Assisi, il ‘Cortile dei gentili’ invita anche GraylingIn vista dell’incontro interreligioso ad Assisi del prossimo 27 ottobre, Benedetto XVI ha invitato anche
alcuni atei nel suo ‘Cortile dei Gentili’. Si tratta della psicanalista e filosofa francese Julia Kristeva, il professore di filosofia alla UCLA Remo Bodei, il messicano Guillermo Hurtado, tra i fondatori della rivista Dìanoia e il filosofo Anthony Clifford Grayling, promotore del New College of the Humanities a Londra.
Prima di lanciare il progetto del ‘Cortile dei Gentili’, il card. Gianfranco Ravasi, presidente per il Pontificio consiglio per la cultura, aveva definito l’UAAR
“folcloristica”. Ma ha invitato Grayling, presidente della British Humanist Association e socio onorario della National Secular Society. Entrambe associazioni che rappresentano i non credenti in Gran Bretagna e aderiscono all’IHEU (International Humanist and Ethical Union), organizzazione che riunisce le realtà atee e agnostiche e di cui fa parte proprio l’UAAR. Lo stesso Grayling, noto per il suo attivismo sul fronte laico, è stato anche uno dei relatori al convegno In un mondo senza Dio organizzato dall’UAAR lo scorso maggio a Genova.
Valentino Salvatore
http://www.uaar.it/news/2011/10/18/assisi-...anche-grayling/____________________________________________________________
Ravasi fa il methòrios, ma ben armato di teologia e VangeloGiulio Cesare Vallocchia*
Su Il Sole-24 Ore (
vedi sotto, ndr) leggiamo una presentazione del libro di prossima uscita “Il Cortile dei Gentili” a cura del suo stesso autore, Gianfranco Ravasi, plenipotenziario pontificio per il dialogo con gli atei. Elegante, colta, ricca di citazioni ma soprattutto diplomatica la paginetta di esaltazione con cui Ravasi elogia il ruolo di “methòrios” che si è assegnato, vale a dire di “osservatore” sul confine che separa il mondo dei credenti in una (nel suo caso) immaginaria entità soprannaturale e quello degli atei e agnostici o solo dubbiosi sul variegato mondo del paranormale.
Nobile l’intento se la prassi seguita fosse quella neutralità del “methorios”, l’osservatore che sta sul confine, forte dei sui princìpi ma disposto a metterli in discussione nel dialogo con quelli che stanno al di là. Non è proprio così nel caso del Ravasi che scrive: “Ponendomi per congruenza sul territorio del credere a cui appartengo, vorrei solo evocare la ricchezza che questa regione rivela nei suoi vari panorami ideali. Pensiamo al raffinato statuto epistemologico della teologia come disciplina dotata di una sua coerenza, alla visione antropologica cristiana elaborata nei secoli…”.
Nel suo articolo, di fatto, accredita alla sola teologia (la scienza del nulla fondata sulle favole, secondo il nostro punto di vista) e al Vangelo del cristianesimo inventato da Paolo di Tarso e poi arricchito di fantasiose invenzioni dai suoi epigoni, il ruolo di fonte indiscutibile di verità eterna, assoluta, immodificabile. Se il Cortile dei Gentili, il luogo ideale che su stimolo di Benedetto XVI dovrebbe essere deputato all’incontro fra cattolici e non credenti, sarà solo l’arena in cui Ravasi ascolta interlocutori che, nelle due o tre occasioni già verificatesi, sono stati scelti fra quelli che, pur non credenti, appaiono meno critici e comunque non ostili rispetto al presunto “magistero” della chiesa cattolica, difficilmente potrà avere un ruolo diverso da quello svolto dagli insegnanti dell’ora di religione a scuola.
Abbia il coraggio, Ravasi, di chiamare a discutere gli intellettuali liberi da qualsiasi forma di devozione e poi potremo apprezzare anche quel ruolo di “methòrios” che rivendica al riparo della sua indefettibile fede nella teologia cristiana.
* Curatore del sito No God.
http://www.uaar.it/news/2011/10/17/ravasi-...ologia-vangelo/
Il divino, una passione ateaGianfranco Ravasi
Interrogarsi sul significato ultimo dell'esistere non coinvolge, certo, lo scettico sardonico e sarcastico che ambisce solo a ridicolizzare asserti religiosi. Tra l'altro, uno che di ateismo s'intendeva, come il filosofo Nietzsche non esitava a scrivere nel Crepuscolo degli dei (1888) che «solo se un uomo ha una fede robusta, può indulgere al lusso dello scetticismo». Neppure il razionalista, avvolto nel manto glorioso della sua autosufficienza conoscitiva, vuole correre il rischio di inoltrarsi sui sentieri d'altura della sapienza mistica, secondo una grammatica nuova che partecipa del linguaggio dell'amore, che è ben diverso dalla spada di ghiaccio della pur importante ragione pura. Né è interessato a questo dialogo l'ateo confessante che, sulla scia dello zelo ardente del marchese de Sade della Nouvelle Justine (1797), presenta il suo petto solo al duello: «Quando l'ateismo vorrà dei martiri, lo dica: il mio sangue è pronto!».
