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Viaggio nelle comunità dei Padri Venturini dove "curano" i preti pedofili, A forza di preghiere credono di guarire criminali in sottana da prete

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view post Posted on 26/7/2013, 08:37
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A forza di preghiere credono di guarire psicopatici in sottana da prete

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IL REPORTAGE di ELENA AFFINITO e GIORGIO RAGNOLI
Viaggio nelle comunità di recupero
"Così curiamo i nostri confratelli"

A Trento sorge la casa madre gestita dai Padri Venturini. Ogni ospite è avvolto dal più assoluto riserbo e nessuno degli stessi sacerdoti della comunità conosce i motivi dei ricoveri. L'altro centro è Villa Iride, a Verbania: è ancora più chiuso all'esterno. L'accoglienza è il primo passo. "Vogliamo conoscere la persona e poi vedere se siamo in grado di aiutarla", spiega padre Pastò, il Superiore generale. Poi si passa alla terapia. I problemi che portano qui i condannati sono i più vari: dai disordini alimentari alle dipendenze da gioco e da sostanze stupefacenti alla disinibizione sessuale, fino alle tendenze pedofile. Ma è anche un punto di riferimento per gli avvocati che indicano la villa come possibile sede per gli arresti domiciliari dei religiosi condannati
NON E' STATO FACILE, da laici, varcare i cancelli delle comunità terapeutiche dei padri Venturini; in quella oasi di pace e di recupero spirituale di solito le porte si aprono soltanto per accogliere religiosi in crisi. Ogni ospite è gestito nel più assoluto riserbo e neanche i confratelli sanno i motivi dei ricoveri. Superando non pochi ostacoli siamo riusciti a entrare in due centri gestiti dalla congregazione: Villa Iride a Verbania e la casa madre di Trento. Il Superiore Generale, padre Gianluigi Pastò, ci tiene a sottolineare: "Non dite per favore che siamo una clinica per pedofili, della pedofilia si occupa la Santa Sede. Come si sentirebbero quelli che sono accolti da noi con problemi meno gravi a dover vivere in una struttura etichettata in questo modo?".

Il nostro viaggio comincia dalla città di Trento. Arriviamo alla casa madre appena dopo l'ora di pranzo; la comunità non è molto lontana dalla stazione, si sale per alcuni tornanti mentre la città si allontana come un miraggio. Fuori dalla casa, nel giardino e nel vigneto non si vede nessuno. Incontriamo Pastò, un uomo sui settant'anni con un forte accento veneto. È gentile ma non nasconde la sua diffidenza verso i giornalisti: "Sui giornali sono comparse notizie sbagliate, che nessuno di noi aveva dato. Noi come congregazione nasciamo per la santità del prete, ci occupiamo di formazione spirituale, non neghiamo conforto a nessuno, ma non vogliamo etichette né abbiamo specializzazioni particolari; siamo religiosi che accolgono altri religiosi".

Il momento fondamentale per i Venturini è l'accoglienza, primo passo della terapia: "Noi solitamente vogliamo conoscere prima la persona, poi vediamo se siamo in grado di aiutarla ma non abbiamo preclusioni particolari", spiega Pastò. È evidente come in questo caso il modello della comunità religiosa si sovrapponga perfettamente a quello della comunità terapeutica. Trento è l'unica realtà ecclesiastica in Italia che si occupa di seguire i preti offrendo loro un importante sostegno psicologico oltre che spirituale: il terapeuta di riferimento è padre Franco Fornari che offre la sua competenza per curare i fratelli in crisi. I problemi che portano un religioso a Trento possono essere dei più vari: dai disordini alimentari alle dipendenze da gioco e da sostanze stupefacenti alla disinibizione sessuale, fino alle tendenze pedofile.

A differenza della casa di Trento, il centro venturino di Verbania è molto più chiuso. Il tassista che ci porta a Villa Iride ci racconta che gli è capitato spesso di trasportare religiosi: "Alla villa arrivano diversi preti, li vado a prendere in stazione, tutti hanno almeno una valigia. Dentro non sono mai entrato, li lascio al cancello e me ne vado". Tra gli abitanti della zona pochissimi hanno sentito parlare della villa, il cancello è sempre chiuso e la casa è ben nascosta, lontana dal centro, immersa in un parco da cui domina il lago Maggiore. Come a Trento, anche qui l'atmosfera da poesia dell'Arcadia con i suoi scenari bucolici e i giardini ben curati si accosta al rigore della vita conventuale. A Villa Iride ci riceve padre Paolo, responsabile della comunità; ci avverte subito che al momento non ci sono ospiti: "Arriveranno a estate inoltrata".

