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Le Iene 15-22 ottobre 2013. Don Pietro Tosi abusa, mette incinta 14enne e scorda il figlio. Il video, Migliarino (FE), prottetto da vescovi prete pedofilo. Perdonato dal Sant'Uffizio: resta in servizio e ammonimento orale

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GalileoGalilei
view post Posted on 17/10/2013, 11:04 by: GalileoGalilei
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http://lanuovaferrara.gelocal.it/cronaca/2...orata-1.7939929

Erik, figlio di un prete: "Il tribunale mi ha dato ragione, ora giustizia per mia madre"

Don Pietro, parroco di Cornacervina, quando aveva 54 anni aveva abusato di una ragazzina di 14, l’aveva messa incinta e non se ne era assunta alcuna responsabilità. Dopo 30 anni il figlio nato da quel rapporto, Erik, ha deciso di raccontare la storia

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di Alessandra Mura

Erik, flash mod davanti al Duomo di Ferarra

La sentenza 1275/11 del Tribunale di Ferrara non dice solo che don Pietro Tosi è il padre biologico di Erik Zattoni. Ma, di fatto, ufficializza quello che per trent’anni lo stesso sacerdote, la Curia ferrarese e perfino buona parte della famiglia della vittima hanno rifiutato: che don Pietro, stimato parroco di Cornacervina, quando aveva 54 anni aveva abusato di una ragazzina di 14, l’aveva messa incinta e si era poi ben guardato da affrontare qualsiasi responsabilità. Una storia che senza esagerazione si può definire sconvolgente e che un servizio della trasmissione Le Iene, martedì sera, ha reso pubblica.

La sentenza depositata il 1° settembre 2011 dai giudici Pasquale Maiorano, Domenico Stigliano e Alessandro D’Ancona non è bastata infatti a estromettere dal clero don Tosi, che ancora per un anno ha continuato a gestire la parrocchia di Cornacervina, piccola frazione di Migliarino, e a essere il principale referente dell’annessa scuola d’infanzia. Solo nell’ottobre del 2012, a 86 anni compiuti, la Curia ha provveduto al suo pensionamento.

Tutti devono sapere. «Per un anno intero ho continuato a insistere - racconta Erik nella sua casa di Migliarino - Ma ancora adesso, nonostante la dichiarazione giudiziale di paternità e tutto quello che implica, don Pietro continua a essere un prete. Per questo, a due anni dalla sentenza, ho deciso di far sapere a tutti la nostra storia, la storia che ha stravolto la vita di mia madre».

C’è voluto tutto il coraggio di Erik perché la verità venisse a galla e si vestisse della dignità formale delle carte bollate. Perché per 30 anni la dignità della mamma di Erik è stata calpestata e oltraggiata, e non solo per l’abuso subìto quando era poco più di una bambina.

La gravidanza. Pochi mesi dopo la violenza, la gravidanza della ragazza risulta evidente ma in famiglia non tutti sono disposti a crederle. È una famiglia numerosa, 15 tra fratelli e sorelle, e con pochi mezzi. Vive in comodato d’uso in un alloggio di don Tosi: il prete è un amico di famiglia, un punto di riferimento e solo una parte della famiglia sostiene la volontà della giovane a denunciare don Pietro. Ad aiutarla è soprattutto il fratello Enzo, che all’epoca voleva diventare prete e che decide di affrontare don Tosi. «Lui ha negato, si è discolpato. C’era la sua parola contro quella di mia madre e lei non è stata creduta. È stato un massacro psicologico, don Pietro ha rifiutato di fare il test del dna, in compenso ha dovuto farlo mio zio per stroncare il sospetto oltraggioso che fosse proprio lui il padre». In breve, la giovanissima vittima non ha le forze per sopportare e ritira la denuncia.

Lo sfratto. Don Tosi però una parola la mantiene: dopo l’abuso aveva imposto alla ragazzina il silenzio con la minaccia dello sfratto. Ed è quello che avviene nel 1987, quando Erik -nato nel giugno del 1981 - aveva sei anni. «La famiglia è in grado di provvedere al suo mantenimento», è la motivazione.

