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Biotestamento. Medici e ospedali cattolici: "Obbedire solo a Dio, come i martiri", La tentazione di violare la legge e i diritti dei malati: l'obiezione di coscienza non esiste

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view post Posted on 16/12/2017, 11:05

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La tentazione di violare la legge e i diritti dei malati: l'obiezione di coscienza non esiste

eutanasia-nudo
Malato

http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/bio...7-201702a.shtml

14 DICEMBRE 201717:25
Biotestamento,medici cattolici: forte ricorso a obiezione coscienza

"E' chiaro che valuteremo caso per caso le volontà espresse dal paziente, ma prevedo un forte margine nel ricorso all'obiezione di coscienza da parte dei medici cattolici". Lo afferma il vicepresidente dell'Associazione medici cattolici italiani, Giuseppe Battimelli, esprimendo "rammarico e contrarietà" per la approvazione della legge sul biotestamento.

http://www.farodiroma.it/biotestamento-don...lichera-le-dat/

Biotestamento. Don Arice, “il Cottolengo farà obiezione di coscienza, non applicherà le DAT”
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15 Dic 2017Arice, biotestamento, Cottolengo by redazione
Nelle sue strutture, il Cottolengo non applicherà le Dat. Lo ha comunicato all’AGI il superiore generale don Carmine Arice. “Noi – ha affermato il sacerdote – non possiamo eseguire pratiche che vadano contro il Vangelo, pazienza se la possibilità dell’obiezione di coscienza non è prevista dalla legge: è andato sotto processo Marco Cappato che accompagna le persone a fare il suicidio assisitito, possiamo andarci anche noi che in un possibile conflitto tra la legge e il Vangelo siamo tenuti a scegliere il Vangelo”. “Di fronte ad una richiesta di morte – ha spiegato – la nostra struttura non può rispondere positivamente. Attualmente l’obiezione di coscienza non è prevista per le istituzioni sanitarie private, però io penso che in coscienza non possiamo rispondere positivamente ad una richiesta di morte: quindi ci asterremmo con tutte le conseguenze del caso”.
Secondo don Arice, che è stato direttore nazionale della pastorale sanitaria della Cei ed è membro dell’organismo vaticano per gli ospedali cattolici, “il tema vero da affrontare, e non viene fatto, è quello di creare condizioni che permettano a chi è solo e in condizioni di difficoltà e sofferenza di non invocare la morte, a cominciare dalle persone anziane che si trovano in povertà e afflitte da patologie. Invece vediamo prevalere troppo spesso la cultura dello scarto che spinge le persone più deboli a dire ‘tolgo il fastidio’”.

Quanto al tema della sospensione dell’idratazione e della nutrizione invocato da diversi esponenti del mondo cattolico come la discriminante che impedisce un giudizio positivo sulle DAT, per don Carmine Arice superiore generale del Cottolengo “è un falso problema”. “Le nostre riserve – ha spiegato il religioso al vaticanista Agi Salvatore Izzo- sono motivate dalla questione di un’autodeterminazione che mortifica il rapporto medico-paziente e la professione stessa del medico, cristallizza una volontà espressa in tempi diversi dalla situazione che si sta vivendo in quel momento e soprattutto spinge a una visione della vita che non è accettabile, per la quale solo chi è vincente merita di sopravvivere”.
Secondo don Arice, “la sospensione dell’idratazione e la sospensione della nutrizione sono infatti già accettate dalla Chiesa: il criterio della proporzionalità delle cure è stato fissato già da Pio XII ed è ripreso in modo esplicito nella Carta per gli Operatori Sanitari approvata da Papa Francesco, nella quale al punto 152 si afferma che nutrizione e idratazione sono da mantenere quando “non risultino troppo gravose” mentre in altri casi “non sono giustificate”.

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/a...e-far-obiezione
Il documento. Cattolica e Gemelli: «Al biotestamento si deve far obiezione»
mercoledì 13 dicembre 2017
Nel testo della Fondazione Policlinico e della Università Cattolica il giudizio sulla legge dai medici per i quali «il processo assistenziale» non si può ridurre alle caselle barrate di un formulario
Cattolica e Gemelli: «Al biotestamento si deve far obiezione»
Ieri, nel giorno in cui ha preso il via il confronto al Senato attorno al disegno di legge sul biotestamento (le «Disposizioni anticipate di trattamento », o Dat), la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e la Fondazione Policlinico universitario Gemelli di Roma hanno firmato un intervento congiunto che alla luce dell’esperienza clinica e accademica e di studi scientifici solleva alcuni rilevanti interrogativi sui possibili effetti della norma nella relazione tra medico e paziente, facendo propria poi la netta posizione dei vescovi americani sull’obiezione di coscienza alle «disposizioni anticipate»: «Se una Dat confligge » con l’insegnamento cattolico «si spiegherà perché la Dat non può essere onorata».

Ecco il testo integrale dell’intervento.

