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Aidomaggiore (OR) 1925. Don Giovanni Spanu e l'amante sequestrano e uccidono una bimba, a scopo di estorsione, per fuggire in America

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view post Posted on 4/2/2012, 14:55
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Il 7 Gennaio 1925, veniva sequestrata una bambina dodicenne, Vanda Serra, figlia del Podestà di Aidomaggiore, per la quale venne richiesto un riscatto di 30 mila lire, però la piccola fu ritrovata uccisa.

www.aidomaggiore.com/pubblicazioni/storia/a15.htm



Il tragico destino di Vanda Serra

dicembre 24, 2011 – 22:53

Pubblicato in Misteri

Un caso ancora aperto

Vanda Serra è figlia del podestà di Aidomaggiore, la sua è una famiglia benestante, anche se logorata per l’allontanamento da casa della madre Amalia, che aveva preferito vivere altrove abbandonando i figli e il marito.

E’ il 7 gennaio del 1925, Vanda quel pomeriggio percorre la strada verso casa. Alcuni l’hanno incontrata e salutata. Ma lei, quello stesso giorno, scompare nel nulla, proprio in quel breve tragitto che la separa da un punto mai stabilito alla sua abitazione. Ha 12 anni, è una ragazza alta e bellissima. Quella sera d’inverno, vedendo che la figlia non fa rientro a casa, il padre allarmato, la cerca, chiede in giro se qualcuno ha notizie della figlia. Qualcuno, ripeto, l’ha vista dirigersi verso casa ma, poi, più nulla. Gli abitanti di Aidomaggiore, con l’intervento delle forze dell’ordine, decidono di setacciare il paese: di Vanda nessuna traccia. Così, si dispone di entrare in ogni casa dell’abitato, cercando in ogni stanza e soprattutto nei pozzi dei giardini. Il podestà intanto, la sera stessa, riceve una lettera con una richiesta di riscatto di 80 mila lire. La notte tra il 7 e 8 di gennaio le ricerche non portano a nessun esito, quindi qualcuno, è convinto di essere ormai al sicuro. La mattina dell’8 però, la cittadina è in totale subbuglio, la popolazione vuole ad ogni costo proseguire le ricerche, andando a cercare anche dove, secondo alcuni non si sarebbe dovuto, ossia nelle case degli insospettabili, di quelli che si fanno notare per il troppo zelo. Viene esaminata la canonica e poi, a pensarci bene – perché no? – anche la casa della signorina Peppa Rosa Zìulu, che sempre più di frequente si accompagna al sacerdote, il canonico Giovanni Spanu.

Si racconta che Peppa Rosa fosse una donna molto devota e credente, che non mancasse mai alle messe e che si confessasse di continuo, forse troppe volte. Quando le forze dell’ordine irrompono nella casa della Zìulu, notano qualcosa avvolta in un lenzuolo al piano superiore. Purtroppo è il corpo senza vita di Vanda. La donna, interrogata prima nega, e poi, accusa dell’omicidio il sacerdote Spanu che a sua volta rilancia le accuse contro Peppa Rosa. Ormai non ci sono più dubbi: gli assassini sono loro. Si scopre anche che i due sono amanti, e che hanno premeditato tutto. Subito dopo l’omicidio, Peppa Rosa prende parte alle ricerche della ragazza, mentre del sacerdote conosciamo 2 spostamenti: il primo a Domusnovas, e l’altro, il giorno dopo, ad Oristano dove viene seguito e infine tratto in arresto. Nell’archivio storico del Comune non ci sono atti processuali riguardanti il delitto nè risultati di un’autopsia sul corpo di Vanda. Negli Atti vescovili c’è solo la sua data di nascita e quella di morte, nient’altro. Lo scrittore Costantinu Cadone, si è preso la briga di riportare sommariamente i fatti nel suo racconto verità.[1] In lingua sarda racconta che i due criminali, una volta portata Vanda nella casa, tentano di strangolarla per tre volte, ma senza successo poichè Vanda si ribella. Cadone racconta inoltre, che il prete ordina a Peppa Rosa di andare in cucina a prendere l’accetta, e mentre lui la tiene, Vanda viene colpita tre volte, al viso e al capo, per mano della Zìulu. Il processo si svolge ad Oristano e si conclude il 19 marzo del 1926, con la condanna a 30 anni di carcere per entrambi.

