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Catania. La mano della Mafia sulla festa di S. Agata

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view post Posted on 4/6/2008, 12:58
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LA PIOVRA SULLA FESTA DI SANT’AGATAmercoledì 28 maggio 2008, di Giuseppe Scatà

SANT’AGATA, LA MAFIA, E IL SEGRETO DI PULCINELLA

Un vigile, davanti alla prima candelora, si sbraccia, fischia, poi si appoggia a un auto della municipale, e fuma. Mi metto davanti per fargli un bel ritratto con la macchina fotografica, lui scatta di lato e mi fa il gesto di andare via. Intorno a me auto posteggiate sui marciapiedi, furgoni col muso dentro ai cespugli, o appiccicato al palo verde del semaforo. E banconi di arancini, pizze, panini, ogni due metri. Abusivi, quasi tutti. E’ il pomeriggio del 4 Febbraio e in via Plebiscito chi vende armadi, o mobili, o uova, o marmitte, quella notte si prepara a vendere da mangiare. “Macchè! E’ la festa della carne di cavallo”, mi dice un uomo. Tiene in mano due detersivi per la casa, è un bottegaio, e si prende la briga di spiegarmi cos’è oggi l‘estorsione: “Soldi non ce n’è. Uno viene e ti chiede quello che ti deve chiedere, sapone, carne, quello che è, e tu non lo fai pagare. E’ questo il pizzo ormai”. Io gli avevo chiesto solo che ne pensava della notizia di pochi giorni prima:

“La piovra sulla festa di Sant’Agata” - La festa di Sant’Agata controllata dalla mafia. Per sette anni, dal 1999 al 2005, Cosa Nostra catanese avrebbe dettato tempi e ritmi della processione religiosa, controllando di fatto il business dei fuochi d’artificio e della vendita della cera, influendo persino sulle fortune di venditori di torrone e palloncini (la Repubblica, 01-02-2008)

“Le mani dei boss sulla festa di Sant’Agata”. - Cosa Nostra non risparmia neanche la festa di Sant’Agata, patrona di Catania: è questa la tesi della Procura della Repubblica che fatto notificare l’avviso di conclusione indagini a otto presunti appartenenti al clan dei Santapaola. Il reato ipotizzato è associazione mafiosa finalizzata ad ottenere ingiusti vantaggi” (Corriere della sera, 0-02-2008) .

Una notizia che aveva fatto rapidamente il giro di tutti i giornali e tg nazionali. Poi punta il dito verso i cielo: “I veri mafiosi sono i politici lissù, questa è solo manovalanza”. Sono le otto di sera e la vara (fercolo) di Sant’Agata sta per entrare a San Cristoforo, tirata dai lunghi cordoni cui stanno appesi i devoti, che faticano a tirare. Ha appena superato la ripida salita del convento dei Cappuccini, lì dove qualcuno cade sempre e ci rischia la pelle, come stavolta. Sono cascati in dieci. E’ una marea umana vestita di bianco. Ci sono un milione di persone, tra devoti e turisti, per la terza festa più importante al mondo dopo la Semana Santa di Siviglia e il Corpus Domini di Cuzco, in Perù.. “Io non so nulla”, “E’ solo una festa”, “Voci, tutte voci, io vedo qua solo persone corrette”, “La festa si doveva annullare, e fare una bella messa in chiesa”, “La mafia è dovunque”, dice un altro, sempre col sacco, “ma si resta devoti”. Guardo per terra. C’è già cera mescolata a coriandoli. Un gruppo di devoti, col cero grande quanto il peso del loro corpo, si inginocchia e prega davanti a un altare della Santa. Un ragazzo resta ancora un po’, mentre gli altri partono. Rimane in ginocchio, non riesce ad alzarsi, due amici lo aiutano, tirano su il cero, lui cade in terra, poi si risolleva e si tiene la spalla. Si piega sulle ginocchia e urla di dolore. Dicono che il cero debba essere pesante proprio per purificarsi dai peccati Sopra le nostre teste ci sono tutte le luminarie accese, il fuco delle candele, le lampade dei negozi, dei banconi pieni zeppi di arancini al sugo, cartocciate al prosciutto e alle melanzane, bombe al formaggio e siciliane con acciughe.

