Laici Libertari Anticlericali Forum

Ora di religione

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 23/9/2015, 19:18
Avatar

Group:
Administrator
Posts:
326

Status:


Dipende da bambino a bambino... c'è quello disinteressato o vuole approfondire. Ma cosa vuoi capire a quella età? ...
 
Top
view post Posted on 24/9/2015, 14:17
Avatar

Group:
Member
Posts:
11

Status:


CITAZIONE (Giorgio Fortunato @ 23/9/2015, 20:18) 
Ma cosa vuoi capire a quella età? ...

Mi dica, lei è mai stato bambino?
 
Top
view post Posted on 24/9/2015, 14:45
Avatar

Group:
Administrator
Posts:
326

Status:


CITAZIONE (La Ruota @ 24/9/2015, 15:17) 
Mi dica, lei è mai stato bambino?

Si, a quella età è normale fare fantasie no? Non si può negare di non farle. E la religione deve imporre delle regole alla fantasia?
 
Top
view post Posted on 24/9/2015, 15:57
Avatar

Group:
Member
Posts:
11

Status:


I bambini spesso hanno idee più chiare e soprattutto più e coerenti degli adulti.

A catechismo non vengono raccontate delle storie in quanto tali, ma spacciate per realtà oggettiva. Qui non si tratta di stimolare la fantasia con storie antiche, ma vero e proprio indottrinamento nella scuola laica.
 
Top
view post Posted on 12/10/2015, 16:53
Avatar

Group:
Administrator
Posts:
326

Status:


http://milano.repubblica.it/cronaca/2015/1...503/?refresh_ce


Ora di religione, classi quasi vuote ma non si possono accorpare. E' rivolta: "Privilegi anacronistici"

Nelle scuole della Diocesi di Milano spesso si fa lezione a due o tre studenti, secondo le regole stabilite da Stato e Chiesa più di 30 anni fa. I presidi: "In tempi di spending review è un'ingiustizia sulla quale bisogna iniziare a riflettere"
di TIZIANA DE GIORGIO

Quasi tutta la classe ha detto no all'ora di religione. E dietro ai banchi rimangono solo due studenti a cui fare lezione. È la scena che si ripete ogni settimana in una quinta del liceo classico Beccaria. Succede la stessa cosa al Virgilio: in una sezione del linguistico l'insegnante mandato dalla Curia (ma pagato come gli altri dallo Stato) fa lezione per un'ora davanti a due persone.

In un'altra ne trova tre, "lo scorso anno è capitato che ce ne fosse anche una sola", raccontano dalla scuola dove su 51 classi solo 11 contano più di 15 presenze durante l'ora di religione. È così per tantissime superiori milanesi, nei licei come nei tecnici e nei professionali. La Diocesi parla chiaro: anche se gli alunni che hanno scelto di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica sono meno di 15, "non sono ammessi accorpamenti". Unire gli studenti di più sezioni dello stesso anno per formare gruppi più numerosi, facendo coincidere l'ora, sarebbe considerato discriminatorio.

110648639-a7dfad27-060a-46d7-82fa-a747400dc0cf

Le parole scritte in un vademecum pubblicato sul sito della Chiesa milanese, con tutte le disposizioni per l'Irc, non sono inedite: sono regole che hanno radici nell'accordo del 1984 tra la Repubblica italiana e la Santa Sede e nella legge nazionale che ne ha dato esecuzione. Gli effetti, però, suonano se non altro fuori dal tempo, in epoca di spending review: i tagli agli organici per l'istruzione della precedente riforma hanno ridotto drasticamente il numero di insegnanti che entra ogni giorno nelle scuole, soprattutto alle elementari dove tutte le attività fatte con piccoli gruppi di bambini sono quasi scomparse: le maestre non bastano.

Le classi tutt'oggi vengono riempite fino al limite per risparmiare personale. E il provveditorato è ben attento a non autorizzare sezioni troppo piccole (alle superiori devono esserci non meno di 27 studenti per formarne una). Oculatezza amministrativa, se così si può definire, dalla quale viene escluso tutto il comparto dei docenti di religione: ogni classe ne ha uno dedicato per le ore previste dal programma. E poco importa se dentro c'è un solo alunno o trenta: tre iscritti nella sezione A non possono fare lezione con altri tre iscritti della B. E "non potest costituire criterio per formazione classi, et, pertanto, debet essere mantenuto unità classe cui appartiene alunno", precisa la Diocesi citando una circolare ministeriale dell'87 in cui viene usato anche il latino.

