Laici Libertari Anticlericali Forum

Abusi su 15enne con disagio psichico, solo 3 anni a don Galli nell'appello bis: "denunciò tardi". E la diocesi lo assolve, Li sconterà ai domiciliari. L'arcivescovo Delpini lo trasferì a contatto coi bambini: "abusi abominevoli"

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Prete pedofilo e vescovo Delpini. Quel processo segreto in Curia
I vertici ecclesiastici erano al corrente delle accuse rivolte al sacerdote, ma l'allora vicario episcopale si limitò a spostarlo


Luca Fazzo - Ven, 06/04/2018 - 08:59
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La Curia milanese era così al corrente dell'episodio di pedofilia che in una parrocchia di Rozzano aveva avuto per protagonista un giovane prete, che avviò una istruttoria interna, una indagine segreta di cui solo ora si viene a conoscenza.


Che fine abbia fatto l'indagine non si sa. Ma è documentato che il prete sotto accusa venne lasciato ancora a lungo a contatto con i ragazzini, e che i vertici della Curia si guardarono bene dal denunciare l'accaduto.

Il giovane prete, arrivato a Rozzano nel 2011 fresco di voti, si chiama Mauro Galli, e nel processo in corso a suo carico è emerso già con chiarezza il ruolo svolto dall'attuale arcivescovo Mario Delpini, allora vicario episcopale: che, informato dell'accaduto (don Mauro che invita un quindicenne a dormire a casa sua; lo porta nel suo letto e allunga le mani) si limita a spostarlo di parrocchia, e quando scopre che una indagine è in corso si premura di avvisare il prete e di trovargli un avvocato.

Ieri, in aula, arriva uno degli psichiatri che nel corso degli anni hanno seguito A., il ragazzo abusato: un giovane problematico, oscillante tra narcisismo e insicurezza. Il medico si chiama Angelo Bertani, e la sua è una testimonianza importante per più di un motivo. Il primo è che fa piazza pulita delle chiacchiere che affollano gli atti del processo, e che sembrano appassionare assai i giudici, secondo cui A. era «posseduto dal demonio»: tutte balle, le crisi in cui il ragazzo si dibatteva e parlava in lingue sconosciute erano messe in scena, simulazioni, e a confidarlo allo psichiatra fu il ragazzo stesso. Il secondo è che fornisce la versione più cruda dei contatti tra A. e don Mauro, nella notte passata nel letto matrimoniale: «Il prete ha iniziato a toccarlo e lui è rimasto immobile come se stesse dormendo. Il prete ha continuato a toccarlo, mi sembra anche sui genitali poi ha cercato di penetrarlo e lui si è irrigidito per impedirlo».

Ma la testimonianza del dottor Bertani è importante, anche perché rivela l'esistenza dell'indagine interna della Curia: «Sono stato sentito da un tribunale ecclesiastico. Erano in tre o quattro, mi hanno sentito in centro, a Milano, ma mi hanno stressato così tanto che non mi ricordo neanche dove fossimo». Possibile? E perché, dopo essere rimasta ferma per anni, la giustizia vaticana decise di muoversi? Come faceva la Curia a sapere che la vittima era stata in cura da Bertani, e cosa voleva sapere?

Gli interrogativi sono tanti. Di certo c'è che vennero convocati anche i genitori del ragazzo, e loro si ricordano bene dove avvenne l'interrogatorio: in piazza Fontana, all'Arcivescovado. E che i risultati dell'indagine ecclesiastica non furono trasmessi alla magistratura italiana. «In tanti anni, non mi è arrivata mai una denuncia dall'interno della Chiesa», aveva detto anni fa in una intervista il pm Piero Forno, e per questo finì sotto inchiesta. Ma anche in questo caso il sistema è quello. Si sa solo che gli atti dalla Curia milanese passarono a Roma, in Vaticano: a rivelarlo in una lettera alla famiglia di A. è il cardinale Angelo Scola, che critica pesantemente la gestione del caso di don Mauro da parte del suo vice Mario Delpini, parlando di scelte «maldestre» e «improvvide».

La Curia sapeva, e non denunciò. La famiglia, cattolicissima e quasi succube, non denunciò, nè lo fecero i servizi sociali. Ci vollero i carabinieri, che arrivati a casa di A. dopo un tentato suicidio ne raccolsero il racconto, perché il muro di silenzio si rompesse.
 
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IL VATICANO SAPEVA DEI SUOI ERRORI QUANDO NOMINÒ DELPINI VESCOVO
Una lettera della Congregazione per la dottrina della fede, datata marzo 2016, dimostra che Roma conosceva la pessima gestione in occasione del caso del sacerdote accusato di molestie. Il pasticcio è stato insabbiato?

di Giorgio Gandola –

“Codesta Congregazione vi invita ad avere fiducia nell’operato dei giudici ecclesiastici”. Protocollo numero 3304/16, lettera su carta intestata della Nunziatura apostolica in Italia, spedita da Roma il 22 marzo 2016 destinazione Rozzano, in provincia di Milano. È la missiva del Vaticano in cui si risponde alle numerose sollecitazioni di due genitori disperati, che vedono il loro figlio in preda a depressione, incubi e volontà autodistruttiva, incapace di metabolizzare la notte più buia della sua vita.

Era quella in cui, a pochi giorni dal Natale di cinque anni prima, il giovane prete don Mauro Galli lo aveva invitato a casa sua per confessarlo, lo aveva fatto dormire “nel lettone” (pur essendoci nell’appartamento una camera per gli ospiti e un divano letto in soggiorno) e avrebbe tentato di abusare di lui. Il ragazzo aveva 15 anni. La vicenda, oggetto in questi mesi di un processo in tribunale a Milano, ha attirato ancor più l’attenzione per il coinvolgimento dell’arcivescovo milanese Mario Delpini e del vescovo di Brescia, Pierantonio Tremolada, allora rispettivamente vicario di zona e responsabile dei giovani sacerdoti della diocesi. I due alti prelati decisero di non denunciare l’abuso e si limitarono a spostare don Mauro da Rozzano a Legnano, togliendolo dalla pastorale giovanile di due oratori per mandarlo a contatto con gli adolescenti in quattro. Sono nel gennaio 2015, sette mesi dopo la denuncia della famiglia ai carabinieri, partì l’iter dell’indagine previa, conclusa con un processo il cui esito è ignoto.

La lettera ha un valore particolare perché dimostra che il 7 luglio 2017, quando papa Francesco nominò Delpini arcivescovo di Milano, i suoi uffici erano a conoscenza della gestione censurabile della delicatissima vicenda, che il cardinale Angelo Scola (in uno scritto di scuse alla famiglia della vittima) aveva definito frutto di “scelte maldestre”.

È il periodo in cui i genitori chiedono giustizia inviando la documentazione al Vaticano senza conoscerne il destino. Un primo contatto avviene via mail il 6 maggio 2015, quando l’ufficio del cardinal Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione, risponde: “Accusiamo ricezione della documentazione relativa alla dolorosa vicenda concernente vostro figlio, che verrà sottoposta in andata odierna al cardinal Müller”. Passa quasi un anno ed ecco che il 22 marzo il nunzio apostolico Adriano Bernardini scrive che le lettere sono arrivate a destinazione e messe agli atti.

“Le vostre missive sono regolarmente lì giunte (alla Congregazione per la dottrina della fede, ndr), codesta Congregazione vi invita ad avere fiducia nell’operato dei giudici ecclesiastici ed essa rimane la suprema istanza decisionale cui si potrà adire nei termini previsti dalla legge”, spiega Bernardini. “Inoltre, circa le accuse da voi mosse a collaboratori dell’arcivescovo, esse saranno debitamente esaminate a tempo debito al termine dell’istanza in corso e raccolte le necessarie informazioni”. Dopo la precisazione procedurale, ecco le rassicurazioni morali: “La Congregazione ha preso a cuore il vostro caso, come fa con tutti i casi che vengono lì quotidianamente presentati. Il vostro dolore è compreso e condiviso e vi si ringrazia per la vostra sincera apertura e il vostro coraggio, mentre ogni giorno le vittime vengono affidate al Signore nella preghiera perché esser e i loro famigliari possano ritrovare equilibrio e serenità”.

Il Vaticano sa che a Milano c’è una pesantissima accusa di abuso. Sa che Delpini e Tremolada erano stati informati subito dai parroci di Rozzano. Sa che in un interrogatorio alla polizia, Delpini spiega: “E’ stata mia la decisione di spostare don Mauro Galli dopo che don Carlo Mantegazza al telefono mi aveva detto che il ragazzo aveva segnalato presunti abusi sessuali compiuti da don Mauro durante la notte”. Il Vaticano sa anche altro. Per esempio che monsignor Tremolada dovette dare una motivazione al decano di Legnano, trovatosi ad accogliere un sacerdote a gennaio, mese inusuale per un trasferimento. Così l’attuale vescovo di Brescia spiega ai genitori della vittima in un colloquio privato: “Gli ho raccontato quello che è successo, però questa cosa ce la teniamo per noi. Questa cosa del letto. Gli ho detto: te la tieni per te. Abbiamo una persona che non può essere buttata in pasto…”. Così a Legnano di diffonde la storia assurda di “una famiglia di disgraziati con un figlio problematico scappato di casa” che don Mauro aveva ospitato, tentando di ricucire i rapporti.

Nonostante tutto questo il Santo Padre ritiene che non ci siano ostacoli alla promozione di Delpini e Tremolada con un dubbio impossibile da sciogliere: Francesco era stato reso edotto di tutto ciò da chi lo circonda? Proprio lui che negli ultimi anni si è speso contro il silenzio e l’omertà nei casi di pedofilia. Proprio lui che ha inaugurato un tribunale per i vescovi che si macchiano dell’abuso d’ufficio. Proprio lui che nel motu proprio “Come una madre amorevole” definisce cause gravi (passibili di rimozione) anche negligenze e omertà. Proprio lui che il 22 giugno 2017 tuona: “Il buon prete sa denunciare con nomi e cognomi”. Due mesi e mezzo dopo monsignor Delpini celebra la sua prima messa da arcivescovo in Sant’Ambrogio.

(Trascrizione dal quotidian La Verità, 4 maggio 2018)
 
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L'arcivescovo di Milano trasferì don Mauro Galli senza denunciarlo e pagò il silenzio della vittima

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Apocalisse Laica

IL VATICANO SAPEVA DEI SUOI ERRORI QUANDO NOMINÒ DELPINI VESCOVO
Una lettera della Congregazione per la dottrina della fede, datata marzo 2016, dimostra che Roma conosceva la pessima gestione in occasione del caso del sacerdote accusato di molestie. Il pasticcio è stato insabbiato?

di Giorgio Gandola –

“Codesta Congregazione vi invita ad avere fiducia nell’operato dei giudici ecclesiastici”. Protocollo numero 3304/16, lettera su carta intestata della Nunziatura apostolica in Italia, spedita da Roma il 22 marzo 2016 destinazione Rozzano, in provincia di Milano. È la missiva del Vaticano in cui si risponde alle numerose sollecitazioni di due genitori disperati, che vedono il loro figlio in preda a depressione, incubi e volontà autodistruttiva, incapace di metabolizzare la notte più buia della sua vita.

