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Piedimonte (CE). Vescovo a processo:"sottratti 894.000 € a vecchio prete". Ne aveva conservato 2 mln, Circonvenzione d'incapace. Sequestrato quasi mezzo mln di € nella disponibilità del vescovo di Alife Di Cerbo

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view post Posted on 4/12/2016, 16:12
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Circonvenzione d'incapace. Sequestrato quasi mezzo milione di € nella disponibilità del vescovo di Alife

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www.corrierecaserta.it/notizie-alto...tino-cerbo.html

*** CLAMOROSO A PIEDIMONTE MATESE ***. Indagato il vescovo della Diocesi Alife – Caiazzo Mons. Valentino Di Cerbo. 0
DI FRANCESCO PAPA DEL 3 DICEMBRE 2016 CRONACA
L’accusa nei confronti dell’alto prelato è quella di aver sottratto con la complicità di una coppia di coniugi di Piedimonte Matese, Rosa Cristina D’Abrosca e suo marito Giovanni Fevola, la somma di quasi 900mila euro ad un sacerdote, don Leone…

È incredibile quello che si è appreso nella giornata odierna. Il vescovo della Diocesi Alife – Caiazzo, Mons. Valentino Di Cerbo e una coppia di coniugi di Piedimonte Matese, Maria Cristina D’Abrosca e suo marito Giovanni Fevola, sono indagati per circonvenzione di incapaci. La vittima sarebbe un anziano parroco, don Leone per il quale la D’Abrosca funge da perpetua. In diverse trance sarebbero stati sottratti al parroco prima 450mila euro, poi un assegno di 30mila euro alla perpetua e poi ancora un buono postale intestato al Vescovo di 225mila euro. Ma non è tutto, perchè il 22 gennaio 2013 il Vescovo risulta beneficiario di un vaglia di 381mila euro. Di quei 381mila euro, 270mila furono intestati ai coniugi Giovanni Fevola e Rosa Cristina D’Abrosca, di cui euro 181.000 derivanti dalla riscossione del vaglia menzionato e i restanti 89mila euro derivanti da altre operazioni. Il 31 dicembre 2012, alcuni giorni prima di queste operazioni, fu sottoscritto un buono fruttifero dematerializzato per un importo pari ad euro 63.700 cointestato a Giuseppe Leone e al vescovo Di Cerbo, rimborsato in data 4 gennaio 2013 per un importo pari ad 63.636,30, con firma del solo Di Cerbo, confluendo sul libretto di deposito risparmio sempre intestato a mons. Di Cerbo. Operazioni che comportarono, secondo la prospettazione della Procura, per don Giuseppe Leone effetti pregiudizievoli ed economicamente dannosi a causa della ridotta capacità di quest’ultimo di autodeterminarsi e di avere cura dei propri interessi. Il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a seguito di indagini mirate ha disposto il sequestro dei 488.636,30 euro nella disponibilità del vescovo Valentino Di Cerbo, limitatamente agli importi che allo stato sono stati rinvenuti pari a 17.567,34 euro e 406.000 euro nell’attuale disponibilità della perpetua Rosa Cristina D’Abrosca e di suo marito Giovanni Fevola. Una scandalo che è destinato ad assumere rilevanza nazionale.

www.paesenews.it/?p=83536

PIEDIMONTE MATESE. ‘Sfilano’894mila euro ad un anzianoprete,
indagatoil vescovo DiCerboe altre due‘pie’creature.E’scandalo
 La redazione  3 dicembre 2016  Cronaca
PIEDIMONTE MATESE – E’ proprio vero: la chiesa si basa sulla povertà. Sì, ma quella degli altri,
chiaramente. Per il resto, preti vescovi, cardinali e tutto l’apparato del sistema pensa ai grandi numeri,
soprattutto quando si tratta di denari. Altro che povertà francescana. Poi ci sono i cortigiani. Come sempre
rappresetano la parte peggiore, quella più pericolosa.
E’ uno scandalo autentico quello che sta venendo alla luce nella diocesi di Alife Caiazzo. Il vescovo,
Valentino Di Cerbo è indagato per circonvenzione di incapace. Un reato compiuto in concorso con altri,
precisamente con due persone di Piedimonte Matese: Rosa Cristina D’Abrosca e Giovanni Fevola.
Avrebbero prosciugato il conto corrente ad un anziano prete: don Leone, di cui D’Abrosca è la perpetua.
Secondo l’accusa il vescovo Di Cerbo si sarebbe appropriato di oltre 894mila euro, che erano nelle
disponibilità dell’anziano sacerdote. E l’avrebbero fatto approfittando delle ridotte capacità cognitive,
legate all’incedere dell’età, della loro presunta vittima.
Don Leone avrebbe firmato un assegno di 30mila euro a favore della sua perpetua. Poi il parroco,
probabilmente, in un momento di lucidità, denuncia ai carabinieri di essere stato raggirato. Mentre i
4/12/2016 PIEDIMONTE MATESE. ‘Sfilano’ 894mila euro ad un anziano prete, indagato il vescovo Di Cerbo e altre due ‘pie’ creature. E’ scandalo – Paese Ne…
www.paesenews.it/?p=83536 2/3
carabinieri indagano entra in azione il vescovo Di Cerbo che convoca i militari in curia; gli stessi
carabinieri una volta giunti in curia trovano, oltre al vescovo, anche la perpetua, D’Abrosca, e don Leone.
L’anziano parroco cambia la sua versione affermando che quei 30.000 euro li aveva dati volontariamente,
e in piena coscienza alla D’Abrosca per ricompensarla dell’assistenza fornita.
Secondo l’accusa quella versione “addomesticata”, probabilmente “ordinata” dallo stesso vescovo
all’anziano parroco. Le indagini dei militari vanno avanti e raccolgo prove sufficienti per spingere il giudice
ad emettere un decreto di sequestro dei conti nella disponibilità diret sequest ta del vescovo Valentino Di Cerbo.
Si scopre così che nel gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, venne emesso un vaglia per un
importo complessivo pari ad euro 450.000 euro di cui risultò beneficiario proprio il vescovo Di Cerbo;
contestualmente, fu effettuato un versamento pari ad euro 225.000 euro sul conto intestato a Giovanni
Fevola e Rosa Cristina D’Abrosca (importo che sarebbe stato reinvestito nella sottoscrizione di una polizza
assicurativa). Successivamente fu emesso un buono per un importo di 225.000 euro intestato al vescovo
Di Cerbo. Anche questi soldi finirono sul conto di sua eccellenza. Il buono fu congelato con un contratto a
lungo termine, con scadenza 4 gennaio 2033. Ma poi venne riscosso dopo 20 giorni, precisamente il 22
gennaio 2013 e successivamente versato, in aggiunta di altri euro 100.000 su un libretto di deposito
postale, ovviamente sempre intestato a sua eccellenza.
Sempre a gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, fu emesso un altro vaglia per un importo
complessivo di 381mila euro di cui risultava beneficiario Di Cerbo, il quale lo riscosse. Intanto altri
200.000 euro arrivarono sul libretto di deposito a risparmio del vescovo, con successiva sottoscrizione di
un buono postale di euro 270.000 intestato ai coniugi Giuseppe Leone e Rosa Cristina D’Abrosca, di cui
euro 181,000 derivanti dalla riscossione del vaglia menzionato e i restanti Sgmila euro derivanti da altre
operazioni.
Il 31 dicembre 2012, alcuni giorni prima di queste operazioni, fu sottoscritto un buono fruttifero
dematerializzato per un importo pari ad euro 63.700 cointestato a Giuseppe Leone e al vescovo Di Cerbo,
rimborsato in data 4 gennaio 2013 per un importo pari ad 63,636,30, con firma del solo Di Cerbo,
confluendo sul libretto di deposito risparmio sempre intestato a monsignor Di Cerbo. Operazioni che
comportarono, secondo la prospettazione della Procura, per don Giuseppe Leone effetti pregiudizievoli ed
economicamente dannosi a causa della ridotta capacità di quest’ultimo di autodeterminarsi e di avere
cura dei propri interessi. La Procura ha anche effettuato un accertamento fiscale nei confronti degli
indagati, appurando una sperequazione economico patrimoniale tra quelli effettivamente posseduti e
quelli dichiarati. In conclusione il Gip accogliendo la richiesta della Procura ha convalidato il sequestro dei sequest
488,636,30 euro nella disponibilità del vescovo Valentino Di Cerbo, limitatamente agli importi che allo
stato sono stati rinvenuti pari a 17.567,34 euro e 406.000 euro nell’attuale disponibilità della perpetua
Rosa Cristina D’Abrosca e di suo marito Giovanni Fevola. Le indagini sono state condotte dai carabinieri
della compagnia del Matese, guidati dal maggiore Falso.
La precisazione del Vescovo:

