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L'Europa sempre più atea, Uno studio del Guardian spiega la desacralizzazione diffusa su tutto il continente

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view post Posted on 27/3/2018, 04:56
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Uno studio del Guardian spiega la desacralizzazione diffusa su tutto il continente



Giovani (16 - 29 anni) che si dichiarano atei

L'articolo in originale
https://www.theguardian.com/world/2018/mar...survey-religion


www.ilfoglio.it/chiesa/2018/03/22/...ateismo-185611/

Europa, terra senza Dio
Un sondaggio pubblicato dal Guardian racconta la desacralizzazione del continente, dove la nuova normalità è non avere religione

di Alessandro Berrettoni

22 Marzo 2018 alle 17:43Europa, terra senza Dio
Un gruppo di coristi alla Cattedrale di St. Paul a Londra (foto LaPresse)


Già nel 1799 Novalis avvertiva il rischio di una crisi epocale, rimpiangendo nel suo “La Cristianità, ossia l’Europa”, i “bei tempi in cui l’Europa fu terra cristiana”. Il suo saggio non fu accolto benissimo, tanto da essere pubblicato quasi 30 anni più tardi, nel 1826. La desacralizzazione del continente, da allora, non si è mai arrestata. Nel 2000, anno in cui si discuteva dell’inserimento del riferimento alle radici giudaico-cristiane nella Costituzione europea, l’allora cardinale Joseph Ratzinger disse che, prima che un concetto geografico, l’Europa era cultura e storia. La storia di un popolo che, nonostante le riforme e gli scismi, aveva basato la propria civiltà sulla comune radice religiosa, che si era fatta arte, civilizzazione, identità. Che l’Europa abbia perso la propria fede, insomma, non è una novità, ma la conferma definitiva arriva da un articolo del Guardian che indaga la crescita dei cosiddetti Nones, le persone senza affiliazione religiosa. La maggior parte dei giovani europei non crede in nessun Dio, ha perso ogni senso del sacro.





Secondo il sondaggio citato dal Guardian, effettuato dalla St. Mary University Twickenham di Londra l’Europa sta marciando dritta verso una società post-cristiana. In Repubblica ceca il 91 per cento dei giovani tra i 16 e i 29 anni dichiara di non avere affiliazioni religiose. In Estonia, Svezia e Olanda, la percentuale scende (di poco) tra il 70 e l’80 per cento. I paesi più religiosi sono la Polonia, dove soltanto il 17 per cento dei giovani adulti si definisce “non religioso”, e la Lituania, con il 25 per cento.



Intervistato dal quotidiano britannico, il responsabile della ricerca, Stephen Bullivant, ha detto che “la religione è moribonda”. Il sondaggio è stato effettuato nell’arco di due anni, dal 2014 al 2016, e secondo Bullivant la parabola discendente diventerà sempre più marcata. L’ateismo sta diventando la norma, anche se ci sono delle divergenze significative. “Paesi vicini, con una storia simile, hanno profili estremamente differenti”, specifica Bullivant. Si prendano i due paesi più religiosi e i due, all’opposto, più atei: Polonia e Lituania, Repubblica ceca ed Estonia. Si tratta in tutti e quattro i casi di stati post comunisti, che però affondano le proprie radici su identità differenti, anche nel modo in cui la transizione dal regime sovietico è stata affrontata.


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Fra chi si dichiara credente, però, non tutti affrontano la propria dimensione spirituale allo stesso modo: praticanti ce ne sono sempre meno. Il sondaggio della St. Mary’s University, effettuato da un centro di ricerca intitolato – non a caso – a Benedetto XVI, non considera l'Italia (su cui Bullivant ha promesso un aggiornamento dei dati) ed evidenzia come soltanto in Polonia, Portogallo e Irlanda più del 10 per cento dei giovani vada a messa almeno una volta a settimana. Molti giovani europei “dopo il battesimo non hanno più varcato la porta di un edificio di culto”. Anche coloro che si identificano come cattolici, spesso, non frequentano o non pregano. Tra i giovani polacchi, i più religiosi tra gli europei, più della metà non va a messa. I cattolici praticanti sono il 2 per cento in Belgio, il 3 in Ungheria e Austria, il 5 in Lituania e il 6 in Germania. “L’identità religiosa e culturale non si trasmette necessariamente dai genitori ai figli, anzi, spesso scivola loro addosso”, afferma ancora Bullivant. Senza considerare poi l’immigrazione: nel Regno Unito per esempio, i dati vanno tarati considerando le persone che arrivano da fuori: un cattolico su cinque non è nato in Gran Bretagna. E poi ci sono i musulmani, che hanno un tasso di natalità e “un'affiliazione religiosa” molto più alti.



