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Benedetto XVI scrive a Piergiorgio Odifreddi, "Teologia non è fantascienza"

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view post Posted on 24/9/2013, 16:29
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"Teologia non è fantascienza"

ratzingerpapa

http://www.ilvelino.it/it/article/benedett...a-610117edec4e/


Benedetto XVI scrive al matematico Odifreddi: Teologia non è fantascienza
“Non si deve tacere della grande scia luminosa di bontà e di purezza che la fede cristiana ha tracciato lungo i secoli”
di Don Aldo Buonaiuto - 24 settembre 2013 12:08 fonte ilVelino/AGV NEWS Roma

Il Papa emerito Benedetto XVI ha scritto una lettera allo scrittore e matematico Piergiorgio Odifreddi. La missiva, pubblicata parzialmente sul quotidiano La Repubblica e arrivata ad Odifreddi il 3 settembre scorso, è la risposta di Benedetto al libro del matematico “Caro Papa ti scrivo” uscito nel 2011. Odifreddi descrive l’emozione provata quando il postino “ha recapitato una busta sigillata, contenente 11 pagine protocollo datate 30 agosto” nelle quali era presente anche “una richiesta di scuse per il ritardo nella risposta, e un’offerta di ringraziamenti per la lealtà della trattazione”. “Una risposta che mi ha sorpreso per due ragioni – afferma lo scrittore – Anzitutto, perché un Papa ha letto un libro che, fin dalla copertina, veniva presentato come una ‘luciferina introduzione all’ateismo’. E poi, perché l’ha voluto commentare e discutere”. Il Papa emerito, nella lettera, esprime la sua opinione sul lavoro di Odifreddi. “Il mio giudizio – scrive Benedetto XVI – circa il Suo libro nel suo insieme è, però, in se stesso piuttosto contrastante. Ne ho letto alcune parti con godimento e profitto. In altre parti, invece, mi sono meravigliato di una certa aggressività e dell’avventatezza dell’argomentazione”. “Più volte, Ella mi fa notare che la teologia sarebbe fantascienza – continua il Papa emerito – Una funzione importante della teologia è quella di mantenere la religione legata alla ragione e la ragione alla religione. Ambedue le funzioni sono di essenziale importanza per l’umanità”.

Riguardo agli abusi di minorenni da parte di sacerdoti Benedetto afferma di “prenderne atto solo con profonda costernazione”. E aggiunge: “Mai ho cercato di mascherare queste cose. Che il potere del male penetri fino a tal punto nel mondo interiore della fede è per noi una sofferenza che, da una parte, dobbiamo sopportare, mentre, dall’altra, dobbiamo al tempo stesso, fare tutto il possibile affinché casi del genere non si ripetano”. “Se non è lecito tacere sul male nella Chiesa – continua – non si deve però, tacere neppure della grande scia luminosa di bontà e di purezza, che la fede cristiana ha tracciato lungo i secoli. Bisogna ricordare le figure grandi e pure che la fede ha prodotto, da Benedetto di Norcia e sua sorella Scolastica, a Francesco e Chiara d’Assisi, a Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, ai grandi Santi della carità come Vincenzo dè Paoli e Camillo de Lellis fino a Madre Teresa di Calcutta e alle grandi e nobili figure della Torino dell’Ottocento. È vero anche oggi che la fede spinge molte persone all’amore disinteressato, al servizio per gli altri, alla sincerità e alla giustizia”.

Il Papa emerito invita poi il matematico “a rendersi un po’ più competente da un punto di vista storico” per quanto concerne la figura di Gesù presentata come se “non si sapesse niente e di Lui, come figura storica, nulla fosse accertabile”. “Anche se la Sua interpretazione di Gv 1,1 è molto lontana da ciò che l’evangelista intendeva dire – argomenta successivamente Benedetto XVI – esiste tuttavia una convergenza che è importante. Se Lei, però, vuole sostituire Dio con 'La Natura', resta la domanda, chi o che cosa sia questa natura. In nessun luogo Lei la definisce e appare quindi come una divinità irrazionale che non spiega nulla. Vorrei, però, soprattutto far ancora notare che nella Sua religione della matematica tre temi fondamentali dell’esistenza umana restano non considerati: la libertà, l’amore e il male”. di Don Aldo Buonaiuto



http://www.repubblica.it/la-repubblica-del...reddi-67140416/


Pubblicato il 24 settembre 2013
Ratzinger: "Caro Odifreddi
le racconto chi era Gesù"