La precisazione del Vescovo:
“Il suddetto sacerdote, all’epoca dei fatti, era nelle piene facoltà di intendere e di volere ed era sua
manifesta volontà quella di destinare alla Diocesi di Alife-Caiazzo la somma di 588.636,30 euro;
il Vescovo, in quanto legale rappresentante, è stato il “necessario tramite” del passaggio della predetta
somma tra il suddetto sacerdote e la Diocesi, che resta la destinataria ultima dell’intera somma;
il sacerdote, che non aveva eredi, è stato ospitato per 70 anni in Seminario, che riteneva la “sua casa” e la
“sua famiglia”.
Pertanto, l’accusa è da ritenersi del tutto infondata.
Si chiarisce, inoltre, che la somma, affidata da don Peppino Leone al Vescovo, è stata di già interamente
utilizzata a fini istituzionali e pastorali della Diocesi, come è stato ampiamente documentato e certificato
in Procura. Nei prossimi giorni gli Uffici di Curia ne daranno diffusione.
Si aggiunge che l’approfondita indagine della suddetta Procura sui conti personali del Vescovo non ha
riscontrato alcun trasferimento o movimentazione finanziaria diretta, inerente la predetta somma, né in
Italia né all’Estero. Le uniche somme personali del Vescovo, rinvenute nelle indagini, ammontano a euro
17.567,34, più un buono postale del valore di 2.500 euro.
Nella ferma convinzione che l’operato del Vescovo è stato del tutto trasparente, confidiamo nel lavoro
della Magistratura e siamo vicini al nostro Pastore nella preghiera al Signore che conosce il cuore
dell’uomo”.

Edited by pincopallino2 - 24/10/2017, 14:44
 
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http://www.casertace.net/cronaca/ore-17-34...t-20161205.html


ORE 17.34 ESCLUSIVA CASERTACE. Indagati il vescovo di Alife-Piedimonte-Caiazzo, Valentino Di Cerbo e una coppia di coniugi. “Avrebbero fregato” quasi 900.000 euro ad un anziano sacerdote. Sequestrati i conti del prelato e degli altri due coinvolti

Un'incredibile, sconcertante storia. Nell'articolo leggerete, passo dopo passo tutte le transazioni di danaro e anche degli episodi che hanno indotto il Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere a convalidare il decreto di sequestro, firmato dalla Procura

Valentino Di Cerbo
Nella foto, Valentino Di Cerbo




PIEDIMONTE MATESE. Una storiaccia, gestita dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere con grande discrezione e rispetto per le persone che, in una veste o nell’altra vi sono coinvolte, ma che ora, essendo arrivata ad un primo punto fermo, cioè ad una decisione del tribunale di convalidare un decreto di sequestro, firmato da un pubblico ministero, è giusto raccontare, ovviamente, premettendo subito, che chi dovesse ritenere di voler esprimere un proprio punto di vista, sui fatti raccontati, troverà la porta di Casertace apertissima.

Cominciamo dai dati certi. Il vescovo 74enne della diocesi di Alife-Piedimonte Matese-Caiazzo, Valentino Di Cerbo, è stato iscritto ufficialmente nel registro degli indagati. Per lui, la Procura della Repubblica ipotizza il reato di circonvenzione di incapace.

Un reato compiuto in concorso con altri, precisamente con la 56enne di Piedimonte Matese, Rosa Cristina D’Abrosca e con il marito di questa, il 58enne, anch’esso di Piedimonte Matese, Giovanni Fevola.

La presunta vittima dell’azione coordinata tra il vescovo Di Cerbo, la D’Abrosca e Fevola, è l’anziano sacerdote don Leone, di cui la citata D’Abrosca è la perpetua.

Secondo l’ipotesi accusatoria, che ha trovato un primo riscontro positivo nel pronunciamento del gip, il vescovo Di Cerbo si sarebbe appropriato di 894.636,30 euro, che erano nelle disponibilità dell’anziano sacerdote. E l’avrebbero fatto approfittando delle ridotte capacità cognitive, legate all’incedere dell’età, della loro presunta vittima.

Il giudice per le indagini preliminari cita un episodio in particolare. Quello in cui don Leone avrebbe firmato un assegno di 30.000 euro a favore della sua perpetua. Per questo motivo, forse per un’iniziativa dello stesso don Leone, sul caso, intervennero a suo tempo i carabinieri della Compagnia di Piedimonte Matese, che ascoltarono don Leone, e registrarono una sua chiara presa di posizione, attraverso la quale l’atto di emissione dell’assegno diveniva frutto di una manovra, attuata dalla D’Abrosca, che si sarebbe approfittata dello stato di minorità mentale di don Leone.

Dopo qualche tempo, sempre stando a quanto ricostruisce il gip nel suo provvedimento di convalida del sequestro, gli stessi carabinieri furono chiamati in curia dal vescovo Di Cerbo. Vi trovarono, oltre al prelato, anche la D’Abrosca e don Leone, il quale cambiò, sostanzialmente la sua versione, affermando che quei 30.000 euro li aveva dati volontariamente, e in piena coscienza alla D’Abrosca per ricompensarla dell’assistenza che questa gli garantiva.

Ma i carabinieri notarono, segnalandolo nel loro rapporto, che don Leone parlò non staccando mai gli occhi da quelli del vescovo Di Cerbo. Il giudice, ovviamente, non scrive che era ipnotizzato, ma, molto più concretamente, con la solidità del giurista, parla di fondato sospetto, di fondato indizio, di un rapporto di dipendenza emotiva forte dell’anziano prete nei confronti del vescovo, al punto che anche in quell’occasione le parole pronunciate apparvero non del tutto volontarie e non frutto del pieno esercizio del proprio pensiero e del proprio libero arbitrio.

Ma il lavoro della Procura non si è certo basato solo su fatti emotivi. Questa è una storia di danari veri. E che danari!

Riassumiamo gli elementi indiziari raccolti che hanno indotto la procura a chiedere il sequestro di conti nella disponibilità diretta del vescovo Valentino Di Cerbo: 4 gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, venne emesso un vaglia per un importo complessivo pari ad euro 450.000 euro di cui risultò beneficiario proprio il vescovo Di Cerbo; contestualmente, fu effettuato un versamento pari ad euro 225.000 euro sul conto intestato a Giovanni Fevola e Rosa Cristina D’Abrosca (importo che sarebbe stato reinvestito nella sottoscrizione di una polizza assicurativa). Successivamente fu emesso un buono per un importo di 225.000 euro intestato al vescovo Di Cerbo. E così anche questi soldi finirono sul conto di sua “eccellenza”. Il buono fu congelato con un contratto a lungo termine, con scadenza 4 gennaio 2033. Ma poi venne riscosso dopo 20 giorni, precisamente il 22 gennaio 2013 e successivamente versato, in aggiunta di altri euro 100.000 su un libretto di deposito postale, ovviamente sempre intestato a sua eccellenza.

Sempre il 22 gennaio dal conto intestato a don Leone, fu emesso un altro vaglia per un importo complessivo di 381mila euro di cui risultava beneficiario Di Cerbo, il quale lo riscosse sempre in questo 22 gennaio che trasformò la curia di Alife in una succursale di Wall Street. Intanto altri 200.000 euro arrivarono sul libretto di deposito a risparmio del vescovo, con successiva sottoscrizione di un buono postale di euro 270.000 intestato ai coniugi Giuseppe Leone e Rosa Cristina D’Abrosca, di cui euro 181.000 derivanti dalla riscossione del vaglia menzionato e i restanti 89mila euro derivanti da altre operazioni.