Le Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) sono in dirittura d’arrivo per l’approvazione al Senato dopo quella avvenuta alla Camera. Quel che è certo è che il Testamento biologico ( Living will, le Dat statunitensi), adottato dagli Usa già nel 1991 soprattutto come strategia per supplire alle difficoltà di comunicazione circa le preferenze del paziente, non sembra aver risolto le criticità per la cui soluzione era stato varato. A circa 20 anni dalla implementazione di quella normativa si è iniziata, infatti, una nuova discussione sull’argomento. Tra le possibili cause del perdurare delle criticità si indicano, oltre alla cultura inadeguata degli operatori, la mancanza di chiarezza e il linguaggio vago della documentazione. Perché incerto è il terreno su cui ci si muove, da molti e da noi si sostiene per esperienza l’impossibilità di un intervento drastico quale quello rappresentato da una legge che avrebbe l’ambizione di regolare una condizione 'grigia' come il fine vita. Non a caso negli Usa, nonostante le dichiarazioni anticipate fossero state introdotte al fine di rispettare le decisioni del paziente, tale rispetto era ed è rimasto scarso (Dobalian A., Advance care planning documents in nursing facilities: results from a nationally representative survey, Arch Gerontol Geriatr. 2006;43:193-212). È poi oggi chiaro che le Dat sono soggette spesso a una interpretazione molto soggettiva da parte degli operatori sanitari, che decidono e si comportano diversamente sullo stesso caso e – fattore di decisiva riflessione che sottoponiamo all’attenzione di tutti – la stessa autodeterminazione e lo stesso orientamento del paziente mutano spesso nel tempo in funzione di variabili che includono il suo stato di salute, la presenza ed entità del dolore fisico, l’assiduità dell’assistenza da parte di familiari e caregivers (Horn R.J., Advance directives in english and french law: different concepts, different values, different societies, Health Care Anal. 2014 Mar;22(1):59-72. doi: 10.1007/s10728-012-0210-7).

D’altronde il processo assistenziale non si può risolvere in un protocollo da scomporre in procedure ed è sempre implicata una dimensione umana imprevedibile, non standardizzabile, non definitiva e che si gioca nella relazione personale paziente-famiglia- medico. Una conferma viene da una ricerca recentissima condotta in Italia sulle decisioni di fine vita in un ampio campione di persone anziane (Gruppo di Studio Sigg La cura nella fase terminale della vita, 2017): anche laddove la persona aveva già espresso in precedenza le sue volontà – pur senza un valore giuridico – voleva ugualmente rivederle (e spesso cambiarle in modo radicale) sia con il medico che con i familiari. Analogamente negli Usa la decisione rispetto alle proprie Dat cambiava nel tempo nelle persone in stato terminale, figurarsi poi nelle condizioni di gravi disabilità con sopravvivenza prolungata. Ne consegue che il problema di fondo è la comunicazione, che non può essere sostituita dalle caselle barrate di un formulario e che non si può improvvisare all’ultimo minuto, ma dovrebbe essere costruita via via in una relazione di cura all’interno della quale il desiderio del Paziente e dei suoi familiari si integri in una logica di rispetto reciproco con la sensibilità etica degli operatori sanitari. Noi operatori sanitari siamo 'formati' per cercare di guarire quando possibile e di assistere sempre e riaffermiamo il valore professionale del 'non-abbandono' (Back Al et al., Abandonment at the End of Life From Patient, Caregiver, Nurse, and Physician Perspectives Loss of Continuity and Lack of Closure, Arch Intern Med. 2009;169 -5-:474-479. ), che richiede di assicurare la continuità di cura sia per la disponibilità nella competenza che nella relazione terapeutica, ma anche di curare la conclusione di una tale relazione senza accanimenti terapeutici fino a rendersi presenti e disponibili ai familiari dopo il decesso. Sembra quanto mai auspicabile aderire all’invito di Papa Francesco: «...che si adotti un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona... Anche la legislazione in campo medico e sanitario richiede questa ampia visione e uno sguardo complessivo su cosa maggiormente promuove il bene comune » (Papa Francesco, Messaggio ai partecipanti al Meeting regionale europeo della World Medical Association sulle questioni del Fine vita , 16-17 novembre 2017).

La legge in via di approvazione non prevede obiezione da parte dei medici anche quando dispone che nutrizione e idratazione siano atti terapeutici senza che ci sia alcuna evidenza di beneficio o nocumento nel morire non alimentati o idratati. In armonia con la Conferenza episcopale statunitense proporremo ai nostri pazienti che «in accordo con la legge informeremo i pazienti sui loro diritti per disporre di disposizioni avanzate di trattamento (Dat). Tuttavia non onoreremo una Dat contraria all’insegnamento cattolico. Se una Dat confligge con tale insegnamento si spiegherà perché la Dat non può essere onorata».

http://www.lanuovabq.it/it/eutanasia-obbli...de-un-cristiano
TESTAMENTO BIOLOGICO
Eutanasia obbligatoria: come risponde un cristiano
EDITORIALI16-12-2017
Mary Jean Martin
Per fare quello che ha fatto Mary Jean Martin bisogna avere fede, una fede che va oltre il buon senso, oltre la nostra capacità di comprendere come possa accadere che “chi perde la vita per causa mia la troverà” e quindi la darà, la genererà. Perché quello subìto, ma accettato senza abiurare, da Mary Jean Martin è il nuovo martirio bianco occidentale.