Il centro di Verbania svolge una duplice funzione: da una parte accoglie religiosi che spontaneamente chiedono di essere ospitati qualche settimana per una pausa rigenerante, dall'altra è un punto di riferimento per gli avvocati di alcuni religiosi condannati per abusi sessuali, che indicano la villa come possibile sede per gli arresti domiciliari. Qui ha chiesto di essere trasferito don Riccardo Seppia, il parroco di Sestri Ponente, condannato a nove anni e sei mesi per violenza sessuale, induzione alla prostituzione e cessione di cocaina; il giudice per ora ha negato il trasferimento. Dal maggio del 2012 è recluso a Villa Iride don Marco Mangiacasale, condannato per abusi sessuali su parrocchiane minorenni e in attesa della sentenza di Cassazione. Tramite i suoi avvocati Renato Papa e Mario Zanchetti abbiamo chiesto a Mangiacasale un commento sul suo percorso perché ci sembrava importante raccontare un'esperienza terapeutica di questo tipo, ma ciò non è stato possibile. Digitando il nome e cognome del sacerdote sui motori di ricerca di internet si trova il dominio www. marcomangiacasale. it. Sulla homepage compare il nome del prete a caratteri cubitali e una foto panoramica: si può riconoscere il parco e il campanile di Villa Iride con il lago sullo sfondo. Sulle pagine del sito registrato su un provider tedesco si trovano, oltre ad alcune ricette di cucina e ad alcune pagine dell'antologia di Spoon River, citazioni evangeliche. Divise in gallerie, molte fotografie ritraggono oggetti e scenari della vita quotidiana nella comunità. Dopo aver contattato i legali del sacerdote per un incontro, l'homepage del sito è stata rimossa.

A Verbania la congregazione si avvale della collaborazione di uno specialista laico che, dopo aver tracciato il profilo dei soggetti ospiti, in accordo con l'avvocato difensore e la comunità religiosa promuove terapie mirate al recupero comportamentale. I preti agli arresti sono seguiti da un'equipe esterna guidata dalla criminologa Gessica Marica Marengo e sono inseriti in un programma di recupero studiato su misura. La dottoressa Marengo è una criminologa forense che ha ricevuto diversi incarichi dalla curia milanese come perito di parte in alcuni processi per pedofilia. Spesso si affida alle sue competenze l'avvocato Mario Zanchetti, legale della Curia milanese e difensore di diversi preti accusati di abusi su minori. Il lavoro della Marengo è stato raccolto nello studio "Narciso smarrito e il mostro dell'oratorio accanto", nel quale viene analizzato il profilo di sei preti pedofili da lei periziati.

La Marengo spiega che in tutti questi casi i preti erano stati spostati di diocesi in diocesi prima di essere fermati dalla giustizia ordinaria; solo allora i preti venivano mandati nelle comunità in attesa di sentenza: "Non c'era la necessaria attenzione al problema, si spostavano i colpevoli senza ammettere che era necessario un massiccio intervento clinico". Con i suoi protocolli di cura che integrano alla regola di vita della comunità religiosa scuole terapeutiche diverse, come quella psicodinamica e comportamentista, la dottoressa Marengo sta ottenendo buoni risultati: "È un percorso difficile e doloroso, ti metti davanti a uno specchio e vedi delle cose orribili che non avresti mai voluto vedere. Il rischio suicidario quando le vedi è altissimo. All'inizio i preti arrivano qui come pacchi postali, rifiutano le terapie, non ammettono le loro tendenze. Poi con un percorso molto duro, segnato anche da tappe drammatiche, la consapevolezza incomincia a emergere". Isolati dal mondo esterno, i sacerdoti iniziano la terapia imparando a integrarsi nella comunità. Parlando di questi centri la dottoressa mette in rilievo l'importanza ambientale nel recupero dei soggetti: "Il concetto di comunità clinica ha i suoi vantaggi perché il contesto relazionale è parte integrante della terapia psicologica e farmacologica".

Alcuni psichiatri sono tuttavia scettici sulle possibilità di recupero dei soggetti pedofili, soprattutto se trattati dopo una certa età. Maurizio Marasco, docente di psicopatologia forense all'università "La Sapienza" di Roma, spiega: "Stiamo parlando di un disturbo del comportamento sessuale che, se scoperto precocemente in età adolescenziale, può anche essere trattato con successo; ma quando il soggetto è un adulto con una personalità già strutturata in quella maniera, la possibilità di risolvere questo problema, di curare e debellare definitivamente questa anomalia del comportamento è minima per non dire nulla". Marasco è d'accordo sulla costituzione di comunità per il recupero di soggetti pedofili, ma lo è meno sul fatto che questi centri siano gestiti da religiosi: "Mi domando se un ambiente così chiuso come quello ecclesiastico possa essere utile ad attivare quelle risorse interne che possono spingere il soggetto verso il reinserimento sociale".

