Laici Libertari Anticlericali Forum

Ior, gli scandali della banca del Vaticano

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view post Posted on 11/7/2013, 11:52
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http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/...099779809.shtml

LO SCANDALO IN VATICANO
A monsignor Scarano piacevano i lingotti d'oro
E spunta il dossier con nomi e conti allo Ior
Le rivelazioni di Marciano, uomo di fiducia del sacerdote
Pm vicini a quelle carte:ci sono anche salernitani e napoletani

SALERNO - I segreti di monsignor Nunzio Scarano - il prelato salernitano che lavorava all'Apsa, l'organismo di gestione del patrimonio del Vaticano, finito in carcere nel tentativo di far rientrare dall'estero venti milioni di euro degli armatori D'Amico ottenendo in cambio due milioni e mezzo come ricompensa - sono tutti in un archivio segreto che il sacerdote avrebbe nascosto. In quelle carte ci sono nomi e conti correnti criptati allo Ior, anche di personaggi molto noti della città di Salerno, sui quali la magistratura vuole mettere le mani per ricostruire l'intero meccanismo attivato dal prete. A rivelare l'esistenza del dossier è stato Massimiliano Marcianò, uomo di fiducia di monsignor Scarano, che sta collaborando con i magistrati

PATRIMONIO - Marcianò ha anche rivelato l'esistenza di un patrimonio in lingotti d'oro. Che, addirittura, sarebbe stato scaricato in Vaticano. I pm hanno chiesto questo dossier al sacerdote, che al momento ha negato. Ed è per questa ragione che c'è stato parere negativo della Procura alla sua scarcerazione. Scarano sta cercando di spostare l'attenzione sull'Apsa, l'organismo di amministrazione dei beni vaticani. Il sacerdote ha detto di essere solo una pedina, che altri sono gli uomini chiave di questo giro di denaro in Vaticano, di aver segnalato diverse irregolarità al cardinale Tarcisio Bertone

11 luglio 2013
 
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view post Posted on 12/7/2013, 16:46
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http://roma.corriere.it/roma/notizie/crona...123044903.shtml

INDAGATO DALLA MAGISTRATURA ITALIANA PER RICICLAGGIO

Congelati i fondi di monsignor Scarano
il Vaticano blocca il suo denaro presso lo Ior

Nuova svolta nella linea della trasparenza sulle finanze della Santa Sede: l'alto prelato era stato arrestato a fine giugno

ROMA - Nuova svolta nella linea della trasparenza inaugurata da Papa Francesco in relazione alle finanze della Santa Sede. Il Vaticano ha congelato i fondi intestati a monsignor Scarano allo Ior. Il vescovo, coinvolto in due inchieste della magistratura italiana - l'ultima delle quali relativa al tentativo di portare in Italia 20 milioni di euro depositati su un conto svizzero - era già stato sospeso circa un mese fa dalle sue funzioni all'Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica). Il congelamento dei suoi conti allo Ior è stato disposto dall'ufficio del promotore di giustizia vaticano, omologo di un pm italiano. La decisione è stata disposta dal promotore di giustizia aggiunto, Giampiero Milano. Intanto le autorità vaticane continuano a indagare su transazioni sospette - riferisce il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi -: le indagini potrebbero essere estese ad altre persone.

Monsignor Nunzio ScaranoMonsignor Nunzio Scarano
TRANSAZIONI SOSPETTE - La giustizia vaticana dunque si è mobilitata nella vicenda di monsignor Scarano, indagato anche per riciclaggio dalla procura di Salerno. In particolare, come ha spiegato padre Lombardi, «il promotore di giustizia del Vaticano ha disposto il congelamento dei fondi intestati presso lo Ior a monsignor Scarano nel quadro delle indagini in corso da parte delle autorità giudiziarie del Vaticano, a seguito di rapporti su transazioni sospette depositate presso l'Autorità di informazione finanziaria (Aif)».

La sede dello Ior a Roma, nella Città del VaticanoLa sede dello Ior a Roma, nella Città del Vaticano
LE INDAGINI DELLA FINANZA - Scarano è stato arrestato lo scorso 28 giugno insieme a un ex funzionario dei servizi segreti ed un broker finanziario, in seguito alle indagini svolte dal nucleo valutario della Gdf, su ordine del gip della Capitale, Barbara Callari. Il provvedimento cautelare ha colpito il monsignore, 61 anni, fino a un mese prima capo contabile all'Apsa e già indagato dalla procura di Salerno per il crack del Pastificio Amato; un ex funzionario del servizio segreto interno, Giovanni Maria Zito, sottufficiale dei carabinieri, espulso dall'Aisi tre mesi fa; il broker finanziario Giovanni Carenzio, che lavora soprattutto all'estero.

12 luglio 2013 | 17:02
 
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http://roma.corriere.it/roma/notizie/crona...144391741.shtml

era stato arrestato a fine giugno per riciclaggio
Ior, resta in carcere monsignor Scarano
negati gli arresti domiciliari in parrocchia
Il giorno dopo il congelamento dei suoi conti Ior, il Tribunale del Riesame nega la semilibertà all'alto prelato

Monsignor Scarano Monsignor Scarano
ROMA - Resta in carcere a Regina Coeli monsignor Nunzi Scarano, l'ex dirigente degli uffici finanziari del Vaticano arrestato per riclaggio a fine giugno. La decisione del Tribunale del riesame, presieduto da Filippo Casa, è giunta sabato 13 luglio intorno alle 13,30. L'ex tesoriere dellApsa (amministrazione del patrimonio della sede apostolica) è detenuto nel penitenziario romano. Le accuse nei suoi confronti sono di corruzione, calunnia e tentato riciclaggio di denaro, per aver tentato di trasferire in Italia 20 milioni di euro dalla Svizzera (soldi degli armatori D'Amato) attraverso un conto schermato allo Ior.

