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Matthias Defregger (1915 - 1995), vescovo, criminale nazista, La strage di Filetto (AQ) impunita grazie alle protezioni del Vaticano

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view post Posted on 6/9/2015, 04:28
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La strage di Filetto (AQ) impunita grazie alle protezioni del Vaticano

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http://ilcentro.gelocal.it/laquila/cronaca...zista-1.9362600

Filetto, settant’anni fa la strage nazista
I soldati dell’esercito tedesco il sette giugno 1944 uccisero per rappresaglia 17 persone. Il caso del vescovo Defregger
di Giovanni Altobelli*

04 giugno 2014



Filetto, settant’anni fa la strage nazista
Siamo alla fine di maggio del 1944, le truppe tedesche dal fronte “Castel di Sangro-Cassino” si stavano ritirando verso il Nord Italia. Nella zona dell’Aquila c’erano diversi distaccamenti militari tedeschi. A Filetto erano arrivati 4 militari e un maresciallo che formavano un piccolo raggruppamento di fanteria. Alloggiavano nell’antico palazzo “Facchinei” in quell’epoca divenuta casa “Ianni e Riccetelli” in via Romana. Lì erano ammassati vettovagliamenti, armi e munizioni e refurtive varie. Il Comando della piccola guarnigione si trovava nella casa di “Mariano Moro” sempre nella medesima strada, dove era installata una radio-trasmittente e una stazione telefonica. I mezzi militari tedeschi stazionavano, mimetizzati in mezzo ai folti olmi, vicino l’aia di sopra, fra il pagliaio di “Capretto e casa Cupillari”, per non essere avvistati dagli aerei alleati. Secondo alcune testimonianze i tedeschi erano stati informati dalle milizie fasciste di Paganica e L’Aquila, che a Filetto c’erano partigiani che si nascondevano nei boschi e nelle grotte. I tedeschi dovevano quindi contrastare le azioni partigiane, arrestare soldati inglesi nascosti dalla stessa popolazione di Filetto e rastrellare il più possibile viveri e derrate alimentari.
La piccola formazione di soldati tedeschi rivendeva merci ai cittadini di Filetto in cambio di prosciutto, salame, formaggio, pane, vino. I tedeschi, sempre secondo i testimoni avevano instaurato un buon rapporto con la popolazione anche se a volte c’erano tensioni come in occasione della vendita, da parte dei tedeschi, di una macchina da scrivere quando nacque una lite accesa tra due cittadini di Filetto.
Ai primi di giugno del 1944 la situazione si evolve. A Filetto c’era il timore che i tedeschi prima di ripartire fossero pronti a portare via bestiame e derrate alimentari che gli abitanti conservavano nelle loro cantine. C’era anche chi pensava di far scendere i partigiani da Monte Archetto per far dare una lezione ai tedeschi per alcuni fatti accaduti pochi giorni prima a danno dei filettesi. Molti testimoni sono convinti che fu proprio la macchina da scrivere di cui sopra (e la lite che ne derivò) a provocare “l’eccidio”. Io penso invece che sia stato un fatto irrilevante e da escludere come causa della strage. Un fatto importante all’origine dei fatti accadde invece il 6 giugno del 1944. Un gruppo di abitanti di Filetto si diede appuntamento a tarda notte nel quartiere “Giurmella” in via Aruccia, lato Nord-Ovest del paese. Obiettivo della riunione era di preparare una lettera da inviare al gruppo partigiani di Monte Archetto che stazionava sulle montagne del territorio di Barisciano, lato Sud-Est della Piana di Campo Imperatore. Il contenuto della missiva era quello di chiedere aiuto ai