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Pedofilia. Cassazione condanna a 6 anni don Marco Ghilardi, "Violentata da 6 a 13 anni. Temevo di non essere creduta". Amica: "Mi confidò abusi da bimba"

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view post Posted on 28/2/2019, 12:20

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https://www.bergamonews.it/2019/02/28/mole...carcere/303258/

Molestò una bimba: ex curato di Serina condannato a 6 anni di carcere
Sentenza confermata in Cassazione. Gli abusi a scuola e in sagrestia quando la piccola aveva tra i 6 e i 10 anni

di Mauro Paloschi - 28 febbraio 2019 - 4:20 Commenta Stampa Invia notizia
Più informazioni suabusi sessualimolestò una bimbaprete condannato don marco ghilardi serina
prete
Ha molestato una bambina del paese. Per questo motivo mercoledì 27 febbraio la Corte di Cassazione di Roma ha confermato la condanna a sei anni nei confronti di don Marco Ghilardi, ex curato di Serina.

In primo grado, nel 2016, il sacerdote di 44 anni era stato assolto perché “il fatto non sussiste” dal collegio presieduto dal giudice Antonella Bertoja. Ma il sostituto procuratore della Repubblica di Bergamo Gianluigi Dettori, che aveva chiesto 12 anni di carcere, presentò ricorso in appello. In secondo grado la sentenza venne ribaltata e arrivò la condanna a sei anni, confermata poi in Cassazione dopo il ricorso questa volta da parte del religioso, che sperava in una nuova assoluzione.

Il caso era emerso dopo che la giovane, ora 23enne, nel 2013, pochi giorni dopo essere diventata maggiorenne, aveva trovato il coraggio di sporgere denuncia ai carabinieri di Serina. In lacrime aveva ricostruito gli abusi subiti quando aveva tra i 6 e i 10 anni da quell’uomo di cui si fidava, avvenuti nella scuola dove lui insegnava religione, nella sagrestia della parrocchia e tra le stanze dell’oratorio.

Oltre alla sua testimonianza, in aula erano state portate anche quelle dell’ex fidanzatino e delle amiche della ragazza, anche se nessuna era diretta. Un punto quest’ultimo che nel processo di primo grado aveva inciso nell’assoluzione. Ma prima la Corte d’Assise poi la Cassazione hanno dato ragione alla vittima.

Don Ghilardi, difeso dall’avvocato Roberto Bruni, si era sempre proclamato innocente: “Il racconto della ragazza è pieno di inverosimiglianze e discrasie – le parole del suo legale – . La denuncia anni dopo i fatti pesa perché i racconti non sono quelli di una bambina, situazione che sarebbe stata comunque delicata, ma di una bambina che è diventata nel frattempo adulta”. Il sacerdote è già rinchiuso nel carcere di via Gleno a Bergamo, dove dovrà restare per sei anni.
 
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view post Posted on 28/2/2019, 22:24

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Detenuto tra i violenti e i maniaci sessuali. La bimba aveva 6 anni quando iniziò a violentarla



https://bergamo.corriere.it/notizie/cronac...6eb3103e9.shtml

LA SENTENZA DEFINITIVA
Molestie, in carcere l’ex curato di Serina: dovrà scontare sei anni
La Cassazione ha confermato in verdetto dell’appello. In primo grado era stato assolto. Lui ha sempre negato, ma i giudici hanno creduto alla versione della ragazza che lo ha accusato
di Giuliana Ubbiali
Molestie, in carcere l’ex curato di Serina: dovrà scontare sei anni shadow
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Non ha aspettato che i carabinieri andassero a prenderlo. Sarebbe stato inevitabile, dopo che la sentenza è diventata definitiva. Don Marco Ghilardi, 43 anni, ha preferito presentarsi spontaneamente al carcere di Bergamo.

Nelle scorse settimane, è arrivato in via Gleno accompagnato dall’avvocato Roberto Bruni e alle sue spalle si sono chiusi i cancelli della sezione protetti, dove si trovano i detenuti per reati sessuali e violenti. Deve scontare sei anni di reclusione per le molestie, che lui ha sempre negato, a una ragazza di Serina, dove gestiva l’oratorio. Oggi la ragazza ha 23 anni, poco prima di compierne 18 denunciò di aver subito abusi dall’ex curato che nel frattempo aveva cambiato paese. Erano fatti risalenti a quando era una bambina. Dai sei ai tredici anni, raccontò ai carabinieri.