Il 31 dicembre 2012, alcuni giorni prima di queste operazioni, fu sottoscritto un buono fruttifero dematerializzato per un importo pari ad euro 63.700 cointestato a Giuseppe Leone e al vescovo Di Cerbo, rimborsato in data 4 gennaio 2013 per un importo pari ad 63.636,30, con firma del solo Di Cerbo, confluendo sul libretto di deposito risparmio sempre intestato a mons. Di Cerbo. Operazioni che comportarono, secondo la prospettazione della Procura, per don Giuseppe Leone effetti pregiudizievoli ed economicamente dannosi a causa della ridotta capacità di quest’ultimo di autodeterminarsi e di avere cura dei propri interessi.

La Procura ha anche effettuato un accertamento fiscale nei confronti degli indagati, appurando una sperequazione economico patrimoniale tra quelli effettivamente posseduti e quelli dichiarati.

In conclusione il Gip accogliendo la richiesta della Procura ha convalidato il sequestro dei 488.636,30 euro nella disponibilità del vescovo Valentino Di Cerbo , limitatamente agli importi che allo stato sono stati rinvenuti pari a 17.567,34 euro e 406.000 euro nell’attuale disponibilità della perpetua Rosa Cristina D’Abrosca e di suo marito Giovanni Fevola.

Gianluigi Guarino



PUBBLICATO IL: 5 dicembre 2016 ALLE ORE 7:00

http://www.pressreader.com/italy/il-mattin...282385514135062

«Presto pubblici tutti i conti del vescovo»
Il Mattino (Caserta)5 Dec 2016Marilù Musto

L’indagine La Procura di Santa Maria Capua Vetere indaga sul capo della Diocesi di Alife-Caiazzo
Il prelato è accusato di circonvenzione di incapace La reazione della Curia
La diocesi e il denaro. Al centro c’è la curia di Alife-Caiazzo-Piedimonte Matese, finita nell’inchiesta del pm Antonella Cantiello della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere delegata nelle ultime settimane ai carabinieri del nucleo investigativo dei carabinieri di Caserta, dopo che per due anni il fascicolo è rimasto nelle mani della compagnia di Piedimonte Matese. Per ventiquattro mesi i militari del maggiore Giovanni Falso hanno scavato nei conti correnti di tre persone, finite tutte nel registro degli indagati per circonvenzione di incapace: si tratta del vescovo della diocesi Valentino Di Cerbo, della perpetura Rosa Cristina D’Abrosca e del marito di quest’ultima, Giovanni Feola. I tre sembrano usciti da un aneddoto scritto da Guareschi, ma don Camillo e don Peppone questa volta non c’entrano.
Tutto ruota attorno alla presunta appropriazione di 894.636,30 euro, nella disponibilità di un anziano sacerdote: don Peppino Leone, presunta vittima di una sorta di raggiro, stando alla Procura. Di Cerbo avrebbe tentato di aiutare la perpetua D’Abrosca, al servizio dell’anziano don Peppino. La donna, infatti, era stata indicata dal sacerdote come colei che l’avrebbe convinto a versare 30mila euro sul suo conto corrente e quello del marito. Don Leone avrebbe raccontato tutto ai carabinieri. Il vescovo entra in scena successivamente, quando i carabinieri vengono convocati in curia proprio da monsignore e trovano nel suo ufficio don Leone che ritratta la sua versione. Poi ci sono i dati, i numeri e quegli 894.636,30 finiti, per la Procura, sui conti correnti del vescovo, della perpetua e del marito. Tutto falso, per la curia diocesana che, mentre organizza una conferenza stampa per rendere pubblici i conti del vescovo, precisa: «Don Leone era nelle piene facoltà di intendere e di volere ed era sua volontà destinare alla Diocesi di Alife-Caiazzo la somma di 588.636,30 euro sul conto. Il Vescovo, in quanto legale rappresentante, è stato il “necessario tramite” del passaggio della somma tra il sacerdote e la Diocesi, che resta la destinataria ultima dell’intera somma. Il sacerdote, che non aveva eredi, è stato ospitato per 70 anni in seminario, che riteneva la “sua casa” e la “sua famiglia”. Pertanto, l’accusa è da ritenersi del tutto infondata». Lastorianonconvince, anche perché resta in sospeso una domanda: cosa ci facevano sul conto di don Leone, morto nelsettembrediquest’anno, oltre 500mila euro? La verità è che si conosce il successivo passaggio di denaro, ma non il precedente.
«La somma, affidata da don Peppino Leone al Vescovo - insiste la curia - è stata di già interamente utilizzata a fini istituzionali e pastorali della Diocesi, come è stato documentato e certificato in Procura». Dunque, i soldi sono spariti perché già donati per alcune opere. «L’indagine sui conti personali del vescovo - conclude la curia - non ha riscontrato alcun trasferimento o movimentazione finanziaria diretta, né in Italia né all’Estero. Le uniche somme personali del Vescovo, rinvenute nelle indagini, ammontano a euro 17.567,34, più un buono postale del valore di 2.500 euro». Per ora la magistratura ha ordinato un sequestro per equivalente di oltre 400mila euro sui tre conti degli indagati.
Un incarico episcopale difficile, quello toccato al vescovo Di Cerbo. Monsignore pare fosse finito già una volta nel registro degli indagati dopo l’incidente sul lavoro, dell’ottobre 2015, che coinvolse due operai che stavano montando un ponteggio all’esterno della basilica di Santa Maria Maggiore. Ma sua posizione venne subito archiviata. Ora, una nuova nuvola di polemiche si abbatte sul vescovado.
 
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www.ilmattino.it/caserta/vescovo_in...si-2124852.html

Vescovo indagato dal pm:
«Quei soldi usati per la Diocesi»
Monsignor Valentino Di Cerbo
di Mary Liguori e Marilù Musto
Al quarto piano del Palazzo di Giustizia di Santa Maria Capua Vetere il vescovo di Alife-Caiazzo era atteso ormai da giorni. Dopo la divulgazione della notizia sull’inchiesta sull’alto prelato, sulla perpetua di un prete morto a settembre e sul marito di quest’ultima, la procura diretta da Maria Antonietta Troncone ha impresso un’accelerata nel procedimento che ha già portato a un sequestro di 450mila euro. Gli inquirenti vanno avanti, nel più stretto riserbo, d’altronde l’indagine è nella fase ancora sottoposta al segreto.

Top secret è anche il contenuto del colloquio tra monsignor Valentino Di Cerbo, accusato di circonvenzione di incapace, e il sostituto procuratore Antonella Cantiello che coordina l’inchiesta su uno strano spostamento di soldi dal conto di don Giuseppe Leone, prete morto a 93 anni, a quello del capo della Diocesi alto-matesina. Oltre ai carabinieri di Piedimonte Matese, che dopo aver ricevuto una segnalazione anonima avviarono l’indagine nel 2014, oggi sul caso c’è una delega al Roni del comando provinciale dei carabinieri di Caserta, diretto dal tenente colonnello Nicola Mirante.

Bocche cucite da parte degli inquirenti, ma dalla Curia fanno sapere, attraverso una nota, che «sua eccellenza ha ricevuto legittimamente il denaro che poi ha destinato a opere pastorali come era volontà di don Leone» e che il parroco Giuseppe Leone era in grado «d’intendere e volere in quanto nell’anno 2014 ancora veniva considerato in grado di guidare, tanto che aveva ottenuto il rinnovo della patente». Questa è la difesa.

Per ora l’unico dei tre indagati ad essere già stato ascoltato dal pm è il vescovo; Di Cerbo risponde della circonvenzione di incapace, così come i coniugi, ma resta da stabilire come un umile prete di provincia, ovvero don Leone, sia riuscito a mettere insieme tutti quel denaro poi transitato sul conto corrente del vescovo attraverso la perpetua, Rosa Cristina D’Abrosca, e il marito Giovanni Fevola.

