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Giorni della memoria. I 138 preti ustasha protetti dal Vaticano

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view post Posted on 30/1/2007, 10:49
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OLOCAUSTO E MEMORIA di Flora Bonaccorso
- 30 gennaio 2007

Di ritorno dalla commemorazione organizzata dalla Sinistra Radicale per il Giorno della Memoria, ho i nervi scorticati e riconosco di essere sopraffatta dalle mie sensazioni, ma tento egualmente di trarne qualche insegnamento.



Di ritorno dalla commemorazione organizzata dalla Sinistra Radicale per il Giorno della Memoria, ho i nervi scorticati e riconosco di essere sopraffatta dalle mie sensazioni, ma tento egualmente di trarne qualche insegnamento. Innanzi tutto, e spiccio così la mia indisciplina senza per questo pretendere di avere ragione, mi hanno turbato le bandiere rosse: sento che le vittime delle persecuzioni naziste, proprio nel giorno dedicato alla loro memoria, non appartengono a nessuno; avrei firmato piuttosto una iniziativa successiva, in una sede aperta alla discussione, lasciando in quella di ieri spazio alla sacralità ed al silenzio. Avrei letto soltanto dai sopravvissuti, dai testimoni. Si dice che di buone intenzioni è tappezzato il lastrico dell’inferno: abbiamo strumentalizzato l’ennesimo appuntamento (non certo per convincere, poiché eravamo tra i soliti attivisti, per la maggior parte giovani) marcando la presenza dei (pochi) comunisti nella città di Catania. Ma per convincere dovremmo discutere, lasciando le bandiere nelle sedi di partito, tutto l’anno e non per le feste comandate, evitare di cadere nella cultura cattolica del confessionale: vorrei discutere innanzi tutto liberamente della questione ebraica, secolare fino alla tragedia della Shoah e poi seppellita sotto i morti, per capire come mai l’antisemitismo fosse diffuso in culture e regimi reciprocamente lontani. Vorrei scoperchiare tante cloache che invece per decoro e opportunismo restano chiuse. L’indispensabile professore che ha aperto l’iniziativa ha esordito ammonendo di non considerare il Nazismo frutto di follia, bensì di un calcolo politico. Discorso approssimato per forza di circostanze, che toglie però sostegno ad ogni riflessione sulla psicologia di massa. Lungi dallo speculare, mi preoccupa al contrario la presenza di vastissime folle nel movimento nazifascista, fatto indiscutibile e che verrebbe ad essere quasi rimosso da una applicazione ristretta di tale premessa. Mi sembra piuttosto che patiamo ancora i miti dell’Illuminismo (corollario inevitabile di un movimento di tale importanza e proporzioni) quando identifichiamo con la Ragione la ratio che muove le vicende umane. Il nazismo, al contrario, ebbe tanti punti oscuri ed una mistica feroce, tali però da attrarre le masse; ma egualmente irrazionali sono le pulsioni che muovono un linciaggio o sostengono la logica, in una guerra d’aggressione o nel perseverare l’attuale devastante modello di sviluppo. La battaglia per l’antifascismo allora è un fatto di coscienza, prima che di opinione politica: altrimenti finiremo sempre col cadere nella conclusione che ci sono tra gli innocenti vittime migliori di altre. Ciascun uomo deve confrontare le scelte che gli vengono dettate nella sua coscienza, e non ci sarà ordine che mi convincerà a sterminare degli inermi; allora, a monte dell’Antifascismo c’è un fatto lento e faticoso di crescita individuale e collettiva. Se continuiamo ad usare lo sterminio degli ebrei, sottolineandone l’epocalità, come monito manifesto e ne facciamo il limite insormontabile della scelleratezza umana, dobbiamo ammettere di avere fallito: intanto troppe fosse comuni si riempiono, con la complicità internazionale. Diciamo invece che il mostro, prima di alzare una bandiera e indossare una divisa, è dentro di noi e rendiamocene responsabili. Sia chiaro che, tanto per fare un esempio, il potere che dispone il massacro dei civili e la ricostruzione contro il costo degli armamenti, la strage di bambini iracheni contro l’embargo, la concertazione di farmaci e malattie contro lo sviluppo dell’industria farmaceutica, attua una pianificazione eguale a quella nazista. L’attuale strategia globale dispone la stretta alimentare di popoli e lo sterminio di minoranze, la guerra come continuazione del potere, il controllo delle coscienze. Ha già cancellato molti luoghi comuni, tra i quali il concetto di nazione. Ha dato lustro all’evento Moni Ovadia. Non lo stimo affatto e dico perché. Sostiene che la cultura israelita è tollerante (una religione che appella il proprio Dio "Dio degli eserciti") ed ha fatto un discorso contro la Chiesa Cattolica, che non protesse adeguatamente gli ebrei. Concordo che c’è molto fascismo allignato nella Chiesa Cattolica. Per esempio, nel Dopoguerra il Vaticano sottrasse alla giustizia i 138 preti e frati Ustascia, i quali in Croazia indossavano il saio francescano (povero Francesco!) intanto che dirigevano lager nazisti, torturando di propria mano i serbi comunisti e gli ebrei là deportati. Bene, ma allora è tutta solidale la religione di Israele riguardo