Di Vanda ci rimane una foto e la lapide della sua tomba. Di Peppa Rosa Zìuliu sappiamo qualcosa in più: dopo aver scontato gran parte della pena, fa rientro ad Aidomaggiore, la sua casa è confiscata, e lei costretta a vivere fino alla fine dei suoi giorni in una stanzetta nella casa di fronte alla sua, da dove può vedere la sua dimora di un tempo senza poterci più entrare. Ma a lei non importa più nulla di ciò che ha perduto. Peppa Rosa visse nella miseria più nera, dicono che portasse delle scarpe fatte con degli stracci e che non accettasse aiuto dai più compassionevoli. I bambini la temevano e la evitavano. Lei non salutava nessuno e abbassava la testa incontrando chiunque nel suo cammino. Dicono che fosse cambiata radicalmente, e che addirittura provasse pena anche per un ratto morto. Per lei nessuna tomba, nessuna croce, solo uno spazio in un ossario. Lei sì, aveva pagato con la galera e l’espiazione a vita. Non sappiamo dove sia stata rinchiusa la Zìulu. Nel carcere di Oristano, all’epoca dei fatti, non c’era ancora la sezione femminile, e non sappiamo se il canonico Spanu abbia scontato tutti gli anni di detenzione. Di lui si sa solo che è morto nella sua dimora del paese d’origine, Sindìa. Le indagini da parte nostra sono di nuovo aperte. Vi invitiamo ad aiutarci in qualunque maniera. Grazie.

Per Vanda….

Wanda Serra no est mai imentigada

Ca est sempre presente cuddu visu

Godende in su santu paradisu

In corte celeste incoronada.

Sos martirios e penas chi has sufertu

Lu godis in su ghelu cussu est certu.



Costantinu Cadone



La documentazione sul caso Vanda Serra è tratta dallo scritto del 1926: “Sa morte de Wanda Serra de Bidumaggiore”, di Costantinu Cadone.

1

Elisa Magario

Foto: Diego Pittalis, Percorsi di Sardegna.


http://percorsidisardegna.wordpress.com/20...di-vanda-serra/




«L'amante del prete». Il giallo d'inizio '900 che sconvolse l'isola

Delitti passionali, in edicola con il giornale il terzo volume



di Salvatore Tola

L’immagine di copertina del libro «L’amante del prete»
La drammatica morte della bambina Vanda Serra fu conosciuta in Sardegna, più che attraverso i normali mezzi di informazione, grazie ai poeti popolari che dedicarono all'avvenimento alcune «cantones»: correva il 1925, ed era ancora in piena funzione quella sorta di editoria minore che diffondeva i suoi «prodotti», fogli volanti e rustici quadernetti, attraverso i venditori ambulanti che frequentavano fiere e mercati. Uno di questi poeti, Costantino Cadoni, conosceva bene la vicenda perché viveva nel paese dell'Alto Oristanese, Aidomaggiore, dove era accaduta. Ma più che di raccontare i fatti si preoccupava di esprimere condanna contro il parroco don Spanu e Peppa Rosa Ziulu, la sua amante, colpevoli di aver sequestrato e ucciso l'innocentissima Vanda.

La maggior colpevole era per lui la donna, che aveva adescato il sacerdote: «Si tue a postu tou fis istada / non fit suzzessa custa disaura», "Se fossi stata al tuo posto questa disgrazia non sarebbe accaduta"; ma poi se la prende ironicamente anche con l'indegno uomo di chiesa: «Cando fisti a mie cunfessende / naraias chi tottu fit peccadu», "Quando mi confessavi mi dicevi che tutto era peccato".

Di questi testi poetici si è dovuto servire anche Antonio Delitala, per scrivere «L'amante del prete», il terzo dei romanzi della collana della Nuova «Delitti passionali 2», che sarà in distribuzione da oggi col giornale.

