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La bella vita di mons. Scarano e dell'amante don Noli:"sera indimenticabile, un animale è diventato", "Quella sera non ti è bastato, ti devo dare il resto"? Condannato a 7 anni per riciclaggio e 3 anni per corruzione e calunnia. Confisca milionaria. Assolto per usura

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view post Posted on 21/9/2016, 20:57
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La bella vita di mons. Scarano e dell'amante don Noli. Confiscati 5,5 mln di €

Condannato a 3 anni per corruzione e calunnia. A processo per usura

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www.dagospia.com/rubrica-29/cronach...arano-61275.htm

16 AGO 2013 16:04
UN PRELATO GODERECCIO - VITA, MOVIDA, SOLDI E AFFARI DI MONSIGNOR SCARANO

Il primo prelato di Curia a finire in una prigione italiana aveva una passione per gli immobili di lusso - Quello che il Riesame ha definito un “consumato delinquente”, mediava tra broker e 007 per far girare milioni di euro, aveva relazioni con nobili e magnati - La scalata al potere del “Monsignor 500”…

A Salerno, dove è nato e cresciuto, lo chiamano "Don 500 euro". A Roma, dov'è rinchiuso da quasi due mesi nel carcere di Regina Coeli, per giornalisti e secondini è il "Paul Marcinkus de' noantri". Ma la battuta migliore su Nunzio Scarano, 61 anni, monsignore per hobby e faccendiere di mestiere (almeno secondo i pm della capitale che l'hanno arrestato), l'ha fatta qualche giorno fa papa Francesco in aereo di ritorno dal Brasile: «Pensate che Scarano sia finito in galera perché somigliava alla beata Imelda?», ha ironizzato citando la bambina bolognese che nel Trecento morì in estasi dopo aver ricevuto l'eucarestia. «È uno scandalo. È una cosa che fa male».
Le disavventure di Don Nunzio, il primo prelato di curia a finire in una prigione italiana, sembrano in effetti avere poco a che fare con la storia della piccola beata. Due inchieste parallele delle procure di Salerno e Roma, decine di intercettazioni telefoniche e la rogatoria internazionale chiesta dai giudici leonini ai colleghi italiani (non è mai accaduto prima) disegnano il profilo di un affarista da Guinness, amante dei soldi e della bella vita, con frequentazioni imbarazzanti e una passione sfrenata per gli immobili.

Un sacerdote capace di mediare con broker e 007 infedeli per riportare illegalmente in Italia 20 milioni di euro (secondo gli investigatori si tratterebbe di soldi degli armatori D'Amico, anche se loro continuano a negare) o di riciclare centinaia di migliaia di euro per estinguere il mutuo sulla sua principesca casa al centro di Salerno.
Più che un prete, sostiene il tribunale del riesame di Roma, don Nunzio è dunque «un consumato delinquente», con una personalità caratterizzata da «spiccate attitudini criminali», uno «capace di gestire uomini, istituzioni e cose asservendoli al proprio tornaconto personale». Un tipo, in pratica, «particolarmente inquietante».
Ma come ha fatto un soggetto così, indagato per riciclaggio, corruzione, calunnia e truffa, a far carriera in Vaticano, diventando cappellano di Sua Santità ed entrando come contabile nell'Apsa, l'ufficio che gestisce l'immenso patrimonio della Santa Sede? Partiamo dall'inizio. Chi conosce Scarano da quand'era piccolo lo descrive un ragazzo con un'indole complessa, dalla natura ambiziosa ma dal carattere assai fragile. Un uomo che sa alternare slanci alla Dottor Jekyll a pulsioni da Mister Hyde.
monsignor scarano
MONSIGNOR SCARANO
Nunzio nasce a Salerno nel 1952. Famiglia umile e assai numerosa, il ragazzo capisce presto che le case popolari non fanno per lui. «Si diploma, prende una laurea, diventa assistente universitario, poi trova lavoro come impiegato alla Banca d'America e d'Italia», racconta il suo avvocato salernitano Silverio Sica. A Scarano quel lavoro, dignitoso e ben pagato, non basta. Vuole salire tutte le scale della piramide sociale, arrivare in cima, non fermarsi nel mezzo. Inizia così a frequentare il jet-set di Salerno.
Grazie, soprattutto, ai rapporti eccellenti con una delle famiglie più ricche e potenti della città, quella degli armatori D'Amico. «Con loro io sono cresciuto fin dalla prima giovinezza», ha scritto Scarano in una recente e accorata lettera al papa. Sulle origini dell'amicizia bene informati hanno spiegato a "l'Espresso" che fu proprio Antonio, fondatore della società di navigazione, a conoscere Nunzio quando quest'ultimo era appena adolescente: una circostanza che i nipoti ed eredi Paolo e Cesare D'Amico hanno preferito non commentare.
Ma Scarano a trent'anni ha stretti contatti anche con pezzi da novanta della curia salernitana: l'amico Carlo Martino, avvocato della Sacra Rota, lo ha infatti presentato al fratello Renato Raffaele, al tempo potente vescovo di Salerno (oggi cardinale e membro della Fondazione Giovanni Paolo II). I due saranno per anni molto amici.
nunzio scarano vescovo
NUNZIO SCARANO VESCOVO
I maligni sostengono che siano stati proprio i Martino a convincerlo a farsi prete, altri credono che la vocazione fu del tutto spontanea: fatto sta che Scarano, a 35 anni suonati, decide improvvisamente di cambiare vita, prende i voti in tempi record e indossa la tonaca.
È il 1987. Nunzio, che spesso va a Lourdes come volontario-barelliere, viene spedito a Eboli, nel difficile quartiere di Santa Cecilia. Comincia presto a intessere rapporti con i notabili locali, che negli anni girano al giovane parroco ingenti donazioni. «Tutte reinvestite», chiosa l'avvocato difensore, «nell'oratorio e nella chiesa». Le omelie e le benedizioni in provincia, però, dopo un po' cominciano a stargli strette: se Cristo si è fermato a Eboli, Scarano vuole tornare nella capitale.
Sotto il cupolone ha seguito lezioni di teologia, ha conosciuto membri dell'aristocrazia papalina, ha vissuto nei maestosi palazzi vaticani: la dolce vita gli manca. Chiede al vescovo Martino di dargli una mano: grazie alle entrature dell'amico - che da sempre apprezza le sue qualità di contabile - nel 1992 viene assunto all'Apsa, l'ufficio della Santa Sede che ha il compito di amministrare l'immenso patrimonio d'Otretevere. Scarano entra come addetto tecnico di prima categoria. Lo stipendio, seppur esentasse, non è granché: circa 2 mila euro al mese.

Scarano se ne frega. I due conti aperti allo Ior e quello della filiale di Unicredit in via della Conciliazione negli anni sono cresciuti a dismisura, le cifre sono a sei zeri. Le frequentazioni sono ormai a cinque stelle. Nunzio vede e incontra imprenditori, banchieri, esponenti dei servizi segreti, cardinali.
Cesare D'Amico gira su un suo conto circa 20 mila euro al mese: la causale indicata è «beneficenza» (gli inquirenti stanno cercando di capire se dietro si nascondano operazioni sospette). Secondo un suo vecchio amico, l'imprenditore Massimiliano Marcianò, in passato Scarano avrebbe dato una mano a rimpatriare capitali persino alla famiglia Agnelli. Un racconto a cui gli investigatori però non credono, ipotizzando che si tratti solo di millanterie.
Nel 1999 il monsignore nato nelle case popolari, vicinissimo anche all'arcivescovo Gerardo Pierro e all'attuale vescovo di Salerno Luigi Moretti, decide che è arrivato il momento di comprarsi casa in centro, accanto a quelle della ricca borghesia che frequenta a feste e cene. Individua un appartamento a 10 metri dal duomo, un palazzetto di due piani e 10 stanze (dopo i lavori diventeranno 25!) con soffitti di cinque metri di proprietà di un Istituto vaticano, quello delle Suore piccole operaie dei sacri cuori. Scarano fa un affare d'oro: compra un appartamento «di importante interesse storico artistico» (tanto che il ministero dei Beni culturali aveva diritto di prelazione all'acquisto) a soli 300 milioni di vecchie lire, 150 mila euro circa. Oggi vale almeno dieci volte tanto.
Il sacerdote per il mattone ha una vera fissa: rileva box in giro per la città, un'altra casa di sei stanze nel 2006, e diventa - come ha scritto "Il Mattino" - socio di tre società immobiliari, business in cui si lancia insieme a parenti e cugini. Nel giugno 2012, intercettato, spiega a un interlocutore che per far rientrare il denaro dei D'Amico (per la vicenda risultano indagati anche i fratelli Paolo e Cesare) avrebbe beccato una commissione da 2,5 milioni di euro.
«Per prendermi la casa di lì, purtroppo ci vogliono», spiega al telefono:«Ho detto due e mezzo perché uno se ne va per Paestum e un altro se ne va per là!». A Roma, dove è stato promosso responsabile del servizio di contabilità analitica dell'Apsa, Nunzio invece preferisce non fare investimenti: quando viene arrestato dal nucleo valutario della Finanza guidato dal generale Giuseppe Bottillo è ospite del suo amico del cuore don Luigi Noli, parroco del paesino di Palidoro, vicino Fiumicino, che Nunzio al cellulare chiama affettuosamente "Gigi". Don Noli, dopo lo scoppio dello scandalo, lo scorso 2 luglio ha rassegnato le dimissioni.
Se la beata Imelda pensava solo a quando poteva prendere la comunione, Scarano passa molto tempo libero a collezionare, oltre che appartamenti, opere d'arte. Una passione che forse ha ereditato da Antonio D'Amico, amante di quadri e sculture a tema marinaro. A casa del prete i carabinieri di Salerno hanno trovato di tutto: antichità, monili, sculture e dipinti dal valore inestimabile.
I militari erano entrati nel suo appartamento in seguito a una denuncia dello stesso don Nunzio, che aveva dichiarato la scomparsa di monili in oro, argenteria, tele di de Chirico, Labella e Guttuso, addirittura di un crocifisso dell'altare di San Pietro di Gian Lorenzo Bernini e una pergamena in olio che ritraeva un vaso dello Scatizzi. Non si sa ancora con quali denari il monsignore avesse potuto mettere in piedi un museo così.
Scarano ha accusato del colpo i suoi soci in affari, il cugino Domenico e l'imprenditore Giovanni Fiorillo, con cui aveva un contenzioso economico aperto. I magistrati di Salerno, però, non hanno trovato alcun indizio a loro carico. Né traccia delle opere rubate. Denunciando il presunto ladrocinio, però, il contabile dell'Apsa s'è dato una zappa sui piedi: durante un sopralluogo nell'appartamento del monsignore i militari hanno trovato strani documenti e assegni circolari, che secondo i pm sarebbero stati usati da Nunzio per riciclare 560 mila euro in contanti.
Già: per estinguere un mutuo ipotecario contratto nel 2007 con Unicredit (ipoteca con cui il prete ottenne 600 mila euro per costruire e ristrutturare l'ennesimo immobile), nel 2009 don Scarano ha chiesto a 56 persone di sua conoscenza (tra loro baronesse, imprenditori caseari, parenti e commercianti di surgelati, oggi tutti indagati per concorso in riciclaggio) di girargli assegni del valore di circa 10 mila euro ognuno in cambio di contanti, forse di provenienza illecita. Le finte donazioni sono poi finite su uno dei suoi conti Ior, intitolato "Fondo Anziani".
Se l'indagine della procura guidata dal nuovo procuratore antimafia Franco Roberti sta facendo tremare la Salerno che conta, quella di Roma ha svelato un'altra marachella dell'ineffabile ex parroco: nel luglio 2012, quando ha capito che l'operazione per il rientro dei 20 milioni dei D'Amico sarebbe saltata, ha infatti finto di aver perduto un blocchetto degli assegni, in modo da bloccare un titolo da 200 mila euro che lui stesso aveva consegnato al carabiniere Giovanni Zito, lo 007 che s'era offerto di riportare con un aereo privato i soldi in Italia e che per i suoi servigi aveva già incassato da Nunzio 400 mila euro qualche giorno prima. Per la falsa denuncia Scarano è indagato anche per calunnia.
"Don 500 euro" ora ha perso tutto.
La sua trionfale scalata sociale è finita, e oggi, a 61 anni, si ritrova alla base della piramide. I vecchi amici salernitani fanno finta di non conoscerlo («Ho rotto con lui nel 2004, si fingeva mio nipote», ha detto il cardinale Moretti), i conti allo Ior (dove conosceva bene sia il direttore Paolo Cipriani sia il suo vice Massimo Tulli) sono stati congelati, l'Apsa l'ha sospeso dal lavoro.
I nobili romani gli hanno voltato le spalle. Perfino i magistrati non credono alle sue confessioni: «Finge di voler collaborare, ha attaccato Tarcisio Bertone, dice che vuole raccontare abusi che ha visto in Vaticano e sull'Apsa. Ma finora non ci sta dicendo nulla di nuovo», spiegano dalla procura. Don Nunzio sperava di aver fatto colpo, e ha chiesto tramite il suo avvocato romano Francesco Caroleo Grimaldi di essere scarcerato, ma i giudici del riesame hanno dato ragione ai pm Nello Rossi e Stefano Fava, e gli hanno negato i domiciliari, dandogli praticamente del criminale incallito.
Dal caldo della sua cella il prete ha scritto a papa Francesco, giurando di non aver «mai riciclato denaro sporco, di non aver mai rubato, ho cercato di aiutare chi chiedeva aiuto», e ha spiegato che i suoi risparmi allo Ior sarebbero serviti «a costruire un centro per malati terminali». Bergoglio non gli ha nemmeno risposto: forse Nunzio ha capito finalmente che recitare la parte della beata Imelda non funziona più.