Era quella in cui, a pochi giorni dal Natale di cinque anni prima, il giovane prete don Mauro Galli lo aveva invitato a casa sua per confessarlo, lo aveva fatto dormire “nel lettone” (pur essendoci nell’appartamento una camera per gli ospiti e un divano letto in soggiorno) e avrebbe tentato di abusare di lui. Il ragazzo aveva 15 anni. La vicenda, oggetto in questi mesi di un processo in tribunale a Milano, ha attirato ancor più l’attenzione per il coinvolgimento dell’arcivescovo milanese Mario Delpini e del vescovo di Brescia, Pierantonio Tremolada, allora rispettivamente vicario di zona e responsabile dei giovani sacerdoti della diocesi. I due alti prelati decisero di non denunciare l’abuso e si limitarono a spostare don Mauro da Rozzano a Legnano, togliendolo dalla pastorale giovanile di due oratori per mandarlo a contatto con gli adolescenti in quattro. Sono nel gennaio 2015, sette mesi dopo la denuncia della famiglia ai carabinieri, partì l’iter dell’indagine previa, conclusa con un processo il cui esito è ignoto.

La lettera ha un valore particolare perché dimostra che il 7 luglio 2017, quando papa Francesco nominò Delpini arcivescovo di Milano, i suoi uffici erano a conoscenza della gestione censurabile della delicatissima vicenda, che il cardinale Angelo Scola (in uno scritto di scuse alla famiglia della vittima) aveva definito frutto di “scelte maldestre”.

È il periodo in cui i genitori chiedono giustizia inviando la documentazione al Vaticano senza conoscerne il destino. Un primo contatto avviene via mail il 6 maggio 2015, quando l’ufficio del cardinal Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione, risponde: “Accusiamo ricezione della documentazione relativa alla dolorosa vicenda concernente vostro figlio, che verrà sottoposta in andata odierna al cardinal Müller”. Passa quasi un anno ed ecco che il 22 marzo il nunzio apostolico Adriano Bernardini scrive che le lettere sono arrivate a destinazione e messe agli atti.

“Le vostre missive sono regolarmente lì giunte (alla Congregazione per la dottrina della fede, ndr), codesta Congregazione vi invita ad avere fiducia nell’operato dei giudici ecclesiastici ed essa rimane la suprema istanza decisionale cui si potrà adire nei termini previsti dalla legge”, spiega Bernardini. “Inoltre, circa le accuse da voi mosse a collaboratori dell’arcivescovo, esse saranno debitamente esaminate a tempo debito al termine dell’istanza in corso e raccolte le necessarie informazioni”. Dopo la precisazione procedurale, ecco le rassicurazioni morali: “La Congregazione ha preso a cuore il vostro caso, come fa con tutti i casi che vengono lì quotidianamente presentati. Il vostro dolore è compreso e condiviso e vi si ringrazia per la vostra sincera apertura e il vostro coraggio, mentre ogni giorno le vittime vengono affidate al Signore nella preghiera perché esser e i loro famigliari possano ritrovare equilibrio e serenità”.

Il Vaticano sa che a Milano c’è una pesantissima accusa di abuso. Sa che Delpini e Tremolada erano stati informati subito dai parroci di Rozzano. Sa che in un interrogatorio alla polizia, Delpini spiega: “E’ stata mia la decisione di spostare don Mauro Galli dopo che don Carlo Mantegazza al telefono mi aveva detto che il ragazzo aveva segnalato presunti abusi sessuali compiuti da don Mauro durante la notte”. Il Vaticano sa anche altro. Per esempio che monsignor Tremolada dovette dare una motivazione al decano di Legnano, trovatosi ad accogliere un sacerdote a gennaio, mese inusuale per un trasferimento. Così l’attuale vescovo di Brescia spiega ai genitori della vittima in un colloquio privato: “Gli ho raccontato quello che è successo, però questa cosa ce la teniamo per noi. Questa cosa del letto. Gli ho detto: te la tieni per te. Abbiamo una persona che non può essere buttata in pasto…”. Così a Legnano di diffonde la storia assurda di “una famiglia di disgraziati con un figlio problematico scappato di casa” che don Mauro aveva ospitato, tentando di ricucire i rapporti.

Nonostante tutto questo il Santo Padre ritiene che non ci siano ostacoli alla promozione di Delpini e Tremolada con un dubbio impossibile da sciogliere: Francesco era stato reso edotto di tutto ciò da chi lo circonda? Proprio lui che negli ultimi anni si è speso contro il silenzio e l’omertà nei casi di pedofilia. Proprio lui che ha inaugurato un tribunale per i vescovi che si macchiano dell’abuso d’ufficio. Proprio lui che nel motu proprio “Come una madre amorevole” definisce cause gravi (passibili di rimozione) anche negligenze e omertà. Proprio lui che il 22 giugno 2017 tuona: “Il buon prete sa denunciare con nomi e cognomi”. Due mesi e mezzo dopo monsignor Delpini celebra la sua prima messa da arcivescovo in Sant’Ambrogio.

(Trascrizione dal quotidian La Verità, 4 maggio 2018)

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Il prete pedofilo, la Curia e il fondo per zittire le vittime
Sacerdote accusato di abusi lasciato a contatto con i bimbi. Il ruolo dell'arcivescovo Delpini: "Decisione che presi io"

Luca Fazzo - Ven, 09/03/2018 - 08:52
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Fondi riservati della Curia milanese per azzittire le vittime dei preti pedofili. È questa la cruda realtà che emerge dal processo a don Mauro Galli, il sacerdote imputato di violenza sessuale ai danni di un giovane parrocchiano.


Centocinquantamila euro di risarcimento sono stati versati alla vittima perché ritirasse la sua querela. Non certo da don Galli, che risulta nullatenente. A officiare l'accordo è stato Mario Zanchetti, difensore dell'Arcivescovado. Tra le clausole imposte alla famiglia: non rivelare la provenienza dei quattrini.

Ieri, nella nuova udienza del processo al prete, appare con chiarezza - nel racconto di altri due sacerdoti - il motivo che avrebbe spinto la Curia all'esborso. Sia don Alberto Rivolta che don Carlo Mantegazza, entrambi in servizio nella parrocchia di Rozzano dove si svolsero i fatti, hanno raccontato di avere informato immediatamente il vicario episcopale dell'epoca, ovvero l'attuale arcivescovo Mario Delpini. «Noi pensavamo che don Mauro andasse spostato a livello prudenziale non in un contesto di pastorale giovanile», ha raccontato il parroco, don Mantegazza: l'importante era tenere il prete lontano dai bambini. Invece don Galli venne trasferito a Legnano, proprio alla pastorale giovanile. A deciderlo, emerge dagli atti, fu Delpini: «Questa decisione l'ho presa io», ammette il prelato in una conversazione.

Ieri in aula, i due preti-testimoni raccontano di avere appreso subito quanto era accaduto la notte del 19 dicembre 2011: don Mauro che invita il ragazzo a dormire a casa sua con il consenso della famiglia, ma invece che nella camera degli ospiti lo fa dormire insieme a lui nel letto matrimoniale. E nel cuore della notte allunga le mani. «Quando chiedemmo spiegazioni, ci disse che il ragazzo aveva avuto un incubo e lui lo aveva afferrato per non farlo cadere dal letto».

Solo più tardi, il ragazzo (allora quindicenne) aggiungerà di essere stato violentato dal prete. Ieri si apprende che comunque, fin dall'immediatezza dei fatti, Delpini aveva saputo che don Galli si era portato a letto il ragazzino. Ma si guardò bene dall'accogliere la richiesta dei suoi sottoposti di allontanare don Mauro da ulteriori tentazioni.

Anzi è lui stesso ad avvisare don Mauro dell'esistenza di una indagine a suo carico, e ad organizzargli la difesa. La prima circostanza è ammessa dallo stesso Delpini nel suo interrogatorio: «In quell'incontro dissi a don Mauro che c'era probabilmente un procedimento penale a suo carico»; e nelle intercettazioni don Galli parlando con un amico dice «ho ricevuto una mail da Delpini che diceva telefonami, scrivimi che ho bisogno di vederti".. l'ho chiamato subito e mi ha detto non è il caso che parliamo per telefono, vieni qui che poi ti spiego, poi dobbiamo stare molto attenti"». Anche della seconda circostanza ci sono tracce chiare nelle intercettazioni: il 4 settembre 2014 don Mauro chiama l'avvocato Zanchetti: «Mario Zanchetti si presenta a Mauro dicendo di essere l'avvocato, gli dice che monsignor Delpini gli ha scritto due righe dicendo che Mauro lo avrebbe chiamato, gli chiede se voleva vederlo per una cosa un po' delicata». Eppure un mese più tardi, interrogato dalla Mobile, Delpini dichiara: «L'avvocato Zanchetti non ha con me alcun tipo di contatto».

Cosa fosse accaduto davvero quella notte, lo racconta ieri in aula la ragazza della vittima: «A. era andato a casa di don Mauro, si era confessato, una confessione lunga e profonda. Si era esposto, era vulnerabile, avrebbe fatto qualunque cosa. Don Mauro l'ha fatto andare nel suo letto, sono andati a dormire e nella notte A. si è svegliato urlando. Lo aveva abbracciato da dietro».
 
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Mario Delpini e Pierantonio Tremolada, futuri vescovi di Milano e Brescia misero il giovane prete di nuovo a contatto coi bambini.

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https://milano.fanpage.it/rozzano-il-prete...ati-imprudenti/

Rozzano, il prete accusato di abusi su un minore spostato in oratorio dai vescovi: “Siamo stati imprudenti”

Due nuove registrazioni audio, finora inedite, gettano nuove ombre sulla vicenda dei presunti abusi su un minore per i quali è a processo don Mauro Galli, ex sacerdote di Rozzano, vicino Milano. Dopo il presunto abuso il prete venne infatti spostato all’oratorio di Legnano, sempre a contatto con i bambini: una decisione presa da Mario Delpini e Pierantonio Tremolada, futuri vescovi di Milano e Brescia.
CRONACA LOMBARDIAPROVINCIA DI MILANO 16 MAGGIO 2018 15:34 di Simone Giancristofaro
Prete accusato di abusi su minore spostato in oratorio dai vescovi: "Siamo stati imprudenti"
1401Pubblicato da Simone Giancristofaro

in foto: L’arcivescovo di Milano Mario Delpini e don Mauro Galli (a destra)
In attesa della nuova udienza del processo a don Mauro Galli, l’ex prete di Rozzano che, secondo l’accusa, avrebbe abusato di un minore, escono due nuovi audio risalenti al 2015, registrati dai familiari della presunta vittima a colloquio con l’attuale Vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada: "È vero, lo abbiamo destinato a Legnano, in oratorio, e di questo siamo stati imprudenti", sono le parole rivolte da don Pierantonio Tremolada alla famiglia di Fausto, il ragazzo, all’epoca dei fatti minorenne, che sarebbe stato abusato da don Galli. Tremolada si riferisce alla decisione di spostare il sacerdote, ora accusato di abusi, nuovamente a contatto con dei minori, nella parrocchia di Legnano.

I presunti abusi
Il sacerdote, la notte tra il 19 e 20 dicembre 2011, ospita Fausto nella sua abitazione e durante la notte, secondo Fausto, avrebbe provato a sodomizzarlo. Nei giorni successivi all’episodio don Galli viene allontanato da Rozzano. Il sacerdote però, scoprono i genitori di Fausto a gennaio, si trova ancora in zona, questa volta a Legnano, e nuovamente a contatto con i minori. La famiglia di Fausto, incredula dopo aver appreso la notizia, viene ricevuta da Tremolada, all’epoca responsabile della formazione del clero. I genitori del ragazzo scoprono che, soprattutto per scelta di monsignor Mario Delpini, oggi arcivescovo di Milano e all’epoca dei fatti vicario di zona del cardinale Angelo Scola, don Galli si trova a Legnano.