CUSTODIA CAUTELARE IN CHIESA - Il provvedimento di custodia cautelare domiciliare era stato chiesto lo scorso 1 luglio dai legali del religioso, interrogato allora dal gip di Roma. E il prelato aveva espressamente chiesto «di averli in una situazione dove» gli fosse «consentito di celebrare i sacramenti, cioè in una parrocchia».
Monsignor Nunzio ScaranoMonsignor Nunzio Scarano

IL BROKER E L'EX AGENTE SEGRETO - Secondo le indagini dei pm Stefano Pesci, Stefano Fava e del procuratore aggiunto Nello Rossi, all'operazione presero parte anche il broker Giovanni Carenzio e l'ex agente dei servizi Giovanni Maria Zito in carcere a loro volta. Anche per loro il giudice ha respinto la richiesta di scarcerazione. Il tentativo di riciclaggio, un progetto rocambolesco poi fallito, risale a un anno fa. Ora, alla base della richiesta di scarcerazione di monsignor Nunzio Scarano presentatata dai suoi difensori fra i quali l'avvocato Caroleo Grimaldi, nei giorni scorsi, c'è «la collaborazione» che sarebbe stata fornita dal prelato agli inquirenti, accettando di rispondere alle domande sia del gip che del pubblico ministero.
La sede dello Ior a Roma, nella Città del VaticanoLa sede dello Ior a Roma, nella Città del Vaticano

CONTI CONGELATI - Intanto venerdì 12 luglio il Vaticano ha congelato i fondi intestati all'alto prelato coinvolto in due inchieste della magistratura italiana - l'ultima delle quali relativa al tentativo di portare in Italia 20 milioni di euro depositati su un conto svizzero - che già era stato sospeso circa un mese fa dalle sue funzioni all'Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica). Il blocco dei suoi conti allo Ior è stato disposto dall'ufficio del promotore di giustizia vaticano, omologo di un pm italiano. La decisione è stata disposta dal promotore di giustizia aggiunto, Giampiero Milano. Intanto le autorità vaticane continuano a indagare su transazioni sospette - riferisce il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi -: le indagini potrebbero essere estese ad altre persone.

TRANSAZIONI SOSPETTE - La giustizia vaticana dunque si è mobilitata nella vicenda di monsignor Scarano, indagato anche per riciclaggio dalla procura di Salerno. In particolare, come ha spiegato padre Lombardi, «il promotore di giustizia del Vaticano ha disposto il congelamento dei fondi intestati presso lo Ior a monsignor Scarano nel quadro delle indagini in corso da parte delle autorità giudiziarie del Vaticano, a seguito di rapporti su transazioni sospette depositate presso l'Autorità di informazione finanziaria (Aif)».

LE INDAGINI DELLA FINANZA - Scarano è stato arrestato lo scorso 28 giugno insieme a un ex funzionario dei servizi segreti ed un broker finanziario, in seguito alle indagini svolte dal nucleo valutario della Gdf, su ordine del gip della Capitale, Barbara Callari. Il provvedimento cautelare ha colpito il monsignore, 61 anni, fino a un mese prima capo contabile all'Apsa e già indagato dalla procura di Salerno per il crack del Pastificio Amato; un ex funzionario del servizio segreto interno, Giovanni Maria Zito, sottufficiale dei carabinieri, espulso dall'Aisi tre mesi fa; il broker finanziario Giovanni Carenzio, che lavora soprattutto all'estero.
13 luglio 2013 | 13:55
 
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http://www.ilgazzettino.it/conclave/lrsquo...ie/302569.shtml

Inchiesta sullo Ior. «In Vaticano
furgoni pieni di lingotti d'oro»
Rivelazione di un amico di monsignor Scarano
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Monsignor Scarano
di Valentina Errante

ROMA Come nei film, con le valigie piene di lingotti d’oro caricate su due furgoni. Lo sfondo è la basilica di San Pietro e a raccontare l’episodio, in un verbale agli atti dell’inchiesta sullo Ior e sugli affari di Nunzio Scarano, è Massimiliano Marcianò, amico intimo del monsignore finito in manette. Il verbale è stato trasmesso a Roma dalla procura di Salerno, che per prima ha avviato l’indagine sull’ex cassiere dell’Apsa, Amministrazione del patrimonio immobiliare della Santa sede, che funziona come una banca e ha un giro d’affari superiore all’Istituto opere di religione.

I LINGOTTI
La testimonianza di Marcianò, general manager di Events & Travels, è stata raccolta dalla procura di Salerno che ha iscritto il monsignore sul registro degli indagati per riciclaggio. Giovedì, Marcianò, più volte intercettato durante le indagini, davanti ai pm e ai militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finzanza di Salerno, ha dichiarato: «Mi trovavo con Scarano nel piazzale antistante il Vaticano ho visto che venivano caricate delle valigie piene di lingotti d’oro a bordo di due furgoni. Ho chiesto spiegazioni a Scarano: ma voi abitualmente fate queste cose? ho detto. Lui non mi ha risposto».

I DOSSIER
A verbale Marcianò racconta anche che Scarano gli aveva riferito di avere preparato dei dossier su tutte le operazioni ”torbide” Apsa. Ma poi è stato Scarano a riferire ai pm di Roma di speculazioni milionarie gestite dall’Amministrazione. In particolare di conti Apsa intestati a società fiduciarie estere lussemburghesi o monegasche. Poi altri affari, come i depositi a sei zeri su banche italiane attraverso conti Apsa: i conti venivano spostati da un istituto all’altro in base al rendimento, ma tutto sfuggiva al fisco. Tutte situazioni gestite dal numero uno dell’Apsa, Paolo Mennini, almeno secondo Scarano e delle quali, lo stesso monsignore, difeso dagli avvocati Francesco Caroleo Grimaldi e Silverio Sica, ha detto di avere parlato al cardinale Tracisio Bertone.

SOLDI A BEIRUT
Davanti al gip Barbara Callari, Scarano, che adesso spera di essere sarerato dal Tribunale del Riesame, aveva ricostruito l’operazione per la quale è finito in manette con l’accusa di truffa e corruzione. I 20 milioni di euro che, secondo i pm e il monsignore, sarebbero stati il frutto di un’evasione fiscale da 41 milioni degli armatori D’Amico, affidata al broker Giovanni Scarano. Soldi che dalla Svizzera dovevano finire su un conto Ior per evitare i controlli antiriciclaggio, grazie all’intervento dello 007 Giovanni Zito. Adesso Scarano sostiene che quel denaro dovesse volare a Beirut: «I 41 milioni dovevano andare a Beirut, perché è un paradiso fiscale».
Mercoledì 10 Luglio 2013 - 12:17 Ultimo aggiornamento: Giovedì 11 Luglio - 09:23
 
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http://lacittadisalerno.gelocal.it/cronaca...tario-1.7428870

Fondo Ior di Scarano I magistrati cercano il vero proprietario

Secondo la Procura il monsignore è soltanto il gestore Il nuovo interrogatorio potrebbe esserci già in settimana

di Clemy De Maio

C’è un nome, o forse più di uno, dietro al “fondo anziani” che monsignor Nunzio Scarano tiene aperto allo Ior e che ha utilizzato per operazioni immobiliari e raccolte di denaro. Ne sono convinti i magistrati romani, secondo cui il sacerdote è solo il gestore di quello che definiscono «una sorta di giroconto interno allo Ior». Dal prelato, che nei prossimi giorni sarà sentito di nuovo, vogliono sapere chi si nasconde dietro quel fondo, convinti che le sue frenetiche attività nel settore finanziario siano tutte legate «all’esigenza di celare e dissimulare l’origine delle consistenti provviste di cui dispone». Attorno al “fondo anziani” ruotano buona parte delle operazioni finite all’attenzione della magistratura romana e di quella di Salerno. Su questo conto confluiscono le finte donazioni dei 56 salernitani indagati per riciclaggio e lì arrivano pure i ventimila euro che gli armatori D’Amico versano ogni mese con la causale “beneficenza” e che secondo gli inquirenti giungono da conti esteri e sarebbero utilizzati dal monsignore «per interessi e finalità del tutto personali».