www.dagospia.com/rubrica-3/politic...o-era-70406.htm

1 GEN 2014 18:35
SCARANO-ANO-ANO - DON LUIGI NOLI, IL PRETE ARRESTATO OGGI A SALERNO, ERA DA 30 ANNI IL ‘’FIDANZATO’’ DI MONSIGNOR SCARANO - LE PORNO-TELEFONATE. “QUELLO CHE TI HO DATO QUELLA SERA NON TI BASTA, TI DEVO DARE IL RESTO?”, “MAMMA MIA, QUELLA SERA INDIMENTICABILE”
Dalle intercettazioni trapelano dettagli sull'intimità tra Scarano e don Noli che, secondo gli inquirenti, riciclava denaro insieme all’ex responsabile dell’Apsa - Dagli atti emerge un sentimento di amore e un rapporto di mutua assistenza tra i due preti: praticamente una coppia di fatto…

Articolo di Angela Camuso per [email protected] pubblicato da "Corriere.it"

www.corriere.it/inchieste/reportime...f8e7f5a8c.shtml

Scandalo Ior, monsignor Scarano riciclava con la complicità dell'amante
Dalle intercettazioni trapelano dettagli sull'intimità con il collaboratore arrestato. La natura del rapporto tra Scarano e don Noli ha secondo gli inquirenti rilevanza dal punto di vista investigativo
di Angela Camuso i

Amanti. Tutti e due sacerdoti. Entrambi riciclatori di denaro attraverso lo Ior, la banca Vaticana. Don Luigi Noli, il prete di 55 anni arrestato oggi a Salerno insieme all’ex responsabile dell’Apsa, il 62enne monsignor Nunzio Scarano, di quest’ultimo era da trent’anni il compagno.
Questo dettaglio sulla vita privata di monsignor Scarano era emersa negli atti giudiziari già un anno fa, quando la Guardia di Finanza di Roma iniziò ad ascoltare le telefonate del monsignore poi finito in carcere su ordine del gip di piazzale Clodio, per corruzione. Era l'alba del 28 giugno scorso, quando Scarano fu ammanettato la prima volta dai finanzieri di Roma nella casa canonica di don Noli, presso la parrocchia di San Filippo e Giacomo, a Fiumicino.
I due sacerdoti avevano pernottato insieme così come hanno dormito insieme questo lunedì sera, nella lussuosa residenza salernitana di 700mq di Scarano, alla vigilia dell’arresto avvenuto anche stavolta all’alba. Don Noli, da quando il monsignore ha ottenuto i domiciliari per motivi di salute, risulta essersi trasferito in pianta stabile a casa del compagno, ufficialmente per poter accudire il recluso. Ed effettivamente emerge dagli atti un sentimento di affetto e un rapporto di mutua assistenza tra i due preti.
Dopo il primo arresto di Scarano in quelle circostanze imbarazzanti, don Noli è stato allontanato da Fiumicino su decisione della Curia. Provvedimento motivato, presumibilmente, proprio dal diffondersi in ambienti vaticani delle voci sulla relazione tra i due visto che su Noli, nell’inchiesta romana, non erano emersi in quel periodo elementi che potessero farlo ritenere coinvolto.
Ora invece si sa che Luigi Noli avrebbe partecipato a pieno titolo nelle spregiudicate manovre finanziare del monsignore mettendogli in pratica a disposizione il suo conto corrente presso la Banca Popolare di Rieti e coinvolgendo in queste operazioni anche alcuni suoi familiari.
In particolare don Noli, ogni mese, in corrispondenza degli accrediti mensili del suo stipendio, versava sistematicamente assegni di pari importo a favore di Scarano il quale poi li versava su conti Ior facendo così, sostanzialmente, perdere a quel denaro tracciabilità. “Scarano dispone liberamente del mio conto corrente… Anche del libretto degli assegni…Abbiamo deciso di avere tutto in comune”, si è giustificato don Noli il 29 maggio 2013 nel corso di un suo interrogatorio citato nell’ordinanza. D’altra parte, scorrendo le pagine del documento cautelare notificato ieri, si leggono alcuni passaggi che spiegano non solo la natura del rapporto tra i due, ma anche come di quella relazione fossero a conoscenza in tanti. Ad esempio Massimiliano Marcianò, amico intimo e accompagnatore di Scarano durante le sue trasferte salernitane, ha dichiarato: “Tra Nunzio e don Luigi Noli c’è un rapporto particolare che a mio avviso va ben oltre un normale rapporto di amicizia, sono di fatto la stessa persona e condividono praticamente tutto”.
Viene citato nell’ordinanza anche uno stralcio di un’intercettazione telefonica tra Noli e Scarano che ha per oggetto argomenti di natura erotica che fanno riferimento a relazioni di natura omosessuale in cui sarebbero coinvolti in situazioni promiscue altri uomini di cui l’identità è coperta dagli omissis. Annotano i finanzieri a margine dell’informativa su una telefonata intercorsa alle dieci di sera tra Scarano e don Noli, il 9 febbraio del 2013: «Scarano e Noli ricordano di un’esperienza particolare vissuta laddove Scarano parla della relazione di …omissis.. che gli diceva: “A bello allora vuol dire che quello che ti ho dato quella sera non ti basta, ti devo dare il resto?’” E Luigi risponde: “…. Mamma mia, quella sera indimenticabile, un animale è diventato!” E ad un certo punto Nunzio definisce …omissis.. possessivo nei suoi confronti e Noli risponde: “Ti vuole tutto per sé. Immaginati se sapesse che con me…».
Proprio la natura del rapporto tra Scarano e don Noli ha secondo gli inquirenti rilevanza dal punto di vista investigativo: “Dunque – scrive la finanza - questo particolare rapporto tra Nunzio Scarano e Luigi Noli, che porta quest’ultimo a sentirsi un tutt’uno con il primo, superiore pertanto ad un mero rapporto di fraterna spiritualità e affettuosa amicizia, non può che implicare, a ragione, la piena consapevolezza, da parte di costui, degli affari illeciti in cui Scarano è versato”.
21 gennaio 2014 | 15:05

www.lastampa.it/2016/01/18/vaticani...YGL/pagina.html
Scarano assolto dall’accusa di corruzione ma condannato a due anni per calunnia
È la sentenza del Tribunale di Roma nei riguardi dell’ex-funzionario Apsa per il tentativo di far rientrare 20 milioni di euro dalla Svizzera con un jet privato. L’assoluzione perchè «il fatto non sussiste». La colpa: avrebbe accusato «falsamente» ex-007 di «furto e ricettazione di 200mila euro» che lo stesso Prelato «aveva consegnato all’agente in esecuzione del patto corruttivo»
ANSA
L’arresto di mons. Scarano (28 giugno 2013)

18/01/2016
DOMENICO AGASSO JR
TORINO
Assoluzione, perché il fatto non sussiste. Ma anche condanna a due anni di reclusione. Monsignor Nunzio Scarano, ex-funzionario dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica (Apsa) è stato assolto dall’accusa di corruzione e condannato, con pena sospesa, per calunnia. Lo hanno deciso i giudici della V sezione penale del Tribunale di Roma. Gli veniva contestato di avere organizzato insieme con altri (la cui posizione è stata stralciata) il tentativo di far rientrare in Italia dalla Svizzera, con un jet privato, 20 milioni di euro, somma di denaro riconducibile - secondo l’accusa - agli armatori di Salerno, D’Amico. La posizione di questi ultimi è già stata definitivamente archiviata diversi mesi fa.

Scarano, già contabile dell’Apsa, finì in carcere il 28 giugno del 2013.

Nel processo sono state stralciate le posizioni dell’ex-agente dei servizi Giovanni Maria Zito e del broker Giovanni Carenzio, dunque entrambe ora sono parte di un altro procedimento. Zito avrebbe preso a noleggio un aereo per recarsi in Svizzera ma non sarebbe riuscito a portare a termine la «missione» di far rientrare in Italia il denaro. Per questa operazione Zito avrebbe chiesto un compenso di 400mila euro. Sarebbe riuscito però a incassarne soltanto la metà per mezzo di un assegno di conto corrente ricevuto da Scarano. Il resto della somma, cioè 200mila euro, fu bloccato perché Scarano dopo averlo consegnato a Zito ne denunciò la sparizione. Da qui la condanna: al Prelato infatti viene contestata la calunnia in quanto avrebbe incolpato «falsamente» Zito del «delitto di furto e ricettazione dell’assegno bancario di 200mila euro che - è detto nel capo di imputazione - Scarano aveva consegnato all’agente in esecuzione del patto corruttivo».

Gli avvocati del Prelato hanno dichiarato: «Finalmente si restituisce giustizia e dignità a monsignor Nunzio Scarano»; Francesco Caroleo Grimaldi e Carlo Sica si sono definiti «soddisfatti da questa sentenza che assolve il nostro assistito dalla grave accusa di corruzione. Per quanto riguarda la condanna a due anni per il reato di calunnia - hanno sottolineato i due penalisti - attenderemo le motivazioni per fare sicuramente ricorso in appello».

www.salernotoday.it/cronaca/caso-sc...iciclaggio.html
Caso Scarano, condannato l'imprenditore Malangone per riciclaggio
Un anno e dieci mesi di reclusione (pena sospesa) per il costruttore Carmine Malangone. Per la ripresa del processo, si attende la perizia psichiatrica su Scarano

Redazione
10 ottobre 2015 08:48

Un anno e dieci mesi di reclusione (pena sospesa) per il costruttore Carmine Malangone, accusato di concorso in riciclaggio con il monsignor Nunzio Scarano e altri 47 imputati. Lo ha stabilito la sentenza del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno, Renata Sessa.

Su Malangone, imprenditore originario di Pontecagnano Faiano, pesa l'accusa di aver concorso all’operazione di riciclaggio con alcuni familiari. Ad incastrare Malangone, in particolare, l'assegno circolare da diecimila euro consegnato a Scarano, con una donazione fittizia e ricambiato, secondo le indagini, da un equivalente in contanti. Quella operazione, secondo l'accusa, sarebbe servita al prelato per nascondere la provenienza dal suo conto corrente dei circa 600mila euro con cui estinse un mutuo ipotecario. Per la ripresa del processo, si attende la perizia psichiatrica su Scarano.

www.lastampa.it/2016/01/28/vaticani...eEO/pagina.html

Ior, monsignor Scarano rinviato a giudizio per il reato di usura
Accolta la richiesta della Procura di Salerno. Per l’ex responsabile dell’Apsa il processo inizierà il 24 marzo

Nunzio Scarano

28/01/2016
REDAZIONE
ROMA
Il gup Elisabetta Boccassini del Tribunale di Salerno ha rinviato a giudizio monsignor Nunzio Scarano, ex responsabile dell’Apsa in Vaticano, per i reati di usura ed esercizio abusivo del credito, accogliendo la richiesta della Procura.

Il processo inizierà il prossimo 24 marzo davanti ai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno. Il pm Elena Guarino, titolare delle indagini, contesta al prelato salernitano un episodio usurario che riguarda due prestiti di 10 mila euro ciascuno erogati a un medico salernitano con legami di parentela; le ipotesi di reato relative all’esercizio abusivo del credito riguardano invece un prestito di 20 mila euro sempre a favore del medico, un secondo prestito di 40 mila euro alla ex commercialista Tiziana Cascone e un altro di 50 mila euro a una onlus riconducibile a Massimiliano Marciano’.

«Siamo di fronte a un assurdo - dichiara l’avvocato Silverio Sica, legale del monsignore - l’imputazione contestata è artificiosa. Don Scarano non è un usuraio, ha semplicemente effettuato dei prestiti senza interessi a persone che erano vicini a lui per legami di amicizia e parentela, tra i quali il nipote, la sua ex commercialista e Marciano’».

Scarano, condannato il 18 gennaio scorso dal Tribunale di Roma a due anni di reclusione per calunnia ma assolto dall’accusa di corruzione nella vicenda legata al tentativo di far rientrare dalla Svizzera con un jet privato circa 20 milioni di euro, è anche imputato in un processo per riciclaggio presso la seconda sezione penale del Tribunale di Salerno per un giro di false donazioni provenienti da società offshore transitate su conti Ior intestati al religioso. Oggi pomeriggio si terrà la quarta udienza del processo, ma Scarano non sarà in aula secondo quanto riferito dal legale.
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Usura, contro Scarano si costituisce in aula solo la commercialista
Rinunciano l’imprenditore Marcianò e il medico I motivi dell’assoluzione a Roma: «Ingannato da Zito»
di Clemy De Maio

25 marzo 2016

C’è soltanto la commercialista Tiziana Cascone a costituirsi parte civile nel processo che vede monsignor Nunzio Scarano imputato per usura. Al dibattimento, per il quale era fissata ieri mattina la prima udienza, non parteciperanno invece le altre persone individuate dagli inquirenti come parti offese: l’ex amico Massimiliano Marcianò e il medico che ha sposato una nipote del prelato. Eppure sono quattro (per un totale di 120mila euro) le dazioni di denaro per le quali il pubblico ministero Elena Guarino contesta a Scarano i reati di usura o di esercizio abusivo del credito. Si parte dai 40mila euro prestati alla commercialista Tiziana Cascone (che si è affidata all’avvocato Carmine Giovine per il risarcimento del danno), per arrivare ai 20mila dati al medico in due tranche da 10 mila e ai 50mila finiti sul conto dell’associazione “Terra mia” di cui è rappresentante Sergio Piperata, uno dei tre indagati per il furto nell’appartamento del sacerdote e socio di Marcianò. In alcune telefonate intercettate dalla Procura, monsignor Scarano sosteneva che quei soldi dati in prestito erano frutto di un mutuo con lo Ior, e spiegava di dover rientrare entro scadenze tassative per non pagare penali. Ma per l’accusa era tutta una sceneggiata, che serviva a lucrare interessi dai debitori.
Ieri l’avvio del processo si è fermato per un difetto di notifica a Marcianò, che tuttavia ha già deciso di rinunciare alla costituzione di parte civile. E sempre ieri sono giunte dal Tribunale di Roma le motivazioni della sentenza di primo grado che ha assolto il monsignore dall’accusa di corruzione, condannandolo solo per calunnia. La vicenda è quella dei 20 milioni che nell’estate del 2012 si cercò di far rientrare dalla Svizzera a bordo di un aereo privato, e che secondo le indagini appartenevano agli armatori salernitani Paolo e Cesare D’Amico, da sempre legati a Scarano. Soldi che gli imprenditori avevano affidato al broker Giovani Carenzio e che dovevano tornare in Italia con l’aiuto dell’agente segreto Giovanni Zito, conosciuto dal sacerdote nel corso di iniziative dei “Cattolici in movimento”. I giudici hanno stabilito che il reato di corruzione non è configurabile, perché lo 007 non poteva essere considerato un pubblico ufficiale e l’attività che aveva promesso non era connessa al ruolo ricoperto. «Zito ha tratto in inganno anche Scarano – si legge nella sentenza – quando ha detto che era nelle sue possibilità fare atterrare l’aeromobile privato in un aeroporto militare». E ancora: «È solo l’ingenuo sacerdote Scarano a ritenere
Zito quale un soggetto particolarmente qualificato in quanto appartenente ai servizi segreti, mentre a ben vedere si è rivelato solo un soggetto capace di vendere bene le sue qualità vere o presunte tali a un sacerdote che non può conoscere certe dinamiche».