Questo perché, forse per disposizione delle autorità fasciste, che non amavano far conoscere gli eventi negativi, del delitto non parlarono i giornali, né si trovano gli atti dei processi che fecero seguito. Lo scrittore ha dovuto rimediare interrogando alcuni abitanti del paese, dove la memoria dei fatti è ancora viva; e ha provveduto poi, con le doti di intuizione e comprensione che gli erano proprie, a completare il quadro narrativo.

La vicenda che esce dalla sua penna è avvincente perché è incentrata su una duplice vicenda passionale. Da un lato viene fatta luce sulla tresca tra il prete e la beghina, due «balordi», si direbbe oggi, che fecero prigioniera la piccola Vanda per chiedere un riscatto al padre: per poter poì fuggire in America, dove pensavano di celebrare un matrimonio che era impensabile in Italia. Ma senza rendersi conto che sarebbero stati scoperti con grande facilità, come poi in realtà avvenne; e forse anche senza neppure calcolare che, per non essere riconosciuti dalla loro vittima, avrebbero dovuto comunque sopprimerla.

Più struggente l'altra storia che stava, per così dire, alle spalle di Vanda. Suo padre, il ricco del paese, aveva commesso l'imprudenza di sposare, quando aveva ormai sessant'anni, l'avvenente Amalia Porrà, appena ventenne, che era arrivata al paese, da Cagliari, per lavorare come maestra. Delitala si diffonde a raccontare come era riuscito nell'intento, facendo sfoggio dei suoi beni e del suo denaro.

Dopo il matrimonio era arrivata subito Vanda, la prima figlia; ma poi la donna si era invaghita di Peppe Camboni, il giovane ed elegante studente che il marito aveva chiamato a dirigere un caseificio. Il matrimonio era andato a rotoli e il ricco possidente si era convinto che i due bambini che erano venuti dopo, Giovanni e Maria, non fossero figli suoi. Per questo li aveva cacciati insieme alla moglie, ed era rimasto solo, nella sua grande casa, tenendo con sé solo Vanda: circondata di ogni attenzione, come si può immaginare, ma già priva, ancora così piccola, dell'affetto della madre.



http://lanuovasardegna.gelocal.it/cultura/...l-isola-5596208

Edited by GalileoGalilei - 24/2/2012, 09:14
 
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64less
view post Posted on 8/2/2012, 21:29




che storia tristissima, povera bambina!
 
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mary77
view post Posted on 8/11/2016, 23:56




il sacerdote Spanu é stato scarcerato dopo che la perpetua in punta di morte affermasse la sua estraneità all omicidio di Vanna Serra.. l allora vescoco dell diocesi invió lettera all allora parroco di Sindia ( paese natale del sacerdote) raccontando i fatti e chiedendo se lo accoglieva in parrocchia... morì nella sua casa natale
 
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view post Posted on 10/1/2017, 14:15
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http://www.ladonnasarda.it/magazine/chi-si...te-bandito.html

