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I Valdesi in crisi di fede e di vocazioni, "Troppo assorbiti dall'8 x 1000 dimentichiamo di evangelizzare"

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view post Posted on 3/9/2015, 05:39
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"Troppo assorbiti dall'8 x 1000 dimentichiamo di evangelizzare"



http://riforma.it/it/articolo/2015/08/31/una-chiesa-torpore


Una chiesa in torpore
Federica Tourn
31 agosto 2015 0 commenti
Non siamo più in grado di dire la fede? L'impegno sociale si esaurisce in se stesso senza mettere in luce l'amore per Dio? I pastori Paolo Ricca e Giorgio Tourn riflettono sui cambiamenti nella chiesa in una conversazione a due

Contribuzioni in calo, vocazioni che scarseggiano e una preoccupante diminuzione dei membri di chiesa: il Sinodo ha affrontato anche il problema di comunità che si spopolano lentamente, ponendosi la domanda su come reagire all'emorragia e – prima ancora – da che cosa è provocata. Si è parlato di incapacità a motivare l'impegno nel sociale e dell'urgenza di ridefinire il senso del discepolato nell'Italia di oggi. A Sinodo concluso, approfondiamo l'argomento in una conversazione con i pastori Paolo Ricca e Giorgio Tourn.

In assemblea c'è chi ha parlato di “depennare” dal registro dei membri di chiesa chi non dà la contribuzione. E' questa la strada?

Paolo Ricca – Depennare, cancellare: sono verbi che mi fanno inorridire se applicati a membri di chiesa, sia perché si depennano da sé, sia perché il comandamento evangelico è di cercare la pecora perduta. La devi cercare finché la trovi ma non sei tu che depenni.

Giorgio Tourn – Anche chi non viene in chiesa o non contribuisce è una delle tue pecore con cui hai un rapporto pastorale normale. E' un valdese che si tratta di riconquistare. Se si ammala non vai a trovarlo? Se ti vuole parlare non lo ascolti? Non puoi fare come è successo alle Valli, dove sono state mandate delle lettere col verbo cancellare. E' un abominio dal punto di vista spirituale ed ecclesiastico.

Pastore Ricca, lei ha parlato espressamente di “malattia della chiesa”. Che cosa intendeva?

Ricca – Io penso che la chiesa sia malata gravemente. Questa malattia io la constato nella disaffezione totale al culto. È rarissimo che io trovi una comunità che loda Dio e che è felice di essere lì, che vive con gioia il momento domenicale. C'è una grande carenza liturgica: il nostro culto è molto poco attraente, troppo monologico; sostanzialmente l'unico che parla è il pastore, la comunità al massimo canta. Poi dovremmo fare un discorso a parte su cosa si canta, perché le parole non sono quelle della fede di oggi, risalgono all'800 e a prima ancora; sono bellissime ma l'attualità della fede cristiana non si esprime più così. Certo, Forte rocca la canteremo anche in cielo ma è un'eccezione. C'è un problema di distacco tra come viviamo la fede e come viene cantata nei nostri innari. Da allora non abbiamo inventato altro.

Tourn – Tu ti illudi che ci sia la fede! Se non c'è una teologia non c'è un canto. Nell'800 avevano dei canti perché avevano una teologia.

Ricca – Siamo credenti o aspiranti tali con strumenti antiquati. Poi c'è il punto della predicazione. Non mi pare che il livello medio della nostra predicazione sia soddisfacente.

Tourn – La frequenza al culto è un problema. I vecchi una volta andavano in chiesa vestiti bene e poi dormivano durante il sermone: molto meglio così piuttosto che un giovane vivacissimo del giorno d'oggi che su internet si va a cercare un sermone di un bravo pastore. Perché nel primo caso quello che conta è che tu rompi la tua settimana e quella mattina non lavori. I non credenti lavoravano, mentre i credenti andavano in chiesa per un atto di fede. E' un gesto oggettivo, io sono lì per Lui. Che poi io dorma, che il sermone sia bello o no è secondario. Nell'altro caso è una fede di tipo soggettivo e autoreferenziale. Il dramma oggi è che questa gente è convinta che sia sufficiente l'autocoltivazione e l'autoconservazione di sé. Se tu hai un bravo pastore te lo vai a leggere e ti senti edificato e non vai in chiesa. Quella è la malattia, o una forma della malattia. Sulla forma del culto, poi, sono anni che ci interroghiamo: non sappiamo dire la fede per assenza di sensibilità teologica. Questa generazione non sa cosa crede, crede frammenti di fede.