La fede, la scienza, il male. Un dialogo a distanza fra Benedetto XVI e il matematico

ll. mo Signor Professore Odifreddi, (...) vorrei ringraziarLa per aver cercato fin nel dettaglio di confrontarsi con il mio libro e così con la mia fede; proprio questo è in gran parte ciò che avevo inteso nel mio discorso alla Curia Romana in occasione del Natale 2009. Devo ringraziare anche per il modo leale in cui ha trattato il mio testo, cercando sinceramente di rendergli giustizia.

Il mio giudizio circa il Suo libro nel suo insieme è, però, in se stesso piuttosto contrastante. Ne ho letto alcune parti con godimento e profitto. In altre parti, invece, mi sono meravigliato di una certa aggressività e dell'avventatezza dell'argomentazione. (...)

Più volte, Ella mi fa notare che la teologia sarebbe fantascienza. A tale riguardo, mi meraviglio che Lei, tuttavia, ritenga il mio libro degno di una discussione così dettagliata. Mi permetta di proporre in merito a tale questione quattro punti:

1. È corretto affermare che "scienza" nel senso più stretto della parola lo è solo la matematica, mentre ho imparato da Lei che anche qui occorrerebbe distinguere ancora tra l'aritmetica e la geometria. In tutte le materie specifiche la scientificità ha ogni volta la propria forma, secondo la particolarità del suo oggetto. L'essenziale è che applichi un metodo verificabile, escluda l'arbitrio e garantisca la razionalità nelle rispettive diverse modalità.

2. Ella dovrebbe per lo meno riconoscere che, nell'ambito storico e in quello del pensiero filosofico, la teologia ha prodotto risultati durevoli.

3. Una funzione importante della teologia è quella di mantenere la religione legata alla ragione e la ragione alla religione. Ambedue le funzioni sono di essenziale importanza per l'umanità. Nel mio dialogo con Habermas ho mostrato che esistono patologie della religione e - non meno pericolose - patologie della ragione. Entrambe hanno bisogno l'una dell'altra, e tenerle continuamente connesse è un importante compito della teologia.

4. La fantascienza esiste, d'altronde, nell'ambito di molte scienze. Ciò che Lei espone sulle teorie circa l'inizio e la fine del mondo in Heisenberg, Schrödinger ecc., lo designerei come fantascienza nel senso buono: sono visioni ed anticipazioni, per giungere ad una vera conoscenza, ma sono, appunto, soltanto immaginazioni con cui cerchiamo di avvicinarci alla realtà. Esiste, del resto, la fantascienza in grande stile proprio anche all'interno della teoria dell'evoluzione. Il gene egoista di Richard Dawkins è un esempio classico di fantascienza. Il grande Jacques Monod ha scritto delle frasi che egli stesso avrà inserito nella sua opera sicuramente solo come fantascienza. Cito: "La comparsa dei Vertebrati tetrapodi... trae proprio origine dal fatto che un pesce primitivo "scelse" di andare ad esplorare la terra, sulla quale era però incapace di spostarsi se non saltellando in modo maldestro e creando così, come conseguenza di una modificazione di comportamento, la pressione selettiva grazie alla quale si sarebbero sviluppati gli arti robusti dei tetrapodi. Tra i discendenti di questo audace esploratore, di questo Magellano dell'evoluzione, alcuni possono correre a una velocità superiore ai 70 chilometri orari..." (citato secondo l'edizione italiana Il caso e la necessità, Milano 2001, pagg. 117 e sgg.).

