Laici Libertari Anticlericali Forum

LA CHIESA E LA SCHIAVITU’

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Sghiccio_1184
view post Posted on 25/5/2009, 17:34




Il Cristianesimo e la Chiesa cattolica sono spesso
messi in causa nei dibattiti pubblici per la
complicità e passività di fronte al sistema schiavista.
E’ una questione storica posta allo storico e al
teologo.
Sono pertanto leciti alcuni interrogativi:
- Perchè è stato necessario aspettare il 1839 e
una lettera “in supremo” di Gregorio 16° perché
la chiesa cattolica condannasse nettamente
la tratta dei neri?
- Perché solo ad un certo punto della storia un
piccolo numero di uomini si era reso conto
dell’errore di un male sociale, di fronte al
quale l’umanità era stata cieca per secoli, al
punto tale da sentire l’impulso ad opporsi
con l’affermazione personale e l’azione collettiva?
- Quali erano le strutture di pensiero che avevano
sostenuto per centinaia di anni l’istituzione
della schiavitù fisica, come qualcosa di accettabile nella società?
***
Nel mondo antico la schiavitù non fu mai considerata un male intollerabile che si dovesse estirpare da ogni
nazione civile. In tutta la letteratura religiosa dei Sumeri e degli Accadi non si trova la minima protesta contro
la schiavitù.
L’esistenza della schiavitù era data semplicemente per scontata.
E se Mosé riscatta i connazionali poveri resi schiavi, e Geremia biasima chi rende schiavi i propri fratelli è
pur vero che l’Antico Testamento non reca alcuna esplicita protesta contro la schiavitù.
La schiavitù in epoca tardo-romana era in fase di regresso, ma resisteva in molti settori. Non era messa in
discussione neppure dalla Chiesa, la principale forza ideologica di quell’epoca, che si limitava a raccomandare
il buon trattamento degli schiavi indicando in qualche caso, come atto gradito al Signore, il loro affrancamento,
giustificato dai testatari con l’intenzione di redimersi.
La Chiesa partiva dal presupposto che lo schiavo in quanto essere dotato di anima, fosse uguale al libero
dinnanzi a Dio, benché ciò non comportasse immediatamente lo stravolgimento dell’ordine sociale vigente
La Chiesa, infatti, era sorta in un contesto sociale in cui la schiavitù appariva conforme sia al diritto naturale
sia a quello divino.
L’accettazione della schiavitù era tanto profondamente radicata, non solo nella coscienza degli uomini liberi,
ma anche in quella di chi la subiva, al punto che costoro non erano nemmeno in grado di concepire l’idea
di benessere se privata della facoltà di possedere schiavi.
Malgrado la Chiesa accettasse ciecamente la schiavitù considerandola un'istituzione resa necessaria dal peccato
originale, aveva dimostrato anche interesse nei riguardi dello schiavo ed aveva stabilito che per i
padroni il dovere di trattare i loro servi come fratelli di Cristo. Il Cristianesimo cominciò ad attenuare le
dure leggi e le abitudini severe del mondo romano per migliorare successivamente le condizioni degli
schiavi, che ottennero nel tempo una certa dignità morale. Tutto questo comunque non la scia intravvedere
una volontà esplicita di abolire la schiavitù.
Il fatto che i cristiani abbiano accettato l'istituzione fino al XVIII secolo senza che nessuna vera e propria
protesta venisse mossa, dà prova di un alto grado di tolleranza dell’istituzione stessa.
L’uguaglianza degli uomini davanti a Dio e la schiavitù rimanevano per un certo verso un contraddizione.
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Il Cristianesimo dava una soluzione a questo contrasto, e riusciva a spiegare razionalmente la schiavitù ed a
suscitare, allo stesso tempo, ideali che erano, in potenza, abolizionisti.
La schiavitù era considerata un castigo in conseguenza del peccato o di una naturale deficienza spirituale
che impediva all'individuo di comportarsi secondo i canoni della virtù. Lo schiavo era un discendente di
Canaan, un uomo privo di ragione o un peccatore che disprezzava la verità. Stoici e cristiani si sforzavano
di distinguere lo schiavo vero da quello apparente. Si asseriva che uno schiavo poteva essere in realtà più
libero del suo padrone e che un padrone che non poteva fare a meno dei suoi schiavi era lui il vero schiavo.
Durante il XIV e XV secolo la Chiesa intensificò i suoi sforzi per impedire ai cristiani di divenire schiavi
degli eretici. Nel 1425 una bolla papale minacciava di scomunica coloro che facevano commercio di cristiani
e ordinò agli Ebrei che esercitavano anche il commercio degli schiavi, di portare un distintivo infamante
sulle vesti, in parte per precludere loro l’acquisto dei Cristiani.
Nonostante i mercanti facessero poca attenzione alla religione e alla loro merce si può dire che il XV secolo
era molto cresciuta la prevenzione degli Europei verso l’asservimento di uomini di Paesi cristiani. Questi
scrupoli non venivano estesi agli eretici che venivano giudicati immeritevoli di libertà.
Catturando o comprando infedeli gli europei erano convinti di infliggere un colpo all’ateismo generale.
Questo era il pensiero del clero allorché gli Europei stabilirono i primi contatti con l’Africa.
E’ particolarmente significativo nel XV secolo l’impegno dei Trinitari che sorti nel 1198 con l’approvazione
di Innocenzo 3°avevano come compito quello della liberazione degli schiavi cristiani in terra mussulmana.
Si calcola che essi abbiano liberato nel periodo della loro attività circa 900.000 schiavi. Il loro zelo era così
intenso che a volte lasciavano se stessi in cambio degli schiavi. Persino Voltaire riconosceva la bellezza di
questa storia esaltante.
Giuristi, filosofi e teologi dichiararono legale la schiavitù dei neri. Condannarono la schiavitù: papa Urbano
8° con la bolla del 22 aprile 1639 (pare che questa condanna avesse come base il fatto che il commercio degli
schiavi della Guinea fosse in quel periodo in mano degli olandesi di religione protestante) e in modo definitivo
da Gregorio 16° con la lettera “In supremo” del 1839 con queste parole: “In virtù della nostra autorità
riproviamo il traffico dei negri come indegno del nome Cristiano. In virtù di questa stessa autorità proibiamo
e interdiciamo ad ogni ecclesiastico o laico di considerare il traffico dei negri come lecito e sotto qualsiasi
pretesto di predicare o insegnare in pubblico o in qualunque altro modo una dottrina in contrasto con quella
apostolica”.
Ma la giustificazione teologica che la cristianità medioevale aveva dato alla schiavitù è sopravvissuta fino
all’era moderna.
Per circa duemila anni gli uomini avevano pensato al peccato come ad una forma di schiavitù.
Un giorno sarebbero arrivati a pensare alla schiavitù come ad un peccato.
Durante il Concilio Vaticano 1° (1870) il vescovo Daniele Comboni si batteva contro la schiavitù ed il mercato
degli schiavi in Egitto. Era convinto che non si poteva eliminare lo schiavismo a base di trattati come pensavano
di fare le nazioni europee e scriveva: ”l’abolizione della schiavitù decisa dalle potenze europee a
Parigi nel 1856 è lettera morta per l’Africa centrale e proponeva la scomunica ai cristiani che cooperavano
alla tratta degli schiavi, di non restituire gli schiavi che fuggivano e che si rifugiavano alla missione e di
fronte alle proteste dei padroni, di andare in tribunale forti della legge abrogazionista egiziana.
In occasione dei 500 anni dell’invasione dell’America , Giovanni Paolo 2°, durante la visita all’isola di Gorè,
in Senegal, uno dei porti dove gli schiavi erano venduti all’asta, chiese agli africani di perdonare il crimine
inumano commesso da coloro che si dicevano cristiani.
***
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Questa istituzione, oggi così contraria ai diritti dell’uomo e che ci porta a distanza di secoli
ad una condanna di uomini ed istituzioni, ci rammenta altresì, che il tribunale della storia
pazientemente attende di giudicare le nostre azioni e quelle delle istituzioni di questo
nostro tempo, che evidenziano già da oggi le loro contraddizioni e che noi tolleriamo pur
nelle loro ambiguità o ingiustizia palese: come la fame nel mondo, il debito internazionale
le sopraffazioni e le ingiustizie internazionali.

