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I bimbi ebrei sopravvissuti alla Shoah, convertiti a forza e rapiti dal Vaticano e dai cattolici francesi, Francia 1945 - 1953, un secolo dopo il caso Mortara monache, preti e zelanti cattolici tentarono di trattenere orfani affidati dai genitori prima dell'Olocausto

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view post Posted on 26/1/2024, 12:20

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Robert e Gerard Finaly i due bimbi rapiti

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I fratellini “rapiti” dal clero perché ebrei
REDAZIONE 01/10/2020
La verità sul caso di Robert e Gerard Finaly, i due fratellini ebrei contesi tra Vaticano e Israele negli anni ’50.


Questo racconto si basa su documenti custoditi in Vaticano a cui si è avuto accesso (da parte di studiosi selezionati) soltanto a partire dal marzo dello scorso anno. L’accesso riguarda il periodo del pontificato di Pio XII, dal 2 marzo 1939 fino alla sua morte il 9 ottobre 1958. Ogni anno vi possono accedere solo 1200 studiosi da 60 Paesi. Le informazioni sono state raccolte da David Kertzer, vincitore del Premio Pulitzer per le Biografie nel 2015, il quale le ha pubblicate a fine agosto in un articolo su The Atlantic.

Nel 1938, immediatamente dopo l’Anschluss, il dottor in medicina Fritz Finaly e la moglie Anna, entrambi ebrei, lui di 37 e lei di 28 anni, fuggirono dall’Austria cercando di andare in Sud America. Non ci riuscirono e trovarono allora rifugio in un paesino poco lontano da Grenoble, in Francia. Dopo la creazione dello Stato fantoccio di Vichy fu impossibile continuare ad esercitare ufficialmente come medico ma, se pur in modo fortunoso, la coppia riuscì a sopravvivere. Nel 1941 Anna partorì il figlio Robert e nel 1942 il secondogenito Gerald. Nonostante la campagna antisemita instaurata dal governo del maresciallo Pétain su pressione dei tedeschi, i genitori riuscirono a circoncidere entrambi i bambini secondo i dettami della loro religione.

Purtroppo, la pressione tedesca sul governo di Vichy contro gli ebrei andò aumentando e impauriti dall’intensificarsi delle ispezioni della Gestapo, i due decisero, nel febbraio 1944, di mettere al sicuro i due bambini affidandoli ad una loro amica, tale Marie Paupaert.

Temevano di essere arrestati e, infatti, quattro giorni dopo i tedeschi li catturarono e li deportarono ad Aushwitz dove morirono poche settimane più tardi. L’amica francese, visto ciò che era successo ai due amici, temette che i tedeschi potessero venire a cercare i bambini e li portò al convento di Notre Dame de Sion a Grenoble, sperando che fosse un luogo più sicuro.

Tuttavia, le suore, sentendosi incapaci di prendersi cura di due esseri così piccoli, li consegnarono a loro volta ad una locale scuola materna diretta dalla Signora Antoinette Brun, una donna di mezza età non sposata.

Quella appena descritta potrebbe essere una delle innumerevoli storie di famiglie di ebrei in fuga dai nazisti e ricorda anche quanto successe a quella eccezionale scrittrice ebrea che fu la russa (rifugiatasi in Francia dopo la rivoluzione) Irene Nemirovsky.

Si tratta, invece, di una storia speciale che suscitò scalpore nella Francia dei primi anni cinquanta e che ha acquistato una nuova luce dopo che il 24 marzo 2019 è stato dato libero accesso agli Archivi Segreti Vaticani (oggi denominati Archivio Apostolico Vaticano) per i documenti riguardanti il periodo del papato di Pio XII.

Tutto cominciò quando, nel Febbraio 1945 e con la Francia già occupata dagli alleati, una sorella di Fritz, Margherita Finaly (rifugiatasi in Nuova Zelanda durante gli anni terribili), cercò di ottenere che i due nipotini la potessero raggiungere nel suo nuovo Paese di residenza.