Gli audio inediti
Degli audio dei primi incontri con Tremolada e Delpini (che risalgono al 2012), registrati dalla famiglia di Fausto, Fanpage.it ha dato conto in precedenza. Nell’inedito del 2015 invece, Tremolada fa capire per la prima volta quanto la scelta di destinare don Galli nuovamente a contatto con minori fosse sbagliata. Nell’audio successivo, è presente anche don Carlo Mantegazza, parroco di Rozzano, secondo il quale "se c’è qualcuno con cui prendersela è sicuramente Delpini, perché è Delpini che primo ha preso molto superficialmente all’inizio la vicenda”. L’attuale Arcivescovo di Milano è stato il primo a recarsi a Rozzano, nei giorni precedenti al Natale del 2011, dopo il presunto abuso, sollecitato dai responsabili della parrocchia del paese alle porte di Milano e sarebbe stato anche il primo a decidere di spostare don Galli.

continua su: https://milano.fanpage.it/rozzano-il-prete...ati-imprudenti/
http://milano.fanpage.it/
 
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www.laverita.info/perdono-don-maur...2569753088.html

«Perdono donMauro,ma non il vescovo»


Giorgio Gandola (/Community/Giorgiogandola) 18 maggio 2018
La madre del ragazzo che avrebbe subito molestie da parte di don Mauro Galli punta il dito contro l'arcivescovo
Mario Delpini: «Parlare con lui è stata una delusione, mi ha fatto sentire una seccatrice. Provo pietà per quel prete,
non per chi mette la gerarchia davanti alla verità».

Tre metri di dolore. È difficile anche solo percorrerli con lo sguardo in un’aula del tribunale di Milano, fra avvocati, cancellieri, i due carabinieri d’ordinanza e qualche curioso. Tre meri di silenzio, la distanza siderale che separa don Mauro Galli, il sacerdote accusato di abusi sessuali nei confronti di un ragazzo di 15 anni, e la mamma della vittima. Sono seduti sulla stessa fila di panche, fra il pubblico, durante il processo che sta creando più di un imbarazzo all’arcivescovo Mario Delpini e al Vaticano.

L’imputato è qui per la prima volta, ufficialmente “per farlo ambientare” prima dell’interrogatorio della prossima settimana (22 maggio, ore 14). Luisa invece è qui dal primo giorno, non ha mancato un’udienza. Se ne sta in un angolo, non perde una parola delle deposizioni, dei riti processuali, degli interventi del pm e di quelli dei legali a difesa. Quando le sfugge qualcosa se lo fa spiegare dall’avvocato Fulvio Gaballo, che la rappresenta, e dal fratello che la sostiene in questi sette anni di via crucis. Manca un testimone, la mattinata finisce nel nulla. Torna il silenzio su questa storia di abusi sottaciuti, di un prete spostato in tutta fretta (“e con un comportamento maldestro”, parola del cardinal Angelo Scola) da Rozzano a Legnano dal futuro arcivescovo di Milano, di depistaggi e denari, di pulsioni autodistruttive, di ombre. Torna il silenzio, ma oggi una mamma ha deciso di parlare.

“Potevamo chiuderci nel nostro dolore o lasciare la Chiesa. Preferiamo lottare per cambiare le cose”

Signora, cosa la induce a essere così tenace, così determinata?

“Avevamo tre strade possibili. O chiuderci in noi stessi e tenere il nostro dramma solo nel nucleo famigliare, oppure uscire dalla Chiesa e rinnegare tutto ciò in cui la nostra famiglia cattolica ha sempre creduto. O infine approfondire quello che è successo, confrontarci con chi sta vivendo la nostra stessa esperienza, scegliendo di rimanere nella Chiesa e continuando a credere nella giustizia umana e divina. Stiamo percorrendo quest’ultima strada, forse la più faticosa. Ma sono convinta che sia la più pura”.

Partecipare a ogni udienza, sentir parlare di particolari scabrosi non le riapre una ferita?

“Rivivere tutto ogni volta è molto dura, ma per mio figlio lo è ancora di più. Quando arrivano i giorni del processo sta male, non riesce ad andare a lavorare (oggi ha 22 anni e fa il grafico, ndr). È ancora fragile, si è diplomato con due anni di ritardo. Gli devo rispetto. Lei mi vede minuta, ma ho le spalle larghe, lavoro da 30 anni nell’ambito psichiatrico, sono caposala in un istituto, sto costantemente a contatto con i malati. Piango anch’io, ho bisogno di telefonate di conforto, ho una cerchia di amici che sono meravigliosi salvagenti. Ma sono allenata. Solo chi ha vissuto una simile esperienza può capire cosa provo”.

Stamane ha visto don Mauro. Non vi siete detti nulla?

“No. Da quando se ne andò da Rozzano sette anni fa dopo quella notte l’ho rivisto dimagrito, tirato. È un dramma anche per la sua famiglia, prego per la mamma di don Mauro. Sa cosa le dico? Io don Mauro l’ho perdonato, e so che con questa frase mi attirerò le ire di molti. Ma non ho perdonato la Chiesa che continua a permettere che questo accada, non ho perdonato Mario Delpini perché non comprendo il suo comportamento”.

Cosa l’ha maggiormente delusa?

“La mancanza di umanità dell’arcidiocesi. Quando è accaduto il fattaccio noi avevamo la più totale fiducia negli organismi ecclesiastici e ci siamo affidati a loro; non avevamo bisogno di denunciare ad altri. Abbiamo chiesto un incontro con il cardinal Scola e lo abbiamo ottenuto tre anni dopo. Mi ha deluso il gelido distacco della gerarchia in tonaca, la sua lontananza da un percorso di fede e di comprensione. Le lettere ricevute si concludevano sempre con un “prego per voi” che non era pietas cristiana, ma solo una formula di saluto”.

Come sono stati i colloqui con monsignor Delpini?

“L’ho incontrato una sola volta e mi ha trasmesso un senso di delusione. Era il 2012 e mi diceva “Adesso ho capito come stanno le cose”. Ma io sapevo che il parroco di Rozzano gli aveva spiegato tutto il giorno dopo l’abuso. Ho avuto la sensazione che la seccatura fossimo noi, più che intraprendere un percorso di verità. Da quell’incontro sono uscita più determinata ad andare avanti. Voler anteporre l’immagine dell’istituzione alla verità è il danno supremo per la Chiesa stessa”.

In questa battaglia vi siete sentiti soli?

“Chi ci è più vicino ci sostiene, ma sono in molti anche su Facebook a dirci di lasciar perdere, a sottolineare la nostra ingenuità nel metterci contro il potere ecclesiastico. Gli agnostici, gli atei ci dicono: siete sciocchi a chiedere giustizia, andatevene e basta. Ma io voglio rimanere dentro la Chiesa perché credo profondamente nella parola di Dio, vado a messa, mi confesso”.

Ha trovato conforto anche nei preti che frequentava?

“Si, la loro solidarietà sembra un paradosso, ma c’è ed è forte. Molti sacerdoti, semplici parroci senza potere, mi esortano ad andare avanti. Uno da Bergamo mi ha scritto: “Ricorda sempre che le lacrime dei giusti e dei poveri non saranno lasciate cadere dal Signore. Quanto alle minacce, non avere paura di renderle pubbliche”. La base della Chiesa è con noi. Ci hanno accusato di avere registrato gli incontri con i prelati. Sa chi ci ha consigliato di farlo? Un sacerdote”.

Lei ha chiesto di incontrare il Papa, che ha nominato Delpini arcivescovo pur essendo a conoscenza (i suoi uffici lo erano) della cattiva gestione della vicenda. Cosa direbbe a Francesco?

“Gli direi che facciamo tutto questo perché non succeda ad altri ciò che è successo a noi. Poi gli chiederei com’è finita l’inchiesta ecclesiastica su don Mauro; se non c’è alcuna conseguenza, significa ammettere che un prete può portare a letto un ragazzino. È tollerabile? E lo è rispetto alla tolleranza zero chiesta da sua santità? Papa Francesco dice che ogni venerdì parla con le vittime di abusi, ma chissà chi invita, perché di nostra conoscenza non c’è nessuno. Eppure facciamo rete, ci conosciamo, ci sosteniamo”.

Mi hanno detto che sta scrivendo un libro.

“S’intitola Chiesa, perché mi fai male?. È tutto documentato. E le carte inviate in Vaticano sono anche più di quelle del processo di Milano. Per finirlo attendo la sentenza di primo grado.

Perché avete accettato di ritirare la costituzione di parte civile in cambio di 100.000 euro?

“Perché la parte civile si costituisce per ottenere un risarcimento e se l’avessimo rifiutato saremmo stati accusati di avere un secondo fine, di volerci accanire contro don Mauro e l’arcidiocesi. In questi sette anni, fra perizie, visite, cure e altro ne abbiamo spesi anche di più”.

La settimana prossima depone don Mauro. Lei sarà ancora qui?

“Certo. Lo ascolterò con tristezza e con un senso di pietà. Sono convinta che adesso anche lui sia una vittima”.
 
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Prete: 'Dormito con 15enne, mai violenze'
La difesa di don Mauro Galli a Milano, 'non l'ho mai toccato'

MILANO
22 maggio

MILANO, 22 MAG - "Non l'ho abbracciato, non l'ho toccato e non ho mai compiuto atti sessuali con lui". Si è difeso così questo pomeriggio in aula, durante il suo interrogatorio, don Mauro Galli, l'ex parroco di Rozzano a processo a Milano con l'accusa di avere abusato sessualmente nel dicembre 2011 di un ragazzino che all'epoca aveva 15 anni.
Davanti ai giudici, don Galli ha ammesso di avere dormito nel letto matrimoniale della sua camera insieme al 15enne la sera del 19 dicembre 2011, nonostante ci fossero altri letti a disposizione, ma ha negato di avere compiuto la violenza contestatagli dal pm Lucia Minutella.
"Quella notte - ha affermato - mi sono svegliato due volte: la prima per il forte russare del ragazzo e la seconda dopo averlo sentito gridare. L'ho trovato con una gamba e un braccio fuori dal letto e così l'ho afferrato per metterlo in sicurezza". Secondo Galli, come ha ricostruito in aula, il ragazzo lo avrebbe accusato "perché avrebbe fatto sue opinioni sentite da altri su quello che era accaduto".

Don Mauro Galli in abito da prete al processo (22 maggio 2018)
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"Mi consigliò di non parlare a telefono". Il prete nullatenente non spiega chi gli paga l'avvocato e l'omertà sul risarcimento

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Delpini

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ped...to-1530771.html

Pedofilia, il prete in aula "Fu Delpini ad avvisarmi che ero sotto inchiesta"
Don Galli è accusato di molestie su un minore E ha chiamato in causa l'arcivescovo di Milano

Luca Fazzo - Mer, 23/05/2018 - 08:55

Milano Don Mauro Galli è piccolo, esile, dimostra meno dei suoi trentotto anni. Per la Procura di Milano è un prete pedofilo, un sacerdote che ha approfittato del suo ruolo per portarsi a letto un ragazzino.


Ieri, per la prima volta, appare nell'aula del processo. Lo interrogano, si difende: senza incertezze e senza emozioni apparenti. Ma don Galli sa che ormai nella sua aula non si celebra solo il processo contro di lui. Che sotto accusa ci sono i vertici della Curia ambrosiana che lo hanno coperto a lungo: a partire da Mario Delpini, oggi arcivescovo di Milano: cui, proprio per il suo coinvolgimento nella vicenda, nei giorni scorsi Papa Francesco ha negato la promozione a cardinale.