Gli studenti che frequentano l'ora di religione alle superiori sono il 68% degli iscritti nelle scuole statali della Diocesi di Milano (un territorio che comprende anche comuni di province come Lecco, Varese e Monza), per un totale di 121.455 alunni. Dati che ha in mano solo la Curia: la Direzione regionale - emanazione del Ministero da cui dipendono gli organici - non è in grado di conteggiarli: quanti professori di religione devono essere inviati in un istituto lo decide in automatico il numero delle classi attivate, non gli studenti.

A Milano le percentuali sono in media un po' più basse. Ma il dato complessivo di una scuola non esclude la presenza di classi di religione con pochissimi iscritti. Al classico Parini hanno detto sì all'ora di religione il 60% dei liceali. Ma sono 15 le classi con meno di 15 studenti quando arriva il docente della Diocesi. In terza ce ne sono tre da 11, in quinta una classe da quattro. Allo scientifico Volta (media 53%), uno dei più noti a Milano, sono diverse le sezioni con cinque, sette studenti. Otto le classi con meno di otto alunni per l'Irc al professionale Marignoni Polo, mentre al tecnico Feltrinelli su 50 sezioni (alcune anche di 31 studenti) in 36 casi l'insegnante di religione ha davanti meno di 15 studenti. Nella metà dei casi davanti alla cattedra ci sono fra i tre e i sei alunni.

"La legge nazionale è quella e a quella ci si attiene", si limita a dire don Gian Battista Rota, responsabile dell'Irc per la Diocesi. "Da anni mi sono chiesto perché sia così - ammette Giuseppe Soddu, preside del Parini - Mi sembra evidente che in un periodo in cui si razionalizza tutto, risorse professionali ed economiche, forse qualcuno dovrebbe iniziare a porsi il problema". Nicolina Francavilla, dirigente del Virgilio, ne fa una questione di equità: "Non lo trovo giusto - spiega - a parità di stipendio un insegnante di inglese o di matematica deve avere a che fare quotidianamente con una classe da trenta persone, corregge altrettanti compiti. Da responsabile di una scuola mi è difficile capire perché
non si possano raggruppare gli studenti dello stesso anno e risparmiare risorse".

Anche Caterina Spina, della Cgil, parla di mancanza di equità. Ma da un'altra prospettiva: "In due anni solo alle elementari abbiamo perso circa 2mila posti rispetto a quanto servirebbe - precisa - Non voglio mettere in discussione la necessità di lavorare per piccoli gruppi, ma allora lo stesso principio venga garantito anche per le altre esigenze della scuola".
 
Top
view post Posted on 17/1/2016, 05:26
Avatar

Group:
Administrator
Posts:
21,949

Status:


Toscana ancora prima per laicità, maglia nera il Molise.

Nota metodologica. Gli ultimi dati disponibili, quelli dell'anno scolastico 2014/2015, sono stati pubblicati dalla rivista Tuttoscuola e, per la prima volta, sono stati elaborati sulla base delle statistiche del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e non sui questionari che la Conferenza Episcopale Italiana invia alle diocesi.

orareligione

Dall'88,5% all'87,9% in un anno

https://it.wikipedia.org/wiki/Insegnamento...lia#Statistiche

Alunni avvalentisi insegnamento religione per anno scolastico
1994/5: 94,4%
2004/5: 91,8%
2014/5: 87,9%



www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.cgi?ID=37701/

RC: se ne avvale l'88% degli studenti

Nelle scuole statali italiane quanti sono gli alunni che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica (IRC)?

L’anno scorso sono stati complessivamente poco meno di 7 milioni (esattamente 6.927.849) pari all’87,9% dei 7.883.741 alunni/studenti frequentanti i diversi settori scolastici dall’infanzia agli istituti d’istruzione secondaria di II grado. Il 12,1% (956 mila) ha detto no all’IRC.

Il settore scolastico con la più alta percentuale di alunni che hanno detto sì all’IRC è stato quello della scuola primaria con il 92,3% (circa 2,4 milioni di alunni). Nella scuola dell’infanzia i bambini che si sono avvalsi hanno toccato il 91,3% (circa 933 mila).

Circa 1,5 milione (89,9%) il numero di studenti avvalentesi nella scuola secondaria di I grado.