In tutte le tematiche discusse finora si tratta di un dialogo serio, per il quale io - come ho già detto ripetutamente - sono grato. Le cose stanno diversamente nel capitolo sul sacerdote e sulla morale cattolica, e ancora diversamente nei capitoli su Gesù. Quanto a ciò che Lei dice dell'abuso morale di minorenni da parte di sacerdoti, posso - come Lei sa - prenderne atto solo con profonda costernazione. Mai ho cercato di mascherare queste cose. Che il potere del male penetri fino a tal punto nel mondo interiore della fede è per noi una sofferenza che, da una parte, dobbiamo sopportare, mentre, dall'altra, dobbiamo al tempo stesso, fare tutto il possibile affinché casi del genere non si ripetano. Non è neppure motivo di conforto sapere che, secondo le ricerche dei sociologi, la percentuale dei sacerdoti rei di questi crimini non è più alta di quella presente in altre categorie professionali assimilabili. In ogni caso, non si dovrebbe presentare ostentatamente questa deviazione come se si trattasse di un sudiciume specifico del cattolicesimo.

Se non è lecito tacere sul male nella Chiesa, non si deve però, tacere neppure della grande scia luminosa di bontà e di purezza, che la fede cristiana ha tracciato lungo i secoli. Bisogna ricordare le figure grandi e pure che la fede ha prodotto - da Benedetto di Norcia e sua sorella Scolastica, a Francesco e Chiara d'Assisi, a Teresa d'Avila e Giovanni della Croce, ai grandi Santi della carità come Vincenzo dè Paoli e Camillo de Lellis fino a Madre Teresa di Calcutta e alle grandi e nobili figure della Torino dell'Ottocento. È vero anche oggi che la fede spinge molte persone all'amore disinteressato, al servizio per gli altri, alla sincerità e alla giustizia. (...)

Ciò che Lei dice sulla figura di Gesù non è degno del Suo rango scientifico. Se Lei pone la questione come se di Gesù, in fondo, non si sapesse niente e di Lui, come figura storica, nulla fosse accertabile, allora posso soltanto invitarLa in modo deciso a rendersi un po' più competente da un punto di vista storico. Le raccomando per questo soprattutto i quattro volumi che Martin Hengel (esegeta dalla Facoltà teologica protestante di Tübingen) ha pubblicato insieme con Maria Schwemer: è un esempio eccellente di precisione storica e di amplissima informazione storica. Di fronte a questo, ciò che Lei dice su Gesù è un parlare avventato che non dovrebbe ripetere. Che nell'esegesi siano state scritte anche molte cose di scarsa serietà è, purtroppo, un fatto incontestabile. Il seminario americano su Gesù che Lei cita alle pagine 105 e sgg. conferma soltanto un'altra volta ciò che Albert Schweitzer aveva notato riguardo alla Leben-Jesu-Forschung (Ricerca sulla vita di Gesù) e cioè che il cosiddetto "Gesù storico" è per lo più lo specchio delle idee degli autori. Tali forme mal riuscite di lavoro storico, però, non compromettono affatto l'importanza della ricerca storica seria, che ci ha portato a conoscenze vere e sicure circa l'annuncio e la figura di Gesù.

(...) Inoltre devo respingere con forza la Sua affermazione (pag. 126) secondo cui avrei presentato l'esegesi storico-critica come uno strumento dell'anticristo. Trattando il racconto delle tentazioni di Gesù, ho soltanto ripreso la tesi di Soloviev, secondo cui l'esegesi storico-critica può essere usata anche dall'anticristo - il che è un fatto incontestabile. Al tempo stesso, però, sempre - e in particolare nella premessa al primo volume del mio libro su Gesù di Nazaret - ho chiarito in modo evidente che l'esegesi storico-critica è necessaria per una fede che non propone miti con immagini storiche, ma reclama una storicità vera e perciò deve presentare la realtà storica delle sue affermazioni anche in modo scientifico. Per questo non è neppure corretto che Lei dica che io mi sarei interessato solo della metastoria: tutt'al contrario, tutti i miei sforzi hanno l'obiettivo di mostrare che il Gesù descritto nei Vangeli è anche il reale Gesù storico; che si tratta di storia realmente avvenuta. (...)

