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Abusi su 15enne con disagio psichico, solo 3 anni a don Galli nell'appello bis: "denunciò tardi". E la diocesi lo assolve, Li sconterà ai domiciliari. L'arcivescovo Delpini lo trasferì a contatto coi bambini: "abusi abominevoli"

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pincopallino2
view post Posted on 25/3/2018, 10:49 by: pincopallino2

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Abusi, il processo a don Galli: ecco ciò che dicono le carte
Il prete milanese accusato di tentata violenza su un ragazzo: alcuni media e siti web cercano di attribuire responsabilità all’arcivescovo di Milano. Documenti e testimonianze li smentiscono

Abusi, il processo a don Galli: ecco ciò che dicono le carte


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Pubblicato il 25/03/2018
Ultima modifica il 24/03/2018 alle ore 19:52
ANDREA TORNIELLI
MILANO
Continua il processo penale che ha come imputato un giovane sacerdote milanese, don Mauro Galli, e con il passare delle settimane emerge il tentativo di coinvolgere nella vicenda l’attuale arcivescovo di Milano, attribuendogli responsabilità nella vicenda. Alcuni media e siti web infatti hanno affermato che monsignor Mario Delpini, all’epoca dei fatti vicario di zona, non si sarebbe comportato come previsto dalle norme canoniche di fronte alle denunce di abusi sessuali. Vatican Insider ha letto il fascicolo con le testimonianze rese alla polizia giudiziaria e al pubblico ministero da tutte le parti in causa.



Don Galli è stato accusato di violenza sessuale ai danni di un giovane che nel dicembre 2011, all'epoca dei fatti, aveva 15 anni. Il sacerdote è attualmente sospeso dall'attività sacerdotale ed è in corso, oltre al processo penale, anche quello canonico secondo le procedure previste.



Il fatto avviene nella notte tra il 19 e il 20 dicembre 2011 in una parrocchia di Rozzano. A. è un ragazzo emotivamente fragile e quella sera viene invitato da don Galli a dormire a casa sua, con il consenso dei genitori. Nè la vittima né i suoi genitori però si aspettano che il prete faccia dormire il ragazzo nel suo letto a due piazze. Il giorno successivo, a scuola, A. denuncia un malessere e tornato a casa racconta ai suoi di essere sconvolto per quanto accaduto nella notte precedente. Non racconta però di aver subito un abuso, una tentata violenza sessuale.



Quella stessa sera i genitori di A. chiamano don Alberto Rivolta, un sacerdote che conosce la famiglia e che ha un primo colloquio col ragazzo, il quale confermerà davanti al GIP di aver raccontato al prete «soltanto il preambolo e il dopo» di quanto accaduto. Successivamente lo zio del ragazzo contatta anche don Carlo Mantegazza, all'epoca parroco di Rozzano, per chiedere che don Galli venga subito allontanato. I familiari raccontano che A. è rimasto sconvolto per aver dormito insieme al giovane prete. Ecco un brano della testimonianza preliminare di don Mantegazza, resa il 7 ottobre 2014: «Lo stesso A. aveva raccontato loro (ai suoi genitori, ndr) che durante la notte non erano accaduti fatti di approcci sessuali e rapporti sessuali, ma che il solo fatto di aver dormito insieme lo aveva molto agitato e scompensato… I genitori e lo zio mi chiesero espressamente che don Mauro fosse allontanato dalla parrocchia per evitare ulteriori contatti con A.».



Come conferma anche la neuropsichiatra infantile Benedetta Olivari, che ha in cura il ragazzo e che il 22 ottobre 2014 davanti al Pubblico ministero dichiara: «No, A. non ha mai riferito un chiaro episodio di abusi sessuali nei suoi confronti… Quello che emergeva era una grande confusione rispetto a quello che ricordava esattamente o una sua rielaborazione o interpretazione di quanto ricordava. Diceva che era andato a dormire con il sacerdote e che si era svegliato urlando, non ricordava però il motivo per cui aveva urlato». Anche i tre migliori amici di A. nelle loro testimonianze confermano che il loro compagno non aveva parlato di abuso sessuale.



Va sottolineato che nell’immediatezza del fatto l’«abuso» che emerge da parte del prete è innanzitutto quello di aver fatto dormire il ragazzo nel suo letto. E poi – racconta don Galli – di averlo abbracciato per evitare che cadesse dal letto. A., a sua volta, racconta di essersi svegliato urlando e di essere stato abbracciato dal sacerdote. Le testimonianze di don Galli e del ragazzo nella sostanza dunque coincidono. A. per diversi anni non offre ulteriori chiarimenti sui fatti di quella notte e non racconta ad alcuno di aver subito un abuso sessuale.



