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Il Sacro Macello di Valtellina: 400 morti in nome di Dio, Come nel luglio 1620 l'alta Lombardia ed i Grigioni furono riconquistati al cattolicesimo

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view post Posted on 20/7/2020, 04:59

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Come nel 1620 l'alta Lombardia ed i Grigioni furono riconquistati al cattolicesimo

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https://ilbernina.ch/2020/07/19/la-triste-...inesi-del-1620/

La triste pagina dell’eccidio dei protestanti valtellinesi del 1620
Di Achille Pola -19 Luglio 20200

Immagine del «Sacro macello di Valtellina» - Fonte: "Il Sacro Macello di Valtellina" di Cesare Cantù, Alpinia Editrice, Bormio 1999
All’alba di domenica 19 luglio 1620, esattamente quattro secoli fa, ebbe inizio quello che verosimilmente fu l’eccidio di più vaste proporzioni che la valle dell’Adda con i suoi affluenti mai conobbero nella loro storia. La barbarie durò quattro giorni e si accanì contro i protestanti delle maggiori borgate di Valtellina e Brusio, in Valposchiavo, dove ne furono uccisi una trentina. Si stima che in totale il massacro costò la vita a circa 400 persone.

L’insurrezione valtellinese contro i Grigioni con l’eccidio dei protestanti del 1620, cui fece seguito la proclamazione d’indipendenza, va collocato nell’ambito della guerra dei Trent’anni (1618-1648). Il conflitto prese inizio da una contrapposizione fra gli stati cattolici e quelli protestanti del Sacro Romano Impero e si estese in uno scontro egemonico fra le maggiori potenze europee. Un trentennio di guerre e pestilenze che coincide in buona parte anche con i cosiddetti Torbidi grigioni (1603-1637), ovvero con un periodo di forti tensioni religiose e lotte per il potere verificatesi all’interno dello Stato delle Tre Leghe, comprendente allora anche i baliaggi di Bormio, Valtellina e Chiavenna. Per motivi strategici, nel contesto dei conflitti europei dell’epoca, il corridoio della Valtellina con i suoi valichi faceva gola sia all’alleanza franco-veneziana, sia a quella ispanico-asburgica. Le Tre Leghe oscillarono fra questi due poli di potere fino a giungere al Capitolato di Milano del 1639, un accordo siglato con la potenza spagnola (regnante sul ducato di Milano) per mezzo del quale venne loro restituito il possesso dei territori a sud delle Alpi, a condizione dell’esclusione della confessione riformata (₁).

Oggi gli storici concordano sul fatto che dopo un periodo di convivenza relativamente pacifica, seguito all’assoggettamento della Valtellina nel 1512 da parte delle Tre Leghe, i rapporti fra sudditi e padroni erano andati peggiorando già nella seconda metà del XVI secolo (₂). Da un lato vi erano i principali casati dominanti nei Grigioni, fra di loro rivali, i quali si contendevano con brogli le ambite cariche nei territori subalterni, spesso solo per arricchimento personale e acquisizione di privilegi a discapito dei notabili locali. Dall’altro lato, fra i valtellinesi – e in parte anche fra i grigionesi – venne a crearsi una profonda lacerazione religiosa, non da ultimo sorta in seguito alla pace di Augusta (1555), la quale decretò la famosa formula cuius regio, eius religio (₃). Una formula che non poteva tuttavia essere applicata allo stato di tolleranza confessionale introdotto dalle Tre Leghe – baliaggi inclusi – con gli Articoli di Ilanz del 1524 e del 1526. Secondo queste disposizioni, nelle comunità dove convivevano entrambe le confessioni, i fedeli erano tenuti a condividere lo stesso edificio sacro e venivano stabilite chiare norme per ministri e preti, riducendo di fatto l’autorità vescovile in tali questioni. Con la Dieta di Ilanz del 1557 se ne aggiunsero altre riguardanti i territori sudditi, le quali decretavano il mantenimento di chiese e ministri protestanti da parte delle comunità, anche laddove il numero di protestanti fosse molto esiguo. Tali misure non favorirono il clima di concordia nei territori di Valtellina, Bormio e Chiavenna, rimasti a stragrande maggioranza cattolici (₄). Frattanto la Controriforma iniziata dopo il Concilio di Trento (1542-1563) e l’antipapismo propugnato con maggiore forza da una nuova generazione di ministri protestanti, contribuirono a esacerbare le tensioni fra le due confessioni nei territori sudditi delle Tre Leghe (₅). Non mancarono in questa fase episodi di intolleranza su entrambi i fronti, a volte anche con esiti esiziali. Poiché a questo clima di tensioni religiose si sovrapponeva lo scontento per il malgoverno grigionese, si comprende meglio come i valtellinesi non solo ambissero ad una maggiore autonomia politica, o perlomeno a un trattamento paritario agli altri cittadini delle Tre Leghe, ma individuassero nel protestantesimo il simbolo del potere politico grigionese (₆).

