Il 7 Gennaio 1925, veniva sequestrata una bambina dodicenne, Vanda Serra, figlia del Podestà di Aidomaggiore, per la quale venne richiesto un riscatto di 30 mila lire, però la piccola fu ritrovata uccisa.
www.aidomaggiore.com/pubblicazioni/storia/a15.htmIl tragico destino di Vanda Serra
dicembre 24, 2011 – 22:53
Pubblicato in Misteri
Un caso ancora aperto
Vanda Serra è figlia del podestà di Aidomaggiore, la sua è una famiglia benestante, anche se logorata per l’allontanamento da casa della madre Amalia, che aveva preferito vivere altrove abbandonando i figli e il marito.
E’ il 7 gennaio del 1925, Vanda quel pomeriggio percorre la strada verso casa. Alcuni l’hanno incontrata e salutata. Ma lei, quello stesso giorno, scompare nel nulla, proprio in quel breve tragitto che la separa da un punto mai stabilito alla sua abitazione. Ha 12 anni, è una ragazza alta e bellissima. Quella sera d’inverno, vedendo che la figlia non fa rientro a casa, il padre allarmato, la cerca, chiede in giro se qualcuno ha notizie della figlia. Qualcuno, ripeto, l’ha vista dirigersi verso casa ma, poi, più nulla. Gli abitanti di Aidomaggiore, con l’intervento delle forze dell’ordine, decidono di setacciare il paese: di Vanda nessuna traccia. Così, si dispone di entrare in ogni casa dell’abitato, cercando in ogni stanza e soprattutto nei pozzi dei giardini. Il podestà intanto, la sera stessa, riceve una lettera con una richiesta di riscatto di 80 mila lire. La notte tra il 7 e 8 di gennaio le ricerche non portano a nessun esito, quindi qualcuno, è convinto di essere ormai al sicuro. La mattina dell’8 però, la cittadina è in totale subbuglio, la popolazione vuole ad ogni costo proseguire le ricerche, andando a cercare anche dove, secondo alcuni non si sarebbe dovuto, ossia nelle case degli insospettabili, di quelli che si fanno notare per il troppo zelo. Viene esaminata la canonica e poi, a pensarci bene – perché no? – anche la casa della signorina Peppa Rosa Zìulu, che sempre più di frequente si accompagna al sacerdote, il canonico Giovanni Spanu.
Si racconta che Peppa Rosa fosse una donna molto devota e credente, che non mancasse mai alle messe e che si confessasse di continuo, forse troppe volte. Quando le forze dell’ordine irrompono nella casa della Zìulu, notano qualcosa avvolta in un lenzuolo al piano superiore. Purtroppo è il corpo senza vita di Vanda. La donna, interrogata prima nega, e poi, accusa dell’omicidio il sacerdote Spanu che a sua volta rilancia le accuse contro Peppa Rosa. Ormai non ci sono più dubbi: gli assassini sono loro. Si scopre anche che i due sono amanti, e che hanno premeditato tutto. Subito dopo l’omicidio, Peppa Rosa prende parte alle ricerche della ragazza, mentre del sacerdote conosciamo 2 spostamenti: il primo a Domusnovas, e l’altro, il giorno dopo, ad Oristano dove viene seguito e infine tratto in arresto. Nell’archivio storico del Comune non ci sono atti processuali riguardanti il delitto nè risultati di un’autopsia sul corpo di Vanda. Negli Atti vescovili c’è solo la sua data di nascita e quella di morte, nient’altro. Lo scrittore Costantinu Cadone, si è preso la briga di riportare sommariamente i fatti nel suo racconto verità.[1] In lingua sarda racconta che i due criminali, una volta portata Vanda nella casa, tentano di strangolarla per tre volte, ma senza successo poichè Vanda si ribella. Cadone racconta inoltre, che il prete ordina a Peppa Rosa di andare in cucina a prendere l’accetta, e mentre lui la tiene, Vanda viene colpita tre volte, al viso e al capo, per mano della Zìulu. Il processo si svolge ad Oristano e si conclude il 19 marzo del 1926, con la condanna a 30 anni di carcere per entrambi.
Di Vanda ci rimane una foto e la lapide della sua tomba. Di Peppa Rosa Zìuliu sappiamo qualcosa in più: dopo aver scontato gran parte della pena, fa rientro ad Aidomaggiore, la sua casa è confiscata, e lei costretta a vivere fino alla fine dei suoi giorni in una stanzetta nella casa di fronte alla sua, da dove può vedere la sua dimora di un tempo senza poterci più entrare. Ma a lei non importa più nulla di ciò che ha perduto. Peppa Rosa visse nella miseria più nera, dicono che portasse delle scarpe fatte con degli stracci e che non accettasse aiuto dai più compassionevoli. I bambini la temevano e la evitavano. Lei non salutava nessuno e abbassava la testa incontrando chiunque nel suo cammino. Dicono che fosse cambiata radicalmente, e che addirittura provasse pena anche per un ratto morto. Per lei nessuna tomba, nessuna croce, solo uno spazio in un ossario. Lei sì, aveva pagato con la galera e l’espiazione a vita. Non sappiamo dove sia stata rinchiusa la Zìulu. Nel carcere di Oristano, all’epoca dei fatti, non c’era ancora la sezione femminile, e non sappiamo se il canonico Spanu abbia scontato tutti gli anni di detenzione. Di lui si sa solo che è morto nella sua dimora del paese d’origine, Sindìa. Le indagini da parte nostra sono di nuovo aperte. Vi invitiamo ad aiutarci in qualunque maniera. Grazie.