Con il 19° capitolo del Suo libro torniamo agli aspetti positivi del Suo dialogo col mio pensiero. (...) Anche se la Sua interpretazione di Gv 1,1 è molto lontana da ciò che l'evangelista intendeva dire, esiste tuttavia una convergenza che è importante. Se Lei, però, vuole sostituire Dio con "La Natura", resta la domanda, chi o che cosa sia questa natura. In nessun luogo Lei la definisce e appare quindi come una divinità irrazionale che non spiega nulla. Vorrei, però, soprattutto far ancora notare che nella Sua religione della matematica tre temi fondamentali dell'esistenza umana restano non considerati: la libertà, l'amore e il male. Mi meraviglio che Lei con un solo cenno liquidi la libertà che pur è stata ed è il valore portante dell'epoca moderna. L'amore, nel Suo libro, non compare e anche sul male non c'è alcuna informazione. Qualunque cosa la neurobiologia dica o non dica sulla libertà, nel dramma reale della nostra storia essa è presente come realtà determinante e deve essere presa in considerazione. Ma la Sua religione matematica non conosce alcuna informazione sul male. Una religione che tralascia queste domande fondamentali resta vuota.

Ill. mo Signor Professore, la mia critica al Suo libro in parte è dura. Ma del dialogo fa parte la franchezza; solo così può crescere la conoscenza. Lei è stato molto franco e così accetterà che anch'io lo sia. In ogni caso, però, valuto molto positivamente il fatto che Lei, attraverso il Suo confrontarsi con la mia Introduzione al cristianesimo, abbia cercato un dialogo così aperto con la fede della Chiesa cattolica e che, nonostante tutti i contrasti, nell'ambito centrale, non manchino del tutto le convergenze.

Con cordiali saluti e ogni buon auspicio per il Suo lavoro.
 
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view post Posted on 2/10/2013, 20:45




La mia risposta. A mio avviso queste sono occasioni da non perdere: la novità di questi 'dialoghi epistolari' pubblici offre un'immediata, risonante opportunità di rispondere per le rime a cotante sciocchezze, e di dare uno spazio al nostro modo di vedere in un vero tête-à-tête altrimenti rarissimo. Lasciate passare, lasciate senza risposta adeguata, si da ai lettori l'impressione di una vittoria del chierico di turno, tanto riguardo alla dottrina che al ragionamento. Scalfari e Odifreddi questa opportunità l'hanno persa, a mio avviso, l'uno accontentandosi morbidamente, l'altro mettendoci in attesa nientemeno che di un libro, che non solo vedrà la luce solo in futuro, ma non interesserà la larga parte di quei lettori - anche credenti - che potevano invece seguire più volentieri uno snello scambio di idee sui grandi media.


Caro Peppe, ti spiego meglio ciò che pensi. La scienza secondo Ratzinger, la teologia secondo me


Illustrissimo Joseph Ratzin… No guardi, non ce la faccio proprio a improvvisare lusinghe nei suoi riguardi come lei ha fatto rispondendo ad Odifreddi. Rischierei di sembrare affettato e sarcastico, come è parso a me. In fondo lei, Odifreddi ed io siamo pur sempre avversari su cose non da poco. Le darò schiettamente del tu, dunque, si senta libero di fare lo stesso.
Giuseppone mio, rispondo dal mio piccolo pulpito a quello che hai scritto da ben altre altezze, perché — se anche inascoltato — proprio nun gliela faccio a stamme zitto, e a lasciatte passa’ ‘na vorta de più ‘ste quattro cose che sei tornato a di’. (Ecco, quando m’esce de parla’ romano è proprio fatta). Non solo perché intendo precisare e correggere quelli che considero errori del tuo discorso, nella versione ridotta che ci è dato leggere, ma proprio perché il tuo di pulpito è talmente alto che ti sentono in tanti, troppi per non avere risposta, e anzi interesse e ossequio, come spesso accade. Che poi ‘a gente ce credono.

Ed è questo per me il problema principale: il tuo ragionare è così ingarbugliatamente errato e fazioso che nutro ben poca speranza di redimerti (termine che uso di proposito), ma forse evidenziarne i difetti aiuterà qualcuno dei tuoi fedeli lettori che ancora stia imparando.
In attesa della preannunciata ma postposta lunga risposta da parte del destinatario originale, dunque, ecco la mia. Sarò più breve.