www.angelacappetta.it/monsignor-sca...-del-sacerdote/
Monsignor Scarano, la condanna di Malangone aggrava la posizione del sacerdote
in NEWS, PROCESSI 9 ottobre 2015 903 Visite

Nessuna buona notizia per monsignor Scarano, a processo per riciclaggio e corruzione a Salerno e Roma.
Carmine Malangone, l’imprenditore di Pontecagnano, che aveva chiesto il giudizio abbreviato dopo il suo coinvolgimento nel cambio di contati e assegni circolari versati poi al fondo per anziani dello Ior intestato a Nunzio Scarano, è stato condannato a un anno e dieci mesi per concorso in riciclaggio.
La condanna di Malangone pesa come un macigno sul processo che si sta svolgendo a Salerno e che vede l’ex funzionario Apsa l’imputato principale di un giro di denaro che ha coinvolto 50 persone per estinguere un mutuo di quasi 600.000 euro.
Determinante per la decisione del gip di Salerno, Renata Sessa, sembra siano state le dichiarazioni dell’ex commercialista di monsignor Scarano, Tiziana Cascone, che avrebbe rivelato l’esistenza di due operazioni messe a segno dagli imprenditori di Pontecagnano. Ognuna di 40.000 euro.
Operazioni che, pare, abbiano portato anche al fallimento della società dei Malangone, su cui tra l’altro sta indagando la Procura di Salerno per una eventuale ipotesi di bancarotta fraudolenta.
E nulla esclude che quest’ultima inchiesta possa avere collegamenti con il circuito di denaro messo su da monsignor Scarano.
Il sacerdote, di recente, è finito anche in una inchiesta per usura che avrebbe peggiorato le sue condizioni psichiche, così come più volte ha sottolineato la difesa in aula, ottenendo la scarcerazione di monsignor Scarano dopo più di un anno di domiciliari.

www.salernonotizie.it/2016/09/21/ra...i-21-settembre/
Processo Scarano: Malangone, condanna bis. Niente sconti per l’imprenditore ed ex presidente della Cogemal Lavoro Doc. In appello confermati i 22 mesi.

Edited by pincopallino1 - 5/10/2023, 14:31
 
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view post Posted on 29/1/2017, 12:24
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http://www.farodiroma.it/2017/01/29/caso-s...clava-allo-ior/

Scarano. 4 milioni sequestrati al prete dell’Apsa che riciclava allo Ior
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29 Gen 2017Scarano by redazione
Ammonta a quattro milioni di euro il tesoro confiscato a monsignor Nunzio Scarano. “Non è la beata Imelda” aveva detto di lui il Papa nel luglio 2013 dopo aver appresso che questo officiale dell’Ansaldo riciclava allo Ior per conto terzi. A decidere il sequestro – riporta ottopagine.it – sono stati i giudici della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Salerno che hanno parzialmente accolto la richiesta del sostituto procuratore Elena Guarino. I beni erano stati sottoposti precedentemente a sequestro preventivo dai militari del Nucleo di polizia giudiziaria di Salerno nel gennaio del 2014.

Il monsignore era già indagato in un procedimento avviato dalla Procura di Roma per corruzione e venne arrestato su disposizione del gip di Salerno con l’accusa, di riciclaggio. L’ipotesi di reato contestata consisteva nell’aver riciclato il denaro di provenienza dallo Ior (l’Istituto per le Opere di religione) e aver speso parte dei soldi per comprare case e quadri d’autore.

Furono tolti dalla disponibilità del prelato in quel caso beni per 6 milioni e mezzo di euro tra appartamenti e conti correnti bancari. A distanza di 3 anni parte di quei beni sarà sottoposta a confisca. Si tratta di 800mila euro da un conto corrente, quattro immobili e due auto, una Mercedes classe A 180 CDI e una Volkswagen Caddy.
 
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https://internapoli.it/maxi-sequestro-a-un...-mezzo-di-euro/
Maxi sequestro a un sacerdote: confiscati beni per 5 milioni e mezzo di euro
Di Silvio Russo - 1 giugno 2018


La Corte di Appello di Salerno — Sezione della Misure di Prevenzione ha confermato integralmente il decreto di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, emesso a gennaio 2017, dal Tribunale di Salerno nei confronti del monsignore Nunzio Scarano, rigettando il ricorso presentato dallo stesso. La Corte di Appello ha ritenuto, infatti, comprovata la pericolosità sociale del prelato, avuto riguardo ai vari procedimenti penali a suo carico ed al tenore di vita sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, confermando la confisca ed il vincolo cautelare nei confronti del patrimonio di 5,5 milioni di euro in precedenza sequestrato. Tale ultimo decreto costituisce quindi un’ulteriore conferma delle determinazioni a cui la Procura della Repubblica di Salerno era pervenuta a conclusione dei complessi accertamenti delegati alla Guardia di Finanza di Salerno e che avevano già portato a chiedere ed ottenere misure cautelari personali (nella forma della custodia cautelare degli arresti domiciliari) e reali (nella forma del sequestro preventivo per equivalente) nei confronti di Nunzio Scarano.

Le indagini, svolte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria su delega di questa Procura della Repubblica, hanno consentito di accertare non solo l’evidente sproporzione tra le fonti economiche e i corrispondenti impieghi posti in essere dal monsignor Scarano, ma anche di analizzare e qualificare, attraverso la dettagliata disamina delle numerose operazioni sia finanziarie, sia immobiliari, l’origine e la natura delle provviste utilizzate dal prelato. A tal fine decisiva è risultata la attività di collaborazione internazionale avviata e perfezionata da questa Procura con la corrispondente Autorità Giudiziaria elvetica, attraverso il ricorso all’istituto della rogatoria, che ha consentito di acquisire documentazione bancaria, il cui esame è risultato determinante non solo per la certa riconducibilità delle società off-shore — dalle quali deriva la quasi totalità delle sproporzionate disponibilità finanziarie di cui lo Scarano ha potuto disporre — ma anche per la qualificazione delle cospicue risorse finanziarie accertate come “redditi non dichiarati” e, pertanto, illecite.
 
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view post Posted on 6/10/2018, 06:52

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www.occhiodisalerno.it/diffamazione...o-articoli-hot/

Diffamazione a monsignor Scarano: D’Agostino a giudizio per gli articoli hot
Roberto D'Agostino è imputato davanti al tribunale di Salerno di diffamazione a mezzo stampa nei confronti di monsignor Nunzio Scarano

05 ottobre, 2018 | Redazione L'Occhio di Salerno

SALERNO. Il direttore e fondatore del portale Dagospia, Roberto D’Agostino è imputato davanti al tribunale di Salerno di diffamazione a mezzo stampa nei confronti di monsignor Nunzio Scarano, ex responsabile dell’Apsa in Vaticano, per due articoli pubblicati sul sito web.

Diffamazione a monsignor Scarano: due articoli hot
Secondo la denuncia del difensore dell’alto prelato, Silverio Sica, i due servizi giornalistici, oltre a raccontare le inchieste che coinvolgono monsignor Scarano, rivelerebbero aspetti intimi della sua vita privata.

Il pm Francesco Rotondo, ha chiesto e ottenuto la citazione diretta a giudizio di D’Agostino per due articoli titolati l’uno «Don Luigi Noli, il prete arrestato a Salerno, era da 30 anni il “fidanzato'” di Monsignor Scarano – le porno telefonate. “Quello che ti ho dato quella sera non ti basta ti devo dare il resto?”, “Mamma mia, quella sera indimenticabile”» e l’altro «Amanti. Tutti e due sacerdoti. (…) I due sacerdoti avevano pernottato insieme cosi’ come hanno dormito insieme».

Udienza rinviata al prossimo 18 ottobre
Nell’udienza di ieri il difensore del giornalista ha sollevato una questione preliminare relativa all’incompetenza per territorio del tribunale salernitano, chiedendo la trasmissione degli atti alla procura ordinaria di Roma. A questo, si è opposta la difesa di Scarano, rappresentata da Beatrice Mancini del foro di Salerno.

Il pubblico ministero si è rimesso alla decisione del tribunale che, tuttavia, si è riservato e ha rinviato alla prossima udienza in calendario il prossimo 18 ottobre.

Edited by pincopallino1 - 5/10/2023, 14:30
 
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https://www.ilmattino.it/salerno/scarano_m...ia-4298031.html

Corruzione e calunnia, condanna
a tre anni per monsignor Scarano

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Monsignor Nunzio Scarano, già contabile dell'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (Apsa) non solo calunniò un ex agente dei servizi segreti, ma ci fu corruzione nella vicenda legata al tentativo di far rientrare dalla Svizzera con un jet privato circa 20 milioni di euro in contanti. Lo ha deciso la terza Corte d'appello di Roma, con una sentenza che ha parzialmente riformato la decisione con la quale nel gennaio 2016 il tribunale capitolino aveva condannato il prelato per la sola calunnia, mandandolo assolto invece per la corruzione.

La Corte si è pronunciata anche sugli altri due imputati in questa vicenda; si tratta dell'ex agente dei servizi, Giovanni Maria Zito (sottufficiale dell'Arma dei carabinieri distaccato ai Servizi di Informazione dei Governo Italiano Aisi), e del broker Giovanni Carenzio. Entrambi erano stati giudicati in primo grado con il rito abbreviato; furono condannati per l'accusa di corruzione a un anno e 8 mesi di reclusione ciascuno. Dopo la riunione in appello dei due procedimenti, oggi, per entrambi la sentenza è stata confermativa della decisione di primo grado. L'indagine, che in una prima fase coinvolse anche gli armatori napoletani D'Amico (ritenuti i proprietari del denaro, le loro posizioni furono poi archiviate), fu avviata nel 2012 dopo l'ascolto di alcune telefonate tra Scarano e Carenzio.

Secondo l'impianto accusatorio, Scarano avrebbe versato 400 mila euro all'ex 007 per l'operazione di rientro del denaro, poi naufragata. In base al capo di imputazione l'alto prelato avrebbe dovuto dare a Zito altri 200 mila euro, somma che l'ex agente dei servizi non avrebbe incassato perché il prelato denunciò falsamente lo smarrimento dell'assegno. Il monsignore sarebbe stato contattato dal broker per tentare di riportare in Italia l'ingente somma di denaro; l'ex responsabile dell'Apsa chiese a sua volta aiuto all'ex 007. Il trasferimento fu pianificato nei minimi dettagli al punto che Zito, il 16 luglio del 2012, si recò a Lugano e predispose il viaggio di ritorno con un aereo privato (per il quale fu assicurata anche una vigilanza armata); alla fine però l'operazione andò a monte. L'accusa di calunnia nei confronti di Scarano si riferiva al fatto di avere incolpato 'falsamentè Zito del «delitto di furto e ricettazione dell'assegno bancario di 200 mila euro che - si legge nel capo di imputazione - Scarano aveva consegnato all'agente, in esecuzione del patto corruttivo». Per questa intera vicenda, nel giugno 2013 finì anche in carcere; e l'episodio si contornò di grande clamore mediatico.
Giovedì 14 Febbraio 2019, 02:24 - Ultimo aggiornamento: 14-02-2019 06:23
© RIPRODUZIONE RISERVATA

https://www.lacittadisalerno.it/cronaca/sa...arano-1.1929429

LA DECISIONE

Salerno, confermato il sequestro di beni nei confronti di monsignor Nunzio Scarano
La Corte d'Appello: "Vincolo cautelare sul patrimonio di 5,5 milioni di euro"

01 giugno 2018
SALERNO NUNZIO SCARANO
SALERNO - La Corte d'Appello presso il Tribunale di Salerno ha confermato il decreto di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale nei confronti di monsignor Nunzio Scarano.

La Corte d'Appello, nel rigettare il ricorso avanzato da Scarano contro il provvedimento emesso a gennaio 2017 dal Tribunale di Salerno, ha ritenuto "comprovata la pericolosità sociale del prelato, avuto riguardo ai vari procedimenti penali a suo carico ed al tenore di vita sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, confermando la confisca ed il vincolo cautelare nei confronti del patrimonio di 5,5 milioni di euro in precedenza sequestrato", è scritto in una nota diffusa dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno.
 
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view post Posted on 14/2/2019, 11:59
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Non ha saputo gestire il suo patrimonio personale, aprendo conti allo Ior, comprando immobili e quadri che sono difficili da nascondere e altre operazioni che io non avrei fatto. Quindi ha dimostrato di essere solo un pollo da allevamento intensivo e non uno 007 originale. Se fosse stato intelligente, oggi avrebbe non meno di 15 mln cash, e avrebbe potuto anche spogliarsi per godersi la vita tranquillamente, ma l'ingordigia è una malattia che rende le persone presuntuose al punto da credersi dei padreterni intoccabili. L'incapacità di amministrare è la rovina dei poveri che diventano ricchi
 
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view post Posted on 11/4/2019, 21:01

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http://www.ilquotidianodisalerno.it/2019/0...o-della-chiesa/

Don NUNZIO: Il caso visto da Memoli, la verità senza le ombre … il sacerdote verso il laicato nel silenzio della Chiesa ?
Inviato da Redazione di 12: 01 am aprile 11, 2019 • Categorizzata come Cronaca,Giustizia,Varie



Aldo Bianchini


SALERNO – Mi verrebbe subito da dire “quale verità è senza ombre ?”, nessuna; almeno di non credere in una verità assoluta che non esiste e che non è mai esistita neppure nell’azione terrena di Cristo.

