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Oggi 11 novembre, san Martino, patrono dei cornuti, A Ruviano (CE) si festeggiano le corna dell'abbondanza, rito dionisiaco dei raccolti e della vinificazione

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pincopallino1
view post Posted on 12/11/2023, 07:02 by: pincopallino1

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La festa di San Martino in Abruzzo, un trionfo di folclore e tradizioni
San Martino, tra vino, corna, zucche, pizze e falò, è una festa che propone un complesso di elementi rituali, dove tutto finisce in gloria
di Fausto D'Addario | 11 Novembre 2023 @ 06:00

L’AQUILA – L’11 novembre si festeggia San Martino di Tours, soldato, monaco e vescovo, frequentemente rappresentato nell’atto di dividere con la spada il suo mantello militare e darlo a un povero che tremava per il freddo. In Abruzzo come in tutta Italia, il giorno di San Martino è ovunque un trionfo di folclore e tradizioni: tra il 10 e l’11 novembre, complici le brume d’autunno, sfilate e scampanacciate si snodano tra zucche e corna, serenate goliardiche vengono intonate a mariti infelici o traditi, ragazzi e bambini vanno di casa in casa in chiassose compagnie di questua. E poi tutto poi finisce sontuosamente tra salsicce, pizze, castagne e vino novello. San Martino è il giorno che chiude Capetièmpe, il capotempo o capodanno abruzzese aperto con la ricorrenza di Ognissanti e dei defunti, con i riti propiziatori e purificatori del 1 e 2 novembre.

Il San Martino della cultura abruzzese è piuttosto il risultato della fusione di diverse figure, al confine tra realtà, religioni e mito: il santo monaco e vescovo di Tours, un altro santo dello stesso nome, che fu eremita e operatore di prodigi di origine calabrese, giunto con i suoi compagni in Abruzzo, il dio cavaliere degli inferi e del rinnovamento della natura di tradizione celtica, che portava una mantellina corta (l’Ungheria, terra celtica, era la patria di San Martino) e il dio Dioniso o Bacco del pantheon greco-romano. Un santo dai molti volti, il cui multiforme aspetto si ritrova nella densità simbolica dei riti, che si articolano su quattro elementi: la celebrazione del vino, la presenza di zucca e corna, il rumore apotropaico delle processioni e l’offerta dei doni ai giovani.

Il Bacco cristiano: ogni mosto diventa vino

San Martino era ed è innanzitutto la festa del vino, che compiva il tempo della vendemmia e della vinificazione e inaugurava l’anno nuovo con generose bevute e mense imbandite. In provincia dell’Aquila a Raiano si diceva: ‘N Zante Martëine, ggira la canne e prëue le uëine (a San Martino, gira la canna e prova il vino). Per l’Abruzzo il brindisi con il vino novello era di rito in tutti i paesi dove si produceva il vino e in generale San Martino era sinonimo di abbondanza: da qui il saluto benaugurale, quando si arrivava nei luoghi in cui si preparava il pane, il mosto, l’olio, il sapone: Sande Martine! E se una casa era piena di ogni ben di Dio, si esclamava: Ce sta lu Sande Martine! Alcuni aspetti dei riti e delle tradizioni hanno fatto pensare a delle parentele con Bacco e alla festa dei saturnali: Bacco era il dio legato al vino e alle celebrazioni orgiastiche e falloforiche e spesso veniva rappresentato anche con le corna. San Martino è diventato suo malgrado il Bacco cristiano e abruzzese: sul nostro territorio il passaggio da una religione all’altra non è stato mai netto gli adattamenti hanno permesso di non recidere i fili dei culti tradizionali.

Di processioni, zucche e corna

A San Martino le tradizioni abruzzesi prevedevano anche zucche e corna: allontanandosi parecchio dalla figura storica venerata dalla Chiesa, Martino è diventato il patrono della forza vitale e il protettore dei cornuti, che di quella forza forse mancavano. L’immagine delle corna esprimeva già in antico l’idea di forza e potenza, nonché di abbondanza: pensiamo alla cornucopia colma di frutti dei Romani. Per questo alla vigilia della festa il 10 novembre si portavano le corna in processione per il paese, per augurare a tutti un’annata ricca e feconda; fermarsi sulla porta del marito tradito significava reintegrare quel valore depotenziato a causa dell’adulterio. il santo diventava colui che proteggeva la forza vitale e i cornuti che ne mancavano. Queste processioni si svolgevano in alcuni paesi dell’aquilano, come a Balsorano, ma soprattutto nel pescarese. Proprio a San Valentino in Abruzzo Citeriore il cuore della festa di San Martino è una sfilata dal sapore goliardico, nel corso della quale gli uomini, indossando cappelli dotati di paia di corna ben in vista, sfilano allegramente tra canti e scherzi portando per il paese la cosiddetta reliquia, un simbolo fallico coperto da un velo, accompagnata dall’ultimo uomo sposato.