Ricca – La nostra generazione non ha fatto niente di meglio, siamo noi che non abbiamo prodotto nulla.

Tourn – Infatti la colpa è nostra che non abbiamo saputo trasmettergliela. E' una carenza di formazione teologica. Dovremmo fare un serio bilancio di cosa è stato della nostra generazione figlia dei barthiani del dopoguerra. Non abbiamo saputo produrre una riflessione teologica abbastanza forte e chiara da agganciare le generazioni seguenti. Siamo stati ingannati dall'idea che la fede sia una presenza significativa nel secolare e questo ci ha condotti inevitabilmente a una presenza nel politico e a un impoverimento della spiritualità.

Ricca – C'è una scuola di pietà che non è stata insegnata perché probabilmente non è stata vissuta.

Tourn – Noi abbiamo investito nella testimonianza nel mondo, dove la fede in qualche modo trovava la sua espressione privilegiata. Penso alla battaglia del moderatore Bouchard sugli ospedali. Quel fronte di diaconia espresso in termini di polis era significativo dal punto di vista della fede, era così che la comunicavamo.

Ricca – E invece abbiamo perso gli ospedali...

Quindi non era vero, la fede non è stata espressa bene in quella stagione di diaconia e intervento nel mondo?

Tourn – Negli anni '60, '70 e '80 la società era strutturata sulla polis e quello era il linguaggio dell'epoca, in cui abbiamo tradotto il nostro messaggio di fede. Pensiamo a Cinisello, o a Riesi: il buon Dio giudicherà se quelli che erano su quel fronte hanno testimoniato o no, ma c'è da dire che la comunità che stava dietro di loro viveva quasi per delega.

Quindi chi è andato nel mondo ha perso il contatto con la chiesa dietro di sé? C'è stata una rottura?

Tourn – La mia generazione ha dato la sua testimonianza ma non ha formato chi è venuto dopo.

I progetti della Fcei come Mediterranean Hope e il lavoro sui migranti, in termini di testimonianza si possono considerare uno “stare sul fronte” come allora, o si tratta di altro?

Tourn – Quei progetti sono la traduzione in termini evangelici della politica di papa Bergoglio. Un fare la carità.

Ricca – Bisogna dire che senza Otto per mille non ci sarebbe Mediterranean Hope. Un conto sono le risorse della fede, un conto ciò che fai perché hai soldi che arrivano da fuori; quindi ti illudi anche su te stesso, ti autoinganni. Non si dice abbastanza che certe cose le facciamo grazie all'Otto per mille.

Tourn – Il merito della nostra chiesa è di farlo bene.

Ricca – Ma senza Otto per mille non lo faresti. Qual è l'equivoco sulla diaconia? La fede si esaurisce lì e non sei neanche in grado di motivare evangelicamente il discorso a partire dal tuo rapporto con Dio. Come ha detto il pastore Langeneck durante il culto: tutto il campo delle opere risponde all'amore del prossimo, ma dov'è l'amore per Dio? La malattia è che siamo tutti volti al sociale, cosa sacrosanta, ma nel sociale esauriamo il discorso cristiano, fuori da lì siamo muti.

Tourn – Ma la radice è una questione teologica. Il professore di Sistematica della Facoltà valdese scrive un bellissimo articolo su Riforma nella domenica della Facoltà su un'assassina americana condannata a morte che è stata graziata e che si è convertita grazie all'opera di un cappellano intelligente che l'ha condotta alla fede. Ti immagini un caso del genere cento anni fa? Che cosa si sarebbe detto? Che ha incontrato Gesù. Ti innamori di Gesù, non della teologia. Lei ha incontrato Cristo o Bonhoeffer? Il professore di Sistematica dice ”si è innamorata della teologia”: cioè non usa il termine Cristo. Il fatto che tu rimuova è il problema, per di più nella domenica della Facoltà! Se non riusciamo a formulare in termini comprensibili che è l'incontro con Cristo che determina la tua vita e che cosa vuol dire, siamo muti. I vecchi pastori più che convertire fornivano il linguaggio per dire la fede mentre oggi la chiesa non lo fa.