Margherita scrisse alla Brun ringraziandola e chiedendo il suo aiuto per organizzare il viaggio di Robert e di Gerald. La Brun rispose in maniera evasiva all’ipotesi di lasciar partire i due bambini (allora di quattro e tre anni) affermando anche di essere stata nominata loro tutrice da un giudice locale. Margherita non si dette per vinta e assieme alle altre due sorelle, una che viveva in Israele, l’altra anch’essa in Nuova Zelanda e con la cognata Auguste (moglie del fratello Richard catturato e ucciso dai nazisti a Vienna) scrisse al sindaco del paesino. In assenza di alcun riscontro positivo, Auguste che viveva in Gran Bretagna si recò a Grenoble per incontrare la Brun. Costei, anziché collaborare si dimostrò ostile ed affermò definitivamente che non avrebbe mai restituito i bambini.

A questo punto comincia il vero dramma, la cui storia diventa più completa grazie alla lettura dei documenti custoditi in Vaticano. Si scopre così che la Brun con l’accordo del vescovo locale aveva battezzato i due bambini nonostante ne conoscesse l’ascendenza ebraica e che, essendo essi diventati cattolici, erano “proprietà” della Chiesa di Roma e mai più sarebbero stati “sottomessi” ad una famiglia ebrea.

I Finaly si rivolsero allora ad un tribunale francese che nel Luglio 1952 ordinò alla Brun di consegnare i bambini ai parenti dei genitori. Come tutta risposta le locali le suore del convento di Notre Dame de Sion li nascosero, sembra su suggerimento dell’arcivescovo di Lione il Cardinale Gerlier. Nel Novembre 1952 il tribunale francese emise un ordine esecutivo ma le suore si rivolsero alla Corte d’Appello per chiedere una nuova sentenza.

Nel frattempo, la stampa francese aveva cominciato ad occuparsi del caso e il Cardinale Gerlier chiese istruzioni al Vaticano. Il Sacro Uffizio (oggi conosciuto come Congregazione per la Dottrina della Fede) suggerì, come risposta, di attendere la sentenza della Corte d’Appello e comunque, in caso di decisione sfavorevole, di “suggerire alla signora Brun di resistere, magari appellandosi alla Corte di Cassazione, e di usare tutti i mezzi legali per ritardare il più a lungo possibile l’esecuzione di una eventuale nuova sentenza sfavorevole.

Nell’attesa del nuovo giudizio, le suore decisero di spostare i bambini in una scuola cattolica vicino al confine spagnolo e di registrarli colà sotto falso nome. Prima di farlo, chiesero e ottennero l’approvazione del vescovo locale. La giustizia francese non fu inerte e il 29 gennaio 1953 la madre superiora del convento fu arrestata. Con lei finirono in prigione alcuni monaci e suore considerati complici. Il Sacro Uffizio informò per iscritto Papa Pio XII di quanto stava accadendo, specificando che “gli ebrei, in combutta con i massoni e i socialisti hanno organizzato una campagna di stampa internazionale” su questo caso.

La cosa, oramai di dominio pubblico, stava diventando imbarazzante per le gerarchie cattoliche e il Vaticano, con la mediazione dell’ambasciata francese a Roma e il Nunzio a Parigi cercò quindi un accordo che prevedeva la consegna dei ragazzi ai parenti purché ci fosse la garanzia che “si prendano le opportune precauzioni per assicurare che loro (i ragazzi) non siano soggetti a diventare ancora ebrei”. L’allora Cardinal Montini (poi Papa Paolo VI), incaricato dal Papa di seguire l’affaire, scrisse al Nunzio a Parigi un telegramma in codice:

“E’ bene che il Sacro Uffizio non appaia (come ispiratore dell’accordo – n.d.r.)”. In altre parole, il Vaticano appoggiò dapprima la sparizione dei ragazzi ma, in un secondo momento, volle che tutta la questione apparisse soltanto come dovuta a responsabilità locali.