La sua credibilità è stata il nodo del dibattimento. Lo dimostrano le due sentenze opposte: assoluzione «perché il fatto non sussiste» in primo grado, a Bergamo, il 27 ottobre 2016, e condanna a sei anni in appello, a Brescia, il 21 febbraio 2018 (il pm Gianluigi Dettori aveva chiesto 12 anni e poi impugnato l’assoluzione). Il 25 gennaio, la Cassazione non ha ammesso il ricorso della difesa mettendo il sigillo dei tre gradi di giudizio sulla vicenda. «Leggeremo le motivazioni e vedremo se c’è qualche spiraglio», dice l’avvocato Bruni. Attraverso di lui, dopo l’assoluzione don Ghilardi aveva detto: «Sono felice che sia finito questo incubo durato anni e spero che lo sia definitivamente». Aveva preferito non essere in aula alla lettura della sentenza. «Se questa è giustizia, mi dispiace, ma io vado a testa alta», aveva invece reagito la ragazza. Secondo i giudici di Bergamo, una circostanza in particolare aveva minato la sua credibilità: confidò gli abusi alle amiche, ma non ne parlò mai con la psicologa dei servizi sociali che la seguiva. Non secondo i giudici di appello, è evidente dalla sentenza. Fu ancora la ragazza l’ago della bilancia. A Brescia, il processo si dilungò perché i giudici decisero di risentirla.

28 febbraio 2019 | 09:55
 
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view post Posted on 10/3/2019, 06:25

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Oltre metà della popolazione di Sorisole (BG) sostiene lo stupratore di una bimba di 6 anni condannato in Cassazione

Oltre metà della popolazione si raccoglie intorno allo stupratore di una bimba condannato in Cassazione

La vicenda per intero potete leggerla qui: https://laici.forumcommunity.net/?t=57041581




https://bergamo.corriere.it/notizie/cronac...ec3332214.shtml


IL CASO
Serina, prete condannato per molestie. Ma il paese è con lui: mille firme per don Marco |L’editoriale
Lettera in sostegno dell’ex curato condannato a 6 anni e ora in carcere per scontare la pena. Il sindaco: «D’accordo con la solidarietà umana, ma c’è una sentenza»
di Giuliana Ubbiali
L’oratorio di Serina L’oratorio di Serinashadow
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C’è la verità processuale su cui la giustizia ha messo il sigillo della Cassazione, condannando don Marco Ghilardi a sei anni di reclusione per le molestie su una ragazzina che oggi ha 23 anni. L’ex curato di Serina, 43 anni, è in carcere, per scontare la pena. Ma è una verità a cui mille persone su 2.073 abitanti, per ora, non credono. Hanno firmato una lettera per il sacerdote e che sta facendo il giro delle famiglie. Il punto di raccolta, all’inizio, era il benzinaio. Ma ora sono stati aggiunti l’edicola e un negozio. La lettera parla di «sgomento» dopo la sentenza. «Avendo vissuto a contatto con Te (così, in maiuscolo ndr) più anni e condiviso più iniziative a favore della Comunità di Serina vogliamo esprimere un atto di sostegno della Tua Persona. Sappiamo che tanti Ti sono vicino in forma epistolare e qualcuno viene a trovarti».

Chi scrive, vuole unirsi a loro, «in tanti, per dare ancora più forza al sentimento di impotenza e ingiustizia che proviamo. Sappiamo che anche in questa esperienza saprai vedere il bene e fare del bene, anche se è davvero un calice amaro. La sofferenza lascerà sicuramente un solco, ma vogliamo condividerla per alleggerire il tuo peso». Al processo, l’ex sindaco Giovanni Fattori è sempre stato presente, in disparte. «Ho firmato anche io. Questa iniziativa rispecchia il dolore nel cuore della gente di Serina». C’è una sentenza passata in giudicato, lo sa: «Si crede nella giustizia, ci mancherebbe, ma la verità processuale non collima con la convinzione di chi ha firmato». E c’è una ragazza del paese che i giudici di Bergamo non avevano ritenuto credibile ma che quelli bresciani hanno creduto. «Questa vicenda è un dramma comunque la si veda o si pensi», sempre Fattori. Il nuovo sindaco Giorgio Cavagna, come amministratore, vuole restarne fuori. A livello personale, tiene a distinguere tra appoggio umano e rispetto della sentenza. «Se nella lettera, che ancora non ho visto, si esprime solidarietà umana è un conto. Se una persona ha sbagliato, cosa che io non so ma c’è una sentenza, e soffre, avrà la mia comprensione umana. Ma diverso sarebbe prendere una posizione a fronte di una sentenza. Qui ci sono due persone che soffrono. La mia solidarietà va anche alla ragazza».