La chiesa ha perso il linguaggio o è tiepida nel comunicarlo?

Ricca – Se accettiamo che la fede, dove c'è, è per frammenti, allora non aspettiamo di avere una fede integrale ma diciamo questa fede qua. Quello che mi manca è l'espressione della frammentarietà e della problematicità della fede cristiana.

Tourn – Va bene che la fede sia un puzzle, ma Gesù alla fine ti chiede: questi pezzi li metti insieme o no?

Ricca – Ma tu ricordi sicuramente quel brano in cui Bonheffer parla di frammenti: alcuni devono essere buttati ma altri nella loro piccolezza racchiudono tutta la luce...

C'è speranza anche nel frammento, allora. Ma la chiesa come può uscire dalla crisi?

Ricca – Ne usciamo soltanto con una presa di coscienza. E' questo che mi manca nel Sinodo. La chiesa riconosca la sua situazione di malattia. Come dice il profeta Isaia: siamo in un torpore mandato da Dio.

Tourn – Ah, lo chiami in ballo!

Ricca – In tanti passi della Bibbia è Dio che ti mette in questa condizione perché tu prenda coscienza della tua miseria e lo invochi disperatamente. Calvino alla fine della lettera a Carlo V dice: “dobbiamo farci strada attraverso la disperazione”.

Tourn – Se è vero quello che dici, questo è l'Israele dell'epoca di Geremia.

Ricca – Io penso che sia un po' così.

Tourn – Probabilmente c'è un senso di timore, magari inconscio, nell'arrivare a questa consapevolezza. Avventurarsi nel campo della malattia è problematico. Ed è chiaro che la testimonianza dell'amore fraterno con la diaconia non porta automaticamente a conoscere Cristo.

Ricca – Nella storia di Israele, nei momenti drammatici con un sussulto della coscienza vediamo come siamo lontani dal Signore, e che onoriamo Dio con le labbra ma non con il cuore. Dobbiamo tornare a Dio come tema: Gianni Genre ha fatto un intervento in aula dicendo che Dio non conta per nessuno; ma se non lo nominiamo mai vuol dire che non è una realtà neanche per noi. Il nesso fra la nostra vita e Dio deve essere riformulato e non presupposto come viene fatto continuamente.

Tourn – La riflessione teologica sarebbe allora questa: quello che diamo come presupposto se non è ripensato e riespresso alla fine svanisce, è come un buon vino che alla fine svapora. Meno ne parli e più lo presupponi e meno hai i linguaggi per dirlo. Non c'è il silenzio di Dio ma il silenzio nostro su Dio.

Ricca – La malattia è seria ma io credo che la luce comincia quando ne prendi coscienza, come per le malattie del corpo, perché puoi provare a reagire.

Tourn – Non avvertendo la presenza del Signore, non rendendolo presente con la nostra riflessione, riducendo il nostro discorso alla gestione “terra terra” senza alzare mai gli occhi, è chiaro che non troveremo i termini per testimoniare.

Ricca – Si può anche notare che l'Otto per mille assorbe molte energie.

Tourn – E' una catastrofe, a livello della chiesa i fratelli non contribuiscono più perché l'Otto per mille risolve tutti i problemi e quando non ci saranno più contributi si finirà per pagare con questi fondi anche i pastori. Volete ridurre la chiesa a questo mercato? E' un atto tale di non fede!

Ricca – E' complicato. La scelta della nostra chiesa di non usufruire di questo Otto per mille per opere di culto è spiritualmente sana. Però quanto l'Otto per mille finanzia l'esistenza di aspetti crescenti della vita delle opere della chiesa pone un problema di vigilanza perché non possiamo più dire trionfalmente “non un soldo al culto”. Mi ha sempre impressionato quanto tempo e forze si dedicano all'Otto per mille; un enorme lavoro che conosco bene: se lo avessimo speso per evangelizzazione o altri obiettivi di carattere spirituale forse la vita della chiesa sarebbe migliore.

