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P. Pio: sarà esposto il cuore strappato dal cadavere scavato dalla tomba, L'affare del culto necrofilo delle frattaglie del fratacchione

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view post Posted on 11/8/2023, 14:33

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La reliquia del cuore di Padre Pio sarà esposta ai fedeli

La reliquia del cuore di Padre Pio sarà esposta accanto al corpo nel mese di settembre, in vista della festa liturgica del santo di Pietrelcina. Lo ha annunciato al Tg1 il nuovo rettore del santuario di San Giovanni Rotondo, frate Aldo Braccato, intervistato in occasione dei cento anni dal testamento del santo del Gargano. "Esporremo la reliquia del cuore di Padre Pio durante i giorni della festa, per noi frati non c'è problema: tutto ciò che può favorire la devozione e permettere ai fedeli di accostarsi alla reliquia del corpo di Padre Pio, cuore compreso, non può che essere un bene», ha detto Broccato, spiegando che l'ultima parola spetta al vescovo e al dicastero per le cause dei santi. Broccato - ha riferito il servizio del Tg1 - ha detto anche che è allo studio un tunnel sotterraneo per permettere ai pellegrini di raggiungere in sicurezza, anche nei mesi invernali, la cripta della basilica disegnata da Renzo Piano dove è conservato il corpo del santo, anche per non doverlo spostare in Santa Maria delle Grazie, "Noi preferiamo che Padre Pio stia fermo, è bene che possa essere così", ha detto.

Da Il Messaggero.it
 
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view post Posted on 18/8/2023, 08:52

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Il diario del Papa Buono: "Non sto perseguitando padre Pio". Documento esclusivo
Tiscali.it pubblica in prima assoluta un estratto dei quaderni di Giovanni XXIII divenuto santo. Un inedito che chiarisce un’annosa polemica con il santo frate di Pietrelcina
Il diario del Papa Buono: 'Non sto perseguitando padre Pio'. Documento esclusivo

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Il diario del Papa Buono: "Non sto perseguitando padre Pio". Documento esclusivo
Il diario del Papa Buono: "Non sto perseguitando padre Pio". Documento esclusivo
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di Carlo Di Cicco
Papa Giovanni, dichiarato santo da Francesco, perseguitò padre Pio dichiarato santo da Giovanni Paolo II? La persecuzione del Papa santo verso il frate santo è uno dei grandi falsi che si tenta di accreditare nella storia della Chiesa degli ultimi 60 anni. San Giovanni XXIII non ha mai perseguitato padre Pio. Chi afferma il contrario o mente o è male informato sui fatti. Come infondato è anche il giudizio su Loris Capovilla, allora suo segretario e oggi cardinale, che taluni superficialmente hanno immaginato come “anima nera” e cattivo suggeritore del Papa Buono.




Ce lo fa pensare una pagina autografa di Giovanni XXIII, di uno dei suoi quaderni del 1960, che Tiscali.it (Photogallery) rende pubblica. Tali quaderni sono ora conservati dal cardinale Capovilla e dalla Fondazione Giovanni XXIII di Bergamo, dove egli annotava eventi e notizie salienti delle giornate. La lettura del documento, per la prima volta uscito dal circolo degli esperti, conferma la trasparenza e l’onestà di Papa Giovanni nei confronti di padre Pio del quale non si era mai direttamente interessato prima. Due modi diversi di essere santi. E del resto, nella storia della Chiesa sono innumerevoli i casi di santi che, pur ugualmente riconosciuti di aver praticato eroicamente le virtù cristiane, avevano seguiti stili diversi di metterle in pratica. Si dimostra in concreto che la vita cristiana non è mai stata un monolite, ma un’armonia di voci plurali. Tutti si è chiamati a seguire il Vangelo ma non esiste l’obbligo di seguire l’esempio dei santi o il loro particolare stile di vita.


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Cosa trapela dunque dalle pagine di quel quaderno giovanneo che aiuta a sfatare le tante leggende sui suoi rapporti con padre Pio? Una verità risalta evidente: che verso il frate, Giovanni ha sempre mantenuto un atteggiamento rispettoso senza lasciarsi andare a critiche aggressive e violente o a suggerire interventi punitivi. Di più: anche nei momenti di massima preoccupazione per le notizie allarmanti sulle vicende che provenivano dalla Puglia e dagli stessi confratelli riguardo a padre Pio, il Papa ha anzitutto pregato e auspicato nel suo cuore che tutto fosse infondato.


