Laici Libertari Anticlericali Forum

Atlante dell'omofobia

« Older   Newer »
  Share  
Felipe-bis
view post Posted on 4/11/2010, 14:19




www.lettera43.it/articolo/1977/atlante-dellomofobia.htm

Intolleranza

Atlante dell'omofobia
Gay nel mirino: dall'uscita di Berlusconi alle leggi in Uganda.

«Meglio essere appassionato di belle ragazze che gay», ha dichiarato con il consueto candore il premier italiano Silvio Berlusconi. Doveva essere il modo divertente per uscire da una situazione imbarazzante (leggi l'ennesimo scandalo) ne ha creata una altrettanto grave (leggi le reazioni del mondo omosessuale). Ovviamente, con sincero stupore del capo del governo che, come noto, è incline alla battuta a sfondo maschilista.
Agli scivoloni del primo ministro l’Italia ormai è assuefatta; eppure ciò che colpisce nell’affermazione è il retroterra culturale in cui pare inserirsi: quello di un Paese moderno, democratico e tollerante, ma che quando si parla di sesso e sessualità non riesce a discostarsi dal machismo coltivato come tratto di virilità dal Duce in sù. Una virilità talvolta apparentata con l’omofobia, nemmeno troppo nascosta. È di metà ottobre, per dire, la dichiarazione di Rocco Buttiglione, esponente in vista della formazione cattolica Udc: «Essere gay è moralmente sbagliato, come lo è l’adulterio, il non pagare le tasse o il non donare soldi ai poveri».
D’altra parte già nel 2004 la candidatura di Buttiglione alla Commissione europea con le deleghe alla giustizia, sicurezza e legalità era stata rifiutata dal parlamento Ue per le sue posizioni sui gay: «Come cattolico considero l'omosessualità un peccato, ma non un crimine», aveva detto all’epoca. In sua difesa, peraltro, si era prontamente schierato Mirko Tremaglia, ex giovane di Salò e all’epoca ministro degli Italiani all’estero, che su carta intestata aveva vergato il proprio disappunto: «Purtroppo Buttiglione ha perso: i culattoni sono in maggioranza».
Un quadro abbastanza deprimente, cui aveva provato a rimediare due anni dopo la stessa assemblea europea, approvando una risoluzione in cui si condannava «con forza ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale» e in cui si chiedeva agli Stati membri di assicurare che le persone gay, lesbiche, bisex e trans venissero protette da «discorsi omofobici intrisi d'odio e da atti di violenza», invitando inoltre «a garantire l'effettivo rispetto della libertà di manifestazione, prevista da tutte le convenzioni in materia di diritti umani».
Insomma, le idee di Buttiglione, per quanto lontane dalla violenza fisica, non erano nemmeno vicine a tale manifesto programmatico.

Serbia e Romania, il bollino nero dell’intolleranza
La dichiarazione d’intenti dell’Europa, però, è rimasta spesso lettera morta. La Serbia, sul cui ingresso nell’Unione si discute da anni, a ogni occasione utile mostra il proprio lato omofobo e intollerante.
Non più tardi di domenica 10 ottobre, in occasione del gay pride, Belgrado si è trasformata in un campo di battaglia: gli estremisti dell’ultradestra nazionalista sono scesi in campo contro i manifestanti, protetti da robusti cordoni di polizia, insufficienti però a prevenire pestaggi e violenze diffuse (leggi l’articolo). Al termine della sfilata, la prima in un decennio dopo che la precedente nel 2001 si era conclusa in un altro bagno di sangue, 147 persone erano ferite e 249 in stato di fermo.
E sempre in Serbia, stando a un'inchiesta dell'emittente radiofonica Free Europe, ha fatto recentemente notizia l’apertura di una clinica per curare l’omosessualità, a opera del dottore Mitojlub Petrovic. Non solo un progresso per la medicina, stando alle parole del dottore, ma anche un modo per salvare la vita ai gay: «Anche se attualmente il sistema giudiziario non prevede la loro condanna a morte, io sarei per uno Stato che imponesse loro una scelta: o cambiano orientamento o tocca loro la pena capitale».
Non va meglio in Romania, neo ammessa nella Ue. Secondo un sondaggio del 2003 dell’Istituto Gallup, il 40% dei rumeni non vorrebbe omosessuali sul territorio dello Stato, il 68% pensa che l'omosessualità sia "una cattiva cosa" e il 36% che dovrebbe essere sanzionata: il 55% addirittura con la perdita di determinati diritti. Non certo un quadro da campioni di integrazione.

Il caso Uganda e la legge contro l'omosessualità
Se questa è l’Europa, il resto del mondo non offre grandi consolazioni. In Uganda, Africa orientale, ha fatto scalpore a ottobre la pubblicazione sulla rivista locale Rolling Stone (nessuna parentela con il più celebre magazine americano) l’elenco di 100 omosessuali in vista nel Paese, con sopra un appello chiaro: Hang them!, impiccateli.
Giles Muhame, direttore del giornale, dopo le proteste della comunità internazionale, si è goffamente scusato dicendo che si trattava di un modo per evitare che bambini innocenti venissero adescati da malintenzionati, una giustificazione cui non ha creduto nessuno. E tuttavia il maestoso sfoggio di omofobia ha prodotto comunque i suoi tetri risultati: l'incremento massiccio di copie vendute di una pubblicazione altrimenti insignificante e per lo più sconosciuta (ha soli due mesi di vita) e, soprattutto, l'esplodere della violenza contro almeno 15 delle persone incluse nel macabro scoop.
L’Uganda, tuttavia, ha già un precedente pesante, che rivela in modo chiaro come un'informazione così fuorviata possa trovare dei lettori. Nel marzo di quest’anno i conservatori della coalizione di governo si sono fatti promotori di una legge anti omosessualità: tra i capisaldi della normativa, la prigione a vita per i gay dichiarati, sette anni di reclusione per chi incoraggia azioni amorose tra persone dello stesso sesso e la pena di morte per i malati di Hiv che avessero rapporti con omosessuali. Un decalogo dell’orrore fermato solo dall’intervento dell’Unione europea e dagli Stati Uniti, con il presidente Obama in prima fila.

Iraq liberato, non dall’omofobia
Nella Baghdad riconvertita a un simulacro di democrazia secondo i dettami occidentali, è rimasto ampio spazio all’intolleranza nei confronti delle diversità, tragicamente alimentata proprio dagli strumenti importati dagli eserciti liberatori.
Parallelamente al nuovo manifestarsi dei gay su social network e affini, protetti dall’anonimato digitale, si è scatenata in città una macabra caccia all’uomo: nel settembre del 2009 un gruppo di fondamentalisti si intrufolò nei siti della nascente comunità omosessuale per agganciarne i membri, salvo poi ferirli, umiliarli e talvolta ucciderli al primo appuntamento fuori dallo schermo.
Il rifiuto totale dell’omosessualità è d’altra parte tristemente famoso nei Paesi arabi, per lo meno quelli in cui l’Islam regola anche la vita politica, a partire dal divieto esplicito nel Corano di atti di sodomia (che varrebbe, in teoria, anche per i rapporti etero). Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi puniscono l’amore tra persone dello stesso sesso con fustigazione e pena di morte; lo Yemen, culla del terrorismo internazionale, con la tortura e la pena di morte; e Paesi “moderati” come Algeria, Libano e Siria con la multa e, in alcuni casi, il carcere.