Tourn – Succhia molte energie anche a livello di pensiero, è costantemente presente, nel bene e nel male.

Ricca – Però come membro ormai decaduto della Commissione Otto per mille posso dire che è un bel lavoro, una bella impresa, vale la pena; nel senso che tante cose belle che non sarebbero state fatte da nessuno sono state possibili e questo va detto.

Foto P. Ciaberta
 
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http://ricerca.repubblica.it/repubblica/ar...niTorino01.html

Cattolici e valdesi uniti anche nella crisi di vocazioni
MARIO BERARDI
NON SOLO rose nel cammino "nuovo" tra cattolici e valdesi avviato a Torino nello storico incontro tra Papa Francesco e la Tavola guidata dal pastore Eugenio Bernardini. La crisi del "ministero pastorale" sta creando serie difficoltà alle due Chiese, con un percorso paradossalmente analogo, nonostante le diversità (i preti cattolici sono celibi, i pastori e le pastore possono sposarsi).
Nell'imminenza del sinodo valdese-metodista il Corpo pastorale (una settantina di persone) ha discusso per tre giorni della "seria" crisi delle vocazioni: lo scorso anno nessuna consacrazione di nuovi pastori, quest'anno una sola, la pastora metodista Eleonora Natoli (romana).
Sui fogli valdesi la crisi non è nascosta perché si parla apertamente di "corpo pastorale esiguo" mentre gli impegni crescono; fa da contrappeso il grande successo esterno dell'otto per mille, con 40 milioni di euro annui gestiti dalla "diaconia" per opere sociali e di misericordia cristiana.
Se i valdesi sono preoccupati, le sedici diocesi del Piemonte- Valle d'Aosta non vivono tempi migliori.
A PAGINA VI
22 agosto 2015 sez.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/ar...html?ref=search

Valdesi, 8 per mille in calo: "Ma è fisiologico"
IL SINODO:AUMENTANO I FONDI CHE SARANNO DESTINATI ALL'EMERGENZA MIGRANTI
ICONTRIBUENTI che scelgono le chiese valdesi e metodiste per l'8 per mille dell'Irpef sono diminuiti tra il 2011 e il 2012, cioé negli ultimi dati disponibili: da 612.000 a 604.000. E' un «assestamento fisiologico», sostiene Gianni Genre, membro della commissione dell'8 per mille che ieri è stata al centro del dibattito del Sinodo. «Siamo in una fase di consolidamento - ha aggiunto - che riguarda sia le procedure sia i numeri, che confermano comunque un numero di adesioni superiore di venti volte ai membri delle nostre chiese».
E ora si pensa anche a un aumento delle procedure per il controllo dei progetti in corso d'opera con i contributi fiscali. «Vogliamo avvalerci di esperti che possano valutare non solo l'andamento delle diverse iniziative ma anche il loro impatto sulle società e i territori a cui si rivolgono», ha spiegato Susanna Pietra, responsabile dell'Ufficio Otto per mille della Tavola valdese.
Tra le tipologie di progetti in aumento, figurano quelle sull'accoglienza ai migranti. Oltre al progetto Mediterranean Hope della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), che ha una dimensione nazionale ed internazionale, ce me sono di più piccoli e stanno aumentando le richieste di associazioni di migranti costituitesi in Italia per promuovere iniziative nei loro paesi d'origine. Le chiese metodiste e valdesi destinano il loro OPM esclusivamente a progetti assistenziali, culturali e sociali Anche il Cinquecentesimo anniversario dell'affissione sul portale della Schloßkirche di Wittenberg delle 95 tesi di Lutero contro le indulgenze, evento con cui si fa coincidere convenzionalmente l'inizio della Riforma protestante, che cadrà nel 2017, è stato discusso ieri. Una ricorrenza che metodisti e valdesi italiani, in base al principio protestante della continua riforma della chiesa, vogliono cogliere «come richiamo per la chiesa tutta alla continua riforma di se stessa per rispondere alle sempre mutate sfide del mondo moderno», come dice l'ordine del giorno approvato in aula. Il Cinquecentenario della Riforma sarà un'occasione per riflettere sui principi fondamentali della Riforma, ma soprattutto per mettersi in dialogo con tutte le chiese cristiane e aprire "un rinnovato dibattito teologico" nell'ecumene cristiana. Un messaggio che l'ordine del giorno del Sinodo descrive con le parole del teologo Paul Tillich: «La "buona notizia" della presenza di una nuova realtà che dà prima di domandare, che accetta prima di trasformare ».
(v.sch.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
IL MODERATORE
Eugenio Bernardini, sposato, tre figli, è il Moderatore della Tavola Valdese È stato Eletto nel 2012
 
