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Va in pellegrinaggio da P. Pio e torna muto, Il contromiracolo del fratacchione: si accanisce su un fedele palermitano

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view post Posted on 17/8/2017, 20:10

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Il contromiracolo del fratacchione: si accanisce su un fedele palermitano

1521270330079.jpg-
Papa Francesco sul finto cadavere di P. Pio

http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgen...ROLA_122700.php

Archivio . AdnAgenzia . 1999 . 10 . 15
CRONACA
PADRE PIO: VA IN PELLEGRINAGGIO E PERDE L'USO DELLA PAROLA
IL CONTRO-MIRACOLO E' ACCADUTO AD UN PALERMITANO
Palermo, 15 ott. - (Adnkronos) - Si reca da Padre Pio in pellegrinaggio ma dopo la visita ai luoghi del beato di San Giovanni Rotondo perde l'uso della parola. L'episodio del contro-miracolo e' accaduto ad un palermitano di 48 anni, Bartolo Mancuso che da tre mesi si puo' esprimere soltanto a gesti o attraverso la scrittura. Un episodio paradossale visto che ogni giorno migliaia di persone si recano in pellegrinaggio nei luoghi di Padre Pio per chiedere il miracolo. Lui invece non e' andato per chiedere una grazia ma semplicemente per la devozione che lo lega al beato.

''Bartolo stava bene fino a quando siamo arrivati da Padre Pio -racconta la sorella- poi, all'improvviso, senza una spiegazione plausibile ha cominciato ad avvertire dei forti dolori alla gola fino alla perdita della voce''. In un primo tempo, nel tentativo di dare una spiegazione allo strano fenomeno, si era pensato al climatizzatore dell'autobus sul quale Mancuso e gli altri pellegrini hanno viaggiato per dodici ore. Ma poi i medici hanno fornito una spiegazione diversa. ''In effetti -spiega la sorella- sono trascorsi ormai diversi mesi dal viaggio e anche i dottori ci hanno fatto capire che il climatizzatore avrebbe potuto arrecare tutt'al piu' un abbassamento di voce ma nel caso di mio fratello la situazione e' molto piu' seria''. (segue)

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/ar...i.055brevi.html
Un uomo di Palermo Va da Padre Pio ma perde la parola PALERMO - Si reca da Padre Pio in pellegrinaggio ma dopo la visita a San Giovanni Rotondo perde l' uso della parola. Il "contro-miracolo" è toccato ad un palermitano di 48 anni, Bartolo Mancuso che da tre mesi si può esprimere soltanto a gesti o scrivendo.
16 ottobre 1999