L’Europa ormai è una terra senza Dio, e in particolare senza il cristianesimo, di cui si perde traccia anche nei paesi che storicamente hanno rappresentato la cultura europea: in Francia i cristiani adulti sono soltanto il 26 per cento, il 20 in Germania. Ma secondo Bullivant c’è comunque ancora una speranza: “E’ vero che la nuova normalità è l’assenza di religione, e che i pochi che credono si sentono di nuotare controcorrente. In 20-30 anni, le chiese saranno più piccole, ma le persone che le frequenteranno saranno molto più devote”. Cosa sarà l’Europa quel giorno, se sottomessa al politically correct o a un nuovo Dio, non si può dire. Per la sopravvivenza delle nostre radici forse, sarà comunque troppo tardi.

www.tempi.it/tre-grafici-europa-no...co#.Wrm-hIhubIU
Tre grafici per spiegare perché l’Europa non è più un continente cattolico


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Marzo 25, 2018 Stephen Bullivant
Secondo il rapporto del Centro Benedetto XVI i giovani adulti che si identificano come cattolici sono il 23 per cento in Francia, il 20 in Germania e il 7 in Olanda




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Per gentile concessione del Catholic Herald, proponiamo di seguito in una nostra traduzione ampi stralci di un articolo di Stephen Bullivant, direttore del Centro Benedetto XVI presso l’università St Mary di Twickenham, apparso il 22 marzo nel sito del magazine cattolico londinese. Il Centro ha appena pubblicato un’indagine sulla scomparsa dei giovani cattolici in Europa. Il testo originale in inglese è pubblicato in questa pagina.

Nella sua esortazione del 2003 “Ecclesia in Europa”, papa Giovanni Paolo II affrontò in profondità il tema della “scristianizzazione di vaste aree del continente europeo”. Citando la domanda di Gesù («Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»), il santo polacco chiedeva: «Troverà la fede nei nostri paesi, in questa Europa di antica tradizione cristiana? Questa è una domanda aperta che chiaramente rivela la profondità e il dramma di una delle più importanti sfide che le nostre chiese sono chiamate ad affrontare».

Quindici anni dopo, questa “domanda aperta” rimane. In alcuni paesi europei, inoltre, è un quesito al quale non si può rispondere con rassicurazioni superficiali. Questa settimana il Centro Benedetto XVI, insieme all’Istituto cattolico di Parigi, ha lanciato un’altra delle sue ricerche: “I giovani adulti e la religione in Europa”. La nostra principale speranza è di aiutare a informare il Sinodo dei vescovi che si terrà in ottobre e che si concentrerà sul tema: “Giovani adulti, fede e discernimento vocazionale”.


Percentuale di giovani adulti (16-29 anni) che si identificano come cattolici.

Il rapporto analizza i dati recenti (2014/2016) dell’importante European Social Survey per indagare l’affiliazione e la pratica religiosa nei 22 paesi europei dei “giovani adulti” tra i 16 e i 29 anni, gli stessi ai quali è rivolto il Sinodo. (…) Quanto è diffuso il cattolicesimo tra i giovani adulti europei? I risultati non offrono un quadro univoco.

È chiaro da questo primo grafico (in alto) che la proporzione di giovani adulti che si identificano come cattolici varia molto a seconda dei paesi presi in esame: si va dai quattro polacchi su cinque che si identificano come cattolici agli zero della Russia (sì, saccentelli di Twitter: conta anche Kaliningrad). Simili estremi esistono anche nell’Europa post-comunista: Lituania e Slovenia sono in cima alla classifica, mentre Estonia e Repubblica Ceca si trovano in fondo.