L'incontro tra credenti e non credenti avviene quando si lasciano alle spalle apologetiche feroci e dissacrazioni devastanti e si toglie via la coltre grigia della superficialità e dell'indifferenza, che seppellisce l'anelito profondo alla ricerca, e si rivelano, invece, le ragioni profonde della speranza del credente e dell'attesa dell'agnostico. Ecco perché si è voluto pensare da parte del Pontificio Consiglio della Cultura a un «Cortile dei Gentili», sulla scia di una sollecitazione di Benedetto XVI durante un suo discorso rivolto alla Curia romana nel dicembre 2009. Lasciamo da parte la denominazione storica che ha solo una funzione simbolica, evocando l'atrio che nel tempio di Gerusalemme era riservato ai «gentili», i non ebrei in visita alla città santa e al suo santuario. Fermiamoci, invece, sul suo aspetto tematico, così come lo fa balenare Dagerman.
Uno degli intellettuali ebrei più aperti del I secolo d.C., Filone di Alessandria, artefice di un dialogo tra ebraismo ed ellenismo – quindi secondo i canoni di allora, tra fedeli jahvisti e pagani idolatrici –, definiva il sapiente con l'aggettivo methórios, ossia colui che sta sulla frontiera. Egli ha i piedi piantati nella sua regione, ma il suo sguardo si protende oltre il confine e il suo orecchio ascolta le ragioni dell'altro.
Per attuare questo incontro ci si deve armare non di spade dialettiche, come nel duello tra il gesuita e il giansenista del film La via lattea (1968) di Buñuel, ma di coerenza e rispetto: coerenza con la propria visione dell'essere e dell'esistere, senza slabbramenti sincretistici o sconfinamenti fondamentalistici o approssimazioni propagandistiche; rispetto per la visione altrui alla quale si riservano attenzione e verifica. Si è, invece, incapaci di ritrovarsi su quel confine tra i due cortili simbolici del tempio di Sion, l'atrio dei gentili e quello degli israeliti, quando ci si arrocca solo in difesa dei propri idoli. Nell'Adolescente (1875) Dostoevskij, sia pure con la passione del credente, li identificava con chiarezza. Da un lato, infatti, affermava che «l'uomo non può esistere senza inchinarsi...
Si inchinerà, allora, a un idolo di legno o d'oro, o del pensiero... o di dèi senza Dio». D'altro lato, però, riconosceva che vi sono «alcuni che sono davvero senza Dio, solamente fanno più paura degli altri, perché vengono col nome di Dio sulle labbra». Ecco la tipologia comune a coloro che non si fermeranno a dialogare su quella frontiera: chi è convinto di aver già in sé tutte le risposte e di doverle solo imporre. Questo, però, non significa che ci si presenta soltanto come mendicanti, privi di qualsiasi verità o concezione della vita. Ponendomi per congruenza sul territorio del credere a cui appartengo, vorrei solo evocare la ricchezza che questa regione rivela nei suoi vari panorami ideali. Pensiamo al raffinato statuto epistemologico della teologia come disciplina dotata di una sua coerenza, alla visione antropologica cristiana elaborata nei secoli, all'investigazione sui temi ultimi della vita, della morte e dell'oltrevita, della trascendenza e della storia, della morale e della verità, del male e del dolore, della persona, dell'amore e della libertà; pensiamo anche al contributo decisivo offerto dalla fede alle arti, alla cultura e allo stesso ethos dell'Occidente.
Questo enorme bagaglio di sapere e di storia, di fede e di vita, di speranza e di esperienza, di bellezza e di cultura è posto sul tavolo di fronte al «gentile» che potrà, a sua volta, imbandire la mensa della sua ricerca e dei suoi risultati per un confronto.
Da un simile incontro non si esce mai indenni, ma reciprocamente arricchiti e stimolati. Sarà un po' paradossale, ma potrebbe essere vero quello che Gesualdo Bufalino scriveva nel suo Malpensante (1987): «Solo negli atei sopravvive oggigiorno la passione per il divino».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
il cortile dei gentili
Sarà in libreria dal 19 ottobre Il Cortile dei gentili (Donzelli, Roma, pagg. 150, € 16,50) che, con la prefazione di Ivano Dionigi, raccoglie i contributi di Gianfranco Ravasi (di cui pubblichiamo in questa pagina uno stralcio), Julia Kristeva, Sergio Givone, Massimo Cacciari, Augusto Barbera, Vincenzo Balzani, Giuliano Amato. Il «Cortile dei gentili» approda domani pomeriggio (alle 17) a Firenze al Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio con un incontro dal titolo «Umanesimo e bellezza ieri e oggi». Creato dal cardinale Gianfranco Ravasi in risposta all'invito di Benedetto XVII, il Cortile dei gentili ha l'intento di stimolare e raccogliere riflessioni di credenti e atei.
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/201...81550_PRN.shtml