento vaticano, ci teniamo a sottolinearlo, non è stato adottato perché il giovane ha accusato un presbitero di aver abusato di lui, come si è voluto far credere. Tourn non specifica che il giovane è giunto a Roma dopo aver presentato la denuncia. A marzo 2021 il ***** accusa il cappellano militare di aver abusato di lui, a Santa Maria Maggiore arriva a luglio 2021. Se le motivazioni fossero state queste non sarebbe neppure stato fatto entrare. Le autorità dello Stato della Città del Vaticano hanno emesso un provvedimento che chiaramente non viene utilizzato con molta frequenza. La misura è stata necessaria proprio perché il ***** continuava ad accedere alla Zona Extraterritoriale di Santa Maria Maggiore pur essendo stato diffidato dal farlo. L’invito arrivava per le motivazioni sopra elencate: il ragazzo aveva creato diversi problemi.
Non corrisponde a verità neppure il fatto che il Monsignore in questione non avesse rispettato l’ordine impartito dal Sostituto, perchè lo stesso si trasferì in una diocesi suburbicaria, subito dopo la ricezione della lettera del febbraio 2022. Nel suo appartamento romano, però, custodiva ancora i suoi effetti personali, i quali poteva certamente andare a ritirare quando voleva. Il Sostituto, appunto, non gli disse di non poter accedere ma gli comunicò che non era più canonico. Solo a seguito dell’ingresso del ***** in casa del monsignore, la gendarmeria vaticana fu costretta a bussare alla porta e a tirare fuori il giovane e non il monsignore. Il provvedimento, poi, attinse entrambi perchè il monsignore, comunque, si mostrava troppo “dipendente” da quel ragazzo e non aveva il coraggio di dirgli di andarsene.
Certo, qui ci sarebbe da fare una riflessione accurata sulla formazione presbiterale (ancora e ancora), ma non è certamente questa la sede. In questo caso ci troviamo di fronte ad un sacerdote che ha addirittura subito le conseguenze del “licenziamento” pur di continuare ad aiutare un giovane, che doveva, però, farsi aiutare.
La giornalista del Domani riferisce che del sacerdote americano si sono perse le tracce. Certo, le tracce il Monsignore le ha fatte perdere perché ha dovuto lasciare la sua casa (da lui ancora pagata) perché minacciato di morte dal giovane siracusano. Il ragazzo è un mese che si sta spendendo pur di riuscire a sapere dove il sacerdote sia.
Rendiamoci conto: un sacerdote ti offre un tetto, ti rende partecipe di tutto ciò che ha e tu, per tutta risposta, lo minacci di morte. La situazione surreale è quella che si è creata successivamente: il ragazzo vive nella casa del prete e il prete è scappato perché spaventato per le minacce subite.
LEGGI GLI APPROFONDIMENTI SULLO STATO VATICANO
Il racconto “non verificato” sui giornali
Chiaramente, il racconto di Federica Tourn, per quanto riguarda la vicenda di Santa Maria Maggiore e quello degli abusi fatto dai diversi giornali, per quanto riguarda la vicenda di Francofonte, acquisiscono tutt’altra luce guardando la vicenda con tutti gli elementi. Le notizie vanno date per intero e non con il “taglia e cuci”, che serve ad ottenere click.
Suscitano perplessità anche le affermazioni dell’avvocata del *****, la quale al quotidiano La Sicilia scrive: “il giovane [..] contrariamente a quanto indicato non appartiene al clero. [..] non ha mai intrattenuto ne intrattiene attualmente alcuna relazione con appartenenti al clero”.
Il giovane *****, non solo si aggira per le diverse realtà con la talare inducendo appunto a credere di essere “almeno un giovane aspirante in formazione”, ma, appunto, vive all’interno di una casa che viene pagata da un “appartenente al clero”. Pertanto, è chiaro che forse bisognerebbe riferire informazioni corrette sul proprio cliente.
Facciamo anche chiarezza sulle diverse inesattezze, chiamiamole così, che Federica Tourn scrive.
“Il ragazzo è stato abbandonato con noncuranza dalla chiesa al suo destino di vittima”.
La giornalista, evidentemente non ha verificato che la Chiesa non solo non ha abbandonato ***** *****, ma è essa stessa vittima di un giovane che accusa per vendetta coloro che, in realtà, hanno cercato di aiutarlo. “Distruggerò la Chiesa” ha detto in più occasioni. Auguri, ci verrebbe da dire. Non si contano le accuse di “vita dissoluta” rivolta ai diversi sacerdoti contattati sui social. Il ragazzo non solo non è abbandonato e vive nella capitale in una casa che non gli appartiene ma, come scrive La Sicilia del 02 dicembre, ha anche acquistato una casa a Francofonte. Da dove arrivano quei soldi? Proprio da Santa Romana Chiesa.
Il Domani non specifica in quale condizione familiare viveva il giovane. Allo stesso modo, non spiega come mai il giovane finì in ospedale. Risulta (da documenti), infatti, che il ragazzo abbia più volte minacciato di uccidersi per questioni amorose, soprattutto quando veniva respinto. Per ricollegarci al racconto fatto dalla Tourn è necessario chiarire che il ricovero presso il reparto di Psichiatria dell’Ospedale San Raffaele di Milano, “avvenne a motivo di una telefonata surreale nella quale il giovane litigava con il fidanzato minacciando di togliersi la vita davanti ai clienti attoniti di una farmacia della città” riferiscono conoscenti.