Che cosa avviene subito dopo? Quali decisioni vengono assunte nei confronti del giovane prete? Appena vengono a conoscenza dell’accaduto, così come è stato presentato loro dai protagonisti (ricordiamo che nessuno parla di atti sessuali o di tentato abuso sessuale), i superiori di don Galli affidano il giovane sacerdote a uno psicologo perché inizi un percorso che lo aiuti a comprendere la grave imprudenza compiuta dormendo nello stesso letto con un ragazzo il quale – a detta del sacerdote – appariva bisognoso di conforto e protezione. Don Mauro viene quindi trasferito da Rozzano a Legnano con provvedimento dell’1 marzo 2012 firmato ufficialmente dall’allora vicario generale della diocesi di Milano, monsignor Carlo Redaelli, anche se l’allontanamento effettivo era avvenuto ben prima.



Il vicario di zona, monsignor Mario Delpini (in quel momento non ancora vicario generale della diocesi di Milano), affida don Galli alla cura e alla sorveglianza di due preti più anziani chiedendo loro di accompagnarlo e di vigilare su di lui. Rimane coinvolto nella pastorale giovanile. In quel momento non c’è alcun sospetto di abuso sessuale: il giovane sacerdote ha commesso una grave imprudenza, va seguito, sorvegliato e soprattutto deve prendere coscienza dell’errore che ha compiuto. L’accompagnamento psicologico deve servire per fare emergere le sue fragilità. La prima decisione della Curia ambrosiana non risponde alle procedure codificate da attuare nel caso di un sospetto abuso, semplicemente perché la vittima non ha denunciato abusi sessuali.



Nel luglio 2012 Delpini viene scelto dal cardinale Angelo Scola come suo vicario generale. Nel settembre 2012 avviene un incontro tra la famiglia di A. e monsignor Delpini. Il colloquio viene segretamente registrato dai genitori del ragazzo e la trascrizione è agli atti del processo. Proprio su questa trascrizione si fonda il tentativo di addossare responsabilità all’attuale arcivescovo di Milano. Di fronte ai familiari del ragazzo – persone molto religiose e molto attive nella vita della loro parrocchia – i quali si rammaricano per il fatto che don Galli sia stato trasferito di parrocchia, ma non allontanato dalla pastorale giovanile, il vicario generale spiega come ha agito.



Afferma Delpini, nel dialogo con i genitori di A.: «Il tentativo che è stato fatto, è stato quello di metterlo (don Galli, ndr) nelle condizioni di essere vigilato e di essere seguito, quindi vuol dire affidamento ad un certo parroco, le informazioni su quello che è successo e quindi su quello che il parroco deve vigilare, insomma, per quanto è possibile. Il fatto che viva in un posto, e presti il ministero in un altro posto, il fatto che abbia questo accompagnamento psicologico evidentemente io penso che gli psicologi che l’hanno seguito sono professionisti, che possono aver dato delle risposte, posso anche risentire evidentemente il mio dovere, non è soltanto di accontentare voi, ma è di garantirmi... che non fosse nelle condizioni di replicare una leggerezza, un abuso, o una forma di comportamento certamente da condannare».



Qui Delpini usa la parola «abuso», ma è evidente che si riferisce al fatto dell’aver invitato a dormire sullo stesso letto il ragazzo e di averlo abbracciato. L’abuso di cui parla il vescovo non equivale ad «abuso sessuale» semplicemente perché fino a quel momento né la vittima né altri hanno raccontato ai superiori di don Galli di presunti tentativi di violenza sessuale.



Delpini continua ribadendo ai genitori che l’atteggiamento di don Galli è «certamente da condannare, cioè non è che io non sto dicendo che non ha fatto niente o che ha fatto poco, sto dicendo che è una cosa sciocca e stupida, e dolorosa oltretutto, anche per la vittima». Ancora una volta, il quadro dei fatti ai quali fa riferimento il vescovo è quello dei primi racconti, delle prime testimonianze peraltro concordanti nei fatti, della vittima e del giovane prete. Dalla registrazione si evince bene che anche il padre di A. ammette che non ci sia stata violenza sessuale, parlando soltanto di «vari abbracci». Ma senza mai far riferimento a tentativi di stupro, a tentata violenza sessuale.



«Non abbiamo detto a don Mauro “guarda che hai fatto una stupidata adesso ricominciamo da capo” – continua ancora Delpini - gli abbiamo detto: “hai fatto una stupidata che rivela qualcosa che non va” perché nessuno vuol dire, non è grave, però qualcosa che non va c’è nel personaggio...». Dopo l’approfondito colloquio con i familiari di A., Delpini aggiunge (un’altra citazione dalla trascrizione della registrazione effettuata): «Possiamo anche dire che ci sono delle cose da rettificare, perché evidentemente la decisione è stata presa con gli elementi che avevo al mese di gennaio, di quando è stato mandato via, e quindi… e anche con le garanzie che avevo dello psicologo e del padre spirituale: insomma di tutto quello che la Chiesa può mettere in atto. Per dire, non è che adesso uno, va be’, ha fatto una stupidata, lo cambiamo e le continua a fare… questo evidentemente… io sono allarmato di tutto quello che può succedere, perché non è che vivo sulla luna».



