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Fallimento Clinica lager. Vescovo di Cosenza e don Luberto citati per 120 mln di €, I soldi dei malati per reggia con palestra, quadri d'autore, Harley Davidson e ricche suppellettili del prete condannato in Cassazione a 5 anni e 10 mesi

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view post Posted on 17/7/2007, 16:43
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Don Luberto e il vescovo Nunnari

www.ansa.it/opencms/export/site/vis..._151081576.html

2007-07-17 13:27
ISTITUTO LAGER, IN MANETTE SACERDOTE
SERRA D'AIELLO (COSENZA) - L'ex presidente dell'Istituto di Assistenza Sociosanitaria Papa Giovanni XXIII di Serra d'Aiello, il sacerdote Alfredo Luberto, di 49 anni, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Insieme a Luberto è stato arrestato un ex componente del Consiglio di amministrazione dell'Istituto, Fausto Arcuri, di 40 anni. I due arresti sono stati fatti in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Paola Alfredo Cosenza, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Eugenio Facciolla, che da tempo conduce un'inchiesta sui presunti illeciti che sarebbero stati commessi nella gestione dell'Istituto Giovanni XXIII. L'istituto Papa Giovanni è gestito da una Fondazione di proprietà della Curia Arcivescovile di Cosenza.

Don Alfredo Luberto, Arcuri ed altri indagati, che nell'inchiesta condotta dal sostituto procuratore Facciolla sono complessivamente 24, avrebbero costituito un comitato d'affari che si sarebbe appropriato di parte dei fondi destinati dalla Regione all' Istituto Papa Giovanni, determinando una grave situazione di dissesto finanziario nella gestione dell'ente. Agli arrestati viene contestata anche l'appropriazione indebita. Gli illeciti nella gestione dell'istituto sarebbero andati avanti per anni consentendo, secondo quanto hanno riferito investigatori ed inquirenti, alle persone coinvolte nell'inchiesta e in particolare, a Don Alfredo Luberto ed Arcuri, di accumulare consistenti capitali.

SEQUESTRATO ISTITUTO ASSISTENZA La Guardia di finanza sta eseguendo il sequestro preventivo dell'Istituto di assistenza socio-sanitaria Papa Giovanni XXIII di Serra d'Aiello. I finanzieri stanno anche eseguendo il sequestro di un appartamento, definito "di lusso" da inquirenti ed investigatori, di proprietà di don Alfredo Luberto e ritenuto provento della presunta attività illecita svolta dal sacerdote nella gestione dell'istituto di assistenza. Agli arrestati viene anche contestato il reato di abbandono di incapace in relazione alle condizioni di degrado in cui sono stati costretti a vivere le persone ospitate nell'Istituto di assistenza.

Restano nell'istituto i 363 degenti del Papa Giovanni XXIII. Il sostituto procuratore della Repubblica Eugenio Facciolla, titolare dell'inchiesta, ha infatti disposto l'affidamento in custodia giudiziale delle struttura, che continuerà così a svolgere la propria attività. "Sperando -
ha detto Facciolla all'Ansa - che nel frattempo Regione Calabria, Azienda sanitaria e Curia arcivescovile di Cosenza si mettano finalmente d'accordo su chi deve mettere in atto gli interventi per migliorare le condizioni strutturali dell'istituto, risolvendo una grave questione che si trascina da anni a discapito dei degenti. Interventi che sono, tra l'altro, estremamente urgenti".

CASI DI SCABBIA TRA DEGENTI ISTITUTO Sono molti i casi di scabbia tra i 363 degenti dell'istituto di assistenza Papa Giovanni XXIII di Serra d'Aiello, sequestrato dalla Guardia di finanza. La scabbia, secondo quanto è emerso dalle indagini, è stata provocata dalle condizioni di abbandono igienico e strutturale in cui si trova l'istituto malgrado la presenza di 900 dipendenti. La struttura versava da anni in una situazione di caos gestionale che rendeva molto precaria anche l'assistenza ai degenti, molti dei quali ospitati nell'istituto da anni.

INDAGINI SU EX ARCIVESCOVO DI COSENZA La Procura della Repubblica di Paola sta svolgendo indagini sull'ex arcivescovo di Cosenza, mons. Giuseppe Agostino, nell'ambito dell'inchiesta sui presunti illeciti nella gestione dell'Istituto di assistenza Papa Giovanni XXIII di Serra d'Aiello. E' quanto si è appreso da fonti giudiziarie. In particolare la Procura di Paola e la Guardia di finanza stanno verificando l'operato di mons. Agostino in relazione alla mancata rilevazione degli illeciti che sarebbero stati commessi nella gestione dell'istituto, con particolare riferimento all'appropriazione di fondi e di beni di proprietà dell'istituto. Situazione che ha determinato il dissesto finanziario dell'ente, con conseguente degrado strutturale ed igienico dell'Istituto.

Edited by GalileoGalilei - 21/3/2024, 10:17
 
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ulisse62
view post Posted on 17/7/2007, 19:37




Si predica bene e si razzola male. Mi chiedo quando finalmente avremo una chiesa che predica male ma razzola bene.
 
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view post Posted on 18/7/2007, 00:12
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Si tratta di una storia vecchia, ma solo ora si prendono provvedimenti per questo scandalo:

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezion...12591girata.asp

LO SCANDALO DI COSENZA. LA PROCURA ACCUSA GLI AMMINISTRATORI DELLA CASA DI CURA: AVREBBERO INTASCATO MILIONI DI EURO DESTINATI AI PAZIENTI
La reggia del prete in Harley Davidson
Quadri e gioielli con i soldi del «manicomio»
20/10/2006
di Marco Sodano



SERRA D’AIELLO (Cosenza). I trecentosessanta fantasmi condannati a scontare la malattia mentale - chi vent’anni, chi trenta e più - all’istituto Papa Giovanni di Serra d’Aiello sono vestiti con roba di recupero. Oggi arriva un furgone carico di scarpe, domani si spera nelle maglie di lana. Nel superattico intestato all’ex presidente della Fondazione che gestisce l’istituto monsignor Alfredo Luberto, dice il faldone custodito a Palazzo di Giustizia, hanno trovato un televisore al plasma in ogni stanza, una sauna e la palestra. I dipendenti del manicomio-lager travestito da casa di cura mendicano credito dal fornaio per i loro assistiti (150 mila euro gli arretrati per il pane) e a fidano nella Provvidenza, in attesa di uno stipendio che non arriva intero da anni.

Dai conti della Fondazione qualcuno ha spiccato assegni intestati alle gioiellerie più esclusive di Roma, boutique di grido, ad alberghi a cinque stelle nei registri dei quali sono annotati soggiorni da favola «in camera matrimoniale». I dipendenti, protagonisti di proteste accese contro Luberto, raccontano che il monsignore si faceva vedere in giro a cavallo di una Harley Davidson: sembrava una battuta avvelenata, carica di livore sindacale. Oggi come oggi, una maximoto è ridotta al rango di peccato veniale. Un salotto «inestimabile» I pazienti del Papa Giovanni convivono con le zecche, i casi di scabbia sono diversi. Dormono in letti sgangherati e senza lenzuola tra servizi in condizioni penose, pareti scrostate, finestre che fanno aria: altro che ospedale, altro che casa di cura. Il lusso più sopraffino è una cioccolata alla macchinetta nell’atrio. E invece tra i tesori acquistati dai consiglieri d’amministrazione del Papa Giovanni figura un leggio firmato Giacomo Manzù un dipinto firmato Giorgio De Chirico, un «rarissimo orologio a pressione atmosferica» e un salotto d’antiquariato che ha lasciato a bocca aperta i periti incaricati dalla Procura di Paola di valutarlo: «È inestimabile», hanno risposto lì per lì. Poi, messi alle strette dai magistrati - «Abbiamo bisogno di una cifra, almeno indicativa» - hanno azzardato: «Un pezzo del genere si paga senz’altro più di un milione».