Abbiamo cercato di capire cosa succeda ai sacerdoti pedofili una volta usciti dalle comunità. Del loro destino decide l'autorità ecclesiastica, in primis il vescovo.

Secondo le nuove rigorose linee guida del Vaticano sulla pedofilia, volute da Benedetto XVI e raccolte da Papa Francesco, i vescovi sono obbligati a denunciare i casi a Roma. La Congregazione per la Dottrina della Fede valuta se aprire un processo canonico che in caso di condanna ridurrà il prelato allo stato laicale. Padre Pastò si è detto personalmente contrario alla laicizzazione dei preti pedofili, convinto che la Chiesa non possa abbandonare a loro stessi questi fratelli smarriti. Da un punto di vista clinico anche la dottoressa Marengo è contraria alla riduzione allo stato laicale perché questa decisione mette a rischio i faticosi risultati della riabilitazione. E' rilevante come il Vaticano, dopo decenni di silenzio, abbia scelto una linea tanto radicale sul destino di questi preti. Ma l'idea di cacciare i pedofili fuori dalla Chiesa non è comunque nuova. La sosteneva già negli anni quaranta padre Gerald Fitzgerald, fondatore del primo ordine religioso che si occupò espressamente di preti con problemi comportamentali. In quegli anni Fitzgerald denunciava l'atteggiamento collusivo dei vescovi nei confronti di questi religiosi. Il fondatore dei Servi del Paraclito creò numerosi centri nel mondo che si sono poi specializzati nel trattamento di sacerdoti pedofili, ma era convinto che la soluzione al problema fosse la laicizzazione dei colpevoli o in alternativa la loro segregazione in un monastero o su un'isola gestita dall'ordine dalla quale questi "criminali" non potessero più uscire.
22 luglio 2013

http://inchieste.repubblica.it/it/repubbli...amore-63535647/

VERBANIA/ LA RIABILITAZIONE di ELENA AFFINITO e GIORGIO RAGNOLI
Prima era considerata una prigione
oggi è solo una casa per dimenticare

Prima era considerata una prigione oggi è solo una casa per dimenticare

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Villa Iride a Verbania

Villa Iride dispone di 18 camere, tutte con bagno privato, di spazi comuni, di una cappella e di una serra dove gli ospiti possono coltivare ortaggi e erbe aromatiche. "Qui non curiamo casi gravi", spiega padre Paolo, "Accogliamo religiosi con problematiche lievi che hanno bisogno solo di riposo". Gli arrivi sono spontanei. Anche preti pedofili ma mai ricercati o latitanti. "Non possiamo abbandonare nessuno, sono sempre nostri confratelli"
VERBANIA - Dopo la casa madre di Trento, il centro più importante dei Venturini in Italia è Villa Iride a Verbania. Per salire alla villa si costeggia il lago Maggiore verso Nord uscendo da Intra e dopo un paio di tornanti si arriva ad un cancello chiuso. Un'alta siepe protegge lo splendido parco che si affaccia sul lago. Al citofono risponde padre Paolo, referente della comunità che ci accoglie aprendo il cancello; ci fermiamo a parlare appena dopo l'ingresso. Padre Paolo racconta che la struttura di Verbania dispone di 18 camere, tutte con bagno privato, di spazi comuni, di una cappella e di una serra, dove gli ospiti coltivano ortaggi ed erbe aromatiche. Una donna delle pulizie, tra le poche laiche ammesse ad entrare nell'edificio, aiuta ogni mattina a tenere pulito. "In questa comunità non curiamo casi gravi come succede a Trento" spiega Padre Paolo aggiungendo: "Qui accogliamo religiosi con problematiche lievi, che hanno bisogno di un periodo di riposo, durante l'estate ad esempio verrà in ritiro per un paio di settimane un vescovo olandese, ci ha appena telefonato". Negli anni 50 Villa Iride era considerata dagli ecclesiastici e dalla popolazione locale, una casa - prigione, dove i vescovi del Nord Italia spedivano i religiosi che mostravano problemi con il celibato. Oggi la mentalità è un po' cambiata: i preti vengono aiutati a riabilitarsi. Padre Paolo cerca di ridimensionare l'immagine della comunità: "Da noi a Verbania i preti vengono spontaneamente. Ad esempio arrivano sacerdoti al cambio di ministero, che magari dopo dieci anni nella stessa parrocchia, rimangono con noi qualche settimana prima di iniziare la nuova esperienza".

Alla fine, nonostante la volontà di riservatezza, padre Paolo ammette che la congregazione è aperta anche a sacerdoti colpevoli di abusi sessuali: "Nelle comunità capita anche di accogliere preti pedofili, ma mai ricercati o latitanti. Se un prete arriva senza annunciarsi, lo ospitiamo, ma poi lo sottoponiamo comunque alla fase di accoglienza. Non possiamo abbandonare nessuno, sono sempre nostri fratelli. Solitamente chi ha avuto problemi di pedofilia, al momento della dimissione, viene sottoposto al parere di uno psicologo; se il prete non è pronto per riprendere la sua attività pastorale viene proposto al vescovo di affidargli un altro incarico, magari amministrativo. È sempre l'autorità ecclesiastica a decidere".