Tra queste finalità c’è innanzitutto quella immobiliare. Lo testimonia la partecipazione in società del settore e quell’interesse per un immobile a Paestum che torna, con una curiosa coincidenza di date, sia nell’indagine salernitana che in quella della Procura di Roma. È il 9 marzo del 2012 quando monsignor Scarano telefona alla commercialista Tiziana Cascone dicendole che vuole ripetere l’operazione del 2009, quella che gli consentì l’estinzione di un mutuo con uno scambio tra contanti e assegni circolari e per la quale entrambi sono indagati con l’accusa di riciclaggio. Nel 2012 il sacerdote pensa di estinguere allo stesso modo il secondo mutuo stipulato – scrivono gli inquirenti romani – per l’acquisto e la ristrutturazione di un immobile a Paestum. Ed è sempre il 9 marzo quando le microspie della Guardia di Finanza intercettano una delle prime conversazioni in cui si parla dei capitali degli armatori D’Amico. Scarano è al telefono con il marito di Maria Cristina D’Amico e gli dice che appena possibile gli parlerà meglio «di una cosa troppo grossa e troppo schifosa che deve fare con Paolo un affare di 20 milioni di euro». La cifra è quella che proverà a far tornare dalla Svizzera con la complicità dell’agente segreto Giovanni Zito e del broker Giovanni Carenzio. Una manovra su cui ipotizzava per sé un compenso di «due e mezzo, perché uno se ne va per Paestum e un altro se ne va per là».

Uno scenario complesso che, dopo il “no” del Riesame alla scarcerazione il monsignore sarà ancora chiamato a chiarire in un nuovo interrogatorio, già annunciato dal difensore Silverio Sica e che potrebbe tenersi in settimana.

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15 luglio 2013
 
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http://roma.corriere.it/roma/notizie/crona...413763539.shtml

Ior, no ai domiciliari per Nunzio Scarano
Il gip: «Era un delinquente consumato»
Le motivazioni al no alla scarcerazione del responsabile del patrimonio della sede apostolica: «Gestisce ancora conti»


ROMA - Nunzio Scarano era «un consumato delinquente», un esperto che lasciava poco margine all'improvvisazione. Lo dimostra l'organizzazione delle operazioni necessarie a far rientrare in Italia circa 20 milioni di euro dalla Svizzera degli armatori D'Amico. Inoltre, non risulta che Scarano «abbia perso la titolarità e disponibilità dei conti bancari utilizzati per veicolare le sospette rimesse». I giudici del Riesame hanno depositato le motivazioni del no alla scarcerazione del monsignore responsabile della contabilità dell'amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa). Dal carcere di Regina Coeli dove è recluso, Scarano nei giorni scorsi ha scritto una lettera a Papa Francesco asserendo di non aver «riciclato denaro sporco».

L'ARRESTO - Scarano è stato arrestato il 28 giugno scorso insieme all'agente dell'Aisi, Giovanni Maria Zito, e il broker Giovanni Carenzio, per il reato di corruzione in concorso, tentato riciclaggio e calunnia per aver tentato di far rientrare in Italia 20 milioni di euro dalla Svizzera. L'inchiesta sul rimpatrio dei capitali di D'Amico è solo una parte del filone più ampio sullo Ior a cui lavorano i magistrati Stefano Fava, Stefano pesci e Nello Rossi.

CONSUMATO DELINQUENTE - Scarano allestì una procedura «da consumato delinquente con la strumentale proposizione della denuncia di smarrimento dell’assegno che gli è costata l’imputazione di calunnia e la predisposizione di una serie di comunicazioni, a futura memoria, finalizzate a legittimare la pretesa restituzione dei 400.000,00 euro consegnati allo Zito (che dovevano apparire come frutto di un prestito personale dello Scarano)».

SCORCIATOIE - I suoi complici, come Giovanni Maria Zito, erano all'altezza della situazione si legge nelle motivazioni del giudice Filippo Casa.«La disponibilità a praticare la scorciatoia dell’illecito per il proprio utile personale, a prezzo della violazione dei propri doveri istituzionali, con le modalità sopra riferite, delinea, nello Zito una personalità altrettanto pericolosa» .

FIGURA INQUIETANTE - Ma è Scarano la figura più «inquietante» secondo i giudici: «Particolarmente inquietante la personalità dello Scarano - del quale, ad avviso del Collegio, gli interrogatori di GIP e PM romani e del PM di Salerno hanno portato alla luce solo la mera superficie - che è attualmente indagato a Salerno per aver posto in essere operazioni finanziarie in violazione della normativa antiriciclaggio e che, secondo quanto da lui stesso confidato all’amico Marcianò Massimiliano, avrebbe in passato curato operazioni di rientro di capitali dall’estero, oltre che per la famiglia D’Amico, anche per la famiglia Agnelli (vedi s.i.t. Marcianò del 3.7.2013 rese davanti al PM di Salerno, prodotte dal PM all’odierna udienza: «Nunzio Scarano mi ha raccontato che operazioni di rimpatrio di capitali dall’estero fatte per i D’Amico, le aveva già fatte in passato per la famiglia Agnelli. Lui mi ha spiegato che per fare ciò utilizzava un sistema con il cosiddetto “plico diplomatico”...”).

LA BATTUTA - Fra l'altro, spiegano ancora i giudici, «durante l'ultimo colloquio in carcere Scarano avrebbe smentito operazioni nei confronti della famiglia Agnelli, con una semplice battuta, che secondo il suo difensore (l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi) suona così: "ma secondo voi gli Agnelli si affidavano a uno come me?"».