E ieri, sul sito della Diocesi «Clarus» sono state pubblicate le donazioni nel dettaglio. «La cifra donata da don Leone è di 588.636,30 euro ed è stata utilizzata, eccetto l’importo di 1.720 euro ancora residui - spiega la diocesi - a fini istituzionali e pastorali della Diocesi di Alife-Caiazzo. Sette le movimentazioni complessive, di cui cinque hanno avuto destinazione il conto corrente bancario della Diocesi di Alife-Caiazzo, mediante il quale la curia effettua i pagamenti di ogni spesa a fini istituzionali e pastorali; c’è il contributo a favore del rifacimento (pavimentazione, sottofondazioni) del Cortile del Seminario di Piedimonte Matese e di parte dei locali della Curia Vescovile, compreso l’appartamento già abitato da don Giuseppe, per 210.000,00 euro; il contributo per il restauro dell’organo della Cattedrale di Caiazzo per 60.000,00 euro, poi per il restauro del coro della cattedrale caiatina per 30.000,00 euro; il contributo per la manutenzione della casa canonica della parrocchia di San Sebastiano in Valle Agricola per 30.000,00 euro, per il rifacimento della casa canonica della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo in Alvignano per 25.000,00 euro; il contributo a favore della Fondazione asilo Principi di Piemonte Alvignano per 20.000,00 euro, e per la parrocchia Santa Cristina e San Prisco in Formicola per 43.193,57 euro.

E poi, l’acquisto di due immobili destinati ad opere pastorali a favore della parrocchia Santa Maria Assunta, Cattedrale di Alife dove don Giuseppe Leone ha esercitato il ministero pastorale per più di 40 anni, per 170.000,00 mila euro». Resta, però, come detto, un dubbio grosso quanto una casa. Non è chiaro, infatti, come don Leone, originario di Frosinone, possa essere riuscito a mettere insieme una così consistente somma. Padre Leone pare non avesse natali altisonanti che possano conferire una origine ereditaria a quei «risparmi». Il prete era figlio di un dipendente dell’Enel e la sua famiglia si trasferì nell’alto Casertano proprio perché suo padre ottenne un lavoro alla centrale elettrica del lago Matese. Una famiglia umile, dunque. Ciononostante, aveva messo insieme una consistente somma, probabilmente superiore a quella sequestrata, stando all’indagine.
Martedì 6 Dicembre 2016, 12:09 - Ultimo aggiornamento: 06-12-2016 12:21
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*** SCANDALO NELLA CURIA A PIEDIMONTE MATESE *** Il Pm ha ascoltato il Vescovo. Mistero sugli ex proprietari dei fabbricati acquistati ad Alife 0
DI FRANCESCO PAPA DEL 6 DICEMBRE 2016 CRONACA
Secondo la rendicontazione fatta sulle spese dei soldi ereditati da don Leone, spunta l’acquisto di un fabbricato per 170mila euro. A chi apparteneva?

È stato ascoltato dal Pubblico Ministero Antonella Cantiello, il Vescovo della Diocesi di Alife – Caiazzo, mons. Valentino Di Cerbo, in merito alla cifra che è emersa ed era nella disponibilità di don Peppino Leone, il compianto sacerdote 90enne, deceduto a settembre scorso. La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha già disposto il sequestro di 450mila euro e le indagini vanno avanti spedite. Non è trapelato ancora nulla dai colloqui che l’alto prelato ha avuto con il giudice accusato di circonvenzione di incapace. Il sostituto procuratore Antonella Cantiello che coordina l’inchiesta sta indagando su uno strano spostamento di soldi dal conto di don Leone, a quello del capo della Diocesi dell’Alto Casertano.

Oltre ai carabinieri di Piedimonte Matese, che dopo aver ricevuto una segnalazione anonima avviarono l’indagine nel 2014, oggi sul caso c’è una delega al R.O.N.I. (Reparto Operativo Nucleo Informativo) del comando provinciale dei carabinieri di Caserta, diretto dal tenente colonnello Nicola Mirante. In ogni caso come prima scritto non è trapelato ancora nulla dalle indagini in corso. La Curia ha diramato un comunicato stampa, col quale tenta di fare chiarezza e soprattutto rendiconta come siano stati spesi 588mila euro.

Tra questi soldi, spunta fuori l’acquisto di un fabbricato di 170mila ad Alife, per creare una struttura ricreativa e aggregativa per i giovani. Non è dato conoscere da chi è stato acquistato quel fabbricato e la comunità alifana tutta si chiede ancora oggi di chi era. “Sua eccellenza ha ricevuto legittimamente il denaro – viene spiegato ne comunicato della Diocesi aggiungendo – che poi ha destinato a opere pastorali come era volontà di don Leone. Lo stesso parroco don Giuseppe era in grado d’intendere e volere in quanto nell’anno 2014 ancora veniva considerato in grado di guidare, tanto che aveva ottenuto il rinnovo della patente”. Questa è la tesi difensiva del Vescovo, per la quale se ne sta occupando l’avvocato Ciro Ferrucci di Caiazzo. Per ora solo il Vescovo è l’unico dei tre indagati ad essere stato già ascoltato dal Sostituto Procuratore Antonella Cantiello; Di Cerbo risponde della circonvenzione di incapace, così come i coniugi, ma resta da stabilire come un umile prete di provincia, ovvero don Leone, sia riuscito a mettere insieme tutti quel denaro poi transitato sul conto corrente del vescovo attraverso la perpetua, Rosa Cristina D’Abrosca, e il marito Giovanni Fevola.

Infine, ma non da meno, resta anche da capire, come don Leone, originario di Frosinone, possa essere riuscito a mettere insieme una così consistente somma. Il parroco infatti aveva alle spalle una famiglia di umili e onesti lavoratori che non potevano lasciargli in eredità tanti di quei “risparmi”. Don Leone era figlio di un dipendente dell’Enel e la sua famiglia si trasferì nell’alto Casertano proprio perché suo padre ottenne un lavoro alla centrale elettrica del lago Matese. Una famiglia modesta quindi. Ciononostante, aveva messo insieme una consistente somma, probabilmente superiore a quella sequestrata, stando all’indagine
 
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benedetto Nicotra1
view post Posted on 8/12/2016, 18:55




Il Dio denaro affascina tutti senza risparmiare nessuna. Mi dispiace per la figura del vescovo. date tutto a scopo umanitario Caritas che aiutino famiglie indigenti.
 
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view post Posted on 22/12/2016, 15:32
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*** PIEDIMONTE MATESE INDAGATO IL VESCOVO MONS. VALENTINO DI CERBO *** Circonvenzione di incapaci 0
DI FRANCESCO PAPA DEL 22 DICEMBRE 2016 CRONACA
Secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere avrebbe “sottratto” soldi all’anziano Prete don Leone…

Ora è ufficiale. La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha iscritto il Vescovo della Diocesi Alife – Caiazzo nel registro degli indagati. Secondo i giudici l’alto prelato è indagato per circonvenzione di incapace: la “vittima” è un anziano prete, don Giuseppe Leone, deceduto il primo settembre scorso dopo aver accumulato una somma di due milioni di euro. Soldi poi finiti in parte sui conti del vescovo, in parte su quelli della perpetua di don Leone Maria Cristina D’Abrosca e suo marito Giovanni Fevola. Il tesoro del sacerdote morto sarebbe stato messo insieme nel corso di oltre sessant’anni di attività pastorali, grazie soprattutto – almeno a quanto è dato sapere dagli stessi fedeli – alle messe commissionate al sacerdote deceduto durante la sua lunga vita. Celebrazioni per i defunti, messe gregoriane: un “patto” tra il prete e i suoi fedeli attraverso il quale il sacerdote si impegnava a dire messa per i morti in cambio di denaro.