Il blitz della Finanza L’inventario dei tesori e delle miserie del Papa Giovanni è custodito nel fascicolo dell’indagine sul manicomio-istituto condotta dal pubblico ministero della Procura di Paola Eugenio Facciolla. Nei giorni scorsi (e dopo il reportage pubblicato da La Stampa) il magistrato ha mandato sul posto la Guardia di Finanza, che si è presentata ai cancelli alle due del mattino. Un blitz in piena regola per mettere nero su bianco le condizioni in cui vivono i malati: due ore dopo l’ispezione l’intera casa di cura è finita sotto sequestro probatorio. L’attività continua, perché non sarebbe possibile sistemare in altro modo gli ospiti, ma a questo punto non si tocca più nulla, non è ammesso neppure il più piccolo ritocco salvafaccia (alle strutture) almeno finché le indagini non saranno concluse. Quelle sull’istituto e quelle su conti correnti e proprietà delle cinque persone che hanno gestito il Papa Giovanni per conto della Diocesi di Cosenza. A cominciare dall’ex presidente Alfredo Luberto.

Nel frattempo, si attendono gli esiti degli esami clinici ordinati dal magistrato, e dopo il blitz s’è allungata la lista delle ipotesi di reato su cui lavora la Procura. Appropriazione indebita, associazione a delinquere finalizzata alla truffa, false fatturazioni, abbandono di persone incapaci. Così il gergo della Giustizia riassume l’accusa: i soldi destinati ai malati finivano in tasca degli amministratori. Lo scippo all’Antiusura Ma il lavoro di Facciolla ha scoperchiato un’altro pentolone inquietante. Al buco nero nei conti del Papa Giovanni - 80 milioni di debito che si aggrava al ritmo di 500mila euro al mese -, s’è aggiunto un altro cratere. Scovato ne fondi antiusura gestiti dalla diocesi: anche il denaro destinato a combattere i cravattari (in una terra in cui povertà e omertà combinate rendono ancora più difficile una guerra del genere) sarebbe finito in una società-calderone architettata dai cinque indagati. La stessa società che avrebbe raccolto i milioni dei rimborsi per le prestazioni sanitarie pagati dalla Regione Calabria e dallo Stato al Papa Giovanni e mai convertiti in medicinali, stipendi per gli infermieri, abiti decenti, lenzuola eccetera eccetera. Denari spesi in boutique, in gioielleria, nei grandi alberghi, dagli antiquari.

Lussi da faraone, non da monsignore. La palla ai politici Ora in Calabria si muove anche la politica. Il senatore di Forza Italia Antonio Gentile ha presentato un’interrogazione, chiedendo che si vegli perché «l’istituto non cada preda degli interessi non legittimi di politici locali», il deputato dell’Ulivo Franco Laratta chiede «la chiusura dell’istituto», l’assessore regionale alla sanità Doris Lo Moro assicura che si provvederà presto a trovare una soluzione per affidare la casa di cura a una gestione degna. Nel frattempo, i trecentosessanta ospiti del Papa Giovanni continuano a scontare la loro malattia. Troppo facile derubarli: dell’attico, della sauna, della palestra non sanno che farsene. E sul leggio di Manzù appoggerebbero la solita cioccolata della macchinetta, accompagnata dal ritornello con cui accolgono tutti i visitatori: «Me lo dai un euro?».





http://www.altrosud.info/modules.php?name=...=article&sid=43

Interrogazione sul manicomio di Serra d’Aiello (On. Francesco Caruso)


Al ministro
Per sapere, premesso che:

In provincia di Cosenza, nel comune di Serra d’Aiello, esiste sin dalla fine degli anni ‘60, una struttura di tipo residenziale denominata Istituto Papa Giovanni XXIII, di proprietà della curia arcivescovile di Cosenza, riconosciuta nel 1978 come centro di riabilitazione dal Ministero della Sanità.
Lo scrivente si è recato in suddetta struttura per verificare di prima persona la situazione di degrado e di abbandono nella quale versano i pazienti, “uomini e donne lasciati a terra come cartocci, letti senza lenzuola, porte e finestre sgangherate” come ebbe a raccontare l’allora arcivescovo di Cosenza Giuseppe Agostino dopo una visita a sorpresa nell’aprile 2004.
Da allora, così come negli ultimi 30 anni, nulla è cambiato se non la targa all’ingresso e la denominazione: non più manicomio, ma “istituto di riabilitazione”.

Detta struttura infatti, con gestione privatistica, ospita, a fronte di 200 posti letto (dato Ministero dell’Interno ndr), un numero di 352 persone, la stragrande maggioranza delle quali con gravissime disabilità psichiche (per lo più di provenienza manicomiale successiva all’approvazione della Legge Basaglia ndr). Con decreti successivi della giunta regionale calabrese, sono stati autorizzati ulteriori posti letto, sino ad un massimo di 485.
Attualmente, per l’assistenza e la cura dei degenti disabili, sono impiegati nel centro circa 600 dipendenti, dei quali, in base al Decreto Morese del 2001, 160 fruiscono della sospensione a zero ore con sussidio al reddito, più volte prorogato, e 110 della riduzione dell’orario con sussidio al reddito. In tempi non lontani, i dipendenti sono arrivati sino a 1.500.
La struttura è finanziata in parte preponderante con fondi pubblici così suddivisi: €.440.000,00 mensili dal Servizio Sanitario Regionale tramite l’ASL di Paola; €.220.000,00 mensili dal Servizio Sanitario Regionale della Regione Calabria, €.140.000,00 mensili dai Servizi Sanitari Regionali di pertinenza dei degenti non nati in Calabria, tramite le ASL di competenza. Complessivamente €. 800.000,00 mensili, cui devono aggiungersi le pensioni di titolarità di ciascun degente.
Allo stato l’Istituto Papa Giovanni ha debiti, determinati dalla cattiva gestione, per circa 70 milioni di euro: con l’INPS (omissione contributiva verso i dipendenti), con i dipendenti medesimi, molti dei quali non percepiscono regolarmente lo stipendio da anni (circa 30 mila euro ciascuno ndr) e con i fornitori; i debiti, inoltre, si sono determinati, anche, per le parcelle elevate pagate a consulenti esterni nel tempo passato.
Recentemente, la Procura della Repubblica di Paola ha aperto un inchiesta sull’Istituto Papa Giovanni onde verificare le gravissime condizioni di salute in cui versano i degenti (si sono riscontrati tra l’altro casi di scabbia), ventilando l’ipotesi di abbandono d’incapace a carico dei responsabili del centro, le condizioni igienico sanitarie della struttura, la gestione dei fondi percepiti ed altro.