Potrei, quindi, piantarla qui per quanto riguarda l’accostamento tra la “verità senza ombre” e la posizione giudiziaria di “don Nunzio Scarano” il sacerdote banchiere; ma a fare questo accostamento non è stato uno qualsiasi sulle pagine di “le Cronache”, bensì l’avvocato Salvatore Memoli che è (può piacere o meno !!) uno dei personaggi più in vista della città e della provincia, ed anche oltre. Quando si muove Salvatore Memoli, che non lo fa mai a caso e mai per caso ma si schiera per convinzione assoluta, bisogna riflettere; e se questa è la reale visione della discesa in campo di Memoli a difesa di “don Nunzio” (è già il terzo intervento pubblico in pochi giorni: 26 marzo – 2 e 9 aprile) vuol dire che il caso giudiziario che travolge e affligge il sacerdote da diversi anni è molto più complicato di quanto appare e che necessita, quindi, sfrondarlo dalle ombre per la ricerca della verità.

L’intervento a gamba tesa di Salvatore Memoli (che da questa storia non ha nulla da guadagnare) merita, dunque, alcune riflessioni che non possono non partire da quella che lui stesso lancia come una domanda: “Che cosa ha scatenato una violenta repressione per questo sacerdote ?, sarà oggetto di indagini future ?, perché il suo ruolo e la sua posizione hanno interessato e preoccupato la giustizia italiana, tanto da considerarlo un indagato eccellente?”.

La risposta, anzi le risposte, cono complesse e complicate come la domanda; nella sostanza don Nunzio è divenuto, suo malgrado, un elemento di rottura perché con la sua visione del problema ha aperto una faglia insanabile nei gangli più misteriosi di due sistemi di potere (religioso e civile) ed ha provocato una reazione che, pur apparendo fuori dal comune e molto forzata, potrebbe anche essere vista come una sorta di “legittima difesa” nei confronti di un soggetto che, forse, ha cercato di fare soltanto il suo dovere per rimettere in sesto e nei giusti binari le pesanti deviazioni finanziarie della Chiesa Cattolica che, non bisogna dimenticare, si innestano direttamente con le deviazioni molto pericolose del sistema civile.

Insomma il sistema oltre Tevere rischiava di entrare pesantemente in collisione con quello al di qua del Tevere. E questo non poteva e non può assolutamente accadere, significherebbe ritornare ai tempi bui di Paul Marcinkus, di Roberto Calvi, di Michele Sindona, di Giorgio Ambrosoli, di prelati di alto rango ma affaristi, di confusioni e ambiguità (per non dire degli atteggiamenti poco umani del vescovo Moretti che lo ha tenuto sempre a debita distanza peggio di un appestato), di clamorosi silenzi della Chiesa, ed infine di un impossibile ritorno di una figura simile a quella di Giulio Andreotti che rimarrà nella nostra storia come “l’ombra più ombra di tutte le ombre”.

Le dichiarazioni di Ettore Gotti Tedeschi (già presidente dello IOR dal 2009 al 2012), evocate da Salvatore Memoli, sono assolutamente eufemistiche; in Vaticano non è che possono arrivare ad uccidere, in Vaticano si uccide e si è ucciso anche a pochi metri dalla stanza del Papa; non facciamo finta di non ricordare i fatti clamorosi accaduti sotto il papato di Woithila; fatti, misfatti e misteri che non a caso e non per caso hanno dato agli scrittori Dan Brown e Gianluigi Nuzzi la possibilità di scrivere cose incredibili ed al tempo stesso terrificanti ed affascinanti sulle mille storie del Vaticano. Storie che, badate bene, hanno sempre e comunque avuto un aggancio con la giustizia italiana, pronta a supportare le esigenze del Vaticano per garantire la sua stessa sopravvivenza.

L’entità inesplorata (sconosciuta anche a Brown e Nuzzi) di chi dirige e muove le pedine su questa scacchiera intricatissima ha, secondo me, impartito l’ordine perentorio: “Eliminate don Nunzio Scarano”, innanzitutto annientandolo sul piano spirituale e della credibilità pubblica, poi sul piano giudiziario, e ancora riducendolo allo stato laicale; e se tutto questo non dovesse essere sufficiente … si vedrà.

Al momento potremmo già essere alla terza soluzione; difatti in questi ultimi mesi è circolata la notizia della possibile ed imminente riduzione allo stato laicale del sacerdote che, esperto di finanza, con grande impegno stava rimettendo al posto giusto le cose del Vaticano esplorando, da tecnico, i vari meccanismi finanziari perversi intrecciati tra i due sistemi di potere.

Sicuramente in mezzo a tutto questo desolante quadro si sarà innestata, crescendo, la presunzione di don Nunzio di poter assumere lui stesso il ruolo di regista di un’operazione politico-finanziario-religiosa che andava e va ben oltre i suoi limiti umani e professionali.

Tutto questo è avvalorato dalla rivelazione fatta da Memoli nel suo approfondimento ed inerente l’inquietante visita in carcere che don Nunzio avrebbe ricevuto da parte di un misterioso (per noi !!) personaggio alla ricerca di chissà quali documenti talmente compromettenti per il Vaticano da indurre ad un’azione così rischiosa di compromissione tra i due poteri prima descritti.

Cosa resta da fare nell’immediato futuro da parte di don Nunzio Scarano ?

Per prima cosa dovrà battersi come un leone per dimostrare la sua totale e/o parziale estraneità ai fatti che la giustizia italiana gli contesta; poi, se vorrà, dovrà decidersi a parlare sempre che abbia qualcosa di interessante da dire, prima che venga ulteriormente “stracciato” dalla furia distruttiva e iconoclasta dei due sistemi di potere che prima di implodere cercano sempre di salvarsi, a costo di tutto e in danno di tutti.

Infine, per correttezza deontologica, ritengo giusto e doveroso pubblicare anche su questo giornale il testo integrale dell’approfondimento dell’avvocato Salvatore Memoli (testo già pubblicato dal quotidiano “le Cronache” in data 2 aprile 2019 e dal quale ho estratto alcuni elementi per la mia riflessione):



É un risultato importante reprimere i reati ed accertare la verità, sempre ed in ogni caso. Ci sono casi in cui l’obiettivo di fare luce su intuizioni investigative semina il percorso di ombre ed altera massivamente i propositi di tutela dei principi e dei diritti della persona umana. Tale é per don Nunzio Scarano la sua vicenda processuale che ha registrato per lui il carcere violento e una fase di controlli di polizia da far ipotizzare i fini persecutori. In carcere non andò come la maggior parte dei detenuti in attesa di giudizio. Fu subito messo in isolamento e, per quanto strano possa sembrare, si ritrovò pieno di lividi e tumefatto, con conati violenti di sangue. In più il suo arresto domiciliare ha registrato quasi un migliaio di accessi di controllo che non sono stati visite di cortesia. Che cosa ha scatenato una violenta repressione per questo sacerdote, sarà oggetto di indagini future. Perché il suo ruolo e la sua posizione hanno interessato e preoccupato la giustizia italiana, tanto da considerarlo un indagato eccellente? La condotta delittuosa presunta di Scarano investe sue attività dentro le mura del Vaticano, si sono dovute ricercare fatti connessi o collegati, per legittimare l’azione processuale. Quando tutto sarà chiaro e nel caso migliore si riconoscerà che Scarano non ha commesso nessun reato o che forse avrebbe partecipato ad un tentativo di rientro di capitali, si dovrà riconoscere che questa attività non si è mai realizzata e che, quindi, non si è verificato nessun elemento che lo inchioda ad una responsabilità individuale, si conoscerà la portata reale delle ipotesi che hanno condannato, ancor prima di giudicare, l’uomo e il sacerdote. Per me non è questa la « colpa » di Scarano, sarebbe interessante conoscere, i suoi rapporti poco in sintonia con i vertici dell’Amministrazione del Patrimonio. È un fatto acclarato che don Scarano abbia più volte criticato importanti scelte e documentata una gestione, dei patrimoni della Chiesa, fatta con disinvoltura. Le sue colpe sarebbero esattamente dei meriti non riconosciuti, nei processi in corso, che danno consistenza all’idea di in un contesto lavorativo fortemente degradato, per cui, sugli stessi fatti, assistiamo (in questi mesi) alla censura del Papa, per i responsabili. Il suo allontanamento era nell’aria, ancor prima dell’arrivo di Papa Francesco, e non si è escluso nemmeno un “promoveatur ut amoveatur”. Strane logiche con le quali si risolvono difficoltà contingenti.Quando non è possibile, si organizza una strana macchina del fango che mina la credibilità. Si è indagato molto su questa organizzazione tacita che lega i potenti del Vaticano. È solo di queste ore un importante articolo di David Rossi che riprende le dichiarazioni del Presidente dello IOR, Gotti Tedeschi, che « in Vaticano possono arrivare persino ad uccidere ». Per essi non si ipotizza un associazionismo a delinquere, sarebbe troppo stridente con le posizioni religiose. Don Scarano, per le sue posizioni, aveva turbato gli animi di alcuni autorevoli prelati e non solo. Dargli una lezione, ridimensionarlo, estrometterlo da quegli ambienti, sarà stato un risultato da festeggiare con calici di vino pregiato. Peccato che a giudicarlo ( con pieno diritto) sia la giustizia italiana che non può entrare nelle cose del Vaticano. Scarano resta l’unico imputato! La giustizia deve fare il suo corso, deve condannare i colpevoli ma sempre ha il dovere di scavare nelle vicende umane e porsi degli interrogativi per conoscere che cosa c’é dietro le condotte ritenute non regolari. Nel caso Scarano manca ancora tutto questo, manca una garanzia perché la verità sia detta liberamente e in tempi brevi, perché produca effetti auspicabili di correzione di gestioni scellerate. Ovviamente non è soltanto una ricerca della verità che manca. La lungaggine del processo diventa essa stessa una condanna e consente di tenere l’indagato lontano dal suo posto di lavoro in Vaticano. Cui prodest? È mancata, soprattutto e con scandalo, la carità nella ricerca della verità. In questa vicenda è stata assente l’umana solidarietà dei confratelli e dei superiori. I fatti registrano che quando qualcuno di essi è entrato in carcere, non si è preoccupato di trovare un uomo morente, sanguinante, paralizzato dal dolore. Quell’eccellente visitatore era preoccupato di avere “quelle carte del Vaticano”, ritenute in possesso del detenuto e che preoccupavano evidentemente qualcuno. Quel carcere dovrà essere considerato luogo di un duplice martirio. Sarebbe interessante capire se é stato utile per i giudizi in corso oppure é stato soltanto conseguenza di un piano molto più sottile e disumano, antefatto determinante e risolutivo di tutti gli interrogativi processuali. Una condizione di dolore che attende riscatto
 
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view post Posted on 15/4/2019, 08:56

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Don NUNZIO: Il caso visto da Memoli, la verità senza le ombre … il sacerdote verso il laicato nel silenzio della Chiesa ?
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Aldo Bianchini

SALERNO – Mi verrebbe subito da dire “quale verità è senza ombre ?”, nessuna; almeno di non credere in una verità assoluta che non esiste e che non è mai esistita neppure nell’azione terrena di Cristo.

Potrei, quindi, piantarla qui per quanto riguarda l’accostamento tra la “verità senza ombre” e la posizione giudiziaria di “don Nunzio Scarano” il sacerdote banchiere; ma a fare questo accostamento non è stato uno qualsiasi sulle pagine di “le Cronache”, bensì l’avvocato Salvatore Memoli che è (può piacere o meno !!) uno dei personaggi più in vista della città e della provincia, ed anche oltre. Quando si muove Salvatore Memoli, che non lo fa mai a caso e mai per caso ma si schiera per convinzione assoluta, bisogna riflettere; e se questa è la reale visione della discesa in campo di Memoli a difesa di “don Nunzio” (è già il terzo intervento pubblico in pochi giorni: 26 marzo – 2 e 9 aprile) vuol dire che il caso giudiziario che travolge e affligge il sacerdote da diversi anni è molto più complicato di quanto appare e che necessita, quindi, sfrondarlo dalle ombre per la ricerca della verità.

L’intervento a gamba tesa di Salvatore Memoli (che da questa storia non ha nulla da guadagnare) merita, dunque, alcune riflessioni che non possono non partire da quella che lui stesso lancia come una domanda: “Che cosa ha scatenato una violenta repressione per questo sacerdote ?, sarà oggetto di indagini future ?, perché il suo ruolo e la sua posizione hanno interessato e preoccupato la giustizia italiana, tanto da considerarlo un indagato eccellente?”.

La risposta, anzi le risposte, cono complesse e complicate come la domanda; nella sostanza don Nunzio è divenuto, suo malgrado, un elemento di rottura perché con la sua visione del problema ha aperto una faglia insanabile nei gangli più misteriosi di due sistemi di potere (religioso e civile) ed ha provocato una reazione che, pur apparendo fuori dal comune e molto forzata, potrebbe anche essere vista come una sorta di “legittima difesa” nei confronti di un soggetto che, forse, ha cercato di fare soltanto il suo dovere per rimettere in sesto e nei giusti binari le pesanti deviazioni finanziarie della Chiesa Cattolica che, non bisogna dimenticare, si innestano direttamente con le deviazioni molto pericolose del sistema civile.

Insomma il sistema oltre Tevere rischiava di entrare pesantemente in collisione con quello al di qua del Tevere. E questo non poteva e non può assolutamente accadere, significherebbe ritornare ai tempi bui di Paul Marcinkus, di Roberto Calvi, di Michele Sindona, di Giorgio Ambrosoli, di prelati di alto rango ma affaristi, di confusioni e ambiguità (per non dire degli atteggiamenti poco umani del vescovo Moretti che lo ha tenuto sempre a debita distanza peggio di un appestato), di clamorosi silenzi della Chiesa, ed infine di un impossibile ritorno di una figura simile a quella di Giulio Andreotti che rimarrà nella nostra storia come “l’ombra più ombra di tutte le ombre”.