Il giovane prete dichiara al tribunale che fu proprio Delpini, allora vicario generale della diocesi, a metterlo sull'avviso dell'inchiesta, allora segreta, aperta nei suoi confronti per violenza sessuale. «Nel settembre 2014 vengo chiamato dal vicario generale e mi dice che a Rozzano i preti hanno sentito di una possibile denuncia effettuata contro di me», racconta. Perché Delpini sente la necessità di mettere il prete sull'avviso?

Le intercettazioni raccontano delle modalità con cui avviene la convocazione, con Delpini che convoca don Galli, lo ammonisce a non parlare al telefono, gli consiglia l'avvocato. Ieri, in aula, don Galli potrebbe approfondire il ruolo dell'arcivescovo. Ma il presidente del tribunale stoppa la domande del pm: «Sono temi estranei al capo di imputazione». Allo stesso modo, poco prima, il giudice aveva impedito al pm di scavare sul tema cruciale del comportamento della Curia, che dopo avere saputo di quanto accaduto a Rozzano (dove don Mauro aveva invitato a dormire a casa sua un quindicenne, lo aveva ospitato nel suo letto matrimoniale, e il ragazzo riferiva di essere stato abbracciato nella notte) invece di mettere al riparo il prete da altre tentazioni lo aveva spostato a Legnano, in un'altra pastorale giovanile. Neanche questo, dice il giudice, è il tema del processo.

Così tutto si ferma alla ricostruzione della sera del 19 dicembre 2011, quando il giovane - animatore all'oratorio, ragazzo intelligente ma irrequieto, un po' in rotta con la famiglia - dorme in parrocchia. Ci sono due stanze con i letti, ma ragazzo e prete finiscono nel lettone di quest'ultimo. Non le parve strano? «Col senno di poi sì. In quel momento non pensai ad altre sistemazioni». Cosa accadde? «Dormii male. Una volta mi svegliai perché lui russava La seconda volta vidi che stava per cadere dal letto. Lo presi e lo rimisi a posto». Nient'altro? «Nient'altro. Non l'ho abbracciato nè toccato nè ho compiuto gli atti che mi vengono contestati». Come si spiega che il ragazzo dica di essere stato violentato? «Credo che ripeta opinioni espressa da altri».

Su quanto accadde dopo, sul ruolo della Curia, viene ammessa una sola domanda, dal difensore del prete: «Lei ha risarcito la famiglia del ragazzo. Dove ha preso i soldi?» «Erano dei miei genitori e di mia nonna». É un modo per dire che la Curia non c'entra, che non è stato Delpini a tacitare la vittima. Ma don Galli non spiega perché sulla fonte dei soldi venne imposto il silenzio, non dice chi gli sta pagando l'avvocato, non racconta perché nei verbali di interrogatorio si dichiarò nullatenente.
 
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Milano. Il prete protetto e nascosto dall'arcivescovo Delpini

Pedofilia. Condannato a 6 anni e 4 mesi don Mauro Galli

galli

https://www.lastampa.it/2018/09/20/italia/...bMO/pagina.html

Sacerdote condannato a 6 anni e 4 mesi per pedofilia nel Milanese
Il prete ha versato 100 mila euro di risarcimento ai familiari del ragazzo, che non si sono costituiti parte civile
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Pubblicato il 20/09/2018
Ultima modifica il 20/09/2018 alle ore 17:11
MANUELA MESSINA
MILANO
Sei anni e quattro mesi di carcere: è la condanna inflitta oggi a Milano a don Mauro Galli, l’ex parroco di Rozzano a processo con l’accusa di aver abusato sessualmente nel dicembre del 2011 di un ragazzino che all’epoca aveva 15 anni. Il giovane, ora 22enne, è scoppiato in lacrime dopo la lettura del verdetto. «E’ stato un percorso doloroso e un dramma infinito, ma che sia stata riconosciuta la credibilità di mio figlio è stata la cosa più grande», ha detto la madre del giovane ai cronisti. Nessuna attenuante da parte del Tribunale milanese, che invece ha riconosciuto le circostanze aggravanti, date dall’abuso di ospitalità da parte dell’imputato e dalle condizioni di «inferiorità psico-fisica» della vittima, per via del suo stato di soggezione nei confronti dell’ex parroco, che era anche suo padre spirituale, educatore ed insegnante.

Il pm Lucia Minutella aveva chiesto una condanna a 10 anni e 8 mesi di carcere. La madre del giovane ha parlato poi di «gestione maldestra» da parte dell’attuale arcivescovo di Milano Mario Delpini, che dopo avere appreso degli abusi di Don Galli aveva disposto il suo trasferimento nella pastorale di Legnano. Una vicenda messa nero su bianco, nel verbale di sommarie informazioni rese dallo stesso capo della Curia milanese, nell’ottobre 2014. La donna ha poi segnalato ai cronisti che Papa Francesco è «perfettamente a conoscenza della situazione» ma ha comunque «nominato Delpini membro del sinodo dei giovani».



LEGGI ANCHE Accuse di abusi a un prete di Milano, la ricostruzione della Curia



Come riporta il capo di imputazione, Don Galli tra il 19 e il 20 dicembre 2011 avrebbe abusato del 15enne nella propria abitazione, dove aveva trascorso la notte «in vista delle attività di preghiera previste per il giorno successivo». La scorsa udienza nel suo interrogatorio si era difeso dicendo di non avere mai «abbracciato» né «toccato» il 15enne. Ha ammesso di avere dormito nel letto matrimoniale della sua camera insieme al ragazzo quella sera, nonostante ci fossero altri letti a disposizione. I giudici della quinta sezione penale non hanno creduto a questa versione.


https://milano.repubblica.it/cronaca/2018/...nato-206941321/
Milano, pedofilia: ex parroco condannato a 6 anni e 4 mesi
A processo con l'accusa di aver abusato sessualmente di un ragazzino di 15 anni nel 2011, l'ex parroco di Rozzano aveva versato 100mila euro alla famiglia, che non si è costituita parte civile

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20 settembre 2018
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Milano, pedofilia: ex parroco condannato a 6 anni e 4 mesi
E' stato condannato a 6 anni e 4 mesi di carcere don Mauro Galli, l'ex parroco di Rozzano, nel Milanese, a processo con l'accusa di aver abusato sessualmente nel dicembre del 2011 di un ragazzino che all'epoca aveva 15 anni. Lo ha deciso la quinta sezione penale del Tribunale di Milano. Il pm Lucia Minutella aveva chiesto una condanna a 10 anni e 8 mesi di reclusione. Davanti ai giudici il prete aveva ammesso, in aula, di avere dormito nel letto matrimoniale della camera del giovane la sera del 19 dicembre 2011, nonostante ci fossero altri letti a disposizione, negando però di avere compiuto la violenza.

Fuori dal processo, l'ex parroco aveva versato 100 mila euro di risarcimento ai familiari del ragazzo, che non si sono costituiti parte civile. "Le sofferenze del ragazzo e dei suoi familiari - ha sottolineato prima della sentenza il pm - non possono essere ripagate da un pagamento in denaro, al di là dell'importo". Anzi, secondo il pm, vi è "una discrasia evidente nella difesa dell'imputato data dall'avere risarcito un danno che si ritiene di non avere cagionato".


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Nel processo è stato acquisito anche il verbale di sommarie informazioni testimoniali rese, nell'ottobre 2014, dall'attuale arcivescovo di Milano, Mario Delpini, al momento dei fatti vicario episcopale della zona pastorale numero 6, il quale ha spiegato che, dopo avere appreso da un altro sacerdote che il ragazzo "aveva segnalato abusi sessuali compiuti da Don Mauro", decise di trasferirlo "ad altro incarico, disponendo il suo trasferimento nella parrocchia di Legnano".

L'Arcidiocesi di Milano "prende atto della conclusione del procedimento giudiziario di primo grado a carico di don Mauro Galli". Così si legge nella nota firmata da don Walter Magni, responsabile dell'Ufficio Comunicazione e portavoce dell'arcivescovo Delpini. "Esprimiamo vicinanza al ragazzo coinvolto, alla sua famiglia e a tutti coloro che hanno ingiustamente sofferto. Mentre la giustizia penale fa il suo corso", si chiude la nota, "l'Arcidiocesi resta in attesa dell'esito del processo canonico a carico di don Mauro Galli, affidato alla responsabilità del Tribunale Ecclesiastico"
 
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L’Arcivescovo di Milano solidale con Bergoglio. Nel silenzio degli abusi sessuali – di Aberforth
By Redazione On 25 ottobre 2018 · 34 Comments
Durante il solenne pontificale dell’8 settembre scorso -festa di Santa Maria Nascente, titolare del Duomo di Milano- l’arcivescovo mons. Mario Delpini così commentava le polemiche dopo le sconvolgenti dichiarazioni del collega arcivescovo Viganò: «Noi vogliamo bene al Papa. E questo si esprime ascoltando la sua voce e leggendo i suoi testi. Noi non dipendiamo dai titoli dei giornali». Che in Curia a Milano non condividano il giudizio negativo nei confronti dei metodi bergogliani relativi ai casi di abuso si era già capito senza tante sviolinate nel recente scandalo scoppiato attorno a don Mauro Galli.

Il giovane sacerdote di 39 anni originario di Cislago è stato recentemente condannato a 6 anni e 4 mesi di carcere dal tribunale di Milano per aver abusato su un ragazzo di 15 anni nel 2011 nella sua canonica a Rozzano. All’epoca dei fatti l’arcivescovo era il card. Angelo Scola, mentre mons. Delpini era vicario. Il giovane secondo l’accusa accolta dalla recente sentenza, si è trattenuto per la notte in casa del giovane sacerdote per dormire con lui nel suo letto dopo un’iniziativa in oratorio. Durante la notte si sarebbe accorto delle eccessive ed esplicite attenzioni di don Mauro. L’indomani avrebbe raccontato alla sua famiglia ciò che con la luce del giorno pareva essere sempre di più una vera e propria molestia. La famiglia, convinta che il pernottamento del figlio in oratorio fosse condiviso anche dagli altri ragazzi dell’oratorio, si rivolge immediatamente al parroco di Rozzano don Carlo Mantegazza esponendogli la gravità dei fatti. Il parroco consulta subito il vicario mons. Delpini che prende in carico la delicata faccenda e giunge a Rozzano la vigilia di Natale per discutere immediatamente del caso. Come quasi sempre avviene si sceglie la via del silenzio e dell’insabbiamento: complice il fatto che la famiglia del giovane fosse credente e ben inserita in parrocchia, il vicario si sarebbe prodigato in fumose rassicurazioni con promesse di provvedimenti. Nel 2012 don Mauro viene però trasferito a Legnano, in un’altra parrocchia a contatto ancora con giovani e bambini. La famiglia viene rassicurata che il sacerdote sarebbe stato controllato in maniera rigorosa ma ciò non basta. La famiglia tenta un abboccamento col card. Scola ma viene ricevuta dal vescovo mons. Pierantonio Tremolada, allora responsabile dei sacerdoti da poco ordinati (come don Galli) e attualmente vescovo di Brescia e successivamente da mons. Mario Delpini, allora vicario di zona. La famiglia –astutamente- registra i colloqui avvenuti con i presuli. La testimonianza e le registrazioni si possono ascoltare qui:



Mons. Delpini si difende dicendo di non aver bene compreso la gravità del fatto così come era stata presentata. Nel comunicato ufficiale della diocesi viene infatti riportato:

