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E il pedofilo dove lo metto? In Vaticano!, Da mons. Wesolowski a mons. Capella preferiscono tenerseli in casa invece che nelle galere americane

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view post Posted on 14/10/2017, 22:11

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Da mons. Wesoloski a mons. Capella preferiscono tenerseli in casa invece che nelle galere americane

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www.liberoquotidiano.it/news/italia...i-pedofili.html

IL CANADA EMETTE MANDATO DI ARRESTO

La grossa grana di Papa Francesco: la tentazione di tenersi i pedofili
13 Ottobre 2017

La tolleranza zero promessa da Jorge Mario Bergoglio contro i preti pedofili rischia di infrangersi sul primo vero ostacolo: il caso di monsignor Carlo Alberto Capella, accusato di pedopornografia in Canada. Il sacerdote avrebbe posseduto e distribuito immagini pornografiche di bambini e adolescenti, scaricate con il computer durante un soggiorno fatto nel paese governato da Justin Trudeau tra il 24 e il 27 dicembre scorsi.
Le prove nei suoi confronti sono gravi, al punto che le autorità canadesi hanno redatto per lui un ordine di arresto, come avrebbero fatto con chiunque si fosse trovato nelle stesse condizioni. Ma Capella non è una pecorella come le altre e nemmeno un pastore qualunque: all' epoca dei fatti egli era un membro della nunziatura della Santa Sede accreditato a Washington. Un diplomatico, insomma. E proprio questo ruolo, secondo quanto riferito ieri dall' Ansa, consentirebbe al Vaticano di invocare l' immunità nei confronti del prelato. Una scelta che l' agenzia di stampa ritiene scontata e che sarebbe clamorosa, perché difficilmente conciliabile con la linea dura varata dal papa. Oltretevere smentiscono: «Non c' è alcuna richiesta di estradizione arrivata dal Canada», ha assicurato in serata il direttore della sala stampa, Greg Burke. Resta da capire, però, cosa deciderà di fare Bergoglio se la pratica giungerà sul suo tavolo.
Di sicuro, come hanno scritto i giornali canadesi a fine settembre, senza ricevere smentita, la richiesta di arresto è stata emessa.
Il monsignore era stato richiamato da Washington a Roma poche settimane fa, appena si era capito che stava finendo nei guai. Il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, nei giorni scorsi ha ammesso che quella di Capella è una vicenda «dolorosissima» e ha promesso serietà e «massimo riserbo» da parte della giustizia della Santa sede, che ha aperto una propria inchiesta sul sacerdote e molto probabilmente si assumerà il compito di processarlo. Lui intanto è confinato nel Collegio dei penitenzieri in Vaticano.
Lontano dai riflettori e dallo scandalo che susciterebbe un processo pubblico in Canada.
Sotto esame non c' è solo il sacerdote incriminato. I giornali, soprattutto quelli progressisti, dipingono Francesco come il papa che ha avuto il coraggio di imprimere alla Chiesa una svolta non solo nella dottrina sociale, ma anche nel trattamento riservato ai sacerdoti pedofili. La vulgata dice che con l' arrivo di Bergoglio sono saltate le connivenze e le omertà che in Vaticano proteggevano gli autori di reati sessuali. Francesco, del resto, è il papa che nel marzo del 2014 volle istituire una commissione per fare luce sullo scandalo della pedofilia, chiamando a parteciparvi anche alcune vittime degli abusi. Ha avuto parole durissime per le colpe di quei sacerdoti, definite «una mostruosità assoluta, un orrendo peccato, radicalmente contrario a tutto ciò che Cristo ci insegna», e ha annunciato, nemmeno un mese fa, un giro di vite alle regole: niente più grazia per i preti colpevoli di reati su minori, niente ricorsi in appello se gli abusi saranno stati provati nel primo grado di giudizio, fine della pratica di spostare un prete pedofilo da una diocesi all' altra.
Stendere su Capella la protezione dell' immunità diplomatica e sottrarlo alla giustizia canadese per affidarlo a quella, inevitabilmente più bonaria, dei magistrati vaticani, consegnerebbe all' opinione pubblica un Bergoglio tutt' altro che intransigente, un capo di Stato intenzionato a proteggere i «suoi» uomini anche quando commettono quei peccati che lui si è impegnato a estirpare.
Una perdita di credibilità che Francesco, il papa che ha fatto dell' immagine di rivoluzionario la propria forza, non può permettersi.