CUSTODIA CAUTELARE - Proprio alla luce di quanto ricostruito, i giudici scrivono che «non possono ritenersi venute meno per lo Zito e lo Scarano le esigenze di prevenzione speciale ravvisate a seguito del licenziamento dall’AISI del primo e della sospensione dall’incarico di responsabile dell’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede) del secondo, posto che, in attesa delle nuove collocazioni da attribuire agli indagati nei rispettivi ambiti lavorativi, non ancora note, non possono drasticamente e automaticamente essere venute meno le dimostrate capacità di influenza e interferenza dei predetti negli ambiti medesimi».

GESTIONE DEI CONTI - Infine, ancora più importante : «Né risulta a questo Tribunale che lo Scarano abbia perso la titolarità e disponibilità dei conti bancari utilizzati per veicolare le sospette rimesse dei D’Amico e di altre persone. Per i tratti comuni di pericolosità e per il conseguente giudizio di inaffidabilità che si è indotti a formulare circa la capacità di rispetto, da parte dei tre ricorrenti, delle prescrizioni connesse a eventuali misure gradate, si ritiene, almeno allo stato, unico presidio cautelare adeguato e proporzionato quello di massimo rigore».
31 luglio 2013 | 17:16
 
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Nuovi indagati per gli affari di Scarano

I salernitani sotto inchiesta sfiorano quota settanta. Nel mirino i lavori alla casa per anziani e un accertamento fiscale

di Clemy De Maio

Ci sono nuovi indagati e nuovi filoni d’inchiesta per gli affari salernitani di monsignor Nunzio Scarano. Un’attività di indagine che va ben oltre lo scambio tra soldi e assegni circolari, avvenuto nel 2009 e costato al prelato e ad altre 56 persone l’accusa di riciclaggio. L’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Elena Guarino si sta aprendo a raggiera, approfondendo tutti i rapporti del religioso e allungando la lista degli indagati fino a sfiorare le settanta persone. Sotto i riflettori è finito anche un accertamento per un’evasione fiscale addebitata al prelato, che secondo gli inquirenti potrebbe essere stato insabbiato. Poi ci sono i lavori di ristrutturazione alla casa per anziani del centro storico, finanziati dagli armatori D’Amico e di cui Scarano fu il deus ex machinanella qualità di esecutore testamentario per il lascito destinato da Antonio D’Amico alla struttura gestita da Salerno Solidale. L’altro ieri il magistrato ha raccolto negli uffici nel nucleo tributario della Guardia di Finanza, a via Indipendenza, la deposizione di Cristina D’Amico, impegnata nel ramo finanziario della holding di famiglia. Intercettata in alcune conversazioni telefoniche con il monsignore, ma non indagata, la donna è stata ascoltata come persona informata sui fatti per le affermazioni del sacerdote che la avrebbero coinvolti in alcuni affari, dei quali ha però spiegato di non sapere nulla.

Il sostituto procuratore ha voluto ascoltare di nuovo anche Massimiliano Marcianò, l’imprenditore romano che ha svelato agli inquirenti i legami del monsignore parlando di lingotti d’oro e segreti contabili. Il magistrato salernitano lo ha sentito per la seconda volta per avere ulteriori chiarimenti sui meccanismi finanziari dell’Apsa e dello Ior, in attesa che dal Vaticano arrivi il via libera alla rogatoria su tutti i conti correnti di Scarano. L’accesso dovrebbe essere aperto da un momento all’altro. Le diplomazie si sono mosse e il procuratore Franco Roberti ha ottenuto la promessa che la rogatoria ci sarà. Per questo si è deciso di rinviare l’interrogatorio previsto per ieri. Prima di ritrovarsi faccia a faccia con il sacerdote il sostituto procuratore Guarino vuole avere in mano le carte della sua contabilità, dalle quali attingere non solo i nomi di chi eseguiva i bonifici ma anche la lista delle uscite, per capire dove quei soldi andavano a finire. I documenti messi a disposizione dal monsignore sono giudicati insufficienti, perché non tracciano tutto il percorso del denaro e perché gli inquirenti sospettano che oltre ai due conti Ior venuti alla luce – e a quelli nelle banche italiane già scandagliati dai finanzieri dal tenente colonnello Mancazzo – ve ne siano di altri, una sorta di piramide fatta di “sottoconti” cifrati ai quali si accede solo con i codici giusti. La Procura conta di poter avere le carte prima di fine mese, e ha fissato al 27 agosto il nuovo interrogatorio. Intanto don Nunzio ha scritto ieri sera una nuova lettera al Papa dopo le parole di condanna pronunciate da Bergoglio al rientro dal Brasile. «Sono solo un capro espiatorio» ha messo nero su bianco, tornando a dire che le responsabilità vere sono da ricercare ai livelli più alti dello Ior e dell’Apsa, l’organismo di amministrazione dei beni della Santa Sede, di cui è stato contabile. La censura del Pontefice lo ha gelato. «Sta molto male, ha problemi di salute» spiega l’avvocato Silverio Sica, che ieri è andato a trovarlo nel carcere di Regina Coeli e che oggi potrebbe depositare una richiesta di scarcerazione per motivi di salute. Il sacerdote avrebbe espresso la convinzione che Papa Francesco non abbia ancora letto la sua prima lettera, e ai suoi avvocati ha consegnato una fotografia che li ritrae insieme in una stretta di mano: «Prendetela pure. Se il Papa avesse avuto di me un concetto così negativo, non credo che mi avrebbe dato la mano».

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31 luglio 2013
 
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Ior, Vaticano chiede rogatoria a Italia su Scarano

Il promotore di Giustizia del Tribunale Vaticano, professor Giampiero Milano, ha indirizzato per via diplomatica una rogatoria alla Procura di Roma in merito alle sospette attività illecite compiute da monsignor Nunzio Scarano, sulle quali indaga ora anche la Magistratura Vaticana

Città del Vaticano - 2 agosto 2013 - Il promotore di Giustizia del Tribunale Vaticano, professor Giampiero Milano, ha indirizzato per via diplomatica una rogatoria alla Procura di Roma in merito alle sospette attività illecite compiute da monsignor Nunzio Scarano, sulle quali indaga ora anche la Magistratura Vaticana. In Vaticano, ha confermato il portavoce, padre Federico Lombardi, è in corso a carico del sacerdote arrestato in Italia un autonomo procedimento aperto in base ad accertamenti effettuati dall’Aif (Autorità informazione finanziaria) riguardo a operazioni compiute da monsignor Scarano che ricadono sotto la giurisdizione vaticana.
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Nell’intervista a “Rede Globo”, nei giorni scorsi lo stesso Papa Francesco aveva fatto cenno a questa possibilità: “Bel favore che ha fatto questo signore alla Chiesa! Riconosciamo che lui si e’ comportato male, la Chiesa lo deve punire nella forma giusta, perché agiva male”. E ai giornalisti, sull’aereo in viaggio da Rio de Janeiro a Ciampino, il Pontefice aveva confidato di aver provato “dolore” per lo scandalo legato all’arresto di un sacerdote di Curia che non si era comportato “precisamente come la beata Imelda”.
 