“…Nell’immediatezza dei fatti ora oggetto di indagine – siamo nel dicembre 2011 – era emerso soltanto che don Mauro Galli aveva ospitato presso la sua abitazione il ragazzo (con il consenso previo dei genitori del minore) dormendo quella notte nello stesso letto a due piazze…” La deposizione stessa dell’imputato (agli atti), esplicita su precisa domanda che si trattava di un letto matrimoniale non a due piazze…

E ancora… “…Un atteggiamento – quello del sacerdote – di sicuro gravemente imprudente, ma che – stando alla conoscenza dei fatti dell’epoca – di certo impediva di ipotizzare qualsivoglia reato…”

Questa versione è stata però smentita dal parroco di Rozzano:

“…io ho parlato in quei giorni li, prima di natale, dopo natale, sia con Delpini in diretta, sia con Tremolada per telefono per diverse volte, va be, se c’è qualcuno con cui prendersela sicuramente è Delpini. Se Delpini viene a dirvi, a settembre, che lui quelle robe li non le ha mai sentite, è un gran figlio di puttana, lo dico seriamente perché questo noi gli abbiam detto dal primo giorno, al giorno in cui finalmente ci ha detto, va bene lo spostiamo…”


E ancora: “…e poi se vanno là a chiedere che cosa hanno detto al parroco di là perché… voglio dire, io poss.. posso anche dire: “lo metto io da un’altra parte” se lo affido a una persona che so che è il massimo che c’è sul mercato, posso anche dire: “guarda te lo metto li, lui dovrebbe fare un percorso… però so che ci sei tu che me lo blindi”… cazzo poi dopo scopri che invece al parroco quasi non gli han detto niente!!!…”





Mons. Delpini rivendica la scelta di trasferire don Galli a Legnano (in una parrocchia ancora più grande, come sempre avviene in questi casi) e ringrazia la famiglia per non essersi rivolta alla magistratura. Nel 2014 però la famiglia del giovane decide di sporgere denuncia in seguito ad un ulteriore trasferimento di don Mauro Galli a Roma per studi (Roma è infatti un noto toccasana per curare certe tendenze!) e dopo aver saputo che nel tempo libero poteva tornare liberamente in diocesi a Milano esercitando il ministero pastorale.

Mons. Delpini viene dunque interrogato fornendo una versione subito smentita dalle intercettazioni. La giovane vittima invece subisce sempre di più un tracollo psicologico, arrivando a ben 4 tentativi di suicidio. I famigliari cominciano con lui un percorso psichiatrico e psicoterapico per far emergere i fatti di quella notte in canonica. Decidono perciò di prendere il toro per le corna e sporgere denuncia. Il processo inizia nel 2017, anno in cui mons. Delpini viene nominato arcivescovo di Milano e mons. Tremolada vescovo di Brescia. L’istituzione ecclesiastica, ancora una volta, ha scelto la strada fumosa del riserbo e dell’insabbiamento. Non ha svolta alcuna indagine preliminare nemmeno davanti al solo sospetto di un abuso. Ha preferito trasferire il sacerdote incriminato in posti ancora più pericolosi per il suo ministero sacerdotale e non è riuscita a fornire risposte degne alla famiglia. Hanno perso tutti: la comunità diocesana, la famiglia (cattolica e praticante), il ragazzo abusato e il sacerdote abusante. Nessuno ha ricevuto le risposte e i mezzi adeguati per poter guarire. Non ci si stupisce allora del fatto che anche la festa della natività di Maria diventi occasione di sviolinare la corte imperiale di Santa Marta, la quale ha nominato i due presuli coinvolti promuovendoli in quel di Milano e di Brescia. La fedeltà deve pur essere pagata.

Intanto a Brescia circolano sulle scrivanie dei parroci alcune lettere anonime scritte da uno o forse più sacerdoti. Lamentano la rivoluzione Tremolada realizzata in soli pochi mesi dal suo insediamento, l’eccessiva clericalizzazione della curia (ma non era l’ora dei laici?), dell’utilizzo indebito dello slogan sinodale di fronte a scelte prese sempre più dall’alto e della cattiva oculatezza nella scelta dei parroci: chi combina disastri economici o pastorali viene infatti promosso sovente in parrocchie più grandi. Sono tutti elementi distintivi di questo pontificato e non c’è da stupirsi che vengano realizzati in piccolo anche nelle diocesi italiane. Colpisce in queste missive la citazione esplicita dei fatti di Rozzano:

“il Bello del Vivere [titolo della lettera pastorale di mons. Tremolada, ndr] è recepire al convegno del clero che la questione della pedofilia è seria e che se qualcuno ha delle difficoltà le può dire a lui [al vescovo, ndr]. Infatti mons. Tremolada di esperienza ne ha avuta alquanto con don Galli che da Rozzano finisce a Legnano, in quel di Milano, complice l’attuale non eletto cardinale a Milano. Ancora non definite in appello ed in cassazione rimangono la questione penale (per ora ci si deve accontentare di sei anni e quattro mesi) e le implicanze dei superiori suoi del tempo.”

Insomma: se il Potere continua sfacciatamente a tirar dritto per la propria strada, scegliendo il no-comment Bergogliano come metodo di risposta a problemi di assoluta gravità che invece attendono parole chiare e decise come quelle fornite a più riprese da mons. Viganò, il popolo di Dio pare voler scendere sempre più da questa giostra perversa e sceglie la via della Verità. Con buona pace della facciata sempre più traballante di una chiesa in estrema crisi e sull’orlo del collasso.

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Mentre l'arcivescovo Delpini lo trasferiva da una parrocchia all'altra

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www.ilgiornale.it/news/politica/abo...te-1604405.html

"Abominevoli gli abusi del prete"
Le motivazioni della condanna di don Galli. Niente reati per la Curia

Luca Fazzo - Mar, 20/11/2018 - 09:16

Milano Il comportamento di don Mauro Galli, prete della parrocchia di Rozzano, fu «abominevole»: ma non c'è traccia di reati commessi dai vertici della Curia di Milano per proteggerlo.

Questa è la conclusione cui sono arrivati i giudici chiamati a giudicare il sacerdote accusato di violenza sessuale, ma anche a districarsi in un processo su cui l'ombra delle inerzie e delle coperture fornite dai superiori si è fatta sentire a lungo. Anche perché il più alto in grado, tra i superiori di don Galli coinvolti nella vicenda, era Mario Delpini: allora vicario episcopale, oggi Arcivescovo di Milano. E che proprio per il suo ruolo nell'affaire, si disse, vide sfumare l'anno scorso la promozione a cardinale.

Nelle ventuno pagine delle motivazioni depositate ieri dal giudice Ambrogio Moccia, al tema delle coperture viene dedicata solo una nota a piè di pagina, ma assai esplicita. Il giudice se la prende con il clima di «anticlericalismo tematico» che «è parso materializzarsi nell'intorno del processo». Un clima che secondo il giudice «non sembra trovare nell'attualità alcuna legittimazione storica», visto «l'atteggiamento da tolleranza zero della massima impersonificazione della Chiesa militante, cioè il Papa, verso i casi accertati di pedofilia». Quanto al ruolo diretto di Delpini, che dopo avere appreso dei contatti tra don Galli e un giovane parrocchiano, si limitò a spostarlo di parrocchia, il giudice ricorda che «il comportamento delle autorità ecclesiastiche milanesi non ha suscitato nel pm alcun impulso ad esercitare l'azione penale».

Assai severe, per il resto, le valutazioni sul comportamento di don Galli, che dopo avere invitato un quindicenne a passare la notte in canonica e averlo fatto accomodare nel proprio letto, si lasciò andare a atti di libidine, palpeggiamenti, tentativi di penetrazione: comportamenti che la vittima riferì con dettagli via via sempre più gravi, e proprio su questa varietà di versioni la difesa di don Galli ha puntato per negare tutto (tranne l'ospitalità in casa e nel letto). Ma per il giudice proprio l'evoluzione testimonia la «sofferta spontaneità» delle accuse del ragazzo. L'assalto notturno, d'altronde, non fu che il frutto di «una concupiscenza già sollecita da unilaterale impulso di attrazione fisica», compiuto «abusando della qualità di ministro del culto cattolico». Da qui la condanna a sei anni e quattro mesi.

Edited by pincopallino2 - 23/11/2018, 05:42
 
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www.laverita.info/la-condanna-del-...2621112830.html
La condanna del don abusatore svela i peccati della curia

Giorgio Gandola (/community/giorgiogandola) 22 novembre 2018
Dalle motivazioni per la pena (6 anni e 4 mesi) inflitta
a Mauro Galli emergono violazioni al diritto
canonico da parte della diocesi.


www.avvenire.it/attualita/pagine/s...BNYWSZYCfo8QsKw
Milano. Prete condannato per abusi, totale estraneità della Curia
Davide Re mercoledì 21 novembre 2018
Le motivazioni della sentenza a carico di don Mauro Galli – condannato a 6 anni e 4 mesi per violenza sessuale su un minore – evidenziano la totale estraneità alla vicenda della Curia


Le motivazioni della sentenza a carico di don Mauro Galli – condannato a 6 anni e 4 mesi per violenza sessuale nei confronti di un minore – evidenziano in modo netto la totale estraneità alla vicenda della Curia di Milano, che mai nel suo operare ha avuto comportamenti di protezione nei confronti del sacerdote.

Infatti, nelle 21 pagine depositate in cancelleria al Tribunale di Milano dal presidente del collegio giudicante Ambrogio Moccia di queste accuse nei confronti dell’arcivescovo Mario Delpini – a suo tempo vicario episcopale e incaricato di far luce su quanto successo – non vi è traccia. In una postilla a pagina 18 – quindi a margine dell’intero documento in cui si illustrano le motivazioni per le quali Mauro Galli è condannato – i giudici (oltre a Moccia, anche Maria Giulia Messina e Vincenza Papagno) spiegano come il procedimento penale sia stato «disturbato» da un clima di «anticlericalismo tematico» che «è parso materializzarsi nell’intorno del processo».

Un clima che, secondo il collegio giudicante, «non sembra trovare nell’attualità alcuna legittimazione storica», visto «l’atteggiamento da tolleranza zero della massima impersonificazione della Chiesa militante, cioè il Papa, verso i casi accertati di pedofilia».

Sempre in quella lunga postilla, i giudici chiariscono anche un altro aspetto: «Il fatto che il comportamento delle Autorità ecclesiastiche milanesi non ha suscitato nel pubblico ministero alcun impulso ad esercitare l’azione penale».

E quindi non sono state trovate nella condotta di allora della Curia (che appena apprese di contatti, poi negli anni successivi diventati prima molestie e poi violenze, tra don Galli e un giovane, lo spostò di parrocchia) delle anomalie e alcuna protezione nei confronti del sacerdote.
 