La giornalista del Domani, altresì, non specifica che le lettere giunte all’episcopio di Siracusa erano tutte dal tono minatorio: “o vi muovete o vado ai giornali”, un sistema che per troppo tempo è stato alimentato ma che non può più essere tollerato. Se una lettera del genere venisse inviata ad una Procura della Repubblica italiana, si agirebbe immediatamente ai sensi del 612 c.p.
La Chiesa, invece, deve obbedire alle richieste senza rispettare le procedure canoniche. Siamo alle solite.
L’Arcivescovo di Siracusa ha avviato l’indagine, pur non essendo responsabile in prima persona del presbitero, ed il suo amministratore apostolico ha adottato tutti i provvedimenti cautelari che si utilizzano in questi casi. Addirittura il procedimento è stato delegato al Tribunale di Napoli per evitare accuse di “protezione” da parte del tribunale locale. Certo, desta perplessità che nessuno dei due ordinari, né Lomanto né Gallaro, abbiano mai pensato di sentire l’accusato prima di adottare tali provvedimenti.
Forse, anche la Chiesa deve smetterla di avere l’ansia di dover rispondere alle richieste delle parti ma deve avere ben chiaro il fine ultimo della giustizia canonica che è la ricerca della sola Verità.
La preoccupazione è tanta, diversamente da quanto afferma la giornalista, proprio per questo al ragazzo è sempre stato detto che avrebbe potuto trovare aiuto in colloqui con psicoterapeuti. Cosa che però lo stesso ha sempre rifiutato categoricamente.
La lettera del Sostituto S.E.R. Mons. Edgar Peña Parra, non “lascia intendere che [il motivo] risalga al fatto che [il sacerdote], all’interno della basilica vaticana, divide l’alloggio con un ragazzo appena maggiorenne”.
Non avremmo voluto perché riteniamo che determinate questioni debbano rimanere interne e la tutela delle persone coinvolte è sacra. Purtroppo, però, per amore di Verità ci vediamo costretti a pubblicare il testo delle lettere citate dalla Tourn, proprio per far comprendere che questo tipo di giornalismo, peraltro “finanziato dai lettori”, è chiaramente fatto calpestando la Verità.
In nessuna delle due lettere si evince che il motivo dell’allontanamento è quello relativo alla presenza di ***** *****. Piuttosto, viene anche specificato, il Monsignore viene allontanato perché non ha obbedito ad alcuni richiami. Quali sono questi richiami lo possono sapere solo le parti interessate che chiaramente non hanno parlato con la Tourn. Un motivo ci sarà, no? Le parti interessate non comprendono il *****. Sono la Segreteria di Stato, la Basilica e il monsignore in questione.
Sorgono alcune domande: come mai Federica Tourn non parla del provvedimento di allontanamento del giovane ***** ***** ?
Provvedimento (in foto) che il giovane ha violato, ancora una volta, entrando nella Basilica Vaticana il 29 ottobre 2022.
Perché si fa così difficoltà a raccontare la storia per intero? Peraltro, dal racconto della giornalista di Domani, sembra che dal momento dell’allontanamento dalla Basilica di Santa Maria Maggiore, il sacerdote sia sparito dalla circolazione. Mancano proprio quei mesi in cui il monsignore, pur di aiutare il giovane *****, ha abbandonato il suo appartamento in territorio extraterritoriale e lo ha ospitato fuori dalla Capitale e poi nell’Urbe fino a quando non è fuggito per le gravi minacce subite. Nonostante tutto, il ragazzo si trova tuttora nella casa del Monsignore, il quale non può farvi rientro.
Anche su questo, Federica Tourn risulta non pervenuta.
Alcune considerazioni
Cari presbiteri, oggi più che mai, prestate attenzione. Etichette, nomignoli, calunnie. Sono da fuggire come bestie e fanno solo male alla Chiesa. Questo sistema ha spesso reso possibile questo giornalismo becero che ha il solo fine di colpire la Chiesa ad ogni costo. Prestate attenzione, “siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”, come direbbe il Padrone della baracca. Molte volte, come avete visto, il bene che si vuol fare, viene utilizzato addirittura per delegittimare e colpire. Perchè molto spesso chi parla di misericordia ed accoglienza, dimentica di riferire che queste comportano anche dei rischi e le situazioni di disagio vanno sapute affrontare con professionalità e non solo con la preghiera.
Ai nostri lettori, vogliamo dire che questa storia è solo una delle tante che vengono raccontate con “taglia e cuci”. Dei veri e propri abiti cuciti ad personam. Andate sempre alla fonte e diffidate da chi vi racconta le storie con buchi e punti oscuri. Cercate sempre informazione seria e disdite gli abbonamenti a giornali che dimostrano incompetenza e si fanno pionieri di battaglie ideologiche.
L.M. e F.P.
Silere non possum
Articolo pubblicato il 13 dicembre 2022
Edited by pincopallino2 - 8/11/2023, 21:49