di Fausto Carioti

www.pressreader.com/italy/libero/20171013/281672550166902
La legislazione è abbastanza simile Però in America le galere sono dure
Libero13 Oct 2017RIPRODUZIONE RISERVATA

È stato proprio Papa Francesco l’11 luglio del 2013 a rivoluzionare il codice penale del Vaticano con un motu proprio che ha tra l’altro introdotto il reato di tortura e «l’ampia definizione della categoria dei delitti contro i minori», cioè «vendita, prostituzione, arruolamento e violenza sessuale in loro danno, pedopornografia, detenzione di materiale pedopornografico, atti sessuali». Il provvedimento è stato presentato sulla linea della trasparenza portata avanti da Benedetto XVI riguardo agli abusi sui minori, ed è stato rivolto a tutti i dipendenti di uffici collegati alla Santa Sede «indipendentemente dal fatto che si trovino sul territorio dello Stato della Città del Vaticano». Secondo l’articolo 8 gli atti sessuali con minori sono puniti con la reclusione fino a 10 anni; secondo l’articolo 11 la detenzione di materiale pedopornografico è punita con la reclusione fino a 2 anni.
La riforma è stata però criticata perché non prevede un obbligo delle autorità giudiziarie vaticane a rendere noti i reati alla magistratura civile. In base a questa riforma è stato però possibile il processo contro Jozef Wesolowski: ex nunzio della Repubblica Dominicana accusato di aver adescato e abusato di ragazzini. L’estradizione nella natia Polonia Il premier canadese Trudeau. Monsignor Capella, 50 anni, della nunziatura di Washington, durante un viaggio in Canada ha scaricato foto pedofile [LaP]
fu negata, sull’assunto che si trattava ormai di un cittadino vaticano. Ma Wesolowski, ridotto allo stato laicale, morì prima del processo. Wesolowski era stato posto agli arresti domiciliari: un po’ per l’età; un po’ perché le tre celle del carcere vaticano sono usate pochissimo, e praticamente solo in via preventiva. Se si giunge a una pena detentiva, infatti, la Segreteria di Stato
vaticana secondo le disposizioni del Trattato Lateranense può chiedere di farla scontare in un carcere italiano. Una delle tre celle fu usata nel maggio 2012, quando l’allora maggiordomo di Ratzinger, Paolo Gabriele, fu arrestato per il Vatileaks 1. Dopo 60 giorni di isolamento passò ai domiciliari. Sono state usate di nuovo al tempo di Vatileaks 2 per Angel Vallejo Balda. Carlo Alberto Capella si trova invece ai domiciliari.
In Canada un «common sexual assault» è punito con da un minimo di 90 giorni a un massimo di 10 anni di reclusione: da 4 a 14 se con l’uso di armi, fino all’ergastolo se ci sono danni fisici. «Luring a child», adescamento di minorenne, comporta invece 2 anni. Ma se fatto via telecomunicazioni o via Internet si va da 1 a 10 anni, mentre per la detenzione di materiale pedopornografico si va dai 90 giorni ai 10 anni. Insomma, rispetto al codice penale vaticano quello canadese conosce un maggior numero di graduazioni, ma più o meno la pena che Capella potrebbe rischiare è equivalente. La differenza è che da una parte in Canada giurie e giudici sembrano più prevenuti verso religiosi cattolici accusati di pedofilia. Dall’altra in Canada le carceri sono quelle normali. Anzi, da quel che se ne sa sono più dure della media europea: anche se meno che negli Stati Uniti.
MAURIZIO STEFANINI

Edited by pincopallino2 - 7/4/2018, 21:48
 
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view post Posted on 7/4/2018, 20:44