Delpini, dopo aver ricostruito bene il caso con i familiari di A., ammette che «i dati sono un po’ diversi da quelli che avevo quando ho deciso lo spostamento… adesso dobbiamo riprendere la questione e avere altre garanzie». E il mese successivo, il 31 ottobre 2012, don Mauro viene destinato alla Cappellania ospedaliera di S. Maria Annunciata in Niguarda, dunque lontano dal contatto con i minori. Passa qualche altro mese, e il 10 luglio 2013 viene inviato a Roma, ospite di istituto religioso abitato solo da persone adulte. Da allora non ha più ricoperto incarichi ecclesiali. Mentre nessuno ha ancora denunciato don Galli per presunti abusi e neanche segnalato presunti abusi all’autorità ecclesiastica, il sacerdote viene allontanato dal contatto con i minori e mandato a centinaia di chilometri di distanza da Milano.



La situazione cambia radicalmente l’anno successivo, a metà del 2014, quando A. racconta una nuova versione, penalmente rilevante, descrivendo nel dettaglio quanto ricorda essere accaduto nel dicembre di tre anni prima. Dirà infatti che nel letto a due piazze, quella notte, don Galli ha tentato di abusare di lui , cercando di penetrarlo. Nel luglio di quattro anni fa i legali della famiglia di A. presentano una formale denuncia contro il sacerdote. Il 21gennaio 2015, dopo i primi accertamenti in loco, viene aperta l’indagine previa con la conseguente trasmissione dei risultati alla Congregazione per la dottrina della fede presso la Santa Sede. Il dicastero vaticano, esaminate le carte, affida la questione al Tribunale ecclesiastico lombardo (organismo regionale indipendente dalla diocesi di Milano) per l’apertura della formale causa canonica penale. Il 18 maggio 2015 a don Galli viene notificato il provvedimento di sospensione in modo cautelativo dall’esercizio del ministero sacerdotale.



«Queste decisioni – affermava in un comunicato del dicembre 2017 la diocesi ambrosiana - mai hanno avuto l’intento di “coprire” il caso... Testimoniano invece con evidenza l’intento di operare con scrupolo e coscienza, nel rispetto di tutte le parti, nell’ossequio delle prescrizioni canoniche e delle leggi italiane, decidendo ogni volta con gli elementi e le informazioni disponibili in quel momento». «Non a caso - continua la nota della Curia milanese - la decisione di trasferire don Mauro da Rozzano, fu presa soprattutto in accoglimento delle sollecitazioni della famiglia del ragazzo nel 2013, quando questi non avevano ancora denunciato alcunché». È infatti emerso dalle testimonianze preliminari, confermate anche da quelle rese fino ad oggi durante il dibattimento, che la famiglia di A. ha appreso i fatti con maggiore contezza soltanto nel 2014 quando don Galli era già stato trasferito a Roma da un anno.



Proprio sul modo con cui viene usato dai protagonisti della vicenda il termine «abuso» e sulla mancata chiarezza tra ciò che era conosciuto nell’immediatezza del fatto e ciò che emergerà solo nel 2014, si gioca la partita mediatica di chi cerca di sfruttare questa vicenda per caricare sulle spalle di Delpini e più in generale dei responsabili della Curia di Milano la responsabilità di non aver agito adeguatamente. Le decisioni che vennero prese subito dopo il fatto si possono ovviamente discutere, specialmente col senno di poi, ma non è corretto leggerle alla luce della denuncia formale del 2014 quando venne attestato per la prima volta che il ragazzo ricordava di aver subito un tentativo di violenza sessuale.



I responsabili della diocesi ambrosiana non sono parte del processo penale. Mentre la famiglia ha rinunciato a costituirsi parte civile avendo concordato con don Galli un risarcimento. Né la parrocchia di Rozzano né la diocesi di Milano hanno avuto alcun ruolo nella transazione e dunque non hanno contribuito a pagare alcun risarcimento: si è trattato infatti di un accordo avvenuto tra la vittima e il sacerdote. Il processo stabilirà le responsabilità del giovane prete in questa triste vicenda. Il tentativo strumentale di «processare» mediaticamente l’arcivescovo ambrosiano, alla prova dei fatti, appare in tutta la sua inconsistenza.
 
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