Nonostante l’intesa apparentemente raggiunta e gli arresti e le sentenze dei tribunali francesi, i due ragazzi furono inviati in un convento di monaci in Spagna con l’ordine di essere tenuti nascosti. Nel frattempo, col tentativo di recuperare il favore dell’opinione pubblica, il Cardinale Montini mandò al Nunzio Vaticano in Svizzera la bozza di un articolo che avrebbe dovuti apparire su un giornale locale come firmato da un qualunque redattore. Nel pezzo, ritrovato tra i documenti vaticani, si sosteneva che i due ragazzi si autoconsideravano dei “rifugiati” e invocavano il diritto d’asilo in Spagna. Era l’aprile del 1953 e i ragazzi avevano oramai dodici e undici anni.

Passarono altri tre mesi senza nuove notizie. Si sapeva che stavano in Spagna ma non esattamente dove. Si mossero allora la diplomazia francese, quella spagnola e quella israeliana. Alla fine, il clero spagnolo affermò ufficialmente che “senza un ordine formale che arrivi da Roma, i ragazzi rimarranno nella clandestinità”.

La pressione mediatica mondiale comunque stava montando e, ad un certo punto, in Vaticano si cominciò a temere per la ripercussione negativa sull’immagine del papato stesso. L’Osservatore Romano pubblicò allora un articolo in cui si sosteneva che l’accordo raggiunto dall’episcopato francese non avrebbe permesso alla famiglia Finaly di portare i ragazzi in Israele per farli diventare ancora ebrei.

“I due ragazzi … hanno dichiarato il loro desiderio di rimanere cattolici … di professare e praticare il cattolicesimo “.

Le pressioni dell’opinione pubblica, tuttavia, erano così così forti in Francia da obbligare il Vaticano a dare via libera alla restituzione dei due ragazzi. Il 25 di Luglio i due atterravano finalmente a Tel Aviv.

Ciononostante, il cardinale Montini scrisse alla fine di settembre una lettera di protesta al governo francese attraverso l’ambasciatore presso il Vaticano sottolineando che i due ragazzi erano stati battezzati e che con il loro viaggio in Israele “la loro educazione cattolica sarebbe stata compromessa”.

Gerard dopo essere diventato ufficiale dell’esercito israeliano ha lavorato come ingegnere. Robert ha esercitato da medico, esattamente come suo padre.

A difesa di Montini occorre ricordare che, da Papa, portò a termine il Concilio Ecumenico Vaticano II e nel 1965 fece pubblicare un testo (Nostra Aetate-già preparato in bozza da Giovanni XXIII col titolo Decreto sugli Ebrei) in cui si sosteneva che la religione giudaica e gli ebrei, così come gli islamici, dovevano essere considerate con totale rispetto.

https://fr.wikipedia.org/wiki/Affaire_Finaly

Il caso Finaly ebbe luogo in Francia dal 1945 al 1953 e riguardò la custodia di due bambini ebrei i cui genitori deportati erano vittime della Shoah . Durante la seconda guerra mondiale , i coniugi Finaly, che vivevano nella regione di Grenoble e sapevano di essere minacciati, affidarono i loro due figli a un istituto cattolico. I genitori vengono deportati e uccisi nel centro di sterminio nazista Auschwitz-Birkenau ; i bambini furono poi affidati a un tutore cattolico che, al momento della Liberazione , si rifiutò di restituirli ai parenti stretti con il pretesto che erano stati battezzati. Resa pubblica, la vicenda coinvolse numerose personalità cattoliche, ebraiche e governative, la Chiesa cattolica come istituzione e perfino lo Stato franchista spagnolo , e diede luogo a molteplici azioni legali.