Un uomo in tuta da lavoro esce dalla serra e ci saluta, mentre padre Paolo ci sta congedando. Prima di andare via chiediamo se a Verbania accettino anche preti agli arresti domiciliari. L'avvocato di don Riccardo Seppia, parroco di Sestri Ponente, condannato per violenza sessuale, tentata induzione alla prostituzione e cessione di cocaina, ha richiesto per lui gli arresti domiciliari presso la comunità terapeutica di Villa Iride. "Avevamo dato la nostra disponibilità ad accogliere don Seppia", risponde padre Paolo un po' imbarazzato "L'idea era quello di fargli trascorrere qui il resto della pena, la nostra porta è sempre aperta, noi accogliamo tutti. Poiché da noi a Intra non è previsto un trattamento psicologico, ma soltanto una dimensione di vita comunitaria e spirituale, don Seppia sarebbe stato seguito da uno psicologo esterno". E sulla possibilità di accogliere il cardinale O'Brien, arcivescovo di Edimburgo obbligato dal Papa ad un ritiro penitenziale in una comunità religiosa perché reo confesso di molestie sessuali, il padre venturino risponde sorridendo "Chi lo sa, potrebbero mandarcelo".

23 luglio 2013

http://inchieste.repubblica.it/it/repubbli...ofili-63476320/


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RE Le Inchieste

TRENTO/ LA TERAPIA di ELENA AFFINITO e GIORGIO RAGNOLI
Si ribellano, negano, rifiutano
la dura lotta per il ritorno alla vita

Si ribellano, negano, rifiutano la dura lotta per il ritorno alla vita

La casa Madre è inserita in un progetto promosso da Monsignor Mauro Rivella, sottosegretario della Conferenza Episcopale italiana. Lo scopo è creare un coordinamento tra tutte le realtà che si occupano del recupero dei sacerdoti in difficoltà e di estendere la loro presenza su tutto il territorio nazionale. La vita comunitaria allontana il prete dalla sua solitudine. Il secondo passo è la terapia psicologica. Una volta completato il loro percorso di riabilitazione, gli assistiti sono sottoposti al parere dello psicologo referente della comunità per capire se sono pronti a riprendere i loro doveri pastorali. Per i sacerdoti che abbiano commesso abusi su minori di solito viene proposto al vescovo di individuare per loro un altro incarico
TRENTO - L'ingresso alla casa madre dei Padri Venturini è indicato da una targa in marmo: "Congregazione di Gesù Sacerdote". Il cancello è aperto. Dopo una breve cammino in salita, adornato da aiuole fiorite, si arriva sul piazzale della casa dove si incontra una statua a grandezza naturale del Cristo che a braccia aperte accoglie gli ospiti. Sulla sinistra, la cappella voluta dal fondatore dove riposano le sue spoglie. Entrati in casa oltre l'ingresso un lungo corridoio è interrotto da una porta in acciaio con un maniglione in stile ospedaliero, per il resto l'abitazione non tradisce il minimo segno di modernità. Attendiamo Padre Gianluigi Pastò in un salottino adiacente alla porta d'ingresso. Oltre non si va: "Noi abbiamo alcune comunità in Italia, ci occupiamo di dare accoglienza ai sacerdoti per la loro formazione o per un aiuto sulla linea disegnata dal nostro padre fondatore. Non usiamo mai la parola recupero perché non esiste nel nostro linguaggio, accogliamo dei sacerdoti e li accompagniamo in un percorso di formazione".

La casa di Trento è inserita in un progetto promosso da Monsignor Mauro Rivella, sottosegretario della Conferenza Episcopale italiana, insieme alla comunità Agape dei Ministri della Misericordia, a quella di San Francesco di Padova e Vittorio Veneto e all'oasi Perfetta Letizia di Cotignola. Lo scopo della CEI è quello di creare un coordinamento tra tutte le realtà che si occupano del recupero dei sacerdoti in difficoltà e di estendere la loro presenza su tutto il territorio nazionale. L'idea è quella di poter offrire ai preti sia cure "ambulatoriali", ovvero senza un "ricovero", sia percorsi di riabilitazione che prevedono la permanenza in comunità. Parlando con Pastò riusciamo a capire qualcosa di più su cosa avviene all'interno della casa. Il primo passo della terapia è l'accoglienza: "Noi solitamente per prima cosa vogliamo conoscere la persona poi vediamo se siamo in grado di aiutarla, ma non abbiamo preclusioni particolari". Nel centro viene applicata quella che il padre venturino chiama "una terapia di gruppo conventuale".