Il temporaneo trasferimento delle spoglie di padre Pio a Roma, avvenuto con moderato clamore rispetto alle attese, ha riportato alle cronache il periodo difficile vissuto da padre Pio contestuale alla visita canonica nel suo convento e la leggenda dell’intervento repressivo da parte di san Giovanni XXIII. Il primo a chiedere un’ispezione, quando le voci di presunti scandali si erano intensificate, fu il generale dei cappuccini che si rivolse alla Santa Sede cui competeva predisporla. E più precisamente queste decisioni erano allora di competenza del dicastero per la dottrina della fede che si chiamava ancora Santo Ufficio che scelse come visitatore il vescovo Carlo Maccari ricordato con scarsa simpatia dai devoti del frate santo.

Ma ecco come racconta Giovanni XXIII di suo pugno la giornata del 25 giugno 1960 aperta da notizie sconvolgenti sul frate di Pietrelcina.“Stamane da monsignor Parente (allora segretario del Santo Ufficio, ndr) informazioni gravissime circa Padre Pio e quanto lo concerne a San Giovanni Rotondo. L’informatore aveva la faccia e il cuore distrutto. Con la grazia del Signore io mi sento calmo e quasi indifferente come innanzi ad una dolorosa e mestissima infatuazione religiosa il cui fenomeno preoccupante si avvia ad una soluzione provvidenziale. Mi dispiace di Padre Pio che ha pur un’anima da salvare, e per cui prego intensamente”.

La prima reazione del Papa, come si vede dall’autografo, fu di pregare. La seconda reazione fu quella di accertare la veridicità dei fatti prima di ogni altra decisione. “L’accaduto e cioè la scoperta per mezzo di filmine, se sono vere le cose che riferiscono [nel testo in latino, si vera sunt quae referuntur], dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine che costituiscono la sua guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno alla sua persona fa pensare ad un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della Santa Chiesa nel mondo, e qui in Italia specialmente. Nella calma del mio spirito io umilmente persisto a ritenere che il Signore trae il bene anche dal male [nel testo autografo in latino Faciat cum tentatione proventum –ndr] e dall’immenso inganno verrà un insegnamento a chiarezza e a salute di molti”.

E a questo punto emerge la buona coscienza del Papa che mai fino a quel momento aveva sentito il bisogno di sintonizzarsi con le vicende del frate cappuccino con le stimmate di cui si raccontavano divinazioni e prodigi straordinari. Ma, nonostante la gravità delle accuse, né lui né il suo segretario Capovilla, videro i filmati allegati all’informativa su Padre Pio.

“Motivo di tranquillità spirituale per me, e grazia e prestigio inestimabile – scriveva Roncalli nel quaderno - è il sentirmi personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha intaccato centinaia di migliaia di anime istupidite e coinvolte in proporzioni inverosimili” E aggiungeva: “Rammento bene in occasione di un mio passaggio da Foggia verso la fine di novembre 1922 di aver rifiutato una prima occasione di recarmi a S. Giovanni Rotondo non essendo di mio gusto quanto si diceva del fenomeno di Padre Pio da Pietralcina. Egualmente evitai di recarmi colà due volte in occasione di mie due visite a Manfredonia cosicché io non conobbi mai, ne fui in alcun modo in rapporto personale con P. Pio, mai di aver colto l’occasione di parlare o di interessarmi di lui con chicchessia pur deplorando sempre la mitomania creatasi attorno a suo nome, a parte le sue intenzioni”. Importante la distinzione che ribadisce tra le intenzioni di padre Pio e l’eccitazione della carovana di ammiratori e ammiratrici che si era costituita intorno a lui in maniera autonoma.

Che fare? Ora il Papa doveva decidere. Nel breve appunto vergato sul medesimo quaderno il giorno seguente 26 giugno, Papa Roncalli volle vedere il suo segretario di Stato, il cardinale Domenico Tardini con il quale convenì “circa il modo di procedere (modus procedendi nel testo, ndr) con silenzio con giustizia e con molta carità”.

