http://www.cronachelaiche.it/2010/06/io-so...-un-fuorilegge/Io sono la mia famiglia, e sono un fuorilegge di Niky Rocks [16 giu 2010]
All’inizio di giugno si è celebrata a Trapani, nella Chiesa valdese, una cerimonia che ha benedetto il legame fra due donne. La pastora Maria Bonafede, moderatore della Tavola valdese, ha tenuto a precisare che non si è trattato di un matrimonio ma di una benedizione invocata “su due donne evangeliche tedesche, anche se non appartenenti alla chiesa valdese, il cui legame affettivo era stato già validato in Germania con la stipula di una unione civile”.
Più che altro, dunque, è stata una preghiera di buon augurio per la decisione, legalizzata altrove, di unire le proprie vite in un unico destino. La chiesa valdese, infatti, non ha nel suo ordinamento la contemplazione di celebrare matrimoni fra coppie dello stesso sesso, sebbene il dibattito sia motivo di profonde riflessioni all’interno della sua comunità. Nel 2007 una riunione del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste e dell’Assemblea generale dei Battisti, nell’ottica di uno stato laico, ha però decretato che bisogna promuovere ogni iniziativa che riconosca i diritti civili delle singole persone e delle coppie discriminate per i loro orientamenti sessuali. In un certo senso un piccolo passo avanti lo si sta tentando di fare.
Per la Chiesa cattolica le unioni omosessuali sono assolutamente considerate contro natura, pertanto sono impensabili persino le benedizioni davanti a Dio di due fedeli dello stesso sesso che vogliano essere riconosciuti come coppia. D’altronde per il cattolicesimo, il matrimonio è un sacramento legato a doppio filo con la procreazione: ci si sposa per contribuire alla “espansione” della società. Tant’è vero che uno degli appigli cui si può ricorrere per chiedere l’annullamento è proprio l’infertilità del coniuge. Anche se conosciamo più di un caso in cui la Sacra Rota ha preferito chiudere un occhio e procedere basandosi su criteri apparentemente in conflitto con quanto stabilito dal codice di Diritto Canonico.
La religione è comunque una scelta di vita personale che ciascuno di noi può scegliere di abbracciare, rifiutare o distaccarsene se ci si è trovato invischiato dalla nascita. Ben diverso è invece il discorso per quanto riguarda uno Stato, le cui leggi devono tutelare i diritti di tutti i suoi “facente parte”.
Secondo l’articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo “Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento”.
Sebbene le Sacre Scritture sono state più lungimiranti nel tutelarsi da eventuali fraintendimenti e non hanno mai trascurato di parlare di “marito e moglie” laddove si parla di matrimonio, il documento delle Nazioni Unite, redatto nel 1948, parla soltanto di individui che, senza alcuna distinzione, hanno il diritto di fondare una famiglia. Il significato di “matrimonio” e di “famiglia” acquista sfumature diverse a seconda del paese e della cultura che li comprende. Certo è che in Italia si parte svantaggiati già dal senso etimologico dei termini. “Matrimonio” infatti, mater-munus (dovere della madre), nel Diritto Romano indicava un procedimento attraverso cui legittimare i figli; dall’altra parte c’era il “patrimonio”, pater-munus (dovere del padre), di provvedere al sostentamento economico della famiglia. Come dire: la donna coi cuccioli nalla tana e l’uomo a caccia di gazzelle nei prati. Solo nel tempo al matrimonio si è aggiunta anche la motivazione patrimoniale.
Pure il concetto di famiglia dipende dalla cultura in cui è inserito. Generalmente una “famiglia” è un insieme di persone che convivono e che sono legate da una discendenza o da un riconoscimento legale fra cui un’adozione. Per l’antropologia i “legami di sangue” devono essere intesi in senso metaforico ma per la Costituzione italiana l’unico modo per legittimare questa “società naturale” è il matrimonio.
Secondo Engels questa visione della famiglia è il primo esempio di lotta di classe da cui hanno preso spunto tutte le altre forme di oppressione sociale. Ma il più importante contributo allo studio sulla struttura della famiglia nella storia europea, l’ha portato uno storico britannico che non aveva fama di mangiare bambini: Peter Laslett e il suo Gruppo di Cambridge. Secondo i suoi studi con il nome collettivo di ”famiglia” si possono identificare cinque gruppi:
1) Nucleare: fondata dai soli coniugi con figli.
2) Esteso: che comprende i coniugi e i parenti conviventi.
3) Multiplo: comprensiva di più unità nucleari.
4) Senza struttura coniugale: formata di sole persone che vivono insieme.
5) Solitario: una famiglia composta da una sola persona.
Si badi che Laslett non è un teorico della famiglia e che queste sono conclusioni di uno studio sul campo che ha preso visione di una situazione e da cui è emerso uno schema. Se conservare delle tradizioni e trincerarsi dietro dogmi e regolamenti indiscutibili potrebbe essere una scelta giustificabile da parte di una credenza religiosa, per definizione settaria e chiusa, non si capisce perché uno Stato debba continuare a chiudere gli occhi su un costume che evidentemente è mutato molto dai tempi in cui l’essere omosessuale era considerata una malattia e certi matrimoni si celebravano essenzialmente per riparare a qualche fuitina o per sfuggire da una situazione famigliare opprimente o economicamente sfavorevole.
Niky Rocks