Se nessuno di questi casi può dirsi sorprendente, la posizione occupata da alcuni paesi europei dovrebbe esserlo. Che solamente il sette per cento dei giovani adulti olandesi si identifichi come cattolico, in un paese che un tempo aveva una forte e influente comunità cattolica, è sicuramente sconvolgente. Allo stesso modo, è relativamente piccola la percentuale di cattolici in Belgio, Francia e Germania. Si nota invece che Portogallo e Irlanda sono le uniche nazioni europee ad entrare tra le prime cinque (non ogni paese europeo è incluso in questo campione. Malta e – si spera – il Vaticano dovrebbero essere in alto).


Percentuale di giovani adulti cattolici che va a Messa almeno una volta a settimana (verde) o mai (arancione).

L’identità religiosa è una cosa. Che abbia degli effetti osservabili sulla vita di una persona, invece, è un’altra. Dunque, il secondo grafico (qui sopra) mostra la proporzione di giovani adulti cattolici che si recano in chiesa una volta a settimana (o più) o mai, fatta eccezione per occasioni speciali come matrimoni e funerali. Solo 15 paesi sono inclusi in questo campione. Anche in questo caso ci sono importanti differenze. L’Europa non è un continente così grande, ma parlare di “cattolicesimo europeo” come se fosse un tutto uniforme è evidentemente sbagliato.

In termini geografici, la distanza tra Bruxelles e Varsavia è di circa mille chilometri. In termini pastorali ed evangelici, invece, si avvicina di più al milione. La probabilità che un cattolico polacco sulla ventina vada a Messa una volta a settimana è 24 volte più grande di quella di un belga. Al contrario, è 10 volte più probabile che un cattolico belga non metta mai piede in una chiesa rispetto a un polacco. Polonia e Belgio sono casi estremi. Ad ogni modo, la maggioranza dei paesi del nostro campione si avvicina di più al Belgio che alla Polonia. E questo è vero anche per diversi paesi dove l’affiliazione cattolica è molto alta.

Se si considera l’identità, Lituania e Austria sono tra le roccaforti cattoliche dell’Europa. Ma se si considera la frequenza della partecipazione alla Messa, sono terre di missione al pari di larghe fasce del resto del continente (compreso il nostro nord-ovest, dove solo un giovane cattolico su 10 va a Messa una volta a settimana). Ci sono però dei segnali di genuina speranza. I giovani adulti cechi, ad esempio, sono i meno religiosi del mondo: il 91 per cento di loro dichiara di non avere alcuna religione e il 70 per cento afferma di non essere mai andato a una funzione religiosa (vedi grafico sotto). Nonostante questo, un quarto dei giovani cattolici del paese va a Messa almeno una volta a settimana.


Percentuale di giovani adulti che non si identifica con alcuna religione.

Quando nel 2009 Benedetto XVI è volato a Praga in visita apostolica, ha parlato in modo potente dell’importanza delle “minoranze creative” per animare culture grandemente secolarizzate. Non avrebbe potuto fare esempio migliore. Controcultura cattolica ceca? È una forma di bohème che tutti possiamo seguire. Un’altra notizia è che il cattolicesimo irlandese non è così morto come si dice spesso. È vero che se si paragonano questi dati a quelli di 30 o 40 anni fa c’è stato un declino religioso. Ma se li paragoniamo a quelli dei giovani adulti in qualunque altro paese europeo, l’Irlanda si difende ancora piuttosto bene, considerato tutto (e preghiamo tutti che riescano a sconfiggere al referendum la legalizzazione dell’aborto. È letteralmente una questione di vita o di morte).

Concludiamo citando l’esortazione apostilica post-sinodale di Giovanni Paolo II del 2003 sulla Chiesa in Europa: «La Chiesa non può sottrarsi alla responsabilità di fare una coraggiosa diagnosi che renda possibile identificare terapie appropriate». I metodi delle scienze sociali, grazie a Dio, non sono in alcun modo l’unico strumento per fare questa diagnosi. Ma senza dubbio hanno, o dovrebbero avere, un ruolo importante nell’indicarci la giusta direzione. Come disse Giovanni Paolo II: «Chiesa in Europa, la “nuova evangelizzazione” è il tuo compito!». Stando a questi dati, sarà un compito enorme. Da dove cominciare? Beh, imparare il ceco non sarebbe un cattivo inizio…

Foto Ansa
 
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view post Posted on 31/7/2018, 20:47
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Dopo la scoperta della radiazione cosmica di fondo ogni religione ha perso la sua importanza
 
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