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Blog di Matteo Matzuzzi
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4 agosto 2013 - ore 20:39
Lo strano caso di mons. Guido Pozzo

La notizia, complice il primo sabato agostano, è passata un po' in sordina. Il Papa ha deciso di avvicendare l'elemosiniere, mons. Guido Pozzo, dopo soli nove mesi dalla nomina. Scelta alquanto inusuale a cui lettura è ancora complicata. Era stato Benedetto XVI, lo scorso novembre, a promuovere l'allora segretario della pontificia commissione Ecclesia Dei elevandolo al contempo alla dignità arcivescovile. Mons. Pozzo, sessantenne triestino, lasciava così l'organizzazione creata nel 1988 da Giovanni Paolo II per tentare di ristabilire la piena comunione tra Roma e la Fraternità sacerdotale San Pio X fondata da Marcel Lefevbre. Ora, Francesco, decide di rimandarlo lì, sempre con la qualifica di segretario. Un passo indietro, a prima vista, che pone qualche interrogativo. Che è successo?

La tesi che va per la maggiore è che Bergoglio ha pensato di affrontare di petto il dossier-lefevbriani, che ristagna da tempo e che non ha fatto grossi passi avanti dopo le aperture (molte) di Ratzinger. Da quando Pozzo è passato ad altro incarico, poi, l'attività della commissione Ecclesia Dei era notevolmente rallentata. Ecco perché Francesco (sempre secondo tale ipotesi) avrebbe deciso di riportare tutto allo status quo ante lo scorso novembre. Eppure, c'è qualcosa che non torna. Mons. Pozzo non è stato promosso, ma di fatto retrocesso. E' vero che la carica di elemosiniere è poco più che onorifica (i compiti operativi sono davvero pochi) ed è altrettanto vero che l'arcivescovo triestino non è stato mandato in qualche diocesi italiana come si era vociferato nei mesi scorsi (Vigevano). Non si tratta del classico promoveatur ut amoveatur, perché tornare alla scrivania occupata per tre anni (2009-2012) non è davvero interpretabile come una promozione, neppure se nel frattempo è arrivata la promozione ad arcivescovo. Inoltre, non risultano significativi passi avanti nel "negoziato" con la Fraternità San Pio X neppure nel triennio in cui l'Ecclesia Dei era presidiata dall'ormai ex elemosiniere.

Forse, Francesco vuole più semplicemente ridisegnare la figura dell'elemosiniere, per renderla più in sintonia con la missione che ha dato al proprio Pontificato (povertà e periferia prima di tutto). E' presumibile che qualcosa di più si capirà nei prossimi mesi, in base alle attività della commissione ora dipendente dalla Congregazione per la dottrina della fede. Sarà allora che si comprenderà se quella assegnata a mons. Pozzo è una missione speciale delle più delicate.
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Scandalo Ior, il business della Casa Anziani: i soldi delle donazioni nelle tasche di don Nunzio Scarano
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SALERNO -

Il fondo anziani, quel conto corrente Ior, gestito esclusivamente da don Nunzio Scarano è da collegare all’esistenza e alla operatività della Casa degli anziani di Salerno e, in parte, alla sua iniziale gestione. La ‘Casa albergo immacolata concezione’ di Salerno, situata al Largo Scuola Medica, è gestita da Salerno Solidale spa, la partecipata ad intero capitale pubblico del Comune di Salerno. Nel corso degli anni, la casa di riposo ha beneficiato delle donazioni degli imprenditori D’Amico, veri e propri benefattori, che - si intuisce dalle intercettazioni telefoniche - erano finiti nelle ‘grinfie’ di don Nunzio Scarano e del suo fidato amico, don Luigi Noli. Tanto che in numerose occasioni, proprio i soldi che i D’Amico pensavano di aver devoluto agli anziani bisognosi di Salerno, finivano direttamente dal conto Ior ‘Fondo Anziani’ nelle tasche di don Nunzio.
I cugini Paolo e Cesare D’Amico, nel 2007 ricevettero la cittadinanza onoraria di Salerno per aver messo a disposizione ‘fondi per la realizzazione di grandi restauri come la casa Immacolata Concezione e il Sarcofago di Gregorio VII con l'urna del Santo Patrono, restituito al culto dei salernitani’. Un’amicizia, quella con i D’Amico, che don Nunzio ha continuato a sfruttare fino a pochi giorni prima del suo arresto, il 28 giugno scorso, con continue richieste di danaro. Un’amicizia che secondo gli inquirenti, don Nunzio ha ricambiato mettendo a disposizione le sue conoscenze, i conti correnti Ior per far rientrare ingenti capitali dall’estero e quindi eludendo il fisco italiano. Ed è proprio dalle indagini della Guardia di Finanza e dalle intercettazioni telefoniche disposte per tutto il 2012 che emerge un ‘ritratto’ di don Scarano a dir poco ‘inquietante’.
Secondo gli inquirenti, dunque, il fondo Ior denominato ‘anziani’ è da ricollegare direttamente alla casa di riposo di Salerno, probabilmente fu ‘acceso’ proprio per depositare i soldi - provenienti dai benefattori - che sarebbero serviti alla sua ristrutturazione e alla sua gestione. In una telefonata, intercettata a luglio dello scorso anno, don Nunzio Scarano parla con Luisa Zotti, dipendente di Salerno Solidale, che gestisce la casa anziani salernitana. In quella conversazione, il sacerdote spiega alla donna che ha parlato con Cesare D’Amico ‘abbiamo visto un po’ anche la donazione alla casa anziani... chiaramente tutto fatto alla luce del sole e della verità’. Don Scarano spiega alla donna che Cesare ‘deve mandare tutto sul fondo anziani, così è tutto lineare e poi da lì stesso ve li do e mi fate le varie ricevute tramite il Comune, non lo so come si fa, in modo tale che loro comunque tengono tutto a norma’.
Numerose le e-mail, intercettate sulla posta di don Nunzio nelle quali chiede ai D’Amico soldi per un gruppo di seminaristi. Il sostentamento per quel gruppo di giovani aspiranti parroci equivale a circa 17mila euro l’anno, tra borse di studio e spese per assistenza e alloggio. Ma c’è una cosa che Cesare D’Amico, uno dei maggiori finanziatori di quegli studi teologici, non sa. I seminaristi che l’armatore pensa di aver adottato non esistono. Lo svelano le indagini della Guardia di Finanza di Roma, lo scorso anno controllando telefonate e mail del prelato salernitano.
“Il sostentamento dei seminaristi era un espediente utilizzato da Scarano per esfiltrare somme di denaro al suo interlocutore” scrivono gli inquirenti.
Ma quello dei seminaristi è solo uno dei tanti episodi in cui don Nunzio Scarano mente. Ad ottobre del 2012 i finanzieri ascoltano una telefonata tra il sacerdote e Maria Cristina D’Amico. Il 61enne chiede alla facoltosa imprenditrice un contributo di 4600euro, necessari per una fornitura di biancheria per la casa Anziani. Ma quei soldi non servono per l’acquisto di lenzuola, bensì a riempire le tasche di don Nunzio.
La prova, gli inquirenti, l’avranno pochi giorni dopo quando il prete parla a telefono con il suo collega e amico, don Luigi Noli - anch’egli indagato nell’inchiesta romana - e gli annuncia che Cristina D’Amico in serata gli darà 2500 euro e che proverà a chiederle anche un contributo per far fronte alle spese per esami diagnostici di don Luigi Noli. I due preti stanno facendo credere alla benefattrice che don Luigi sta molto male e ha bisogno di cure e si accordano per non scoprire il gioco.
La beneficenza dei D’Amico, per il sostentamento della casa anziani di Salerno, per i seminaristi, in parte passa sul fondo Ior ‘anziani’, oppure viene devoluta in contanti, portata da dipendenti e emissari di D’Amico direttamente a don Nunzio nei pressi del Vaticano. Una piccola parte di quei soldi arriva a Salerno, alla casa anziani, ma la maggior parte viene intascata da Scarano per le sue spese personali o rimpinguare i suoi conti. Vi sono, invece, altri trasferimenti di danaro - nell’ordine di circa 20mila euro al mese - che nonostante vengano giustificati con le diciture ‘S. Messe o ‘beneficenza’, provengono da un conto monegasco di Cesare D’Amico e probabilmente vengono prelevati in contanti e restituiti all’armatore di origini campane, per le spese familiari che devono essere nascoste al fisco italiano. Questo è l’intreccio che gli inquirenti romani stanno cercando di districare. Questo è quello che - apparentemente - emerge da decine di telefonate intercettate per oltre 10 mesi dai finanzieri.