La vita comunitaria allontana il prete dalla sua solitudine. Il secondo passo è la terapia psicologica. Gli incontri individuali sono seguiti da padre Fornari, psicologo responsabile all'interno del centro. Le sedute avvengono con cadenza giornaliera mentre la terapia di gruppo è coordinata settimanalmente da una psicologa laica. La vita insieme e il supporto psicologico preparano il religioso ad una miglior gestione della propria emotività, al controllo delle proprie pulsioni e a comprendere o riscoprire i motivi della propria scelta vocazionale. Laddove ci fosse bisogno è previsto anche l'intervento di uno psichiatra laico per le terapie farmacologiche di supporto. A Trento i preti non sono mai ospitati per periodi brevi: "Ogni persona è seguita nel suo progetto che può essere di uno, due o anche quattro anni. Chi viene qui sa che dovrà sospendere la propria opera pastorale". Nelle due ore che trascorriamo conversando con Pastò, la parola "pedofilia" viene pronunciata dal religioso tre volte e mai accostata alla comunità di Trento. L'unico riferimento esplicito all'accoglienza di pedofili riguarda la casa dei Venturini di Intra, Villa Iride, dove non ci sono programmi di riabilitazione, nessuna terapia di gruppo o individuale. Non si può entrare e uscire in libertà dalla casa e per questo la villa si presta bene ad accogliere religiosi anche agli arresti domiciliari. "La comunità di Intra non è aperta come la nostra, è molto più riservata. Anche noi a Trento abbiamo avuto in passato persone ai domiciliari per problemi economici o sessuali, ma ospitarli qui è più difficile, l'ambiente è più aperto. Accogliere i preti detenuti non è il nostro compito; ma se nessuno lo fa, lo facciamo noi. Un prete in quel momento può essere disperato e, ovviamente, piuttosto che in prigione, meglio che venga in comunità", aggiunge Pastò.

I preti accolti pagano ai Venturini un contributo volontario alle spese: "Per i religiosi pagano i loro superiori, per i preti diocesani pagano in parte loro e in parte il vescovo. Inizialmente eravamo partiti offrendo un servizio gratuito, ma poi abbiamo dovuto chiedere un contributo perché le spese sono troppo alte. Non abbiamo mai chiesto contributi al Vaticano, ma credo che prima o poi dovremo farlo". Durante l'incontro con Pastò cerchiamo di ritornare più volte sul tema pedofilia: "Si pretende che la Chiesa mandi via questi preti, però non so se ci rendiamo conto che così li abbandona a se stessi. Queste persone, ridotte allo stato laicale, possono comunque reiterare nel delitto e dopo rimangono un problema per la società". Sulle responsabilità dei vertici ecclesiastici nell'aver coperto i preti colpevoli Pastò ha le idee chiare: "È vero che i vescovi non hanno seriamente preso provvedimenti per la paura dello scandalo; se avessero messo il prete in un luogo protetto sarebbe stato meglio. È stato un errore spostarli in altre parrocchie dove potevano continuare a compiere il delitto. Per fortuna in Italia i casi di questo tipo non sono tantissimi".

Una volta completato il loro percorso di riabilitazione, i preti accolti a Trento vengono sottoposti al parere dello psicologo referente della comunità per capire se sono pronti a riprendere i loro doveri pastorali. Per i sacerdoti che abbiano commesso abusi su minori di solito viene proposto al vescovo di individuare per loro un altro incarico: "Le indicazioni dei nostri psicologi sono che, dopo un percorso terapeutico, la persona rimanga in una situazione protetta non più a diretto contatto con minori e non più in attività pastorale aperta, ma in un santuario o in un convento dove possa continuare a fare il prete. Noi siamo contrari alla riduzione allo stato laicale, però il prete deve essere aiutato".

ll superiore dei Venturini si rivela un uomo piuttosto aperto anche in merito ad altri temi, come quello dell'Hiv tra i preti: "Può capitare di accogliere preti sieropositivi, bisogna tenere un certo riguardo ma non ci sono problemi. Non siamo nella fase del boom della malattia quando non si sapeva se mangiando dallo stesso cucchiaio poteva esserci contagio. Sappiamo che vivendo assieme problemi non ce ne sono. Per noi la sieropositività non è un motivo per precludere l'accoglienza".

Alla fine dell'incontro Padre Pastò si scusa: "Mi dispiace di non avervi fatto sedere ma speravo che andaste via subito. Nell'ultimo mese avrò ricevuto almeno sette chiamate di giornalisti, noi non vogliamo pubblicità e abbiamo un dovere verso gli ospiti che rischiano di essere additati come pedofili solo perché sono stati a Trento. Il pregiudizio è più frequente nel mondo ecclesiastico; uno che è stato qui ha bisogno di tre, quattro anni per dimostrare che non è un disgraziato. In alcune diocesi si pensa che se sei stato dai Venturini chissà cosa hai combinato. Cerchiamo di apparire il meno possibile e per questo lavoriamo molto segretamente".