La giovane mamma si trasferisce a Valcesura e tira su Erik lavorando come commessa in un negozio di alimentari e facendo le pulizie allo zuccherificio di San Giovanni di Ostellato. «Non mi ha fatto mai mancare niente - prosegue Erik - mi ha fatto studiare e provveduto a me in ogni modo». Erik fin da piccolo conosce la verità. «Vivevo a 100 metri dalla casa del don, era stato lui a battezzarmi. Mio zio mi aveva raccontato tutto fin da quando ero piccolo ma solo verso i 10-11 anni sono stato in grado di capire il significato di abuso sessuale. Con la mamma c’è sempre stato più pudore, agli amici a scuola dicevo bugie su mio padre ma quando sono arrivato ad avere 26-27 anni ho deciso di affrontare don Tosi. Lui ha negato la paternità, insinuando anzi che la famiglia di mia mamma era così numerosa che poteva essere stato chiunque».

Un muro. La svolta arriva nel 2008, quando Erik con il supporto della moglie decide di passare alle vie di fatto. «Avevo paura che don Tosi morisse prima di riuscire ad arrivare alla verità. Qui è sempre stato molto considerato e amato, c’era il rischio che gli intitolassero una strada, che lo osannassero, e non potevo sopportarlo». Negli anni passati rivolgersi alla Curia per cercare di ottenere almeno un riconoscimento dello sue ragioni era stato inutile. «Mi ricevevano, questo sì, ma non volevano credere alla mia storia, non hanno mai voluto veramente ascoltare me o mia madre: un muro».

L’esposto. Erik allora si rivolge all’avvocato Giulia Pili e porta don Tosi in Tribunale. Per la denuncia penale non c’è più tempo (il reato di violenza su minore si prescrive dopo 25 anni), ma si può ottenere perlomeno una dichiarazione di paternità.

Il dna: è lui il padre. Il procedimento comincia nell’ottobre del 2010, nell’aprile dell’anno successivo la perizia del medico legale stabilisce che don Tosi è inequivocabilmente (con probabilità pari al 99,999%, la massima possibile) è il padre biologico di Erik.

Don Tosi, però, non si presenta mai in udienza e viene condannato in contumacia a rifondere Erik delle spese legali - 10mila euro - che provvede a rifondere.

L’incontro. «Quando ho avuto i risultati del test del dna sono andato a trovarlo - racconta ancora Erik - Lui era in difficoltà, ha detto che gli dispiaceva, che era stato un attimo di follia. Ma a mia madre non ha chiesto scusa. Ha detto di aver chiesto perdono a Dio, di aver ottenuto l’assoluzione da un frate Carmelitano e di sentirsi perciò a posto con la sua coscienza. È arrivato perfino a proporsi di battezzare mia figlia, visto che in quel periodo stavo diventando padre».

La lettera. Solo mesi dopo la sentenza, il 10 maggio 2012, con una lettera scritta a macchina e firmata a mano, don Tosi scrive alla mamma di Erik per chiedere scusa per quello che definisce uno «sbandamento». Uno «sbandamento», aggiunge, che aveva sempre ritenuto «senza conseguenze». Mentre invece «ora pare il contrario, dalle indagini compiute (il dna). Se così fosse, come pare lo sia, la mia richiesta di perdono si estende anche a Erik». In ogni caso, precisa, «ritengo di aver in parte ovviato a eventuale ingiustizia offrendo per vari anni tutto l’aiuto a me possibile, di casa, di vitto e di denaro alla numerosa famiglia».

Il Vaticano. Dopo la sentenza, Erik si aspettava un terremoto. Invece nulla. «Don Tosi è rimasto al suo posto e solo con molte insistenze, un anno dopo, è stato messo a riposo. Ma continua a essere un prete, non è stato estromesso dal clero». In una lettera alla Curia del 19 aprile 2013 il Vaticano si è limitato a invitare il vescovo di Ferrara ad «ammonire formalmente il chierico» e «a sollecitare il reo, nei limiti del possibile, a assumersi, sia pur tardivamente, le proprie responsabilità di padre quantomeno sotto l’aspetto affettivo e morale».

