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Ilaria Alpi. Sisde: prete italiano tra i mandanti, Don Elio Sommavilla accusato da parte dei Servizi. Ma il SISMI bloccò tutto

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view post Posted on 24/5/2014, 09:27
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Don Elio Sommavilla accusato da parte dei Servizi. Ma il SISMI bloccò tutto

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www.lastampa.it/2014/05/23/italia/c...VUJ/pagina.html

CRONACHE
23/05/2014
Ilaria Alpi, i Servizi indicarono
subito la pista del traffico d’armi
Nei documenti desecretati anche l’ipotesi che il mandante dell’omicidio
potesse essere il “signore della guerra” e generale somalo Aidid

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Traffico d’armi. L’indiziato numero uno della ragione della morte di Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin - uccisi a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 - fa capolino fin da subito, meno di due mesi dopo l’esecuzione dei due giornalisti. A mettere l’ipotesi nero su bianco è il Sisde, il servizio segreto interno. Che in un’informativa riservata del maggio 1994 suggerisce anche i nomi di quattro possibili mandanti. Tutti somali. Non solo. Le fonti del Sisde puntano subito il dito contro la cooperativa italo-somala Somalfish, sui cui pescherecci sarebbero transitate le armi.

In quell’informativa - trasmessa pochi mesi dopo, tra gli altri, al ministero dell’Interno e alla Procura di Roma - si delinea subito il possibile filo d’Arianna che attraversa la vicenda Alpi-Hrovatin e la fitta coltre di misteri che da 20 anni la circonda. In particolare, il Sisde indica, sulla base di non meglio precisate «fonti fiduciarie», quattro somali come «probabili mandanti» dell’omicidio: il colonnello Mohamed Sheikh Osman (trafficante d’armi del clan Murasade), Said Omar Mugne (amministratore della Somalfish), Mohamed Ali Abukar e Mohmaed Samatar. Fatale, per i due reporter, sarebbe stato il viaggio al porto di Bossaso, dove sarebbero saliti a bordo della motonave «21 ottobre», vascello della Somalfish, e avrebbero documentato una partita d’armi marchiata CCCP.

Ma non è tutto. Tra gli incartamenti desecretati c’è anche la nota del Sisde, sempre del 1994 e la cui esistenza è già emersa nel corso dei processi, in cui si indicavano come «mandanti o mediatori tra mandanti ed esecutori del duplice omicidio», il faccendiere Giancarlo Marocchino ed Ennio Sommavilla, un altro connazionale ben introdotto in Somalia. L’informativa, però, all’epoca viene girata al Sismi (e solo al Sismi), il servizio segreto esterno. Come si evince da un memorandum compilato dal Sisde nel 2002 per il Copaco, il Sismi di fatto stoppa i cugini smentendo la veridicità delle affermazioni. E qui il filo rosso s’interrompe. Fino al novembre del 1997 quando, attraverso il Cesis, la nota viene finalmente inoltrata alla procura di Torre Annunziata, nell’ambito del processo penale «Cheque to Cheque».

Poco prima, a fine ’96, spunta un’ altra informativa, stavolta del Sismi, nella quale si sottolinea che, secondo ambienti dell’Olp, il mandante dell’omicidio di Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin sarebbe stato il generale Aidid, signore della guerra somalo, utilizzatore finale del traffico d’armi, poi “stornato” in Yemen per i reduci afghani. Marocchino sarebbe stato implicato nel traffico, usando per lo scopo alcune navi della cooperazione Italia-Somalia. Nel memorandum del 2002 compilato dal Sisde si mettono diversi puntini sulle “i”: è una sorta di “bigino” del caso Alpi-Hrovatin. Innanzitutto ci si sofferma sul ruolo di Mugne, l’amministratore della Somalfish. Già uomo forte di Barre in Italia, dove studia e quindi prende casa, a Bologna, è di fatto il dominus che gestisce il traffico d’armi verso la Somalia attraverso i pescherecci della società. I servizi lo segnalano come parte attiva in un traffico di artiglieria leggera e kalashnikov verso il suo paese natale nel dicembre del 1994. Abbandonata la Somalia, Mugne si è poi trasferito in Yemen, dove avrebbe continuato (stando alle carte) ad esercitare la professione di trafficante, qui legato a doppio filo con Osama bin Laden. Ascoltato dai magistrati che hanno indagato sul caso, ha sempre negato ogni coinvolgimento.

Nel rapporto torna poi la figura di Marocchino, legato per via della moglie somala al presidente ad interim Ali Mahdi e primo ad essere intervenuto sul luogo dell’omicidio. Quel che se ne ricava è la figura di un avventuriero con le mani in pasta ovunque, in buoni rapporti con le diverse fazioni in guerra in Somalia e punto di riferimento per i contingenti militari dell’operazione Restore Hope dell’Onu. Tanto che nel 1993, recita il memorandum sulla base di informazioni del Sismi, «in un contesto di collaborazione internazionale, all’interno del compound di proprietà di Marocchino a Mogadiscio, sarebbe stato individuato un container carico di armi e munizioni». Se, però, il servizio di intelligence esterno smentisce un suo ruolo diretto nell’affaire Alpi-Hrovatin, non ne esclude uno «indiretto». Ovvero «la complicità da parte del capo della sicurezza di Marocchino agli esecutori del duplice omicidio, all’insaputa dello stesso Marocchino». Informativa che viene trasmessa agli organi inquirenti il 29 dicembre del 1994. Marocchino ha sempre negato ogni addebito e i processi che si sono svolti non lo hanno toccato ed anzi è stato parte offesa per calunnia.


www.camera.it/_dati/leg14/lavori/st...5/0518/s040.htm

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Seduta del 18/5/2005

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...
Esame testimoniale di Elio Sommavilla.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di padre Elio Sommavilla, che è qui ascoltato nelle forme della testimonianza e quindi con l'obbligo di dire la verità e di rispondere alle domande del presidente e dei commissari. Le ricordo, padre, che è aperto il circuito stampa per cui, qualora lei ritenga opportuno segretare le sue dichiarazioni, basterà che ci avverta e ci comporteremo di conseguenza. Lo stesso dicasi qualora dovessimo farle delle domande che si ritenga di segretare.
Può declinare le sue generalità?

ELIO SOMMAVILLA. Mi chiamo Elio Sommavilla e sono nato l'11 aprile 1927 a Moena, in provincia di Trento.

PRESIDENTE. Dove è residente, attualmente?

ELIO SOMMAVILLA. A Trento città.

PRESIDENTE. E dove è domiciliato?

ELIO SOMMAVILLA. A Trento. Appartengo all'AIRE, in quanto residente all'estero.

PRESIDENTE. Quindi, giuridicamente la sua residenza dovrebbe essere Roma.

ELIO SOMMAVILLA. No, credo che sia ancora a Trento.

PRESIDENTE. Dove vive, attualmente?

ELIO SOMMAVILLA. Vivo prevalentemente in Somalia, da parecchi anni; più precisamente, tra la Somalia e Nairobi; sto a Nairobi per brevi periodi, per riunioni o incontri.

PRESIDENTE. Dove vive, in Somalia?

ELIO SOMMAVILLA. Esattamente a Merca.

PRESIDENTE. Lei è sacerdote, esatto?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, sono sacerdote.

PRESIDENTE. E di cosa si occupa?

ELIO SOMMAVILLA. Sono responsabile dei programmi di un'organizzazione,

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di una ONLUS che si chiama «Acqua per la vita» o «Water for life»; gestisco i programmi.

PRESIDENTE. Da quanto tempo frequenta la Somalia?

ELIO SOMMAVILLA. Sono stato in Somalia la prima volta nel 1976, come docente all'università. Insegnavo geologia all'università di Ferrara ed ho fatto parte del gruppo di insegnanti che sono scesi a Mogadiscio. Quindi, sono stato in Somalia nel 1976, la prima volta, per insegnare geologia all'università...

PRESIDENTE. Dove?

ELIO SOMMAVILLA. A Mogadiscio. L'università era praticamente gestita da professori italiani e sono stato in Somalia per quattro semestri, allora.

PRESIDENTE. E poi ci è rimasto, esatto?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, sono rimasto per programmi umanitari, per l'emergenza acqua e poi, dal 1991, per grossi programmi di assistenza agli orfani della guerra civile; i nostri programmi riguardano il ripristino dell'agricoltura e l'irrigazione, nonché l'assistenza, in questo momento, a circa milleduecento orfani.

PRESIDENTE. Dividiamo il periodo tra prima e dopo la caduta di Siad Barre. Prima della caduta di Siad Barre lei stava già a Merca?

ELIO SOMMAVILLA. No. Prima - per quattro semestri - sono stato a Mogadiscio e poi, in pratica, in buona parte della Somalia per ricerche d'acqua e interventi in merito a tale problematica.

PRESIDENTE. Avevate un'organizzazione?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, abbiamo formato un organismo denominato, appunto, «Acqua per la vita».

PRESIDENTE. Quando lo avete fondato?

ELIO SOMMAVILLA. Nel 1987, prima della caduta di Siad Barre. Dalla caduta di Siad Barre - cioè, dal 1991 - per due anni sono stato prevalentemente a Mogadiscio (tra Mogadiscio e Merca) e, verso la fine del 1992, a Merca, definitivamente.

PRESIDENTE. Che iniziative, in particolare, avete portato avanti con la vostra organizzazione?

ELIO SOMMAVILLA. Ricerche d'acqua, ricerche idrogeologiche per pozzi e, dal 1991, quasi in prevalenza programmi per l'irrigazione, in quanto vi era un bisogno urgente di riattivare l'agricoltura.
Poi, mentre stavamo cercando di riattivare l'agricoltura, programmando interventi idrici e di irrigazione, c'è stata la tragedia della morte per fame di molte centinaia di migliaia di persone e ci siamo trovati a raccogliere i bambini abbandonati o orfani.