Ancora oggi l’antico segretario di Giovanni XXIII ricorda a Tiscali come il Papa, alla vigilia della visita canonica a San Giovanni Rotondo celebrò una messa perché “la visita potesse svolgersi nel migliore dei modi. Attendeva l’esito della visita prima di un giudizio definitivo. Papa Giovanni – precisa Capovilla – non ha creato una situazione ma l’ha trovata. Non lui dispose lìultima delle molte visite apostoliche a San Giovanni Rotondo. Acconsenti alla richiesta del generale dell’Ordine dei Cappuccini del competente dicatsero pontificio. Non ha espresso giudizi personali ma li ha ricevuti dai suoi alti collaboratori, ai quali doveva fiducia e tutti nominati dal suo predecessore Pio XII. Li ha ascoltati e ha scritto: “Se risponde a verità ciò che viene riferito”.

E nonostante ciò “ci furono pressioni indebite” su Papa Giovanni da parte delle così dette “fedelissime di Padre Pio” che intorno al convento di San Giovanni Rotondo facevano il buono e cattivo tempo. L’acquisizione di nuovi testi, le chiarificazioni degli esperti –osserva ora il cardinale Loris Capovilla – hanno offerto a Giovanni Paolo II gli elementi di un giudizio per collocare Padre Pio tra i santi, distinguendo nettamente la sua figura di testimone della misericordia di Dio da tutto quello che lo circondò in vita. Il suggello papale conclude il lungo cammino della storia del santo frate e conferma la santità di Papa Giovanni.

https://blog.uaar.it/2007/10/25/padre-pio-immenso-inganno/

«Padre Pio, un immenso inganno»
«Stamane da mgr Parente, informazioni gravissime circa P.P. e quanto lo concerne a S. Giov. Rotondo. L’informatore aveva la faccia e il cuore distrutto». L’informato è Giovanni XXIII. P.P. è Padre Pio. E queste sono le parole che il Papa annota il 25 giugno 1960, su quattro foglietti rimasti inediti fino a oggi e rivelati da Sergio Luzzatto. «Con la grazia del Signore io mi sento calmo e quasi indifferente come innanzi ad una dolorosa e vastissima infatuazione religiosa il cui fenomeno preoccupante si avvia ad una soluzione provvidenziale. Mi dispiace di P.P. che ha pur un’anima da salvare, e per cui prego intensamente» annota il Pontefice. «L’accaduto-cioè la scoperta per mezzo di filmine, si vera sunt quae referentur, dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine che costituiscono la sua guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno alla sua persona- fa pensare ad un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui in Italia specialmente. Nella calma del mio spirito, io umilmente persisto a ritenere che il Signore faciat cum tentatione provandum, e dall’immenso inganno verrà un insegnamento a chiarezza e a salute di molti».«Disastro di anime». «Immenso inganno ». Una delle «tentazioni» con cui il Signore ci mette alla prova. Espressioni durissime. Che però non si riferiscono alla complessa questione delle stigmate, su cui si sono concentrate le prime reazioni al saggio di Luzzatto, «Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento», in uscita la prossima settimana da Einaudi. All’inizio dell’estate 1960, Papa Giovanni è appena stato informato da monsignor Pietro Parente, assessore del Sant’Uffizio, del contenuto delle bobine registrate a San Giovanni Rotondo. Da mesi Roncalli assume informazioni sulla cerchia delle donne intorno a Padre Pio, si è appuntato i nomi di «tre fedelissime: Cleonilde Morcaldi, Tina Bellone e Olga Ieci», più una misteriosa contessa che induce il Pontefice a chiedere se il suo sia «un vero titolo oppure un nomignolo». Nel sospetto-cui il Papa presta fede-che la devozione delle donne nei confronti del cappuccino non sia soltanto spirituale, Roncalli vede la conferma di un giudizio che aveva formulato con decenni di anticipo.

Al futuro Giovanni XXIII, Padre Pio non era mai piaciuto. All’inizio degli Anni ’20, quando per due volte aveva percorso la Puglia come responsabile delle missioni di Propaganda Fide, aveva preferito girare alla larga da San Giovanni Rotondo. Ma è soprattutto la fede ascetica, mistica, quasi medievale di cui il cappuccino è stato il simbolo, per la Chiesa modernista di inizio secolo come per la Chiesa conciliare a cavallo tra gli Anni ’50 e ’60, a essere estranea alla sensibilità di Angelo Roncalli. Che, sempre il 25 giugno, annota ancora: «Motivo di tranquillità spirituale per me, e grazia e privilegio inestimabile è il sentirmi personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha intaccato centinaia di migliaia di anime istupidite e sconvolte in proporzioni inverosimili». E, dopo aver ordinato una nuova visita apostolica a San Giovanni Rotondo, ad appunto quasi quarant’anni da quella compiuta nel 1921, il Papa conclude che «purtroppo laggiù il P.P. si rivela un idolo di stoppa».