Non ti meravigliare, caro Peppe, di quella “certa aggressività” che hai rilevato. Né per ipocrisia né per vittimismo, che sarebbero bassezze da parte tua, ma neanche data la tua e la vostra stessa modalità aggressiva di presentare certe tesi, come quando attaccate a parlare (o anche solo attaccate, se vogliamo) di interi gruppi umani come gli omosessuali, le coppie di fatto, e sì, quegli alienati, pericolosi non credenti.
Badiamo piuttosto alle ragioni che suscitano tale sentimento, non ti pare? Perché potrebbe anche essere giustificato.

Nella sintesi della lettera non risultano tue puntualizzazioni specifiche in tal senso, quindi non so dire se l’hai solo ‘buttata là’ riguardo al libro di Odifreddi, io invece non perdo l’occasione: quando tu dici che sei “profondamente costernato” per “l’abuso morale di minorenni da parte di sacerdoti”, e che hai “mai cercato di mascherare queste cose” stai dicendo un’enorme corbelleria, com’è evidente dalle ragioni di cronaca ben esposte dall’Odifreddi, e non solo. Se, di fronte a questa eccezionale opportunità di chiarire pubblicamente cosa hai concretamente fatto (e se la sintesi non tralascia altre parti del tuo pensiero), liquidi la questione con una breve frase che non rappresenta una seria difesa a fronte di dati incontrovertibili, stai pure facendo una figura di merda. Del fatto che sei costernato c’è allora da dubitare, ma come minimo non ce ne frega un cazzo. (Mannaggia, ‘ste parolacce. Però capisci quanto rendono l’idea? Dammi pure del tu).

Un’altra cosa.
Ho riletto apposta il capitolo del libro relativo a questa tragica e colpevole questione interna alla Chiesa cattolica: non c’è traccia da parte del Nostro di una accusa per ‘abuso morale’, ma ogni singolo fatto riportato denuncia l’abuso “sessuale” dei minori, cioè la violenza fisica, lo stupro del corpo. E se questa è una grossa mancanza del testo (l’abuso di autorità morale è uno degli aspetti peggiori e più tristi della faccenda), il fatto che tu inverta gli aggettivi ‘morale’ e ‘sessuale’ accanto ad ‘abuso’ l’unica volta che usi questa parola è a mio avviso uno spontaneo, splendido, significativo lapsus (o, se lo hai fatto apposta, hai toppato): da una parte sembreresti voler sorvolare sulla devastazione fisica non prendendola in carico in quanto tale, dall’altra evidenzi tu stesso la mostruosità del vantaggio che una figura come il prete — con la sua pretesa di parlare per conto di Dio — ha quando si occupa di bambini (e relativi genitori credenti). Ciò pone un predatore sessuale pedofilo su un piano di potere tutto particolare, in grado di facilitargli la manipolazione mentale ed emotiva, prima che fisica, delle piccole vittime.
Dev’essere palese anche a te, e non puoi limitarti a parlare di generiche “ricerche dei sociologi” per dire il contrario, devi — proprio devi — essere molto più specifico (chi? Quali? Quando? Come?) se vuoi discolpare la tua compagine. Le tue parole restano ancora una volta troppo vaghe per risultare una buona difesa, e se potevi aspettarti la risonanza che la tua lettera avrebbe avuto, ribalzando sui media come ha fatto, mancando di approfittarne viene il sospetto che giustificarti oltre in effetti tu proprio non possa.
A molti purtroppo questo basterà (saltati soddisfatti sul carro dei vincitori ad esempio i soliti Avvenire e Introvigne), ma a molti altri non più.
In questo senso, vedi, anche il fatto che rimarchi come “non si dovrebbe presentare ostentatamente questa deviazione come se si trattasse di un sudiciume specifico del cattolicesimo”, a proposito del capitolo di un libro che verte esattamente, apertamente e solo su problemi e difetti specifici del cattolicesimo, appare un (vergognoso) tentativo (ulteriore) di minimizzare la questione.