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Il vescovo di Piedimonte Matese indagato per circonvenzione di incapace

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Il vescovo di Piedimonte Matese-Alife-Caiazzo è indagato per circonvenzione di incapace: la “vittima” è un anziano prete, don Giuseppe Leone, morto il primo settembre scorso dopo aver accumulato una somma di due milioni di euro. Soldi poi finiti in parte sui conti del vescovo, in parte su quelli della perpetua di don Leone e di suo marito. Il tesoro del sacerdote morto sarebbe stato messo insieme nel corso di oltre sessant'anni di attività pastorali, grazie soprattutto – dicono i fedeli – alle messe commissionate al sacerdote deceduto durante la sua lunga vita. Celebrazioni per i defunti, messe gregoriane: un “patto” tra il prete e i suoi fedeli attraverso il quale il sacerdote si impegnava a dire messa per i morti in cambio di denaro. (servizio di Mary Liguori e Marilù Musto)
 
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Circonvenzione d'incapace. Sequestrato quasi mezzo mln di € nella disponibilità del vescovo di Alife Di Cerbo



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Il vescovo di Piedimonte Matese indagato per circonvenzione di incapace

Il vescovo di Piedimonte Matese-Alife-Caiazzo è indagato per circonvenzione di incapace: la “vittima” è un anziano prete, don Giuseppe Leone, morto il primo settembre scorso dopo aver accumulato una somma di due milioni di euro. Soldi poi finiti in parte sui conti del vescovo, in parte su quelli della perpetua di don Leone e di suo marito. Il tesoro del sacerdote morto sarebbe stato messo insieme nel corso di oltre sessant'anni di attività pastorali, grazie soprattutto – dicono i fedeli – alle messe commissionate al sacerdote deceduto durante la sua lunga vita. Celebrazioni per i defunti, messe gregoriane: un “patto” tra il prete e i suoi fedeli attraverso il quale il sacerdote si impegnava a dire messa per i morti in cambio di denaro. (servizio di Mary Liguori e Marilù Musto)
 
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CAIAZZO/ ALIFE – Diocesi, DiCerbo versol’addio:l’ipotesiGiannotti
 La redazione  5 gennaio 2017  Cronaca
CAIAZZO / ALIFE (Di Ettore Fieramosca) – Il Vescovo della diocesi Alife Caiazzo, Monsignor Valentino Di
Cerbo potrebbe lasciare, fra non molto, il comando della stessa diocesi. Al prelato rimarrebbe ancora
qualche anno di attività pastorale in Diocesi ma dalla Santa Sede giungono voci che presto, forse
addirittura in estate, don Valentino Di Cerbo, potrebbe lasciare l’eredità a un nuovo Vescovo. Già circola
un nome, sia Roma che a Caserta: don Antonello Giannotti, parroco del Buon Pastore di Caserta. Don
Antonello è molto apprezzato a Caserta tanto da riempire all’inverosimile la sua Parrocchia durante le
Celebrazioni Eucaristiche. Ovviamente bocche cucite negli ambienti religiosi. Per ora si tratta solo di
ipotesi, ma ben presto qualcosa potrebbe muoversi anche alla luce degli ultimi scandali che hanno scosso
la diocesi e i suoi cortigiani.

http://www.casertace.net/caserta-1/porpore...i-20170108.html

PORPORE “BOLLENTI”. Il vescovo Di
Cerbo potrebbe lasciare in anticipo, per la sua
successione il favorito è DON ANTONELLO
GIANNOTTI
75 anni di età ma anche lo scandalo giudiziario che..

PIEDIMONTE MATESE Lo scandalo giudiziario che lo ha coinvolto nelle scorse settimane, e che lo mette
anche a rischio processo, (CLICCA QUI PER LEGGERE IL NOSTRO ARTICOLO) potrebbe indurre il vescovo
della diocesi di AlifeCiazzo a lasciare il suo incarico con qualche mese di anticipo rispetto a quella che è la
scadenza naturale, che coincide, per ogni vescovo, col compimento del 75esimo anno di età.
E’ inutile dire che nei comuni della diocesi di monsignor Di Cerbo, soprattutto dopo che Casertace ha reso
pubblica la storiaccia della presunta truffa, subita da un anziano sacerdote di Piedimonte Matese da parte della
sua perpetua, con la presunta regia del presule, impazzi il totosuccessione.
Un nome caldo è, sicuramente, quello di don Antonello Giannotti, oggi parroco al Buon Pastore di Caserta,
reduce da anni di significativo impegno, sempre in verità molto rappresentato mass mediaticamente, anche a
capo della parrocchia di Puccianiello.
Don Antonello Giannotti è un appassionato di politica e non nasconde di nutrire legittime ambizioni di
contribuire ai contenuti del suo ministero da una cattedra più alta. Da almeno due o tre anni, si parla di lui come
futuro vescovo e il fatto che di qui a poco si andrà a liberare il posto nell’antichissima diocesi di Alife, fa di lui uno
dei candidati naturali alla successione dell’ormai chiacchieratissimo Valentino Di Cerbo.
G.G.
PUBBLICATO IL: 8 gennaio 2017 ALLE ORE 16:47

https://it.wikipedia.org/wiki/Valentino_Di_Cerbo

Valentino Di Cerbo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Valentino Di Cerbo
vescovo della Chiesa cattolica
Coat of arms of Valentino Di Cerbo.svg
Fiducia mea est in te
Titolo Alife-Caiazzo
Incarichi attuali Vescovo di Alife-Caiazzo
Nato 16 settembre 1943 (73 anni) a Frasso Telesino
Ordinato presbitero 30 marzo 1968
Nominato vescovo 6 marzo 2010 da papa Benedetto XVI
Consacrato vescovo 1º maggio 2010 dal cardinale Tarcisio Bertone
Valentino Di Cerbo (Frasso Telesino, 16 settembre 1943) è un vescovo cattolico italiano.
 
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http://www.noicaserta.it/tribunale_dissequ...o_di_cerbo.html


No del giudice al dissequestro del conto corrente del vescovo indagato

04 / 04 / 2017

Redazione

Alife -

Il tribunale ha respinto la richiesta di dissequestro dei conti correnti di riferimento del vescovo della Diocesi di Alife-Caiazzo Valentino Di Cerbo finito sotto inchiesta per una donazione di quasi un milione di euro da parte di un sacerdote defunto, don Giuseppe Leone. Il vescovo, Valentino Di Cerbo è indagato per circonvenzione di incapace. Un reato compiuto in concorso con altri, precisamente con due persone di Piedimonte Matese: Rosa Cristina D’Abrosca e Giovanni Fevola. Avrebbero prosciugato il conto corrente ad un anziano prete: don Leone, di cui D’Abrosca è la perpetua. Secondo l’accusa il vescovo Di Cerbo si sarebbe appropriato di oltre 894mila euro, che erano nelle disponibilità dell’anziano sacerdote. E l’avrebbero fatto approfittando delle ridotte capacità cognitive, legate all’incedere dell’età, della loro presunta vittima. Don Leone avrebbe firmato un assegno di 30mila euro a favore della sua perpetua. Poi il parroco, probabilmente, in un momento di lucidità, denuncia ai carabinieri di essere stato raggirato. L’anziano parroco successivamente cambia la sua versione affermando che quei 30.000 euro li aveva dati volontariamente, e in piena coscienza alla D’Abrosca per ricompensarla dell’assistenza fornita. Secondo l’accusa quella versione “addomesticata”, probabilmente “ordinata” dallo stesso vescovo all’anziano parroco. Le indagini dei militari vanno avanti e raccolgo prove sufficienti per spingere il giudice ad emettere un decreto di sequestro dei conti nella disponibilità diretta del vescovo Valentino Di Cerbo. Si scopre così che nel gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, venne emesso un vaglia per un importo complessivo pari ad euro 450.000 euro di cui risultò beneficiario proprio il vescovo Di Cerbo; contestualmente, fu effettuato un versamento pari ad euro 225.000 euro sul conto intestato a Giovanni Fevola e Rosa Cristina D’Abrosca (importo che sarebbe stato reinvestito nella sottoscrizione di una polizza assicurativa). Successivamente fu emesso un buono per un importo di 225mila euro intestato al vescovo Di Cerbo. Il buono fu congelato con un contratto a lungo termine con scadenza gennaio 2033. Ma poi venne riscosso dopo 20 giorni, precisamente il 22 gennaio 2013 e successivamente versato, in aggiunta di altri euro 100.000 su un libretto di deposito postale, ovviamente sempre intestato a sua eccellenza. Sempre a gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, fu emesso un altro vaglia per un importo complessivo di 381mila euro di cui risultava beneficiario Di Cerbo, il quale lo riscosse. Intanto altri 200.000 euro arrivarono sul libretto di deposito a risparmio del vescovo, con successiva sottoscrizione di un buono postale di euro 270.000 intestato ai coniugi Giuseppe Leone e Rosa Cristina D’Abrosca, di cui euro 181,000 derivanti dalla riscossione del vaglia menzionato e i restanti Sgmila euro derivanti da altre operazioni. Il 31 dicembre 2012, alcuni giorni prima di queste operazioni, fu sottoscritto un buono fruttifero dematerializzato per un importo pari ad euro 63.700 cointestato a Giuseppe Leone e al vescovo Di Cerbo, rimborsato in data 4 gennaio 2013 per un importo pari ad 63,636,30, con firma del solo Di Cerbo, confluendo sul libretto di deposito risparmio sempre intestato a monsignor Di Cerbo. Operazioni che comportarono, secondo la prospettazione della Procura, per don Giuseppe Leone effetti pregiudizievoli ed economicamente dannosi a causa della ridotta capacità di quest’ultimo di autodeterminarsi.
 