Don’t ask don’t tell, gli Stati Uniti si girano dall’altra parte
Tuttavia, pensare che l’intolleranza sia frutto di battaglie ideologiche dell’Islam retrogrado sarebbe un peccato di superbia. Gli Stati Uniti, capaci di eleggere un presidente di colore, non hanno mai modificato la legge che impedisce formalmente ai gay di arruolarsi nell’esercito.
Un problema cui ovviò, con un gioco di prestigio imbarazzante agli occhi della comunità internazionale, la presidenza Clinton nel 1994, istituendo la prassi del Don’t ask don’t tell (non chiedere, non dire): versione a stelle e strisce del non vedo, non sento, non parlo, e cioè il totale mascheramento della propria identità sessuale all’interno dell’esercito.
Una pratica che molti ragazzi hanno recentemente avuto il coraggio di denunciare, avviando una mobilitazione nazionale per abrogare l’emendamento Clinton e modificare la legislazione: cosa che l’amministrazione Obama non è riuscita ancora a realizzare, e difficilmente mai farà se il Congresso passerà sotto il controllo dei repubblicani. Proprio Andrew Paladino, candidato dei conservatori come governatore di New York alle elezioni del 2 novembre, ha dichiarato «Essere gay non è l’insegnamento che dobbiamo dare ai nostri figli». Un inizio che non fa ben sperare.

Martedì, 02 Novembre 2010


 
Top
Felipe-bis
view post Posted on 3/1/2011, 07:41




http://temi.repubblica.it/micromega-online...ni-e-lomofobia/

Nel nome del padre, dell’omofobo e del transfobo. Il Rapporto 2010 sulle religioni e l’omofobia


da gionata.org

Mentre il 2010 volge al termine, salutiamo il nuovo anno con la pubblicazione, per la prima volta in italiano, del “Rapporto 2010 sulle religioni e l'omofobia” che fa parte del “Decimo Rapporto sull'omofobia 2010” *, circa 180 pagine, curato dall'associazione francese “Sos Homophobie” **.

Nelle 12 pagine dedicate alle “Religioni e l'omofobia” e intitolate “Nel nome del Padre, dell'omofobo e del transfobo” il Rapporto 2010 traccia un quadro complesso, con molte ombre e qualche luce, perché a tutt'oggi le religioni sono ancora dei mezzi di potente legittimazione dell'omofobia e della transfobia agli occhi di numerosi credenti.
Le persone omosessuali credenti invece, dal canto loro, spesso sono lacerate tra “il loro credo, il peso della tradizione religiosa e la loro identità sessuale’ e ‘fanno fatica a trovare un equilibrio”.

Il Rapporto 2010 affronta questi temi attraverso un rapido excursus sulle principali religioni occidentali: Cristianesimo (suddiviso in cattolici, anglicani, evangelici), Islam e Ebraismo.
Sei agili sezioni intitolate: il cattolicesimo tra compassione e ipocrisia; l'omofobia non è omogenea all'interno del cristianesimo; Islam: tutto lo spettro dell'omofobia e della trans fobia; L'ebraismo: tu non amerai affatto; Ebraismo. Il punto di vista di Franck Giaoui e al termine una piccola rassegna stampa.

E’ stato un lungo anno, pieno comunque di tante sorprese positive, non ultima l'approvazione in Italia, da parte del Sinodo della Chiesa Valdese, della benedizione matrimoniale per le coppie omosessuali.
Perché, come ricorda questo Rapporto 2010, “le religioni non sono entità monolitiche e la loro interpretazione varia secondo la società, secondo il Paese, e anche secondo l'atteggiamento e l'indirizzo delle diverse autorità religiose, così anche omosessuali e trans cominciano ad essere accolti/e da alcune istituzioni religiose”.

Questo vuol essere il nostro augurio per un buon anno per tutti gli uomini di buona volontà.

Nel nome del padre, dell'omofobo e del transfobo
Il Rapporto 2010 sulle religioni e l'omofobia

Ancora una volta SOS homophobie ha ricevuto soltanto un limitato numero di testimonianze che denunciano l'omofobia e la transfobia che originano dalla sfera delle religioni.
I discorsi religiosi rimangono tuttavia dei potenti vettori che troppo spesso legittimano l'omofobia e la transfobia agli occhi dei credenti.

Sette testimonianze ricevute dall'associazione richiamano indirettamente questa realtà.

Lacerati tra il loro credo, il peso della tradizione religiosa e la loro identità sessuale, un certo numero di omosessuali e di trans in questo modo fanno fatica a trovare un equilibrio.

Ma le religioni non sono entità monolitiche e la loro interpretazione varia secondo la società, secondo il Paese, e anche secondo l'atteggiamento e l'indirizzo delle diverse autorità religiose, così anche omosessuali e trans cominciano ad essere accolti/e da alcune istituzioni religiose.

IL CATTOLICESIMO TRA COMPASSIONE E IPOCRISIA

Dopo la condanna della teoria del genere (1) da parte del Papa Benedetto XVI in occasione del suo discorso alla Curia nel 2008, per tutto il 2009 il Vaticano non ha smesso di opporsi all'uguaglianza di diritti delle minoranze sessuali in nome dei valori della "famiglia tradizionale" e del matrimonio eterosessuale.

La Chiesa cattolica continua a mettere in guardia gli Stati sui pretesi pericoli per la società insiti nell'autorizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

L'anno 2009 è anche stato caratterizzato dalla revoca, avvenuta in ottobre, di Padre Santoro da parte dell'Arcivescovo di Firenze, per aver celebrato il matrimonio religioso di una transessuale e del suo compagno, che erano già sposati civilmente da venticinque anni.

Con la stessa pervicacia il Vaticano continua a condannare i progetti di legge che prevedono che le coppie dello stesso sesso possano accedere all'adozione.

A questo proposito il progetto di legge uruguayano, così come la decisione del tribunale amministrativo di Besançon di concedere il nulla osta all'adozione ad Emmanuelle B., sono state nuove occasioni per la Chiesa di Roma di riaffermare il suo rifiuto dell'adozione da parte di omosessuali "per il bene del bambino".

Nella continuità delle argomentazioni tenute nel 1986 dal cardinale Ratzinger (futuro papa), che fanno riferimento all'omosessualità come ad "una minaccia per la vita e il benessere di un certo numero di individui", il Vaticano ha rifiutato di firmare la dichiarazione presentata il 13 dicembre 2008 all'ONU che richiedeva la depenalizzazione universale dell'omosessualità (2).

La controproposta promossa dal Vaticano e da numerosi Stati islamici afferma che i diritti umani universali non includono "l'interessarsi ai diritti di specifiche persone", escludendo di fatto le minoranze sessuali, ma sostiene "i principi di non-discriminazione e di uguaglianza".

Fatto questo che non impedisce al Papa e alla Chiesa di opporsi nel febbraio 2010 a un progetto di legge sull'uguaglianza che proteggesse gli omosessuali e i trans dalla discriminazione nelle assunzioni al lavoro.

La Santa Sede rimane così in profondo contrasto con le realtà pastorali di accoglienza così come con il vivere quotidiano e il benessere dei credenti omosessuali e trans.

La reazione del Vaticano alla dichiarazione del cardinale messicano Javier Lozano Barragan nel dicembre 2008 costituisce un esempio del paradosso e dell'ipocrisia della Chiesa di Roma.

Il cardinale Barragan affermava: "Forse essi [le persone LGBT] non sono colpevoli ma, agendo contro la dignità del corpo, non entreranno nel Regno dei cieli [...]. L'omosessualità è dunque un peccato [...].

Ma questo non giustifica nessuna forma di discriminazione. Soltanto Dio ha il diritto di giudicare. Noi, sulla Terra, non possiamo condannare, e in quanto persone, abbiamo tutti gli stessi diritti. Sono comunque persone e dunque devono essere rispettate".

Il portavoce della Santa Sede ha allora ricordato il Catechismo della Chiesa cattolica che definisce "disordinati" gli atti omosessuali, ma prende atto del fatto che "un numero non indifferente di uomini e di donne presentano profonde tendenze omosessuali", e che costoro "devono essere accolti con rispetto, compassione e delicatezza".

La Chiesa cattolica romana dunque accoglie "nella compassione" (patire insieme...) gli omosessuali o i trans, "peccatori per loro stessa natura". Ma se essa sembra accettare le persone, per contro condanna gli atti, i comportamenti, e dunque i diritti degli omosessuali e dei trans.

Questa inaccettabile posizione è una negazione del diritto delle minoranze sessuali ad essere se stesse.
Costituisce quindi una fertile base per l'espressione di un'omofobia e di una transfobia da parte delle correnti fondamentaliste.