Tra gli studenti delle superiori, l’80,7% ha detto di sì all’IRC: un numero ragguardevole (2.109.607) ben superiore a chi ha detto no (504.075) scegliendo le attività alternative.



Alunni avvalentesi dell’IRC a.s. 2014-15

Infanzia

Primaria

Sec. I gr.

Sec. II gr.

Totale

932.529

2.397.043

1.484.351

2.109.607

6.927.849

91,3%

92,3%

89,9%

80,7%

87,9%



L’anno prima, nel 2013-14, le opzioni per l’IRC erano state maggiori in termini assoluti e percentuali: gli avvalentesi erano stati pari all’88,2%, cioè uno 0,3 punti in percentuale in più equivalenti a circa 22 mila alunni.

La flessione di opzioni per l’IRC nel 14-15, rispetto all’anno precedente, ha riguardato tutti i settori scolastici con l’eccezione del settore delle superiori, notoriamente considerato il più esposto alle opzioni negative da parte degli studenti.

Infatti nel 2013-14 gli studenti degli istituti superiori che avevano scelto l’IRC erano stati 2.082.938 (l’80,7% del totale); nel 2014-15 sono stati 2.109.607, cioè 26.668 in più.

Se si tratta di una inversione di tendenza lo diranno tra qualche settimana le nuove iscrizioni.

Andando più indietro nel tempo e utilizzando i dati pubblicati annualmente da apposito servizio della CEI, risulta che nel 2001 erano il 93,4% gli studenti che si avvalevano dell’IRC (scesi al 91% del 2007/08 , al 90% del 2009-10 fino all’87,9% attuale). L’incidenza è dunque scesa di 5,5 punti percentuali in quasi tre lustri, ma bisogna considerare che nel frattempo sono aumentati considerevolmente gli alunni stranieri di altre religioni che possono decidere di non avvalersi dell'IRC.

tuttoscuola.com lunedì 11 gennaio 2016

www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.cgi?ID=37702

L’Italia divisa in due nella scelta dell'IRC

I dati pubblicati dall'apposito servizio della CEI hanno sempre evidenziato il netto divario territoriale sulla scelta dell'insegnmento della religione cattolica (IRC).

Ancora una volta l’Italia nelle scuole statali si divide nettamente in due: il Mezzogiorno con tutte le sue regioni fa registrare complessivamente le più alte percentuali di alunni che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica, mentre tutte le altre regioni, con l’eccezione delle Marche e dell’Umbria, hanno fatto registrare nel 2014-15 percentuali sotto la media nazionale.

Era stato così anche nel 2013-14 e negli anni precedenti, quasi a rimarcare con quei valori una differenza culturale e sociale, comprensiva anche del fatto che al nord e al centro vi è presenza di alunni stranieri che professano altre religioni.

Sotto la media nazionale (87,9% di alunni avvalentesi) si trova il cattolico Veneto (84,8%); in fondo a questa specie di graduatoria nazionale la Toscana (78,8%) e l’Emilia-Romagna (79%).

In testa il Molise (96,7%), seguito dalla Campania (96,6%) e dalla Puglia e Basilicata (96,4%).

Visto in negativo, cioè considerando coloro che non si avvalgono della IRC, è stata la Lombardia a far registrare con 220.337 opzioni su 1.182.049 (18,6%) il numero più elevato di alunni non avvalentisi, seguita dall’Emilia-Romagna con 113.168 su 539.887 alunni (21%).

Un’attenzione particolare merita il settore della secondaria di II grado dove le scelte di avvalersi sono spesso, come si sa, il risultato della opzione personale degli studenti anziché quella dei loro genitori.

Ebbene, pur confermando sostanzialmente i livelli di scelta del 2013-14, è stata la Lombardia con oltre 109 mila opzioni negative a far registrare il più elevato numero di opzioni negative verso l’IRC negli istituti superiori, seguita dal Lazio (58.503), Toscana (57 mila), Piemonte (poco meno di 57 mila) ed Emilia Romagna (meno di 55 mila).