partigiani affinché scendessero a Filetto per evitare razzie di bestiame e viveri da parte dei tedeschi. Il compito di portare la lettera fu affidato a un giovane liceale, il quale, all’alba del 7 giugno 44, si diresse verso “Monte Archetto” per raggiungere la formazione dei partigiani. Il giovane arrivato a Monte Archetto nella tarda mattinata consegnò la lettera al colonnello degli alpini Aldo Rasero, comandante della formazione partigiana. I partigiani, appena ricevuta la lettera, ne esaminarono attentamente il contenuto e in un primo momento decisero che non era il caso di scendere in paese. Ma dopo una lunga discussione, e sembra anche un vero e proprio voto, si decise di agire. Dopo le ore 13 un gruppo di partigiani da “Monte Archetto” si avviò verso Filetto pensando a una “operazione sorpresa”.
I partigiani giunti in paese intorno alle 17 si predisposero in tre gruppi di attacco. Mentre stavano per entrare negli alloggi dei tedeschi su via Romana nel palazzo “Facchinei”, alcune donne impaurite si misero a gridare, ma furono calmate e rassicurate dal seminarista filettese Silvio Settimio Marcocci.
L’operazione partigiana andava avanti. A un certo punto nell’aia di centro, vicino alla stazione radio telefonia nella casa di “Moro”, si sentirono degli spari, mentre altri colpi di mitra ed esplosioni di bombe a mano si sentirono dall’androne del palazzo “Facchinei”. Dalle testimonianze pare che fu ucciso, ad opera dei partigiani, un tedesco, mentre un altro rimase ferito. Un partigiano, durante la sparatoria, venne ferito e successivamente venne portato a spalla in direzione del monte di Pescomaggiore. Il gruppo di partigiani, considerato che “l’operazione sorpresa” era ormai fallita, ripiegarono verso la periferia e la montagna di “Fugno” e in altre direzioni. Contemporaneamente all’attacco dei partigiani, il maresciallo tedesco Schaefer saltò dal balcone dell’abitazione, si diresse verso via Paganica e salendo con un altro militare su un sidecar, si recò a chiedere rinforzi agli altri militari che stazionavano a Camarda e Paganica. Non era passato tanto tempo, quando dal paese si videro autocolonne militari salire lungo la strada bianca Camarda-Filetto.
LA RAPPRESAGLIA. Alcuni uomini e capi di famiglia che avevano fatto il militare o addirittura combattuto in guerra (nei Balcani o sul fronte greco-albanese), intuendo quello che poteva accadere, si diedero alla fuga nelle campagne e si nascosero nelle grotte del territorio di Filetto. La prima autocolonna militare tedesca, arrivata a Filetto, si fermò in via Paganica (sotto le finestre di palazzo Facchinei) e in piazza della Chiesa. Effettuarono subito un rastrellamento. Qualcuno riferisce che ad accompagnare i tedeschi in mezzo al paese ci fossero delle persone che parlavano italiano con accento locale (forse della zona di Paganica). L’autocolonna tedesca faceva parte della 114ª Divisione Cacciatori delle Alpi che nelle operazioni militari avevano il compito di fare terra bruciata dove passavano. Al centro del paese, in via del Forno, mentre usciva dalla propria casa, venne freddato da un colpo di pistola Antonio Palumbo di 64 anni (considerato il “capo” del paese) da un sottufficiale tedesco. Il maresciallo tedesco che era andato a chiamare i rinforzi disapprovò tale uccisione e fra i due graduati, in via Castello, nacque un litigio che si concluse con l’uccisione del maresciallo “buono” da parte dello stesso sottufficiale che aveva colpito a morte Palumbo. Tra il maresciallo ucciso e Palumbo era nata in precedenza