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view post Posted on 25/11/2018, 20:51

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Dopo la condanna per abusi su minore don Giorgio De Capitani insinua il dubbio: "La Curia? Chi tace acconsente"

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http://www.dongiorgio.it/25/11/2018/chi-ha...ace-acconsente/

Chi ha pagato le spese per il processo/don Mauro Galli (circa 400 mila euro)? La Curia milanese? Se non è vero, la Curia lo dica pubblicamente! Altrimenti, chi tace acconsente!
IN ULTIMISSIME / BY DON GIORGIO / ON 25 NOVEMBRE 2018 AT 13:42 /

di don Giorgio De Capitani
Don Mauro Galli, prete milanese, 39 anni, originario di Cislago (Varese), è stato condannato il 20 settembre 2018 a 6 anni e 4 mesi di carcere dalla quinta sezione penale del Tribunale di Milano con l’accusa di aver abusato sessualmente di un ragazzo di 15 anni nel dicembre 2011.
Il Pubblico Ministero Lucia Minutella aveva chiesto una condanna a 10 anni e 8 mesi di reclusione. L’imputato, fuori dal processo, aveva versato 100 mila euro di risarcimento ai familiari del ragazzo, che non si sono costituiti parti civili.
Il collegio, presieduto da Ambrogio Moccia, oltre a condannare il prete a 6 anni e 4 mesi di reclusione, ha anche disposto il divieto per don Mauro di avere contatti con minorenni, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Ricostruiamo i fatti in modo più circostanziato.
Don Mauro Galli è stato ordinato sacerdote nel giugno del 2011 dal cardinale Dionigi Tettamanzi. Il 28 giugno dello stesso anno papa Benedetto XVI nominava arcivescovo di Milano Angelo Scola.
Don Mauro Galli veniva inviato presso la parrocchia di Sant’Ambrogio in Rozzano, dove il parroco don Carlo Mantegazza gli affidava l’incarico di occuparsi dell’educazione pastorale dei bambini e dei giovani della parrocchia. Lo stesso parroco don Mantegazza dichiarerà in Questura di essere venuto a conoscenza di ciò che era successo tra don Mauro e il minorenne, il 21 dicembre 2011 (ovvero il giorno dopo!) e di aver informato immediatamente i suoi diretti superiori: mons. Mario Delpini, allora Vicario episcopale di Zona (il 5 aprile 2012 verrà nominato Vicario generale della Diocesi milanese; il 21 settembre 2014 il cardinale Scola lo nominerà Vicario episcopale per la formazione permanente del clero e responsabile dell’Istituto Sacerdotale Maria Immacolata, che si occupa dei presbiteri del primo quinquennio di ordinazione; il 7 luglio 2017 papa Francesco lo nominerà arcivescovo metropolita di Milano); don Carlo Mantegazza informava anche il responsabile della formazione permanente del Clero che seguiva i sacerdoti appena ordinati, mons. Pierantonio Tremolata (ora vescovo di Brescia dal 12 luglio 2017).
Don Carlo Mantegazza, dopo aver parlato con entrambi più volte, dichiarava che era stato da loro deciso il trasferimento di Don Mauro ad altro incarico, perfezionatosi di fatto nel gennaio 2012, epoca in cui era stato allontanato da Rozzano. Dunque, la comunicazione in Diocesi era arrivata ben prima della querela del 2014. E quali provvedimenti vennero presi?
Non fu subito avviata nessuna indagine canonica (indagine previa, come prevista dal Diritto Canonico), e don Mauro Galli venne spostato nel marzo 2012 come Vicario parrocchiale della Parrocchia di S. Pietro in Legnano e Incaricato della Pastorale Giovanile delle Parrocchie di S. Teresa del Bambino Gesù, dei Santi Magi in Legnano e del SS. Redentore in Legnanello: ad occuparsi ancora di minori!
Dal novembre 2012, il Cardinale Angelo Scola, volendo valorizzare la sensibilità, gli studi e le competenze di don Mauro, chiedeva al sacerdote di lasciare la Parrocchia di San Pietro e d’iniziare a svolgere la sua missione pastorale, come Cappellano, presso l’Ospedale Niguarda di Milano in attesa di recarsi, a tempo opportuno, a Roma presso la Pontificia Università Lateranense per conseguire la Laurea in Pastorale Sanitaria.
Nel luglio 2014 venne presentata la denuncia querela dai legali del ragazzo abusato. Solo il 21 gennaio 2015, dopo i primi accertamenti in loco, verrà aperta l’indagine previa con la conseguente trasmissione dei risultati alla Congregazione per la dottrina della fede presso la Santa Sede. Il dicastero vaticano, esaminate le carte, «affidava la questione al Tribunale ecclesiastico lombardo (organismo indipendente dalla diocesi di Milano) per l’apertura della causa canonica penale».
Tra parentesi, nell’ottobre 2014, Mario Delpini era stato chiamato a testimoniare e aveva dichiarato che, dopo aver appreso da un altro sacerdote che il ragazzo “aveva segnalato abusi sessuali compiuti da Don Mauro”, aveva deciso di assegnarlo “ad altro incarico, disponendo il suo trasferimento nella parrocchia di Legnano”, dove era a contatto con altri giovani.
In questi giorni sono state rese note le motivazioni della sentenza a carico di don Mauro Galli, condannato a 6 anni e 4 mesi per violenza sessuale nei confronti di un minore. Dalle indiscrezioni apparse su alcuni giornali (certo, bisognerebbe leggere per intero il testo ufficiale, 21 pagine depositate in cancelleria al Tribunale di Milano dal presidente del collegio giudicante Ambrogio Moccia, ma non so se sarà possibile renderlo pubblico) si è venuto a sapere che, a parte le motivazioni per la condanna del prete milanese, il Tribunale, in una postilla a pagina 18 – quindi a margine dell’intero documento in cui si illustrano le motivazioni per le quali don Mauro Galli è condannato – i giudici (oltre a Moccia, anche Maria Giulia Messina e Vincenza Papagno) spiegano come il procedimento penale sia stato «disturbato» da un clima di «anticlericalismo tematico» che «è parso materializzarsi nell’intorno del processo». Un clima che, secondo il collegio giudicante, «non sembra trovare nell’attualità alcuna legittimazione storica», visto «l’atteggiamento da tolleranza zero della massima impersonificazione della Chiesa militante, cioè il Papa, verso i casi accertati di pedofilia». Sempre in quella lunga postilla, i giudici chiariscono anche un altro aspetto: «Il fatto che il comportamento delle Autorità ecclesiastiche milanesi non ha suscitato nel pubblico ministero alcun impulso ad esercitare l’azione penale».
In questo taglio, ovvero nella assoluzione della Curia milanese da ogni responsabilità di carattere penale, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, AVVENIRE, ha scritto un articolo, senza dire nulla delle gravi motivazioni per cui i Giudici di Milano hanno condannato don Mauro Galli. L’unica preoccupazione dell’articolo apparso su AVVENIRE consiste nel dichiarare che la Curia milanese è totalmente estranea ad ogni responsabilità penale.
Ho chiesto al mio legale il motivo per cui il Tribunale di Milano non ha ritenuto doveroso coinvolgere anche la Curia in una condanna.
Ecco la risposta: «Il processo era contro don Galli e non contro la Curia ed il fatto che su 21 pagine di sentenza ci siano quelle due righe generiche sull’ambiente di contorno al processo o sul papa mi sembrano espressioni di “colore “ comunque giuridicamente irrilevanti. Il giudice non avrebbe potuto dire nulla di più, non essendo stata formulata dal pm nessuna accusa nei confronti della curia e, non essendo oggetto del processo, il giudice esprime un parere su meno elementi di quelli che hanno i giornali e pm: gli unici documenti che il giudice può vedere e leggere sono quelli che riguardano gli imputati e che sono stati prodotti nelle udienze. Tutti i “fatti” contro la Curia non sono allegati nelle udienze e quindi sono conosciuti dal pubblico e dai giornali ma non dal giudice».
Ho commentato: «In ogni caso, come cittadino incompetente nel campo giuridico mi permetto di dire che il Tribunale di Milano, per il caso don Galli, non doveva dire nulla sul “contorno mediatico” e tanto meno entrare nel merito della responsabilità della Curia milanese, se è vero che la Curia non era stata messa sotto processo. Tutto qui. Altrimenti mi viene da dire che il Tribunale ha tentato a modo suo di giustificare “gratuitamente” la Curia, chissà per quale motivazione… Ma qualche motivazione posso pensarla: sudditanza al potere religioso!».
Tutto questo ha creato un grosso equivoco, e a beneficiarne è stata proprio la Curia milanese, subito sciolta da ogni responsabilità da parte di AVVENIRE, che così conclude superficialmente il suo articolo: «E quindi non sono state trovate nella condotta di allora della Curia (che appena apprese di contatti, poi negli anni successivi diventati prima molestie e poi violenze, tra don Galli e un giovane, lo spostò di parrocchia) delle anomalie e alcuna protezione nei confronti del sacerdote».
Per il fatto che la Curia milanese non rientrava nella querela promossa dai genitori del figlio (allora minorenne) sottoposto ad un abuso sessuale da parte di don Mauro, ciò non comporta che i superiori curiali, tra cui in particolare don Mario Delpini e don Pierantonio Tremolada, siano esenti da ogni responsabilità per lo meno pastorale, per non parlare poi del Diritto canonico e delle indicazioni del Papa, che da anni parla di tolleranza zero, anche se poi, in realtà, chiude più di un occhio, arrivando al punto di nominare vescovi di diocesi importanti prelati su cui già pesano forti dubbi di aver protetto casi di preti pedofili.
Le dichiarazioni, per inciso, del Tribunale di Milano sulla responsabilità penale della Curia di Milano non escludono responsabilità pastorali e di diritto canonico.
Nessuno può negare che monsignor Mario Delpini, quando era Vicario episcopale di zona, abbia trasferito don Mauro, su cui pesavano per lo meno dubbi su quella notte famosa, da Rozzano a Legnano, a contatto ancora con dei minorenni.
Come si può dire allora che Mario Delpini sia del tutto innocente, ovvero estraneo ad ogni responsabilità per lo meno di buon senso?
Sarebbe interessante sapere come la pensi oggi il Papa, che non può più dire di non sapere nulla. Ammesso che nulla sapesse prima, ovvero quando ha nominato Mario Delpini arcivescovo di Milano, ora che sa del suo coinvolgimento nella brutta faccenda di un suo prete, perché il papa se ne sta zitto?
Qui qualcosa non funziona. Qualcosa non funziona anzitutto per ciò che “indebitamente” ha detto il Tribunale di Milano a proposito della responsabilità penale della Curia milanese, e qualcosa non funziona per il fatto che la Chiesa ufficiale se ne lava le mani come Ponzio Pilato.
Non è un corollario ciò che ora sto per dire. È vero oppure no che per il processo a don Don Mauro Galli sono state sborsati circa 400 mila euro (spese legali + 100 mila euro di risarcimento ai familiari del ragazzo)? Se sì, chi ha li sborsati: la Curia milanese o don Mauro?
C’è chi dice che sia stata la Curia milanese: è vero o falso?
Se non è vero, lo si dica pubblicamente. Altrimenti, chi tace acconsente.
Certo, se la cosa fosse vera, perché la Curia milanese paga solo per difendere i preti pedofili (quando vengono processati) e non paga le spese per i preti processati per diffamazione nei riguardi di politici ecc.?
E pensare che ci sarebbe una enorme differenza tra i preti pedofili e i preti che si espongono per questioni sociali e politiche.
È semplicemente orrendo pensare ad una Chiesa che per un verso difende i suoi preti pedofili pagando anche le spese processuali e per l’altro verso abbandona i preti dissidenti, condannati per aver alzato magari troppo la loro voce in difesa dei diritti della giustizia e della democrazia o, diciamo, di quel bene comune, che a tutti dovrebbe stare a cuore, anche alla stessa Chiesa.
 
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Il dolore di una mamma: «Mio figlio abusato dal prete, denunce inutili in Vaticano»

Sabato 23 Febbraio 2019 di Franca Giansoldati
«La denuncia va fatta alla polizia o ai carabinieri. Mai alla giustizia vaticana: quella non funziona, peggiora solo le cose. Lo voglio dire a quelle mamme che, come me, vivono l’incubo di un figlio abusato da un prete». Accanto alla madre c’è il padre, entrambi sulla cinquantina, lui cuoco e lei infermiera. Ci tengono a dire che la vendetta non fa parte del loro vissuto di credenti.