Le dichiarazioni di Ettore Gotti Tedeschi (già presidente dello IOR dal 2009 al 2012), evocate da Salvatore Memoli, sono assolutamente eufemistiche; in Vaticano non è che possono arrivare ad uccidere, in Vaticano si uccide e si è ucciso anche a pochi metri dalla stanza del Papa; non facciamo finta di non ricordare i fatti clamorosi accaduti sotto il papato di Woithila; fatti, misfatti e misteri che non a caso e non per caso hanno dato agli scrittori Dan Brown e Gianluigi Nuzzi la possibilità di scrivere cose incredibili ed al tempo stesso terrificanti ed affascinanti sulle mille storie del Vaticano. Storie che, badate bene, hanno sempre e comunque avuto un aggancio con la giustizia italiana, pronta a supportare le esigenze del Vaticano per garantire la sua stessa sopravvivenza.

L’entità inesplorata (sconosciuta anche a Brown e Nuzzi) di chi dirige e muove le pedine su questa scacchiera intricatissima ha, secondo me, impartito l’ordine perentorio: “Eliminate don Nunzio Scarano”, innanzitutto annientandolo sul piano spirituale e della credibilità pubblica, poi sul piano giudiziario, e ancora riducendolo allo stato laicale; e se tutto questo non dovesse essere sufficiente … si vedrà.

Al momento potremmo già essere alla terza soluzione; difatti in questi ultimi mesi è circolata la notizia della possibile ed imminente riduzione allo stato laicale del sacerdote che, esperto di finanza, con grande impegno stava rimettendo al posto giusto le cose del Vaticano esplorando, da tecnico, i vari meccanismi finanziari perversi intrecciati tra i due sistemi di potere.

Sicuramente in mezzo a tutto questo desolante quadro si sarà innestata, crescendo, la presunzione di don Nunzio di poter assumere lui stesso il ruolo di regista di un’operazione politico-finanziario-religiosa che andava e va ben oltre i suoi limiti umani e professionali.

Tutto questo è avvalorato dalla rivelazione fatta da Memoli nel suo approfondimento ed inerente l’inquietante visita in carcere che don Nunzio avrebbe ricevuto da parte di un misterioso (per noi !!) personaggio alla ricerca di chissà quali documenti talmente compromettenti per il Vaticano da indurre ad un’azione così rischiosa di compromissione tra i due poteri prima descritti.

Cosa resta da fare nell’immediato futuro da parte di don Nunzio Scarano ?

Per prima cosa dovrà battersi come un leone per dimostrare la sua totale e/o parziale estraneità ai fatti che la giustizia italiana gli contesta; poi, se vorrà, dovrà decidersi a parlare sempre che abbia qualcosa di interessante da dire, prima che venga ulteriormente “stracciato” dalla furia distruttiva e iconoclasta dei due sistemi di potere che prima di implodere cercano sempre di salvarsi, a costo di tutto e in danno di tutti.

Infine, per correttezza deontologica, ritengo giusto e doveroso pubblicare anche su questo giornale il testo integrale dell’approfondimento dell’avvocato Salvatore Memoli (testo già pubblicato dal quotidiano “le Cronache” in data 2 aprile 2019 e dal quale ho estratto alcuni elementi per la mia riflessione):



É un risultato importante reprimere i reati ed accertare la verità, sempre ed in ogni caso. Ci sono casi in cui l’obiettivo di fare luce su intuizioni investigative semina il percorso di ombre ed altera massivamente i propositi di tutela dei principi e dei diritti della persona umana. Tale é per don Nunzio Scarano la sua vicenda processuale che ha registrato per lui il carcere violento e una fase di controlli di polizia da far ipotizzare i fini persecutori. In carcere non andò come la maggior parte dei detenuti in attesa di giudizio. Fu subito messo in isolamento e, per quanto strano possa sembrare, si ritrovò pieno di lividi e tumefatto, con conati violenti di sangue. In più il suo arresto domiciliare ha registrato quasi un migliaio di accessi di controllo che non sono stati visite di cortesia. Che cosa ha scatenato una violenta repressione per questo sacerdote, sarà oggetto di indagini future. Perché il suo ruolo e la sua posizione hanno interessato e preoccupato la giustizia italiana, tanto da considerarlo un indagato eccellente? La condotta delittuosa presunta di Scarano investe sue attività dentro le mura del Vaticano, si sono dovute ricercare fatti connessi o collegati, per legittimare l’azione processuale. Quando tutto sarà chiaro e nel caso migliore si riconoscerà che Scarano non ha commesso nessun reato o che forse avrebbe partecipato ad un tentativo di rientro di capitali, si dovrà riconoscere che questa attività non si è mai realizzata e che, quindi, non si è verificato nessun elemento che lo inchioda ad una responsabilità individuale, si conoscerà la portata reale delle ipotesi che hanno condannato, ancor prima di giudicare, l’uomo e il sacerdote. Per me non è questa la « colpa » di Scarano, sarebbe interessante conoscere, i suoi rapporti poco in sintonia con i vertici dell’Amministrazione del Patrimonio. È un fatto acclarato che don Scarano abbia più volte criticato importanti scelte e documentata una gestione, dei patrimoni della Chiesa, fatta con disinvoltura. Le sue colpe sarebbero esattamente dei meriti non riconosciuti, nei processi in corso, che danno consistenza all’idea di in un contesto lavorativo fortemente degradato, per cui, sugli stessi fatti, assistiamo (in questi mesi) alla censura del Papa, per i responsabili. Il suo allontanamento era nell’aria, ancor prima dell’arrivo di Papa Francesco, e non si è escluso nemmeno un “promoveatur ut amoveatur”. Strane logiche con le quali si risolvono difficoltà contingenti.Quando non è possibile, si organizza una strana macchina del fango che mina la credibilità. Si è indagato molto su questa organizzazione tacita che lega i potenti del Vaticano. È solo di queste ore un importante articolo di David Rossi che riprende le dichiarazioni del Presidente dello IOR, Gotti Tedeschi, che « in Vaticano possono arrivare persino ad uccidere ». Per essi non si ipotizza un associazionismo a delinquere, sarebbe troppo stridente con le posizioni religiose. Don Scarano, per le sue posizioni, aveva turbato gli animi di alcuni autorevoli prelati e non solo. Dargli una lezione, ridimensionarlo, estrometterlo da quegli ambienti, sarà stato un risultato da festeggiare con calici di vino pregiato. Peccato che a giudicarlo ( con pieno diritto) sia la giustizia italiana che non può entrare nelle cose del Vaticano. Scarano resta l’unico imputato! La giustizia deve fare il suo corso, deve condannare i colpevoli ma sempre ha il dovere di scavare nelle vicende umane e porsi degli interrogativi per conoscere che cosa c’é dietro le condotte ritenute non regolari. Nel caso Scarano manca ancora tutto questo, manca una garanzia perché la verità sia detta liberamente e in tempi brevi, perché produca effetti auspicabili di correzione di gestioni scellerate. Ovviamente non è soltanto una ricerca della verità che manca. La lungaggine del processo diventa essa stessa una condanna e consente di tenere l’indagato lontano dal suo posto di lavoro in Vaticano. Cui prodest? È mancata, soprattutto e con scandalo, la carità nella ricerca della verità. In questa vicenda è stata assente l’umana solidarietà dei confratelli e dei superiori. I fatti registrano che quando qualcuno di essi è entrato in carcere, non si è preoccupato di trovare un uomo morente, sanguinante, paralizzato dal dolore. Quell’eccellente visitatore era preoccupato di avere “quelle carte del Vaticano”, ritenute in possesso del detenuto e che preoccupavano evidentemente qualcuno. Quel carcere dovrà essere considerato luogo di un duplice martirio. Sarebbe interessante capire se é stato utile per i giudizi in corso oppure é stato soltanto conseguenza di un piano molto più sottile e disumano, antefatto determinante e risolutivo di tutti gli interrogativi processuali. Una condizione di dolore che attende riscatto.



www.ilquotidianodisalerno.it/2019/0...ella-discordia/

Don NUNZIO: i controlli asfissianti e il campanile della discordia !!
Inviato da Redazione di 12: 01 am aprile 15, 2019 • Categorizzata come Cronaca,Giustizia,Varie



Aldo Bianchini


SALERNO – La storia, la lunga storia dell’esistenza terrena, dell’opera religiosa e della devozione assoluta verso la Chiesa di Monsignor Nunzio Scarano deve essere ancora scritta; e non è detto che venga scritta in maniera postuma, perché ci sono al momento tutti i presupposti per incominciarla a scrivere fin da questo momento. Difatti Mons. Scarano non ha ancora mai parlato della Chiesa e dei suoi mille misteri (che Lui conosce in gran parte ?) ma ha cercato sempre e solo di difendersi, con lo spirito dell’obbedienza, contro chi ha prima deciso a tavolino e poi messo in pratica la sua epurazione dal “sistema di potere ecclesiastico”, per poi passare alla sua eliminazione per via giudiziaria ed, infine, alla sua eliminazione fisica se i primi due tentativi dovessero sortire un effetto non con sono con quanto deciso da alcuni alti prelati affaristi che tengono in mano le sorti di tutta la Chiesa cattolica.

Incredibilmente la vicenda giudiziaria di “don Nunzio”, dopo l’arresto clamoroso del 28 giugno 2013 e le successive caotiche e tempestose fasi della detenzione in carcere e della carcerazione ai domiciliari, batte la fiacca in una serie infinita di rinvii senza senso e senza comprensibile motivazione; e intanto il sacerdote salernitano è costretto a sopravvivere senza alcun sostentamento (tra i tanti previsti per il clero) nel contesto di una Curia palesemente ostile a cominciare dal suo capo supremo S.E. Mons. Luigi Moretti che non ha raccolto nessuno degli appelli accorati lanciati da don Nunzio.

Nel corso di questa inchiesta giornalistica che si annuncia lunga e laboriosa cercherò di trattare, ad esempio, l’atteggiamento ostile del Vescovo, la scelta del Vescovo emerito di non testimoniare in favore del sacerdote, la mancanza di un incarico che preclude qualsiasi appannaggio economico vitale anche ai fini pensionistici, l’assillante sequenza delle visite domiciliari (circa mille) da parte delle Forze dell’Ordine e la mancata convocazione del perito di parte (il dr. Ivan Meta che da un lato è il CTU di assoluta fiducia del Tribunale e dall’altro ritenuto forse scomodo perché potrebbe rivelare la verità) per il chiarimento risolutivo di tutti i movimenti bancari riconducibili a don Nunzio, ed anche, perché no, l’ottuso accanimento degli inquirenti nel volere a tutti i costi ritenere colpevole il sacerdote ancora prima del pubblico dibattimento e del giudizio finale.

Sembra di trovarsi di fronte ad un clero, parlo di quello salernitano, che, dopo aver munto e spremuto il latte della mucca grazie alla presenza positiva sul doppio binario Roma-Salerno e ritorno di don Nunzio, all’improvviso ha girato lo sguardo quasi infastidito dall’altra parte un secondo dopo l’insorgere dei problemi che stanno distruggendo innanzitutto nell’animo il nostro sacerdote.

Non mancano, però, gli esempi di corretta lealtà come quello messo in atto e per iscritto da parte di “don Enzo Caponigro” per ridare la giusta fiducia nell’innocenza dell’indagato. Ma di tutti questi fatti, ripeto, mi riprometto di parlare con ampia rappresentazione di particolari nelle prossime puntate.

Oggi è il campanile che mi interessa, quello del Duomo, ovvero quello più importante della città; il campanile che non esito a definire “il campanile delle spie”.

Tutti sanno che don Nunzio abita nelle vicinanze del Duomo, proprio in posizione centrale e frontale rispetto al predetto campanile che, è bene ricordare a tutti, è un posto extraterritoriale, cioè al di fuori della giurisdizione civile e di assoluta e stretta competenza del vaticano; tradotto in termini più comprensibili, è chiaro che il campanile può essere “visitato” soltanto previa autorizzazione della Curia alla quale anche la giustizia ordinaria deve rivolgersi per poter mettere in atto qualsiasi azione, anche quelle di controllo con moderne tele-microspie.

E’ accaduto che la procura della Repubblica di Salerno ha ordinato ai suoi uffici di posizionare sul campanile apposite “cimici” per poter spiare tutti i movimenti che avvengono intorno e finanche dentro l’abitazione di don Nunzio; queste mini telecamere attraverso i raggi infrarossi bucano le pareti ed entrano nella più intima privacy con una cadenza di 24 ore su 24. La missione ordinata dalla procura palesemente non è “segreta”, tanto è vero che gli operatori-tecnici sono stati fotografati a più riprese mentre montano o mentre ricaricano le batterie delle mini telecamere. E se questa azione di spionaggio poteva andare bene, ed essere considerata legittima, sempre previa autorizzazione della Curia, per il periodo di “arresti domiciliari” del sacerdote, quasi certamente non va più bene dal momento in cui a don Nunzio sono stati revocati i domiciliari ed è ritornato ad essere un uomo libero, a determinate condizioni, in tutti i suoi movimenti. Anzi diventa una violazione se l’autorizzazione, come sembra, non c’è.

Ma la cosa molto più grave è l’atteggiamento del capo della Chiesa salernitana, il Vescovo don Luigi Moretti, il quale debitamente interpellato dalle parti interessate sembra abbia risposto di non saperne nulla.

Incredibile, se il vescovo non ne sa nulla, allora viene da pensare che la giustizia italiana ha commesso almeno qualche piccolo abuso invadendo con militari e tecnici un pezzo di territorio che non ricade sotto il controllo dello Stato italiano; cioè lo Stato Italiano avrebbe compiuto una irruzione nello Stato Vaticano non contemplata in violazione delle norme previste dai Patti Lateranensi in materia di reciproca collaborazione giudiziaria. E tutto questo passa nell’assoluto silenzio della Chiesa salernitana; cosa incredibile che lascia presupporre un disegno calato dall’alto per annientare il sacerdote che era riuscito ad entrare nei segreti vaticani e, forse, a scoprirne i suoi incancreniti risvolti.