Così nell'ottobre 2009, riuniti in Vaticano nel quadro di un sinodo sull'Africa, alcuni vescovi hanno proposto leggi contro il matrimonio omosessuale.

Gli estremisti religiosi cristiani cercano anche i fondamenti della loro legittimità, sull'esempio della Fraternità San Pio X di Stoccarda, che nel luglio 2009 aveva paragonato l'omosessualità al nazismo.

Gli estremisti ultranazionalisti e religiosi approfittano dell'ambiguità della parola delle istituzioni religiose per far annullare il Gay Pride di Mosca o quello di Belgrado.

L'OMOFOBIA NON È OMOGENEA ALL'INTERNO DEL CRISTIANESIMO

Il cristianesimo, composto da una pluralità di Chiese, oggi si deve confrontare con le discussioni sul riconoscimento dei diritti delle minoranze sessuali.

Resa fragile da un persistente disaccordo riguardo all'omosessualità e all'ordinazione di donne vescovo, la Chiesa anglicana con la sua corrente più liberale costituisce uno dei rami del cristianesimo più consapevoli delle realtà della nostra società.

Secondo Inclusive Church, un'associazione che promuove la diversità all'interno della comunità anglicana, le persone LGBT rappresentano nel 2009 circa il 20% del clero della Chiesa anglicana.

Il fondatore di Inclusive Church oggi vuole portare le autorità religiose a riconoscere questa situazione e metter fine all'ipocrisia: "Guardate tutte queste persone, esse svolgono un ruolo nella vita della Chiesa da dieci, venti, trenta e a volte addirittura da quarant'anni". Dobbiamo aprire gli occhi e smetterla di pretendere che tutto questo non esista".

Tuttavia la Chiesa di Inghilterra non ha mai fatto niente per i diritti degli omosessuali e dei trans. Inoltre la benedizione dell'unione di due reverendi gay fatta nel giugno 2009 dal pastore Martin Duedley ha provocato l'ira della frangia conservatrice degli anglicani.

La Chiesa anglicana americana è anche pioniera per l'integrazione di tutti i suoi fedeli. Il vescovo del Maine affermava nel luglio 2009: "Abbiamo dei fedeli gay e lesbiche, e dei membri del clero gays e lesbiche, noi cerchiamo di onorare la diversità della fede e della teologia nella nostra Chiesa".

In questa occasione la Chiesa episcopale degli Stati Uniti ha dato il suo accordo alla benedizione delle unioni omosessuali negli Stati che le riconoscono legalmente. Alcuni giorni più tardi, essa autorizzava ufficialmente l'ordinazione di pastori, uomini e donne, omosessuali.

Ma bisogna aspettare il dicembre 2009 affinchè la prima lesbica venga nominata vescovo di questa Chiesa e messa a capo della diocesi di Los Angeles.

Dopo la Chiesa episcopale Americana, sono i protestanti luterani ad accettare, nell'agosto 2009, i pastori omosessuali celibi o in coppia.

La Chiesa luterana ha anche consacrato nel novembre 2009 la prima vescova pastora lesbica a capo del vescovato di Stoccolma. La Chiesa di Svezia d'altra parte aveva approvato ufficialmente il matrimonio di omosessuali nelle sue chiese.

ISLAM: TUTTO LO SPETTRO DELL'OMOFOBIA E DELLA TRANS FOBIA

L'Islam, benché non sia il solo a fare discorsi di odio verso le minoranze sessuali, resta nel 2009 una delle confessioni maggiormente omofobe e transfobe.

Delle dieci testimonianze riguardanti questa confessione ricevute quest'anno da SOS homophobie, sei mettono sotto accusa delle affermazioni e delle azioni omofobe e transfobe provenienti da individui di religione musulmana.

Nel mondo musulmano d'oggi, il fatto di svelare la propria identità sessuale può sempre condurre a morte.
L'Islam considera la famiglia tradizionale come la chiave del mantenimento di una società "morale".

Numerosi musulmani LGBT devono affrontare l'isolamento e l'ostracismo da parte della loro famiglia e della loro comunità.
Così Ahmet Yildiz, omosessuale turco ventiseienne, nel luglio 2008 veniva assassinato a colpi di fucile ad Istanbul in un agguato che la famiglia, in nome dell'onore e dei valori famigliari dell'Islam, aveva vigliaccamente organizzato contro di lui.

In casi estremi, le minoranze sessuali possono dover affrontare sentenze legali di carcerazione, di flagellazione, e anche di morte.

Così l'Iran, che figura tra i 77 Paesi che vietano penalmente l'omosessualità e la transessualità ancora nel 2009, ha condannato a morte nel mese di ottobre 2009 il sedicenne Nemat Safavi riconosciuto colpevole da un tribunale di aver praticato "atti sessuali che non sono ammessi".

Ed inoltre, secondo un rapporto dal titolo: Vogliono sterminarci: assassinio, tortura, orientamento sessuale e generi in Irak, pubblicato nell'agosto 2009 da Human Rights Watch, le azioni di tortura e le sommarie esecuzioni riguardanti uomini sospettati di omosessualità si vanno intensificando in nome dell'applicazione della legge islamica.

L'Arabia Saudita contribuisce attivamente alla sanguinosa repressione dell'omosessualità, come ha dimostrato la decapitazione con la sciabola di due Sauditi il 4 agosto 2009. Alcuni Paesi musulmani, come il Senegal, stigmatizzano le minoranze sessuali esumando le spoglie delle persone LGBT dai cimiteri musulmani (maggio 2009).

Altri Paesi islamici, anche se non puniscono con la morte gli omosessuali e i trans, si sono opposti, insieme al Vaticano, alla depenalizzazione universale dell'omosessualità all'ONU, nel dicembre 2008.

Ali Abdussalam Traki, diplomatico libico all'ONU, d'altra parte si era espresso così: "Si tratta di un argomento molto delicato, molto sensibile. In quanto musulmano, io non sono favorevole. L'omosessualità non è accettata nella maggioranza dei Paesi del mondo. E ci sono Paesi che l'autorizzano, pensando che sia una forma di democrazia... Penso che non sia così".

I Paesi europei contano un'importante popolazione musulmana, dalla quale le persone LGBT possono essere respinte in nome della religione.
I comportamenti omofobi e transfobi che si basano sull'interpretazione di testi e sulla parola del clero musulmano continuano ad essere numerosi in Francia.

Ad esempio il club di football Bébel Créteil il cui allenatore nell'ottobre 2009 ha rifiutato che la sua squadra giocasse contro il club Paris Foot Gay per via delle convinzioni religiose dei calciatori musulmani.

Se non si può far altro che condannare ogni discorso di odio e il respingimento nella clandestinità delle minoranze sessuali da parte dei musulmani francesi, in compenso possiamo salutare il coraggio di uomini e di donne di cultura musulmana che testimoniano la loro aspirazione a vivere pienamente la loro omosessualità (Un omosessuale nella città di Brahim Nait-Balk; Homo-ghetto: Gays e lesbiche nelle città: i clandestini della Repubblica di Franck Chaumont).

Lo sforzo di reinterpretare il Corano e la legge islamica in favore dell'integrazione di tutti i fedeli deve costituire una priorità.

Siti Musdah Mulia, professore di pensiero islamico all'Istituto di Scienze indonesiane, ha del resto dichiarato nel novembre 2009 che "Gli omosessuali e l'omosessualità sono naturali e creati da Dio, e dunque compatibili con l'Islam".

L'EBRAISMO: TU NON AMERAI AFFATTO

La religione ebraica non rimane inattiva. Si veda l'esempio di Israel Gutman, storico dell'Istituto Yad Vachem di Gerusalemme, che nel maggio 2008 condannava la costruzione a Berlino di un monumento alla memoria della deportazione degli omosessuali durante la seconda guerra mondiale.