Nel 1618 vi fu una levata di drappelli (Fähnlilupf) partita dall’Engadina Bassa con conseguente arresto e uccisione sotto tortura dell’arciprete di Sondrio Nicolò Rusca a Thusis, dove fu insediato un tribunale penale (o punitivo). I giudicanti, fra i quali si annovera anche il giovane ministro Georg Jenatsch, con il pretesto che il Rusca si era opposto all’istituzione a Sondrio di un collegio umanistico ispirato alle idee protestanti, usarono il processo come ritorsione contro le trame politiche della fazione filospagnola dei Planta, che rappresentava una linea più avversa alla riforma. Assieme all’arciprete fu arrestato e condannato alla pena capitale anche il podestà bregagliotto Giovanni Battista Prevost (imparentato con i Planta), mentre due esponenti di spicco dei Planta, Rudolf e Pompejus, nonché il vescovo di Coira, furono in quell’occasione condannati a morte in contumacia. Seguì una levata di drappelli della controparte cattolica, con un tribunale tenutosi a Coira che abrogò le suddette sentenze. Poi ve ne fu un’altra ancora a Davos che le riconfermò. In quelle medesime settimane, il 4 settembre del 1618, la fiorente borgata di Piuro fu sommersa da una devastante frana che causò la morte di circa un migliaio di persone. L’evento creò grande sconforto fra la popolazione e venne interpretato come un segno di Dio. Ebbe quindi inizio quella che lo storico Silvio Färber ha definito la “guerra civile confessionale” nello Stato delle Tre Leghe (₇).

Alcuni protagonisti degli eventi
2 di 3
Georg Jenatsch in un dipinto a olio di Paul Martig, 1935 - Fonte: Storia dei Grigioni, Coira, 2000 (pag. 131)
Nicolò Rusca nel dipinto di Antonio Caimi (1852) nella collegiata di Sondrio
Il Cavalier Giacomo Robustelli in un ritratto a olio di un autore ignoto - Fonte: Storia dei Grigioni, Coira, 2000 (pag. 164)


Il massacro di protestanti, consumatosi fra il 19 e il 23 luglio del 1620 in Valtellina, fu orchestrato in segreto da alcuni notabili locali con la complicità di esuli grigionesi, appoggiati dal governatore spagnolo di Milano e dagli Asburgo, i quali aspiravano in primo luogo alla liberazione della Valtellina con i contadi di Bormio e Chiavenna dal giogo grigionese e dall’influenza franco-veneziana. Nei loro piani figurava anche l’invasione delle Tre Leghe, ciò che non si realizzò grazie a una pronta reazione di quest’ultime, che nel frattempo erano state messe in allarme e riuscirono a fronteggiare l’assalto delle truppe spagnole in Mesolcina. Un secondo e concordato attacco da parte di truppe tirolesi attraverso la Val Monastero non ebbe luogo, poiché l’arciduca d’Austria preferì ritirarsi all’ultimo momento per non correre rischi. Ebbe invece esito positivo l’insurrezione dei valtellinesi contro le Tre Leghe e lo sterminio dei protestanti nei loro territori – cui fece seguito la proclamazione d’indipendenza –, lasciando tuttavia sul suolo una lunga scia di sangue fraterno. Si stima infatti che la strage di protestanti fece circa 400 vittime. Tranne alcune decine fra autorità e pastori riformati grigionesi, esse furono tutte valtellinesi (e brusiesi). L’eccidio iniziò all’alba del 19 luglio a Tirano e nelle sue vicinanze, in seguito si estese verso Teglio. Nei tre giorni successivi il massacro proseguì a Ponte, Sondrio, in Valmalenco, Berbenno, Morbegno e terminò con un’incursione in terra retica a Brusio. Lo storico poschiavino Daniele Marchioli narra che a Brusio, dopo l’uccisione di una cinquantina di riformati (₈), il cavalier Robustelli – che era a capo della sciagurata spedizione – diede ordine di saccheggiare le loro case e di metterle a fuoco (₉). Un simile macabro rituale venne ripetuto tre anni dopo anche a Poschiavo, il 25 aprile del 1623. In quell’occasione il Marchioli afferma che vennero uccisi 26 protestanti, fra cui 23 uomini e 3 donne, i quali si trovavano ancora nei propri letti (₁₀). La pagina di storia apertasi a Tirano in quella domenica di luglio del 1620 diede inizio a una drammatica e convulsa fase che fece precipitare la Valtellina e i Grigioni in un teatro di battaglie, trame di potere, sciagure e pestilenze terminate solo con la pace di Vestfalia del 1648, la quale pose anche fine alla guerra dei Trent’anni.