A questo punto verrebbe da chiedersi e da chiedere quale è stata fin qui l’azione salernitana di S.E. Mons. Moretti; forse quella di scardinare il potere fino ad allora esistente e instaurare un potere ancora più devastante, se è vero come è vero che a S.E. Arcivescovo Emerito don Gerardo Pierro sarebbe stato ordinato di non testimoniare nel processo Scarano per spiegare e chiarire i flussi di denaro utilizzati anche per la costruzione del seminario diocesano di Pontecagnano dedicato a Sua Santità san Giovanni Paolo II.

Ma di questo, di tutto questo avremo modo di parlarne nelle prossime puntate.
 
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Don Nunzio: il processo a Gesù ?
Inviato da Redazione di 12: 01 am aprile 22, 2019 • Categorizzata come Cronaca,Giustizia,Varie



Aldo Bianchini

Don Nunzio Scarano, grazie al suo difensore storico avv. Silverio Sica (immarcescibile ed autorevole membro dell’avvocatura salernitana), in condizioni fisiche pietose viene trasferito dal carcere di Roma in quello di Salerno e subito dopo nell’Azienda Ospedaliera Ruggi per essere sottoposto ad interventi operatori e cure molto delicate (siamo nel luglio-agosto del 2013).

Qualche giorno dopo il suo ricovero il parroco dell’ospedale fa visita a don Nunzio che in un momento di grande contrizione chiede al parroco di poter vedere “il sacerdote” della Chiesa salernitana per poter confidarsi e semmai confessarsi con lui, direttamente. Passa qualche giorno e “il sacerdote” va in ospedale a far visita all’ammalato per sincerarsi sulle sue reali condizioni di sofferenza fisica. Ma a margine della visita accade un fatto clamoroso, cioè l’invito a don Nunzio di consegnare “i documenti”. Quali ? non è dato sapere.

Insomma, invece di somministrare i sacramenti come richiesto dal sacerdote quasi in fin di vita, “il sacerdote” si preoccupa della possibile esistenza di non meglio precisati documenti.

Ma la storia non finisce qui; il sacerdote allettato risponde, andreottianamente, che i documenti sono tutti ben custoditi nel suo cervello.

Ovviamente c’è dell’altro, e la storia continua.

Dopo alcuni mesi da quel fattaccio, al sacerdote caduto in disgrazia viene tolto qualsiasi mezzo di sostentamento e a causa della revoca di tutti gli incarichi non gli vengono nemmeno versati i contributi previdenziali (di questo parlerò in un prossimo articolo !!); passa ancora del tempo e nella casa del “Sinedrio” arriva un caro amico di don Nunzio per perorare la sua causa e chiedere la giusta carità che merita per poter sopravvivere. Risposta negativa, severa e durissima; al massimo poteva essere concessa una gratificazione di 150 euro con i quali avrebbe dovuto vivere per oltre quaranta mesi.

La Chiesa, in alcune sue manifestazioni, non ha pietà, è disumana; soltanto così il suo potere temporale continua da oltre duemila anni.
 
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Don Nunzio: un mostro con tante virtù … come San Gerardo !!
Inviato da Redazione di 12: 01 am maggio 1, 2019 • Categorizzata come Cronaca,Giustizia,Varie



Aldo Bianchini


SALERNO – Gentili lettori, sollecito la vostra immaginazione a pensare ad un mostro, ma un mostro più mostro di tutti, insomma al “mostro” capace di tutto e di più, anche di incutere timore e, forse, rispetto per via della sua sconfinata abilità malefica di manipolare istituzioni, leggi, persone e cose.

Ebbene se non avete un “vostro mostro” ve lo fornisco io, fresco fresco di giornata, si chiama: “don Nunzio Scarano”, il sacerdote partito da Salerno, approdato nella Curia romana, in grado di rivoltare i conti del Vaticano come un calzino per accaparrarsi milioni e milioni di euro (tramite lo IOR) da portare all’estero al fine di utilizzarli per favorire gli amici di merende e per scopi personali, fraudolentemente illeciti secondo l’accusa lanciatagli addosso dalle Procure di Roma e di Salerno.

La versione di don Nunzio, ovviamente, è esattamente opposta a quella delle Procure in quanto nel silenzio impostogli dall’abito talare ha sempre e puntualmente dichiarato di essere assolutamente innocente; ed io, per correttezza d’informazione, dico ai miei lettori che sono schierato dalla parte del sacerdote ben conoscendo le dinamiche giudiziarie sulle quali si muovono non tanto le Procure ma i tanti investigatori che concorrono alla formazione di un’inchiesta.



Su questo panorama si è lanciata la stampa salernitana, e non solo, con l’aiuto dei soliti compiacenti investigatori riuscendo a creare un mostro, anzi il mostro, che dal 28 giugno 2013 tiene banco nell’immaginario collettivo; è stato sbattuto in prima pagina, è stato analizzato nei minimi dettagli, è stato vivisezionato nei suoi affetti più cari, è stato spiato con le telecamere dall’alto del campanile del Duomo ma anche quando va semplicemente a far visita alla mamma ultranovantenne, è stato processato e condannato ancor prima del processo e della sentenza passata in giudicato, gli è stato tolto qualsiasi mezzo di sostentamento e buttato in un angolo come fosse un pericoloso lebbroso.

Parlo sempre di “don Nunzio Scarano” il sacerdote salernitano che, dopo ben trentadue anni di onorato servizio, la Chiesa ha scaraventato negli inferi calunniandolo brutalmente come il “cervello criminale“ della Curia romana, mentre quella salernitana lo ha scartato e sospeso da ogni incarico fino al punto da revocargli qualsiasi sostentamento fino al punto di non versare il benché minimo contributo previdenziale che comunque gli avrebbe consentito di ottenere un minimo di pensione dopo i 32 anni di Chiesa, cinque di banca ed alcuni come docente supplente.

Capisco che non avendo incarichi da svolgere non può maturare contributi ma capisco altrettanto bene che se la Curia salernitana, non essendoci impedimenti giudiziari, gli avesse conservato almeno un incarico, anche di natura marginale, don Nunzio non si troverebbe oggi al cospetto dell’Inps che gli nega (è storia di questi giorni) qualsiasi emolumento per insussistenza di incarichi operativi dai quali discende il rapporto di dipendenza e, quindi, la maturazione delle marche utili alla bisogna. Invece la Curia salernitana ha evidenziato una mostruosa freddezza e non ha tenuto conto di niente, neppure delle tante opere realizzate nell’ambito della Diocesi anche grazie all’interessamento diretto del sacerdote caduto in disgrazia.

Difatti la grande capacità realizzativa di don Nunzio è presente in molte opere in favore della comunità salernitana: ha direttamente partecipato alla realizzazione del seminario diocesano (e per questo è stati ringraziato direttamente da Papa Giovanni Paolo II), ha messo sul tappeto i soldi necessari per restaurare la cripta di San Gregorio VII con la donazione della croce che era di Pio XII, ha praticamente rimesso in piedi Salerno Solidale grazie alla creazione del Pio Albergo per gli anziani, ha smosso anche le montagne della burocrazia per creare dal nulla la Casa di Accoglienza nei pressi del Ruggi per i malati lungodegenti ed ha rifatto il salone di attesa della rianimazione sempre del Ruggi. E se questo è un mostro, ben vengano tanti mostri come lui.

Ebbene quando qualcuno è andato dal capo della chiesa cattolica nostrana si è sentito rispondere che, sì, avrebbe provveduto a ricucire i rapporti con il sacerdote, salvo a smentire se stesso qualche minuto dopo. Anche l’avvocato giuslavorista Melchiorre Scudiero che ha curato la pratica per la richiesta del provvedimento pensionistico è rimasto letteralmente allibito di fronte alla freddezza della Curia che invece di cercare di riconquistare al gregge la pecora smarrita (ammesso che don Nunzio sia una pecora smarrita) ha calpestato ogni speranza di giusta e doverosa sopravvivenza; e tutto questo, a mò di ringraziamento, dopo oltre trenta anni di onorato e lodevole servizio sempre e soltanto in favore della Chiesa Cattolica.

Contro don Nunzio è stato detto di tutto, gli è stata appiccicata addosso anche una calunniosa relazione sentimentale con don Luigi, un sacerdote che è praticamente cresciuto in casa Scarano e che fino ad oggi non sa ancora perché è stato indagato e per quali precisi capi d’imputazione; anche se almeno un capo d’imputazione qualcuno glielo ha spiegato: “essere sincero amico di don Nunzio”.

Mentre tutto questo gli è stato vomitato addosso, da parte di don Nunzio nessun segno di reazione, di indignazione o di insubordinazione verso la Chiesa in cui crede ancora fermamente; il suo animo ha brillato per nobiltà ed è rimasto intatto anche di fronte alle calunnie più infamanti; esattamente come brillò l’animo di San Gerardo in seguito ad un episodio di calunnia verificatosi nel 1754 quando fu accusato ingiustamente da una certa Nerea Caggiano di avere avuto una relazione con lei, Gerardo non replicò e rimase in silenzio per un mese, subendo pazientemente le gravi sanzioni dei suoi superiori; finalmente la Caggiano, pentita, confessò di aver detto il falso, scagionandolo. Lo stesso Sant’Alfonso in quella occasione ne lodò l’ammirevole pazienza mostrata nella triste vicenda.

Don Nunzio Scarano ha fatto di più e da ben sei anni tace, chiuso in un religioso silenzio che qualcuno teme possa essere il preludio, forse, per un’imminente rivelazione di chissà quali segreti suffragati da pesanti ed inquietanti carteggi, proprio quelli che il sommo sacerdote gli chiese mentre giaceva in un letto d’ospedale.

Fortunatamente don Nunzio ha ancora la forza di resistere e spesso suole dire, proprio come San Gerardo, che “La fede mi è vita e la vita mi è fede“.

Naturalmente don Nunzio Scarano non è Gesù e neppure San Gerardo ed il suo processo è ben altra cosa rispetto a quelli intentati contro Gesù e contro San Gerardo; don Nunzio è semplicemente un sacerdote che ha creduto nella Chiesa e ad essa ha dedicato tutta la sua vita.

Un nuovo articolo di approfondimento scritto dall’avv. Salvatore Memoli in merito alla “tutela dei deboli” va letto con attenzione e condiviso. Faccio mia l’ultima sua riflessione: “… Lo Stato con le sue organizzazioni si modelli con nuovi atteggiamenti, con protocolli operativi, che non devono dare spazio a prepotenza e cialtroneria …”. E nella vicenda di don Nunzio c’è tanta prepotenza ed anche tanta cialtroneria.

 
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Don Nunzio: è stato il giorno di Mons. Scarano
Inviato da Redazione di 12: 01 am giugno 8, 2019 • Categorizzata come Cronaca,Giustizia,Varie

Aldo Bianchini

SALERNO – Avevo titolato l’ultimo articolo dedicato, in ordine di tempo, al “caso giudiziario Scarano” scrivendo che l’udienza del 4 giugno sarebbe passata alla storia come “ il giorno della Cascone ”, è stato invece “ il giorno di Mons. Nunzio Scarano ”.

L’udienza in questione è stata celebrata in sede civile e riguardava il procedimento pendente contro la dott.ssa Tiziana Cascone intentato a seguito dell’opposizione avanzata da Mons. Scarano avverso il decreto ingiuntivo del 2015 promosso dalla Cascone per il recupero di parcelle professionali (la Cascone è stata la commercialista di Don Nunzio) che la stessa interessata ha dovuto ridimensionare, essendo venuti meno i presupposti di legge a tal fine, a più riprese producendo una totale paralisi per i vari tentativi di esecuzione dello stesso decreto.

Doveva essere un’udienza fondamentale ed è stata un’udienza fondamentale; l’atmosfera che si respirava nei moderni, angusti e striminziti locali dove (per grazia di qualche urbanista intellettuale) si celebrano le udienze era pesante e si poteva tagliare a fette; la curiosità l’ha fatta da padrona per assistere all’ingresso dell’alto prelato che è arrivato scortato dal suo avvocato Valentina Buonadonna che ha fatto di tutto, con molta prudenza, eleganza e signorilità per non far pesare sul suo importante assistito il momento giudiziariamente molto importante e, soprattutto, la curiosità dei numerosi presenti.

Imperturbabile, passo leggero e calcolatamente svelto, busto eretto, viso asciutto e sguardo sereno ed impenetrabile, una maschera ieratica perfetta; così mi è apparso Mons. Nunzio Scarano per tutta la durata della sua permanenza in tribunale. Imperturbabile, impenetrabile ma anche sobrio; mai un attimo di ostentata arroganza o superiorità nei confronti degli altri; sereno ed umile quel tanto che basta per vincere, se non stravincere, un duello che si va consumando da alcuni anni, fin dal momento in cui la Cascone (come recitano le cronache giornalistiche) è diventata, forse suo malgrado, la principale accusatrice di quello che per decenni era stato, invece, il suo mentore in tanti momenti positivi e costruttivi di un’amicizia che veniva da molto lontano.

Forse pensando a tutto questo la dott.ssa Tiziana Cascone , quando è entrata in tribunale accompagnata dai suoi legali, mi è apparsa subito molto tesa, emotivamente provata, anche se decisa comunque ad andare fino in fondo. Ha preferito scegliere la via del silenzio, soprattutto quando Mons. Scarano ha reso la sua deposizione dimostrando ancora una volta, semmai ce ne fosse stato bisogno, tutta la sua capacità di guardare al prossimo come a se stesso, manifestando il suo immenso amore verso gli altri e la sua capacità di perdonare senza conservare il minimo disappunto che potrebbe dare la stura a residui rancorosi che non fanno parte della vita e dell’azione di un uomo di Chiesa qual è stato ed è tuttora Don Nunzio Scarano.