11/08/2013
 
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18/08/2013
Salerno. Scoperto il tesoro di Don Scarano.
Monsignor Nunzio Scarano
Monsignor Nunzio Scarano

Salerno. Un tesoretto personale di circa tre milioni di euro quello individuato dagli inquirenti in disponibilità di monsignor Nunzio Scarano, a Regina Coeli dal 28 giugno scorso. In più il prelato avrebbe gestito direttamente denaro su due conti presso la banca vaticana Ior: uno intestato a lui ed un altro denominato “Fondo Anziani” a cui aveva accesso direttamente. L’ammontare di queste ultime risorse finanziarie non è stato definito attualmente dagli investigatori per il divieto ad accedere ai rapporti bancari presso la Santa sede, anche se è stata presentata una apposita rogatoria alle autorità competenti in Vaticano. Ma i bonifici in uscita dall’Istituto per le Opere di Religione registrati su conti presso istituti di credito con sedi in Italia e le intercettazioni ambientali in possesso della Procura della Repubblica presso il tribunale di Roma fanno intuire la notevole entità dei depositi in Vaticano dell’ex contabile dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Di certo monsignor Scarano sul territorio nazionale fino al momento dell’arresto registratosi lo scorso 28 giugno, aveva avuto la titolarità di tre rapporti bancari accesi presso la filiale Unicredit in via della Conciliazione a Roma: un conto personale su cui ad inizio dello scorso febbraio erano depositati circa 381 mila euro; un altro di natura societaria, riconducibile alla società a responsabilità limitata Nuen, che a metà del mese di febbraio 2013 registrava un saldo attivo pari a circa 758mila euro ed un deposito titoli ammontante ad una cifra di poco superiore ai 18mila euro. Inoltre il sacerdote è titolare di un cospicuo patrimonio immobiliare la cui acquisizione ha comportato un considerevole impiego di mezzi finanziari. A tal proposito risulta che il corrispettivo pagato da don Nunzio Scarano, tra il novembre 2009 ed il marzo 2010, per un immobile nel centro storico di Salerno ammonta ad un milione e 155mila euro. Ed in questo caso gli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza avrebbero dimostrato che i titoli ed i fondi utilizzati per il pagamento dallo stesso Scarano proverrebbero proprio dalla banca vaticana Ior. Ed altri 65mila euro don Nunzio Sacrano li aveva spesi recentemente per l’acquisto di un box per auto a Salerno nei pressi della sua abitazione nel cuore del capoluogo. Il tutto a fronte di una capacità reddituale del sacerdote ritenuta assolutamente incompatibile rispetto alla capacità patrimoniale e finanziaria accertata. (Alfredo Boccia – Metropolis)



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Annalisa Cinque
 
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2013-08-31 Salerno di Redazione
Prete salernitano arrestato per corruzione, il gip di Roma dispone il trasferimento in ospedale di Scarano: è in gravi condizioni di salute

Immagine Prete salernitano arrestato per corruzione, il gip di Roma dispone il trasferimento in ospedale di Scarano: è in gravi condizioni di salute "Don Nunzio ha bisogno di un intervento chirurgico urgente e versa in condizioni gravi di salute, non puo' restare piu' in carcere". A sostenerlo e' il legale Silverio Sica, avvocato difensore di monsignor Nunzio Scarano, detenuto dal 28 giugno scorso nel carcere di Regina Coeli nell'ambito dell'indagine della Procura di Roma sullo Ior. Il prelato salernitano verra' trasferito nelle prossime ore in una struttura sanitaria (probabilmente l'ospedale Sandro Pertini di Roma), secondo quanto disposto dal gip del Tribunale della capitale, Barbara Callari, affinche' vengano monitorate le sue condizioni di salute. "Il monsignore non sta piu' bene, ha perso 10 chili e deve essere sottoposto urgentemente a un intervento chirurgico - spiega l'avvocato Sica - un uomo che ha collaborato alle indagini e messo a disposizione i suoi conti correnti non puo' restare in carcere, non lo comprendiamo". Nei giorni scorsi era stata effettuata una perizia del medico legale per verificare le condizioni di salute del prelato che e' detenuto in carcere. "A questo punto restiamo in ansia per le sue condizioni di salute - conclude il legale - teniamo solo al suo profilo sanitario, per quanto attiene le indagini restiamo dell'idea che una detenzione in carcere non ha ragione, non c'e' pericolosita' sociale".
 