una buona amicizia, da qui il diverbio tra i due militari tedeschi. La morte del maresciallo tedesco aveva avuto come testimone un ragazzo di Filetto di 17 anni, Mario Marcocci: il giovane venne catturato e ucciso. Mentre era già iniziato il rastrellamento di uomini, nella parte alta del paese, venne ucciso un altro abitante di Filetto, Ferdinando Meco, colpito nella piccola aia del Castello nella parte superiore di via Salere. Successivamente i tedeschi cominciarono ad ammassare donne, bambini e anziani tra via Paganica e lo slargo dei vecchi pagliai. I bambini, i ragazzi sotto i 16 anni, le donne e gli uomini sopra i 60 anni vennero raggruppati da un lato. Nell’aia di centro, distante 100 metri dall’altro gruppo, furono portati gli uomini “validi”. Poco prima delle ore 22 il gruppo di donne, bambini e anziani fu trasferito in località “Volanella”, lungo la strada bianca per Camarda a 800 metri da Filetto. Gli uomini da fucilare, una quindicina, furono portati verso il monte, tra l’ingresso del paese e la strada che porta a “Fugno”. A un certo momento i soldati tedeschi al comando di un sottufficiale iniziarono a sparare all’impazzata verso gli inermi cittadini. Nove rimasero uccisi sul posto. Altri scapparono in direzione della stalla di Giocondo Zinobile, ma raggiunti dai tedeschi vennero finiti a colpi di mitra e dati alle fiamme. L’ordine dell’esecuzione era stato dato dal capitano della 114ª Divisione Cacciatori delle Alpi Matthias Defregger. Durante la fucilazione del gruppo più cospicuo rimasero feriti e si finsero morti: Mariano Morelli e Amedeo Ciampa, mentre Basilio Altobelli saltò verso un fosso per allontanarsi poi verso la periferia. Nelle prime ore del mattino (8 giugno) Mariano Morelli, ferito gravemente alle gambe, fu portato da un tedesco in sidecar all’ospedale San Salvatore dell’Aquila e si salvò. Amedeo Ciampa, ferito gravemente a una mano, raggiunse faticosamente la vicina frazione di Pescomaggiore, dove, accompagnato da un suo amico con un asino, raggiunse l’ospedale per essere medicato e si salvò. La notizia dell’eccidio di Filetto durante la notte si era diffusa in un baleno, i primi ad arrivare dalla vicina Paganica furono il dottor Attilio Cerone e un suo collaboratore. Ciò che si presentò ai loro occhi fu terribile. C’era odore di morte dappertutto. L’eccidio giunse all’attenzione mondiale nel 1968 quando il giornale tedesco Der Spiegel rivelò che il capitano Defregger, che aveva dato l’ordine di esecuzione dopo la guerra, era diventato prete e nel 1968 era vescovo ausiliare di Monaco di Baviera.
MATTHIAS DEFREGGER. Classe 1915, prima di entrare nell’esercito tedesco, era un seminarista. Durante il servizio militare divenne capitano della Wehrmacht della 114ª Divisione Cacciatori delle Alpi, scelto dal comandante della Divisione, colonnello Boelsen, per compiere un crimine a carico di 17 inermi cittadini di Filetto il 7 giugno 1944. Matthias Defregger, dopo il 1945, riprese gli studi ecclesiastici e nel 1949 divenne sacerdote. Nel 1962 venne prescelto quale vicario generale dell’arcidiocesi di Monaco di Baviera. Nel 1968, fu nominato vescovo ausiliare dall’arcivescovo cardinale Dopfner. Papa Paolo VI non sapeva che la Procura della Repubblica di Francoforte sul Meno da tempo stava indagando
su un crimine perpetrato ad opera di soldati tedeschi in un paesino dell’Abruzzo, Filetto dell’Aquila, il 7 giugno 1944. Il 7 luglio 1969 il noto giornale tedesco Der Spiegel era venuto in possesso degli atti relativi al caso.
*cittadino di Filetto