Gli appunti di Roncalli rappresentano uno dei passaggi salienti dell’opera di Luzzatto. E, se letti con animo condizionato dal pregiudizio, possono indurre a giudicarla o come una demolizione definitiva della figura del santo, o come un’invettiva laicista contro un fenomeno devozionale duraturo e interclassista. Ma sarebbero due letture sbagliate. Il giudizio di Luzzatto su Padre Pio non è quello sommariamente liquidatorio, che si è potuto leggere ad esempio nel recente e fortunato pamphlet di Piergiorgio Odifreddi. Luzzatto prende Padre Pio molto sul serio. E, con un lavoro durato sei anni, indaga non solo sulla sua biografia, ma anche e soprattutto sulla sua mitopoiesi: sulla costruzione del mito del frate di Pietrelcina e sulla sua vicenda, profondamente intrecciata non solo con quella della Chiesa italiana, ma anche con la politica e pure con la finanza. Unmito che nasce sotto il fascismo (Luzzatto dedica pagine che faranno discutere al «patto non scritto» con Caradonna, il ras di Foggia; ed è un fatto che le prime due biografie di Padre Pio sono pubblicate dalla casa editrice ufficiale del partito, la stessa che stampa i discorsi del Duce). Ciò non toglie che l’esito di quella ricerca sarà inevitabilmente elogiata e criticata, com’è giusto che sia. Ma anche gli stroncatori non potranno non riconoscere che uno studioso estraneo al mondo cattolico ha affrontato la figura del santo con simpatia, nel senso etimologico, e non è rimasto insensibile al fascino di una figura sovrastata da poteri-terreni prima che soprannaturali-più grandi di lei, e (comunque la si voglia giudicare) capace di alleviare ancora oggi il dolore degli uomini e di destare un interesse straordinario.

Scrive Luzzatto che «l’importanza di Padre Pio nella storia religiosa del Novecento è attestata dal mutare delle sue fortune a ogni morte di Papa». Benedetto XV si dimostrò scettico, permettendo che il Sant’Uffizio procedesse da subito contro il cappuccino. Più diffidente ancora fu Pio XI: sotto il suo pontificato si giunse quasi al punto di azzerarne le facoltà sacerdotali. Pio XII invece consentì e incoraggiò il culto del frate. Giovanni XXIII autorizzò pesanti misure di contenimento della devozione. Ma Paolo VI, che da sostituto alla segreteria di Stato aveva reso possibile la costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza, da Pontefice fece in modo che il frate potesse svolgere il suo ministero «in piena libertà». Albino Luciani, che per poco più di un mese fu Giovanni Paolo I, da vescovo di Vittorio Veneto scoraggiò i pellegrinaggi nel Gargano. Mentre Wojtyla si mostrò sempre profondamente affascinato dalla figura del cappuccino, che sotto il suo pontificato fu elevato agli altari.

Non è in discussione ovviamente la continuità morale e teologica tra i successori di Pietro.Però è impossibile negare che i Pontefici succedutisi nel corso del Novecento abbiano guardato a Padre Pio con occhi diversi, comprese le asprezze giovannee. E, come documenta Luzzatto, quando «La Settimana Incom illustrata» sparò in prima pagina il titolo «Padre Pio predisse il papato a Roncall »”, compreso il dettaglio di un telegrammadi ringraziamento che il nuovo Pontefice avrebbe inviato al cappuccino, Giovanni XXIII ordina al proprio segretario di precisare all’arcivescovo di Manfredonia che era “tutto inventato”: «Io non ebbi mai alcun rapporto con lui, né mai lo vidi, o gli scrissi, né maimi passò per la mente di inviargli benedizioni; né alcuno mi richiese direttamente o indirettamente di ciò, né prima, né dopo il Conclave, né mai».

Articolo di Aldo Cazzullo pubblicato sul Corriere della Sera
 
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