Mentre ci accompagna all'uscita chiediamo quanto sia complicato per un prete mentire: "Ci sono preti che hanno una doppia vita, a volte la realtà emotiva e emozionale corrompe quella spirituale". Mentre parla Pastò guarda spesso l'orologio: a Trento, durante la giornata, gli ospiti hanno a disposizione qualche ora di libertà e possono uscire e girare per la città. Il rientro è previsto prima dei vespri. Mentre usciamo incrociamo qualche ospite, nessuno si dimostra interessato a parlare. C'è sofferenza, nei loro passi e nei loro visi.


22 luglio 2013

http://inchieste.repubblica.it/it/repubbli...03842-63603842/

IL COMMENTO di PAOLO RODARI
Perché il Vaticano ha imboccato
la strada della "piena chiarezza"
Per anni impreparata di fronte ai crimini di pedofilia commessi dai suoi preti, la Chiesa cattolica ha iniziato una svolta in merito nel 2001, l’anno in cui Giovani Paolo II promulga un documento di grande importanza, il Motu Proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela" che attribuisce alla Congregazione per la Dottrina della Fede la competenza per trattare e giudicare nell’ambito dell’ordinamento canonico una serie di delitti particolarmente gravi, per i quali la competenza era precedentemente attribuita anche ad altri dicasteri o non era del tutto chiara. Fu un primo passo, affinché la consuetudine che vedeva spesso i vescovi locali semplicemente spostare di parrocchia un prete accusato di pedofilia avesse una fine.

Il Motu Proprio (la "legge" in senso stretto) era accompagnato da una serie di norme applicative e procedurali note come "Normae de gravioribus delictis". Nel corso dei nove anni successivi l’esperienza ha suggerito l’integrazione e l’aggiornamento di tali norme, in modo da poter sveltire o semplificare le procedure per renderle più efficaci, o tener conto di nuove problematiche. Ciò è avvenuto principalmente grazie all’attribuzione da parte del Papa di nuove "facoltà" alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che però non erano state integrate organicamente nelle norme iniziali. È ciò che è avvenuto nel maggio del 2010, nell’ambito appunto di una revisione sistematica di tali norme.

I delitti gravissimi a cui si riferiva questa normativa riguardano realtà centrali per la vita della Chiesa, cioè i sacramenti dell’Eucarestia e della Penitenza, ma anche gli abusi sessuali commessi da un chierico con un minore al disotto dei 18 anni di età.

La vasta risonanza pubblica avuta negli anni recenti da quest’ultimo tipo di delitti ha attirato grande attenzione e sviluppato un intenso dibattito sulle norme e procedure applicate dalla Chiesa per il giudizio e la punizione di essi.

Per questo la Chiesa ha voluto imboccare la strada della "piena chiarezza" nel tentativo di presentare questa stessa normativa in modo organico, così da facilitare l’orientamento di chiunque debba occuparsi (soprattutto i vescovi locali) di queste materie.

Le principali novità introdotte da Benedetto XVI nel 2010 vi sono le norme intese a rendere le procedure più spedite, come la possibilità di non seguire la "via processuale giudiziale" ma di procedere "per decreto extragiudiziale", o quella di presentare al Papa in circostanze particolari i casi più gravi in vista della dimissione dallo stato clericale.

Un’altra norma intesa a semplificare problemi precedenti e a tener conto dell’evoluzione della situazione nella Chiesa, riguarda la possibilità di avere come membri del personale dei tribunali, o come avvocati o procuratori, non solo più sacerdoti, ma anche laici. Analogamente, per svolgere tali funzioni non è più strettamente necessaria la laurea in diritto canonico, ma la competenza richiesta può essere comprovata anche in altro modo, ad esempio con il titolo di licenza.

Altri punti significativi sono il passaggio del termine della prescrizione da dieci a venti anni, restando sempre la possibilità di deroga anche oltre tale periodo, e la equiparazione ai minori delle persone con limitato uso di ragione, e la introduzione di una nuova fattispecie: la pedopornografia. Questa viene così definita: "L’acquisizione, la detenzione o la divulgazione" compiuta da un membro del clero "in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, di immagini pornografiche aventi ad oggetto minori di anni 14".
C’è un punto parecchio delicato, tuttavia, che le nuove norme introdotte da Benedetto XVI non toccano. Riguarda la collaborazione con le autorità civili. Bisogna tener conto che le norme pubblicate dal Papa emerito sono parte dell’ordinamento penale canonico, in sé completo e pienamente distinto da quello degli Stati. Dice in proposito il portavoce vaticano padre Federico Lombardi: "A questo proposito si può tuttavia far notare quanto scritto nella già ricordata "Guida alla comprensione delle procedure…" pubblicata sul Sito della Santa Sede. In tale "Guida" la indicazione: "Va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte", è stata inserita nella Sezione dedicata alle "Procedure preliminari". Ciò significa che nella prassi proposta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede occorre provvedere per tempo ad ottemperare alle disposizioni di legge vigenti nei diversi Paesi e non nel corso del procedimento canonico o successivamente ad esso".