Dagli atti del procedimento, come riportato dal quotidiano “La stampa” in data 20/10/2006, si evince che mentre i pazienti vengono vestiti con roba di recupero, nel superattico intestato all’ex presidente della Fondazione che gestisce l’istituto, monsignor Alfredo Luberto, sono stati trovati un televisore al plasma in ogni stanza, una sauna e la palestra.
Allo stesso tempo, “mentre i dipendenti del manicomio-lager travestito da casa, attendono uno stipendio che non arriva intero da anni, dai conti della Fondazione qualcuno ha spiccato assegni intestati alle gioiellerie più esclusive di Roma, boutique di grido, alberghi a cinque stelle”.
Infine, mentre “i pazienti del Papa Giovanni convivono con le zecche, i casi di scabbia sono diversi….dormono in letti sgangherati e senza lenzuola tra servizi in condizioni penose, pareti scrostate, finestre che fanno aria”, invece tra i tesori acquistati dai consiglieri d’amministrazione del Papa Giovanni figura un dipinto firmato Giorgio De Chirico, un «rarissimo orologio a pressione atmosferica» e un salotto d’antiquariato stimato dai periti incaricati dalla Procura di Paola in più di un milione di euro.
Al buco nero nei conti del Papa Giovanni - 80 milioni di debito che si aggrava al ritmo di 500mila euro al mese -, s’è aggiunto un altro cratere. Scovato ne fondi antiusura gestiti dalla diocesi: anche il denaro destinato a combattere i cravattai, sarebbe finito in una società-calderone architettata dagli amministratori indagati. La stessa società che avrebbe raccolto i milioni dei rimborsi per le prestazioni sanitarie pagati dalla Regione Calabria e dallo Stato al Papa Giovanni e mai convertiti in medicinali, stipendi per gli infermieri, abiti decenti, lenzuola eccetera eccetera. Denari spesi, come già detto, in boutique, in gioielleria, nei grandi alberghi, dagli antiquari.
Il centro, per come è da sempre strutturato, costituisce una chiara violazione al dettato della Legge Basaglia, che vieta esplicitamente la segregazione di più persone con disabilità mentali conclamate, onde evitare il fenomeno della spersonalizzazione dell’individuo e prevede, in ipotesi di questo tipo, che il disabile debba dimorare in piccole strutture il più possibile vicine al suo luogo di nascita.
In Calabria, nella sola provincia di Cosenza, esistono ben 26 strutture di tipo residenziale (escluso il Papa Giovanni ndr), 4 delle quali a gestione pubblica, 3 in cogestione, il resto a gestione privata, per complessivi 769 posti letto (dato Ministero dell’Interno ndr).
Da poco, il vescovo di Cosenza Salvatore Nunnari ha nominato tre responsabili del centro, tra questi il vice prefetto di Cosenza, lasciando intendere la detta nomina come una sorta di commissariamento dell’Istituto.
Inoltre, la Regione Calabria, senza prendere in alcuna considerazione quanto sin qui rappresentato, pare abbia deciso di intervenire nella vicenda con esclusivo vantaggio della curia cosentina, a discapito degli ospiti e dei dipendenti.
E’ pure opportuno sottolineare che il centro è stato sempre oggetto di morti strane tra i degenti e che da più tempo si vocifera di ingenti patrimoni di taluni ammalati, donati a persone di fiducia dell’Istituto.
Infine, risulta strano, attese le gravissime patologie sofferte dagli ammalati del centro, il fatto che alle ultime elezioni regionali ( e non solo ndr) buona parte dei degenti abbia esercitato il diritto di voto.
Anche per dette ragioni da circa un mese il sindacalista Nicola Chiarello, alle dipendenze dell’Istituto con la qualifica di educatore professionale, in astensione volontaria dal servizio ai sensi dell’art. 1460 del Codice Civile, causa la mancata erogazione di un regolare stipendio mensile, protesta incatenandosi davanti alle sedi istituzionali della provincia cosentina, per le condizioni di disagio in cui è stato costretto e per le condizioni in cui ha operato ed è costretto ad operare nel centro medesimo. Situazione, la sua, diffusa tra i dipendenti; ragion per cui, il Prefetto di Cosenza, con ordinanza del 23.11.2006, pur trattandosi di una struttura privata, ha intimato ai dipendenti in sospensione dell’obbligazione lavorativa, regolarmente comunicata all’Istituto, l’immediata ripresa del lavoro.

Se sia a conoscenza dei fatti sopradescritti;

Se non ritenga, attese le palesi violazioni commesse e perpetrate nel tempo, che il centro residenziale, per come oggi impostato, debba essere completamente commissariato, avviando il trasferimento di parte dei degenti in altre idonee strutture, il più vicino possibile al posto in cui i medesimi sono nati, e di parte dei dipendenti, riqualificati, nelle strutture medesime o in altri ambiti di competenza regionale;

Se, essendo il centro finanziato con fondi pubblici (Servizio Sanitario Regionale), non ritenga opportuno, attesi gli ingenti debiti maturati (70 milioni di euro) e considerati i rilevanti introiti mensili (800.000,00 euro), di istituire una commissione d’inchiesta onde verificare l’utilizzo di detti fondi, atteso anche quanto emerso sul punto in alcuni articoli della stampa nazionale;

Se non si ritenga opportuno, trattandosi di fondi pubblici, di dover intervenire sul Presidente della Giunta Regionale e sull’Assessorato alla Salute, per fare in modo che qualsiasi intervento venga messo in atto sia finalizzato esclusivamente all’interesse degli ospiti e dei dipendenti e risponda ai dettami della legislazione vigente in materia;

Se non si ritenga opportuno disporre una indagine ministeriale sulla destinazione dei patrimoni degli ospiti dimoranti nel centro negli ultimi 15 anni.

On. Francesco Caruso

 
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view post Posted on 27/7/2007, 13:14
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http://www.giornaledicalabria.net/index.ph...stra_primopiano

“Papa Giovanni”: interrogato mons. Agostino




COSENZA. È durato poco più di quattro ore l’interrogatorio dell’ex arcivescovo di Cosenza, monsignor Giuseppe Agostino, sentito dal sostituto procuratore della Repubblica di Paola, Eugenio Facciolla, nell’ambito dell’inchiesta sull’Istituto Papa Giovanni di Serra D’Aiello. Monsignor Agostino, che è indagato in relazione alla mancata rilevazione degli illeciti che sarebbero stati commessi nella gestione dell’istituto, è stato sentito nel seminario arcivescovile di Cosenza ed al termine dell’interrogatorio il verbale è stato secretato. L’inchiesta della Procura della Repubblica di Paola il 17 luglio scorso ha portato all’emissione di ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari a carico dell’ex presidente della struttura di assistenza, il sacerdote Alfredo Luberto, di 49 anni, e del commercialista Fausto Arcuri, di 40 anni, ex componente del consiglio d’amministrazione. Sul contenuto dell’interrogatorio di monsignor Agostino il sostituto procuratore Facciolla non ha voluto rilasciare dichiarazioni. “Non parlo - ha detto - non dico nulla perché non è il momento giusto. Stiamo lavorando e proseguiremo il nostro lavoro”. Facciolla ha poi aggiunto che “posso dirvi solo che una grande importanza per il prosieguo dell’attività di indagine di questa inchiesta sul Papa Giovanni è venuta dall’incontro di ieri avuto a Paola. Adesso ho le idee molto più chiare”. Mercoledì il sostituto procuratore ha sentito l’assessore regionale alla sanità, Doris Lo Moro. Alla domanda su come si sta orientando l’inchiesta, Facciolla ha detto: “si muove su due livelli”.
 