Oltre a quelli già elencati, fra i motivi che spinsero gli insorti a compiere un tale massacro, avranno pesato anche l’invidia, il risentimento, l’ignoranza e dinamiche psicologiche di tipo collettivo. I cronisti narrano infatti di un concorso di popolo aizzato dal fanatismo religioso. D’altronde, di stragi d’innocenti simili a quella del «Sacro macello di Valtellina» (₁₁), a volte con proporzioni enormemente maggiori, è disseminata l’intera storia dell’umanità. Ciò che oggi noi possiamo semplicemente auspicare è che quanto successe quattro secoli fa non succeda mai più: né qui né altrove. In Valposchiavo, dove dopo alcuni anni trascorsi in esilio oltre Bernina i riformati superstiti o fuggiti alla barbarie fecero ritorno su imposizione delle Tre Leghe, gli eccidi del 1620 e del 1623 lasciarono una profonda ferita tra le due comunità religiose. Solo il tempo e la buona volontà di uomini che hanno saputo vedere oltre il proprio orticello sono riusciti man mano a rimarginarla. Gli sforzi collettivi di reciproca comprensione e il dialogo ecumenico hanno infine dato un’ulteriore spinta affinché sia nei Grigioni, sia in Valtellina, gli storici giungessero ad indagare le cause di questo tragico episodio dell’età moderna con maggiore obiettività.

Achille Pola

Note
₁ Färber, Silvio: Le forze e gli avvenimenti politici nei secoli XVII e XVIII, in Storia dei Grigioni, Coira, 2000, pag. 136-138
₂ Zoia, Diego: La “Luna di miele” tra Grigioni e Valtellinesi nei primi decenni del Cinquecento, in I Grigioni in Valtellina, Bormio e Chiavenna, Sondrio-Poschiavo, 2012, pag. 139-159
₃ la frase significa: “di chi [è] il regno, di lui [sia] la religione”, cioè i sudditi seguano la religione del proprio governante
₄ Zoia, op. cit., pag. 154
₅ cfr. la conferenza in streaming “D’altra natura che non religiosa” di Saveria Masa (

₆ Scaramellini, Guglielmo: I rapporti fra le Tre Leghe, la Valtellina, Chiavenna e Bormio, in Storia dei Grigioni, Coira, 2000, pag. 151-178
₇ Färber, op. cit.
₈ il Marchioli parla di 50 vittime, ma altre fonti parlano di una trentina di morti; cfr. a questo proposito la ricerca di Nussio, Ivan: Storia della comunità riformata di Brusio, in Quaderni grigionitaliani, 1978-3, pag. 201
₉ Marchioli, Daniele: Storia della Valle di Poschiavo, Sondrio, 1886, pag. 164
₁₀ Marchioli: op. cit., pag. 168
₁₁ dal titolo dell’opera omonima dello storico Cesare Cantù del 1832

https://it.wikipedia.org/wiki/Sacro_macello
 
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