PRESIDENTE. In che periodo?

ELIO SOMMAVILLA. Nel 1992, prevalentemente: è stato l'anno più difficile per la Somalia.

PRESIDENTE. Lei stava sempre a Merca, in quel periodo?

ELIO SOMMAVILLA. Tra Motadiscio e Merca nel 1991 e 1992, sempre a Merca dal 1993. E da allora li abbiamo assistiti e li stiamo assistendo ancora.

PRESIDENTE. Li ha assistiti la sua organizzazione?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, li stiamo assistendo ancora. Oggi, quelli di allora sono diventati grandi...

PRESIDENTE. Ma ce ne sono molti altri.

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ELIO SOMMAVILLA. Ne abbiamo raccolti non molti, dopo, perché per fortuna la tragedia del 1992-1993 è terminata; allora ne abbiamo raccolti 823, esattamente. Adesso sono milleduecento e li stiamo assistendo: li abbiamo portati tutti a fare la scuola primaria e in parte la scuola secondaria, prevalentemente in agricoltura. Abbiamo una scuola superiore in agricoltura ed abbiamo esteso il progetto educazione a tutti i villaggi del distretto di Merca (sono 32 in questo momento, con quasi settemila bambini che vanno a scuola). Questa è la nostra attività principale, in questo momento, insieme all'assistenza e all'avvio al lavoro degli orfani.

PRESIDENTE. Noi la ringraziamo, per quel poco che può valere, dalla nostra posizione istituzionale, per quello che fa e per il nome dell'Italia che in questo modo certamente si nobilita.
Essendo lei un testimone forte del disagio di quegli anni, io vorrei che mi aiutasse a capire che situazione c'era. Lei ha detto che, dopo il 1991, sostanzialmente si è diviso tra Merca e Mogadiscio - un periodo a Mogadiscio e poi a Merca -: che situazione c'era in Somalia e, in particolare, se fosse possibile focalizzare l'attenzione su questo, a Mogadiscio, dal punto di vista economico, sociale e, soprattutto, istituzionale?

ELIO SOMMAVILLA. Dal punto di vista istituzionale si può definire con una parola sola: anarchia totale. Era completamente caduto sia il governo centrale di Mogadiscio, sia, diciamo, i governi locali, le amministrazioni locali. Già alla fine del 1992 la Somalia è finita in mano a bande armate, a gruppi armati, i signori della guerra che tutti sappiamo.

PRESIDENTE. Questo a Mogadiscio.

ELIO SOMMAVILLA. Tutta la Somalia, esclusa quella del nord-ovest, cioè l'ex colonia inglese, che si era separata.

PRESIDENTE. Che significava, padre, questo essere in mano ai signori della guerra, alle bande armate? Per esempio per Mogadiscio - se è possibile che lei faccia una fotografia di quella che era la situazione - che significava essere nelle mani delle bande armate? E poi: fino a quando prosegue questo tipo di anarchia, come lei l'ha qualificata? Lei sa che noi ci interessiamo di una vicenda che si colloca a marzo del 1994: qual era il contesto istituzionale e sociale di quel torno di tempo?

ELIO SOMMAVILLA. Diciamo che nel 1991-92 la Somalia o, meglio, Mogadiscio si è divisa prevalentemente in due fazioni, Mogadiscio nord e Mogadiscio sud, anche con un minimo tentativo di regolarità: è stato nominato un presidente, un altro presidente, poi i due gruppi si sono scontrati e c'è stata una lunga battaglia, soprattutto nel '92. Alla fine del 1992 è arrivata l'Unosom.

PRESIDENTE. Quali sono questi due gruppi che si sono contrastati?

ELIO SOMMAVILLA. A Mogadiscio nord prevalentemente una tribù che si chiama Abgal e a Mogadiscio sud prevalentemente un'altra tribù che si chiama Habar Gidir, con piccole altre tribù collegate con l'una o con l'altra.

PRESIDENTE. Rispetto a questo due grandi partizioni che lei ha fatto, i personaggi che più sovente ricorrono nella nostra indagine, Aidid e Ali Mahdi, che cosa rappresentano?

ELIO SOMMAVILLA. Ali Mahdi è stato «eletto» - lo dico molto fra virgolette - dal gruppo di Mogadiscio nord e Aidid dal gruppo di Mogadiscio sud. In realtà, Aidid già nel 1991 era stato eletto da un partito che riuniva un po' tutte le tribù di Mogadiscio e per un po' sembrava che le cose andassero avanti abbastanza bene; invece, in breve tempo...

PRESIDENTE. Ma erano dei capi forti?

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ELIO SOMMAVILLA. Aidid era un capo molto forte, era un militare. Molto forte, direi.

PRESIDENTE. Ali Mahdi era meno forte?

ELIO SOMMAVILLA. Ali Mahdi era un civile, non era un militare, però anche la sua tribù si è armata fortemente.

PRESIDENTE. Quando parliamo di Aidid e di Ali Mahdi, da una parte e dall'altra, significa anche che questi personaggi erano egemoni rispetto ai vari clan che stavano a Mogadiscio nord e a Mogadiscio sud, oppure ciascuno dei clan aveva la sua specifica forza e non rispondeva né ad Aidid né ad Ali Mahdi?

ELIO SOMMAVILLA. Direi che nel 1991-92 i due gruppi erano abbastanza omogenei. Successivamente, un po' durante l'Unosom e soprattutto dopo, si sono tutti e due suddivisi in gruppi minori.

PRESIDENTE. «Durante l'Unosom» che significa?

ELIO SOMMAVILLA. Diciamo dalla fine del 1992 al 1994, inizio 1995.

PRESIDENTE. In questo periodo i due sono meno forti o meno incisivi, cioè i sotto clan riprendono fiato?

ELIO SOMMAVILLA. Forse no; direi che per tutto il periodo dell'Unosom le due coalizioni hanno resistito. È alla fine, dopo l'abbandono dell'Unosom che si sono smembrate.

PRESIDENTE. Lo scontro fra i due quando avviene?

ELIO SOMMAVILLA. Lo scontro principale avviene nel '92.

PRESIDENTE. Chi vince in questo scontro?

ELIO SOMMAVILLA. Nessuno. Come in tutte queste cose, tutti perdono.

PRESIDENTE. E per effetto dello scontro che succede?

ELIO SOMMAVILLA. Ci sono stati parecchi morti.

PRESIDENTE. Ma rimane invariata la spartizione del territorio, all'esito dello scontro?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, direi di sì. C'è la famosa Linea verde, che è durata per moltissimo tempo, anche successivamente.

PRESIDENTE. Adesso le chiedo un ulteriore sforzo di concentrazione su Mogadiscio nord, possibilmente con l'attenzione rivolta al 1994, anche se mi rendo conto che questo può non essere possibile e, quindi, che ci si possa allargare nella esposizione. Che cosa succedeva materialmente, dal punto di vista del controllo del territorio, in questo periodo in cui possiamo dire che Mogadiscio nord facesse capo ad Ali Mahdi, tanto per intenderci (anche se l'affermazione è un po' semplificatoria, Ali Mahdi rappresentava un momento di vertice)? Dal punto di vista dell'ordine pubblico, della sicurezza sociale, dei rapporti fra i sotto clan, che comunque rimanevano ben vitali, avevano una loro consistenza concreta, che succedeva?

ELIO SOMMAVILLA. Direi che i militari dell'Unosom, in particolare in Mogadiscio nord, hanno avuto una certa tranquillità di movimento (erano prevalentemente italiani). All'inizio - io so soltanto del 1992, perché dopo il 1992 ho poche notizie di Mogadiscio, in quanto sono rimasto sempre a Merca e ho frequentato Mogadiscio pochissimo, solo per visite molto brevi -, nei primi tempi, per lo meno nel '93, ci sono stati buoni rapporti tra l'esercito italiano e Mogadiscio nord, in prevalenza, e anche parte di Mogadiscio sud. È stato verso il 1994 che si è creata una situazione moto tesa, soprattutto tra il

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contingente americano, o il comando generale americano, e le forze armate ancora esistenti. Insomma, il disarmo non c'è stato, l'impegno di disarmare le fazioni non è stato portato a termine dall'Unosom e sono nate delle forti tensioni, che sono finite con l'abbandono della Somalia da parte delle forze armate.

PRESIDENTE. Noi abbiamo più volte sentito evocare dai personaggi che abbiamo ascoltato - soprattutto italiani che sono stati a Mogadiscio nord, personale del contingente italiano che proprio il 20 marzo 1994, quando vengono uccisi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, se ne stava andando e via dicendo - una situazione (per Mogadiscio nord, ma anche per Mogadiscio sud) di grande frammentazione, di grande disordine pubblico, di grande pericolo per l'incolumità personale, a cagione della presenza di squadre che scorrazzavano per i territori. Tra le altre cose, la vicenda di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin troverebbe in questo contesto un inizio di spiegazione. Qual era la situazione? È vero quello che ci è stato raccontato, che il territorio era così dilaniato dalla presenza di squadre banditesche? È vero che c'erano queste situazioni aggressive nei confronti della gente? È vero che c'era questo grande disordine sociale?

ELIO SOMMAVILLA. Io direi di no. Cioè, all'inizio i contingenti militari sono stati accolti molto bene dalla popolazione e relativamente anche dai signori della guerra, che, forse, in quel momento non potevano essere già chiamati in questo modo, cioè da Ali Mahdi e anche da Aidid, con una certa riserva da parte di quest'ultimo. Per quanto io so di Mogadiscio del 1993, le poche volte che mi sono mosso in Mogadiscio, all'inizio anche abbastanza vicino all'esercito italiano, che aveva chiesto a noi di precederlo con degli aiuti umanitari, direi che la situazione era controllata abbastanza bene dai nostri militari, senza reazioni o opposizioni. Certo, si muovevano armati, anche i nostri movimenti erano più o meno scortati dai militari, però grandi guai, per lo meno nel 1993, direi che non ci sono stati.