Negli istituti superiori del Sud e delle Isole il numero degli studenti della secondaria di II grado che non si avvalgono della IRC supera di poco le 74 mila unità, cioè soltanto due terzi di quelli della Lombardia.

tuttoscuola.com lunedì 11 gennaio 2016

www.ilsussidiario.net/News/Educazio...-debole/669450/

Religione cattolica, una “legione” (88%) mai così debole

di Giovanni Cominelli – martedì 12 gennaio 2016

L’analisi dei dati forniti dal Miur a proposito dell’Irc (insegnamento della religione cattolica) nelle scuole statali e “lavorati” da Tuttoscuola conferma ciò che ogni scuola percepisce empiricamente: l’insegnamento di religione è massicciamente frequentato dall’87,9%; è in calo (del 5,5% in quindici anni); è sopra il 90% nella scuole di base e del primo ciclo, mentre sta all’81% nelle superiori; nelle Regioni del Nord il calo rispetto alla media nazionale è più vistoso; la Lombardia ha il numero più elevato di opzioni negative rispetto all’Irc.

Questa messe di dati pone una metadomanda radicale: questi dati a chi domandano cosa? A chi? Almeno a due soggetti: alle famiglie, alla società civile, alla politica; alla Conferenza episcopale italiana. Cosa? Quale ruolo formativo ed educativo dell’Irc? I dati di Tuttoscuola spingono a porsi quelle domande, ma non danno risposte.

Che invece dà una ricerca svolta nel corso dell’anno scolastico 2010-2011, commissionata dall’Ufficio scolastico per l’Insegnamento della religione cattolica al Centro di Ateneo della Qualità dell’Insegnamento e dell’Apprendimento dell’Università degli Studi di Bergamo, pubblicata dall’Editrice Studium nel 2013, a cura di Fabio Togni, con introduzione di Giuseppe Bertagna e postfazioni di James Organisti e Elio Damiano. Era nata dall’estensione alla Lombardia di un lavoro analogo, che era stato svolto nella diocesi di Bergamo lungo gli anni scolastici 2006-2007 e 2007-2008. Il campione di questa ricerca è molto vasto: 6.670 studenti, il 10% dell’universo di studenti dell’ultimo anno di ciascun grado dell’ordinamento.

Rinviando gli eventuali interessati alla pubblicazione, basterà qui riportare l’essenziale. I questionari “interpellano” gli studenti su quattro nuclei tematici: biblico, teologico-dogmatico, cristologico, ecclesiologico. I risultati sono negativamente eclatanti.

Il primo: gli studenti che hanno una buona conoscenza della religione cattolica sono compresi in un range tra il 20% e il 40%.

Il secondo: ignoranza crassa della Bibbia.

Terzo: l’indice di performance è superiore nelle scuole statali rispetto a quelle paritarie. Quarto: imparano di religione più fuori che a scuola. Alla domanda: “da chi hai imparato le risposte?”, relative ai quattro nuclei di cui sopra, gli studenti praticanti — il 38% del campione dell’ultimo anno delle superiori — rispondono: dalla lezione di religione a scuola 28,5%; dalle altre materie scolastiche 2,3%; dalla famiglia 20,2%; dalla catechesi 31,9%; dalla frequenza di gruppi, movimenti, associazioni 9,5%; dagli amici 1,9%; dai programmi televisivi 0%. Il 17,3% non risponde. Da ultimo: man mano si sale di età, decresce l’interesse verso l’Irc.

Fin qui siamo al livello della verifica delle conoscenze. Ma se facessimo il passo ulteriore e necessario, quello che si deve fare per ogni materia di insegnamento — la certificazione delle competenze — cioè accertare se la conoscenza diventi pietra angolare della costruzione dell’identità personale, del Sé, qui ci troveremmo nel regno dell’inverificabile. Dati non esaltanti, che nessun trionfalismo sul numero massiccio dei partecipanti all’Irc, quale emerge dalle statistiche ministeriali, dovrebbe coprire.