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view post Posted on 9/8/2007, 10:22
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www.pittura-oggi.it/archives/0002671.html


PRETE ARRESTATO: PM AUTORIZZA DIFFUSIONE IMMAGINI SUA CASA
(AGI) - Cosenza 8 ago. - Il pm Eugenio Facciolla oggi ha dato l’autorizzazione alla divulgazione delle immagini del lussuosissimo appartamento di don Alfredo Luberto, il sacerdote arrestato - al termine dell’inchiesta condotta dallo stesso pm della procura della Repubblica presso il tribunale di Paola - sul fallimento dell’istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello in provincia di Cosenza.

Il sacerdote che era stato messo dall’allora vescovo di Cosenza Giuseppe Agostino, alla guida della struttura e’ accusato di truffa, falso, appropriazione indebita e associazione per delinquere. Dalla gestione dell’ente sarebbero spariti quasi quaranta milioni di euro. Soldi che, in parte, sarebbero stati utilizzati dal sacerdote per fini personali.

Da una prima anticipazione delle immagini che saranno diffuse dai telegiornali regionali e nazionali si apprende che all’interno dell’appartamento sono presenti quadri di valore, alcuni dei quali di Salvatore Fiume, una palestra completa, video al plasma in ogni stanza, e molte suppellettili di valore


Quardate questo filmato: www.aipsimed.org/?q=node/521

Edited by GalileoGalilei - 21/3/2024, 10:15
 
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http://www.rivistaonline.com/Rivista/Artic...no.aspx?id=4047

Manicomio lager in Calabria: scoperto il tesoro di don Luberto
di Giorgia Maria Pagliaro
foto internet
13/09/2007
versione stampabile


Il tesoro di monsignor Alfredo Luberto, scoperto dal magistrato della procura della Repubblica di Paola Eugenio Facciola, ammonta a circa 15 milioni di euro. Abitazioni di lusso, dodici automobili alcune delle quali di assoluto valore, quadri di pittori famosi tra i quali uno Schifano, libretti al portatore, certificati di deposito sono solo alcuni dei beni a disposizione del sacerdote amante del lusso, amministratore unico dell'Istituto Papa Giovanni XXIII° di Serra D'Aiello in provincia di Cosenza. Si tratta di una vera e propria isola del tesoro e nello stesso tempo della sofferenza umana. Un istituto nato per curare ed alleviare sofferenze atroci trasformato in un lager al punto che il PM Eugenio Facciola aveva chiesto, per don Luberto, gli arresti domiciliari all'interno della stessa struttura fra i letti disadorni e la scabbia. Il GIP però ha respinto la richiesta provocando la disapprovazione dei familiari dei ricoverati e di gran parte dell'opinione pubblica ansiosa di giustizia. L'ultimo "regalo" della Regione a quella che si è rivelata una delle piu' potenti macchine mangiasoldi risale al maggio-giugno di quest'anno, mesi in cui sono stati elargiti 250 mila euro, mezzo miliardo delle vecchie lire, per far fronte alle esigenze piu' urgenti dei ricoverati e per corrispondere ai dipendenti una parte degli stipendi arretrati. I consulenti del giudice sono adesso al lavoro per individuare la destinazione finale delle ingenti risorse sottratte all'Istituto e quindi ai malati. L'altro filone delle indagini riguarda le coperture politiche di cui il prelato godeva e che pare si diramino in tutta la penisola italiana. Dalle indagini eseguite dalla Guardia di Finanza si evince che le movimentazioni accertate seguono il flusso dei finanziamenti regionali elargiti per l'assistenza. Uno degli impegni maggiori del PM Facciola consiste nel ricostruire l'intricato e diffuso sodalizio creato dal sacerdote, nel quale pare svolgessero un ruolo importante personalità politiche locali e regionali.

Il caso Luberto è un vero e proprio terremoto per la chiesa cosentina, impegnata da anni a gestire un'altra questione dolente: quella di padre Fedele Bisceglia, il frate responsabile dell'Oasi Francescana di Cosenza, arrestato con la gravissima accusa di violenza sessuale. Per ambedue i casi i fedeli rimproverano alla chiesa cosentina gli inconcepibili silenzi, le complicità ed i mancati controlli nei confronti di amministratori che gestivano risorse importanti in una regione dove l'intrallazzo e l'appropriazione indebita sono diventate regole di vita. E' appena il caso di ricordare che in Calabria ben 34 consiglieri regionali su 50 sono indagati dalla magistratura e che le vicende denominate "parentopoli" hanno messo a nudo un sistema tumorale che ha devastato, oltre al territorio, la coscienza civile e morale di un'intera regione. Persino i recenti test di ammissione alle facoltà mediche dell'Università di Catanzaro sono oggetto di indagine e si prevede con molta probabilità il loro annullamento, avendo trovato, il personale dell'ateneo calabrese, delle buste contenenti le tracce manomesse. Il coordinatore della Sinistra Democratica, On. Nuccio Iovene, appartenente al "correntone" di Mussi, ha dichiarato recentemente al quotidiano "La Provincia Cosentina" che bisogna finirla con i trasversalismi, che occorre porre fine a "Calabresopoli" ed alla cappa che impedisce la partecipazione democratica. Dure critiche piovono sulla Regione da parte dei rappresentanti della commissione parlamentare antimafia. Tali critiche sono condivise da gran parte della popolazione calabrese ed in particolare vengono apprezzate alcune dure considerazioni sulle strutture e gli enti regionali, percepiti dai cittadini come crocevia di clientele e luoghi di autoriproduzione di poteri familiari che diventano, purtroppo, classe dirigente. Anche il mondo della cultura, con in testa l'antropologo Vito Teti, ha fatto sentire la sua voce; il docente dell'Unical ha scritto, nel suo ormai storico manifesto per la nuova Calabria, che il modello di relazione parentale - clientelare è diventato il centro della politica calabrese. Ogni giorno i giornali locali pubblicano liste di assunti che somigliano sempre piu' ad elenchi di risorse genetiche dove ad un cognome corrisponde un DNA, una storia, un sistema, un' appartenenza… sì, un'appartenenza, perchè in Calabria lo sanno anche i bambini: se sei solo soccombi.
 