PRESIDENTE. Dopo?

ELIO SOMMAVILLA. Nel 1994 la situazione è peggiorata parecchio, sì.

PRESIDENTE. A cagione?

ELIO SOMMAVILLA. La ragione principale, per conto mio, è dovuta ad un grosso sbaglio degli americani: ad un certo punto, non loro direttamente, ma un contingente marocchino, mi pare, è entrato con le armi ed ha praticamente distrutto la radio somala, che era gestita da Aidid. Perché? Perché metteva dei punti sulle «i», perché criticava alcune cose, e credo anche non in modo del tutto sbagliato - su alcune critiche io ero anche d'accordo - e questo ha provocato una reazione fortissima nella gente. Ma non era qualcosa dovuto a smembramenti di bande armate. Era praticamente tutta, o buona parte della fazione prevalente a Mogadiscio sud, cioè Aidid, che si è arrabbiata moltissimo per questo intervento. Le reazioni da parte degli americani, poi, sono state molto forti: hanno colpito con degli elicotteri, credo, una sede in cui i vecchi - personaggi importanti - della tribù di Aidid, si erano riuniti, proprio con l'intenzione (conosco qualcuno di loro) di mettere pace, di rimettere a posto i rapporti fra americani e somali; sono state fatte cadere delle bombe e ci sono stati parecchi morti fra i partecipanti alla riunione. Gli americani erano convinti - per lo meno, così si dice - che questa riunione avrebbe dovuto essere presieduta da Aidid e volevano farlo fuori; Aidid, invece, ha avuto la soffiata, non è arrivato e questo ha provocato delle reazioni molto grosse, con interventi da parte di Aidid e dei suoi armati.

PRESIDENTE. Allargo un attimo l'orizzonte per poi tornare su Mogadiscio nord. Certamente la divisione tra Mogadiscio nord e Mogadiscio sud era forte ed era una spartizione territoriale: il sud per Aidid, il nord per Ali Mahdi; come veniva vissuta questa spaccatura di Mogadiscio?

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C'era libertà di movimento da nord a sud e viceversa oppure le cose stavano diversamente?

ELIO SOMMAVILLA. Io per un periodo, nel 1992, ho lavorato al SOS Kinderdorf di Mogadiscio, che è praticamente sulla Linea verde, a pochissima distanza, e in quel periodo Mogadiscio nord era in una situazione molto più difficile di Mogadiscio sud. Si sparavano l'uno con l'altro in continuità...

PRESIDENTE. Mogadiscio nord e Mogadiscio sud.

ELIO SOMMAVILLA. Sì.

PRESIDENTE. E per non farsi sparare che bisognava fare?

ELIO SOMMAVILLA. Dunque: Mogadiscio nord era in una situazione molto difficile, non c'erano ospedali, io ho attraversato la linea di demarcazione, cioè la Linea verde, moltissime volte, portando aiuti, che (a nord non c'era aeroporto) arrivavano a Mogadiscio sud, ad esempio aiuti in termini di medicinali per i feriti, da Mogadiscio sud a Mogadiscio nord, con una specie di salvacondotto.

PRESIDENTE. Perché era sacerdote?

ELIO SOMMAVILLA. Perché... non lo so. È stato Aidid personalmente che mi ha detto: capisco che loro hanno bisogno, tu passa che io cerco di proteggerti.

PRESIDENTE. Altrimenti non si passava.

ELIO SOMMAVILLA. Altrimenti non si passava, o si passava con grossi rischi. Qualche persona passava, però...

PRESIDENTE. Andare da nord a sud o viceversa era...

ELIO SOMMAVILLA. Era molto pericoloso.

PRESIDENTE. Lei sa che, nel caso nostro, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin alloggiavano in un albergo, il Sahafi, in Mogadiscio sud e trovano la morte, invece, a Mogadiscio nord, davanti all'hotel Hamana, da dove Ilaria Alpi era uscita qualche secondo prima. Le chiedo, dunque: possiamo ritenere acquisito che, a parte per lei, che era un sacerdote, il rischio del passaggio da una zona all'altra era forte?

ELIO SOMMAVILLA. Sì.

PRESIDENTE. Torniamo a Mogadiscio nord. All'interno di ciascuno del territori, qual era la situazione?

ELIO SOMMAVILLA. Ci si doveva muovere con scorte armate.

PRESIDENTE. All'interno?

ELIO SOMMAVILLA. Anche all'interno, in quel periodo lì, diciamo iniziando da metà del 1993. Durante il periodo Unosom, di solito, i militari offrivano scorta armata a chi si muoveva per ragioni umanitarie...

PRESIDENTE. Altrimenti, bisognava organizzarsela per conto proprio.

ELIO SOMMAVILLA. Altrimenti, bisognava organizzarsela per conto proprio. Ma questo dura anche adesso, in qualche modo: in pratica, ci si deve muovere con una guardia del corpo, altrimenti almeno il pericolo di venir rapinati, di veder portar via la macchina, eccetera, sussiste.

PRESIDENTE. Un altro scenario, prima di parlare di cose più vicine ai nostri interessi; ma anche queste sono cose importanti. Dal punto di vista della religione islamica, qual era la situazione a Mogadiscio?

ELIO SOMMAVILLA. Per me, assolutamente tranquilla, per lo meno nei primi anni; direi fino a poco tempo fa. Io non ho mai avuto nessun problema; anche se tutti sanno che sono un prete, non mi sono mai

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trovato in difficoltà per questa ragione. Ultimamente, diciamo negli anni 2001-2002, sono iniziati dei movimenti islamici piuttosto radicali, ma prima di allora ci sono state delle iniziative con il nome di sharia (cioè corti islamiche e cose di questo tipo), però direi che non si può parlare di un vero e proprio fondamentalismo. Allora, per lo meno, e comunque...

PRESIDENTE. Dicendo «allora» a quali anni si riferisce?

ELIO SOMMAVILLA. Prima del 2000, per conto mio: fino al 1995-96-97.

PRESIDENTE. Fino o dal?

ELIO SOMMAVILLA. Fino allora. Anche dopo, a mio giudizio. Insomma, i somali non sono fondamentalisti di loro natura e certi movimenti fondamentalisti sono più con aspetti politici o interessi economici o cose di questo tipo. Non credo molto al fondamentalismo somalo.

PRESIDENTE. Le risulta l'esistenza di corti islamiche a Mogadiscio nord?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, questo sì.

PRESIDENTE. E che facevano queste corti islamiche?

ELIO SOMMAVILLA. Hanno tagliato qualche mano a qualche ladruncolo! Non molto, pochissimi casi, in realtà, e non...

PRESIDENTE. Disponevano di squadre dedicate alla esecuzione o all'applicazione della sharia, ad esempio?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, queste corti avevano degli armati, certo.

PRESIDENTE. Può indicare il nome di qualcuno che stava alla testa di queste corti?

ELIO SOMMAVILLA. Direi di no. Non ricordo dei nomi particolari, perché nascevano e scomparivano. Erano cose abbastanza irregolari.

PRESIDENTE. Rispetto a Mogadiscio nord?

ELIO SOMMAVILLA. Forse più a Mogadiscio nord che a Mogadiscio sud.

PRESIDENTE. Più a Mogadiscio nord che a Mogadiscio, va bene.
Ilaria Alpi lei l'ha conosciuta?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, molto bene.

PRESIDENTE. Ci dica tutto quello che sa di Ilaria Alpi, in relazione alle sue consapevolezze personali. Quando l'ha conosciuta?

ELIO SOMMAVILLA. La prima volta lei è venuta, direi, nel 1992...

PRESIDENTE. Quindi l'ha conosciuta giù.

ELIO SOMMAVILLA. Sì, in Somalia. È venuta a Merca due volte e una terza volta abbastanza rapidamente. L'ho conosciuta molto da vicino: lei ha visitato i programmi che avevamo appena iniziato (irrigazione, eccetera) ed è stata ospite nostra. Io l'ho stimata molto, direi moltissimo, come persona, sia dal punto di vista professionale, sia dal punto di vista morale, di ideali, coraggio, eccetera. Avevo moltissima stima e una bella amicizia, direi. Lei si era ripromessa di venirci a trovare molte volte; è stata molto entusiasta dei programmi che stavamo facendo e ha fatto parecchie riprese di questi programmi.

PRESIDENTE. A Merca?

ELIO SOMMAVILLA. A Merca, sì.

PRESIDENTE. Ma qual era la ragione di questa attrazione per la Somalia? Lei ha già ricordato tre volte in cui vi siete

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incontrati in Somalia, corrispondentemente a tre viaggi che da parte sua furono effettuati; il quarto dovrebbe essere stato quello fatale. Qual era la ragione per la quale Ilaria Alpi era così vicina - non dico attratta - alla Somalia, glielo ha spiegato? Che cosa la interessava della Somalia?

ELIO SOMMAVILLA. Intanto, dal punto di vista professionale, la documentazione di una realtà molto difficile.

PRESIDENTE. Professionalmente, come giornalista, cosa la interessava, che cosa voleva conoscere, approfondire, capire della Somalia?

ELIO SOMMAVILLA. Tutto, direi: i problemi della gente... Era interessata anche alla cultura e alle tradizioni; aveva dedicato parecchio tempo, a Merca, nel 1992-93, quando la situazione era ancora abbastanza tranquilla, a riprendere e conoscere i vari problemi della gente, comprese proprio la tradizione e la cultura. Certo era molto impegnata sul piano sociale; sentiva l'impegno di documentare, naturalmente a scopo umanitario e per poter aiutare...

PRESIDENTE. «Sul piano sociale» che significa?