L’udienza, condotta con grande capacità professionale dalla dott.ssa Stefania Picece (un giudice civile che con inusitata umiltà non si scompone se deve rintracciare, raccogliere e spostare i fascicoli-faldoni delle udienze ), si è svolta in un clima assolutamente pacato e distensivo; merito da ascrivere innanzitutto all’aplomb composto-severo e coinvolgente di Don Nunzio e poi al grande equilibrio con cui l’avvocato Valentina Buonadonna ha saputo assistere legalmente, anche in questa fase, il suo importante cliente.

Dall’interrogatorio formale del sacerdote è venuto fuori, ad esempio, che:

La Cascone ha ricevuto gli incarichi professionali direttamente dalle due società Prima Luce e Nuen nelle quali lo Scarano era soltanto un socio e mai legale rappresentante;
La commercialista non avrebbe mai richiesto formalmente alcun pagamento di crediti professionali alle due società di cui al punto precedente (tanto dovrà chiarirlo anche il legale rappresentante), salvo un pagamento la cui consistenza è sconosciuta allo Scarano anche nelle sue motivazioni;
Il rapporto professionale personale tra la Cascone e Mons. Scarano si è limitato alla preparazione della dichiarazione dei redditi fino al 2013 concordando che tale compito fosse a titolo gratuito, in considerazione anche dell’esiguità delle stesse;
Per tutto ciò che riguarda i suoi crediti nei confronti delle due società la Cascone dovrà, quindi, vedersela con il legale rappresentante delle predette;
Che i rapporti di amicizia tra i due contendenti erano consolidati dai molti anni della loro frequentazione, con intrattenimenti e cene a casa del prelato dove la Cascone e il suo compagno venivano spesso ospitati;
Per il contratto di mutuo del 2010 don Nunzio è stato seguito direttamente dalla Banca Unicredit e del quale, forse, ne aveva parlato con la commercialista;
In merito alla presunta ampia e continuativa attività di consulenza don Nunzio ha chiarito l’inconsistenza dell’attività svolta e che le trasferte romane erano dettate soprattutto da esigenze personali della Cascone;
L’atto di acquisto dell’immobile di Via Romualdo Guarna (attuale abitazione di Mons. Scarano) fu stipulato dinanzi al notaio e che ovviamente sempre per il rapporto di consolidata amicizia ne aveva parlato con la commercialista;
Nel 2010 conferiva alla Cascone procura generale, dinanzi al notaio Frauenfelder, per gli atti e per tutte le quote riferibili alla Soc. Prima Luce ed Effegi srl, ma sempre a titolo assolutamente gratuito.


Nel corso di tutto il conciso interrogatorio formale Mons. Nunzio Scarano ha spesso guardato negli occhi il giudice Stefania Picece per trasmetterle, forse, quella sua serenità interiore; una serenità che fa parte dell’essere sacerdote da sempre disponibile in tutto e con tutto se stesso verso il prossimo.

Nel contesto dell’udienza è stata anche sentita la dott.ssa Sara Paganini , teste di parte Scarano, che ha stigmatizzato il difficile rapporto umano-professionale e personale con la Cascone per tutto l’arco di tempo della collaborazione lavorativa con la stessa.

In particolare la Paganini ha evidenziato, nel ruolo di praticante, che i rapporti tra la Cascone e Don Nunzio erano improntati all’amicizia ed alla fiducia e che proprio in forza di questo duplice legame la Cascone non ha mai emesso (o almeno la Paganini non le ha mai viste !!) fatture a carico di Mons. Scarano.

In pratica la dott.ssa Paganini ha cercato, con le sue risposte alle domande della giudice Picece, di evidenziare come il raggiungimento della verità per questa querelle civile (pagamento o meno della parcelle professionali emesse a carico di Don Nunzio) possa essere difondamentale importanza per la giusta risoluzione anche della causa in sede penale. Infatti se si riesce a capire qual è stato il ruolo svolto in tutta la vicenda dalla Cascone, da Mimmo Scarano, da Giovanni Fiorillo e da altri la verità si avvicinerà moltissimo; un ruolo che partendo da un conflittodi natura civilistica è sfociato in una serie vorticosa e vertiginosa di probabili reati da valutare in sede penale, come realmente potrebbe essere accaduto nella fattispecie.

Infine la Paganini ha affondato il colpo a sorpresa evidenziando come i suoi rapporti attuali con la Cascone siano di indifferenza, sia sul piano lavorativo che professionale, nonostante suo zio (don Nunzio Scarano, ndr !!) si fosse sempre prodigato in favore della predetta in maniera quasi familiare anche per un’assistenza personale da parte di un avvocato rotale del Vaticano.

Alla prossima.

Edited by pincopallino2 - 3/11/2019, 23:18
 
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DON NUNZIO: è ripreso il processo a carico di Mons. Scarano ed altri … tra lampi di innocenza assoluta e “uccelli di rovo”
Inviato da Redazione di 12: 01 am settembre 21, 2019 • Categorizzata come Cronaca,Giustizia,Varie



Aldo Bianchini


Avv. Riziero Angeletti, difensore di Mons. Scarano

SALERNO – In un tribunale affollato per la ripresa post-estiva dell’attività è stata celebrata la prima (in ordine di tempo dopo la sosta) udienza di una lunga serie di appuntamenti in aula che dovrebbero portare, naturalmente, verso il proscioglimento totale di Mons. Nunzio Scarano dalle innumerevoli accuse che le Procure di Roma e di Salerno gli hanno addebitato in forza di una serie infinita di forzature interpretative di sospetti che giustamente dovevano essere indagati, scannerizzati ed analizzati nei minimi dettagli, anche perché il principale imputato è stato uno dei sacerdoti più importanti ed anche influenti della Santa Sede per alcuni decenni, almeno a livello dell’ APSA (amministrazione patrimonio sede apostolica).

Ma prima di andare avanti è necessario rimarcare le figure dell’avvocato Riziero Angeletti e quella di Don Nunzio Scarano, il primo difensore del secondo.

L’avvocato Riziero Angeletti, di recente subentrato all’ avv. Silverio Sica (uno dei principi del foro salernitano) è stato finalmente accolto ed apprezzato con grande apertura mentale dai colleghi e finanche dalla pm Elena Guarino (fiera pubblica accusatrice di Don Nunzio) che non ha lesinato, democraticamente, un atteggiamento molto cortese nei confronti “dell’avvocato venuto da lontano”; che ha subito esternato grande professionalità e umanità. Un avvocato noto in campo nazionale che ha creduto fin dal primo momento nell’innocenza di mons. Scarano sottolineando anche il fatto che l’ulteriore prova della sua innocenza è data dal castello accusatorio messo in piedi, con accanimento mediatico-giudiziario, per travolgere il prelato nel corso di sei lunghi anni di accuse invereconde e di stranissimi continui rinvii: voluti da chi e perché visto che il sacerdote non aspetta altro che essere giudicato ?

La spiegazione è tutta nel fatto che i numeri della Procura non tornano ma portano verso l’annullamento totale dell’accusa di usura. Per questo hanno voluto attaccare un personaggio che, invece di reagire in maniera anche scomposta, si è chiuso nel silenzio e nella preghiera per la continuazione della “sua santità” di uomo che ha solo fatto del bene a tutti e A.B. (amico e destinatario di molti aiuti da pafrte di Don Nunzio) è uno dei tantissimi (l’elenco sarebbe quasi interminabile, andando dalla Casa degli Anziani in pieno centro storico alla sala di rianimazione ed alla casa di ospitalità dell’ospedale Ruggi) che ha usufruito di tanta bontà; una bontà che la legge ha voluto pervicacemente interpretare in maniera diversa e non si riesce ancora a capire perchè: ma per mandato di chi, e perché tutto questo ?






Dott.ssa Elena Guarino, pubblico ministero nel processo a carico di Mons. Scarano

La tranche processuale entrata nell’udienza di giovedì 19 settembre 2019 riguarda l’accusa di “usura” contestata dalla pm Elena Guarino della Procura di Salerno a carico di Mons. Scarano nell’ambito di quell’attacco giudiziario-mediatico che portò ai provvedimenti restrittivi del 2013; un’accusa che da sola apre scenari molto importanti sull’intera impalcatura processuale; che oggi sono tutti oltremodo positivi per Don Nunzio e dimostrano (se ce ne fosse ancora bisogno) la virulenza con cui la vicenda è stata trattata soprattutto dalla Procura salernitana che anelava, forse, raggiungere l’obiettivo dei D’Amico (potenti armatori internazionali e noti benefattori) tramite le auspicate confessioni del sacerdote salernitano che, però, non sono mai arrivate e non arriveranno mai perché tra gli altri pregi di Don Nunzio c’è la sua limpidezza spirituale e materiale.

La storia processuale ci dice che nel corso delle indagini preliminari la pm Guarino intercetta alcuni flussi finanziari (veramente poca roba !!) che dai conti bancari del prelato erano transitati sui conti di tale A.B. (medico salernitano ed amico del sacerdote).

Il problema è che fin dalla prima dichiarazione giudiziaria di A.B. risalente al 3 giugno 2013 la situazione appariva molto chiara: “” … Mi sono rivolto a Nunzio Scarano a titolo personale in alcune circostanze per avere un prestito di natura economica in alcuni miei momenti di difficoltà. Mi sono rivolto a lui in quanto proprio in considerazione del suo tenore di vita ho pensato potesse avere la disponibilità per aiutarmi. E’ stata comunque una cosa sporadica anche se ripetuta nel tempo … comunque ho sempre restituito a Nunzio quanto ricevuto sempre con assegni o bonifici … ””.

L’interrogatorio, condotto dagli ufficiali del Nucleo di Polizia Tributaria di Salerno (P.F. – G.S. – A.A.), va avanti e gli investigatori contestano l’esistenza di una disparità (intorno ai 3mila euro) tra le somme accreditate e quelle restituite (campanello usura ?); ma anche in questo caso l’interrogato risponde con molta chiarezza: “Tra un bonifico e l’altro ho avuto necessità di una ulteriore cifra di circa 3mila euro per far fronte ad esigenze personali non meglio documentabili (uccelli di rovo ?). Tale somma mi è stata data a titolo personale in contanti direttamente da Nunzio Scarano in occasione di un incontro a Salerno, all’incirca nel periodo estivo. Pertanto la cifra complessivamente restituita comprende anche la parte ricevuta in contanti”.

Il dottor A.B. ripete, pedissequamente, la stessa versione dei fatti in un successivo interrogatorio (condotto sempre dagli stessi investigatori) del 25 novembre 2014; ma per il pm la sostanza non cambia e viene confermata l’accusa di usura con relativo rinvio a giudizio, come detto in apertura del presente articolo.


Mons. Nunzio Scarano

Nell’udienza di giovedì scorso la clamorosa apertura della pm Elena Guarino su specifica ed intelligente sollecitazione dell’avvocato Riziero Angeletti (difensore di don Nunzio); tutto da rivedere, sarà sufficiente acquisire delle nuove perizie tecniche per svelare e ridimensionare i presunti segreti occulti di una operazione bancaria di prestito che nulla, ma veramente nulla, ha a che fare con l’odioso reato di usura. Vedremo !!

MORALE: Il pubblico ministero in presenza di un’ipotesi di reato ha l’obbligo di indagare fino in fondo ma dovrebbe anche avere la capacità, etica e morale, di fare un passo indietro (glielo suggerisce la legge !!) quando si rende conto che l’accusa non è suffragata da prove conclamate e l’eventuale rinvio a giudizio porterebbe ad un inutile processo con patemi d’animo per l’indagato, perdita di tempo per il tribunale e dispendio di denaro pubblico. C’è un vizietto, però, che da tempo contraddistingue l’azione dei PM e quella degli investigatori a lui sottoposti; entrambi credono di dover scrivere le sentenze prima ancora che si pronunci il tribunale.

RISULTATO: La stragrande maggiorana dei processi si chiudono con eclatanti assoluzioni già in sede di primo grado; quello che resta in parte viene smantellato in appello o in Cassazione.

Ma è sempre giustizia, anche se è fatta in ritardo e, alla fine, è fatta solo per sbaglio (George Bernard Shaw).
 
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Mons Scarano: «Mister 500? Quei soldi per le famiglie bisognose di Salerno»
Scritto da Tommaso D'Angelo, 3 Novembre 2019
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di Tommaso D’Angelo

Porta Rotese. Cuore antico della città. Al primo piano l’abitazione di Mons Nunzio Scarano, ex contabile dell’APSA, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Per la prima volta apre le porte della sua casa alla stampa. C’è un’aria di fede e di Dio che ti avvolge subito, un credente ne sente l’odore e la gioia. Le pareti del salone sono circondate da quadri molto belli che attirano lo sguardo immediatamente. “Sono delle copie – mi precisa Don Nunzio – opera di don Luigi che è al suo fianco. Non sono originali né sono il mio tesoro, come è stato detto. L’unico quadro originale me lo regalò il maestro Mario Carotenuto quando fui ordinato sacerdote. Un Ecce homo in bianco e nero che sgorgava lacrime rosse. Carotenuto mi disse che si era punto un dito e che con quel sangue le aveva disegnate”. Il tempo di un ottimo caffè e si va a ruota libera. Si nota la voglia di parlare dopo anni di silenzio per le note vicende giudiziarie. Mister 500, così fu definito Monsignore. Secondo i più maligni teneva nel portafogli sempre alcune banconote di grosso taglio. “Mi dispiace per quell’appellativo. Per anni quei soldi che mi provenivano dalle donazioni hanno sfamato decine di famiglie salernitane e romane. La mia carità cristiana era lontana mille miglia dai riflettori e oggi che non possiedo più niente, sono stato sospeso dallo stipendio da 82 mesi e non ho ricevuto nemmeno la liquidazione, so bene che significa essere in difficoltà. Potrei citare tanti esempi di sostegno ai più deboli, casi umanitari di cui mi sono sempre assunto la responsabilità e non solo economica per aiutare il prossimo. E Antonio D’Amico è stato un generoso sostegno per queste persone.”.