24 luglio 2013

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view post Posted on 26/7/2013, 09:38
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L'INTERVISTA di ELENA AFFINITO e GIORGIO RAGNOLI
"Difficile curare i preti pedofili
in un ambiente ecclesiastico"
"Difficile curare i preti pedofili in un ambiente ecclesiastico"
Il parere del professor Maurizio Marasco, docente di Psicopatologia forense alla Sapienza di Roma
MILANO - La psichiatria accademica tende a minimizzare le possibilità di recupero per i soggetti che abusano di minori, soprattutto se non curati precocemente, e tende ad escludere l'efficacia riabilitativa di qualsiasi trattamento farmacologico, compresa la castrazione chimica. La pedofilia non è una malattia mentale, ma piuttosto un disturbo abnorme del comportamento sessuale che di solito emerge durante lo sviluppo evolutivo, in età prepuberale.

"Il pedofilo non è un malato di mente e conserva la capacità di rendersi conto del valore o disvalore delle proprie azioni", spiega lo psichiatra Maurizio Marasco, professore di Psicopatologia forense all'università "La Sapienza" di Roma. "Quando compiono l'atto, questi soggetti sono molto attenti nell'occultare la propria azione sessuale. Sono astuti e abili nel nascondere tutte le prove a loro carico e sanno benissimo che stanno commettendo dei reati".

Il professor Marasco spiega di aver incontrato, in qualità di perito nominato dal tribunale, preti accusati di molestie sessuali su minori: "Per esperienza ritengo che i soggetti che sono protagonisti di questi comportamenti si sono avviati verso il sacerdozio con personalità già deviate fin dal loro processo evolutivo. Nei rari casi in cui i disturbi si manifestano dopo l'ordinamento, probabilmente c'è un'immaturità dal punto di vista psicosessuale".

Sembra che la medicina ufficiale ignori le strategie di sostegno attuate dai Padri Venturini. Nonostante queste comunità religiose si avvalgano anche di specialisti laici, tutto rimane sotto uno scrupoloso riserbo. "Posso immaginare che questi soggetti vengano sospesi dal sacerdozio e inviati in una comunità per essere sottoposti a cure", prosegue il professor Marasco, "Ho qualche dubbio però che in un ambiente chiuso come quello ecclesiastico si possano ottenere buoni risultati. Inoltre affidare questi soggetti a psicologi che vengono dallo stesso ambiente, mi lascia perplesso". Poiché i sacerdoti, psicologo e paziente, condividono lo stesso mondo e la stessa morale, il terapeuta, anziché mantenere una posizione neutra, tenderà a esercitare il giudizio e a far emergere il senso di colpa, piuttosto che la consapevolezza delle proprie pulsioni. Sulle possibilità di reinserimento dei pedofili nel loro ambiente, Marasco è categorico: "Ho enormi riserve sul reintegro dei sacerdoti pedofili in un contesto che li esponga a contatti con minori. Nei soggetti adulti la possibilità di debellare questa anomalia del comportamento è minima, per non dire nulla. Il rischio che si riattivi è altissimo".

Il professor Marasco spiega che, in linea di massima, i soggetti pedofili non accettano spontaneamente una terapia di tipo psichiatrico. Senza questa volontà la psicoterapia non può essere efficace. Il pedofilo non vuole uscire dalla sua situazione perché da essa trae gratificazione. Nel sistema sanitario italiano, soprattutto in quello pubblico, non ci sono centri in grado di accogliere questo tipo di casi. Una volta uscito dal carcere il pedofilo rimane un soggetto pericoloso. "Sarebbe utile, come succede ad esempio in Svizzera, che si costituissero dei centri che possano aiutare i pazienti ad inibire i propri impulsi in modo da non compiere l'atto", continua lo psichiatra."Oltre a questa mancanza In Italia c'è un rifiuto anche da parte di molti miei colleghi a curare soggetti che hanno un disturbo così sgradevole, per usare un termine elegante. C'è un rifiuto davanti ad azioni così degradanti. La terapia dovrebbe cominciare subito: il carcere non deve essere solo un luogo di afflizione, ma deve avere un ruolo nella riabilitazione. Rimessi in libertà questi soggetti dovrebbero essere inseriti in comunità e trattati con psicoterapie cognitive e relazionali per evitare il ritorno di comportamenti deviati, anche se l'alterazione rimarrà comunque sempre latente: fa parte dello stile di vita del soggetto ed è molto difficile sradicarla".