ELIO SOMMAVILLA. Diciamo la povera gente, la gente che per la guerra civile ha sofferto e soffre ancora moltissimo, perché della situazione approfittano pochissime persone, mentre la stragrande maggioranza soffre terribilmente: non c'è assistenza sanitaria, l'educazione è quasi scomparsa, solo organismi come il nostro fanno privatamente interventi nel settore dell'educazione, le strutture sono completamente distrutte, la sicurezza non esiste. Lei era interessata molto a documentare queste cose e a farle conoscere.

PRESIDENTE. Alcuni, che noi abbiamo ascoltato, hanno detto che c'era un interesse di Ilaria Alpi per la condizione femminile in Somalia; le risulta?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, certamente.

PRESIDENTE. Sotto quale profilo c'era questo interesse?

ELIO SOMMAVILLA. Chiunque conosca la Somalia si rende conto che le donne sono in una situazione, diciamo, particolare, difficile. Del resto, durante tutto questo periodo il problema della famiglia, l'economia della famiglia è pesato continuamente e sta pesando ancora adesso sulle donne. Poi c'è il problema di tradizioni terribili, tipo l'infibulazione o il fatto che in molti posti le ragazze o, meglio, le bambine di 11, 12, 13 o 14 anni vengono date in moglie e non possono scegliere, vengono sposate dalle famiglie, eccetera.

PRESIDENTE. Ma questo non c'entra con la religione, è un fatto di costume. O si intreccia anche un fattore religioso in questa condizione della donna in Somalia?

ELIO SOMMAVILLA. Diciamo che l'islam, oppure una certa applicazione dell'islam, relega la donna in una condizione inferiore a quella dell'uomo, su questo non c'è dubbio. Invece, tradizioni come quella dell'infibulazione non hanno niente a che fare con la religione, anche se in molti posti e in molti casi questa tradizione viene presentata come un fatto religioso.

PRESIDENTE. Diciamo che si intersecano i due aspetti, quello di tipo tribale, per così dire, e quello religioso, che talvolta serve ad ammantare tradizioni che con la religione non avrebbero nulla a che spartire ma vengono spacciate per tali.

ELIO SOMMAVILLA. Certo.

PRESIDENTE. Con Ilaria Alpi avete mai parlato dei grandi problemi della Somalia? Noi abbiamo imparato a conoscerne tre in particolare, quelli legati alla cosiddetta mala cooperazione (mi riferisco agli aiuti umanitari dell'Italia verso la

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Somalia), quelli connessi al traffico di armi e quelli connessi al traffico di rifiuti tossici o, addirittura, radioattivi. Sono tre filoni sui quali la Commissione si confronta da tempo, con difficoltà di capire con precisione come stessero le cose, al di là del fatto se ci fossero degli interessi professionali di Ilaria Alpi o se Ilaria Alpi sia stata in grado di avere particolari informazioni al riguardo. Rispetto, dunque, a questi tre temi, ci può dire quale fosse la situazione, secondo le sue conoscenze? È vero che c'era traffico di armi? È vero che c'era traffico di rifiuti? È vero che c'era mala cooperazione? Alcune cose le sappiamo già, però una voce come la sua resta sempre di grande autorevolezza.

ELIO SOMMAVILLA. La mala cooperazione c'è stata ed è documentata più che a sufficienza, ormai. Il traffico d'armi sicuramente, non c'è nessun dubbio; d'altra parte, anche teoricamente, un paese senza un governo, senza nessun controllo dei porti e così via, si presta...

PRESIDENTE. Ma che tipo di traffico d'armi, padre? Un traffico d'armi interno, nel senso che - come qualcuno ha cercato di farci credere - si trattava delle armi del regime di Siad Barre, che poi sarebbero state ammassate, nascoste in grandissime quantità e quindi oggetto di traffico; oppure un traffico d'armi provenienti da paesi esteri; o, ancora un traffico d'armi che era frutto di triangolazioni? E, in tutto questo, le risulta, e in quale misura, che l'Italia fosse coinvolta? Certamente coinvolta lo è stata per la cooperazione, per le ragioni, come giustamente lei ha detto, che anche giudiziariamente sono state accertate, per cui non abbiamo alcun dubbio al riguardo. Ma, per quanto riguarda il traffico di armi, lei sa, per esempio, che c'è una proiezione abbastanza frequente che incrocia la cooperazione con il traffico di armi? Si fa riferimento ai pescherecci Shifco - di cui sicuramente avrà sentito parlare - che oltre che per raccogliere pescato sarebbero stati utilizzati, anche o, addirittura, soprattutto, per il traffico delle armi, persino dall'Italia verso la Somalia. Le notizie che lei ha - naturalmente nei limiti della concretezza e di quella che può essere considerata una seria informazione - quali sono?

ELIO SOMMAVILLA. Io posso dire che per lo meno nei primi due anni dopo la caduta di Siad Barre le bande armate, i due gruppi non hanno avuto bisogno di acquistare o di far venire armi: hanno utilizzato le armi e le munizioni del regime, che erano molte, non c'è dubbio su questo. Forse ne hanno anche vendute un po', magari all'Etiopia, e le hanno esportare, in parte, fuori del confine. Dopo, penso che sì, ne abbiano avuto bisogno, per lo meno di munizioni; forse, di armi no. Una volta, o forse anche due, è arrivata una partita di fucili da parte di Gheddafi, che per un certo momento ha aiutato questi signori della guerra. Io penso che più che acquisto di armi... Sì, certamente dopo l'Unosom sono arrivate anche armi e munizioni per la Somalia.

PRESIDENTE. Dall'Italia?

ELIO SOMMAVILLA. Questo non posso dirlo. Certo - ma questa, forse, è semplicemente una cattiveria e non la dovrei dire - navi che vengono a pescare, e portano via del pesce dalla Somalia, mi sembra difficile che vengano vuote. Io non ho mai avuto sentore - queste sono mie supposizioni, non ho nessuna prova - che queste navi scarichino merci regolari da qualche parte e il dubbio che possano portare della roba non legale, evidentemente, viene a tutti.

PRESIDENTE. Ma sul traffico di armi ha qualche notizia, qualche informazione precisa, per dirci, ad esempio, che le navi Shifco alle quali abbiamo fatto riferimento possano essere state utilizzate per il traffico di armi?

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ELIO SOMMAVILLA. Purtroppo, testimonianze dirette non ne ho.

PRESIDENTE. E indirette?

ELIO SOMMAVILLA. Solo la supposizione che ho detto prima: cioè è difficile, è poco logico, che uno che fa andare su e giù delle navi non le utilizzi...

PRESIDENTE. E del traffico di rifiuti, tossici e/o radioattivi, ha mai sentito parlare e, anche in questo caso, la logica l'aiuta in qualche modo a darci un contributo?

ELIO SOMMAVILLA. Sono profano in questa materia. È stata nominata Merca come una delle zone in cui questi rifiuti tossici sarebbero stati depositati, interrati: io ho provato a chiedere a parecchia gente se aveva avuto notizie dirette di questo interramento, ma non ho avuto risposte. Questo non vuol dire che la cosa non sia successa. Molto profanamente, mi sembra un po' strano che questi barili o questi contenitori vengano interrati, perché mi sembra molto più semplice scaricarli fuori; il farli arrivare sulla costa mi sembra un po' strano. Infatti adesso si è scritto che lo tsunami ha fatto arrivare sulla spiaggia del materiale sospetto che, evidentemente, era stato depositato o al largo o, per lo meno, sulla piattaforma.

PRESIDENTE. Lei che arriva da Nairobi cosa ci può dire, come notizia fresca - noi abbiamo un po' di notizie di stampa, di informazione televisiva, eccetera -, a proposito di questo rapporto tra lo tsunami e precedenti pratiche di deposito di rifiuti tossici, nocivi e addirittura radioattivi? Ci viene detto che oggi emergerebbero queste evidenze, che dimostrerebbero quanto sia stato praticato in passato questo traffico illecito. Quali sono le notizie che vengono da giù?

ELIO SOMMAVILLA. Io posso dire che a Merca, almeno, non risulta che siano arrivati sulla spiaggia contenitori di questo tipo. Se questo è successo, io ho le notizie...

PRESIDENTE. Come le abbiamo noi.

ELIO SOMMAVILLA. Come le avete voi, forse un po' di più ma non molto, e sono sempre notizie indirette. Questo, probabilmente, è molto più facile sia successo nel nord, dove lo tsunami è stato molto più forte.

PRESIDENTE. Nel nord della Somalia? Bosaso?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, nella zona di Bosaso, soprattutto laddove è il vero e proprio Corno d'Africa.

PRESIDENTE. Al di là della consistenza del fenomeno, le chiedo: tutte le volte che vi siete incontrati - lei ha detto che c'era un profondo legame - Ilaria Alpi le ha mai manifestato interesse per queste tematiche o, addirittura, le ha mai indicato che tra i percorsi professionali che svolgeva, in particolare con riferimento alla Somalia, ci fossero attenzioni dedicate a questi tre fenomeni che abbiamo citato (cooperazione, rifiuti e armi)?

ELIO SOMMAVILLA. L'ultimo contatto che io ho avuto con Ilaria Alpi credo sia verso la metà del 1993 e questi sospetti, queste informazioni su traffico d'armi, depositi radioattivi, chimici, eccetera sono arrivate dopo, alla fine del 1993-inizio 1994, direi nel 1994 soprattutto, e io in quel periodo non ho avuto contatti con Ilaria Alpi.

PRESIDENTE. L'ultima volta che è venuta in Somalia...

ELIO SOMMAVILLA. A Merca, è stato nel '93.

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PRESIDENTE. In occasione dell'ultimo viaggio, quello del 1994, lei non l'ha incontrata?