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view post Posted on 11/6/2017, 16:43

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http://www.valdesi.eu/chiesa-valdese-e-met...ni-della-crisi/

Chiesa Valdese e Metodista: le origini della crisi


20 maggio 2017 08:12 Senza categoria 0
di Giuseppe Rai

Giuseppe Rai ha già scritto su questo sito, sia pure sotto pseudonimo. Lo ringraziamo per questo nuovo contributo, questa volta con il suo nome, che pubblichiamo in diverse parti, data la sua lunghezza.

Non ci sono più dubbi ormai, dentro la Chiesa lo ammettono da più parti; la Chiesa Valdese (Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi) è in crisi! Una crisi che coinvolge diversi aspetti della vita ecclesiale, dei quali quello numerico, con un progressivo ed inarrestabile calo dei membri, è soltanto il più evidente, la punta dell’iceberg di una crisi molto più vasta e profonda.

Fino a pochi anni fa, di fronte ad un progressivo declino dei numeri, la risposta che l’establishment si e ci dava, era soltanto quella di “ignorare il problema” o tuttalpiù di consolarsi con il fatto che anche le altre Chiese (storiche) soffrivano dello stesso fenomeno; adesso però i numeri, i maledetti numeri (membri di Chiesa e contribuzioni) costringono tutti, a cominciare dai Pastori e dal resto dell’establishment, ad affrontare il problema, senza più nascondere la testa sotto la sabbia.

Che cos’è che non va nella Chiesa Valdese? Qual è la causa del suo progressivo “svuotamento”?

Dare una risposta non è facile, o meglio lo è, però così facendo si corre il rischio di banalizzare. Se sottoponessimo tutta la questione ad un gruppo di fedeli di un’altra Chiesa Cristiana, tra quelle che invece di essere in crisi sono in espansione, e nel giro di pochi giorni ci direbbero subito quali sono le cose che non vanno da noi, facendo un semplice confronto con la loro realtà.

Senza scomodare questi fratelli però, possiamo anche noi fare un’analisi interna per cercare le radici dei mali che ci affliggono.

Il nostro “male” non è cosa recente, ma ha origini lontane, almeno mezzo secolo, se non oltre, e se oggi si è cronicizzato, è solo perché durante gli ultimi cinquant’anni non si è voluto trovare una cura adeguata (poi vedremo anche il perché).

Cominciamo dal cd “Patto d’integrazione” di cui si è recentemente ricordato il quarantennale; Valdesi e Metodisti nel 1975 hanno deciso di trovare una via comune di testimoniare l’Evangelo in Italia. Durante le celebrazioni dell’anniversario si è più volte sottolineato come questo Patto abbia funzionato bene e come le sue origini siano state dettate dai molti punti di comunione che già allora legavano le due Chiese, Valdesi e Metodiste.

Non c’è dubbio che, al di là delle differenze teologiche delle due confessioni, che non pregiudicavano una comune azione di testimonianza, a giocare a favore del Patto sono state, da un lato la convergenza su molti temi etico-sociali e dall’altro la necessità di ottimizzare le forze (esigue) nella testimonianza. Questa seconda motivazione, però, denotava già allora la consapevolezza da parte dell’establishment delle due Chiese, dello stato di difficoltà che entrambe stavano attraversando già da diverso tempo (calo di vocazione e difficoltà di evangelizzare in una società sempre più laica e secolare). Unire le forze è quindi sembrata la soluzione più ovvia, ma purtroppo anche quella più “a buon mercato”, e come si sa, le soluzioni a buon mercato, o in termini biblici, quelle dettate dall’umano discernimento, che però non tengono veramente conto dell’opinione di Dio, produco molto spesso dei risultati deludenti, se non addirittura controproducenti a lungo andare.