la questione palestinese? E non ci fu una degnissima resistenza di marca cattolica, contro il fascismo? Poi il nostro faziosissimo Moni Ovadia è caduto nel falso storico più grossolano: decantando Mosé come un rivoluzionario perché emancipò il suo popolo dalla schiavitù e sostenendo, contro l’idea del nazismo che antepone gli attributi dell’uomo alla sua sostanza, che la religione israelita è un modello di pacifismo. Limitandoci ai fatti storici, la popolazione costretta in Egitto non era affatto in schiavitù, ma ne costituiva una borghesia di mercanti e fornaciai: se comprendiamo ma non giustifichiamo l’ira del Faraone nel vedere il suo regno a soqquadro, consideriamo se gli israeliti furono poi migliori governanti. Non confondiamo nazionalismo con rivoluzione. Russell ebbe a dire "non ho mai visto tanto sangue come nel regno di Dio" e certo una parte di tale affermazione è corroborata dalla lettura dell’Antico Testamento. Fino alla Terra promessa gli Ebrei passano come un rullo compressore, spianando letteralmente (con donne e bambini dentro) le città che non gli si sottomettevano. Non diversamente dagli Assiri e da tanti popoli prima e dopo di loro. Ma gli Assiri mettevano sulle loro teste lo Stato e su di quello il Trono; Israele semplicemente Dio. La retorica del nostro uomo di spettacolo cresceva come un frutto maturo gonfia e spaccando la scorza scopre il nocciolo: che è (mi spiace tanto per un uomo che si dichiara di Sinistra) la contrapposizione atavica, ma ahimé davvero poco laica, tra pensiero israelita e cristiano. Mai avrei pensato di sostenere le ragioni della Chiesa: ma un certo Cristo annunciò la Buona Novella come la legge dell’amore e del perdono, superando la legge Mosaica delle caste e dell’occhio per occhio, dente per dente. È Cristo il grande rivoluzionario, la cui rivoluzione, come spesso accade, è presto tradita. C’è chi parla a ragione dell’industria della Shoah, un po’ come Sciascia ebbe a dire della professione di Antimafia. Bene, il nostro Moni Ovadia, dopo la sua stentorea esposizione, invitava ripetutamente il pubblico al suo spettacolo. La chiave politica che mi è sembrato di cogliere nella manifestazione era puntualizzata onestamente dall’intervento conclusivo dell’Onorevole Licandro. Condivido appieno la necessità storica di porre un freno al revisionismo della Destra istituzionale italiana, a costo di rispondere pure al cretinismo berlusconiano, che agita i fantasmi del Comunismo ad ogni difesa della democrazia. Bisogna però sforzarsi di non circoscrivere un argomento vivo e forte nello stretto delle beghe locali e nella rievocazione di fatti passati. Condivido il rispetto per le vittime delle foibe, per i tanti morti a casa loro senza sapere il perché: ma Fascismo e Comunismo non sono egualmente la stessa cosa. Il punto è che nessuno in questo mondo è innocente tanto da giudicare per sé soltanto; forse il migliore modo di esprimere un giudizio sarebbe confrontare le opere con il loro effetto sulle vite altrui, piuttosto che con le proprie intenzioni. La Chiesa Cattolica fu parte attiva nella eradicazione di intere civiltà, riuscendo con minore dispendio di risorse là dove i nazisti falliranno. Assimilare ed omologare è la via più efficace per distruggere ogni individualità, come ben sa il Capitale che ha progettato la globalizzazione. La Chiesa Cattolica discusse a lungo se la donna ha un’anima, negandola per secoli alle razze assoggettate in schiavitù dal colonialismo. Gli stati meglio industrializzati mantengono il loro standard di benessere grazie ad uno sviluppo economico insostenibile, i cui disagi sono rigettati con effetti tragici sulle economie dei paesi poveri: hanno creato il Terzo Mondo ed ora sciolgono quel ghetto per assorbirne i tanti diseredati nel precariato delle periferie urbane. I ricchi della Terra vogliono i flussi migratori ed espropriano l’uomo della sua forza lavoro, un carattere in lui che sembrava talmente originario da costituirne una dignità. Ma occorre gridare che oggi il nazismo è quello delle multinazionali, bisogna chiamare a difesa della libertà ogni cittadino, piuttosto che illudersi di convivere con il mostro. Se pure i padroni trovassero la soluzione alla crisi economica mondiale (Ma quale crisi? Si può parlare di crisi per un fenomeno che dura da cinquant’anni? O non assistiamo piuttosto alla evoluzione di un sistema conseguente ai suoi principi?) ce la farebbero pagare cara, molto cara. Il Fascismo è una sorta di mondo frattale dell’orrore, tante facce diverse unite da una comune connotazione morale. È, oltre a tutto quello che abbiamo detto, il pensionato con le toppe al culo che si inorgoglisce della nostra partecipazione alle imprese militari americane. È il buon padre di famiglia che fa spallucce per qualunque crimine commettano i politici, poiché la sua tacita, colpevole disperazione ormai premia il potere e rigetta la Legge di uno Stato inefficace. È il padroncino pugliese che picchia i clandestini e stupra le loro donne. Ricordo le parole di Pasolini. “L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo”.

 
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