Vanda Serra. Il giglio sardo vittima del prete bandito

autore di Ilaria Muggianu Scano | 25 giugno 2015
Vanda Serra. Il giglio sardo vittima del prete bandito
foto Diego Pittalis
Tempo di lettura: 5 minuti 16.4K 44
Il villaggio di Aidomaggiore, antica curatoria del Guilcer, era centro nevralgico e luogo di scambio tra la Sardegna occidentale e l'entroterra. Il nome "Idu Majore" significa infatti ingresso principale ed è da quest'apertura che il male fece la sua trionfale entrata nella comunità. Quel tragico 7 gennaio 1925 segnò per sempre la vita dei suoi abitanti e della piccola Vanda Serra.
Primogenita dell'uomo più potente della valle, Vanda nasce il 13 febbraio 1913. È l'erede del noto possidente dell'oristanese Giuanne Serra e le verrà dato il nome di Vanda Maria Bonacata.
I genitori di Vanda si sposano dopo un fidanzamento fulmineo, ordito dal parroco del paese e commissionato dalle laute disponibilità di Giuanne. Su meri, come veniva chiamato da tutto il paese, è uomo buono, onesto e probo ma assai attempato con i suoi sessant'anni d'età quando posa lo sguardo sulla nuova maistra 'e schola, la cagliaritana Amalia, appena ventenne. Giuanne, che diverrà podestà della comunità durante il ventennio fascista, trattò quel fidanzamento come qualsiasi altro affare agrario, mise a disposizione dell'avida forestiera ogni suo avere: vigneti, opifici, case e capi di bestiame di cui egli stesso aveva perso il conto. La giovane Amalia ritenne il capitale adatto a barattare gioventù e bellezza.
La piccola Vanda, della cui bellezza conta meraviglie tutto il paese, nasce a nove mesi scarsi dal matrimonio e sembra unire prodigiosamente i due sposi che in troppi addittavano come coppia ad orologeria, per la troppa differenza d'età. A dispetto di tutto Vanda cresce tra il calore dei genitori e le attenzioni della servetta Borica, che bada solo a lei.
Le aziende di Giuanne prosperano. Il tempo avanza e questo babbo-nonno vive l'apprensione di assicurare un futuro sereno per la sua bambina che è la sua unica, vera ragione di vita.
Meri Serra compie però un passo falso con la giovane moglie. Benchè astuto e avveduto negli affari, favorisce ad Amalia su un piatto d'argento l'occasione di un tradimento. Come contabile del suo nuovo ed efficientissimo caseifico assume il quasi avvocato Peppe Camboni, giovane bello e ambizioso.
Il tradimento è plateale ed umiliante. Giuanne, uomo ferito nell'onore, allontana la moglie dalla casa padronale. Vanda però resta con lui. Su questo non transige ed è pronto a cedere alla moglie tutti i suoi averi qualora fosse intervenuta la legge, ma la bambina è la sua vita.
Vanda ama riamata quel padre a cui è devota sopra ogni altra cosa. Impara presto a leggere e a scrivere per aiutare il più possibile il vecchio negli affari di campagna e di paese. Sarà proprio lei, sbalorditivamente, a gestire i conti del caseificio durante gli anni della scuola elementare, ricoprendo quell'impiego che fu dell'amante di sua madre.

Vanda e Giuanne fanno tutto assieme, sono amati in paese perchè l'abbondanza dei loro beni è sempre pronta ad essere elargita a quanti ne abbisognano, soprattutto in questi anni del dopoguerra dove è lusso anche un tozzo di pane. Padre e figlia sono assieme anche nell'aprile del '24 quando il re, Vittorio Emanuele III, inaugura la diga del Tirso, complimentandosi per il lago artificiale più grande d'Europa. Il re passò tra le due ali formate dai podestà di tutti i paesi attorno all'Omodeo. Vedendo Vanda la accarezzò e le baciò le guance, fatto che venne ricordato per lunghissimo tempo in paese.
Un giorno Vanda, come ogni settimana, si reca a scuola di cucito da tzia Cicita Ara. La fanciulla non ha bisogno di imparare l'arte del ricamo, come le altre fanciulle che frequentano la scuola di tzia Cicita, per potersi preparare il corredo. Vanda possiede un'enorme quantità di biancheria ricamata dalle sapienti mani delle suore di tutta la Sardegna e del continente, tanto da far invidia ad una Savoia, ma la ragazzina è uno spirito curioso e ama saper fare tutto.
Quel giorno maledetto, il 7 gennaio 1925, nevica. Borica va a prenderla a scuola di cucito ma Vanda è già rientrata perchè la serva aveva tardato.
Borica si stupisce di non aver incontrato la bambina sulla strada. Si reca a casa fiduciosa di trovare Vanda davanti ad una tazza di latte caldo. Lussurtza, la serva più anziana, intuisce qualcosa di insolito nel ritardo della bambina, in dodici anni Vanda è stata un esempio di obbedienza e non le sarebbe mai venuto in mente di dare pensiero in casa. Le due serve decidono di chiamare il padre dalla vicina campagna.
Iniziano le ricerche capillari in tutto il borgo e nelle campagne. In quella notte di tregenda tutto il paese, piccoli e grandi, uomini e donne partecipano alle ricerche. Le vicine di casa cercano di ricostruire assieme ai carabinieri i consueti movimenti di Vanda. Peppa Rosa Ziulu piange disperata e prega contrita assieme alle altre pie donne di chiesa.
È notte fonda. Improvvisamente un sasso spacca il vetro di una delle stanze da letto. Giuanne, in compagnia delle donne e dei carabinieri, si precipita verso la fonte del rumore. La pietra è avvolta in un pezzo di carta che riporta una scritta:
«Ti chiediamo di portare la somma di 85 mila lire nel campo di carciofi. Ti conviene pagare subito, altrimenti avrai tristi conseguenze».

