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I 40 anni della L. 194: "Dopo aver abortito ho deciso che nessuna donna dovesse essere più umiliata", Emma Bonino racconta come cominciò la sua campagna a contatto con Pannella e Faccio

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view post Posted on 25/5/2018, 13:17
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Emma Bonino racconta come cominciò la sua campagna a contatto con Pannella e Faccio

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Emma Bonino: «Dopo aver abortito, ho deciso che nessuna doveva più essere umiliata»
Emma Bonino: «Dopo aver abortito, ho deciso che nessuna doveva più essere umiliata» SFOGLIA GALLERY
A 40 anni dall'entrata in vigore della legge che legalizza l'aborto, abbiamo parlato con una delle prime donne e attiviste politiche che per essa si è battuta in Italia. E che ancora oggi contesta l'obiezione di coscienza e l'arretratezza scientifica
Quarant’anni fa l’interruzione volontaria di gravidanza diventava un diritto per tutte le donne italiane. È il 22 maggio 1978, la data in cui la legge 194 nasceva per mettere fine alle «mammane», agli infusi al prezzemolo che provocavano emorragie o agli «interventi» con un ferro da calza. Alle donne che morivano perché non potevano scegliere cosa fare del loro corpo. Per garantire al popolo femminile questo diritto Emma Bonino ci ha messo anima e corpo.

È stata lei ad autodenunciarsi, dopo avere accompagnato alcune donne al Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto (Cisa) a Firenze, diretto da Adele Faccio.

Ancora lei ne ha aiutate alcune con le sue mani, come ci ha raccontato. E infine, dopo avere vissuto in prima persona l’esperienza dell’aborto, ha deciso che quell’umiliazione non avrebbe dovuto viverla più nessuna donna.

E cos’ha fatto?
«Dopo avere vissuto quell’aborto ed essermi umiliata ho deciso che non sarebbe accaduto mai più a nessuna. Sono entrata in contatto con Adele Faccio e insieme a Marco Pannella e Gianfranco Spadaccia abbiamo cominciato un percorso di aiuto pubblico ad abortire alle donne che ne avevano bisogno, e quindi di autodenuncia».

Un percorso finito con il vostro arresto.
«Sì. Dopo la pubblicazione, nel gennaio del 1975, di un servizio del giornale di destra Il Borghese scoppiò il caso della clinica di Firenze, Cisa, in cui accompagnavamo le donne per abortire in sicurezza. Ci arrestarono tutti e tre. In realtà avevamo assunto la responsabilità pubblicamente già da diversi mesi».

Come ricorda quei momenti?
«Una stagione di grande risveglio civile (erano gli anni del voto ai diciottenni, l’introduzione del divorzio, dei contraccettivi, l’obiezione di coscienza, ndr). Quegli anni sono stati, almeno per me, degli anni di profonda vitalità e impegno. Di una presa di coscienza credo generale, non solo delle donne ma a partire dalle donne, sull’importanza della libertà di scelta e anche sulla questione che, come dire, chi aveva i soldi in qualche modo si arrabattava e chi non ne aveva rischiava anche la salute».

Lei stessa aveva praticato alcuni aborti, come raccontava il volantino con la pompa di bicicletta.
«Sì, quella in particolare era una tecnica che utilizzava il movimento femminista francese che aveva appena vinto con la legge sull’aborto, approvata nel 1974. Era una tecnica simile all’aspirazione praticata oggi con metodi più scientifici. In quegli anni era usata anche in Cina. Noi l’abbiamo fatto per disobbedienza civile».

Servirono altri tre anni per arrivare alla legge 194.
«In quello stesso periodo l’Espresso aveva accettato di lanciare la raccolta firme (ne ottenne 800mila, ndr) insieme ai Radicali per il referendum abrogativo per la depenalizzazione dell’aborto. Per evitarlo si andò alle elezioni anticipate. Nel ’78 arrivò la legge che aveva nel suo corpo una serie di compromessi. Era stata fatta in modo che anche la Dc potesse accettarla astenendosi o in qualche modo uscendo dall’aula o votando contro».

Sono questi compromessi oggi a limitarla?
«La legge 194 ha molti problemi, due in particolare. Il primo è la sua non applicazione in certe regioni per una sorta di obiezione di coscienza organizzata a cui alcune regioni stanno ponendo un freno, aprendo per esempio dei concorsi a medici non obiettori. Dall’altra parte c’è l’arretratezza anche scientifica, per cui in Italia, diversamente da altri Paesi europei, l’aborto chimico invece di quello chirurgico, dicasi l’utilizzo della pillola abortiva Ru486, è stato ostacolato per molto tempo. Anche oggi non viene utilizzato in modo sistematico».

Gli aborti sono comunque in calo costante.
«Nonostante i suoi limiti anche teorici, la legge ha funzionato. Oggi ne usufruiscono soprattutto le donne immigrante che non hanno ben chiara la possibilità del family planning e della contraccezione. Restano tuttavia i due limiti fondamentali dell’obiezione di coscienza e del rifiuto dell’aborto farmacologico».

A proposito di questo, le campagne dei movimenti Provita contro l’aborto hanno ultimamente diffuso manifesti molto violenti.
«Non possiamo convincere tutti, ognuno ha la libertà di esprimere quello che ritiene per se stesso. La volgarità fa parte di questa società, nella mia vita ne ho sentite di tutti i colori. Oggi non mi stupisco più di tanto».

 
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