http://www.ipsia.pn.it/progetto_schiavi/fi...pagina22_23.pdf
 
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Felipe-bis
view post Posted on 15/11/2010, 08:45




http://resistereoscappare.blogspot.com/200...-curiosita.html

Chiesa e schiavismo in Europa

Nei suoi viaggi africani Giovanni Paolo secondo ha più volte chiesto perdono ai popoli di questo continente per lo schiavismo cui furono sottoposti dai mercanti di carne umana i quali erano per la maggior parte di religione cristiana. Anche nelle sue encicliche ha reiteratamente condannato la schiavitù:

"La schiavitù offende la dignità umana".

"E' bene aggiungere che l'aspirazione alla liberazione da ogni forma di schiavitù, relativa all'uomo... è qualcosa di nobile e valido".

Ma, ovviamente, si è sempre ben guardato dall'accennare alle complicità e connivenze clericali nella tratta degli schiavi, mentre la stampa cattolica è stata mobilitata, in questi ultimi anni, per gettar polvere negli occhi dei suoi lettori trattando più volte l’argomento in maniera mistificante. Ne sono evidenti esempi l'articolo "Liverpool: l'orgoglio e la vergogna" che disserta ampiamente sulle responsabilità degli inglesi nel traffico di carne umana e la rubrica teologica intitolata "E' colpa della Chiesa se esiste la schiavitù?" in cui si tendono ad occultare le plurisecolari responsabilità della chiesa in questa barbarie accampando, nel contempo, meriti discutibili.