La piaga del banditismo imperversa più che in passato nelle campagne del Guilcer, ma prima d'ora i banditi non hanno mai infranto la prima regola del codice: "Non toccare donne e bambini". Il banditismo cambia la propria pelle su quella della piccola Vanda.

La casa dove visse Vanda e il padre Giuanne - foto Diego Pittalis
La perlustrazione del paese continua. Tutte le case dell'abitato vengono pequisite, ne mancano solo cinque, non serve controllarle perchè sono quelle delle donne di chiesa quindi la ricerca può già, dolorosamente, dichiararsi conclusa e con un'unica sentenza: Vanda è nelle mani di criminali, sparita in chissà quale grotta di campagna in attesa del pagamento di riscatto.
Il brigadiere del paese, però, è uno di quei pedissequi applicatori del protocollo ed esige che nulla si lasci intentato, chiede dunque che sia riaperta ogni abitazione. Peppa Rosa Ziulu, la vicina, la ritiene una misura superflua ma accetta mostrando solo un imbarazzato pudore per la modestia della propria dimora. Accompagna i carabinieri in un frettoloso tour tra le poche stanze e gli anticipa all'uscita.
Gli uomini in divisa indugiano però davanti al sottoscala. La formalità imposta dalla situazione e la scarsa illuminazione della lanterna li costringono a fare tutto con lentezza, pensa Peppa Rosa.
La verità è differente. Viene rinvenuto il corpicino decapitato della piccola Vanda, avvolto in un lenzuolo e nascosto sapientemente nel sottoscala.
«Abbiamo ucciso Vanda con un istrale (una falce, ndr.). Non voleva morire. Preide Giuanne Ispanu mi aveva promesso che con i soldi di Meri Serra saremmo andati in America. Lì i preti si possono sposare»,
depose al processo Peppa Rosa.
In paese sapevano tutti che per il parroco Giovanni Spanu la beghina era qualcosa in più di una servizievole presenza. Peppa Rosa era conosciuta da tutti come una donna ignorante e davanti ai giudici esibisce, come una medaglia al valore, il suo esser stata la prediletta del parroco del paese, lei scelta tra tutte, e decide di ricompensare quell'attenzione collaborando all'uccisione di Vanda, colomba pura e vittima innocente che lottò mentre don Spanu la teneva ferma e lei la decapitava con la falce.
Peppa Rosa, nera come un corvo nella corazza del suo scialle, dichiarò al giudice: "Lo ho fatto per amore".

Vennero condannati entrambe all'ergastolo, il 19 marzo 1926, con una sentenza di cui, come per tutti i momenti della vicenda, il rapimento di Vanda compreso, non c'è alcuna traccia sulla stampa. Giuanne pare vittima di quella politica che ha servito con onestà e che ora ne ha censurato la disperazione con il silenzio più assordante.
Tutti hanno un ruolo e una maschera nella macabra danza dell'ipocrisia di un paese, che forse vedeva e taceva. Chi non portava la maschera non ha trovato posto nella commedia e cade a terra come un giglio reciso tra le fertili valli del Guilcer.
- See more at: http://www.ladonnasarda.it/magazine/chi-si...h.Iqg6tJDr.dpuf
 
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