https://it.wikipedia.org/wiki/Matthias_Defregger

Matthias Defregger (18 febbraio 1915 – 23 luglio 1995) è stato un vescovo tedesco suffraganeo della diocesi di Monaco di Baviera e Frisinga.
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Nipote dell'artista tirolese Franz von Defregger e figlio del luogotenente colonnello Hermann Defregger, studiò presso il collegio gesuitico "Stella Matutina" di Feldkirch nel Vorarlberg.
Durante la seconda guerra mondiale, assieme al proprio superiore diretto, il maggiore Boelsen, si rese responsabile, in qualità di capitano della Wehrmacht, della "Strage di Filetto", azione di rappresaglia contro la popolazione civile del paese abruzzese, in seguito ad un attacco compiuto dai guerriglieri italiani che aveva cagionato due vittime tra i soldati tedeschi. L'eccidio causò la morte di 17 persone; ad esso seguì la distruzione e il saccheggio quasi totale del paese.
Tale evento rimase largamente ignoto nel dopoguerra, venendo alla luce solamente nel 1969, ad opera di un articolo pubblicato presso il "Der Spiegel".
Defregger dopo l'azione summenzionata venne promosso al grado di maggiore. Non venne sottoposto ad alcun giudizio da parte dei tribunali alleati. Nel dopoguerra completò gli studi universitari in filosofia e teologia. Il cardinale Faulhaber lo consacrò prete nel 1949. È altresì noto che Defregger prese parte nel 1961 a un raduno di reduci della 114ª Jaegerdivision tenutosi presso Bad Tölz, celebrando nell'occasione la Messa. L'anno successivo venne scelto per ricoprire la carica di vicario generale del cardinale Julius August Döpfner. Paolo VI lo elevò a vescovo il 14 settembre 1968.

www.italialaica.it/forum/38985
L'ECCIDIO DI FILETTO E IL FU VESCOVO DI MONACO DI BAVIERA

Di Giacomo Grippa | 04.12.2012


Il 7 giugno 1969 il settimanale amburghese "Der Spiegel" rivelò che il maggior responsabile della più efferata strage nazista avvenuta in Abruzzo, a Filetto, a 18 km dall'Aquila, era stato il capitano Matthia Defregger, nominato da Paolo VI, vescovo della diocesi di Monaco di Baviera.
Il 7 giugno 1944 il maresciallo Schafer, responsabile del distaccamento tedesco, dopo un attentato dei partigiani, corse a chiedere rinforzi al citato superiore, di stanza a Paganica.
L'intervento non risparmiò gli uomini incontrati per strada e quelli catturati; fu freddato lo stesso maresciallo che aveva cercato di evitare uccisioni indiscriminate di quegli abitanti che conosceva personalmente.
Il paese fu dato alle fiamme e si salvarono dalla fucilazione solo due minorenni, grazie all'intervento di un giovane seminarista, Silvio Marcocci.
Dopo la pubblicazione del "Der Spiegel" il Giornale d'Italia inviò sul luogo dell'eccidio, a Filetto, Landomia Bonanni, la famosa scrittrice che quelle località aveva conosciuto da insegnante.
La Procura della Repubblica dell'Aquila istituì un processo, ma le donne superstiti non vi aderirono, preferendo il perdono e la conciliazione.
"Le donne di Filetto", fu il titolo dell' Elzeviro della Bonanni, pubblicato il 12 e 13 settembre 1969 sul Giornale d'Italia.
Sicuramente l'orientamento delle donne non maturò spontaneamente, ma a parte questo, la chiesa, con la nomina a vescovo di quel nazista, non mostrò alcuna sensibilità o doverosa collaborazione, perchè il responsabile di quei crimini fosse comunque perseguito.
Sarebbe giusto tornare a Filetto, almeno per un simbolico omaggio ai suoi martiri.
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view post Posted on 10/4/2016, 17:14
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sabato 9 aprile 2016
La storia del comandante nazista ordinato vescovo