Oggi invece…

“Cambiano strada per non salutarmi –afferma con un pizzico di amarezza don Nunzio. Non solo le persone che hanno beneficiato del mio aiuto ma anche dei sacerdoti. Ho chiesto aiuto a Mons Moretti e me lo ha rifiutato, ho scritto a Mons Bellandi e non mi ha nemmeno risposto. Io mi sento più prete di prima, la sofferenza ha rafforzato la mia fede. Hanno umiliato il prete non l’uomo.Sono addolorato per non poter celebrare Messa o vestire il mio abito sacerdotale. Mi addolora non poter assistere alla Santa messa nelle chiese salernitane o poterci entrare liberamente. Toccate l’uomo ma non il Cristo che è dentro di me. Io li perdono ma dovranno un giorno presentarsi davanti a Dio dove non potranno giustificarsi”.

Come nasce don Nunzio uomo di Dio

“Lavoravo in un istituto di credito –ricorda il sacerdotee poi ebbi la chiamata del Signore. Ho lasciato il mio posto in banca dove ero un funzionario, mica uno qualsiasi, avevo agiatezza e belle ragazze. Ho lasciato tutto per seguire la mia vocazione abitando a casa delle mie zie. Sono entrato in Vaticano e non mi sono sporcato le mani nemmeno per un caffè. Ricordo che il primo giorno a Roma fui accompagnato da Antonio D’Amico, un uomo che mi ha insegnato correttezza, umanità, umiltà. Sei in un covo di vipere si raccomandò prima di lasciarmi. Ero l’unico sacerdote tra laici ma ho sempre fatto il mio dovere e pensate che ho sposato i figli dei dirigenti. Io ho servito la chiesa e non me ne sono servito”. E allora come finisce nel tritacarne della Giustizia con accuse anche gravi come l’usura e il riciclaggio? “Hanno abusato della mia persona e della mia generosità –afferma don Nunzio – le persone che hanno bussato alla mia porta non erano tutte persone perbene. I miei problemi nascono dagli ambienti del Vaticano a cui si erano avvicinate persone come detto poco raccomandabili. Probabilmente ho detto troppi no e non me ne pento. Sono stato costretto a pagare 400mila euro, hanno tentato di avvelenarmi nel 1997, poi pensarono di allontanarmi con la nomina a vescovo di Pompei. Dissi di no, i beni erano comunque della Chiesa e non mi sarei liberato della loro morsa. Da qui l’accanimento nei miei confronti ma la verità verrà fuori”. I suoi rapporti con i D’Amico e la famosa valigetta… “Antonio D’Amico lo chiamavo zio – ricorda con commozione don Nunzio. Era un uomo generoso con i più poveri e verso la chiesa. Fece restaurare il sarcofago di Gregorio VII, ricordate certamente il suo impegno per la Pia Casa di ricovero ma potrei citare decine e decine di esempi. Sulla vicenda di far rientrare dalla Svizzera in Vaticano i 40 milioni di euro degli armatori D’Amico dico che nulla fu fatto anche se avvisai gli stessi D’Amico di non fidarsi di quelle persone con cui avevano probabilmente fatto degli affari. Quell’operazione non fu mai fatta”.

Siamo scivolati inevitabilmente nella parte giudiziaria ma per questo ci saranno i giudici a dare una risposta.



“Ma io ho fiducia nella Giustizia pur avendo sopportato tante bugie scritte e dette in questi anni”.

Torniamo all’uomo, al sacerdote, che da uomo potente è rovinato nella polvere conoscendo l’altra faccia della medaglia. Ma la fede che è in Lui fa capire è pronto a riprendersi la sua vita.

“Il mio sogno nel cassetto è una casa per malati terminali, per dare una morte degna a chi ci lascia nella sofferenza. Con il mio sostegno e quello dela Rotary è stata creata una salata d’attesa davanti alla Rianimazione degna di questa nome. Vorrei completare questo percorso di sostegno agli ammalati e alle loro famiglie. Fossi l’ultima cosa della mia vita ci riuscirò”.
 
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LA DECISIONE

Scarano, annullata la sentenza per il “rimpatrio” dei 20 milioni
La Cassazione ha rinviato alla Corte di Appello di Roma le prescrizioni sulle quali deve rideterminarsi

16 febbraio 2021
SALERNO NUNZIO SCARANO

SALERNO - La sentenza sul patto corruttivo per il rientro dei famosi 20 milioni di euro dalla Svizzera, di cui è stato accusato anche monsignor Nunzio Scarano , indicato dalla procura di Roma quale regista dell’operazione che doveva portare a compimento l’ex 007 Giovanni Zito , deve essere riscritta sulla scorta delle prescrizioni emesse dalla sesta sezione della corte di Cassazione, presidente Renato Giuseppe Bricchetti , che ha annullato con rinvio il capo di imputazione relativo al reato di corruzione per il quale sono imputati, Giovanni Carenzio e il sottufficiale dell’Arma, Zito. Scarano, per quest’accusa, era stato assolto in primo grado dal tribunale di Roma, ma la Corte di Appello, lo ha ritenuto colpevole, nel 2019, di corruzione e calunnia per aver denunciato falsamente lo smarrimento di un assegno bancario dell’importo di 200mila euro. Per i giudici della Corte di Appello capitolina che accolsero il ricorso del procuratore generale, Zito, quale pubblico ufficiale, in quanto agente distaccato all’Aisa (Agenzia informazioni e sicurezza interna) all’epoca dei fatti, sulla base di un accordo corruttivo con Scarano e Carenzio, si accordava per compiere atti contrari ai doveri di ufficio, mettendosi a disposizione per l'illecito trasporto in Italia dalla Svizzera di 20 milioni di euro in contanti. A tale scopo occupava del trasporto aereo privato con un vettore che lui conosceva per ragioni di ufficio e assicurava la vigilanza armata di un suo commilitone, resosi disponibile ritenendo trattarsi di lecita attività istituzionale perché Zito gli aveva riferito di dover «fare una cosa di lavoro».

Secondo la pubblica accusa, Scarano versò al sottufficiale una prima tranche di 400mila euro, attraverso un assegno bancario che fu messo all’incasso, ed altri 200mila euro, sempre tramite titolo bancario, che Zito non riuscì ad incassare perché, nel frattempo, monsignor Scarano ne aveva denunciato lo smarrimento. Falsa accusa che è costata al prelato salernitano la condanna per calunnia. Per i giudici di cassazione non è ben motivato il particolare, non trascurabile, che Zito «aveva la possibilità di eludere i controlli doganali facendo uso delle prerogative connesse al suo ruolo ed alla sua qualifica di operatore Aisi ». Per gli ermellini, la sentenza impugnata, quella della Corte di Appello di Roma, nel motivare la condanna per corruzione si limita genericamente, senza concretamente fornire una benché minima giustificazione di tale assunto, «che Zito - secondo le promesse “ ad initio ” fatte a Scarano e Carenzio, pose in essere atti - abusivi e pagati - che certamente erano compresi nelle sue possibilità di movimento quale agente Aisi». Ed è sulla carenza di motivazione che i giudici di Appello del tribunale di Roma dovranno rideterminarsi per colmare i punti e i profili critici segnalati in ordine alla presunta accusa di corruzione. Respinto, invece, il ricorso Scarano in relazione all’accusa di calunnia.

Per la Cassazione, benché la condotta del prelato sarebbe stata attuata in stato di necessità o legittima difesa, resta il dolo generico perché «l’affermato intento di bloccare l’indebita percezione di una somma di denaro che Scarano riferisce di ritenere oggetto di estorsione da parte di Zito, non giustifica in ogni caso la condotta calunniosa ».Le grane giudiziarie per Monsignor Scarano non sono solo queste. Ci sono stati i processi per il 'Caso Ior', sullo cambio tra soldi e assegni circolari, per evasione fiscale e usura ed esercizio abusivo del credito. Il prelato salernitano è finito più volte al centro di inchieste giudiziarie anche a Salerno. E non sono ancora chiuse.

(m.l.)


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www.ilmattino.it/salerno/monsignor...ma-6014600.html

Monsignor Scarano assolto a Roma:non ci fu rimpatrio di soldi ...https://www.ilmattino.it › salerno › monsignor_scarano...
11 giu 2021 —

Sono stati assolti, perchè il fatto non sussiste, monsignor Nunzio Scarano; l'ex agente dell'Aisi, Giovanni Maria Zito e il brooker, Giovanni Carenzio, per il tentativo di far

Corte di appello di Roma dopo che la Cassazione aveva annullato, con rinvio per un ...

condannato a 3 anni di reclusione per corruzione e calunnia (con il processo
 
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view post Posted on 13/11/2021, 18:11

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Don Nunzio: quando per difendersi si lanciano accuse spudorate contro un coimputato !!
Inviato da Redazione di 12: 01 novembre 13, 2021

Aldo Bianchini

La foto ritrae un momento storico nella vita sacerdotale di Mons. Nunzio Scarano: è il 24 marzo 1987 e l'allora arcivescovo di Salerno Mons. Guerino Grimaldi si inginocchia dinanzi al neo sacerdote per ricevere la sua prima benedizione

SALERNO – Ci eravamo lasciati il 14 luglio scorso con l’annuncio che il famoso “processo Scarano + altri” era ormai giunto alle battute finali e che presto si sarebbe giunti a sentenza che, stando a corpose sensazioni, volgeva lo sguardo verso una conclamata assoluzione.

Per calarci meglio nella vicenda giudiziaria che sto seguendo con attenzione e che il processo denominato “Scarano + altri” (in tutto 53 imputati) che vede alla sbarra l’illustre Monsignore don Nunzio Vincenzo Scarano è necessario ricordare che siamo di fronte ad un processo lungo, articolato, difficile e per certi versi anche misterioso che ha trascinato il sacerdote salernitano in un vortice pauroso (fatto anche di prigionia immotivata) che va avanti dal 28 giugno 2013. Va anche ricordato che nell’udienza di luglio 2021 è accaduto un fatto importante e forse decisivo per l’intero processo: il difensore di don Nunzio, l’ottimo avv. Riziero Angeletti, ha depositato agli atti del collegio giudicante il dispositivo di una sentenza della Cassazione che ha mandato assolto il sacerdote dalla grave accusa di corruzione; insomma assoltodail cosiddetto reato presupposto. Praticamente, come dire che Don Nunzio andò in galera, fu maltrattato dalla giustizia, fu vergognosamente oltraggiato anche nel privato dalla stampa nazionale e locale, per un’accusa che la Cassazione ha sentenziato non sussistere. Una sentenza sconosciuta dalla pubblica accusa di Salerno, tanto è vero che nella requisitoria della dott.ssa Guarino di quel pronunciamento di Roma non c’è alcun riferimento.

A Roma, quindi, è già venuta a galla la verità: Don Nunzio Scarano non ha corrotto e non ha truffato nessuno; al contrario, nel corso di tutta la sua vita sacerdotale, ha fatto beneficienza a piene mani ed si è prodigato anche in soccorso dei bisognosi e dei meno abbienti. Documenti inoppugnabili parlano anche di opere di carità anche nei confronti di chi oggi, attraverso il suo avvocato, lo accusa di averlo indotto a sottoscrivere il documento che lo ha portato a processo insieme al suo benefattore.

E qui si innesta un intervento dall’avvocato penalista Mario Valiante assolutamente fuori dalla normale strategia difensiva che un avvocato può e deve fare in aiuto del suo assistito. Ero presente all’udienza di mercoledì 10 novembre 2021 e, in tutta sincerità sono rimasto allibito dalla estrema durezza della “discussione finale” (un tempo si chiamava arringa) che il noto avvocato salernitano ha prodotto con un’enfasi assolutamente straordinaria sul piano dell’accorata difesa, ma altrettanto assolutamente fuori dalla normalità per i toni da “santa inquisizione” utilizzati contro Mons. Nunzio Scarano. Dato per scontato che ogni avvocato ha pienamente diritto a condurre la difesa secondo una sua precisa strategia ed aggiungo anche che per me l’avvocato nel momento dell’arringa gode di una sorta di immunità per cui il suo intervento non può e non deve subire alterazioni e/o stop da parte del Tribunale e neanche degli altri apparati difensivi. Ma sinceramente avanzare in aula dubbi sulla sincerità vocazionale e sulla liceità del percorso sacerdotale, in un soggetto come Don Nunzio, agitandosi e girandosi verso il pubblico come nell’atto di invocare applausi mi è parso decisamente esagerato.


Una foto giovanile del sacerdote Nunzio Scarano

La difesa, a mio opinabile avviso, deve sempre essere portato a 360° ma, nel caso di specie, non può mai andare a rivangare la storia personale di un sacerdote che può anche aver commesso qualche errore formale nei rapporti con il prossimo ma che ha dimostrato ad una città intera, ora fatalmente distratta e ingrata, come – quanto e quando fare carità e solidarietà (a cominciare dal restauro del sepolcro di San Gregorio VII per finire alla sala di accoglienza del reparto di rianimazione del Ruggi, passando per la casa di riposo degli anziani, per la ristrutturazione della residenza delle suore della casa degli anziani, il rifacimento totale della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, ed anche il campo sportivo del Seminario San Giovanni Paolo II). La demonizzazione in un’aula di tribunale di un sacerdote verosimilmente ingiustamente arrestato e da otto anni maltrattato anche con mortificanti 1000 e passa controlli giudiziari (la sentenza di Roma ne è la prova) ha assunto toni parossistici e decisamente fuori dalla norma; anche perché nessuno deve mai dimenticare che Mons. Nunzio Scarano, pur se a processo, rappresenta ad un certo livello anche la Chiesa Cattolica Romana; e brutalizzare la sua storia di passione per Cristo assume il significato di un attacco ingiustificato nei confronti della stessa Chiesa. E questo mi sembra decisamente troppo.

Nell’udienza finale del 24 novembre prossimo scenderà in campo, ovvero nell’emiciclo dell’aula, il notissimo avvocato romano Riziero Angeletti (ottimo vaticanista) per la sua discussione finale che certamente sarà condotta in punta di diritto alla scoperta della vera identità sacerdotale di Mons.Scarano nell’ottica di quella verità che, anche se lentamente, sta venendo a galla.
 
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