Prima di venire agli altri punti, ti devo far notare quanto sia interessante già la frase di apertura (“La teologia sarebbe fantascienza. A tale riguardo, mi meraviglio che Lei, tuttavia, ritenga il mio libro degno di una discussione così dettagliata.”): il fatto che la teologia sia in qualche modo una “variante del fantasy”, non significa che non si possa investire tempo e inchiostro per esaminarla e smantellarne i contenuti, e anzi che farlo non sia dovuto, vista l’estrema diffusione e la grande importanza che riveste ancora nella vita di tante persone, le quali ancora credono che abbia tutt’altro valore. Tanto ovvio è questo, che da parte tua Peppe risulta quantomeno ingenuo, se non furbetto, aver usato questo concetto, persino con ironia.
In realtà, come risulta dalla lettura delle tue successive argomentazioni, esso rivela il registro di tutto il tuo ragionamento, impostato sulla stessa scarsa qualità, tanto che potrebbe bastare questa sola prima frase (traccia e presagio) per perdere la voglia e l’interesse a proseguire. E tuttavia, caro Peppe, come ti dicevo la questione è importante, tutto quello che dici è oro colato per tanta gente, e quindi vale la pena metterne in luce almeno i maggiori difetti. È uno sporco (e tedioso) lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare, si dice.

Cercherò almeno di essere breve (l’avevo già detto?), perché non tutti hanno la pazienza di leggere un trattato ogni volta che ne dite qualcuna delle vostre, e io sicuramente non ce l’ho per scriverlo.

Nel punto uno affermi che: “L’essenziale è che [la Scienza] applichi un metodo verificabile, escluda l’arbitrio e garantisca la razionalità nelle rispettive diverse modalità”. Il che è giusto, ed è veramente essenziale, ma capisci pure tu che in bocca a un credente — in questo caso tu — suona fuori posto e senza senso, nel momento in cui usi questa idea fondamentale per sorreggere la fede e la teologia che invece sono per definizione inverificabili, arbitrarie e altro dalla ragione.

Il punto due: “Ella dovrebbe per lo meno riconoscere che, nell’ambito storico e in quello del pensiero filosofico, la teologia ha prodotto risultati durevoli”. E qui un’altra dimostrazione rapida e sintomatica — come la frase d’apertura — di come tu non spinga fino in fondo la ragione di cui sei dotato: durevole non implica decente. Qual’è in realtà la qualità di questi risultati? Quale il metodo? E perché — se non per fede — sono durati così tanto?

Il terzo: “Una funzione importante della teologia è quella di mantenere la religione legata alla ragione e la ragione alla religione. Ambedue le funzioni sono di essenziale importanza per l’umanità. Entrambe hanno bisogno l’una dell’altra”. Che la religione (magari la tua) sia di importanza essenziale per tutti noi è una tua credenza personale, perché si vive benissimo anche senza e se non fossi così accecato dalla tua fede lo vedresti benissimo. E che la ragione abbia bisogno della religione per non diventare “patologica” è anch’essa una tua particolare credenza, derivante da una lettura faziosa della realtà nella quale non dai conto invece dell’importanza del cuore delle persone, del loro senso di responsabilità e della capacità etica intrinseca quando rese mature e libere. E come potresti darne conto, povero Peppe, se è vero com’è vero che credi in una teologia che invece condanna l’uomo per sé stesso, la sua indipendenza critica, la sua etica e la sua sensibilità, se non guidate da Dio?

Nel quarto cerchi di dire due cose, mi pare di capire, in un punto che mi parrebbe altrimenti del tutto inutile: poiché “La fantascienza esiste, d’altronde, nell’ambito di molte scienze (…): sono visioni ed anticipazioni, per giungere ad una vera conoscenza”, allora chiamando fantascienza la teologia non faremmo che confermarne la natura di scienza. Se questo è il senso, è ovviamente sbagliato. Ti sei risposto da solo dicendo “ma sono, appunto, soltanto immaginazioni con cui cerchiamo di avvicinarci alla realtà”, ovvero ipotesi di lavoro, intuizioni da verificare, punti di partenza di un lungo lavoro, categoricamente diversi dunque da un Dio da postulare e credere. Niente, non riesci a dimostrare lo stato di scienza della teologia (lo stesso nome è improprio), ma non preoccuparti: è proprio che non sono la stessa cosa. Di nuovo dimostri di non usare per intero e fino in fondo il metodo razionale, ma solo entro il limite conscio o inconscio dell’utilità pratica nel difendere il tuo credo. Così però tradisci quello spirito scientifico che vai affermando di sostenere, perché esso impone di cercare la verità dov’essa sia.
La seconda cosa che mi pare di intravedere nel punto quattro è una critica alla teoria dell’Evoluzione? Nel qual caso ti invito a informarti meglio, ricordando e adeguandoti allo spirito scientifico. Oppure un’ironia vale l’altra.