9 marzo 2019 | 09:57
 
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view post Posted on 11/3/2019, 17:14

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"Il processo è finito, lui è in carcere ma quella sotto accusa sono io"

https://bergamo.corriere.it/notizie/cronac...97826363a.shtml

LA RICHIESTA DI AIUTO
La ragazza di Serina scrive al Papa: «Ho denunciato il prete, è stato condannato, ma io resto sotto accusa»
Dopo il verdetto definitivo per don Marco Ghilardi, accusato di averla molestata quando era ancora minorenne, in paese è scattata una raccolta firme a sostegno del sacerdote. La ragazza racconta il suo disagio e la sua sofferenza
di Valentina Cavagna*

Ora ha 23 anni, ha deciso di metterci nome, cognome e volto. Valentina Cavagna chiede di voltare pagina. Indirettamente, al paese di Serina che ha raccolto mille firme a corredo di una lettera per don Marco Ghilardi, 44 anni, condannato in via definitiva a sei anni di carcere (dove si trova) per averla molestata da ragazzina (lui si è sempre proclamato innocente). Lo fa scrivendo una lettera a Papa Francesco, attraverso il Corriere della Sera.

Caro Papa Francesco,

sono Valentina e vorrei raccontare la mia storia. Quando ero bambina, un prete del mio paese, don Marco Ghilardi, ha abusato di me. Era anche il mio maestro di religione alle elementari. Purtroppo, ho aspettato molti anni per denunciare, perché avevo paura di non essere creduta, anche perché questo prete era molto attaccato alla mia famiglia. Infatti, veniva anche a mangiare da noi. In cuor mio, però, mi sono sempre detta che, compiuti i 18 anni, l’avrei denunciato. Così ho fatto, il primo luglio 2013. Il paese non era dalla mia parte. Al primo processo, lui è stato assolto, mentre negli altri due i giudici mi hanno creduto. A ogni udienza c’era sempre qualcuno per lui, anche l’ex sindaco. Sono comunque fiera di me stessa, perché non ho mai mollato. Sono sempre stata una contro tutti e, finalmente, a gennaio di quest’anno si è concluso tutto. O, almeno, così pensavo. Invece, il 28 febbraio è uscito l’articolo in cui si scriveva che il sacerdote era in carcere. Il primo marzo, mi sono trovata nella bacheca sotto casa un foglio con la raccolta delle firme per mandargli una lettera.

Quando l’ho visto mi sono arrabbiata, molto. Ognuno può avere il pensiero che vuole, non pretendo che, nemmeno dopo la sentenza, il paese sia dalla mia parte. Vorrei, però, che chi vuole sostenere il sacerdote lo facesse privatamente, non diffondendo quel foglio ovunque. Sono anche io una persona di Serina e continuo a viverci. Una persona, sotto casa, mi ha detto che dovrei abbassare la testa per quello che ho fatto. Anche la mia famiglia si ritrova spesso a dover rispondere di questa storia. A discuterne. Chi mi incontra, mi saluta a fatica. Non chiedo che vengano ad abbracciarmi. Ma nessuno, mai, mi ha chiesto una volta come sto. Ho momenti in cui esplodo e piango. Si ripete sempre di denunciare, ma se poi una ragazza si trova in questa situazione come può avere il coraggio di farlo? Il processo è finito, i giudici hanno deciso. Ma quella sotto processo sono io e non vedo una via d’uscita. Per questo motivo le scrivo. Lo faccio attraverso il giornale perché si è diffusa la notizia della raccolta firme. Non ho mai cercato pubblicità, anzi. Vorrei incontrarla per sentirmi compresa da lei. Per me sarebbe un modo per andare avanti. Per me e per la mia famiglia. Penso che anche a Serina cambierebbe qualcosa. Mi creda, non sono felice perché un prete è in carcere, anche se penso che sia giusto, dopo anni da quello che è successo. Non mi consola nemmeno, tanto la ferita mi rimarrà. Però se avesse ammesso, qualcosa sarebbe cambiato. Almeno l’atteggiamento della gente.


www.ilsole24ore.com/art/resta-carc...ta-pena-AEqp8E7

Cassazione

Resta in carcere il prete condannato per pedofilia che non accetta la pena
Non può essere affidato a una struttura per il recupero dei sacerdoti l’ex parroco che non inizia un percorso di revisione e anzi si atteggia a vittima
di Patrizia Maciocchi

11 gennaio 2022

I punti chiave
La mancata revisione del passato deviante

Non può essere trasferito a una struttura che si occupa del recupero dei sacerdoti l’ex parroco, condannato per abusi sessuali su una minore, che non rivede il suo passato deviante e non accetta la sentenza e la pena. Al contrario assume un atteggiamento vittimistico e negatorio, una posizione che continua a ricevere il conforto «dei familiari e dell’ambiente ecclesiastico».

La Cassazione (sentenza 196) ha così respinto la richiesta dell’ex parroco di un paesino lombardo, condannato in via definitiva per gli abusi commessi ai danni di una bambina che frequentava la parrocchia, da quando questa aveva sei anni fino ai 10. Ma la denuncia era arrivata solo dopo la maggiore età della vittima e non era stata ben accolta da alcuni paesani, che avevano anche raccolto delle firme a sostegno del parroco. Questo, mentre la ragazza aveva scritto a Papa Francesco per comunicare la sua sensazione di isolamento e di amarezza.