ELIO SOMMAVILLA. Nel 1994 a Merca lei è arrivata, credo, con un contingente italiano, perché ha portato degli aiuti, ed io l'ho appena rapidamente incontrata, però insieme a tutta l'altra gente e ai soldati, quindi non ho... Posso dire questo: conoscendo Ilaria Alpi, sono sicurissimo che se lei è venuta a contatto con questi problemi, li ha affrontati; non era assolutamente persona che sorvolasse, su questo sono sicurissimo.

PRESIDENTE. Però non le risulta che sia venuta a contatto con questi problemi.

ELIO SOMMAVILLA. Io, purtroppo, non ho avuto la possibilità di conoscere direttamente queste cose.

PRESIDENTE. E della cooperazione le ha mai parlato, sa di qualche particolare attenzione?

ELIO SOMMAVILLA. Io penso di sì. Non ricordo in particolare, però lei è stata da noi, tutte e due le volte, due o tre giorni ed è facile che il discorso sia finito anche sulla cooperazione. Però non ricordo esattamente se ne abbiamo parlato esplicitamente.

PRESIDENTE. E, successivamente, ha saputo qualcosa, padre?

ELIO SOMMAVILLA. Sulla cooperazione dei tempi prima di Siad Barre?

PRESIDENTE. No, di possibili interessamenti e, magari, anche di consapevolezze maturate o avute da Ilaria Alpi in relazione a ciascuno di questi settori ai quali abbiamo fatto riferimento. Lei sa che si è parlato molte volte, si è cercato di capire per quali ragioni Ilaria Alpi sia stata uccisa e con altrettanta frequenza si è detto che potesse essere venuta a contatto con qualcosa di importante, di rilievo rispetto a tutti o a uno di questi settori: cooperazione, traffico d'armi, traffico di rifiuti. Le risulta qualche cosa, al di là della notizia di popolo, con la quale, purtroppo, come tecnici qua in Commissione, possiamo fare ben poco?

ELIO SOMMAVILLA. No, non ho avuto colloqui particolari su questo argomento proprio perché il fenomeno è avvenuto dopo l'ultimo incontro che ho avuto con Ilaria Alpi; quindi, non so quello che è stato detto, scritto, e così via.

PRESIDENTE. Dopo l'uccisione di Ilaria Alpi, lei ha saputo qualcosa da qualcuno? Ha avuto modo di avere contatti con qualcuno? È a conoscenza di qualche circostanza di interesse...

ELIO SOMMAVILLA. No.

PRESIDENTE. ... qualche situazione inquietante o comunque importante, con la quale fosse venuta in contatto la nostra Ilaria?
ELIO SOMMAVILLA. No; io sono stato tutto il tempo molto impegnato nelle mie cose, quindi non ho avuto modo...

PRESIDENTE. Lei conosceva Giancarlo Marocchino?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, l'ho conosciuto nel 1991.

PRESIDENTE. Subito dopo Siad Barre, dunque.

ELIO SOMMAVILLA. Sì, subito dopo Siad Barre. Era l'unico italiano tornato abbastanza presto in Somalia; anche lui era scappato, come tutti gli altri, poi è tornato ed ha avviato un certo giro di affari; del resto, è stato anche utile a noi e alle poche altre organizzazioni, in quanto era l'unica persona che poteva trasportare - aveva dei mezzi - materiale, cibo, eccetera; aveva un magazzino e cose di questo tipo. È servito molto anche

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all'ambasciata italiana e allo stesso esercito italiano in Somalia per servizi logistici di questo tipo.

PRESIDENTE. Che tipo di rapporto ha intrattenuto con Marocchino?

ELIO SOMMAVILLA. Direi...

PRESIDENTE. Innanzitutto, c'è stata una frequenza di rapporti? C'è stata una ragione di collegamento per i motivi che lei adesso ha indicato? C'è stata un'amicizia? Le chiediamo, se possibile, di spiegarci quale fosse il suo rapporto con Giancarlo Marocchino.
Ha capito perfettamente il motivo per cui le faccio tale domanda: lei è indicato tra i mandanti dell'omicidio di Ilaria Alpi insieme a Marocchino, per cui riteniamo giusto che ci dia qualche indicazione precisa.

ELIO SOMMAVILLA. Marocchino è un personaggio simpatico, capace sul piano organizzativo e logistico, attratto evidentemente - come tutti gli affaristi - da possibili occasioni di guadagno, però con una certa larghezza di vedute.
Ho avuto modo di conoscerlo da questo punto di vista perché per un certo periodo, nel 1991 e agli inizi del 1992, ero di base al SOS Kinderdorf di Mogadiscio e la sua casa era molto vicina alla nostra organizzazione; egli svolgeva tutti i servizi logistici per SOS Kinderdorf.
Poi, per un periodo - direi per tutto il 1992 -, la nostra organizzazione ha collaborato con un'altra organizzazione (una ONG di Bologna, il CEFA); per entrambe le organizzazioni Marocchino ha fatto servizi di questo tipo; tuttavia, i rapporti di tipo finanziario - pagamenti, eccetera - non li ho mai svolti io, li ha svolti l'organizzazione di Bologna, quindi non so dire.
Però, Marocchino non si presentava per niente male in quel periodo; pertanto, direi che non ho niente da dire contro di lui; e mi sembra molto strano che possa essere stato coinvolto in traffici di questo tipo, conoscendolo.

PRESIDENTE. Questa è la sua opinione. Però - dal punto di vista di quello che i carabinieri scrivono nei loro rapporti, in termini di estimazione sociale - che valutazione veniva data di Marocchino? Era considerato un contrabbandiere, un bandito, un profittatore, uno sfruttatore oppure era considerato una persona sempre utile, alla quale si poteva far ricorso quando di necessità?
Quali erano i rapporti di Marocchino con le autorità italiane? Lei ha fatto riferimento, tra l'altro, al contingente militare italiano; le chiediamo, se possibile, di illuminarci su questi punti.

ELIO SOMMAVILLA. Il mio giudizio, il mio parere è positivo, tenendo conto che Marocchino non era lì per scopi umanitari bensì per fare i suoi affari; comunque, non ho praticamente niente di negativo da dire rispetto a Giancarlo Marocchino.

PRESIDENTE. Lei ha saputo nulla intorno a chi può avere ucciso i due giornalisti italiani?

ELIO SOMMAVILLA. Purtroppo no, mi dispiace molto.

PRESIDENTE. Nessuna notizia di nessun genere?

ELIO SOMMAVILLA. Nessuna notizia di nessun genere...

PRESIDENTE. Nemmeno illazioni?

ELIO SOMMAVILLA. ... e nemmeno illazioni, purtroppo. Le farei molto volentieri.

PRESIDENTE. Ma è una vicenda che è morta così? Lei è un po' la voce della Somalia per noi, che ci stiamo arrovellando il cervello per cercare di trovare il

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bandolo della matassa: in Somalia questa vicenda non interessa nessuno oppure c'è qualcuno che ancora tiene desta l'attenzione?

ELIO SOMMAVILLA. Purtroppo, di delitti di questo tipo ce ne sono stati parecchi altri, da ultimo quello di Annalena Tonelli, e la maggior parte sono inspiegabili.
Certo, nel caso di Ilaria Alpi, se - come sembra abbastanza provato - lei è venuta a contatto con i tre problemi, e mi permetterei di aggiungervi quello delle malversazioni di qualcuno dell'esercito italiano negli ultimi tempi...

PRESIDENTE. Malversazioni in che senso?

ELIO SOMMAVILLA. Comportamenti molto poco...

PRESIDENTE. ...corretti?

ELIO SOMMAVILLA. ...corretti di soldati italiani nei confronti di donne somale.

PRESIDENTE. Quando è accaduto ciò?

ELIO SOMMAVILLA. Negli ultimi tempi, direi nel 1994. Io non ne sono stato testimone; ripeto, tutte queste cose sono avvenute non a Merca, che da questo punto di vista...

PRESIDENTE. A Mogadiscio?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, a Mogadiscio. Pertanto, ho solo notizie indirette.

PRESIDENTE. Si parla di maltrattamenti, violenze sulle donne somale...

ELIO SOMMAVILLA. Sì, violenze.

PRESIDENTE. ... da parte dei militari italiani?
ELIO SOMMAVILLA. Sì, da parte dei militari italiani. Sono note, alcune sono state anche indicate. Quindi, se Ilaria Alpi - come è molto probabile, per conto mio - è venuta a contatto con tutti e tre questi problemi, certamente non si è schermita ma ha cercato di andare a fondo e di documentarli.

PRESIDENTE. Però, lei non ha assolutamente la possibilità di darci un aiuto in termini di indicazioni sulle causali dell'uccisione e su chi possa essere stato il mandante.

ELIO SOMMAVILLA. Purtroppo no.

PRESIDENTE. Ha conosciuto Omar Mugne?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, l'ho incontrato qualche volta.

PRESIDENTE. Chi è Omar Mugne?

ELIO SOMMAVILLA. Io l'ho conosciuto la prima volta negli anni ottanta; era a capo di un grosso progetto di cooperazione italiana - per lo meno era la controparte somala - e direi che lo dirigeva completamente lui. E contemporaneamente gestiva un'impresa di navi per la pesca.
L'ho incontrato, direi, due volte: una volta perché abbiamo collaborato con lui come organizzazione «Acqua per la vita» per risolvere il problema dell'acqua (per un grosso progetto di cooperazione italiana) e un'altra volta, mi sembra, su un aereo; non ve ne sono altre.

PRESIDENTE. Ha mai saputo della storia secondo cui, con le navi Shifco, faceva traffico di armi?

ELIO SOMMAVILLA. No. Non posso testimoniare, onestamente, niente su questo argomento. Ripeto quello che ho detto prima: mi sembrerebbe strano che nel ritorno di queste navi...

PRESIDENTE. ... non ci fosse qualche interesse di questo genere.
Ha conosciuto il generale Gilao?

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ELIO SOMMAVILLA. L'ho incontrato nel 1991, a nord di Mogadiscio. Faceva parte dell'entourage di Ali Mahdi. Mi ha sorpreso molto.