A seguire: “Se non è lecito tacere sul male nella Chiesa, non si deve però, tacere neppure della grande scia luminosa di bontà e di purezza, che la fede cristiana ha tracciato lungo i secoli”. Vero, ma questo non invalida nessuna delle critiche mosse al suo credo, né funge da prova di una sua qualche sostanziale verità. L’uomo fa del bene da sempre, anche fuori dal Cristianesimo e da prima di esso. Lo spirito umano è grande, siete voi che vi ostinate a negarlo, deponendolo ai piedi del vostro Dio e costringendolo a farsi da parte senza merito.

Sul Gesù storico, riassumi: “Non è neppure corretto che Lei dica che io mi sarei interessato solo della metastoria: tutt’al contrario, tutti i miei sforzi hanno l’obiettivo di mostrare che il Gesù descritto nei Vangeli è anche il reale Gesù storico; che si tratta di storia realmente avvenuta”. Ma è proprio questo il punto, e la critica che ti si muove: non ne sei in grado. Né sul piano dei contenuti — i quali realmente sono esigui checché la tua fede ci veda e la ricerca storica cristiana ci scriva, né sul piano del metodo — come stiamo vedendo. La tua fede ti impone un percorso di conferma di sé stessa che in storia e logica è destinato a fallire.

Infine: “L’amore, nel Suo libro, non compare e anche sul male non c’è alcuna informazione. (…) Una religione [anche ‘matematica’] che tralascia queste domande fondamentali resta vuota”. Tenendo presente che non basta che una religione (o filosofia di vita) ‘non tralasci’ queste domande, ma occorre che vi risponda in maniera realistica e positiva (in nessun caso quindi il fatto che il tuo credo contempli la cosa implica un suo senso o valore), nel libro Odifreddi ne accenna soltanto perché esprime il suo credo parafrasando il tuo, che nello specifico, come saprai, non tratta direttamente del bene e del male neanch’esso (“Credo in un solo Dio…” ecc). E tuttavia concordo che questo tema è per lui secondario, o quanto meno qui considerato tale, tutto preso com’è dall’osanna della ragione. Che è fondamentale, ma non basta.

Nel tuo richiamo all’etica c’è dunque un’importante verità, e cioè che qui in Italia gli atei e agnostici sembrano ancora largamente disinteressati a sistematizzare la loro visione in una propriamente umanista, come invece accade nel resto del mondo con l’ampio consenso che riscuote la filosofia del ‘Secular humanism’, o Umanesimo ateo.
Grazie dunque di aver provocato i non credenti di casa nostra a una risposta su questo: la trovo una mancanza gravissima, e da tempo mi spendo per integrare l’ateismo italiano — e il suo giusto anelito alla laicità e alla ragione — in una vera e propria filosofia secolare che contempli anche il buono, la giustizia, l’etica, e una presa di posizione non solo riguardo a ciò che pensiamo non vada, ma anche rispetto ai valori che riteniamo più giusti, e agli strumenti che sappiamo più efficaci, per vivere meglio e farlo insieme.

Allora, mio buon Peppe, alla vostra storica presenza, e alla vostra idea di cos’è bene per l’uomo, verrà finalmente offerta un’autorevole alternativa. Quella nobile, sana, responsabile, costruttiva — e tutta umana, tutta naturale — dell’Umanesimo (vedi: Manifesto di Umanesimo ateo). Altro che teocrazia.

(http://www.anticatechismo.it/cms/blog/atei...nger-odifreddi/)
 
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