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Il vescovo Di Cerbo rischia il processo
Il Riesame ha respinto la richiesta di dissequestro di 400mila euro

Il Mattino (Caserta)5 Apr 2017Mary Liguori Marilù Musto

Il presule Di Cerbo è indagato dalla Procura di S. Maria per una storia di presunta circonvenzione di un anziano prete
«Soldi spariti dai conti di un anziano prete»: l’accusa di circonvenzione
Rischia il processo il vescovo di Alife-Caiazzo. La procura ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per monsignor Valentino Di Cerbo e attende la fissazione dell’udienza preliminare, primo banco di prova per l’inchiesta sulla presunta circonvenzione di incapace che vede indagato Di Cerbo e altre due persone. Si tratta dell’ex perpetua del sacerdote Giuseppe Leone, Rosa Cristina D’Abrosca, e il marito, Giovanni Fevola.
I tre, secondo le indagini dirette dall’ufficio inquirente coordinato dal procuratore Maria Antonietta Troncone, hanno approfittato dell’incapacità di un anziano prete per far trasferire sui loro conti e su quelli della Diocesi di Alife-Caiazzo una somma complessiva di 894mila euro. Sulla base di ciò, la procura nei mesi scorsi ha chiesto e ottenuto il sequestro di 450mila euro che erano depositati a vario titolo su conti intestati a Di Cerbo, alla Diocesi e alla perpetua e suo marito. Contro il provvedimento, la difesa si era appellata al tribunale del Riesame di Napoli che nei giorni scorsi ha respinto l’istanza di dissequestro, fatta eccezione per alcuni conti riconducibili alla perpetua e contenenti poche migliaia di euro.
Regge dunque l’impianto accusatorio messo insieme dai carabinieri di Piedimonte Matese e del Nucleo investigativo di Caserta. I giudici del Riesame, confermando quanto sostenuto nella prima fase giudiziaria, hanno avallato la tesi della procura mentre si attendono le decisioni del gup di Santa Maria Capua Vetere in merito alla richiesta di processo.
A indagare sul flusso di denaro trasferito da don Leone e finito sui conti della curia, è il pubblico ministero Antonella Cantiello che, nel corso della prima fase d’indagine, iniziata nel 2014, era riuscita a risalire all’origine dei «risparmi» del prete. In sostanza, nella disponibilità diretta del vescovo Di Cerbo ci sono 17mila euro; gli oltre 400mila si trovano sui conti della Curia, della perpetua D’Abrosca e del marito.
Il Riesame di Napoli ha depositato il dispositivo che sancisce il parziale accoglimento dell’istanza della difesa di Di Cerbo, ma ha rigettato l’altra richiesta di dissequestro, finendo per convalidare il sequestro degli oltre 400mila. In attesa che il giudice decida sulla richiesta di rinvio a giudizio. per questo motivo il clima di accoglimento e di preghiera ha regnato per l’intera durata della funzione religiosa, la cui celebrazione è stata affidata oltre che a padre Ciro anche a don Pierino della parrocchia San Paolo Apostolo ubicata a poche decine di metri dalla casa di uno dei figli dei coniugi.
«Supplichiamo con estrema fede in Dio affinché in lui possano resuscitare i nostri fratelli», ha spiegato padre Ciro - Adesso le loro anime potranno riposare in pace». Alla funzione erano tantissimi gli amici e i parenti ma anche i semplici conoscenti che hanno voluto essere vicini ai figli delle vittime.

www.paesenews.it/?p=91437

PIEDIMONTE MATESE/ ALIFE – ‘Sfilano’894mila euro ad un anziano
prete, ilTribunaleconferma ilsequestro deiconti del vescovo
 La redazione  4 aprile 2017  Cronaca
PIEDIMONTE MATESE / ALIFE – ‘Sfilano’ 894mila euro ad un anziano prete, la Procura sequestra i conti
correnti riconducibili al vescovo Valentino Di Cerbo. Il numero uno della diocesi di Alife e Caiazzo, chiede
al Tribunale l’annullamento della misura. Il giudice, però, ha respinto la richiesta di Di Cerbo,
confermando quindi il sequestro dei conti correnti.
E’ uno scandalo autentico quello che sta venendo alla luce nella diocesi di Alife Caiazzo. Il vescovo,
Valentino Di Cerbo è indagato per circonvenzione di incapace. Un reato compiuto in concorso con altri,
precisamente con due persone di Piedimonte Matese: Rosa Cristina D’Abrosca e Giovanni Fevola.
Avrebbero prosciugato il conto corrente ad un anziano prete: don Leone, di cui D’Abrosca è la perpetua.
Secondo l’accusa il vescovo Di Cerbo si sarebbe appropriato di oltre 894mila euro, che erano nelle
disponibilità dell’anziano sacerdote. E l’avrebbero fatto approfittando delle ridotte capacità cognitive,
legate all’incedere dell’età, della loro presunta vittima.
Don Leone avrebbe firmato un assegno di 30mila euro a favore della sua perpetua. Poi il parroco,
probabilmente, in un momento di lucidità, denuncia ai carabinieri di essere stato raggirato. Mentre i
carabinieri indagano entra in azione il vescovo Di Cerbo che convoca i militari in curia; gli stessi
carabinieri una volta giunti in curia trovano, oltre al vescovo, anche la perpetua, D’Abrosca, e don Leone Secondo l’accusa quella versione “addomesticata”, probabilmente “ordinata” dallo stesso vescovo
all’anziano parroco. Le indagini dei militari vanno avanti e raccolgo prove sufficienti per spingere il giudice
ad emettere un decreto di sequestro dei conti nella disponibilità diretta del vescovo Valentino Di Cerbo.
Si scopre così che nel gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, venne emesso un vaglia per un
importo complessivo pari ad euro 450.000 euro di cui risultò beneficiario proprio il vescovo Di Cerbo;
contestualmente, fu effettuato un versamento pari ad euro 225.000 euro sul conto intestato a Giovanni
Fevola e Rosa Cristina D’Abrosca (importo che sarebbe stato reinvestito nella sottoscrizione di una polizza
assicurativa). Successivamente fu emesso un buono per un importo di 225.000 euro intestato al vescovo
Di Cerbo. Anche questi soldi finirono sul conto di sua eccellenza. Il buono fu congelato con un contratto a
lungo termine, con scadenza 4 gennaio 2033. Ma poi venne riscosso dopo 20 giorni, precisamente il 22
gennaio 2013 e successivamente versato, in aggiunta di altri euro 100.000 su un libretto di deposito
postale, ovviamente sempre intestato a sua eccellenza.
Sempre a gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, fu emesso un altro vaglia per un importo
complessivo di 381mila euro di cui risultava beneficiario Di Cerbo, il quale lo riscosse. Intanto altri
200.000 euro arrivarono sul libretto di deposito a risparmio del vescovo, con successiva sottoscrizione di
un buono postale di euro 270.000 intestato ai coniugi Giuseppe Leone e Rosa Cristina D’Abrosca, di cui
euro 181,000 derivanti dalla riscossione del vaglia menzionato e i restanti Sgmila euro derivanti da altre
operazioni.
Il 31 dicembre 2012, alcuni giorni prima di queste operazioni, fu sottoscritto un buono fruttifero
dematerializzato per un importo pari ad euro 63.700 cointestato a Giuseppe Leone e al vescovo Di Cerbo,
rimborsato in data 4 gennaio 2013 per un importo pari ad 63,636,30, con firma del solo Di Cerbo,
confluendo sul libretto di deposito risparmio sempre intestato a monsignor Di Cerbo. Operazioni che
comportarono, secondo la prospettazione della Procura, per don Giuseppe Leone effetti pregiudizievoli ed
economicamente dannosi a causa della ridotta capacità di quest’ultimo di autodeterminarsi e di avere
cura dei propri interessi. La Procura ha anche effettuato un accertamento fiscale nei confronti degli
indagati, appurando una sperequazione economico patrimoniale tra quelli effettivamente posseduti e
quelli dichiarati. In conclusione il Gip accogliendo la richiesta della Procura ha convalidato il sequestro dei
488,636,30 euro nella disponibilità del vescovo Valentino Di Cerbo, limitatamente agli importi che allo
stato sono stati rinvenuti pari a 17.567,34 euro e 406.000 euro nell’attuale disponibilità della perpetua
Rosa Cristina D’Abrosca e di suo marito Giovanni Fevola. Le indagini sono state condotte dai carabinieri
della compagnia del Matese, guidati dal maggiore Falso.