Mary Jean è un infermiera canadese, che ha lavorato per 37 anni al cospetto dei malati, per portare loro speranza attraverso cure competenti e amorevoli. Oggi, però, Mary Jean non lavora più, avendo preferito il licenziamento al tradimento della propria professione, della propria coscienza e soprattutto della fede in Dio padre.

L'infermiera aveva dichiarato lo scorso giugno che come dipendente della Rete Sanitaria Locale (Lhin), entità governativa, era stata informata del fatto che a tutti gli operatori sanitari sarebbe stato chiesto di firmare un documento in cui prestare fedeltà alle leggi canadesi, compresa quella sull’eutanasia e il suicidio assistito. Una norma che, esattamente come il testo approvato dal parlamento italiano sulle Dat, non prevede l’obiezione di coscienza (due mesi prima dell'episodio il governo dell’Ontario di Kathleen Wynne aveva deciso che i medici e gli infermieri dovevano, se richiesto dal malato, partecipare obbligatoriamente ad atti eutanasici.

Perciò, quando Mary Jean aveva risposto al superiore che era diventata infermiera per aiutare “i vulnerabili e i sofferenti” e non per ucciderli, la risposta era stata: “Tutti i dipendenti sono tenuti a promettere fedeltà…la mancata firma viene recepita automaticamente come una dimissione dal proprio lavoro”. Coraggiosamente la donna aveva deciso di spiegare al capo il perché del suo rifiuto, testimoniandogli la libertà che viene dalla fede così: "Dio non ha creato delle regole per essere duro con noi. Ma ci ha dato i comandamenti per il nostro bene, in modo da vivere come sua famiglia qui sulla terra “. Mary Jean ha poi scritto al primo ministro e al parlamento che l'essere costretti a scegliere tra la propria coscienza e il lavoro è una "violazione dei miei diritti umani”, inaccettabile in una società che si professa tollerante e libera.

C’è da chiedersi quanti, in una situazione analoga, avrebbero ragionato, esattamente in nome della propria appartenenza a Dio, giustificandosi così: “È meglio accettare di compromettersi, rimanendo nel mondo, piuttosto che scomparire del tutto. Peccato che il cristianesimo scompaia, essendo negato, proprio quando si accetta di mettere l’imperatore davanti a Cristo.

Pensando a questa vicenda vengono in mente le suore di Madre Tersa che non sono state disposte al dialogo né al compromesso con il governo indiano, deciso a dare in adozione bambini anche al di fuori del matrimonio. Per cui, nel 2015, chiusero 18 servizi di adozione attivi presso i loro orfanotrofi, perché “le nuove linee guida sono in conflitto con la nostra coscienza…siamo preoccupate per i bambini e per il loro futuro. Che succede se una persona single a cui diamo un nostro bambino risulta essere gay o lesbica? Che sicurezza e che tipo di educazione morale avranno questi bambini? Le nostre regole permettono solo alle coppie sposate di adottare…è una regola umana. I bambini hanno bisogno di entrambi i genitori, maschio e femmina". Le suore non hanno scelto il cosidetto "male minore" ma di difendere da un'eventualità come quella descritta anche solo uno delle centinaia di bambini che grazie a loro venivano adottati, ragionando esattamente come ragionava Gesù. Confidando "che Dio si prenderà cura di tutti i bambini che hanno bisogno di amore da parte dei genitori”

Come Mary Jean le suore di Madre Tersa, hanno deciso di obbedire a Dio solo, confidando in Lui, così come i primi martiri. Come Perpetua e Felicita, a cui fu chiesto solo di spargere un po’ di cenere sulla statua dell’imperatore, nemmeno di uccidere. Una delle due aveva un figlio piccolo e l’altra era incinta, eppure non hanno pensato di essere indispensabili. Hanno preferito morire e lasciare in eredità ai loro figli la fede in Dio creatore e la verità sulla vita eterna e sulla giustizia si compirà in Cielo.

Fu questa fede a generare negli anni a venire ai primi secoli un popolo di cristiani impavidi, capaci di infiammare il mondo, liberandolo dalla schiavitù del potere mondano e conducendolo a Gesù Cristo. Questo li rese indispensabili, non il loro fare, non il loro calcolo, non il buon senso. Ma, appunto, la sola fiducia nelle parole di Gesù, per cui, come spiegò Tertulliano, “noi diventiamo più numerosi tutte le volte che siamo falciati da voi: il sangue (dei martiri) è seme dei cristiani”.
 
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