(prima parte – continua)

http://www.valdesi.eu/chiesa-valdese-e-met...senza-successo/
Chiesa Valdese e Metodista: le origini della crisi (2). Una unione senza successo


30 maggio 2017 22:50 Attualità, Chiesa e Politica, Fede Valdese 0
Proseguiamo la pubblicazione dell’articolo di Giuseppe Rai

Ricordiamo tutti la promessa fatta da Dio ad Abraamo, di fare di lui il padre di una discendenza così numerosa da non potersi contare. Però Abraamo, che era ormai vecchio e che col passare del tempo stava perdendo la fiducia nella promessa di Dio, pensò di dovere (o potere) lui fare qualcosa per salvare la situazione, così visto che sua moglie Sara era già avanti con gli anni e incapace di procreare, pensò di concepire un figlio con Agar, la sua giovane serva, e dopo un po’ ecco che nasce Ismaele, il figlio della carne. Dio però aveva ben altri progetti e dopo aver lasciato che Abraamo si rendesse conto del suo ingenuo errore o della sua mancanza di fede, ribadisce che il figlio della promessa doveva nascere da Sara, sua moglie, e non dalla serva. A tempo debito nacque Isacco, il figlio della promessa, anche se Ismaele rimase e Dio, per amore di Abraamo, riservò anche a lui un futuro.


Possibile ritratto di Claudio, vescovo di Torino (775?-840?) considerato dai valdesi, fino almeno al XIX secolo, parte della storia valdese. Di qui il nome dell’editrice valdese Claudiana

Quanto oltre mezzo secolo fa le due Chiese (Valdese e Metodista) cominciarono a rendersi conto che il loro futuro era incerto a causa del calo di vocazioni, sentivano di dover trovare una soluzione, ma quella che hanno poi trovato, il Patto d’Integrazione, era tutta umana, come quella di Abraamo con Agar, e il Patto che ne è nato ha generato Ismaele e non Isacco!

La Chiese Valdese e quella Metodista, pur condividendo alcuni aspetti, in altri sono molto diverse e sono proprio queste diversità che lungi dall’arricchire le due chiese, come sperato gli autori del Patto, hanno invece finito per contribuire a spegnere entrambe, condannandole ad una lenta e inesorabile agonia.

La Chiesa Valdese, la più antica Chiesa Evangelica, che ha aderito alla Riforma, ma che di fatto l’ha preceduta di tre secoli, è sempre stata una “Chiesa di popolo”; la potremmo definire un Israele in chiave Cristiano-protestante; perseguitata, peregrina tra Italia, Svizzera e Francia, ha la sua forza proprio nella sua identità di Popolo-Chiesa. L’evangelizzazione non è mai stata una delle sue principali vocazioni, anche se ci sono state conversioni nel corso dei secoli, i Valdesi erano assai più attenti a conservare la loro fede/identità di piccolo popolo eletto. Potremo dire che Valdesi si nasce… la sua teologia è quella Calvinista, e con questo abbiamo spiegato chi sono i Valdesi.

La Chiesa Metodista, nata nel settecento da una costola della Chiesa


John Wesley (1703-1791), fondatore della Chiesa Metodista, benché la sua intenzione fosse quella di dare nuovo vigore a quella anglicana

Anglicana, in Italia è arrivata come chiesa missionaria nell’ottocento; evangelizzare gli ultimi è stato da sempre la sua missione e la sua forza. Quella Metodista è una tipica chiesa del risveglio e anche la sua teologia originaria risente molto del percorso di santificazione individuale e della grazia, nel senso Arminiano del termine.

In sostanza la storia delle due chiese ha ben poco in comune, se non il fatto che entrambe in Italia sono state unite dal comune antipapismo di risorgimentale memoria, e da uno schieramento politico dei loro membri nelle correnti massoniche nell’anteguerra e nella sinistra italiana nel secondo dopoguerra.
 