All'interno dei gruppi più estremisti i soggetti omosessuali e trans rimangono ancora tabù e oggetto di disprezzo per le autorità religiose, come denuncia il primo film di Haim Tabakman, 'Tu non amerai affatto', uscito nel 2009.

E sono ancora gli ebrei ortodossi che, nel maggio 2009, tramite il ministro israeliano dell'Interno, Eli Yishai, membro del partito ultraortodosso Shass, e del Grande Rabbinato di Israele, hanno richiesto lo spostamento del Gay Pride di Tel Aviv "lontano dalla popolazione credente e dai minori".

Tuttavia un rabbino ortodosso, Ron Yosef, ha rivelato pubblicamente la sua omosessualità e nel febbraio 2008 ha creato l'associazione HOD (acronimo ebraico che indica gli "omosessuali religiosi") e www.hod.org.il, il primo sito Internet indipendente concepito per gli omosessuali ebrei ortodossi.

Questo sito mira a sensibilizzare la comunità religiosa, a promuovere un dialogo in uno spirito più tollerante e a portare un sostegno psicologico al pubblico religioso omosessuale.

Per fare ciò, il fondatore di HOD non ha esitato a rivolgersi direttamente ai capi, agli educatori e ai rabbini della comunità ebraica ortodossa per difendere il diritto a partecipare alla vita quotidiana ebraica senza essere messi al bando dalla comunità.

L'assenza di argomentazioni religiose che condannano fermamente l'omofobia e la transfobia continua a rafforzare il senso di impunità degli estremisti delle tre grandi religioni monoteiste, ma continua anche ad escludere, di fatto, gli omosessuali e i trans rifiutando loro di poter vivere serenamente il loro orientamento o la loro identità sessuale e la loro fede.

Benchè nelle società più liberali comincino a sorgere i dibattiti e i confronti, è ancora difficile per un credente omosessuale o un trans trovare un posto nelle comunità religiose. Ed è proprio negli Stati religiosi, nei quali i diritti degli individui fanno riferimento all'interpretazione rigida della "legge divina", che l'omofobia e la transfobia rimangono più radicate.

In questo contesto, la difesa del principio di laicità sembra essere una protezione per lottare contro la diffusione dei valori omofobi e transfobi veicolati dalle tre religioni del Libro.

Nel 2010 e nel 2011 la giornata contro l'omofobia (Idaho) ha per tema le religioni. Questa è l'occasione, per SOS homophobie e per l'insieme delle associazioni LGBT, di denunciare i discorsi e le azioni omofobe e transfobe che originano dalle diverse confessioni.

Il mondo associativo LGBT e SOS homophobie invitano così i dignitari religiosi, ma anche i credenti, ad interrogarsi insieme sulla riconciliazione tra la fede e l'orientamento sessuale, la fede e la transidentità, allo scopo di instaurare il dialogo, di dare maggior incisività alla lotta contro le discriminazioni fatte alle persone LGBT e di riconoscere tutti i credenti, ciascuno nelle proprie diversità.

Il punto di vista di Franck Giaoui

Il Beit Haverim ("Casa degli Amici", in ebraico), è nato nel 1977 dal desiderio di un gruppo di amici preoccupati di conciliare la loro cultura ebraica e la loro omosessualità. Costituita come Associazione dal 1982, essa si indirizza ancora ai gays e alle lesbiche ebrei della Francia, ma le sue attività oggi tendono ad estendersi oltre questa sola doppia identità.

Sulla difficoltà di conciliare un'identità ebraica ed un orientamento omosessuale, Franck Giaoui risponde senza mezzi termini che si tratta soprattutto di "uno shock culturale" prima ancora di essere "uno shock religioso in rapporto a testi che proibiscono l'omosessualità": "[Questa conciliazione] non è difficile per quanto riguarda il singolo individuo. Ma quando la si considera in rapporto ad un quadro familiare, a tradizioni culturali talvolta molto pesanti, nel caso di famiglie tradizionali, allora sì che è complesso, e questo vale sia per i musulmani che per i cristiani."

Una ventina d'anni fa, se un giovane ebreo decideva di assumere la propria omosessualità, la viveva di nascosto, talvolta conduceva una doppia vita. "Era eccezionale che lo dicesse alla sua famiglia poichè essa (...) non parlava di omosessualità; e qualora essa fosse stata scoperta, si sarebbe spesso determinata una rottura famigliare."

Ma oggi, la comunità ebraica si è evoluta, proprio come la società francese. "Per il 78% dei simpatizzanti e dei membri del Beit Haverim nel 2009, ebraismo ed omosessualità sono conciliabili tra loro.
La maggior parte dei giovani ebrei ora assume la propria omosessualità, certo, talvolta contro il parere della famiglia, ma non è più un dramma, o in ogni caso lo è molto meno."

Allo stesso modo, anche se i testi sono rimasti identici, la loro interpretazione si è evoluta: "Ieri (il 17 febbraio 2009, ndr)una sinagoga concistoriale organizzava un dibattito sul punto di vista della Torah (3) riguardo all'omosessualità. Il rabbino teneva un discorso che soltanto cinque o dieci anni fa sarebbe stato impensabile, ed ora questi dibattiti sono frequenti!"

Quando viene interrogato sui fondamenti di un divieto dell'omosessualità presenti nei testi, Franck Giaoui ricorda che " il Beit Haverim non è incline ad esprimersi sulla religione poichè non è un'associazione di culto, ma di cultura".
E se accetta di risponderci, è semplicemente "in quanto responsabile associativo che da anni ascolta persone specializzate su quest'argomento", senza coinvolgere la responsabilità dell'associazione.

In primo luogo, "ciò che effettivamente è citato ne Pentateuco è una frase che dice . Ma l'interpretazione di testi "dipende dai diversi movimenti religiosi dell'ebraismo, che è ben lontano dall'essere unico."

Dall'interpretazione più ristretta ad esegesi più liberali, il senso dato al testo varia sensibilmente: divieto dell'atto di sodomia ("non essendo esplicitamente citata l'omosessualità femminile, (...) questo divieto riguarda soltanto l'omosessualità maschile"), oppure di ogni atto di potere sessuale di un uomo su di un altro... "Nell'interpretazione più liberale dei tasti, risulta vietato soltanto un atto sessuale che si assimila ad un avvilimento dell'altra persona, e questo indipendentemente dall'omosessualità."

In secondo luogo "la religione ebraica rivelata da un testo è soggetta ad un' enorme quantità di interpretazioni e di traduzioni, ci possono essere diverse accezioni di ciò che viene chiamato omosessualità e divieti."

E così il termine ebraico "toevah", che definisce l'omosessualità ma anche molti altri comportamenti, viene tradotto con "abominio" ma per alcuni sarebbe piuttosto sinonimo di "allontanamento": "Non sarebbe veramente un divieto, ma un allontanamento dalla fede o, per semplificare, un allontanamento da Dio."

E' interessante precisare che anche nelle correnti più rigide (ortodossi e ultraortodossi) è proprio l'atto che viene respinto, e non la persona. "Non si nasconde nella religione ebraica che una tendenza omosessuale può capitare a chiunque.
Ma ci sono testi che descrivono come è possibile correggere questa tendenza o questo orientamento sessuale.
In essi viene affermato che si deve esercitare il proprio libero arbitrio per canalizzare correttamente il proprio orientamento verso cose che non sono proibite. In altre parole per astenersi dal passare all'atto concreto..."

"Di contro nei movimenti liberali, per esempio negli Stati Uniti, ci sono sinagoghe che sono completamente 'omofile' nelle quali delle lesbiche e dei gays sono rabbini."

Anche degli eterosessuali frequentano queste sinagoghe, poichè vi trovano "al di là della religione, (...) una trasmissione di cultura più aperta che in certe sinagoghe o scuole religiose molto ortodosse".

Oltre alla sua partecipazione ai principali raduni LGBT in Francia, il Beit Haverim offre numerose attività. Franck Giaoui precisa che "per quanto riguarda la dimensione ebraica, [l'associazione] non propone alcun ufficio religioso dato che non ci sono officianti.