Per Vanda….
Wanda Serra no est mai imentigada
Ca est sempre presente cuddu visu
Godende in su santu paradisu
In corte celeste incoronada.
Sos martirios e penas chi has sufertu
Lu godis in su ghelu cussu est certu.
Costantinu Cadone
La documentazione sul caso Vanda Serra è tratta dallo scritto del 1926: “Sa morte de Wanda Serra de Bidumaggiore”, di Costantinu Cadone.
1
Elisa Magario
Foto: Diego Pittalis, Percorsi di Sardegna.
http://percorsidisardegna.wordpress.com/20...di-vanda-serra/«L'amante del prete». Il giallo d'inizio '900 che sconvolse l'isola
Delitti passionali, in edicola con il giornale il terzo volume
di Salvatore Tola
L’immagine di copertina del libro «L’amante del prete»
La drammatica morte della bambina Vanda Serra fu conosciuta in Sardegna, più che attraverso i normali mezzi di informazione, grazie ai poeti popolari che dedicarono all'avvenimento alcune «cantones»: correva il 1925, ed era ancora in piena funzione quella sorta di editoria minore che diffondeva i suoi «prodotti», fogli volanti e rustici quadernetti, attraverso i venditori ambulanti che frequentavano fiere e mercati. Uno di questi poeti, Costantino Cadoni, conosceva bene la vicenda perché viveva nel paese dell'Alto Oristanese, Aidomaggiore, dove era accaduta. Ma più che di raccontare i fatti si preoccupava di esprimere condanna contro il parroco don Spanu e Peppa Rosa Ziulu, la sua amante, colpevoli di aver sequestrato e ucciso l'innocentissima Vanda.
La maggior colpevole era per lui la donna, che aveva adescato il sacerdote: «Si tue a postu tou fis istada / non fit suzzessa custa disaura», "Se fossi stata al tuo posto questa disgrazia non sarebbe accaduta"; ma poi se la prende ironicamente anche con l'indegno uomo di chiesa: «Cando fisti a mie cunfessende / naraias chi tottu fit peccadu», "Quando mi confessavi mi dicevi che tutto era peccato".
Di questi testi poetici si è dovuto servire anche Antonio Delitala, per scrivere «L'amante del prete», il terzo dei romanzi della collana della Nuova «Delitti passionali 2», che sarà in distribuzione da oggi col giornale.
Questo perché, forse per disposizione delle autorità fasciste, che non amavano far conoscere gli eventi negativi, del delitto non parlarono i giornali, né si trovano gli atti dei processi che fecero seguito. Lo scrittore ha dovuto rimediare interrogando alcuni abitanti del paese, dove la memoria dei fatti è ancora viva; e ha provveduto poi, con le doti di intuizione e comprensione che gli erano proprie, a completare il quadro narrativo.
La vicenda che esce dalla sua penna è avvincente perché è incentrata su una duplice vicenda passionale. Da un lato viene fatta luce sulla tresca tra il prete e la beghina, due «balordi», si direbbe oggi, che fecero prigioniera la piccola Vanda per chiedere un riscatto al padre: per poter poì fuggire in America, dove pensavano di celebrare un matrimonio che era impensabile in Italia. Ma senza rendersi conto che sarebbero stati scoperti con grande facilità, come poi in realtà avvenne; e forse anche senza neppure calcolare che, per non essere riconosciuti dalla loro vittima, avrebbero dovuto comunque sopprimerla.
Più struggente l'altra storia che stava, per così dire, alle spalle di Vanda. Suo padre, il ricco del paese, aveva commesso l'imprudenza di sposare, quando aveva ormai sessant'anni, l'avvenente Amalia Porrà, appena ventenne, che era arrivata al paese, da Cagliari, per lavorare come maestra. Delitala si diffonde a raccontare come era riuscito nell'intento, facendo sfoggio dei suoi beni e del suo denaro.
Dopo il matrimonio era arrivata subito Vanda, la prima figlia; ma poi la donna si era invaghita di Peppe Camboni, il giovane ed elegante studente che il marito aveva chiamato a dirigere un caseificio. Il matrimonio era andato a rotoli e il ricco possidente si era convinto che i due bambini che erano venuti dopo, Giovanni e Maria, non fossero figli suoi. Per questo li aveva cacciati insieme alla moglie, ed era rimasto solo, nella sua grande casa, tenendo con sé solo Vanda: circondata di ogni attenzione, come si può immaginare, ma già priva, ancora così piccola, dell'affetto della madre.
http://lanuovasardegna.gelocal.it/cultura/...l-isola-5596208Edited by GalileoGalilei - 24/2/2012, 09:14