La rabbia. Troppo poco, per Erik, e per le sofferenze patite dalla mamma: «A darmi il coraggio di agire è stata la rabbia. Per dare a mia mamma la giustizia che non a mai avuto, per il muro di indifferenza che abbiamo incontrato, per far sapere che don Tosi non è soltanto il bravo prete che tutti considerano. Trent’anni fa mia mamma è stata messa con le spalle al muro, trasformata da vittima a carnefice, ho voluto risarcirla per questa enorme ingiustizia. Sulle Iene avevo visto un servizio su Francesco Zanardi, un ragazzo di Savona che aveva subito abusi e aveva aperto un blog: www.reteabuso.org. Così l’ho chiamato per chiedergli consiglio e mi ha messo in contatto con Le Iene».

L’appello. Sul blog c’è anche un appello al Vaticano perché riconosca le ragioni di Erik. «Noi in ogni caso camminiamo a testa alta. Spero che questa sentenza crei un precedente e aiuti le vittime di questi e altri abusi a denunciare - conclude Erik - Una vera giustizia forse non l’avremo mai, ma se anche solo una persona, letta la mia storia, si deciderà a denunciare sarà già un grosso risultato. Dal Papa mi aspetto fatti concreti, ma se non ridurrà don Tosi allo stato laicale saranno solo belle parole».
17 ottobre 2013

http://retelabuso.org/ferrara-la-piazza-e-...tutti-con-erik/


Ferrara: La piazza è affollatissima. TUTTI CON ERIK
ottobre 17, 2013 - Preti con famiglia, Preti Pedofili - Tagged: erik zattoni, ferrara, francesco zanardi, papa francesco, papaascoltaerik, pietro tosi, rete l'abuso, sit in - no comments
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1396909_10153353490500527_1189146192_oTanta solidarietà per Erik e sua mamma. Ieri sera a Ferrara la piazza era affollatissima, centinaia di persone hanno voluto manifestare la loro solidarietà per la famiglia di Erik, per dare coraggio ad altre vittime di uscire allo scoperto.

E’ la prima volta che vedo così tante persone scendere al fianco delle vittime. Purtroppo l’usanza in genere è opposta, si scende in piazza in difesa del pedofilo e dopo una eventuale condanna si torna nuovamente in piazza, non per le vittime, ma contro la magistratura che ha fatto il suo dovere, spesso poco gradito.

Nel frattempo questa ennesima vittima coraggiosa, ha dato la forza a parecchie vittime che ci hanno contattato di cominciare ad uscire allo scoperto.

Firma l’appello a Papa Francesco www.change.org/bastaabusi

Francesco Zanardi

Portavoce Rete L’ABUSO

http://www.telestense.it/erik-calderoni-a-...nelli-1017.html

Erik, Calderoni: “A don Pietro va tolto il premio Pavanelli”

Redazione | ott 17, 2013, 11:39 | Commenti 0 | 2 Visite

calderoni“Chiedo al sindaco Mucchi di attivarsi affinché il premio Pavanelli assegnato nel 2005 a don Pietro Tosi venga immediatamente ritirato”.

La richiesta urgente al primo cittadino di Migliarino parte dall’assessore provinciale all’Agricoltura, Stefano Calderoni.

Calderoni nel 2005 era un amministratore pubblico del Comune di Migliarino. Era assessore alle politiche giovanili, nella giunta dell’allora sindaco Rita Reali.

“Il premio Pavanelli è un riconoscimento che porta il nome del primo sindaco del Comune di Milgiarino ed è sempre stato consegnato a persone che si sono contraddistitne per aver realizzato opere utili per la collettività. In quegli anni Don Pietro si contraddistinse per diverse azioni di bene collegate con gli anziani” rimarca Calderoni che aggiunge: “Oltre ad avere costruito una casa di riposo nella sua località in cui esercitava le funzioni di parroco ebbe modo, grazie a una onlus che poi ha messo radici anche nella nostra provincia, di realizzare alcune case per anziani bisognosi di assistenza”. “Allora quella scelta ci parve giusta – aggiunge Calderoni – alla luce dei fatti di oggi ritengo invece che sia doveroso provvedere al ritiro di quel riconoscimento”.
 
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