Edited by pincopallino2 - 7/6/2017, 13:41
 
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PIEDIMONTE MATESE. DIOCESI ALIFE/CAIAZZO SUCCURSALE DI WALL STREET? GLI STRANI SPOSTAMENTI DI DENARO SUI CONTI DI VESCOVO E PARROCO
BY MATTIA CAPOCASALE6 APRILE 20170
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Respinta la richiesta di dissequestro dei conti correnti del vescovo della diocesi Alife-Caiazzo.

È stata respinta da parte del Tribunale la richiesta di dissequestro dei conti correnti del vescovo della diocesi di Alife Caiazzo Valentino Di Cerbo.

Il vescovo fu iscritto nel registro degli indagati da parte del pm Antonella Cantiello per la possibilità di aver commesso il reato di circonvenzione d’ incapace.

L’impianto accusatorio vedeva il vescovo accusato di essersi appropriato indebitamente di circa 900 mila euro approfittando delle ridotte capacità cognitive del povero parroco Don Leone.
Quest’ultimo denunciò tutto alle autorità ed in quel preciso istante cominciarono le indagini.

Si scoprì così che nel gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, venne emesso un vaglia per un importo complessivo pari a 450.000 euro di cui risultò beneficiario proprio il vescovo Di Cerbo.

Subito dopo fu effettuato un versamento pari ad euro 225.000 euro sul conto intestato a G.F e R.C.D (importo che sarebbe stato reinvestito in una polizza).

E ancora subito dopo fu emesso un buono per un importo di 225.000 euro intestato al vescovo Di Cerbo. Il buono a quanto pare fu congelato con un contratto a lungo termine, con scadenza 4 gennaio 2033. Ma poi venne riscosso quasi immediatamente e successivamente versato, in aggiunta di altri euro 100.000 su un libretto di deposito postale, a quanto pare anche quello intestato sempre a sua eccellenza Valentino Di Cerbo.

Successivamente dal conto intestato al parroco don Leone, fu emesso invece un altro vaglia per un importo complessivo di 381mila euro di cui risultava beneficiario Di Cerbo, il quale lo riscosse a quanto pare qualche giorno dopo il versamento del Leone. Intanto altri 200.000 euro arrivarono sul libretto di deposito a risparmio del vescovo. Insomma entrate ed uscite molto strane agli inquirenti che in queste ore stanno continuando ad indagare. Nelle prossime ore potrebbero esserci importanti risvolti.
 
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Curia, l’eredità del prete il giallo arriva in tribunale
Vescovo e perpetua accusati di circonvenzione di incapace

Il Mattino (Caserta)7 Jun 2017

suo tesoro ai conti della Curia. «Era ancora capace di guidare l’auto», una delle spiegazioni della difesa. Non è così per gli inquirenti che infatti accusano i tre indagati, vescovo incluso, di avere plagiato l’anziano sacerdote e di averlo indotto, in più battute, a trasferire i suoi soldi sui loro conti.Per incardinare il quadro accusatorio, la procura ha delegato anche i carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta che si sono occupati di una serie di accertamenti bancari e contabili alla base della ricostruzione della quantità di denaro che dal prete sono passati ai tre indagati.
Soldi che misteriosamente don Leone ha messo insieme, forse grazie alle messe gregoriane per i defunti, dicono alcuni fedeli che lo conoscevano. Soldi che, secondo i pm, la perpetua e il vescovo hanno ottenuto circuendo il vecchio sacerdote.
 
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PIEDIMONTE MATESE/ ALIFE- ‘Sfilano’894mila euro ad un anziano
prete, il vescovo DiCerbosottoprocesso
 La redazione  3 ottobre 2017  Cronaca
PIEDIMONTE MATESE / ALIFE – Il vescovo Valentino Di Cerbo è sotto processo con l’accusa di aver
raggirato un anziano prete a cui avrebbe sottratto – con l’aiuto di altre due “sante” figure – 884mila euro.
L’udienza del processo penale si svolgerà nella prima metà del prossimo dicembre. Saranno ascoltati il
tecnico nominato dal tribunale per la verifica sui conti correnti oggetti di indagine. Sarà, inoltre, ascoltato,
l’altro perito, sempre nominato dal tribunale, che effettuò le perizie per verificare la capacità di intendere
e di volere del parroco raggirato. Rosa Cristina D’Abrosca e Giovanni Fevola, gli altri indagati nell’ambito
dello stesso procedimento sono già sotto processo da qualche tempo. La posizione del vescovo Di Cerbo,
fu quindi stralciata.
E’ uno scandalo autentico quello che sta venendo alla luce nella diocesi di Alife Caiazzo. Il
vescovo, Valentino Di Cerbo è sotto processo per circonvenzione di incapace. Un reato compiuto in
concorso con altri, precisamente con due persone di Piedimonte Matese: Rosa Cristina D’Abrosca e
Giovanni Fevola. Avrebbero prosciugato il conto corrente ad un anziano prete: don Leone, di cui D’Abrosca
è la perpetua. Secondo l’accusa il vescovo Di Cerbo si sarebbe appropriato di oltre 894mila euro, che
erano nelle disponibilità dell’anziano sacerdote. E l’avrebbero fatto approfittando delle ridotte capacità
cognitive, legate all’incedere dell’età, della loro presunta vittima.
Don Leone avrebbe firmato un assegno di 30mila euro a favore della sua perpetua. Poi il parroco,
probabilmente, in un momento di lucidità, denuncia ai carabinieri di essere stato raggirato. Mentre i
carabinieri indagano entra in azione il vescovo Di Cerbo che convoca i militari in curia; gli stessi
carabinieri una volta giunti in curia trovano, oltre al vescovo, anche la perpetua, D’Abrosca, e don Leone.
L’anziano parroco cambia la sua versione affermando che quei 30.000 euro li aveva dati volontariamente,
e in piena coscienza alla D’Abrosca per ricompensarla dell’assistenza fornita.
Secondo l’accusa quella versione “addomesticata”, probabilmente “ordinata” dallo stesso vescovo
all’anziano parroco. Le indagini dei militari vanno avanti e raccolgo prove sufficienti per spingere il giudice
ad emettere un decreto di sequestro dei conti nella disponibilità diretta del vescovo Valentino Di Cerbo.
Si scopre così che nel gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, venne emesso un vaglia per un
importo complessivo pari ad euro 450.000 euro di cui risultò beneficiario proprio il vescovo Di Cerbo;
contestualmente, fu effettuato un versamento pari ad euro 225.000 euro sul conto intestato a Giovanni
Fevola e Rosa Cristina D’Abrosca (importo che sarebbe stato reinvestito nella sottoscrizione di una polizza
assicurativa). Successivamente fu emesso un buono per un importo di 225.000 euro intestato al vescovo
Di Cerbo. Anche questi soldi finirono sul conto di sua eccellenza. Il buono fu congelato con un contratto a
lungo termine, con scadenza 4 gennaio 2033. Ma poi venne riscosso dopo 20 giorni, precisamente il 22
gennaio 2013 e successivamente versato, in aggiunta di altri euro 100.000 su un libretto di deposito
postale, ovviamente sempre intestato a sua eccellenza.
Sempre a gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, fu emesso un altro vaglia per un importo
complessivo di 381mila euro di cui risultava beneficiario Di Cerbo, il quale lo riscosse. Intanto altri
200.000 euro arrivarono sul libretto di deposito a risparmio del vescovo, con successiva sottoscrizione di
un buono postale di euro 270.000 intestato ai coniugi Giuseppe Leone e Rosa Cristina D’Abrosca, di cui
euro 181,000 derivanti dalla riscossione del vaglia menzionato e i restanti Sgmila euro derivanti da altre
operazioni.
Il 31 dicembre 2012, alcuni giorni prima di queste operazioni, fu sottoscritto un buono fruttifero
dematerializzato per un importo pari ad euro 63.700 cointestato a Giuseppe Leone e al vescovo Di Cerbo,
rimborsato in data 4 gennaio 2013 per un importo pari ad 63,636,30, con firma del solo Di Cerbo,
confluendo sul libretto di deposito risparmio sempre intestato a monsignor Di Cerbo. Operazioni che
comportarono, secondo la prospettazione della Procura, per don Giuseppe Leone effetti pregiudizievoli ed
economicamente dannosi a causa della ridotta capacità di quest’ultimo di autodeterminarsi e di avere
cura dei propri interessi. La Procura ha anche effettuato un accertamento fiscale nei confronti degli
indagati, appurando una sperequazione economico patrimoniale tra quelli effettivamente posseduti e
quelli dichiarati. In conclusione il Gip accogliendo la richiesta della Procura ha convalidato il sequestro dei
488,636,30 euro nella disponibilità del vescovo Valentino Di Cerbo, limitatamente agli importi che allo
stato sono stati rinvenuti pari a 17.567,34 euro e 406.000 euro nell’attuale disponibilità della perpetua
Rosa Cristina D’Abrosca e di suo marito Giovanni Fevola. Le indagini sono state condotte dai carabinieri
della compagnia del Matese, guidati dal maggiore Falso.
 