Invece dal lato pratico, organizza in modo piuttosto conviviale o semplicemente come una festa, delle serate cercando di farle coincidere con le feste religiose: a Pourim (4), a Pessa'h (5), a Roch Hachana (6)...

Talvolta queste feste vengono combinate con serate a tema, come i travestimenti in occasione di Pourim". Allo stesso modo si riappropria e gestisce i tradizionali pranzi del shabbat (7) organizzando dei pasti preparati a turno dai suoi aderenti "per ritrovare un'atmosfera tradizionale" nella casa del Beit.

"L'apertura della Casa del Beit ha avuto grande importanza poichè ci ha permesso, dopo tre anni, di avere numerose e varie attività in un luogo fisso e centrale di Parigi [5, rue Fénelon, nel X arrondissement]."

Il Beit Haverim organizza e partecipa anche a conferenze e scambi "con le diverse componenti della comunità ebraica (...) su vari argomenti di cultura, di società o di religione."

Ma le sua attività non si limitano a questo e mirano ad un'apertura sulla società, su attività socializzanti che non riguardano soltanto la cultura ebraica: corso di ebraico, scuola di canto, cineclub, forum "genitorialità", laboratori di sviluppo personale, serate conviviali... "

Queste attività sono riservate agli aderenti ma tutti, ebrei o non ebrei, omo o etero, possono venirci una volta a fare una prova prima di aderirvi."

Sta di fatto che Franck Giaoui porta uno sguardo nuovo e critico sugli attuali movimenti associativi, uno sguardo che non cessa di interrogare la società e le sue evoluzioni.

Partendo dalla constatazione che oggi i giovani si incontrano e comunicano prima di tutto tramite le nuove tecnologie e i social networks di Internet, e da quella di un militantismo ancora necessario ma talvolta obsoleto nella sua forma (visti i progressi dei diritti LGBT negli ultimi vent'anni), comprende perchè "certi giovani (...) dicono di non comprendere l'utilità, per essi, di un'associazione esclusivamente militante".

Secondo lui l'avvenire delle associazioni LGBT passa attraverso un adattamento: "La società sta già progredendo: il 64% dei Francesi sono favorevoli a concedere il diritto al matrimonio alle coppie omosessuali e il 57% a concedere loro il diritto di adottare.

E' evidente che al momento giusto il legislatore saprà mettersi d'accordo con la società, vale a dire con i suoi elettori! Tra una decina d'anni ci saranno di nuovo altre sfide. Dunque quello che si deve fare è preparare le generazioni di oggi e di domani perchè il nostro militantismo non sia un militantismo comunitarista.

Io penso che una della grandi evoluzioni, che in ogni caso il Beit Haverim da qualche anno ha iniziato a percorrere, è l'apertura verso una lotta per l'universalità dei diritti. Non si chiedono diritti specifici per gli omosessuali, le lesbiche e i trans: si chiede che tutti abbiano gli stessi diritti.

Non si chiede una lotta specifica contro gli antisemiti: si chiedono delle leggi che combattano contro l'insieme delle stigmatizzazioni e delle discriminazioni razziste. (...)
E' bene che ognuno abbia una maggior apertura e non si limiti a difendere soltanto ciò che lo riguarda direttamente."

Ciò nonostante rimane ancora molto da fare in materia della doppia identità "ebraica-omosessuale". Far evolvere le diverse interpretazioni dei testi "verso un giusto equilibrio"; perchè "una coppia omo che desideri praticare la religione ebraica possa manifestarsi pubblicamente e i due possano venire fianco a fianco alla sinagoga.
Ed inoltre è anche più pratico, dato che in una sinagoga gli uomini sono insieme, le donne sono insieme, dunque è un vantaggio rispetto agli etero!"

"Si deve prendere ciò che c'è di buono in ognuno ed estenderlo all'insieme degli spiriti. E perchè non allargare questo approccio, oltre i confini della comunità ebraica, all'insieme della comunità nazionale in Francia?"

Questo articolo è preso da un'intervista con Franck Giaoui. Il testo integrale è disponibile sul sito www.sos-homophobie.org

RASSEGNA STAMPA

Gli omosessuali ‘non entreranno mai nel regno dei cieli’
Articolo tratto da Le Figaro (Francia) del 3 dicembre 2009

Gli omosessuali e i transessuali "non entreranno mai nel regno dei cieli" ha affermato ieri il cardinale Javier Lozano Barragan, emerito 'ministro della Salute' del Vaticano, aggiungendo che "sono comunque persone e dunque bisogna rispettarle".
Il portavoce di Benedetto XVI, padre Lombardi, ha reagito invitando ad "evitare qualsiasi forma di discriminazione ingiusta".

Indonesia: l'Islam si traveste
Articolo di Arnaud Vaulerin tratto da Libération (Francia) del 5-6settembre 2009

Da un anno i transessuali del Paese hanno il loro proprio luogo di culto
In precedenza si trovavano costretti a pregare sottoponendosi alla derisione, se non addirittura alle minacce.

Travestiti da uomo o da donna, scivolavano nelle sale di preghiera delle moschee temendo di essere smascherati. Maryani ha subito questo tipo di umiliazioni, prima di aprire, nel luglio 2008, la prima scuola coranica per waria: i transessuali secondo la denominazione indonesiana.

Questo luogo unico nel più grande paese musulmano al mondo, che accoglie omosessuali e travestiti si trova in una stradina di Notoyudan, tranquillo quartiere della cosmopolita capitale culturale del Paese, Yogyakarta. Non ci sono banchi, nè sale di lettura, e nemmeno la moschea in quella scuola.

Questo centro coranico non è simile a nessun altro. Trofei di concorsi di trucco si mescolano ad immagini kitsch della Mecca, foto di spettacoli circondano le riproduzioni delle sure.

Parrucchiera. In una sala dai muri gialli e arancio, Maryani riceve in casa sua, senza proselitismo. Nata uomo e cattolica, nel 1960 è diventata donna all'età di 15 anni. In seguito si è convertita all'Islam.

"Dio ha voluto così ed io ho rispettato la sua volontà. Ma sono rimasto fisicamente come Egli mi ha fatto." Questa ex prostituta e cantante si è trasformata in una pia parrucchiera che trucca e pettina bellerini, artisti e futuri sposi.

E' in questo modo che finanzia le attività del centro che accoglie regolarmente una trentina di transessuali, di gays e di lesbiche. "Accettiamo volentieri anche gli eterosessuali, dice Maryani divertita, ma sono soprattutto i 'waria' a venire qui. Anch'essi hanno il diritto di essere credenti.

Qui non hanno più bisogno di portare il mukena [il velo per le donne, ndr] o il sarong [per gli uomini. ndr].
Vengono per studiare e soprattutto per imparare i rituali, recitare il Corano e mangiare insieme, senza tensioni e senza minacce". E senza segregazione.

Tutti si ritrovano sul pavimento bianco della sala comune. Là vengono tenuti dei corsi gratuiti ad opera di una ventina di ustadz, degli insegnanti musulmani, che si alternano tra loro. Vengono dalla grande vicina scuola del predicatore Hamrolie Harun.

Da molti anni quest'uomo sta a fianco degli omosessuali e si fa vedere accanto a loro. Ha incoraggiato la creazione di Senin-Kamis, il nome ufficiale della scuola, che significa semplicemente lunedì-giovedì, i giorni in cui è aperta.

Rispetto. Certo, il Consiglio degli ulema si è irritato per gli spettacoli dei travestiti destinati a scaldare la folla dei meetings durante l'ultima campagna delle legislative del 9 aprile.

Ma questo significa dimenticare la vivace tradizione dei waria in Indonesia e la realtà della diversità culturale in questo Paese mosaico di 235 milioni di abitanti nel quale convivono musulmani, cristiani, induisti e buddisti.