Nel 1953 i figli Finaly furono definitivamente affidati ai familiari più stretti . Questa vicenda, nella quale l'antisemitismo appare apertamente, degenerò così in una “guerra di religione”, addirittura in un affare di Stato, e per molti anni deteriorò notevolmente i rapporti tra le autorità religiose ebraiche e cattoliche 1 . Ma ha anche permesso ai cattolici e in particolare alle Suore di Notre-Dame de Sion di pensare a nuovi rapporti con gli ebrei 2 .

I fatti
Seconda Guerra Mondiale
Nel 1938 , in seguito all'Anschluss , Fritz Finaly, medico ebreo austriaco (nato il 26 marzo 1906 a Klosterneuburg 3 ) e sua moglie Annie 4 , nata Schwarz (nata il 18 febbraio 1915 a Gmünd 3 ), si rifugiarono in Francia all'8 chemin du Pont Proullier 3 a La Tronche , vicino a Grenoble 5 . La giovane coppia diede alla luce due figli: Robert the14 aprile 1941e Geraldo3 luglio 1942. I bambini vengono circoncisi e ricevono nomi ebraici come secondo nome: Ruben per Robert e Guédalia per Gérald. Fritz Finaly, che aveva inviato per Robert una dichiarazione di nazionalità francese , voleva che uno dei suoi due figli si stabilisse come medico a La Tronche, “dove tutti mi erano devoti” 6 . IL14 febbraio 1944, i coniugi Finaly furono arrestati dalla Gestapo , poi furono deportati dalla stazione di Bobigny con il convoglio n° 69 della data7 marzo 19447 ad Auschwitz dove furono assassinati.

Sentendosi minacciati, Annie e Fritz Finaly avevano nascosto i loro due figli , rispettivamente di due e tre anni, nell'asilo nido Saint-Vincent de Paul a Meylan , vicino a Grenoble, mettendo a conoscenza del segreto una loro amica, Madame Poupaert. Questi ultimi, temendo che i bambini venissero scoperti, chiesero aiuto al convento delle monache della Congregazione di Notre-Dame de Sion , a Grenoble, accorseFebbraio 1944di Madre Clotilde. A causa della giovanissima età dei bambini Finaly e del fatto che accolgono solo bambine, le suore non possono tenerle nel loro collegio; Propongono di affidarli a una combattente della resistenza, fervente cattolica, Antoinette Brun, single, direttrice dell'asilo comunale di Grenoble , che già nasconde nove bambini ebrei nel castello di Hayes à Vif . Quest'ultima inizialmente rifiuta perché non ha abbastanza soldi per provvedere ai loro bisogni, avendo già a suo carico molti bambini adottati, ma le suore le offrono una piccola pensione per prendersi cura di loro, tanto che lei accetta. , grazie anche su insistenza di uno dei suoi figli adottivi di 17 anni, Giuseppe: “Mamma, quello che hai fatto per me, devi farlo per loro”. Pochi giorni dopo Joseph Brun morì cadendo da un carro durante un esercizio di ginnastica 8 . Antoinette Brun nasconde i fratelli Finaly nel castello dove è soprattutto la governante Marie a prendersi cura di loro 9 . Erano molto malati in quel momento, Robert Finaly era stato operato pochi giorni prima di una grave mastoidite e Gérald Finaly soffriva di dissenteria .