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tanaca
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quanti soldi questi preti...e ne vogliono sempre altri.
 
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PIEDIMONTE MATESE / ALIFE- ‘Sfilano’ 894mila euro ad anziano prete, assolti in due. Vescovo ancora a giudizio
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PIEDIMONTE MATESE / ALIFE – Prima sentenza nell’ambito della vicenda che vede coinvolto il vescovo Valentino Di Cerbo e altre due persone: Rosa Cristina D’Abrosca e Giovanni Fevola. Mentre per il pastore dei pastori della diocesi di Alife Caiazzo il procedimento è ancora vivo, si è definita la posizione degli altri due imputati. Infatti il giudice ha emesso sentenza di assoluzione in favore di Rosa Cristina D’Abrosca e Giovanni Fevola. Il fatto non sussiste, questa la sentenza di primo grado emessa dal giudice Pasquale D’Angelo del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Erano accusati, insieme al vescovo Di Cerbo, di aver raggirato un anziano prete a cui avrebbe sottratto 884mila euro. Accuse a cui il giudice, relativamente alle posizioni di D’Abrosca e Fevola, non ha creduto. Resta da definire ancora la posizione del Vescovo alifano che, secondo l’accusa, si sarebbe appropriato di oltre 894mila euro, che erano nelle disponibilità dell’anziano sacerdote. E l’avrebbero fatto approfittando delle ridotte capacità cognitive, legate all’incedere dell’età, della loro presunta vittima.

La storia e l’inchiesta:
Don Leone avrebbe firmato un assegno di 30mila euro a favore della sua perpetua. Poi il parroco, probabilmente, in un momento di lucidità, denuncia ai carabinieri di essere stato raggirato. Mentre i carabinieri indagano entra in azione il vescovo Di Cerbo che convoca i militari in curia; gli stessi carabinieri una volta giunti in curia trovano, oltre al vescovo, anche la perpetua, D’Abrosca, e don Leone. L’anziano parroco cambia la sua versione affermando che quei 30.000 euro li aveva dati volontariamente, e in piena coscienza alla D’Abrosca per ricompensarla dell’assistenza fornita.
Secondo l’accusa quella versione “addomesticata”, probabilmente “ordinata” dallo stesso vescovo all’anziano parroco. Le indagini dei militari vanno avanti e raccolgo prove sufficienti per spingere il giudice ad emettere un decreto di sequestro dei conti nella disponibilità diretta del vescovo Valentino Di Cerbo.
Si scopre così che nel gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, venne emesso un vaglia per un importo complessivo pari ad euro 450.000 euro di cui risultò beneficiario proprio il vescovo Di Cerbo; contestualmente, fu effettuato un versamento pari ad euro 225.000 euro sul conto intestato a Giovanni Fevola e Rosa Cristina D’Abrosca (importo che sarebbe stato reinvestito nella sottoscrizione di una polizza assicurativa). Successivamente fu emesso un buono per un importo di 225.000 euro intestato al vescovo Di Cerbo. Anche questi soldi finirono sul conto di sua eccellenza. Il buono fu congelato con un contratto a lungo termine, con scadenza 4 gennaio 2033. Ma poi venne riscosso dopo 20 giorni, precisamente il 22 gennaio 2013 e successivamente versato, in aggiunta di altri euro 100.000 su un libretto di deposito postale, ovviamente sempre intestato a sua eccellenza.
Sempre a gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, fu emesso un altro vaglia per un importo complessivo di 381mila euro di cui risultava beneficiario Di Cerbo, il quale lo riscosse. Intanto altri 200.000 euro arrivarono sul libretto di deposito a risparmio del vescovo, con successiva sottoscrizione di un buono postale di euro 270.000 intestato ai coniugi Giuseppe Leone e Rosa Cristina D’Abrosca, di cui euro 181,000 derivanti dalla riscossione del vaglia menzionato e i restanti Sgmila euro derivanti da altre operazioni.
Il 31 dicembre 2012, alcuni giorni prima di queste operazioni, fu sottoscritto un buono fruttifero dematerializzato per un importo pari ad euro 63.700 cointestato a Giuseppe Leone e al vescovo Di Cerbo, rimborsato in data 4 gennaio 2013 per un importo pari ad 63,636,30, con firma del solo Di Cerbo, confluendo sul libretto di deposito risparmio sempre intestato a monsignor Di Cerbo. Operazioni che comportarono, secondo la prospettazione della Procura, per don Giuseppe Leone effetti pregiudizievoli ed economicamente dannosi a causa della ridotta capacità di quest’ultimo di autodeterminarsi e di avere cura dei propri interessi. La Procura ha anche effettuato un accertamento fiscale nei confronti degli indagati, appurando una sperequazione economico patrimoniale tra quelli effettivamente posseduti e quelli dichiarati. In conclusione il Gip accogliendo la richiesta della Procura ha convalidato il sequestro dei 488,636,30 euro nella disponibilità del vescovo Valentino Di Cerbo, limitatamente agli importi che allo stato sono stati rinvenuti pari a 17.567,34 euro e 406.000 euro nell’attuale disponibilità della perpetua Rosa Cristina D’Abrosca e di suo marito Giovanni Fevola. Le indagini sono state condotte dai carabinieri della compagnia del Matese, guidati dal maggiore Falso.
 
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