La mancata revisione del passato deviante
Oggi la Suprema corte nega al prete la possibilità di uscire dal carcere per finire di scontare la sua pena in una struttura dedicata al recupero dei religiosi che hanno commesso reati sessuali. E lo fa perché il detenuto non ha mai iniziato un percorso di revisione critica del suo passato e non accetta né la condanna né la pena. Senza successo, la difesa dell’imputato nega che la condizione posta dai giudici sia prevista dalla legge, perché il condannato ha diritto di dichiararsi innocente o vittima di un errore giudiziario anche durante la carcerazione. La Cassazione chiarisce però che il problema non è il mancato riconoscimento della responsabilità da parte del condannato ma l’osservazione della sua personalità.

I giudici di legittimità aderiscono alla conclusione del Tribunale di sorveglianza che «ha considerato l’atteggiamento negatorio e vittimistico, di cui dà conto la relazione di sintesi anche per sottolineare il conforto che tale posizione continua a ricevere dai familiari e dall’ambiente ecclesiastico, un indice sintomatico del mancato inizio del processo di rivisitazione del passato deviante, che richiede necessariamente, a prescindere dall’ammissione degli addebiti, l’accettazione della sentenza e della pena». Un passo importante verso il reinserimento sociale. Che, volendo, sarebbe anche in linea con l’insegnamento cattolico - ancora prima che con il principio giuridico - dell’accettazione delle pene terrene.

Edited by pincopallino1 - 11/1/2022, 21:32
 
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view post Posted on 11/1/2022, 18:55

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Cassazione: niente affidamento ai servizi sociali se riceve il sostegno dall'ambiente ecclesiastico

0004F7E6-prete-sorpreso-in-auto-con-bimba-10-anni-ha-rischiato-il-linciaggio-prima-dell-arresto

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Resta in carcere il prete condannato per pedofilia che non accetta la pena
Non può essere affidato a una struttura per il recupero dei sacerdoti l’ex parroco che non inizia un percorso di revisione e anzi si atteggia a vittima
di Patrizia Maciocchi

11 gennaio 2022

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La mancata revisione del passato deviante

Non può essere trasferito a una struttura che si occupa del recupero dei sacerdoti l’ex parroco, condannato per abusi sessuali su una minore, che non rivede il suo passato deviante e non accetta la sentenza e la pena. Al contrario assume un atteggiamento vittimistico e negatorio, una posizione che continua a ricevere il conforto «dei familiari e dell’ambiente ecclesiastico».

La Cassazione (sentenza 196) ha così respinto la richiesta dell’ex parroco di un paesino lombardo, condannato in via definitiva per gli abusi commessi ai danni di una bambina che frequentava la parrocchia, da quando questa aveva sei anni fino ai 10. Ma la denuncia era arrivata solo dopo la maggiore età della vittima e non era stata ben accolta da alcuni paesani, che avevano anche raccolto delle firme a sostegno del parroco. Questo, mentre la ragazza aveva scritto a Papa Francesco per comunicare la sua sensazione di isolamento e di amarezza.

La mancata revisione del passato deviante
Oggi la Suprema corte nega al prete la possibilità di uscire dal carcere per finire di scontare la sua pena in una struttura dedicata al recupero dei religiosi che hanno commesso reati sessuali. E lo fa perché il detenuto non ha mai iniziato un percorso di revisione critica del suo passato e non accetta né la condanna né la pena. Senza successo, la difesa dell’imputato nega che la condizione posta dai giudici sia prevista dalla legge, perché il condannato ha diritto di dichiararsi innocente o vittima di un errore giudiziario anche durante la carcerazione. La Cassazione chiarisce però che il problema non è il mancato riconoscimento della responsabilità da parte del condannato ma l’osservazione della sua personalità.

I giudici di legittimità aderiscono alla conclusione del Tribunale di sorveglianza che «ha considerato l’atteggiamento negatorio e vittimistico, di cui dà conto la relazione di sintesi anche per sottolineare il conforto che tale posizione continua a ricevere dai familiari e dall’ambiente ecclesiastico, un indice sintomatico del mancato inizio del processo di rivisitazione del passato deviante, che richiede necessariamente, a prescindere dall’ammissione degli addebiti, l’accettazione della sentenza e della pena». Un passo importante verso il reinserimento sociale. Che, volendo, sarebbe anche in linea con l’insegnamento cattolico - ancora prima che con il principio giuridico - dell’accettazione delle pene terrene.

Edited by pincopallino1 - 11/1/2022, 21:30
 
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