Pochi giorni fa abbiamo richiesto all’archivio del Senato della Repubblica materiale inerente all’armadio della vergogna. Ritengo che tutto questo debba essere comunicato al pubblico nella forma di divulgazione più semplice possibile.
L’espressione, relativa all’armadio della vergogna, fu ideata dal giornalista Franco Giustolisi nel corso di un’inchiesta per il settimanale L’Espresso. In questi articoli il giornalista denunciò l’esistenza di un armadio, rinvenuto nel 1994, in un locale di Palazzo Cesi-Gaddi a Roma. I locali del palazzo in Via Acquasparta erano la sede di vari organi di giustizia militare. All’interno dell’armadio furono rinvenuti 695 fascicoli d’inchiesta, ed un registro che conteneva 2274 notizie di reato relative a crimini di guerra commessi sul territorio italiano durante l’occupazione nazista e fascista.
Partiamo analizzando i dettagli del ritrovamento: nel 1994 il procuratore militare Antonino Intelisano ritrovò un armadio con le ante rivolte verso il muro. All’interno dell’armadio, situato nei locali di Palazzo Cesi-Gaddi a Roma, furono rinvenuti i documenti sopra descritti insieme con un promemoria del comando dei servizi segreti britannici, intitolato Atrocità in Italia, con il timbro top-secret. Questi documenti sono stati celati al pubblico ed al popolo italiano per oltre 50 anni. Posso immaginare lo sgomento del procuratore nel momento in cui ha aperto il primo fascicolo.
Nell'archivio sono stati rinvenuti documenti inerenti l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, quello delle Fosse Ardeatine, gli eventi di Marzabotto e molti altri.
Tra questi un file è dedicato ad un comandante nazista divenuto prete ed infine vescovo.
Tale personaggio non è mai stato giudicato per i crimini commessi.
Ripercorriamo la sua storia.
Siamo in Abruzzo, esattamente a Filetto di Camarda.
1944, fine di Maggio.
Le truppe tedesche dal fronte Castel di Sangro – Cassino si stavano ritirando verso il Nord dell’Italia. In Abruzzo vi erano diversi distaccamenti nazisti. A Filetto di Camarda sostavano quattro militari ed un maresciallo. Secondo alcune ricostruzioni gli stessi militari erano stati avvertiti della possibile presenza di partigiani nascosti nei boschi tutt'intorno al paese. Le testimonianze parlano di rapporti non conflittuali tra la popolazione locale ed i tedeschi. Qualche scaramuccia dovuta al commercio di derrate alimentari, ma nulla di più.
Agli inizi di giugno la situazione muta radicalmente.
Alcune testimonianze riportano come possibile evento scatenante dei fatti, che accaddero in seguito, un incontro tra gli abitanti di Filetto: obiettivo della riunione era informare i partigiani della possibile partenza dei tedeschi verso il Nord e dell’eventualità che gli stessi potessero fare razzia di bestiame ed alimenti.
Il 7 giugno 1944 i partigiani escono dai boschi per sferrare un attacco a sorpresa ai tedeschi.
L’operazione non giunse al risultato sperato: i partigiani uccisero un soldato tedesco, ferendone un secondo. Due tedeschi rimasti incolumi all'assalto partigiano si diressero verso Paganica e Camarda per chiedere rinforzi. Poco tempo dopo il paese fu invaso dalle truppe tedesche, che appena giunte in paese freddarono un uomo di 64 anni – Antonio Palumbo. Il maresciallo, residente a Filetto di Camarda, disapprovò il gesto ma fu ucciso senza esitazione dal sottufficiale che aveva freddato in precedenza Antonio Palumbo. Nell’arco di poche ore furono uccisi un ragazzo di 17 anni, Mario Marcocci, ed un altro abitante di Filetto, Ferdinando Meco. La rappresaglia era iniziata insieme al rastrellamento di civili. I tedeschi divisero gli abitanti in due gruppi: da una parte i ragazzi sotto i 16 anni con le donne e gli uomini sopra i 60 anni, dall'altra tutti gli uomini compresi tra i 16 ed i 60 anni. La prospettiva era chiaramente quella della fucilazione per gli uomini. Il primo gruppo, con i bambini e gli anziani, fu trasferito a breve distanza dall'abitato di Filetto. Gli uomini furono portati verso la montagna: ad un certo punto i tedeschi iniziarono a sparare verso gli inermi cittadini. Nove rimasero uccisi, altri scapparono in diverse direzioni. Purtroppo gli scampati furono raggiunti e freddati dai soldati nazisti.
Abbandoniamo il dolorosissimo resoconto dei fatti per comprendere il personaggio a capo delle operazioni. L’ordine dell’esecuzione era stato dato dal capitano della 114° Divisione Cacciatori delle Alpi, Matthias Defregger, che dipendeva dal superiore Boelsen.
Nipote dell’artista tirolese Franz von Defregger e figlio del colonnello Hermann Defregger, Matthias studiò presso il collegio dei gesuiti di Feldkirch nel Vorarlberg.
Abbiamo da poco appreso che si rese responsabile dell’eccidio di Filetto di Camarda, causando la morte di 17 persone, innocenti ed incolpevoli.
Non si accontentò di causare la morte.
Ordinò il saccheggio e la distruzione del paese.
L’azione ignobile di rappresaglia gli consentì di essere elevato al grado di Maggiore.
Scampato alla guerra, ai partigiani ed ai tribunali di giustizia, il nostro personaggio completò gli studi universitari in filosofia e teologia. Nel 1949 – 5 anni dopo aver ordinato di uccidere 17 persone – fu consacrato prete dal cardinale Faulhaber.