A Yogyakarta, il clero non ha trovato nulla da ridire sul lavoro dedicato di Mareyani. "Il capo della moschea è venuto: E' un segno di rispetto, no?". Un vicino si affaccia con la testa attraverso la porta e saluta. Più tardi una donna porta delle verdure. Il successo di Senin-Kamis è tutto merito di Maryani. Sposata e poi divorziata, ha adottato una bambina che ha 8 anni, ed oggi si definisce "serena e in pace".

Vive la sua fede con un candore disarmante. Come una devota matriarca, Maryani vigila con abnegazione sul suo centro. Colpita dal terremoto del 27 maggio 2006, che ha fatto più di 5.000 morti a Yogyakarta, ha iniziato a raccogliere denaro tra i transessuali.

L'idea della scuola le è venuta successivamente. "Era mio destino aprire questo posto. Prima di morire voglio fare del bene e aiutare gli altri waria".
Ha convinto Tini a raggiungerla. Questa collaboratrice di 41 anni con discrezione assiste Maryani da molti mesi.

"Finalmente vivo senza essere minacciata, dice. Non era più possibile indossare il sarong per non sconvolgere la gente". Un planning, appuntato al muro, mostra dettagiatamente le attività: non c'è nemmeno uno spazio libero.

NOTE

(1) "L'uomo vuole rendersi autonomo e disporre autonomamente di ciò che lo riguarda, ma agendo in questo modo vive contro la verità, vive contro il suo creatore [...] Essa (la Chiesa) non ha solamente il dovere di difendere la terra, l'acqua e l'aria, ma anche di proteggere l'uomo dalla sua stessa distruzione."

(2) La dichiarazione in favore della depenalizzazione riafferma il principio di non-discriminazione e denuncia in particolare "il ricorso alla pena di morte, le esecuzioni extragiudiziarie, sommarie o arbitrarie, la pratica della tortura, dei trattamenti crudeli o disumani" inflitti agli omosessuali e ai trans.

(3) La Torah, "legge" in ebraico, definisce i primi cinque libri della Bibbia, chiamati anche "I Cinque Libri di Mosè" o "Pentateuco".

(4) Pourim è la festa che celebra le vicende, riportate nel libro di Ester, che hanno permesso agli ebrei di Persia di sfuggire, nel IV secolo a.C. ad un massacro.

(5) Pessa'h è la Pasqua ebraica.

(6) Roch Hachana è la celebrazione del nuovo anno del calendario ebraico.

(7) Il shabbat è il giorno di riposo assegnato al settimo giorno della settimana ebraica.

Testo originale tratto da Rapport sur l’homophobie 2010 (file pdf): http://www.sos-homophobie.org/sites/defaul...annuel_2010.pdf

(31 dicembre 2010)

* http://www.sos-homophobie.org/sites/defaul...annuel_2010.pdf
** www.sos-homophobie.org/
 
Top
Felipe-bis
view post Posted on 17/5/2011, 17:15




Una fede piena di omofobia. Il Rapporto 2011 sulle religioni e l’omofobia

Testo tratto dal Rapporto annuale sull’omofobia 2011*, curato da SOS homophobie (Francia), maggio 2011, pp.106-111, liberamente tradotto da Dino

Quest'anno la tematica della religione, al centro della Giornata mondiale di lotta contro l'omofobia e la transfobia , ha suscitato molte e vivaci azioni e reazioni da parte del mondo lesbico, gay, bisex e trans (LGBT) nel suo complesso, della società civile e di una parte del mondo religioso.


SOS homophobie ha ricevuto un numero, certamente ancora limitato ma in crescita costante, di testimonianze (21 dirette e 29 indirette, circa il 2% del totale delle testimonianze) che denunciano l'omofobia e la transfobia presenti nella sfera religiosa.

La mancanza di una esplicita dichiarazione o di una chiara presa di posizione da parte di ciascuna delle diverse confessioni per sancire in modo solenne l'importanza della lotta contro le violenze e le discriminazioni omofobe e transfobe rappresenta sempre un terreno fertile per tutte le derive.

Gli integralisti si servono così della fede per giustificare le loro azioni violente e discriminatorie.
Questo silenzio colpevole da parte delle più alte autorità religiose le rende complici delle azioni violente degli estremisti religiosi e contribuisce a questo silenzioso indietreggiare dei principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.

Lacerati tra il loro credo, la loro identità sessuale, il discorso e la tradizione religiosa, un certo numero di omosessuali e di trans sono così respinti, disorientati ed anche costretti a vivere clandestinamente la loro identità e la loro sessualità.

Ma per fortuna le religioni e le interpretazioni dei testi sacri non seguono tutte la stessa linea. Così molti omosessuali e trans di tutte le confessioni partecipano ogni giorno alla costruzione di una nuova scena nella quale l'orientamento sessuale e l'identità di genere non costituiscono più un ostacolo alla vita religiosa.



Islam: io sono escluso, quindi esisto

Nel 2010 le politiche in Francia, mentre imperversava la discussione sull'uso del burqa e sull'identità nazionale, non hanno mai smesso di agitare lo spettro della crescita di un integralismo musulmano particolarmente sprezzante nei confronti della donna.

E in circa settantasette Paesi nel mondo omosessuali e trans vengono ancora a trovarsi davanti a sentenze legali di carcerazione, di tortura e persino di morte.

In Iran, Paese governato dagli ayatollah, i due amanti Reza e Alìreza sono stati di recente condannati all'impiccagione allo scopo di "punire" la loro omosessualità in nome della legge islamica. Anche Ebrahim, un giovane iraniano di 18 anni, il 21 giugno 2010 è stato condannato a Tabriz, nel nord-ovest dell'Iran, alla pena capitale per omosessualità ed atti di sodomia.

In questo paese, una persona accusata di sodomia può essere condannata a colpi di frusta, o anche all'impiccagione o alla lapidazione.

La legge islamica prevede diverse sanzioni, ad esempio 99 frustate se due uomini dormono nello stesso letto senza appartenere alla stessa famiglia e senza esservi costretti, anche se non hanno rapporti sessuali.

Nel paese vicino, l'Irak, l'associazione Iraqui LGBT ritiene che settecento omosessuali e trans nel periodo successivo alla caduta di Saddam Hussein, avvenuta nel 2003, abbiano perso la vita a causa del loro orientamento sessuale.

Una delle ragioni di questi disumani comportamenti deriva dal fatto che, nella cultura musulmana, l'omosessualità viene negata: non se ne parla e non si respinge ciò che non esiste... Gli islamici stanno attenti a censurare ogni rappresentazione, ogni manifestazione che possa mostrare l'esistenza di musulmani omosessuali o trans.

Questo stesso motivo, sotto la pressione di una frangia islamica radicale, ha impedito che fosse tenuta in Indonesia la conferenza dell'International Lesbian and Gay Association-Asia, che avrebbe dovuto fare il punto sulle azioni in Asia della principale organizzazione internazionale LGBT, dal 25 al 29 marzo 2010. L'Indonesia è il più grande paese musulmano del mondo.

Tuttavia questo velo di oscurantismo sembra poco a poco dissolversi. Così nel 2010 ha avuto luogo a Parigi la prima conferenza delle associazioni GLBT europee e musulmane, dove si sono segnalate in particolare le presenze di Moulana Muhsin Hendricks e Daayiee Abdullah, gli unici imam al mondo a riconoscere pubblicamente la loro omosessualità.

Per i due religiosi "niente nel Corano condanna l'omosessualità e quelli che lo fanno in suo nome sbagliano ad interpretarlo [...]. E' possibile essere un buon musulmano pur essendo omosessuale.".

Ed è' in questo impegno a proporre una nuova immagine, primo passo verso l'accettazione, che si è data da fare anche la nuova associazione francese HM2F (Omosessuali musulmani di Francia) che auspica di conciliare al meglio la sessualità, la fede e la cultura degli omosessuali e dei trans di confessione o di origine musulmana.

Forse quest'anno potrà rappresentare una svolta per i musulmani di Francia. Essere omosessuali e musulmani è una realtà, ma il cammino verso l'integrazione delle persone GLBT musulmane nell'Islam, sebbene sia già iniziato, è ancora lungo.