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Scarano al papa: «Bertone sapeva tutto»

Nell’ultima lettera inviata al pontefice dal carcere, il prelato salernitano racconta con dovizia l’incontro con il cardinale

di Fiorella Loffredo

Ha paura che, morendo “durante un delicatissimo intervento di chirurgia vascolare a cui devo presto sottopormi”, la sua anima, depositaria di troppi segreti, non arrivi nell’Aldilà immacolata come dovrebbe. “Non voglio lasciare nulla in sospeso”. Per questo don Nunzio Scarano, dal carcere in cui è rinchiuso dal 28 giugno scorso, scrive a papa Bergolio: “Perchè non voglio apparire veramente peggiore di quello che posso essere - si legge nella missiva scritta a mano dal sacerdote e inviata a papa Francesco - e ancora una volta per dirle la mia verità che penso possa essere utile”.

Dopo aver tirato in ballo il cardinal Tarcisio Bertone in uno dei suoi interrogatori in carcere - in cui don Nunzio aveva affermato che il prelato era ben a conoscenza di quanto avveniva all’interno dell’Apsa - ed essere stato, poi, pubblicamente smentito dal segretario di Stato di sua santità , Scarano decide di “disturbare” ancora una volta il pontefice “con le mie parole - scrive - che forse non le sono gradite proprio perchè provenienti da me che sembro essere per i giornali come una sorta di grande criminale”. E dà la sua versione dei fatti: “Il cardinal Bertone, mi riferiscono gli avvocati, ha negato di avermi incontrato e di aver appreso da me le notizie relative all’Apsa. Ebbene Santità - afferma don Nunzio nella sua lettera - ho incontrato il cardinal Bertone nella settimana santa del 2006 -7 (nella settimana santa del 2006 o del 2007? - ndr) Il colloquio avvenne su mia richiesta - continua il sacerdote - con la presenza anche del cardinal Medina”. È ricco di particolari don Nunzio nella sua lettera; ricorda perfettamente - se non l’anno in cui incontrò il cardinal Bertone - almeno dove lo incontrò e come arrivò all’appuntamento: “Fui ricevuto presso torre San Giovanni ed il colloquio durò oltre un’ora; per recarmi al colloquio fui prelevato da una vettura della Santa Sede proprio del cardinal Bertone. Posso confermare - afferma sicuro - di essere in grado di riconoscere anche l’ascensorista che mi fece strada. Il cardinal Bertone mi ascoltò dicendomi che avrebbe preso provvedimenti. Ma come lei ben sa non ha mai preso alcun provvedimento ed io fui preso ancora di più in ostilità dai miei superiori”.

L’astio che nutrivano i suoi superiori nei suoi confronti, Scarano lo denunciò anche nella prima lettera inviata a papa Bergoglio, datata 20 luglio 2013, nella quale don Nunzio fece più volte riferimento alle “battaglie fatte contro l’abuso dei miei superiori laici, ben coperti e protetti da alcuni signori cardinali”. Parlando dei cardinali li definì allora come “i famosi scheletri degli armadi, ben ricattati, usati e gestiti dai miei superiori laici”.

L’ultima lettera inviata al papa si conclude con infinita devozione: “Mentre bacio il suo anello - scrive il sacerdote salernitano rivolgendosi al pontefice - mi ricordi al Signore e mi benedica”.

Al momento Scarano è in attesa del provvedimento di scarcerazione grazie al quale potrà essere trasferito in una struttura ospedaliera con reparto detentivo, così come richiesto dai suoi legali per via della sua precaria condizione di salute. Ancora incerto, però, se si tratterà del “Ruggi” o del romano “Sandro Pertini”.

04 settembre 2013
 
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view post Posted on 16/9/2013, 10:29
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L'inchiesta - L'ex capo contabile dell'Amministrazione della sede apostolica
Le rivelazioni del prelato
«Soldi nascosti sui conti»
Scarano: per il riciclaggio usati depositi dei «laici»

Scandalo Ior
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Monsignor Scarano nelle immagini della Guardia di Finanza durante il fermoMonsignor Scarano nelle immagini della Guardia di Finanza durante il fermo
ROMA - Operazioni di riciclaggio effettuate attraverso i conti aperti presso l'Apsa, l'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica. È l'ultimo filone di indagine avviato dai magistrati romani che indagano sull'attività di monsignor Nunzio Scarano, l'ex capo contabile arrestato a giugno per aver esportato all'estero milioni di euro di proprietà degli armatori D'Amico. E poi finito al centro dell'ennesimo scandalo finanziario che coinvolge una delle strutture strategiche del Vaticano. Sono state proprio le rivelazioni dell'alto prelato ad aprire scenari inediti. E adesso le verifiche disposte dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal sostituto Stefano Pesce, si concentrano su questi trasferimenti di denaro. Così come accaduto per lo Ior, sono stati scoperti depositi non riconducibili ai religiosi utilizzati per «schermare» passaggi illeciti di soldi.

I «conti laici»
L'8 luglio scorso, assistito dal suo avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, monsignor Scarano risponde alle domande dei pubblici ministeri e racconta i retroscena di svariate operazioni, fornendo anche i nomi di alcuni «referenti»: «Noi come Apsa non potevamo avere clienti esterni, ma pur non potendo in realtà "facevamo banca", nel senso che avevamo una raccolta di risparmio e forme di reimpiego con corresponsione di interessi ai depositanti. Fui ricevuto dal cardinal Bertone alcuni anni fa, subito dopo la sua nomina, ma l'incontro non ebbe alcun effetto».
Gli inquirenti chiedono di entrare nei dettagli e Scarano dichiara: «C'erano conti di cardinali, gestiti da Giorgio Stoppa precedente delegato direttore dell'Apsa. C'erano anche conti laici ma non ricordo alcun nome specifico se non quello della duchessa Salviati, benefattrice del Bambin Gesù. Di recente mi recai dal cardinal Filoni (Ferdinando, attuale prefetto di Propaganda Fide, ndr) al quale dissi dei conti "laici". Dato l'incontro al 2010 e in seguito a questo in effetti alcuni funzionari furono allontanati dall'Apsa. Mennini (Paolo, il direttore, ndr) era arrivato quando Stoppa andò in pensione e si trattava di trovare qualcuno che si occupasse anche di coprire gli scheletri da lui lasciati nell'armadio. Mennini portò con sé De Angelis. I due avevano uno stretto rapporto con Marco Fiore che lavora per i D'Amico a Montecarlo. Stoppa gestiva in maniera padronale e opaca il suo settore. Mennini gli riconobbe un trattamento pensionistico molto lauto. Mennini si era portato anche una certa Maria Teresa Pastanella che godeva di un trattamento privilegiato pur non avendo alcun titolo di studio. Per effetto del mio incontro con il cardinale Filoni furono anche chiusi dei conti di laici».