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view post Posted on 9/7/2008, 09:41
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http://www.leggonline.it/articolo.php?id=9314

COSENZA, IN UN ISTITUTO
13 MILIONI DI RICAVI ILLECITI
INDAGATO IL VESCOVO

C'è anche l'ex arcivescovo di Cosenza, Giuseppe Agostino, tra i 27 indagati dell'inchiesta sulla casa di riposo Papa Giovanni XXIII di Serra d'Aiello. L'indagine è condotta dalla Procura della Repubblica di Paola e riguarda presunti illeciti nella gestione dell'istituto, che è di proprietà della Curia arcivescovile di Cosenza ed ha 400 dipendenti, tra cui l'occultamento di ricavi per 13 milioni di euro. Nei confronti di mons. Agostino vengono ipotizzati i reati di associazione per delinquere ed omesso controllo. Nel luglio dello scorso anno l'inchiesta aveva portato all'arresto di un sacerdote, Alfredo Luberto, ex presidente del consiglio d'amministrazione dell'istituto, e del commercialista Fausto Arcuri, ex componente del consiglio. Dall'indagine è anche emerso il mancato versamento di contributi previdenziali per 15 milioni. Tra le persone coinvolte nell'inchiesta c'è anche il viceprefetto di Cosenza, Carlo Ponte, indagato per fatti risalenti al periodo in cui è stato amministratore dell'istituto. La posizione di tre indagati, i cui nomi sono coperti da omissis, è stata stralciata ed è oggetto di ulteriori accertamenti.
 
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view post Posted on 10/3/2009, 16:15
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http://www.telereggiocalabria.it/news/1-cr...gli-orrori.html

10-03-2009 - Morti e scomparse sospette nella 'casa degli orrori'

C'é un capitolo che riguarda la scomparsa e le morti sospette di alcuni ricoverati nell'inchiesta della Procura della Repubblica di Paola sull'istituto di assistenza Papa Giovanni XXIII di Serra d'Aiello (Cosenza). Dall'indagine - secondo quanto scrivono oggi La Repubblica ed il Quotidiano della Calabria - è emerso che 12 delle persone ricoverate nell'istituto sono scomparse, mentre altre 15 sono morte in circostanze che fanno sospettare possano essere conseguenza di maltrattamenti o mancata assistenza. S'indaga anche su casi di lesioni registratisi tra gli ospiti dell'istituto. Attualmente nell'istituto Papa Giovanni sono ricoverate circa trecento persone, ma in passato i degenti sono arrivati anche a quota 800. L'istituto, che dopo l'avvio dell'indagine della Procura di Paola è in amministrazione giudiziaria, è in condizioni strutturali estremamente degradate. L'inchiesta nel luglio del 2007 aveva portato all'arresto del direttore dell'istituto, il sacerdote Alfredo Luberto, accusato di essersi appropriato di fondi pubblici destinati alla struttura, di proprietà di una fondazione che fa capo all'Arcidiocesi di Cosenza. Don Luberto, nei giorni scorsi era stato rinviato a giudizio per le truffe contestate.

http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/artic...olo443672.shtml

10/3/2009
Cosenza, morti sospette in clinica
Indagine su casa di riposo degli orrori

Scoperta una clinica sospetta in Calabria: un'inchiesta della Procura di Paola indaga sull'istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d'Aiello, nel Cosentino. Dall'indagine è emerso che 12 delle persone ricoverate nell'istituto sono scomparse, mentre altre 15 sono morte in circostanze sospette. L'inchiesta nel luglio del 2007 aveva portato all'arresto del direttore dell'istituto, il sacerdote Alfredo Luberto, rinviato a giudizio nei giorni scorsi.

Attualmente nell'istituto Papa Giovanni sono ricoverate circa trecento persone, ma in passato i degenti sono arrivati anche a quota 800. Lo scrivono i quotidiani La Repubblica e il Quotidiano della Calabria. L'istituto, che dopo l'avvio dell'indagine della Procura di Paola, è in amministrazione giudiziaria ed è in condizioni strutturali estremamente degradate.

L'inchiesta nel luglio del 2007 aveva portato all'arresto del sacerdote Alfredo Luberto, accusato di essersi appropriato di fondi pubblici destinati alla struttura, di proprietà di una fondazione che fa capo all'Arcidiocesi di Cosenza.

"Una sorta di pozzo degli orrori", cosi' il procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, definisce l'istituto Papa Giovanni XXIII. "Stiamo indagando - ha aggiunto Giordano - per fare luce su tutte le stranezze che hanno caratterizzato la gestione. Un'indagine complessa che riguarda anche le complicità occulte di cui potrebbero aver beneficiato i
responsabili di questa situazione".

Secondo il procuratore di Paola, "è quanto meno strano che 12 ricoverati scompaiano nel nulla. Ci sono in questa vicenda aspetti inquietanti sui quali stiamo cercando di fare luce. Dobbiamo accertare le cause della morte di molti ricoverati. C'è tanto da lavorare, insomma, ed è prematuro, adesso, giungere a conclusioni. Certo le ipotesi che si possono fare su quanto può essere accaduto all'interno dell'istituto sono tante e, a questo punto, tutto è possibil
 
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view post Posted on 10/3/2009, 16:47
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http://www.aipsimed.org/node/3554

Papa Giovanni XXIII, Aperta inchiesta su sparizioni di pazienti, possibili omicidi, traffico d'organi
By AipsiMed - March 10th, 2009

"In 27 rinviati a giudizio per le truffe della casa di riposo Papa Giovanni XXIII. Aperta una nuova inchiesta su 12 pazienti "scomparsi" e 15 "possibili assassinii"

SERRA D'AIELLO (COSENZA) - C'è una casa degli orrori sulle montagne calabresi. Dove in tanti scompaiono, dove in troppi muoiono. E' un ricovero per derelitti e ripudiati di ogni specie che è diventata reggia per un prete e discarica umana per chi c'è finito dentro. Truffe, imbrogli, saccheggi e ora, ora anche il sospetto di alcuni omicidi. Donne e uomini che non si trovano più. Qualcuno sta indagando per scoprire che fine hanno fatto in ventisette. Dodici sono spariti, per altri quindici l'ombra di una morte violenta. Il luogo del mistero è Serra D'Aiello, paesino di settecento abitanti aggrappato all'appennino aspro che da Cosenza scende a strapiombo verso il mare di Amantea e la piana di Falerna.

La casa degli orrori è nascosta là sopra, in tre casermoni di pietra grigia incastrati uno dentro l'altro che dieci anni fa davano riparo a 900 degenti e oggi a quasi 300. Giovani e vecchi, malati, invalidi, mutilati, paralitici, matti veri e matti presunti, tutti soli dalla nascita o abbandonati dalle famiglie, molti con un piccolo patrimonio personale che è stato inghiottito nelle casse di una fondazione religiosa. Ma dopo i raggiri alla Regione e le ruberie ai pazienti, i carabinieri stanno cercando di ricostruire le "morti sospette". Da qualche mese il sostituto procuratore di Paola Eugenio Facciolla ha formalizzato un'inchiesta su quei 12 scomparsi e su 15 "possibili omicidi". Poi ci sono almeno altri cento casi di pazienti che hanno subito lesioni gravi. E non solo una volta. Gli investigatori ipotizzano che dentro all'istituto Papa Giovanni XXIII avrebbero fatto sparire uomini e donne per appropriarsi dei loro beni.

Ci sono anche un paio di anonimi arrivati ultimamente in Procura che parlano "di un traffico di organi". Quanto sia vera fino in fondo questa storia lo svelerà il futuro dell'inchiesta giudiziaria, intanto però la storia raccontiamola dall'inizio. Dal luglio del 2007. Dal giorno che don Alfredo Luberto è stato sospeso a divinis dopo cinque mesi di arresti domiciliari.