PRESIDENTE. In che senso?

ELIO SOMMAVILLA. Perché Gilao non aveva un bel nome durante il regime.

PRESIDENTE. Durante il regime di Siad Barre?

ELIO SOMMAVILLA. Era il responsabile della sicurezza nazionale di Siad Barre.

PRESIDENTE. Mi spieghi. Le fece meraviglia il fatto che lui - che era stato il responsabile della sicurezza di Siad Barre - fosse divenuto il capo della polizia di Ali Mahdi?

ELIO SOMMAVILLA. Sì.

PRESIDENTE. E perché le fece specie?

ELIO SOMMAVILLA. Perché pensavo che si sarebbe voltata pagina, almeno su certe cose, alla fine del regime di Siad Barre. E invece, tutta la pagina non è stata evidentemente voltata.

PRESIDENTE. Per Gilao, che cosa significava tutto ciò? Continuare nei soprusi e nelle angherie?

ELIO SOMMAVILLA. Questo non lo so.

PRESIDENTE. E allora, perché la cosa l'ha sorpresa? Politicamente?

ELIO SOMMAVILLA. Politicamente, esatto.

PRESIDENTE. Ha conosciuto Giorgio Giovannini?

ELIO SOMMAVILLA. No.

PRESIDENTE. Guido Garelli?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, l'ho incontrato una volta. È un personaggio... spero sia quello, non vorrei sbagliare.

PRESIDENTE. Parliamo di un uomo molto grosso.

ELIO SOMMAVILLA. Sì, è lui. Si è presentato, alla fine del 1991, a Mogadiscio nord, in un modo stranissimo. L'ho visto partecipare ad una manifestazione popolare, organizzata per la pace, vestito con una stranissima divisa da generale. Mi chiesi: ma cosa succede?
Ricordo questa cosa come se fosse un film, perché mi sembrava talmente strana e assurda! E si è presentato, mi sembra, come un ammiraglio in capo di uno Stato di cui non avevo mai sentito parlare, del Sahara occidentale. Aveva anche offerto - in quel momento collaboravo con Annalena Tonelli a SOS Kinderdorf - di mandare delle navi con aiuti e cibo. Ci disse: «Avete bisogno di macchine? Ve le posso mandare!». Naturalmente, davanti ad un personaggio di questo genere, ci siamo guardati in faccia...

PRESIDENTE. È arrivato qualcosa, poi?

ELIO SOMMAVILLA. No, assolutamente!

PRESIDENTE. Naturalmente.
Conosce la Somalfruit?

ELIO SOMMAVILLA. Sì.

PRESIDENTE. Che cos'è?

ELIO SOMMAVILLA. Era - in questo momento credo che non esista praticamente più...

PRESIDENTE. Lei ha avuto qualche collegamento o interesse con la Somalfruit?

ELIO SOMMAVILLA. No, nessuno. Non ho avuto molti buoni rapporti perché non considero positivo tutto il traffico delle

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banane per la Somalia; anche se lavoriamo nel paese di produzione delle banane, la gente è rimasta poverissima, in una zona molto ricca; con delle possibilità di arricchimento per pochissime persone, la gente è rimasta tale e quale se non peggio, nonostante l'intervento della Somalfruit.

PRESIDENTE. Ha conosciuto Starlin?

ELIO SOMMAVILLA. Sì.

PRESIDENTE. Sa che è stata uccisa?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, certo.

PRESIDENTE. Che faceva Starlin?

ELIO SOMMAVILLA. Starlin era praticamente la responsabile - la controparte, ma in pratica gestiva - dei progetti di una organizzazione di una ONG italiana, la COSV di Milano. A Merca, quindi, l'ho conosciuta molto bene.

PRESIDENTE. Di che cosa si interessava? Le risulta che si interessasse di aspetti sociali, soprattutto con riferimento alla condizione femminile?

ELIO SOMMAVILLA. Sì e no; normalmente, né più né meno di tante altre persone.

PRESIDENTE. A quale motivo è stata attribuita la sua uccisione?

ELIO SOMMAVILLA. L'impressione di tutti è che sia stato un tentativo di rapina.

PRESIDENTE. Padre Sommavilla, come spiega questo fatto del quale noi per primi - naturalmente - ci siamo meravigliati? Come spiega che, ad un certo punto, in alcuni documenti, anche ufficiali, viene fuori che lei sarebbe il mandante, insieme a Marocchino, dell'uccisione dei due giornalisti italiani? Lasciamo perdere, per la parte che la riguarda, l'assoluta assurdità - quasi, direi, l'ilarità - dell'affermazione in questione; si è mai interrogato su che cosa abbia potuto far nascere un'accusa gravissima come questa, che è contenuta, ripeto, in atti ufficiali?
Noi abbiamo ricostruito la genesi di questi atti, per cui siamo qui a interrogarla come testimone, nella consapevolezza della grande importanza che ha la sua testimonianza per la Commissione, altrimenti avremmo potuto interrogarla in altra veste.
Come si spiega, dunque, questa abnormità, questa assurdità?

ELIO SOMMAVILLA. Le ipotesi, per conto mio, sono due: la prima è che si sia trattato di un depistaggio; questo è molto interessante, perché se si riuscisse a sapere chi ha fatto il mio nome - e direi anche quello di Giancarlo Marocchino - si saprebbe chi aveva degli interessi, evidentemente, ad allontanare le ricerche dai veri responsabili. Io ho sperato e spero - ma mi sembra che non ci sia più niente da sperare - che questi nomi vengano fuori, perché potrebbe essere una traccia per trovare finalmente i mandanti.
Vi è un'altra ipotesi, direi molto meno seria. C'è stato un periodo (nel 1994) nel quale ho avuto problemi in Somalia, perché la zona è stata occupata da altra gente che aveva tentato di sottomettere i nostri programmi alla sua protezione - lo dico fra virgolette -, il che voleva dire utilizzarli. Io mi sono opposto, ho rifiutato e ho rischiato anche parecchio per tale rifiuto.

PRESIDENTE. Nel 1994?

ELIO SOMMAVILLA. Sì, nel 1994. Quindi, vi è il sospetto che quelle persone possano essersi vendicate facendo una soffiata di questo tipo, anche se mi sembra un po' strano perché - almeno dalle notizie che ho - i documenti non portavano il mio nome, ma solo il mio cognome.
Il mio nome è Elio e lì si parlava di «Ennio», per cui mi sembra strano che ciò possa venire dai somali. Sono abbastanza conosciuto in Somalia - forse un po' troppo - ma non mi conoscono come Sommavilla; se, invece, si dice «Elio» è molto diverso. E che loro possano scambiare

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«Elio» con «Ennio» mi sembra molto strano, per cui questa seconda ipotesi - ovvero che la soffiata fosse arrivata da somali - mi sembra molto meno probabile.

PRESIDENTE. Conosceva il generale Fiore?

ELIO SOMMAVILLA. L'ho incontrato, credo, una volta. Ho conosciuto molto bene i due precedenti generali, Loi e soprattutto Rossi.

PRESIDENTE. Sa che Fiore, il giorno dell'omicidio, fece una conferenza stampa e dichiarò che l'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin doveva essere attribuita a fondamentalisti islamici? Si è mai confrontato con questa ipotesi?

ELIO SOMMAVILLA. Non ci credo. Mi sembra molto, molto strano.

PRESIDENTE. Ha saputo che questo messaggio non è stato formulato soltanto dal generale Fiore ma è anche contenuto in documenti di intelligence? Fu fatto riferimento a tale ipotesi, come fu fatto riferimento ad una sorta di fenomeno montante in quel periodo, rispetto appunto all'integralismo.

ELIO SOMMAVILLA. Mi sembra molto strano, anche perché direi che Ilaria Alpi non rappresentava assolutamente qualcosa contro l'islam, tutt'altro: è sempre stata molto rispettosa. È una cosa assolutamente strana.

PRESIDENTE. Non è possibile?

ELIO SOMMAVILLA. No, per me no.

PRESIDENTE. Ha conosciuto Beri Beri?

ELIO SOMMAVILLA. L'ho sentito nominare ma in questo momento non riesco a ricordare chi sia. È un soprannome.

PRESIDENTE. Yusuf Mohamed Ismail, detto Beri Beri.

ELIO SOMMAVILLA. Il nome non mi è nuovo però non riesco a collocarlo. Mi dispiace.

PRESIDENTE. Era della SSDF somala. Non lo ha conosciuto?

ELIO SOMMAVILLA. Direi di no. In questo momento, per me è nuovo. Non il nome, il nome non è nuovo, bensì la persona.

PRESIDENTE. Ha mai sentito nominare l'avvocato Talil?

ELIO SOMMAVILLA. Ho conosciuto un Talil medico, non un avvocato.

PRESIDENTE. E la dottoressa Bozza?

ELIO SOMMAVILLA. Come fa di nome?

PRESIDENTE. Alessandra.

ELIO SOMMAVILLA. Sì.

PRESIDENTE. Chi era?

ELIO SOMMAVILLA. È un'infermiera, una laboratorista direi, che ha lavorato qua e là in Somalia in appoggio a progetti di sanità, per montare dei laboratori.

PRESIDENTE. Ha avuto dei contatti con lei, professionali o di collaborazione?

ELIO SOMMAVILLA. L'ho incontrata due o tre volte. È venuta una volta anche a Merca, per pochi giorni.

PRESIDENTE. La ringrazio.
La parola all'onorevole Motta.

CARMEN MOTTA. Grazie, presidente.
Padre Sommavilla, lei a quale ordine appartiene?

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ELIO SOMMAVILLA. A nessun ordine. Sono diocesano, della diocesi di Trento. La definizione è fidei donum, cioè sono fra i preti mandati, lasciati andare, affidati a missioni del terzo mondo da parte delle diocesi. Non appartengo ad un ordine religioso bensì alla diocesi di Trento.