Nel 1961 partecipò ad un raduno della 114° Divisione Cacciatori delle Alpi, celebrando la Messa.
Un prete, che pochi anni prima aveva ordinato l’uccisione di 17 civili inermi, ha celebrato messa ad un raduno di ex nazisti.
Esistono parole che non scadano nell'offesa?
Da parte mia no.
Allucinante.
State comodi sulle vostre sedie o poltrone, non è ancora finita la vergogna.
Nel 1962 fu scelto per ricoprire la carica di vicario generale del cardinale Dopfner.
Nel 1968, esattamente il 14 settembre, il noto Paolo VI lo elevò a Vescovo.
Vescovo ausiliare di Monaco di Baviera, una piccola città della Germania.
Il suo motto episcopale?
Servo di tutti.
Sicuramente servo del nazismo.
Era noto per la devozione mariana.
Non aggiungo parole evitando di offendere i tanti amici e lettori cristiani che da sempre mi seguono.
Ha ucciso, si è fatto prete e lo hanno nominato vescovo.
Si racconta che abbia cercato di impedire il massacro, che abbia cercato di mitigare la pena degli abitanti di Filetto. Altre testimonianze parlano invece di una grand’enfasi nel comandare e nel distribuire gli ordini appena giunto in paese. Non sapremo mai la verità, ma anche stando nel mezzo appare di una gravità assoluta.
Personalmente ritengo che Defregger debba aver lottato intensamente per impedire l’uccisione di civili inermi se, dopo poco, è stato nominato maggiore – forse anche grazie all’eccidio.
Gli eventi, riguardanti l’eccidio di Filetto di Camarda, rimasero sepolti nella storia sino al 1969, quando il giornale tedesco Der Spiegel li raccontò al mondo.



Negli anni successivi non è stato possibile processarlo come criminale di guerra poiché le donne di Filetto di Camarda hanno preferito dimenticare.
Alcune annotazioni: quando il deputato del PCI Eude Cicerone lottò per processare l’assassino – prete - vescovo Defregger si trovò di fronte un muro alzato da un ex parroco del paese di Filetto, don Demetrio Gianfrancesco.
Una seconda nota: Defregger fu assolto in istruttoria dal procuratore generale di Francoforte nel 1970 poiché aveva “solo” obbedito agli ordini dei superiori. Lo stesso magistrato, secondo me vergognosamente, concluse che l’uccisione degli ostaggi non era stata malvagia né crudele, e neppure comandata per motivi abbietti.
Tutte le intenzioni di processarlo caddero nel dimenticatoio, e le persone di Filetto di Camarda preferirono aderire alle iniziative di riconciliazione promosse da don Demetrio. I parenti delle vittime incontrarono il vescovo Defregger durante un viaggio in Germania.
Aggiungo solo l'ultima nota: nei giorni successivi l'eccidio di Filetto di Camarda la 114° Divisione Cacciatori delle Alpi, di cui Defregger faceva parte nelle vesti di maggiore e per cui nel 1961 al raduno celebrò la messa, si macchiò di ulteriori omicidi, tra cui il massacro di 40 persone a Gubbio.
A voi le conclusioni io non trovo parole, forse il mio senso di giustizia e la ricerca della verità stonano in tale situazione ed in questo paese chiamato Italia.
Non credo al perdono.


Fabio Casalini

Un sentito e profondo ringraziamento a Rosella Reali che mi sta accompagnando in questa peregrinazione in terre di dolore e sofferenza.
 
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