www.il-demarchi-pensiero.it/wordpre...i-Padre-Pio.pdf
Il gratta e vinci dei miracoli
“Contro-miracolo: va in pellegrinaggio da Padre Pio e perde la voce”. Così
titolava qualche giorno fa “Il Messaggero” con volontario o involontario
umorismo e così raccontava lo sconcertante episodio:
“L’infortunio è accaduto a un palermitano di 48 anni, Bartolo Mancuso,
che da tre mesi, cioè da quando si è recato in pellegrinaggio a San Giovanni
Rotondo per testimoniare la sua incondizionata devozione a Padre Pio, è
divenuto muto. Bartolo stava bene – racconta la sorella – fin quando siamo
arrivati alla tomba di Padre Pio. Poi, all’improvviso e senza alcuna
spiegazione plausibile, ha cominciato ad avvertire un forte dolore alla gola e
in poco tempo ha perso del tutto la voce. Ora sono trascorsi ormai molti
mesi e i medici ci hanno detto che si tratta d’una condizione molto grave che
potrebbe anche essere irreversibile”.
E qui termina il breve racconto della sorella che peraltro propone, senza
probabilmente saperlo, una delle tante contraddizioni delle religioni
tradizionali. Il miracolo è stato infatti considerato per millenni
nell’immaginario popolare, e anche nell’ottica ecclesiastica, la prova suprema
della sollecitudine divina per le umane sofferenze e della qualità sovrumana
dei portentosi intermediari di quella sollecitudine (santi, profeti, messia). Ma
questa visione del miracolo, proprio mentre apre il cuore alla speranza, rischia
al tempo stesso di allagarlo d’angoscia e di dubbi più numerosi e tormentosi.
Già, perché dietro ad ogni miracolato c’è una turba di sventurati, spesso più
disperati e meritevoli, cui il miracolo viene negato. Come nelle lotterie, però,
le agiografie ci raccontano fervorosamente tutta la vita e l’esultanza del
vincitore, ma stendono un velo di silenzio indifferente sulla disperazione e
sull’amarezza dei perdenti e dei delusi.
Intorno ad ogni famosa immagine sacra vediamo una commovente cornice
di ex voto d’oro e d’argento che ci testimoniano la grazia ricevuta, ma non
vediamo le lacrime e tanto meno le invettive degli esclusi dalla grazia. E se la
grazia ricevuta dev’essere considerata una prova inconfutabile della
misericordia dell’Onnipotente, perché mai quella negata non dovrebbe essere
considerata una prova parimenti inconfutabile della sua crudele inesorabilità ?
Anzi, data la grande prevalenza del dolore, della crudeltà e dell’ingiustizia nel
mondo (e non solo nel mondo umano e storico, ma anche in quello della
Natura, coraggiosamente definita Matrigna, con buona pace dei nostri
ecologisti deamicisiani, dallo spirito intrepido di Leopardi) è davvero difficile
accettare l’idea tradizionale della divinità: una divinità definita al tempo stesso
buona e onnipotente. Ricordo anzi che un’amica cui avevo confidato queste
miei dubbi, dopo averci pensato qualche giorno mi scrisse: “Sì, ci ho riflettuto
a lungo e ho dovuto concludere che se è buono non è onnipotente, mentre se
è onnipotente, non è buono”. E aggiungeva queste parole commoventi: “Per
parte mia, preferisco immaginarlo anche debole, ma buono”.
Sì, su questo pianeta concimato col sangue delle creature più deboli e
indifese, è difficile conciliare questi tre attributi tradizionali della divinità: la
Bontà, la Giustizia e l’Onnipotenza.
Si può anzi dire che la crisi dei dogmi religiosi tradizionali nasca non solo
dalle conquiste della scienza ma anche, e forse soprattutto, da un’esigenza
morale dell’umanità. Ad un certo momento della storia umana (e proprio,
non a caso, nell’Occidente umanistico e liberale, oe stavano affermandosi i
valori universali della libertà, della tolleranza e della compassione), la
coscienza umana si è ribellata al tradizionale insegnamento ecclesiastico
riassunto nel detto “non cade foglia che Dio non voglia”: e lo ha fatto,
appunto, in nome di un’etica più alta. Espressa da Dostoyewsky nei “Fratelli
Karamazov” con le famose parole di Ivan: “Per scuotere la mia fede in Dio
mi basta la morte o il tormento d’un solo bambino”.
Il problema, in sé drammatico, può del resto assumere anche aspetti
tragicomici, come nella vicenda del povero Signor Bartolo o in quelle
ritagliate dai giornali con satanica ilarità dal farmacista anarchico d’un vecchio
film con Nino Manfredi (“Per grazia ricevuta”): “Passa dieci anni in coma, si
sveglia e muore d’infarto per l’emozione”, oppure “Gli cresce la barba
all’indentro e muore soffocato”, o infine “Torna dal pellegrinaggio alla
Madonna di Loreto e stermina tutta la famiglia”.
Insomma ho l’impressione che la religiosità del nostro tempo, se vuole
sopravvivere, non può più affidarsi alla “prova” fragile e ambigua del
miracolo, ma deve cercare una visione del divino meno contabile e
contrattuale oppure tornare al vecchio ma onesto argomento di Tertulliano
“Credo proprio perché credere è assurdo”. Strano articolo, questo, per un
politologo: ma, ogni tanto, viene voglia di accantonare la cronaca noiosa del
Palazzo e di riflettere sui grandi problemi dell’esistenza e della condizione
umana.
Luigi De Marchi

Edited by pincopallino1 - 20/3/2024, 21:13
 
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view post Posted on 20/3/2024, 21:13

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