Per loro, il fatto di venir esclusi, forse vuol dire esistere...



Cattolicesimo: la divina commedia

Continuando nella sua posizione conservatrice e refrattaria al riconoscimento dei diritti delle persone LGBT, il Vaticano ha riconfermato in più riprese i valori della "famiglia tradizionale".
Per la curia romana considerata nel suo insieme, il matrimonio tra omosessuali costituisce "la più insidiosa e pericolosa sfida di oggi" perché "il matrimonio ha senso soltanto se si tratta di una relazione tra un uomo ed una donna".

Tuttavia, in questo stesso tempo, il Portogallo e l'Argentina, i cui abitanti sono cattolici rispettivamente per l'88% e il 91%, nel 2010 hanno aperto il matrimonio alle coppie dello stesso sesso. Per gli omosessuali argentini sarà anche possibile adottare.

Nello stesso momento la Spagna, altra terra tradizionalmente cattolica che ha già legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ha appena reso più facile l'aborto.
Allontanandosi sempre più dalla realtà quotidiana, ma anche dalla sua base di fedeli, la Chiesa di Roma predica atteggiamenti ormai sorpassati continuando ad alimentare un'ipocrisia denunciata da lunghissimo tempo.

Sull'esempio di padre Gonzalo Miranda, professore di bioetica presso l'Università Pontificia Regina Apostolorum della Santa Sede, che paragona il matrimonio omosessuale "a un caffè senza caffeina", ad un'unione di secondo piano, perché non consente di avere lo stesso modo di vita di una coppia eterosessuale.
Egli stesso ha d'altra parte ricordato uno dei canoni omofobi e transfobi della Santa Sede, quello di accogliere "nella compassione gli omosessuli, poiché sono persone che soffrono molto".

Benedetto XVI nel suo libro ‘Luce del mondo. Il papa, la Chiesa e i segni del tempo’ pubblicato nel novembre 2010, afferma che "in quanto esseri umani [gli omosessuali] meritano il rispetto (...) non devono essere respinti per questo motivo.
Il rispetto dell'essere umano è assolutamente fondamentale e decisivo (...). Ma ciò non significa che per questo l'omosessualità sia cosa giusta. Essa rimane qualcosa che si oppone all'essenza stessa di quello che Dio ha voluto in origine".

Proclamandosi "l'interprete infallibile" di Dio, il papa rifiuta così l'assunto che l'omosessualità e l'eterosessualità abbiano uguale valore. Offre una giustificazione agli autori di discriminazioni e fa rinascere l'odio nei confronti di chi è diverso, altro da noi.

Allo stesso modo ritiene che "l'omosessualità non è conciliabile con la vocazione sacerdotale. In altre parole si correrebbe un grave rischio se il celibato diventasse in qualche modo un pretesto per far ammettere nel clero persone che in ogni caso non possono sposarsi".

A questo titolo la Chiesa cattolica paraguayana ha annunciato di sospendere tre preti a causa di "pratiche omosessuali confermate". Il teologo tedesco cattolico e laico David Berger è stato costretto a dare le dimissioni dalle sue funzioni presso l'Accademia pontificia di San Tommaso d'Aquino per aver rivelato la sua omosessualità.

Spicca anche l'arcivescovo della Chiesa cattolica di Bruxelles, Mons. André Léonard, accusato di omofobia dopo aver affermato in un libro intervista pubblicato nell'ottobre 2010 che l'AIDS è "una specie di giustizia immanente" che sarebbe legata in particolare al permissivismo sessuale degli omosessuali.

Inoltre, quando la Chiesa cattolica è precipitata in una miriade di scandali dopo la rivelazione di molte vicende di pedofilia che hanno intaccato la sua integrità, il numero due del Vaticano, il cardinale segnatario di Stato Tarcisio Bertone, nell'aprile 2010 ha dichiarato: "Numerosi psicologi e psichiatri hanno dimostrato non esserci relazione tra celibato e pedofilia, ma molti altri hanno dimostrato, e di recente me ne hanno parlato, che esiste una relazione tra omosessualità e pedofilia. E' la verità, è questo il problema (...).
Questa patologia tocca tutte le categorie di persone e, se guardiamo le percentuali, i preti sono coinvolti solo in minima parte".

Questa deriva, che volta le spalle alla ragione e ad ogni verità scientifica costituisce un abuso verbale che fa dell'omosessualità il capro espiatorio dell'irresponsabilità, dell'ignoranza e dell'ipocrisia dell'istituzione cattolica.

Questo inaccettabile amalgama si corona di un'ipocrisia che comunque non sarebbe stata totale senza la rivelazione, avvenuta nel luglio 2010, da parte della stampa italiana delle "folli notti dei preti gay romani" così come dell'esistenza di "una zona adatta a rimorchiare" omosessuale all'interno dello stesso territorio del Vaticano...

Oltre ad essere ridicolo, questo oscurantismo incoraggia alcuni rappresentanti della Chiesa cattolica, come Juan Sandoval, cardinale di Jalisco (stato di Guadalajara, Messico) a tenere dei seminari chiamati aventi lo scopo di "guarire gli omosessuali dal peccato in cui essi vivono, proponendo loro una vita di preghiera e di castità".

Alcuni preti, sul modello del rettore della parrocchia Vergine del Rosario di Barcellona, non esitano ad indirizzare quei giovani che, essendo cattolici praticanti, hanno rivelato in confessione la loro omosessualità, verso "terapie" che spesso li fanno cadere in profonde depressioni, fino a tentare il suicidio.

I fondamentalisti e ultranazionalisti cristiani si basano sull'ambiguità della parola delle istituzioni religiose per legittimare l'uso della violenza contro le persone omo- e transessuali o ad impedire qualsiasi manifestazione che in primo luogo li renda visibili.

Tuttavia quest'anno, nonostante l'accanita opposizione dei fanatici religiosi serbi, la Marcia dell'orgoglio LGBT di Belgrado ha potuto aver luogo grazie al coraggio di uomini e donne che difendevano la libertà di espressione e al sostegno delle democrazie.

Le reazioni di odio con la scusa della religione sono esplose anche in occasione dl kiss-in di Parigi sul sagrato della cattedrale di Notre Dame, durante la manifestazione del mondo associativo GLBT che denunciava le affermazioni del cardinal Bertone al palazzo di Tokyo, e in occasione di un kiss-in a Lione organizzato davanti alla cattedrale Saint Jean.

Fortunatamente le reazioni omofobe e transfobe non sono sempre dello stesso tenore. Di fronte alla minoranza violenta e alla maggioranza silenziosa e complice comincia ad emergere la voce dissidente di un certo numero di credenti eterosessuali che fanno affermazioni più liberali, favorevoli alla tolleranza, come l'accettazione dell'altro in tutte le sue differenze.

Il gruppo musicale cristiano Glorious ha così pubblicato un articolo sulla stampa, "Lettera aperta a nostro fratello omosessuale" (3), che condanna la violenza degli ultras cattolici:

"Questo non è il Vangelo [...] Noi te lo diciamo, fratello mio, abbiamo vergogna e siamo shoccati. La stupidità può fare dei violenti danni.
Dobbiamo essere capaci di non provocarla. Vogliamo che tu sappia che il Vangelo e la nostra Chiesa ci insegnano ad amare il nostro prossimo come noi stessi (...)."

Se la Chiesa cattolica sembra accettare le persone, pur condannandone gli atti, essa continua ad opporsi e a negare contro ogni logica l'esistenza dei diritti delle minoranze sessuali.

Per omosessuali e trans armonizzare fede ed identità sessuali resta così sempre molto difficile nel 2010.



Cristianesimo: il prezzo della libertà è la vigilanza continua

Il cristianesimo è composto da una pluralità di Chiese, ognuna delle quali si deve confrontare con le questioni sul riconoscimento dei diritti delle minoranze sessuali.
Contrariamente alla Chiesa di Roma, alcuni cristiani sono molto più avanti nell'integrazione dei fedeli omosessuali e trans alla liturgia.