Un altro rito prevedeva la preparazione delle checòcce, le zucche. La notte di San Martino i ragazzi si davano da fare a intagliare le zucche, ricavandone naso, occhi e bocca e un foro, che permetteva di introdurre una candela accesa. A Sulmona e Raiano le zucche così illuminate e spettrali venivano poste agli angoli più bui dei vicoli per spaventare i passanti, che credevano di trovarsi di fronte a fantasmi o scheletri. A Pratola si svogleva anche un ballo in piazza attorno a i fantasme, una sorta di spaventapasseri, la cui testa era costituita da una zucca cornuta. Anche a Bugnara venivano messe sulla zucca due corni di ariete o bue. Scene da Halloween, che davano al fantoccio un tratto più vicino alla Commemorazione dei defunti. Nella Marsica la processione più pittoresca che si ricordi era quella di Ortucchio: la vigilia di San Martino i giovani, come un vero saturnale, andavano in giro con una zucca infilata su un palo, al grido di: “Viva San Martino, Viva le corna!“. Ad Anversai ragazzi trascinavano per le strade del paese dei bidoni vuoti legati tra di loro, che formavano un lungo e rumoroso serpentone. A Scannola sfilata prevedeva campanacci e ferraglie in processione dietro la zucca e ci si fermava alla casa dell’ultima sposa dell’anno, che offriva doni, come dolci, frutta e vino: un rito di fertilità, dove la sposa era figura della terra fecondata. Anzi la stessa zucca, dalle curve rigonfie come il grembo di una donna incinta, diventava simbolo di fecondità con i suoi tanti semi. A Pettorano la processione era simile: i giovani andavano in corteo dietro ad un fantoccio vestito e imbottito di paglia, con una zucca cornuta e illuminata a far da testa. Anche qui scampanacciate e fracasso di vecchi ferri; la sfilata rallentava in corrispondenza dell’uscio dei vedovi, dei risposati, dei mariti traditi, dove si intensificava lo strepito. La zucca era poi fatta a pezzi e il fantoccio dato alle fiamme, come fosse un capro espiatorio.

Le zucche di San Martino, cornute o a appese a un palo, volevano augurare abbondanza a tutta la comunità e fertilità alle donne. Il frastuono provocato dalle ferraglie e dai campanacci serviva a spaventare e a scacciare gli spiriti malvagi, liberando i luoghi da presenze demoniache: San Martino è stato anche uno dei più famosi esorcisti del suo tempo e per tutto il Medioevo la sua tomba fu meta di pellegrinaggi, luogo di guarigioni e miracoli; in Abruzzo era invocato negli scongiuri contro il malocchio, come in questa formula pettoranese: Sante Martine che via da la Francia, vide ponte chemmà n’ange: pajja roscia, pajja ‘mbossa, fèmmena superbiosa, uèmmene umane, Sante Martine, leva ste’ male (San Martino che vieni dalla Francia, vedi appunto come mi angoscia: paglia rossa, paglia bagnata, donna superba, uomini umani, San Martino togli questo male). Sono le virtù di esorcista ad essere richiamate nel baccano delle processioni dell’10 e 11 novembre.

Le pizze con i quattrini

Ragazzi e bambini tornano in protagonisti nell’usanza di preparare la pizza con i soldi, diffusa in tanti paesi dell’aquilano. La pizza con i quattrini era un miscuglio di farina gialla, noci, fichi secchi, miele e anche mosto cotto; il tutto veniva fritto in padella e dopo la cottura le donne nascondevano abilmente qualche monetina che, guarda un po’, finiva nelle fette riservate ai fanciulli. Un’altra versione prevedeva la preparazione di un ciambellone. La gioia per il ritrovamento delle monete era un segno di buon auspicio per il felice andamento dei raccolti per l’anno successivo, ma anche la caparra data i morti per ingraziarseli e per ringraziarli in anticipo dell’aiuto che avrebbero dato ai semi. I bambini di casa, premiati con le monete nascoste nella pizza, erano il tramite tra la dimensione terrena e quella ultraterrena, il mondo dell’eterno ritorno alla giovinezza divina, che passa attraverso i morti.

A Scanno tutto finisce in glorie

Tra le feste di San Martino quella di Scanno ha una tradizione particolare: le glorie, cioè l’accensione dei falò. Già un mese prima della festa i bambini del paese cominciano a raccogliere il legname nei boschi e, insieme agli uomini, in un andirivieni festoso, lo accatastano fino a costituire tre pire, corrispondenti alle tre frazioni di Scanno. Alla vigila della festa le pire così allestite arrivano intorno ai 20-25 metri, facendo a gara a chi innalza la gloria più elevata e a quella che brucia più a lungo, in una sfida dove, alla fine, sono tutti vincitori. Intorno alle glorie si improvvisano canti, balli e abbondanti libagioni in un clima di spensieratezza collettiva. I falò vengono accesi quando ormai è già buio, al suono della campana che segna l’Ave Maria, tra esultanze e invocazioni a San Martino. Il rito delle glorie fa parte di quelle cerimonie di purificazione e rinnovamento, dove il fuoco è utilizzato come elemento liturgico e simbolo della potenza del sole, in un momento incertezze quale è l’inverno e l’inizio dell’anno agrario. La consegna del tizzone bruciato alla sposa novella di ogni rione e l’offerta di donativi alimentari richiama i rituali della fecondità già visti.

Sono tradizioni che riaccendono luci e camini spenti da tempo. Sono tradizioni che i genitori tramandano ai figli sin da piccoli e tutto questo fa ben sperare per il futuro del nostro passato.

Edited by pincopallino2 - 16/11/2023, 09:10
 
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