I finanzieri ci hanno messo dodici ore per fare l'inventario delle "cose" trovate nella bella casa di don Alfredo. Disegni di De Chirico, scatole piene di ori e argenti, preziose stilografiche, una rara collezione di orologi, un leggìo scultura di Giacomo Manzù, mobili di lusso, una sauna e una palestra in mansarda. E ci hanno messo qualche giorno per scoprire che quel prete, presidente dell'istituto Papa Giovanni XXIII - casa di ricovero di proprietà della curia arcivescovile di Cosenza nata "per curare malati cronici o con problemi psichici" - era il ras del manicomio lager dove molti pazienti erano trattati come bestie. Nel silenzio di tutti, nell'omertà di un paese intero.

Lasciati per giorni in mezzo alla sporcizia, le zecche in corsia, epidemie di scabbia, letti sgangherati, coperte che non c'erano, finestre senza vetri, cessi che nessuno puliva mai. All'istituto di Serra D'Aiello, negli anni Novanta quasi duemila dipendenti fatti assumere dai politici di ogni colore della provincia, la Regione Calabria versava per ogni ricoverato una retta giornaliera dai 110 ai 195 euro. Quello che lì dentro spendevano realmente per i malati - l'hanno certificato i periti nominati dalla procura di Paola - andava dagli 8 agli 11 euro al giorno. Gli altri soldi se li tenevano don Alfredo e pochi altri. Succedeva di tutto con il denaro che non arrivava mai a chi doveva arrivare. Cinquanta euro al giorno di contributi regionali per l'"assistenza spirituale" o cinquanta euro al giorno per l'"assistenza religiosa", a volte i malati non avevano però neanche da mangiare. L'accusa ha calcolato che in pochi anni gli amministratori della fondazione si sono impossessati di 13 milioni di finanziamenti e di altri 15 milioni di contributi mai pagati. In un primo momento è stato indagato anche l'ex vescovo di Cosenza Giuseppe Agostino ("Avrebbe dovuto vigilare e invece firmava carte per conferire a don Alfredo il dominio perpetuo sull'istituto Papa Giovanni"), poi il monsignore è uscito incolpevole dalle indagini. A rinvio a giudizio - deciso proprio ieri - andranno in 27 per associazione a delinquere e truffa e appropriazione indebita. Il primo della lista è il "prete dell'Harley Davidson". L'altra passione di don Alfredo: le motociclette americane.

Dopo lo scandalo dei soldi sono saltate fuori le cartelle cliniche taroccate. Centinaia sembravano compilate in fotocopia, tutte uguali. Come le diagnosi. Tutte uguali anche quelle. Per chi aveva problemi alle gambe o per chi aveva problemi alla testa. Altre cartelle cliniche non si sono mai trovate, altre ancora hanno fatto partire le nuove indagini sulle morti sospette. "Ci sono casi di fratture multiple mai trattate", racconta un investigatore. La relazione dei periti e, nel settembre del 2008, l'apertura della nuova inchiesta sugli scomparsi di Serra D'Aiello.

Dal 1997 sono cominciati a svanire nel nulla i primi pazienti. E il primo fra i primi è stato un certo Bruno. Poi è toccato a una donna (il suo nome è ancora top secret), poi a Domenico Antonino Pino. Lui aveva ventinove anni, era rinchiuso al Papa Giovanni da dodici. Una notte dell'estate del 2001 qualcuno è entrato nella stanza dove dormiva e se l'è portato via con la forza. Il suo compagno di ricovero ha riconosciuto due uomini in camice, nessuno gli ha creduto. "E' matto", hanno detto. I parenti di Domenico Pino per anni l'hanno inutilmente cercato. Qualcuno dell'istituto è arrivato a dire "che se n'era andato con le proprie gambe": Domenico era immobilizzato da bambino su una sedia a rotelle. Dopo di lui è scomparso un certo Di Tommaso, poi un certo Pollella, poi un certo Tiano. E un altro e un altro ancora. Fino al dicembre scorso. L'ultimo sparito di Serra D'Aiello è un uomo di 68 anni.

"Lo so anch'io di quest'ultimo scomparso e anche di Domenico Pino", dice il sindaco Antonio Cugliotta. Di scomparsi, solo di scomparsi si parla sottovoce in questi giorni nel paese sulle montagne calabresi. In piazza. Nei vicoli che si inseguono fino ai boschi. Nella strada davanti al Papa Giovanni dove ora i 550 dipendenti, con anni di stipendi arretrati, protestano perché non arrivano più soldi dalla Regione. Dice il proprietario del bar "centrale" Amerino Sendelli: "Vivo qui da prima del 2000, tutti sanno di quelle scomparse e tutti tacciono per paura". Dice Francesco Provenzano, carpentiere: "Tutti hanno paura". Dicono tutti: "Tutti hanno paura". E' il mistero di Serra D'Aiello.
(dall'inviato ATTILIO BOLZONI, Ha collaborato Anna Maria De Luca. Fonte: La Repubblica del 10/03/09)
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view post Posted on 11/3/2009, 17:08
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La diocesi si costituirà parte civile. Curioso che non si nomini nemmeno don Luberto, il pèrete della diocesi principale accusato

http://www.strill.it/index.php?option=com_...ltime&Itemid=97

Istituto Papa Giovanni: Chiesa sarà parte civile PDF Stampa E-mail
Mercoledì 11 Marzo 2009 16:17
L'arcidiocesi di Cosenza-Bisignano si costituira' parte civile nel procedimento giudiziario avviato dalla Procura di Paola in merito alle vicende relative all'Istituto "Papa Giovanni XXIII" di Serra d'Aiello (Cosenza). Lo rende noto il vicario generale dell'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, Leonardo Bonanno, che ha diffuso una nota. " La Chiesa Cosentina - scrive - unitamente al suo pastore, monsignor Salvatore Nunnari, prende anzitutto atto con sollievo e soddisfazione del proscioglimento di Mons. Giuseppe Agostino, deciso dal GIP di Paola, Eugenio Facciola. Tale decisione - si afferma nella nota - conferma quanto sin da subito ritenuto in merito all'assoluta estraneita' di Mons. Agostino in tutta la vicenda; pertanto alla sua persona si riconferma la stima e la vicinanza affettuosa dell'Arcidiocesi. I medesimi sentimenti della Chiesa diocesana e del suo Vescovo vanno al sacerdote don Francesco Perrone, che solo per qualche mese si e' trovato alla guida del Papa Giovanni, scagionato per non aver commesso alcun reato di ordine amministrativo inerente al suo incarico di Presidente. Nei giorni scorsi la Curia Cosentina aveva fortemente sostenuto l'iniziativa tra la Fondazione Papa Giovanni e la Societa' Fiorile srl, con affidamento a quest'ultima dei servizi e dei beni onde realizzare il risanamento dell'Istituto. Tale soluzione, condivisa da tutte le parti in causa, anche perche' l'ultima rimasta in campo, dopo anni di lavoro risultati vani, avrebbe dato inizio alla fase nuova per il Papa Giovanni, nel rispetto dei diritti dei ricoverati e dei lavoratori, fornendo agli enti Pubblici preposti, alla Regione Calabria e ai sindacati, le necessarie garanzie. Purtroppo gli interventi di questi ultimi giorni con l'ipotizzato trasferimento degli ospiti dell'Istituto in altre strutture socio-sanitarie, ha bloccato, si spera provvisoriamente, l'iter della soluzione avviata dalla diocesi". La Chiesa cosentina, si legge ancora, "ha subito un grandissimo danno morale e di immagine per colpa di chi, investito di fiducia, ha deviato dai principi evangelici che avevano invece motivato il sacerdote fondatore don Giulio Sesti-Osseo, avviando un'opera meritoria sul piano della carita' e su quello occupazionale per il vasto comprensorio del Tirreno cosentino. Con don Giulio sono meritevoli di grata memoria i tanti sacerdoti e laici che si sono prodigati, per oltre un trentennio di vita dell'Istituto, con disinteressato e generoso impegno nell'opera Papa Giovanni, credendovi fino in fondo". Per questo motivo, fa rilevare il vicario, l'Arcidiocesi, dichiarata, nella richiesta di rinvio a giudizio del Gip per la chiusura delle indagini 'parte lesa', "ritiene un suo dovere irrinunciabile costituirsi parte civile nel procedimento penale avviato dalla Procura di Paola perche' chi ha sbagliato di fronte paghi il conto alla Giustizia e, se cristiano, renda conto alla propria coscienza ed alla Chiesa. La Chiesa non ha interesse a chiedere risarcimenti economici, vuole e deve contribuire acche' dal processo emergano responsabilita' di chi, nelle diverse mansioni, si fosse reso colpevole dei reati imputati, se acclarati, individuando ruoli e responsabilita' di quanti saranno ritenuti colpevoli dei reati nel corso degli anni. Solo cosi' - conclude la nota - il clamore mediatico di questi giorni, certamente generico, discutibile e sproporzionato, lascera' il posto a fatti documentati e provati". (AGI)
 