CARMEN MOTTA. Quindi lei non è missionario come i padri comboniani, bensì sacerdote?

ELIO SOMMAVILLA. Vi sono parecchi missionari non appartenenti a ordini religiosi, che rimangono incardinati nella diocesi di appartenenza. Il vescovo - l'autorità - permette loro di andare.

CARMEN MOTTA. Parliamo del traffico di rifiuti, che lei dice non sia da escludere; vorrei farle una domanda precisa su un aspetto di questa vicenda. Avrà sentito nominare la strada Garoe-Bosaso.

ELIO SOMMAVILLA. Sì.

CARMEN MOTTA. Nella sua lunga permanenza in Somalia, le risulta, ha potuto assumere qualche informazione o le hanno riferito, che quella strada sia stata oggetto di un intervento specifico, ovvero che la sua costruzione in realtà sia servita per interrare rifiuti tossici?
Questa vicenda, difatti, avrebbe potuto suscitare l'interesse o la curiosità di Ilaria Alpi, dato che si tratta di una strada importante per la Somalia. Sa dirci qualcosa a proposito?

ELIO SOMMAVILLA. La strada è stata costruita negli anni ottanta; all'epoca direi che non se ne parlava o per lo meno l'argomento non era all'ordine del giorno. Come ho già detto, il fatto di interrare dei rifiuti tossici mi sembra strano. Quelli che fanno queste operazioni sono banditi e per loro, probabilmente, sarebbe molto meno pericoloso che buttare i rifiuti in mare, ma non credo che abbiano scrupoli. Buttarli in mare è molto, molto più facile ed economico che portarli a terra ed interrarli, soprattutto lungo una strada. Direi che mi sembra molto strano.

CARMEN MOTTA. Mi scusi, che cosa non le sembra strano?

ELIO SOMMAVILLA. Che negli anni ottanta si fosse pensato ad operazioni di questo genere.

CARMEN MOTTA. Vorrei capire bene il suo pensiero: in che senso non le sembra strano?

ELIO SOMMAVILLA. Primo, non vedo - sono profano, naturalmente, di questo argomento - una utilità nel portare materiale da una nave, scaricarlo a terra e trasportarlo lungo una strada, quando questo può essere scaricato semplicemente in mare. Mi sembra strano.

CARMEN MOTTA. Forse avrà sentito o appreso che la ONG CEFA è stata alquanto chiacchierata, in senso negativo. La chiacchiera era relativa a rapporti con Aidid in connessione al traffico d'armi. Le chiedo se le risulti tale notizia.

ELIO SOMMAVILLA. Assolutamente no. Non mi risulta, ma lo escludo anche teoricamente.

CARMEN MOTTA. Che giudizio dà di questa ONG?

ELIO SOMMAVILLA. È una ONG molto attiva, anche adesso.

CARMEN MOTTA. Dove?

ELIO SOMMAVILLA. Ha una sede a Nairobi, come tutte le ONG che si occupano della Somalia, e lavora a Merca e in altre parti del nord della Somalia, in alcuni punti.

CARMEN MOTTA. È così attualmente - in quanto su Mogadiscio non si può lavorare - o è sempre stato così?

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ELIO SOMMAVILLA. Noi abbiamo collaborato per un anno circa con il CEFA, con base a Mogadiscio. Si occupa, però, di agricoltura, con programmi di aiuto alla riattivazione dell'agricoltura anche abbastanza vicino a Mogadiscio, fino alla zona in cui lavoriamo attualmente, a cento chilometri circa a sud di Mogadiscio. Per un anno abbiamo lavorato insieme, poi ci siamo divisi: il CEFA è rimasto a Mogadiscio, con interventi verso nord; noi, invece, ci siamo spostati, con interventi nel sud.
È una ONG come tante altre. La ONG in quanto tale, con sede a Bologna - il presidente, allora era l'onorevole Bersani - sicuramente non si è dedicata ad opere di questo tipo, ma non vorrei escludere al cento per cento che magari qualcuno possa essere stato in qualche maniera... ma solo eventualmente o per ingenuità.
Insomma, mi sembrerebbe una cosa completamente assurda.

CARMEN MOTTA. Attualmente quella ONG lavora ancora nell'ambito dell'agricoltura?

ELIO SOMMAVILLA. Sì.

CARMEN MOTTA. Lei ha conosciuto altri giornalisti italiani, oltre Ilaria Alpi?

ELIO SOMMAVILLA. Ho conosciuto Lasorella e parecchi altri, perché negli anni 1991 e 1992 in pratica la maggior parte dei giornalisti facevano capo a noi. Eravamo l'unica organizzazione in quel periodo.

CARMEN MOTTA. Quale organizzazione?

ELIO SOMMAVILLA. La nostra organizzazione, l'associazione «Acqua per la vita».

CARMEN MOTTA. In che senso facevano riferimento a voi?

ELIO SOMMAVILLA. Per avere i primi contatti, per raggiungere Aidid o Ali Mahdi, eccetera.

CARMEN MOTTA. Raggiungere significa che voi presentavate questi giornalisti ad Aidid o ad Ali Mahdi? Facevate un'opera di mediazione buona? Era in questo senso che lavoravate?

ELIO SOMMAVILLA. Nel 1991 e nel 1992, agli inizi del 1992, direi di sì. Poi io sono passato a Merca e non ho più avuto contatti, per fortuna, con questi signori; ma in quegli anni ho avuto continui contatti sia con Aidid che con Ali Mahdi, dicendo all'uno e all'altro «Guarda che vado a trovare anche il tuo nemico. Anzi, io potrei anche passare dei messaggi per trovare il modo di riconciliarvi»; insomma, ho tentato in tutti i modi di farli ragionare l'uno e l'altro. Quindi, c'era anche la possibilità di mettere in contatto i giornalisti con questi personaggi.

CARMEN MOTTA. A parte Carmen Lasorella, ricorda altri giornalisti?

ELIO SOMMAVILLA. I nomi adesso sono difficili da ricordare: Alberizzi del Corriere della Sera, poi...

CARMEN MOTTA. Benni?

ELIO SOMMAVILLA. Benni, certo. Adesso altri nomi non ne ricordo.

CARMEN MOTTA. Con questi giornalisti, successivamente, ha avuto occasione di parlare, di confrontarsi anche su quanto era successo? Non ha più avuto occasioni di rapporti con loro?

ELIO SOMMAVILLA. Direi di no. Dal 1993 sono rimasto abbastanza isolato a Merca - isolato volentieri - e da allora direi che non ho più avuto contatti con i giornalisti; nel 1994-95, a Merca, non arrivava praticamente nessuno. Da allora in poi l'interesse è stato per Mogadiscio. Durante il periodo dell'Unosom e dopo, in pratica, le Nazioni Unite e la Comunità

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europea hanno proibito ai propri funzionari direttamente - e anche i giornalisti seguono più o meno questa scia - di venire nella zona di Merca, in quanto era ed è considerata anche adesso non sicura; anche se questo, poi, è meno vero che per Mogadiscio.

CARMEN MOTTA. Conosce Giorgio Giovannini?

ELIO SOMMAVILLA. Questo nome non mi dice assolutamente niente, mi dispiace.

PRESIDENTE. È un trafficante di armi.

ELIO SOMMAVILLA. No, non ne ho sentito parlare. Letto, forse sì, ma non ricordo.

PRESIDENTE. Aveva anche un terreno a Mogadiscio.

ELIO SOMMAVILLA. Un terreno a Mogadiscio?

PRESIDENTE. Sì, vicino a Marocchino.

ELIO SOMMAVILLA. Probabilmente non nel 1991-92.

CARMEN MOTTA. Lei dice di non averlo conosciuto personalmente; non ha nemmeno letto nulla su di lui? È un nome che non collega a nulla?

ELIO SOMMAVILLA. No, non lo collego a nulla. Non ho avuto la possibilità di leggere molto, a dir la verità, perché da allora in poi sono rimasto impegnatissimo in tutt'altre cose; ma non riesco a ricordare niente di particolare su questo personaggio. Personalmente, non credo di averlo incontrato.

CARMEN MOTTA. Incontrato no, ma lei ha dichiarato di aver letto un libro che ricostruisce la vicenda di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, libro nel quale questo nome ricorre più volte; è per questo che le ho chiesto se aveva avuto qualche nozione al riguardo, visto che è un nome che ricorre frequentemente quando si parla di questi fatti e di questi avvenimenti.

ELIO SOMMAVILLA. No, mi dispiace molto.

CARMEN MOTTA. Un'ultima precisazione: dal 1994 in poi, in merito all'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, non ha avuto alcuna notizia aggiuntiva, né incontrato persone che potessero in qualche modo, anche spontaneamente, parlarle della vicenda?

ELIO SOMMAVILLA. No.

CARMEN MOTTA. Insomma, lei ha vissuto una sorta di isolamento, da questo punto di vista.

ELIO SOMMAVILLA. Sì.

CARMEN MOTTA. Anche per quanto riguarda notizie che provenissero da Mogadiscio?

ELIO SOMMAVILLA. Direi di no, non ne ho avute.

CARMEN MOTTA. Un isolamento voluto o oggettivo?

ELIO SOMMAVILLA. Un po' era anche oggettivo, in quanto il passaggio dalla zona di Merca (nella quale stiamo lavorando) a Mogadiscio non è tranquillo. Poi, non c'erano degli interessi, dei motivi per frequentare Mogadiscio, per avere contatti con Mogadiscio; quindi, sono vissuto abbastanza appartato.

CARMEN MOTTA. La ringrazio. Ho concluso le mie domande.

PRESIDENTE. La parola all'onorevole Deiana.