Dopoguerra
Alla fine della guerra , nel febbraio del 1945 , Margarete Fischl, sorella del dottor Finaly e residente in Nuova Zelanda , partì alla ricerca dei suoi nipoti che sapeva erano scampati alla deportazione , attraverso il Work Children's Rescue (OSE), uno dei Organizzazioni ebraiche che cercano diligentemente bambini nascosti o scomparsi. Chiede a un ex combattente della resistenza, Moïse Keller, di aiutarla nei suoi sforzi. Poi una cognata di Fritz Finaly, Augusta, tornata in Austria, fece una deviazione a Grenoble e visitò i bambini, accompagnata da un rappresentante dell'OSE. La signorina Brun si rifiuta di restituirli e viene nominata legalmente tutrice dei due bambini “provvisoriamente”. Trascina le cose, sperando che il tempo giochi a suo favore e che le zie abbandonino i loro sforzi. Alla fine fece battezzare Robert e Gérald da padre André Pichat28 marzo 1948presso la chiesa Saint-Jean-Baptiste a Vif 10 . La signora Fischl e sua sorella Rosner , che vive in Israele , hanno portato la questione in tribunale e hanno chiesto al famoso avvocato Maurice Garçon di difendere i loro interessi e quelli dei loro nipoti. Il procedimento durò diversi anni e, dopo diversi ricorsi, la giustizia francese ordinò il29 gennaio 1953che la custodia dei bambini venga restituita alla famiglia ed emette un mandato di arresto contro Antoinette Brun per rapimento di bambini. Alla fine fu arrestata, ma da molti mesi non aveva con sé i bambini, la cui “vera custodia” era stata assunta da Notre-Dame de Sion a Grenoble, la cui vocazione era sempre stata quella di convertire gli ebrei al cattolicesimo.11 .

Nel frattempo il Concistoro Centrale e i due rabbini capi , Henri Schilli e Jacob Kaplan , sono intervenuti presso le autorità politiche e religiose, allertando anche la stampa scritta . Ma i due bambini sono scomparsi e la loro foto è stata pubblicata dalla stampa. Prima del suo arresto, la superiora di Notre-Dame de Sion li ha affidati allo stabilimento di Notre-Dame de Sion a Marsiglia, al collegio dei padri di Timon-David Notre-Dame de la Viste a Saint-Louis e al sacerdote della parrocchia di Saint-Michel l'Archange a Marsiglia , poi al collegio Saint-Louis-de-Gonzague a Bayonne sotto la responsabilità dell'abate Barthélemy Setoain.

I bambini vengono riconosciuti dal preside del college, ma prima che intervenga la polizia , vengono portati dai trafficanti nei Paesi Baschi spagnoli . La vicenda assunse poi una dimensione internazionale , perché Franco intendeva approfittare della situazione, e fece controllare dal governatore (l'equivalente del prefetto) della provincia il soggiorno dei bambini, che la Chiesa riteneva dovessero essere allevati nella chiesa cattolica. religione.

La vicenda si trasformò in uno scandalo in Francia, colpendo particolarmente la comunità ebraica francese. La stampa di sinistra e anticlericale fu fortemente coinvolta, così come la stampa cattolica progressista, che condannò il comportamento di parte del clero. Di fronte a questa svolta degli eventi, il cardinale Pierre Gerlier , arcivescovo di Lione , ha deciso di negoziare con il gran rabbino Kaplan e con la famiglia dei bambini. IL6 marzo 1953, viene firmato un accordo al termine del quale i due bambini dovranno essere restituiti alle rispettive famiglie nel più breve tempo possibile. In cambio, la famiglia si impegna a ritirare le sue denunce contro il religioso. Il rabbino capo di Francia Jacob Kaplan garantisce questo ritiro. La combattente della resistenza francese (in seguito nominata Giusta tra le nazioni ) Germaine Ribière , che godeva della fiducia delle comunità ebraica e cattolica, ha svolto un ruolo di primo piano durante tutti questi colloqui.

Nel mese diGiugno 1953, due religiosi baschi spagnoli hanno preso l'iniziativa di consegnare i bambini Finaly alle autorità consolari francesi, in contraddizione con le autorità civili e religiose spagnole. Temporaneamente i bambini vengono sistemati a Melun ma la signorina Brun , liberata, reclama il diritto di visita, tanto che la famiglia Finaly decide28 luglio 1953per portarli in Israele, nel piccolo villaggio di Guedera 12 .

In Israele, all'interno della loro famiglia rispettosa della tradizione ebraica, i bambini ritornano all'ebraismo. Ruben Finaly divenne medico e Guédalia Finaly intraprese la carriera militare 13 .