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http://www.vocepinerolese.it/articoli/2017...eutanasia-12300

FOTO. Aperto il Sinodo delle chiese Valdesi e metodiste. Migrazioni, accoglienza e eutanasia
20/08/2017 19:28
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Migrazioni, accoglienza e eutanasia tra i temi in discussione.
Presenti anche mons. Debernardi e don Derio Olivero, prossimo vescovo della diocesi di Pinerolo

A Torre Pellice si è aperto oggi 20 Agosto alle 15,00 l’annuale Sinodo delle chiese metodiste e valdesi che proseguirà fino al 25 del mese. Inevitabilmente e felicemente inserito all’interno di un anno particolare, quello dei Cinquecento anni della Riforma protestante . 180 deputati , pastori e laici in numero uguale sono giunti nella “capitale delle Valli valdesi” del Piemonte per decidere della vita della chiesa e dedicare la loro attenzione a numerosi temi: dal Cinquecentenario della Riforma protestante alle migrazioni, l’accoglienza, l’integrazione; dal dialogo ecumenico all’impegno nella società a favore dei diseredati; dalle questioni eticamente sensibili come il fine vita, alle sfide della predicazione in un mondo sempre più violento, arrogante e chiuso alle diversità; dalle famiglie,rigorosamente al plurale, alle finanze. Verrà molto dibattuto anche il documento della Commissione bioetica, l’eutanasia e il suicidio assistito. Alle 15.30 si è tenuto il culto solenne nel tempio di via Beckwith, preceduto dalla cerimonia di apertura tenuta nella casa valdese alle ore 15,00 La predicazione è stata affidata al pastore Fulvio Ferrario, decano della Facoltà valdese di teologia di Roma. Nel corso del culto di apertura sono stati consacrati al ministero cinque pastori e pastore: Stanislao Calati, Noemi Falla, Stefano Giannatempo, Ilenya Goss e Francesco Marfè. I cinque aspiranti pastori, giovani e meno giovani hanno avuto percorsi diversissimi . il più “maturo” è già nonno, mentre c’è chi ha fatto anche il medico chirurgo e poi la docente universitaria prima di ricevere la chiamata “vissuta nella libertà” . Provengono sia dal Nord che dal Sud della penisola e hanno alle spalle storie di conversione, ricerca e viaggi, tutti uniti dall’amore per la chiesa, la parola e la condivisione. Numerosi ospiti come ogni anno sono giunti da diversi continenti. Tra gli altri ha annunciato la sua presenza il segretario generale della Conferenza delle chiese europee (KEK), Heikki Huttunen. Dall’Italia per la CEI erano presenti il vescovo di Lodi, mons.Maurizio Malvestiti, e don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio nazionale ecumenismo e dialogo interreligioso (UNEDI). Un sinodo dunque ricco più che mai di tematiche di attualità , dove la riflessione e il dialogo della comunità valdese è stato ,come sempre, intenso e proficuo.

Enrico Noello

Foto di Enrico Noello

http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/0...ese_-173780593/
Torino, l'ex seminarista: "Volevo essere prete, ho scelto di diventare pastore valdese"Torino, l'ex seminarista: "Volevo essere prete, ho scelto di diventare pastore valdese"
Francesco Marfè
Parla Francesco Marfè, appena consacrato al Sinodo di Torre Pellice: "Non mi ritrovavo nei precetti cattolici. Sono sposato da un anno, ma non ho cercato di convertire mia moglie: è lei che ha scoperto la fede"

di JACOPO RICCA
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24 agosto 2017
4
Da seminarista cattolico a pastore della chiesa metodista e valdese. Francesco Marfè, campano di 33 anni, domenica, all'apertura del Sinodo valdese a Torre Pellice, è stato consacrato al ministero assieme ad altri quattro nuovi pastori. Sposato da poco più di un anno, si è avvicinato alla fede valdese dopo essersi allontanato dal cattolicesimo: "Avevo appena 18 anni e dopo un anno e mezzo decisi di lasciare il seminario, fu un periodo di crisi e per un tempo abbastanza lungo feci tutt'altro" spiega Marfè.

Cosa la spinse a lasciare il seminario?
"Non riuscivo a ritrovarmi in quanto leggevo nelle scritture e quanto mi veniva insegnato in seminario. C'erano troppi precetti che non erano desumibili né dal Nuovo, né dall'Antico Testamento. La mia era una famiglia cattolica, ma un mio zio era diventato pentecostale e quando mi confrontavo con lui sui testi mi rendevo conto che spesso lui aveva posizioni teologiche più corrette delle mie. Tempo dopo ho scoperto la Riforma e Lutero sono diventato un componente della chiesa valdese di Napoli ".