«Abbiamo perdonato quel prete, ma ora vogliamo giustizia per nostro figlio che da cinque anni non è più lo stesso». Tutta la famiglia in questi giorni si trova a Roma per seguire, dall’esterno, il summit sugli abusi. «La nostra via crucis cominciò alla fine del 2011».

Che accadde?
«Uno dei nuovi sacerdoti della nostra parrocchia, don Mauro Galli, ci chiese se quella sera nostro figlio poteva dormire in oratorio. Fece intendere che c’era tutto il gruppo degli adolescenti. Per noi non vi erano pericoli, non ci ha sfiorato alcun dubbio. Abbiamo sempre frequentato la parrocchia. Io ho tenuto anche corsi di catechismo. Nostro figlio in quel periodo faceva parte del coro e del gruppo scout. Il giorno dopo però sono stata chiamata dalla scuola. Mi chiedevano di andare a prenderlo perché stava male».

Si è preoccupata?
«Relativamente. Ho pensato che forse non aveva studiato ed era un modo (scorretto) per saltare un’interrogazione. Così sono andata trovando mio figlio in uno stato di choc. Sguardo perso nel vuoto, muto, rigido, le braccia lungo i fianchi, non reagiva. Ho firmato l’uscita, l’ho preso sotto braccio e l’ho portato in macchina. In quel momento mi sono resa conto che era accaduto qualcosa di brutto. Non lo avevo mai visto così. Gli chiedevo se avesse fumato, preso qualcosa. Abbiamo fatto tutto il tragitto in silenzio. Poi una domanda lo ha scosso. Cosa è accaduto stanotte? A quel punto si è girato. Piangeva. Gli occhi suoi non li potrò più dimenticare. Mamma è accaduto quello che si può immaginare. E ho subito immaginato cosa».

Choccante...
«A casa si è messo a letto, con le persiane abbassate, io ho chiamato mio marito e mio fratello che si sono precipitati. Da quel momento è stato un incubo per tutti noi».

Avete fatto la denuncia?
«Volevamo prima capire. Per prima cosa siamo andati dal nostro parroco, il quale interpella don Galli che però nega tutto, affermando che hanno dormito assieme ma non è mai accaduto nulla. Qualche tempo dopo però viene spostato in un’altra parrocchia, a Legnano, tra l’altro ad occuparsi di 4 oratori. La decisione di spostarlo fu presa dall’attuale arcivescovo di Milano, Delpini che all’epoca era vicario episcopale. Mio figlio stava sempre peggio. Noi eravamo disperati. La psicologa di un istituto religioso che contattammo ci suggerì di aspettare a fare la denuncia alla polizia e di lasciare che del caso se ne occupasse la Chiesa. Così facemmo e siamo stati ingenui. A quel punto andammo a parlare con un prelato della curia di Milano che era responsabile della formazione dei giovani preti. Ci disse che non si poteva rovinare così un sacerdote. Si rende conto? Nostro figlio aveva persino tentato il suicidio, e lui ci parlava in quel modo. Più tardi quel vescovo è stato promosso a Brescia. Eravamo disperati. Abbiamo anche mandato a Papa Francesco una lettera per chiedergli perché, al di là delle belle parole, non vengono ascoltati davvero i patimenti delle vittime».

Il processo canonico è iniziato nel 2015, mentre nel 2014 si è aperto quello al tribunale a Milano dal quale don Galli è stato poi condannato a 6 anni e quattro mesi...
«Esatto. Abbiamo perso tanto tempo inutile seguendo la giustizia del Vaticano. Le denunce vanno subito fatte alla polizia o ai carabinieri. Mai ai tribunali della Chiesa perché lì c’è ancora un sistema che tende a demolire le vittime, denigrarle, svergognarle, umiliarle inutilmente per proteggere il potere clericale. Non trovo la misericordia verso chi ha sofferto. E la Chiesa su questo punto si gioca la sua credibilità».

Papa Francesco vi ha risposto?
«Mai»
E la curia di Milano?
«Ci sono stati versati a titolo di risarcimento 100 mila euro. Praticamente quello che finora abbiamo speso tra avvocati e spese mediche. Abbiamo anche saputo che la Chiesa ha richiesto l’appello con la motivazione che oggi la figura di un sacerdote appare, a priori, un soggetto potenzialmente colpevole in materia di abuso a danno di minori. A questo punto noi non possiamo più permetterci di sostenere le spese processuali e ci siamo costituiti parte civile. In un primo momento avevamo pensato di vendere la nostra casa ma dobbiamo pensare ai ragazzi, a farli studiare, non possiamo permettercelo».

Cosa pensa di questo summit sugli abusi?
«Glielo ho detto prima. Credo che sia l’ultima chance per la Chiesa per dimostrare veramente di essere credibile e trasparente. Al momento non è così. Tante belle parole e pochi fatti. Almeno in Italia dove tutto è davvero opaco».

www.bresciatoday.it/attualita/don-...HeitpOC5gI32Ri4
Rozzano (MI): ex parroco condannato a 6 anni e 4 mesi, il ruolo del vescovo di Brescia

"Questa cosa resti tra noi": quando il vescovo cercò di coprire un prete pedofilo
Pochi mesi fa la condanna in primo grado per don Mauro Galli, ex parroco di Rozzano: una vicenda oscura che ha coinvolto anche il vescovo di Brescia

Redazione
22 febbraio 2019 11:25

Il vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada e don Mauro Galli

Una vicenda oscura, dalla provincia milanese: la storia di don Mauro Galli, ex parroco di Rozzano, condannato a 6 anni e 4 mesi lo scorso settembre con l'accusa di tentata violenza sessuale su minore. I fatti risalirebbero al dicembre del 2011: la vittima (tale o presunta) è un ragazzo che all'epoca aveva soltanto 15 anni. Il tribunale ha decretato per don Galli anche il divieto di contatto con minori e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici: la difesa ha già annunciato che ricorrerà in Appello.

Ma non tutti sanno che questa strana storia coinvolge in qualche modo anche la nostra provincia. O meglio, l'attuale vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada, all'epoca vescovo vicario di Milano e responsabile della formazione del clero. Da alcune registrazioni telefoniche, realizzate da un familiare della vittima e pubblicate da Fanpage (gli audio sono ascoltabili per intero a questo link), sarebbe emersa una certa conoscenza di quanto accaduto, di fronte ai familiari del ragazzo.

Le parole del vescovo
“Noi non vogliamo dare l'impressione di minimizzare le cose, ma dall'altra parte abbiamo davanti delle persone e dobbiamo anche in qualche modo tutelarle”, dice Tremolada con riferimento a don Galli. E ancora, in merito al trasferimento di don Galli a Legnano: “E' vero, lo abbiamo destinato a Legnano, in oratorio, e di questo siamo stati imprudenti. Ma lo diremo se ci verrà chiesto perché lo avete fatto”.

La terza registrazione entra nel dettaglio di quanto successo: era la notte tra il 19 e il 20 dicembre 2011 quando don Galli avrebbe abusato del ragazzino, nel letto matrimoniale della sua abitazione. Il giovane ha raccontato di essere stato “toccato”, e quindi abusato; don Galli ha invece sempre negato questa circostanza, ma ha comunque ammesso di aver dormito con lui in quel letto.

“Gli ho raccontato quello che è successo – dice ancora Tremolada – però questa cosa ce la teniamo per noi”. Nel dibattito interviene un familiare, chiede a cosa si riferisca. La risposta del Vescovo di Brescia sembra lasciare pochi dubbi: “A questa cosa qui del letto”.

Rozzano (MI): ex parroco condannato a 6 anni e 4 mesi, il ruolo del vescovo di Brescia

Gli sviluppi giudiziari
I genitori di Fausto, nome di fantasia, denunciano l'accaduto nel 2014. Nei mesi successivi verrà sentito anche Mario Delpini, che oggi è arcivescovo di Milano. Sarà lui ad ammettere davanti ai familiari di aver voluto trasferire don Galli da Rozzano a Milano. La condanna in primo grado per don Galli arriverà quattro anni più tardi, nel settembre del 2018.

Nel mezzo la tribolata esistenza del ragazzo vittima dell'abuso. “Sono un sopravvissuto – avrebbe detto il giovane – perché ho tentato il suicidio ben quattro volte”. Circostanza poi confermata dalla madre, intervistata ancora da Fanpage: “Mio figlio ha lasciato la scuola, ha cominciato a stare male. Fino a decidere di pensare di togliersi la vita, con quattro tentativi di suicidio”.

Seguiranno dei ricoveri in ambito psichiatrico protetto, e nuovi percorsi terapeutici. “Siamo sempre stati una famiglia cattolica – ha detto ancora la madre – e inserita in parrocchia. Ma anziché essere riconosciuti come vittime dalla Chiesa, siamo diventati la loro controparte al processo. Ed è questa forse la cosa più dolorosa, e incomprensibile”
 
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Mons Tremolada: "Dobbiamo in qualche modo tutelarlo". E lo trasferì in oratorio, con carne fresca a disposizione

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Rozzano (MI): ex parroco condannato a 6 anni e 4 mesi, il ruolo del vescovo di Brescia

"Questa cosa resti tra noi": quando il vescovo cercò di coprire un prete pedofilo
Pochi mesi fa la condanna in primo grado per don Mauro Galli, ex parroco di Rozzano: una vicenda oscura che ha coinvolto anche il vescovo di Brescia

Redazione
22 febbraio 2019 11:25

Il vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada e don Mauro Galli

Una vicenda oscura, dalla provincia milanese: la storia di don Mauro Galli, ex parroco di Rozzano, condannato a 6 anni e 4 mesi lo scorso settembre con l'accusa di tentata violenza sessuale su minore. I fatti risalirebbero al dicembre del 2011: la vittima (tale o presunta) è un ragazzo che all'epoca aveva soltanto 15 anni. Il tribunale ha decretato per don Galli anche il divieto di contatto con minori e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici: la difesa ha già annunciato che ricorrerà in Appello.

Ma non tutti sanno che questa strana storia coinvolge in qualche modo anche la nostra provincia. O meglio, l'attuale vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada, all'epoca vescovo vicario di Milano e responsabile della formazione del clero. Da alcune registrazioni telefoniche, realizzate da un familiare della vittima e pubblicate da Fanpage (gli audio sono ascoltabili per intero a questo link), sarebbe emersa una certa conoscenza di quanto accaduto, di fronte ai familiari del ragazzo.

Le parole del vescovo
“Noi non vogliamo dare l'impressione di minimizzare le cose, ma dall'altra parte abbiamo davanti delle persone e dobbiamo anche in qualche modo tutelarle”, dice Tremolada con riferimento a don Galli. E ancora, in merito al trasferimento di don Galli a Legnano: “E' vero, lo abbiamo destinato a Legnano, in oratorio, e di questo siamo stati imprudenti. Ma lo diremo se ci verrà chiesto perché lo avete fatto”.

La terza registrazione entra nel dettaglio di quanto successo: era la notte tra il 19 e il 20 dicembre 2011 quando don Galli avrebbe abusato del ragazzino, nel letto matrimoniale della sua abitazione. Il giovane ha raccontato di essere stato “toccato”, e quindi abusato; don Galli ha invece sempre negato questa circostanza, ma ha comunque ammesso di aver dormito con lui in quel letto.