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https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/0...apella/4278242/

Vaticano, arrestato per possesso di pedopornografia l’ex consigliere a Washington monsignor Capella
Vaticano, arrestato per possesso di pedopornografia l’ex consigliere a Washington monsignor Capella
Le indagini erano iniziate il 21 agosto 2017 quando il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America notificò, per via diplomatica, al Vaticano la possibile violazione delle norme da parte di un membro del corpo diplomatico della Santa Sede

di Francesco Antonio Grana | 7 aprile 2018
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Più informazioni su: Città del Vaticano, Pedopornografia, Vaticano
Monsignor Carlo Alberto Capella, l’ex consigliere diplomatico a Washington, è stato arrestato dalla Gendarmeria Vaticana. Su di lui pesa la pesante accusa di pedopornografia. “Questa mattina – si legge in un comunicato della Santa Sede – su proposta del Promotore di Giustizia, il Giudice Istruttore del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha emesso un mandato di cattura a carico di Mons. Carlo Alberto Capella. Il provvedimento è stato eseguito dalla Gendarmeria Vaticana. L’imputato – precisa ancora la nota – è detenuto in una cella della caserma del Corpo della Gendarmeria, a disposizione dell’autorità giudiziaria. L’arresto giunge al termine di un’indagine del Promotore di Giustizia”.

Era stato proprio Papa Francesco, pochi mesi dopo la sua elezione, a emanare norme penali più severe per chi si macchia di reati di pedofilia e pedopornografia. Le indagini su monsignor Capella sono iniziate il 21 agosto 2017 quando il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ha notificato, per via diplomatica, al Vaticano la possibile violazione delle norme in materia di immagini pedopornografiche da parte di un membro del corpo diplomatico della Santa Sede accreditato a Washington.

“La Santa Sede – precisava una nota ufficiale – secondo la prassi adottata dagli Stati sovrani, ha richiamato il sacerdote in questione il quale si trova attualmente nella Città del Vaticano. Ricevute le informazioni dal governo statunitense, la Segreteria di Stato le ha trasmesse al Promotore di Giustizia del Tribunale vaticano. Il Promotore di Giustizia ha aperto un’indagine ed è stata già avviata una collaborazione a livello internazionale al fine di raccogliere elementi relativi al caso. Si ricorda che, come è previsto dalle leggi vigenti per tutte le istruttorie preliminari, le indagini del Promotore di Giustizia sono protette dal necessario riserbo istruttorio”.

Un mese dopo gli Stati Uniti, anche il Canada emise un mandato di arresto per monsignor Capella con l’accusa di possesso e distribuzione di materiale pedopornografico. Un comunicato della polizia di Windsor informò che l’inchiesta era stata condotta sul web dopo una segnalazione del Centro nazionale di coordinamento contro lo sfruttamento dei bambini. Dall’indagine era emerso il serio sospetto che Capella avesse scaricato e poi diffuso materiale di natura pedopornografica mentre visitava un luogo di culto in Ontario, nel periodo tra il 24 il 27 dicembre 2016. La diocesi di London, sempre in Ontario, confermò di aver ricevuto una richiesta di aiuto per l’indagine e che l’assistenza era stata fornita in relazione alle possibili violazioni della legge sulla pornografia infantile commesse da monsignor Capella.

In questi mesi, durante le indagini, il nome del prelato non era mai stato fatto ufficialmente dalla Santa Sede ma fonti vaticane avevano confermato a ilfattoquotidiano.it l’identità del diplomatico indagato. Nato a Milano ma con origini emiliane, Capella ha 50 anni ed è stato ordinato prete per l’arcidiocesi ambrosiana. In passato si era occupato dell’accordo in materia fiscale tra la Santa Sede e l’Italia. Dopo le accuse degli Stati Uniti e del Canada, il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, dichiarò che si trattava di “una vicenda dolorosissima, una prova grande per tutti quelli che sono coinvolti”. Ora, dopo l’arresto, è inevitabile che Capella sarà processato dal Tribunale penale della Santa Sede.

Twitter: @FrancescoGrana
 
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