Altri papi del nostro secolo si sono occupati di schiavismo Paolo VI invito a battersi contro "la servitù degli oppressi" rivendicando per ogni uomo "una vita pienamente umana affrancata dalle servitù che gli vengono dagli uomini”. Pio XII definì azione criminale il rendere schiavi i propri simili mentre san Pio X, nella sua enciclica "Profondamente commosso", denunciava nel 1912 orrori schiavistici "gli esempi più estremi della turpitudine pagana”.

Tutte belle parole di cui i preti sono maestri ma che però ben poco valore in quanto pronunciate dopo la sparizione della schiavitù in quasi tutto il mondo. Invece quando la tratta era al suo culmine, con milioni di persone deportate ogni anno, la chiesa taceva o al massimo si pronunciava in maniera ambigua rendendosi complice di questa barbarie. Perfino la decisione più semplice ma più significativa non fu mai sancita formalmente in un concilio ecumenico né nel codice di diritto canonico: il divieto ai preti e a tutti i religiosi di possedere schiavi.

La Chiesa iniziò a battersi seriamente contro lo schiavismo solo alla fine del secolo scorso quando il cardinale Lavigerie promosse la fondazione di apposite società anti-schiaviste: ma gli schiavi c'erano anche nei due millenni precedenti di storia del cristianesimo, come spiegare questo ritardo? La verità è che i principi sociali del cristianesimo hanno giustificato per secoli lo schiavismo e i suoi inviti alla rassegnazione hanno aiutato gli schiavisti a sfruttare meglio le loro vittime. La divulgazione concertata del mito del Padre supremo e onnipotente finisce inevitabilmente per giustificare o almeno favorire lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo: l'idea di Dio fu utile ai tiranni di ogni epoca, in quanto prospettava una visione monarchica e schiavistica del mondo. Anche la teologia scolastica e l'Inquisizione contribuirono a radicare nelle coscienze la schiavitù come dato ineluttabile; ed il suo aspetto più negativo era - per la Chiesa - la persistenza nella religione nativa degli schiavi non cristiani e l'eventuale abiura da parte di schiavi cristiani sottoposti a padroni infedeli.

Il cristianesimo non pensò mai di abolire la schiavitù ne alcun concilio approvò decreti abolizionisti, anzi, i padri conciliari regolamentarono il commercio di carne umana in più di una occasione. Gli imperatori cristiani Costantino e Carlo Magno, onorati da due statue nell'atrio della basilica di San Pietro, tollerarono e favorirono lo schiavismo. Non fu la chiesa cattolica quella che fece sparire la schiavitù in Europa e poi nel resto del mondo ma il lento progresso economico, sociale e civile delle diverse popolazioni.

A testimonianza del plurisecolare persistere in Italia dello schiavismo restano i cognomi di migliaia di persone: basti pensare che solo nell'elenco telefonico di Milano città, edizione '95-'96 vi sono ben 391 Schiavi/o e Schiavone.

Almeno 15 nomi di paesi e località varie provano anch'essi la presenza del fenomeno schiavistico in tutta Italia:



Nord:

Schiavi (Vicenza)

Schiavoi (Pordenone)

Schiavon (Vicenza)

Schiavonia (Padova)


Centro:

Schiavi (Pescara)

Schiavonia (Forlì)

Torre degli Schiavi (Roma)


Sud:

Schiava (Napoli)

Torre degli schiavi (Caserta)

Schiavi(dopo il 1860 ha preso il nome di Liberi, Caserta)

Castello degli Schiavi (presso Caiazzo, Caserta)

Villa degli schiavi (Caserta)

Schiavo (Reggio Calabria)

Ponte Schiavo (Messina)

Masseria Schiavone (Foggia)

Masseria Schiavoni (Taranto)


La schiavitù è un fenomeno che ha origini antichissime di fronte al quale il cattolicesimo ha rinunciato fin dall'inizio ad ogni contestazione limitandosi a paterni inviti umanitari ed anzi, cercando di avvalersene per la conversione dei popoli pagani. Infatti non a caso il termine schiavo deriva dall'antico germanico "slav", vocabolo applicato dai tedeschi alle genti pagane abitanti ai loro confini orientali (gli slavi): latinizzazione in "slavus", da cui l'odierno "schiavo". Essendo stati, per secoli, gli Slavi, i pagani più prossimi ai cristiani europei, la chiesa ne ha lungamente autorizzato l'asservimento tanto che il nome di questo popolo ha finito per indicare quella persona assoggettata pienamente alla volontà di altri uomini quasi come una cosa che gli antichi romani definivano con il termine "servus"?.


Tratto da “Chiesa e schiavismo in Europa” di Pierino Marazzani Collana: Curiosità del giardino di Epicuro Editore: Felice Scipioni

 
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