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view post Posted on 17/3/2009, 11:51
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http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/c...berato-ipg.html

Blitz al'alba degli uomini delle forze dell'ordine al "Papa Giovanni XXIII
sotto inchiesta per malversazioni e il sospetto di diversi omicidi
Cosenza, sgomberato con tensioni
l'istituto dei pazienti scomparsi
Dopo le prime difficoltà, l'operazione, richiesta dalla Procura di Paola
si è svolta tranquillamente. Trecento persone saranno smistate in altre strutture
di ANNA MARIA DE LUCA

Cosenza, sgomberato con tensioni l'istituto dei pazienti scomparsi

L'istituto Papa Giovanni XXIII
COSENZA - I circa trecento ricoverati della clinica degli orrori, l'istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d'Aiello, questa mattina sono stati portati via dalle forze dell'ordine, diretti verso altre strutture di ricovero. Lo sgombero è avvenuto alle prime luci dell'alba. Momenti delicati, tensioni, rabbia e pianti. Da molti giorni si temeva che l'operazione potesse trasformarsi in una tragedia a causa dell'opposizione dei circa cinquecento dipendenti che rischiano di trovarsi senza un lavoro e che da giorni occupavano l'istituto con un presidiandolo anche fuori dai cancelli. Resistenze anche da parte dei ricoverati, da anni e anni parcheggiati nella clinica: malati di mente, invalidi, anziani, gente dimenticata persino dalle famiglie.

Ed è proprio giocando sull'abbandono che nella clinica sono potuti accadere i terribili reati di cui si parla nell'inchiesta scoperta da Repubblica la scorsa settimana e portata avanti dalla Procura di Paola per la scomparsa di tredici ricoverati - l'ultimo a fine 2008 - il presunto omicidio di altri quindici e un centinaio di casi di lesione aggravata. Ieri delegazioni di dipendenti hanno protestato sia a Roma, davanti a palazzo Chigi, che a Catanzaro, davanti all'assessorato regionale alla Sanità, contro la chiusura dell'istituto. Ma i fatti accaduti nella clinica sono così gravi che, questa volta, la politica non ha potuto neanche provare a fermare il lavoro della magistratura.

L'ordinanza di sgombero emessa nei giorni scorsi dalla Procura di Paola è stata determinata dall'irregolarità della struttura - impianti non a norma e via dicendo - e dalla gravissima situzione economica in cui versa la clinica di proprietà della Curia: dopo la scomparsa di 13 milioni di euro, a cui se ne aggiungono altri quindici destinati ai contributi, l'istituto si è ritrovato sul lastrico, con pignoramenti su pignoramenti. Per questi ammanchi, sono stati emessi la scorsa settimana 27 rinvii a giudizio. Primo della lista il prete che amministrava la clinica, don Alfredo Luberto, famoso per il tesoretto trovato nella sua casa mentre i ricoverati pativano la fame. E in alcuni momenti anche la scabbia, in un inferno che porta il nome di un Papa ed era gestito da un prete.

Da questa mattina la clinica è vuota. Il business è finito. Il sostituto procuratore Eugenio Facciolla ha fermato in sistema. La Regione Calabria nel corso degli anni ha versato per ogni paziente cifre incredibili, fino a 195 euro a persona a fronte di una spesa reale certificata dalle perizie della Procura, che andava dagli otto agli undici euro. Il resto veniva intascato. I ricoverati aumentavano il numero dei residenti nel piccolo paesino e, negli anni passati, votavano anche alle elezioni. Risultavano però incapaci di intendere e di volere per quanto riguardava l'aspetto patrimoniale: i loro beni venivano intestati al curatore che lavorava nella clinica e passavano alla struttura.

Testamenti falsi, morti sospette, sparizioni. Sono tanti i misteri che la Procura di Paola dovrà ora sciogliere. Di certo ora dal Papa Giovanni non potrà più sparire nessuno.

(17 marzo 2009)
 
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lupetta821
view post Posted on 22/3/2009, 12:09




ho seguito la vinceda nel corso della trasmissione "chi l'ha visto?", pare che il sacerdote in quesione fosse anche un donnaiolo, e faceva dei regali costosi alle sue amanti, poi hanno mostrato la sua casa lussuosa.
altro che spirito santo, i preti sono semplicemente degli uomini.
mi verrebbe da chiedere che senso hanno per i cattolici i sacramenti venduti da questo prete.
lo spirito santo si è sbagliato? è entrato in un corpo di un peccatore?
 
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view post Posted on 16/6/2009, 16:19
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http://ilquotidianodellacalabria.ilsole24o...paola_8420.html