In effetti, si pone qui drammaticamente l’interrogativo sulla consistenza epistemologica e perciò didattico-educativa dell’Irc. In primo luogo, alla società civile italiana, alla politica, all’intero Paese. Se la domanda religiosa è una costante antropologica, cui le varie fedi hanno dato nella storia una risposta diversa, chiunque voglia educare la persona, si deve porre il problema dell’approccio al fenomeno religioso come “fenomeno umano”, per usare l’espressione di Teilhard de Chardin. L’attuale ora di religione non risponde alla domanda, alla necessità, al bisogno culturale di un’educazione civile integrale. L’effetto è l’ignoranza della Bibbia, l’incomprensione del mondo presente e dei suoi conflitti. Poiché la religione cristiana si è intrecciata alla storia delle civiltà; poiché, in particolare, essa sta alla base della storia e dell’identità europea, il deficit educativo e formativo è particolarmente grave. Nell’epoca della globalizzazione e dei conflitti tra sunniti/sciiti, del ritorno di persecuzioni sanguinose contro i cristiani, di un persistente antisemitismo, l’Irc cosiffatta è sostanzialmente inutile. Non spetta certo a me parlare dal punto di vista della Conferenza episcopale italiana. Ma osservo, dall’esterno, che un tale Irc non aiuta a conquistare la fede. La sensazione è che l’inadeguatezza dell’Irc contribuisca a far smarrire la fede trasmessa per via familiare.

Nato in un contesto storico in cui la religione cattolica era la religione dello Stato — così che l’insegnante di religione era, in quanto prete, funzionario della Chiesa e, in quanto insegnante, funzionario dello Stato – l’insegnamento della religione ha perso con il Concordato del 1984 l’aureola della religione di Stato, ma ha mantenuto contenuti e funzioni rispetto alla tradizionale organizzazione della didattica per materie.

Come indicano le due postfazioni della ricerca, si aprono due strade per il futuro dell’Irc:

trasformare l’Irc in catechesi, come propone James Organisti, in base ad una constatazione antropologica — “la religione è una modalità radicale di accesso alla propria identità” — e cristologica – “la storia di Gesù non è che la rivelazione stessa” —. Questa trasformazione porta inevitabilmente l’insegnamento della religione fuori dalle mura dalla scuola pubblica. Neppure le scuole cattoliche paritarie potrebbero offrire catechesi. Solo la comunità dei credenti può farlo.
scolarizzare integralmente l’Irc, come propone Elio Damiano, individuando “oggetti di conoscenza non catechetici e non teologici”, bensì, appunto, storicoculturali. Questa strada porta ad integrare l’Irc nelle altre discipline, facendone un punto di intersezione. Ma qui si dovrebbe aprire la discussione sulla scelta e la preparazione del personale docente dell’Irc. Finora la Cei si è sempre rifiutata di riesaminare l’assetto istituzionale e culturale dell’Irc, perché il Concordato assegna ai vescovi il potere di scegliere gli insegnanti di religione. La contrattazione tra la Cei e il ministro Moratti portò nel luglio del 2002 all’approvazione di un decreto, elaborato sulla base di un analogo disegno di legge a suo tempo presentato dall’ex ministro diessino De Mauro e già approvato dal Senato nella precedente legislatura con la maggioranza ulivista, che tolse dal precariato gli insegnanti di religione, collocandoli in ruolo, sempre previa approvazione del vescovo. Ovviamente, la piena scolarizzazione dell’Irc non impedisce la contemporanea “catechizzazione” in ambito di comunità credente, in primo luogo nelle parrocchie.
Intanto, questa ricerca non è entrata nel dibattito pubblico. E’ stata diplomaticamente consegnata alla critica roditrice dei topi. Eppure, la realtà è davanti agli occhi: il fallimento sostanziale dell’Irc. Oggi gli occhi di chi dovrebbe guardare sono coperti dal velo opaco di interessi materiali — al Sud le numerosissime sedi vescovili non vogliono perdere il potere di assegnare posti di lavoro — e di conservatorismo ideologico. Intanto i nostri ragazzi restano i più ignoranti d’Europa in fatto di Bibbia e più analfabeti religiosi. Quanto tutto ciò possa minare la formazione dell’uomo e del cittadino già si può vedere.

Edited by GalileoGalilei - 17/1/2016, 05:46
 
Web  Top
view post Posted on 18/1/2016, 16:29
Avatar

Group:
Administrator
Posts:
21,949

Status:


Non avvalentisi per regione

Toscana 21,2%
Emilia R. 21,0%
Trentino A.A 15,69%
Veneto 15,2%
Basilicata 3,6%
Puglia 3,6%
Campania 3,4%
Molise 3,3%

Italia 12,1%


Edited by GalileoGalilei - 30/1/2016, 21:48
 
Web  Top
Olgo Polovo
view post Posted on 9/11/2016, 18:50




Sempre impiegata per copiare i compiti delle materie delle ore successive, non mi ha traumatizzato :))))
 
Top
202 replies since 18/1/2007, 12:18   2800 views
  Share