Dopo la guerra, Antoinette Brun continuò a vivere a Grenoble dove rimase direttrice dell'asilo nido comunale; andò in pensione nel 1961.Gennaio 1962, rifiuta di partecipare al programma che Pierre Lazareff organizza sull'affare Finaly nell'ambito di Cinque colonne in prima pagina 8 . È morta il25 ottobre 1988ricoverata in un reparto di geriatria a Coublevie ( Isère ) all'età di 95 anni (è nata il12 maggio 1893) 14 . Aveva adottato undici bambini in trent'anni.

Reazioni
Il Concistoro Centrale e il Gran Rabbino di Francia Jacob Kaplan ringraziarono nel 1953 il cardinale Gerlier per la sua azione decisiva nel ritorno dei bambini Finaly.

Come racconta Germain Latour nel suo libro The Two Orphans: the Finaly Affair, 1945-1953 , questa vicenda, lungi dall'essere un affare “privato” contrapposto alla signorina Brun alla famiglia Finaly, è un tentativo da parte della Chiesa cattolica attraverso la Notre-Dame de Sion per strappare due bambini piccoli che aveva battezzato (solo nel 1948, cioè senza giustificazione di protezione dei bambini da parte delle autorità tedesche o francesi) alla loro famiglia naturale che già li reclamava. Va notato che entrambi i genitori dei ragazzi li avevano fatti circoncidere alla nascita, il che dimostra che volevano che i loro figli crescessero come ebrei. Molto presto Roma prese posizione contro la restituzione dei bambini a causa del loro battesimo e il cardinale Gerlier si occupò di trasmettere questo messaggio. Tutto viene fatto dalle autorità religiose per impedire il ritorno dei bambini. Dobbiamo solo all'ostinazione e alla dedizione di Moïse Keller 15 , amico di uno degli zii dei bambini, il felice esito di questa vicenda. Ma ci sono voluti otto anni di prove e colpi di scena.

Ci sono voluti soprattutto negoziati tra la Chiesa rappresentata dal cardinale Gerlier e la comunità ebraica rappresentata da Jacob Kaplan (malgrado l'opposizione di Moïse Keller).

Pierre Pierrard scrive: «È al grande rabbino Jacob Kaplan e Germaine Ribière che dobbiamo, nel 1953, il felice esito dell'affare Finaly che, per un certo periodo, avvelenò i rapporti tra la Chiesa cattolica e la comunità ebraica » 16 .

Questo è anche ciò che afferma Catherine Poujol , ricercatrice presso l' Università Libera di Bruxelles (CIERL), specialista in storia delle relazioni giudaico-cristiane , in un articolo pubblicato su Jewish Archives :

«Uomo di compromesso e fine negoziatore, Kaplan seppe appoggiarsi per raggiungere i suoi fini su reti affidabili di resistenti e di amicizie cattoliche ereditate dalla guerra che riattivarono i loro contatti per ritrovare i bambini. Credendo nelle virtù dell'apertura e del dialogo nonostante l'opposizione di alcune voci, ebraiche e non, appare capace di ascoltare con attenzione e totalmente determinato nelle sue scelte. Ha giocato sulla fiducia e ha vinto sapendo che il risultato ottenuto dipendeva dalla sua carriera personale 17 . »

Il rabbino capo analizza la sua lotta alla luce dell'economia di lungo periodo delle relazioni giudaico-cristiane: «Mi rallegro particolarmente al pensiero che il precedente caso di Mortara venga cancellato dal ritorno dei figli Finaly e penso di non esagerare nel dire che quest'ultimo evento ha una grande importanza per il rapporto tra la Chiesa e la Sinagoga” 17 .