Come prese tutto questo la sua famiglia?
"Loro non accettarono la mia scelta di entrare in seminario. Era una mia volontà da tempo, ma pensavano fossi troppo giovane. Solo con il tempo se ne sono fatti una ragione, hanno, invece accettato e condiviso il mio percorso tra i valdesi".

Ha pesato l'obbligo del celibato in questa sua scelta?
"Allora non pensavo minimamente a una famiglia, ciò che non riuscivo ad accettare era la sacralità del ministero sacerdotale, per come è pensata dal cattolicesimo. Di questa concezione il celibato, soprattutto l'obbligo imposto ai sacerdoti cattolici, è un cardine importante che per me non è comprensibile".

Se fosse presente anche per i pastori valdesi questa imposizione, avrebbe fatto questo percorso?
"Mia moglie è parte della mia vita, così come la fede e l'attività di pastore, ma con i se e con i ma non si può costruire la storia. La mia fede è questa per tutto quello che professa, non potrebbe essere diversa. Nemmeno in quell'aspetto".
Torino, l'ex seminarista: "Volevo essere prete, ho scelto di diventare pastore valdese"
Il Sinodo valdese
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Come ha preso sua moglie questo percorso?
"Io e Raffaella stiamo insieme da oltre dieci anni e quando ci siamo messi insieme non avevo ancora intrapreso questa esperienza. Io volevo che lei fosse parte di questo aspetto della mia vita, ma lei non credeva. Per lungo tempo ho cercato di avvicinarla alla fede, ma poi ho capito che mi stavo comportando nel modo opposto a quello che è l'atteggiamento corretto per un futuro pastore. La fede può essere solo testimoniata e non siamo noi a convincere perché è un'opera di Dio. Proprio quando ho smesso di insistere Raffaella fece un esperienza di Dio e accolse la fede. Ci siamo sposati un anno e mezzo fa".

Da ex seminarista come vive le aperture di papa Francesco ai protestanti?
"Mi sembra siano molto vicine all'idea ecumenica di "unità nella diversità" che i protestanti predicano da tempo. Non posso che apprezzarle".

Dove andrà adesso?
"Tornerò in Puglia e Basilicata dove dovrei continuare a occuparmi delle tre comunità che mi sono state affidate durante il mio tirocinio".
 
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www.radioradicale.it/scheda/550340/...aniela-di-carlo

29
AGO
2018
intervista
Sinodo valdese metodista 2018: interviste a Paolo Naso e a Daniela Di Carlo
INTERVISTA | di Emiliano Silvestri - Torre Pelice - 18:00 Durata: 13 min 32 sec
A cura di Enrica Izzo e Iva Radicev


La metodologia e i risultati della Ricerca Sociologica sulle Rispondenze e Statistiche Ecclesiastiche (RiSoRSE): 5.000 fedeli in meno in 30 anni (il 24% dell'intera chiesa).

Partecipazione media al culto domenicale 27%.

Una stabile decrescita cui fanno da contraltare le 600.000 sottoscrizioni per l'otto per mille.

L'importante crescita, dovuta a cause diverse, di evangelicali, pentecostali, ortodossi, buddisti e induisti.

Sulla situazione della chiesa di Milano, in controtendenza rispetto alla decrescita che colpisce le Chiese Evangeliche storiche.

Nuovi apporti contribuiscono al cambiamento della chiesa.

"Sinodo valdese metodista 2018: interviste a Paolo Naso e a Daniela Di Carlo" realizzata da Emiliano Silvestri con Paolo Naso (professore).

L'intervista è stata registrata mercoledì 29 agosto 2018 alle ore 18:00.

Nel corso dell'intervista sono stati discussi i seguenti temi: Buddismo, Cattolicesimo, Chiesa, Crisi, Cristianesimo, Demografia, Etica, Evangelici, Giovani, Induismo, Irpef, Islam, Italia, Milano, Omosessualita', Ortodossi, Psicologia, Religione, Ricerca, Secolarizzazione, Societa', Sociologia, Statistica, Storia, Teologia, Territorio, Valdesi.

La registrazione audio ha una durata di 13 minuti.
 
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