Istituto Papa Giovanni, iniziato il processo
per gli ex amministratori
Una ventina gli indagati segnalati dal Pm Eugenio Facciolla. Il più illustre è don Alfredo Luberto che non era presente in aula
Istituto Papa Giovanni, iniziato il processo per gli ex amministratori 16/06/2009 E' iniziata stamattina nel tribunale di Paola (CS) la fase dell’udienza preliminare del processo che riguarda le vicende dell’Istituto socio-assistenziale Papa Giovanni XXIII di Serra D’Aiello, che portarono, due anni fa, anche l’arresto dell’amministratore, il sacerdote don Alfredo Luberto, accusato di malversazione.
Telecamere vietate nell’aula del dibattimento, presieduto dal giudice Maria Luisa Arienzo, e svoltosi alla presenza di decine di avvocati e anche molti dipendenti dell’istituto di cura, sotto accusa anche per le condizioni precarie dell’assistenza prestata ai degenti.
Don Alfredo Luberto (in foto) non c'era. Questa mattina, prima del rinvio al 3 di luglio, si sono discusse solo alcune eccezioni tecniche.
La costituzione delle parti civili è rinviata alle prossime udienze. Tra questa, annunciata quella della stessa amministrazione del Papa Giovanni, rappresentata dall’avvocato Nunzio Raimondi, e quella dell’associazione onlus «Il Paradiso dei Poveri», nuova creatura di Padre Fedele Bisceglia, che nel 2004 e 2005 si interessò alle vicende dell’istituto.
Una ventina gli indagati segnalati dal PM Eugenio Facciolla. Il più illustre è proprio don Luberto, i cui difensori, gli avvocati Nicola Carratelli e Angelo Pugliese, ci rilasciano una dichiarazione.
«Questa è la prima occasione per dimostrare che i mali del Papa Giovanni XXIII non dipendono solo dalla condotta di don Luberto», hanno detto all’AGI. Fitto il calendario delle udienze previste per questa prima fase: ben 9 solo nel mese di luglio. «Ma dimostreremo che non si può generalizzare nelle accuse: molti indagati saranno certamente prosciolti», dice l’avvocato Pietro Perugini, che difende diversi degli indagati. Intanto i dipendenti dell’istituto hanno voluto ricordare che da mesi sono senza stipendio.
 
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fermakon
view post Posted on 15/9/2009, 12:56




Ieri sera la mia ragazza mi ha obbligato a vedere Chi l'ha visto? e, dopo la solita marea di vecchi che escono e dimenticano la strada di casa, salta fuori questa vicenda che a me era sfuggita.


Morti e ferite sospette, segni di percosse e di maltrattamenti: a raccontarlo sono stati i familiari di alcuni degenti della casa di cura Papa Giovanni XXIII alla trasmissione televisiva Chi l’Ha visto in onda su Raitre
A "Chi l'ha visto" va in onda l'orrore del Papa Giovanni 01/04/2009 Uno scenario raccapricciante sul "Papa Giovanni XXIII" è venuto fuori dalla trasmissione di Raitre "Chi l'ha visto?", incentrata proprio sull'istituto di cura del Cosentino ancora dunque sotto i riflettori. Morti e ferite sospette, segni di percosse e di maltrattamenti: a raccontarlo sono stati i familiari di alcuni degenti della casa di cura Papa Giovanni XXIII alla trasmissione televisiva Chi l’Ha visto in onda su Raitre. Un ex dipendente, parlando dei casi di scomparsi su cui sta indagando la Procura di Paola, ha detto di non saperseli spiegare. «Alcuni forse – ha detto – se ne sono andati spontaneamente, ma per altri non riesco a capire. Magari sono morti accidentalmente. Gli investigatori parlano anche di traffico d’organi, ma chi lo dice, dove sono le prove?». Il parente di un degente ha raccontato di averlo fatto trasferire alcuni anni fa dopo avere notato dei segni di percosse sulla schiena. «Da quando era entrato al Papa Giovanni - ha detto l’uomo – aveva smesso di parlare. Una volta portato in un’altra struttura ha ricominciato a parlare come per miracolo». La mamma di un altro degente, ha detto che alcuni dipendenti licenziati hanno raccontato di malati messi con i piedi nell’acqua calda per non farli camminare e di altri con orecchi gonfi perchè tirati, anche se «i medici parlavano di casi patologici». «Una volta – ha detto infine la donna – ho visto dei dipendenti che guardavano divertiti dentro una stanza ed ho visto che c'era un malato che violentava un poveretto».

Leggi l'articolo sul Quotidiano della Calabria

SCANDALO IPG XXIII: AGGHIACCIANTI RIVELAZIONI EMERGONO DAI PARENTI DEI DEGENTI Scoop della redazione di Raitre “Chi l’ha visto?” sui presunti fatti e misfatti consumatisi all’interno delle stanza del “Papa Giovanni XXIII” di Serra Aiello Calabro.
Foto NTACALABRIA

COSENZA – Dopo il blitz compiuto dai carabinieri nel cimitero adiacente all’ex istituto di cura Cosenza, nuovi particolari raccapriccianti emergono dalle testimonianze rilasciate dai familiari di alcuni degenti ai microfoni dei giornalisti.
Sul tavolo delle accuse decessi inspiegabili, ferite sospette e segni di percosse in diversi punti del corpo.
La madre di un degente ricoverato all’interno della struttura cosentina, ha dichiarato che alcuni ex dipendenti raccontavono di malati messi con i piedi nell’acqua calda per non farli camminare e di altri con orecchi gonfi perchè tirati, anche se «i medici parlavano di casi patologici». «Una volta – ha concluso la donna – ho visto dei dipendenti che guardavano divertiti dentro una stanza ed ho visto che c’era un malato che violentava un poveretto».
Il nipote di un degente, dopo aver constatato la presenza di ematomi sulla schiena dell’anziano, ha raccontato di averlo fatto trasferire in un’altra struttura. «Da quando era entrato al Papa Giovanni – ha riferito l’intervistato – aveva smesso di parlare. Una volta portato in un’altra struttura ha ricominciato a parlare come per miracolo».
In riferimento all’inchiesta sulle morti sospette, significative si sono rivelate le dichiarazioni di un ex dipendente dell’IPG XXIII: «Alcuni forse – ha riferito l’uomo – se ne sono andati spontaneamente, ma per altri non riesco a capire. Magari sono morti accidentalmente. Gli investigatori parlano anche di traffico d’organi, ma chi lo dice, dove sono le prove?».
Il mistero sulle vicende dell’IPG XXII continua.

Redazione Cosenza

Ist. Papa Giovanni (Cs), Procuratore: “non sarà tralasciato nulla”
”Sentiremo tutte le persone che possono dare un contributo all’inchiesta. Ringraziamo tutti e possiamo garantire, sin da adesso, che non sara’ tralasciato nulla”. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, riguardo l’inchiesta sulle morti sospette ed alle persone scomparse nell’istituto Papa Giovanni facendo riferimento alle dichiarazioni dei parenti dei degenti alla trasmissione ”Chi l’ha visto?. ”Tutte le dichiarazioni soprattutto dei parenti di ricoverati che stiamo sentendo in questi giorni – ha aggiunto Giordano – possono rappresentare un riscontro alle ipotesi investigative che abbiamo formulato sulle morti sospette ed ai casi di persone scomparse registratesi nell’istituto. Certo, non possiamo inseguire i singoli episodi, ne’ affidarci alle sollecitazioni del momento. Ci stiamo sforzando di fare un lavoro sistematico e capillare che abbraccera’ tutte le situazioni che vengono segnalate. Seguiamo la nostra strada ed alla fine tireremo le somme del nostro lavoro”

Leggi l'articolo su Calabria Indipendente


PS: non mi pare di aver visto la notizia in altri topic, avvisatemi se uno già c'è
 
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view post Posted on 15/9/2009, 13:18
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Si, la notizia è vecchia.

La cosa scandalosa è he il prete che la gestiva, don Alfredo Luberto, con la complice distrazione della Curia di Cosenza, si era arricchito in maniera scandalosa ai danni dei degenti e del personale. Aveva persino una vasca idromassaggio in casa quando lo hanno arrestato.

Edited by GalileoGalilei - 21/3/2024, 10:09
 
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