Catherine Poujol ha messo in dubbio la sincerità del cardinale Gerlier, in seguito al ritrovamento di una nota vaticana23 ottobre 1946, consegnato al cardinale il30 aprile 1947. Questa nota, pubblicata senza l'autorizzazione di C. Poujol, alla fine del 2004, dallo storico italiano Alberto Melloni sul Corriere della Sera e ristampata su La Croix et le Monde , dice testualmente:

“In materia di bambini ebrei, che durante l’ occupazione tedesca furono affidati a istituti e famiglie cattoliche e che vengono richiesti dalle istituzioni ebraiche per essere loro consegnati, la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio ha emesso una decisione che può riassumersi come segue segue:

Evitate il più possibile di rispondere per iscritto alle autorità ebraiche, ma fatelo oralmente.
Ogni volta che sarà necessario rispondere, bisognerà dire che la Chiesa deve svolgere le sue indagini per studiare ogni caso in particolare.
I bambini battezzati non possono essere affidati a istituzioni che non sarebbero in grado di assicurare la loro educazione cristiana.
Per i bambini che non hanno più genitori, dato che la Chiesa se ne è fatta carico, non è opportuno che vengano abbandonati dalla Chiesa o affidati a persone che non hanno alcun diritto su di loro, almeno finché non saranno in grado di farlo. gestire da soli. Questo, ovviamente, per i bambini che non sono stati battezzati.
Se i figli sono stati affidati dai genitori, e se i genitori ora li reclamano, purché i figli non abbiano ricevuto il battesimo, potranno essere restituiti.
Si noti che questa decisione della Sacra Congregazione del Sant'Uffizio è stata approvata dal Santo Padre 18 . »

Per Gianni Valente, questo testo “risulta in definitiva una riproduzione finale non letterale delle indicazioni del Vaticano, una nota predisposta anche dalla nunziatura, ad uso dei vescovi francesi” 19 .

Dallo studio dell'archivio del cardinale Gerlier ma soprattutto del diario inedito del monaco Elizondo che è all'origine del ritorno in Francia dei figli Finaly, Catherine Poujol sostiene che il cardinale Gerlier, obbedendo alle istruzioni di papa Pio XII , svolse un ruolo doppio gioco e può essere ritenuto responsabile del rapimento dei due bambini e della loro fuga in Spagna . Lui stesso avrebbe avvertito il vescovo di Bayonne , mons. Léon-Albert Terrier , chiedendogli di porre i bambini in Spagna sotto l'autorità dell'arcivescovo di Toledo . In realtà fu il segretario del vescovo di Bayonne, l'abate Etchegaray (futuro cardinale), a supervisionare il passaggio clandestino dei bambini in Spagna la notte del 12.13 febbraio 1953e consegna ai contrabbandieri una lettera non destinata in alcun modo al Primate di Spagna ma a un ecclesiastico francese residente a Madrid, ben noto alle gerarchie religiose spagnole e agli ambienti di potere del generale Franco .

Le conseguenze della vicenda
I rapporti tra la Chiesa cattolica e l'ebraismo rimasero molto tesi per diversi anni, poi tenderono a normalizzarsi. IL26 marzo 1954, il presidente cattolico e i tre vicepresidenti, ebrei, protestanti e ortodossi , della federazione delle associazioni di amicizia giudeo-cristiana di Francia dichiarano che:

“Un battesimo contro la volontà dei genitori è riprovevole, la complicità nell'allontanare i figli dalla famiglia è scandalosa e bisogna fare di tutto perché una situazione del genere non si ripeta. »

L'Archivio Vaticano
Gli archivi di Papa Pio XII, precedentemente sigillati , sono stati aperti agli storici il 2 marzo 2020 per ordine di Papa Francesco . Uno dei primi a esaminare i dossier è stato l'antropologo e storico ebreo americano David I. Kertzer , vincitore del Premio Pulitzer 2015, il quale ha osservato che i documenti da lui consultati mostrano che il Vaticano ha ordinato al clero francese di non restituire i bambini Finaly alle loro famiglie 20 .
 
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