24 luglio 2013

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http://inchieste.repubblica.it/it/repubbli...eppia-62445901/

L'AVVOCATO di ELENA AFFINITO e GIORGIO RAGNOLI
"Niente comunità per don Seppia
Il giudice teme che compia altri reati"
MILANO - Don Riccardo Seppia è stato arrestato nel maggio del 2011, dopo essere finito casualmente in un'inchiesta su un traffico di droga, spacciata nelle palestre e nelle saune di Milano. Le intercettazioni telefoniche avevano rivelato le ossessioni pedofile del prete, condannato a 9 anni e 6 mesi di reclusione con pena confermata in appello. Nel 2012 l'avvocato Paolo Bonanni, difensore di Seppia, ha presentato richiesta di trasferimento del parroco dal carcere di Sanremo alla comunità terapeutica di Verbania, ma il gip di Genova l'ha respinta."Avevamo depositato la richiesta di trasferimento nell'ottica di un percorso riabilitativo", racconta l'avvocato Bonanni, "e invece il giudice ha ritenuto che una volta in libertà, l'indagato potesse commettere reati della stessa specie. Secondo noi il carcere non è la soluzione al disagio manifestato dal mio assistito. Prima o poi uscirà, se non gli diamo la possibilità di riabilitarsi e di avere un appoggio psicoterapeutico e quando sarà libero rischierà di essere peggio di prima. Quella dei Padri Venturini di Verbania è una struttura di tipo conventuale, dedicata alla preghiera, non è un ospedale, è un luogo di residenza con lo scopo di riabilitare il soggetto. Non mi hanno parlato di terapia farmacologica, ma non escludo che la facciano. I tempi di permanenza previsti sono abbastanza limitati; un termine congruo può essere di sei/otto mesi al massimo, questo è quello che mi è stato prospettato. Una volta uscito da lì il soggetto, presa consapevolezza dei propri sbagli, è presumibilmente riabilitato".

"A Verbania", conclude l'avvocato, "don Seppia sarebbe stato inserito all'interno di un programma riabilitativo, ma il giudice ha ritenuto che la funzione punitiva del carcere fosse maggiormente necessaria. È stato lo stesso don Seppia a indicarmi la casa di accoglienza di Verbania. Il mio assistito sapeva dell'esistenza di questi centri gestiti da sacerdoti. Ho provato a contattare i Padri Venturini, che mi hanno mandato la dichiarazione di disponibilità e garantito un tipo di percorso finalizzato al recupero. L'eventuale reinserimento nel clero di don Seppia, dipenderà comunque dall'autorità ecclesiastica".

05 luglio 2013

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Sospeso 'a divinis' padre Nuvola, il prete pedofilo accusato di istigazione alla prostituzione

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Scritto da Redazione bnews Giovedì 25 Luglio 2013 18:53

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Don Aldo Nuvola è stato sospeso a divinis: lo rende noto l'Arcidiocesi di Palermo commentando il caso del sacerdote fermato dai carabinieri con l'accusa di induzione alla prostituzione minorile.

Il provvedimento è stato preso - spiega la nota - «tenuto conto del fatto che il prete non ha ottemperato a quanto disposto - anche per motivi legati, a suo dire, alle condizioni
di salute e alla necessità di sottoporsi ad un trattamento chirurgico - e in considerazione degli sviluppi delle attuali indagini che hanno evidenziato la reiterazione del reato».

«Don Aldo Nuvola - prosegue la nota- era stato invitato a presentare le dimissioni dalla carica di insegnante di religione il 4 ottobre 2008 non appena avuta notizia della denuncia per atti osceni in luogo pubblico e a dimettersi da parroco della parrocchia Regina Pacis nel dicembre 2008, allorquando si era avuta la notizia di un procedimento nei suoi riguardi per molestia nei confronti di un giovane di 17 anni».

«Inoltre - conclude la nota - gli era stato intimato di soggiornare presso la Casa 'Il Cenacolo' dei Padri Venturini a Barcellona Pozzo di Gotto per un periodo di riflessione e di accompagnamento spirituale e psicologico. Successivamente è stato stabilito che seguisse un percorso organico e ben strutturato della durata di almeno due anni, che mirasse al consolidamento della maturità umana, affettiva e sacerdotale presso una struttura protetta».

L'Arcidiocesi fa sapere che «nei confronti del sacerdote è già da tempo in corso la procedura canonica per la definizione del caso, non escludendo la dimissione dallo stato clericale e la dispensa dagli obblighi del celibato».
 
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