“Gli ho raccontato quello che è successo – dice ancora Tremolada – però questa cosa ce la teniamo per noi”. Nel dibattito interviene un familiare, chiede a cosa si riferisca. La risposta del Vescovo di Brescia sembra lasciare pochi dubbi: “A questa cosa qui del letto”.

Rozzano (MI): ex parroco condannato a 6 anni e 4 mesi, il ruolo del vescovo di Brescia

Gli sviluppi giudiziari
I genitori di Fausto, nome di fantasia, denunciano l'accaduto nel 2014. Nei mesi successivi verrà sentito anche Mario Delpini, che oggi è arcivescovo di Milano. Sarà lui ad ammettere davanti ai familiari di aver voluto trasferire don Galli da Rozzano a Milano. La condanna in primo grado per don Galli arriverà quattro anni più tardi, nel settembre del 2018.

Nel mezzo la tribolata esistenza del ragazzo vittima dell'abuso. “Sono un sopravvissuto – avrebbe detto il giovane – perché ho tentato il suicidio ben quattro volte”. Circostanza poi confermata dalla madre, intervistata ancora da Fanpage: “Mio figlio ha lasciato la scuola, ha cominciato a stare male. Fino a decidere di pensare di togliersi la vita, con quattro tentativi di suicidio”.

Seguiranno dei ricoveri in ambito psichiatrico protetto, e nuovi percorsi terapeutici. “Siamo sempre stati una famiglia cattolica – ha detto ancora la madre – e inserita in parrocchia. Ma anziché essere riconosciuti come vittime dalla Chiesa, siamo diventati la loro controparte al processo. Ed è questa forse la cosa più dolorosa, e incomprensibile”

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Il dolore di una mamma: «Mio figlio abusato dal prete, denunce inutili in Vaticano»

Sabato 23 Febbraio 2019 di Franca Giansoldati
«La denuncia va fatta alla polizia o ai carabinieri. Mai alla giustizia vaticana: quella non funziona, peggiora solo le cose. Lo voglio dire a quelle mamme che, come me, vivono l’incubo di un figlio abusato da un prete». Accanto alla madre c’è il padre, entrambi sulla cinquantina, lui cuoco e lei infermiera. Ci tengono a dire che la vendetta non fa parte del loro vissuto di credenti.

«Abbiamo perdonato quel prete, ma ora vogliamo giustizia per nostro figlio che da cinque anni non è più lo stesso». Tutta la famiglia in questi giorni si trova a Roma per seguire, dall’esterno, il summit sugli abusi. «La nostra via crucis cominciò alla fine del 2011».

Che accadde?
«Uno dei nuovi sacerdoti della nostra parrocchia, don Mauro Galli, ci chiese se quella sera nostro figlio poteva dormire in oratorio. Fece intendere che c’era tutto il gruppo degli adolescenti. Per noi non vi erano pericoli, non ci ha sfiorato alcun dubbio. Abbiamo sempre frequentato la parrocchia. Io ho tenuto anche corsi di catechismo. Nostro figlio in quel periodo faceva parte del coro e del gruppo scout. Il giorno dopo però sono stata chiamata dalla scuola. Mi chiedevano di andare a prenderlo perché stava male».

Si è preoccupata?
«Relativamente. Ho pensato che forse non aveva studiato ed era un modo (scorretto) per saltare un’interrogazione. Così sono andata trovando mio figlio in uno stato di choc. Sguardo perso nel vuoto, muto, rigido, le braccia lungo i fianchi, non reagiva. Ho firmato l’uscita, l’ho preso sotto braccio e l’ho portato in macchina. In quel momento mi sono resa conto che era accaduto qualcosa di brutto. Non lo avevo mai visto così. Gli chiedevo se avesse fumato, preso qualcosa. Abbiamo fatto tutto il tragitto in silenzio. Poi una domanda lo ha scosso. Cosa è accaduto stanotte? A quel punto si è girato. Piangeva. Gli occhi suoi non li potrò più dimenticare. Mamma è accaduto quello che si può immaginare. E ho subito immaginato cosa».

Choccante...
«A casa si è messo a letto, con le persiane abbassate, io ho chiamato mio marito e mio fratello che si sono precipitati. Da quel momento è stato un incubo per tutti noi».

Avete fatto la denuncia?
«Volevamo prima capire. Per prima cosa siamo andati dal nostro parroco, il quale interpella don Galli che però nega tutto, affermando che hanno dormito assieme ma non è mai accaduto nulla. Qualche tempo dopo però viene spostato in un’altra parrocchia, a Legnano, tra l’altro ad occuparsi di 4 oratori. La decisione di spostarlo fu presa dall’attuale arcivescovo di Milano, Delpini che all’epoca era vicario episcopale. Mio figlio stava sempre peggio. Noi eravamo disperati. La psicologa di un istituto religioso che contattammo ci suggerì di aspettare a fare la denuncia alla polizia e di lasciare che del caso se ne occupasse la Chiesa. Così facemmo e siamo stati ingenui. A quel punto andammo a parlare con un prelato della curia di Milano che era responsabile della formazione dei giovani preti. Ci disse che non si poteva rovinare così un sacerdote. Si rende conto? Nostro figlio aveva persino tentato il suicidio, e lui ci parlava in quel modo. Più tardi quel vescovo è stato promosso a Brescia. Eravamo disperati. Abbiamo anche mandato a Papa Francesco una lettera per chiedergli perché, al di là delle belle parole, non vengono ascoltati davvero i patimenti delle vittime».

Il processo canonico è iniziato nel 2015, mentre nel 2014 si è aperto quello al tribunale a Milano dal quale don Galli è stato poi condannato a 6 anni e quattro mesi...
«Esatto. Abbiamo perso tanto tempo inutile seguendo la giustizia del Vaticano. Le denunce vanno subito fatte alla polizia o ai carabinieri. Mai ai tribunali della Chiesa perché lì c’è ancora un sistema che tende a demolire le vittime, denigrarle, svergognarle, umiliarle inutilmente per proteggere il potere clericale. Non trovo la misericordia verso chi ha sofferto. E la Chiesa su questo punto si gioca la sua credibilità».

Papa Francesco vi ha risposto?
«Mai»
E la curia di Milano?
«Ci sono stati versati a titolo di risarcimento 100 mila euro. Praticamente quello che finora abbiamo speso tra avvocati e spese mediche. Abbiamo anche saputo che la Chiesa ha richiesto l’appello con la motivazione che oggi la figura di un sacerdote appare, a priori, un soggetto potenzialmente colpevole in materia di abuso a danno di minori. A questo punto noi non possiamo più permetterci di sostenere le spese processuali e ci siamo costituiti parte civile. In un primo momento avevamo pensato di vendere la nostra casa ma dobbiamo pensare ai ragazzi, a farli studiare, non possiamo permettercelo».

Cosa pensa di questo summit sugli abusi?
«Glielo ho detto prima. Credo che sia l’ultima chance per la Chiesa per dimostrare veramente di essere credibile e trasparente. Al momento non è così. Tante belle parole e pochi fatti. Almeno in Italia dove tutto è davvero opaco».

Edited by pincopallino2 - 23/2/2019, 09:07
 
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Lettera aperta di una madre al capo della diocesi di Milano che insabbiò le accuse a don Mario Galli

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https://www.ilgazzettino.it/italia/primopi...vi-4503886.html

La lettera aperta che inchioda monsignor Delpini: «Lei ha insabbiato gli abusi su mio figlio, si dimetta»
PER APPROFONDIRE: abusi, delpini, papa francesco, pedofilia
La lettera aperta che inchioda monsignor Delpini: «Lei ha insabbiato gli abusi su mio figlio, si dimetta»
di Franca Giansoldati

Città del Vaticano – Dopo inutili (quanto vani) tentativi di parlare con Papa Francesco dell'abuso sessuale subito dal figlio minorenne da parte di un sacerdote di Milano – don Mauro Galli – nel frattempo condannato a sei anni e quattro mesi di carcere da un tribunale civile – la mamma della vittima, Cristina Balestrini, coraggiosa e per nulla intimidita dal clima di muro di gomma delle gerarchie ecclesiastiche italiane, ha preso carta e penna per indirizzare una lettera aperta all'arcivescovo di Milano, Mario Delpini, accusandolo di avere sostanzialmente insabbiato il caso.

Solo il coraggio di una mamma poteva infrangere ogni misura e trovare la forza d'animo per alzare la voce e chiedere giustizia. Stavolta la giustizia della Chiesa.

Cristina si rivolge a Delpini con toni incalzanti e garbati. «Lei, con il suo incredibile e dirompente silenzio, rispetto alla sua personale maldestra gestione dello spostamento del prete quale improbabile e inopportuna risoluzione del problema – maldestro comportamento definito a suo tempo in questi precisi termini e per iscritto dal Cardinale Angelo Scola – stride con quanto quasi quotidianamente il Santo Padre proclama in merito alla lotta contro pedofilia, obbligandoci quindi a contattarla scrivendole pubblicamente questa lettera aperta».

Per la famiglia del ragazzo sono stati otto lunghi anni di silenzio e di sofferenze.

«Le scrivo per chiederle con forza un passo indietro. Glielo chiedo, a nome di tutti i miei familiari, per il bene della Chiesa, per la credibilità della stessa e per rispetto del Sommo Pontefice, di dimettersi dalla carica di Arcivescovo di Milano. Lo chiediamo in coerenza con quanto affermato da Papa Francesco in questi anni e in particolare in virtù del recentissimo Motu Proprio: “Vos Estis Lux Mundi».

Cristina non si arresta nell'indicare che la proclamata “Tolleranza Zero” nei confronti della piaga degli abusi sessuali da parte del clero viene proclamata anche da «vescovi che come Lei, in diverse modalità hanno nascosto ed insabbiato tali crimini spostando i sacerdoti da una parrocchia all’altra, senza avviare alcuna Indagine».

La lettera riferisce per filo e per segno tutti i passaggi di questo caso, le indagini fatte dalla polizia, gli interrogatori, i verbali, i documenti che inchiodano sia Mauro Galli che i suoi superiori come persone che hanno coperto gli abusi.

«Lei monsignor Delpini ha deciso personalmente di spostare immediatamente don Galli dalla parrocchia di Rozzano, dove è avvenuto l’abuso, alla vicina parrocchia di Legnano ancora nel contesto della pastorale giovanile come affermato da Lei sempre alla Polizia di Stato. Inoltre ha allertato lo studio legale Zanchetti, oltre che don Mauro, per mettersi in contatto per gestire la seccatura, ancora prima che gli fosse notificato l’avviso di garanzia come hanno svelato le indagini nel corso del Processo e ancora prima che fosse interrogato. Lei stesso, pur mentendo alla Polizia, ha affermato di non aver avuto fino ad allora alcun contato con lo studio legale (avvenimento palesemente smentito appunto dalle intercettazioni telefoniche) come si può facilmente riscontrare anche sugli innumerevoli articoli pubblicati sul caso».

La signora Cristina è decisa ad andare fino in fondo. Non si fermerà. «O il Santo Padre decide di rinunciare pubblicamente alla “Tolleranza Zero”, stabilendo pubblicamente che portarsi a letto un minore è ritenuto ammissibile e tollerabile e quindi i Vescovi possono tranquillamente e semplicemente spostare tale sacerdoti da una parrocchia all’altra liberi di continuare a portarsi a letto altri bambini senza allertare nessuno (tanto meno i genitori come esattamente avvenuto a Legnano), oppure è evidente che Lei non potrà più ricoprire la carica di Arcivescovo».



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Lunedì 20 Maggio 2019, 16:14
 
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