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Don Cantini. Pedofilia, sesso e violenze in parrocchia. Le protezioni del card. Antonelli, ....ancora una vergognosa storia di protezioni di preti criminali...

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GalileoGalilei
view post Posted on 10/4/2007, 13:44 by: GalileoGalilei
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http://espresso.repubblica.it/dettaglio-lo...erita/1567447/6

Per 36 ore lui e la perpetua sono rimasti chiusi nel villino
Don Lelio, il prete accusato non dice la sua verità
Maurizio Bologni
Ha lasciato in auto la casa che lo ospitava UN vero crescendo di sdegno, quello delle vittime dei plagi e delle violenze sessuali che dal 2004 accusano don Lelio Cantini, loro ex parroco della parrocchia Regina della pace, e tuttora dicono di attendere un vero gesto riparatore da parte della Chiesa. Decidendo di rivolgersi al Papa solo in ultima istanza, e dopo aver aspettato più di due anni una risposta dalla Curia di Firenze. A cui, così raccontano nella loro prima lettera a Benedetto XVI datata 20 marzo 2006, si erano rivolti ottenendo fin dall´ottobre 2004 un primo colloquio con il vescovo ausiliare Claudio Maniago: nominato all´alta carica dal settembre 2003, e, ricordano le vittime, loro coetaneo alla stessa parrocchia Regina della pace. Un colloquio da cui, tuttavia, chi partecipò uscì convinto di dover compiere un passo ulteriore. Nel luglio 2005 viene quindi inviato un primo dossier di memoriali al cardinale Silvano Piovanelli, perché li inoltrasse direttamente all´arcivescovo Ennio Antonelli. E in settembre arriva un primo provvedimento: don Lelio Cantini viene tolto dalla sua vecchia parrocchia, ma ufficialmente per ‘motivi di salute´ e durante un normale avvicendamento di parroci della diocesi. E destinato alla parrocchia di Mucciano, a 30 chilometri da Firenze, in Mugello.
Fedeli silenziosi, appunto, come il loro sacerdote, che rinuncia a difendersi e a spiegare la sua verità. Fedeli coi volti scuri di chi è convinto, con cristiana rassegnazione, di aiutare un prete ultraottantenne, malconcio, claudicante e con poca vista, a portare la croce di chissà quale oscura «macchinazione».
Qui, a Viareggio, don Cantini è arrivato un anno fa, ospitato dalla casa di un amico fiorentino, uno slargo di pochi pini e palme lungo un viale che porta al mare. Minuscolo terratetto giallo, rimesso da poco, un cancello, il giardinetto, due ombrelloni, la tenda colorata, serrande e portafinestra abbassate. E´ distante trecento metri dal lungomare, solcato in questo ponte di Pasqua da centinaia di vacanzieri. Eppure questo terratetto, così mestamente sbarrato, sembra lontano centinaia di chilometri dalla mondanità che pulsa sul mare. Don Cantini e la sua perpetua sono barricati dentro dal giorno di Pasqua, illuminati dalla luce artificiale mentre fuori risplende un sole primaverile. Il pomeriggio di Pasqua la perpetua si fa ingannare dalla prima scampanellata al citofono. Si affaccia sospettosa alla porta finestra semi socchiusa. Quella che qualcuno ha chiamato la «veggente», altri «kapò» e la «padrona del prete», è una donna sulla cinquantina, non alta e robusta, ha gli occhiali e veste una camicetta bianca.
«No, don Cantini non c´è, arrivederci» mente. Da allora non risponderà più al citofono, 36 ore al buio, aspettando il blitz di liberazione.
Succede ieri, giorno di Pasquetta, poco prima delle due del pomeriggio. Il cancello della villetta viene ostruito dall´arrivo di una Opel grigia metallizzata che si piazza davanti all´ingresso. Dall´auto scendono un uomo e due donne sulla quarantina. Entrano nel villino, trasportano alla svelta nel bagagliaio qualche fagotto. Poi aiutano l´anziano prete a lasciare la casa. Don Cantini veste l´abito nero, ha una coppola dello stesso colore, è alto e malfermo sulle gambe, deve essere aiutato a salire in auto al posto del passeggero accanto all´autista. Poi via, verso chissà dove, con le due donne e l´uomo in auto assieme al prete. Tutto in meno di dieci minuti. La perfetta rete di protezione degli amici porta allora conforto anche alla perpetua che è rimasta nella casetta sbarrata di Viareggio. Arriva una Panda blu. Ne escono una donna di mezza età e una giovane, scure e agitate. Entrano nella casetta buia. Arriva anche un ragazzo.
Nessuno spende una parola in difesa di don Cantini, ma i comportamenti valgono più di un arringa. Perché questa è la consegna: agire. E non parlare. Chi, tra gli amici, di prima mattina porta una lettera al giornale e parla al telefono, dopo un po´ vorrebbe ricacciare voce in gola e inchiostro in penna. «Dal ‘69 l´ho frequentato in parrocchia, lo ammiro e lo stimo per l´assistenza che ha saputo dare alle famiglie sofferenti, per la catechesi e il rinnovamento che ha portato nella chiesa» aveva detto. «Non credo alle accuse e i sacerdoti che puntano il dito dovrebbero uscire allo scoperto. Ma la mia parola non vale nulla. Chiedete a don Claudio, a monsignor Maniago voglio dire, di cui don Lelio ha raccolto la vocazione per avviarlo verso il seminario e il sacerdozio. E don Lelio è ricambiato dall´affetto di monsignor Maniago». (10 aprile 2007)
 
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