ELETTRA DEIANA. Grazie, presidente.
Dalla nostra documentazione risulta che ad aprile del 1994 ci sono stati dei disordini a Merca: i miliziani dello SNA,

Pag. 23

ostili alla presenza degli occidentali in Somalia, avevano causato disordini all'ingresso del porto, dopo che si era diffusa la notizia che tale Sommavilla Elio, da tempo residente in Somalia, si trovava nell'area portuale. Vorrei che mi dicesse qualcosa di più preciso su questo episodio, che sicuramente lei ricorderà, in quanto è avvenuto a Merca.

ELIO SOMMAVILLA. Presidente, chiedo di proseguire in seduta segreta.

PRESIDENTE. Sta bene. Non essendovi obiezioni, dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.

(La Commissione procede in seduta segreta).

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.

ELETTRA DEIANA. Nei suoi confronti sono stati avanzati dei sospetti pesantissimi (mandante o intermediario di coloro che hanno messo a punto l'agguato): al di la delle interpretazioni che lei prima ci ha fatto sulle ipotesi in base alle quali si potrebbe spiegare questa campagna di vera e propria criminalizzazione, lei non ha mai cercato di capire perché e come una simile nomea si sia diffusa? Non ha mai cercato di indagare in loco? Si è solo limitato a fare interpretazioni astratte?

ELIO SOMMAVILLA. Chiunque venisse interrogato su questa faccenda risponderebbe che la cosa è semplicemente assurda, ridicola. Le uniche ipotesi da parte mia sono quelle che ho detto. La soluzione del problema è solo avere i nomi di chi ha presentato, non so bene neanche a chi, questi nomi, per cui sono finiti sulla stampa o nei tribunali; quello, per conto mio, potrebbe essere molto interessante.

ELETTRA DEIANA. Non ho altre domande.

PRESIDENTE. Ha chiesto nuovamente la parola l'onorevole Motta.

CARMEN MOTTA. Si tratta di due velocissime domande, presidente.
Padre Sommavilla, la dottoressa Fumagalli, che forse lei avrà conosciuto...

ELIO SOMMAVILLA. Certo.

CARMEN MOTTA. ...uccisa nel 1995, e la missionaria laica Tonelli, uccisa un anno e mezzo fa, sono state entrambe uccise nella zona a sud di Mogadiscio.

ELIO SOMMAVILLA. No, solo la Fumagalli, che è stata uccisa a Merca. La Tonelli è stata uccisa nel nord-ovest della Somalia, molto lontano.

CARMEN MOTTA. Non a Merca?

ELIO SOMMAVILLA. No.

CARMEN MOTTA. Comunque, mi interessava questo: la dottoressa Fumagalli è stata assassinata perché il territorio in cui lei operava anche nel 1995 era terra in cui i clan si contrastavano, oppure altri sono i motivi?

ELIO SOMMAVILLA. Non c'era nessun contrasto in quel periodo a Merca, perché la situazione da allora è stata controllata da un solo clan. Gli altri da allora sono rimasi zitti.

CARMEN MOTTA. Clan di chi?

ELIO SOMMAVILLA. Di Aidid.

CARMEN MOTTA. Lei può ricostruire per noi i motivi che hanno portato all'assassinio della dottoressa Fumagalli?

ELIO SOMMAVILLA. Forse potrei rispondere senza registrazione.

PRESIDENTE. Senza registrazione non è possibile, ma in seduta segreta sì. Non

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essendovi obiezioni, procediamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
Non essendoci altre domande da parte dei commissari, padre, la ringrazio per tutte le cose che ci ha detto e le faccio gli auguri della Commissione per la sua attività.
Dichiaro concluso l'esame testimoniale di padre Elio Sommavilla.

www.ilsecoloxix.it/p/italia/2014/05...o_servizi.shtml

23 maggio 2014
Caso Alpi, i servizi segreti indicarono subito la pista del traffico d’armi

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Roma -Traffico d’armi. L’indiziato numero uno della ragione della morte di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin - uccisi a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 - fa capolino fin da subito, meno di due mesi dopo l’esecuzione dei due giornalisti. A mettere l’ipotesi nero su bianco è il Sisde, il servizio segreto interno. Che in un’informativa riservata del maggio 1994 suggerisce anche i nomi di quattro possibili mandanti.

Tutti somali. Non solo. Le fonti del Sisde puntano subito il dito contro la cooperativa italo-somala Somalfish, sui cui pescherecci sarebbero transitate le armi. In quell’informativa - trasmessa pochi mesi dopo, tra gli altri, al ministero dell’Interno e alla Procura di Roma - si delinea subito il possibile filo d’Arianna che attraversa la vicenda Alpi-Hrovatin e la fitta coltre di misteri che da 20 anni la circonda.

In particolare, il Sisde indica, sulla base di non meglio precisate «fonti fiduciarie», quattro somali come «probabili mandanti» dell’omicidio: il colonnello Mohamed Sheikh Osman (trafficante d’armi del clan Murasade), Said Omar Mugne (amministratore della Somalfish), Mohamed Ali Abukar e Mohmaed Samatar. Fatale, per i due reporter, sarebbe stato il viaggio al porto di Bossaso, dove sarebbero saliti a bordo della motonave «21 ottobre», vascello della Somalfish, e avrebbero documentato una partita d’armi marchiata CCCP.

Ma non è tutto. Tra gli incartamenti desecretati c’è anche la nota del Sisde, sempre del 1994 e la cui esistenza è già emersa nel corso dei processi, in cui si indicavano come «mandanti o mediatori tra mandanti ed esecutori del duplice omicidio», il faccendiere Giancarlo Marocchino ed Ennio Sommavilla, un altro connazionale ben introdotto in Somalia.

L’informativa, però, all’epoca viene girata al Sismi (e solo al Sismi), il servizio segreto esterno. Come si evince da un memorandum compilato dal Sisde nel 2002 per il Copaco, il Sismi di fatto stoppa i cugini smentendo la veridicità delle affermazioni. E qui il filo rosso s’interrompe. Fino al novembre del 1997 quando, attraverso il Cesis, la nota viene finalmente inoltrata alla procura di Torre Annunziata, nell’ambito del processo penale «Cheque to Cheque».

Poco prima, a fine ‘96, spunta un’ altra informativa, stavolta del Sismi, nella quale si sottolinea che, secondo ambienti dell’Olp, il mandante degli omicidi sarebbe stato il generale Aidid, signore della guerra somalo, utilizzatore finale del traffico d’armi, poi “stornato” in Yemen per i reduci afghani. Marocchino sarebbe stato implicato nel traffico, usando per lo scopo alcune navi della cooperazione Italia-Somalia.

Nel memorandum del 2002 compilato dal Sisde si mettono diversi puntini sulle `i´: è una sorta di “piccolo manuale” del caso Alpi-Hrovatin. Innanzitutto ci si sofferma sul ruolo di Mugne, l’amministratore della Somalfish. Già uomo forte di Barre in Italia, dove studia e quindi prende casa, a Bologna, è di fatto il dominus che gestisce il traffico d’armi verso la Somalia attraverso i pescherecci della società.

I servizi lo segnalano come parte attiva in un traffico di artiglieria leggera e kalashnikov verso il suo paese natale nel dicembre del 1994. Abbandonata la Somalia, Mugne si è poi trasferito in Yemen, dove avrebbe continuato (stando alle carte) ad esercitare la professione di trafficante, qui legato a doppio filo con Osama bin Laden. Ascoltato dai magistrati che hanno indagato sul caso, ha sempre negato ogni coinvolgimento.

Nel rapporto torna poi la figura di Marocchino, legato per via della moglie somala al presidente ad interim Ali Mahdi e primo ad essere intervenuto sul luogo dell’omicidio. Quel che se ne ricava è la figura di un avventuriero con le mani in pasta ovunque, in buoni rapporti con le diverse fazioni in guerra in Somalia e punto di riferimento per i contingenti militari dell’operazione Restore Hope dell’Onu.

Tanto che nel 1993, recita il memorandum sulla base di informazioni del Sismi, «in un contesto di collaborazione internazionale, all’interno del compound di proprietà di Marocchino a Mogadiscio, sarebbe stato individuato un container carico di armi e munizioni». Se, però, il servizio di intelligence esterno smentisce un suo ruolo diretto nell’affaire Alpi-Hrovatin, non ne esclude uno «indiretto». Ovvero «la complicità da parte del capo della sicurezza di Marocchino agli esecutori del duplice omicidio, all’insaputa dello stesso Marocchino». Informativa che viene trasmessa agli organi inquirenti il 29 dicembre del 1994. Marocchino ha sempre negato ogni addebito e i processi che si sono svolti non lo hanno toccato ed anzi è stato parte offesa per calunnia.

La famiglia: «Perchè non sono state seguite le piste giuste?»

«L’impressione è che nella fase iniziale delle indagini si sarebbe potuto fare molto di più, c’erano delle piste da seguire: il traffico di armi, ma anche di rifiuti tossici. Non so perché non si sono seguite. È tutto ancora da fare». Così Domenico D’Amati, legale della famiglia di Ilaria Alpi, in un primo commento sui documenti desecretati. «Ne ho letto una parte finora - precisa l’avvocato - Ho fiducia che i nuovi magistrati della procura che se ne occupano diano il massimo impulso alle indagini».

Edited by GalileoGalilei - 24/5/2014, 17:59
 
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view post Posted on 24/5/2014, 16:53
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Elio Sommavilla

Data di nascita: 11/04/1927
Paese d'origine: Moena
Istituto: Diocesani
Luogo di missione: Somalia
Ordinato nel 1950
Laureato nel 1957 (geologia)
Insegnate in Seminario e Collegio Arcivescovile fino al 1960
Insegnante all'Università di Ferrara negli anni dal 1960 al 1981 e dal 1986 al 1992.
Dal 1980 si occupa di coordinare le attività umanitarie in Somalia.
Dal 1992 fidei donum in Somalia.
 
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