La Danimarca, che è stato il primo Paese al mondo ad autorizzare, nel 1989, l'unione civile di omosessuali, mentre la Chiesa luterana lì è religione di Stato, oggi si interroga sul riconoscimento del matrimonio religioso delle persone LGBT.

Secondo un sondaggio pubblicato nel 2010 da un quotidiano cristiano danese, il 63% degli abitanti è favorevole al matrimonio religioso delle persone LGBT.

Interrogati dalla stampa, sei dei dieci vescovi della Chiesa evangelica luterana di Stato si dichiaravano favorevoli all'unione sull'altare delle coppie omosessuali.

Il Primo Ministro danese Lars Lokke Rasmussen si è allora dichiarato "aperto" ad ogni idea di uguaglianza tra le coppie, ritenendo che sia compito della Chiesa fare il primo passo: "Se la Chiesa danese desidera aver la possibilità di sposare gli omosessuali (...), noi naturalmente accoglieremo positivamente la cosa."

Anche se va riconosciuto che ci sono stati notevoli progressi, non si deve dar nulla per certo. Il primo vescovo apertamente omosessuale della Chiesa episcopale, branca americana della Chiesa anglicana, ha dovuto rinunciare alle sue funzioni sotto la costante pressione e le minacce di morte da parte dei fanatici.

La sua ordinazione nel marzo 2003, la prima di un vescovo omosessuale in tutta la cristianità, aveva profondamente diviso la Chiesa episcopale americana, portando alcune parrocchie a rompere i loro legami e ad allinearsi sulla posizione dei vescovi anglicani conservatori africani e sudamericani.

La vigilanza e la pronta reazione rimangono così indispensabili, anche all'interno delle Chiese più liberali.

Come gli omosessuali finlandesi che hanno lasciato la Chiesa evangelica luterana dopo che una responsabile del centrodestra, Paivi Rasanen, sposata con un prete, ha dichiarato che "dentro di loro gli omosessuali sanno che stanno facendo qualcosa di male".



Ebraismo: piccoli passi avanti

L'ostilità che omosessuali e trans suscitano nelle cerchie religiose estremiste ebraiche rimane sempre evidente.
Così, in occasione del Gay Pride di Gerusalemme, a pochi chilometri dall Knesset (il Parlamento israeliano, ndr), nel quartiere ebraico ultraortodosso di Méa Shéarim, circa 2.000 "uomini in nero" hanno recitato preghiere e si sono lamentati deplorando che questa manifestazione avvenisse nella Città Santa, perché alcuni passaggi della Torah considerano l'omosessualità come "un abominio".

Al contario, il movimento liberale e la Conferenza centrale dei rabbini americani ritengono che la scienza abbia ormai dimostrato che l'omosessualità sia un orientamento sessuale biologico. Ne deducono che la Legge divina debba essere interpretata diversamente.

In alcune comunità ebraiche gli omosessuali sono accettati a pieno titolo e, a partire dagli anni '80, i candidati dichiaratamente omosessuali possono venir ammessi in alcune scuole rabbiniche.

Tra queste due posizioni estreme c'è una maggioranza silenziosa. Chi tace acconsente?



La parola a... HM2F (Omosessuali Musulmani di Francia). Dalle tenebre verso la luce

Riflessioini di Ludivic Zahed, fondatore e portavoce di HM2F (Collettivo cittadino degli omosessuali musulmani di Francia)


Islam in arabo significa "essere in pace". Il significato primario di questo termine fa riferimento ad un processo in divenire.
Beninteso voi non troverete da nessuna parte questo significato al primo posto tra le varie traduzioni possibili della parola Islam.

Questo perchè una tale traduzione non sarebbe conforme al credo, sempre più dogmatico, sostenuto dai musulmani radicali, in Francia come altrove.
Dal mio punto di vista è tuttavia chiaro che l'Islam -in quanto cultura e religione- non debba più essere considerato, per sua stessa natura e intrinsecamente, omofobo.

In quanto musulmano e omosessuale, mi riguarda direttamente il sapere se la seconda religione della Francia -che molti pensatori e filosofi francesi o stranieri ci dicono essere in piena fase di riforma- arriverà un giorno ad offrirci il volto di una spiritualità pienamente serena, laica, ugualitaria, progressista, veramente inclusiva e liberata da ogni forma di pregiudizio dogmatico o superstizioso.

Quando si è allo stesso tempo omosessuali e musulmani ci si trova ancora oggi molto spesso ad essere sottoposti a pressioni da parte della propria famiglia o dell'entourage in generale, è un po' come trovarsi tra il martello dell'islamofobia e l'incudine dell'omofobia.

Eppure più che mai voglio credere che ci sia speranza. L'Islam di Francia senza dubbio dovrà essere in grado di proteggere e difendere i diritti delle minoranze sessuali, specialmente all'interno di una comunità musulmana, che troppo spesso viene a torto considerata come intrinsicamente e irrimediabilmente omofoba.

Questo benchè l'omosessualità, in arabo al-mathliya al-djansiya, non sembra essere condannata in modo chiaro da nessuna parte, nè nel Corano, nè nelle "hadiths" -le parole del profeta dei musulmani. E' ciò che ricordava il rettore della moschea di Bordeaux, l'imam Tarek Oubrou, presente all'Assemblea nazionale per la Giornata mondiale di lotta contro l'omofobia e la transfobia, il 17 maggio 2010 (1).

Sembra proprio che sia la "tradizione" -la rappresentazione che alcune persone possono avere dei loro ideali islamici- a necessitare di un'evoluzione. In questo, gli omosessuali musulmani francesi sembrano all'avanguardia di una riforma delle due immagini convenzionalmente contrapposte, una legata all'Islam e l'altra all'omosessualità; noi siamo un legame tra la comunità LGBT e la comunità musulmana di Francia.

In effetti è proprio questa una delle principali preoccupazioni di quelli che oggi vengono da alcuni chiamati "gli omo musulmani": la lotta contro l'omofobia, contro tutte le forme di discriminazione e a favore dell'accettazione incondizionata di tutte le forme di diversità umana.

Nel corso delle riunioni dei HM2F (il collettivo cittadino degli omosessuali musulmani di Francia) è emerso il concetto che sembra molto importante non essere più stigmatizzati da pensatori o da religiosi, spesso autorità autoproclamatesi, che si servono di una "pseudoscienza" che manipolano a loro piacimento, allo scopo di sotto-umanizzarci, di disumanizzarci, di fare di noi esseri umani incompleti e giustificare in qualche modo il fatto che secondo loro noi non siamo abbastanza degni -abbastanza umani?!- per essere in grado di esprimere liberamente una qualsiasi forma di spiritualità.
Alcuni ci descrivono come "pervertiti" o "squilibrati" (2).

Sembra che per alcuni musulmani radicali, dato che l'Islam non ha un clero in senso stretto, l'omosessualità dovrebbe essere considerata un comportamento sessuale contro natura.

Tuttavia appare oggi sempre più chiaramente che questa violenza omofoba, ingiusta e ormai ingiustificabile in questa alba del XXi secolo, non ha altro fondamento che nella tradizione, in usanze che, per definizione, devono evolversi per consentirci di uscire, tutti insieme, dalle tenebre verso la luce.

* www.sos-homophobie.org/rapport-annuel-2011
_______________

(1) Vedi 'Tous unis à l'assemblée nationale Française contre l'homophobie, la transphobie de certains religieux' (18 mai 2010)
http://www.homosexuels-musulmans.org/COMMU...IDAHO-2010.html

(2) Tarik Ramadan, Islam et homosexualité (2009)
www.tariqramadan.com/Islam-et-Homosexualite.html

(3) www.gionata.org/Benjamin%20et%20Thomas%20Pouzin

Testo originale: Rapport annuel 2011 sur l'homophobie (file pdf)
www.sos-homophobie.org/sites/default/files/ra2011.pdf


http://www.gionata.org/chiese-e-omosessual...l-omofobia.html
 
Top
2 replies since 4/11/2010, 14:19   190 views
  Share