L'aggiotaggio e Finnat
Le indagini effettuate dagli specialisti del Nucleo valutario della Guardia di finanza guidati dal generale Giuseppe Bottillo hanno ricostruito un'operazione di riciclaggio da 20 milioni di euro che il prelato avrebbe effettuato su conti personali Ior per favorire i D'Amico. Adesso nuove verifiche mirate dovranno essere compiute sulle indicazioni di Scarano ai magistrati che durante l'interrogatorio gli avevano chiesto se avesse parlato con le gerarchie vaticane di quanto accadeva all'interno di Apsa.
Lui dichiara: «A Filone riferì di un'operazione fatta dal banchiere Nattino». Il riferimento è alla famiglia fondatrice della banca Finnat. Poi prosegue: «Questi aveva un conto all'Apsa (poi chiuso) e un figlio di Mennini, Luigi, lavorava nella banca da lui diretta. Fece un'operazione di aggiotaggio di cui si parlava nei corridoi che riguardava titoli della sua banca che subivano oscillazioni e che venivano comprati e venduti, di fatto, sotto mentite spoglie. A quanto ricordo i titoli erano stati fatti artatamente scendere di valore e Nattino li riacquistò al momento giusto senza apparire e servendosi dello schermo Apsa. Vi furono più operazioni simili. Quando il cardinale Filoni prese provvedimenti, la cosa scatenò il finimondo e io fui promosso in seguito a questi eventi, anche se la promozione, di fatto mi collocò fuori dal perimetro operativo. Avevo anche sospetti su improvvisi cambiamenti nelle banche con cui operavano (si consideri che spostavamo milioni di euro). In un caso fu interessato un istituto in cui lavorava il padre del genero di Mennini, ma non so quale sia la banca».

16 settembre 2013 | 7:36
 
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view post Posted on 17/9/2013, 13:47
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IOR, RIVOLTA DI VESCOVI E SUORE: “BASTA COL TERZO GRADO SUI NOSTRI CONTI CORRENTI” (Orazio La Rocca)
16 settembre 2013

CITTÀ DEL VATICANO — «Piuttosto è lei che mi deve spiegare che fine avete fatto fare ai miei soldi!”. «E perché devo dirle come utilizzerò questi 100 euro che devo prelevare? Io ci faccio quello che voglio senza rendere conto a nessuno». «Ma in base a quale diritto lei vuole sapere da dove provengono i 90 euro che mi sono stati accreditati sul mio conto?». «Cambio banca, qui non ci metterò più piede!…». È rivolta allo Ior (Istituto per le Opere di Religione), la banca vaticana, tra i piccoli e medi correntisti che ogni giorno si presentano al banco per effettuare prelievi, bonifici, pagare bollette. In gran parte preti, suore, religiosi, vescovi. Cardinali pochi perché o hanno un conto presso altri istituti o si servono dei rispettivi segretari per le periodiche operazioni bancarie. Joseph Ratzinger, ad esempio, non ha mai avuto un conto allo Ior né da cardinale né da pontefice.

Da qualche settimana, su decisione della direzione dello Ior, iclienti che si presentono agli sportelli della banca vengono sottoposti dagli impiegati ad una serie di domande. Un terzo grado a cui i correntisti sono costretti a rispondere, pena il blocco immediato dell’operazione. Un interrogatorio senza rispetto della privacy davanti a tutti i clienti presenti. C’è chi — come le suorine che non conoscono molto bene la lingua italiana o il prete che teme di perdere il prelievo che andrà in beneficenza — risponde, pur con grande imbarazzo.

Ma non sono pochi quelli che reagiscono a muso duro agli impiegati, che cercano di calmare gli animi spiegando che hanno ricevuto ordini precisi dalla direzione dello Ior nell’ambito dell’operazione di “controllo e pulizia” chela banca da qualche tempo ha intrapreso per rispettare le regole sulla lotta al riciclaggio. Operazione iniziata a luglio con l’invioa tutti i correntisti della banca di una scheda con 11 quesiti relativi alla “identità” del conto: dal nome del titolare (persona fisica o società) all’attività del correntista, provenienza dei soldi (ricavi immobiliari, eredità, stipendi, pensioni, investimenti, donazioni…). Si deve specificare anche se le cifre sono frutto di remunerazioni per insegnamento, pubblicazioni, conferenze, attività commerciali o da libero professionista. Le domande sono accompagnate da una lettera nella quale lo Ior spiega che si tratta di una “richiesta di informazioni aggiuntive per un aggiornamento della documentazione anagrafica e informativa della propria utenza”.

Allo sportello, però, ai correntisti non basta consegnare la scheda compilata. Prima di effettuare prelievi o versamenti anche di piccole somme devono sottostare alle domande personali degli impiegati, che vogliono sapere praticamente tutto, ponendo quesiti e pretendendo risposte al cospetto tutti gli altri correntisti in coda: in particolare “perché state prelevando questa cifra? Cosa ci dovete fare?”. Se un prete, o un religioso, risponde “la devo dare in beneficenza”, scattano altre domande su “chi saranno i beneficiari?, e perché la cifra va data proprio a loro?”. Capita spesso che qualche sacerdote destini mensilmente un aiuto ai clochard che stazionano davanti alla parrocchia, così non sanno i nomi di chi assistono. «O mi dice chi è il beneficiario e per quale motivo lei gli dà questi soldi o qui scrivo che lei usa questi 80 euro per motivi personali», è la secca risposta del funzionario Ior.

«E lei crede di evitare il riciclaggio adottando questi metodi?», ha tuonato un vescovo che voleva prelevare 300 euro. «Io con i soldi che prelevo ci faccio quello che voglio e non devo dar conto a nessuno. Siete voi dello Ior che dovete spiegarmi come avete utilizzato i miei risparmi. La verità è che avete perso credibilità e ora — ha protestato l vescovo — cercate di rifarvi una verginità con questi metodi vessatori contro i piccoli correntisti. Non mi vedrete mai più». Ora allo Ior temono che altri seguiranno il suo esempio.

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