Ora è tutta una luce. Ma nei giorni scorsi la città era stata nel buio. Il prefetto Giovanni Finazzo, ha supplicato in ginocchio, anche lui, l’Enel, creditore di decine di milioni di euro, e l’Enel ha riacceso i lampioni solo per la durata della festa. L’anno precedente invece, le luci della festa erano rimaste spente, e le candelore l’avevano messe dentro al Duomo, come se fossero in castigo. Era morto da poco l’ispettore di polizia Raciti “N’amu ad ammucciari tutti pari” (ci dobbiamo nascondere tutti), mi disse un signore che era allo stadio e che se l’era filata subito dopo la partita. Il sindaco Scapagnini, sulla mafia e sulla Santa, non dice nulla, ma in una intervista a tutta pagina sul quotidiano locale afferma che non si candiderà alle politiche nazionali perché ama Catania, che ha bisogno da decenni di un piano regolatore, e perché vuole risanare finalmente il bilancio comunale (il 12 Febbario annuncerà le dimissioni, per correre al Senato e aiutare dall’alto, dichiarando “Lascio una città rinnovata”). L’arcivescovo chiamato in causa, sicuro di sé e della fede dice prima: “La delinquenza deve starne fuori”, ma poi “Chi ha sbagliato ha sempre la possibilità di pentirsi” (mentre il vescovo di Piazza Armerina viene messo sotto scorta per aver negato i funerali al boss Emmanuello, e quello di Caltanissetta il 12 Febbraio si scaglierà contro la Sanità collusa, gridando nel Duomo “Delinquenti! Maledetti da Dio! Scomunicati dal Signore! Nessuna comunione a chi non si confessa!”). La vara cammina in fondo, di fronte all’Ospedale Vittorio, a passo di lumaca. Tutti, pure i meccanici, fanno soldi. I magistrati della procura catanese dicono che le indagini sono concluse, che Santapaola e Mangion, tessera 1 e 2 del circolo Sant’Agata, controllano le tappe e i tempi rallentando spropositatamente la processione. E che gestiscono la vendita della cera, le scommesse sulla gara delle candelore in via San Giuliano, la salita più ripida e spettacolare. Chi regge le candelore (in gruppi da 4 a dieci persone), che all’origine venivano portate a spalla solo per illuminare le vie durante la festa, e per rappresentare ciascuna le varie corporazioni di mestieri, si diverte da sempre a farla ballare. Il ballo è presto divenuto sfida e gara. I portantini, per il periodo festivo di due settimane, guadagnano parecchie migliaia di euro. Ma non lo possono mica fare tutti. Non basta essere forzuti.

“Cosa Nostra sulla festa…è una cosa scandalosa”, mi dice piano un uomo, con un filo di voce, appoggiato a una parete, tenendo la mano alla moglie. “Sono deluso. Io ci ho sempre creduto”, mi confessa un anziano seduto fuori, sul marciapiede, e col sacco bianco. C’è un vigile per candelora, ciascuno ha un fischietto e sbraccia e suda per far sgombrare la gente dalla strada. Ci sono coppie di vigili che parlottano agli angoli delle strade, con le mani in tasca. Sono tanti. Sono quelli che non ci sono mai durante l’anno. Di fronte ai loro occhi l’abusivismo, il posteggio selvaggio, per una notte scompare. Compro anch’io un panino di semola con una fetta di carne di cavallo. I cavalli, per la maggior parte, vengono dalle corse notturne fatte in città o da quelle legali di tutta Italia, sono tenuti in stalle clandestine dei quartieri storici, pieni di dedali di viuzze e cortiletti, e macellati quando lo stesso maniscalco non può farci più nulla. Nemmeno, come dice lui, cambiando lo zoccolo per far camminare la bestia azzoppata. “Più va lenta la vara e più io ci guadagno, certo”, fa il signore che mi ha appena venduto il panino, “ma se quei quattro soldi non ce li facciamo ora, mi spiega lei come dobbiamo campare?”. “L’hanno scorso abbiamo fatto poco e niente. Era morto quel poliziotto, come si chiamava…”, mi dice un altro “Io non ce l’ho coi poliziotti. Anzi. Ma alla festa c’era poca gente. L’anno prima invece, pioveva a dirotto. Non siamo manco usciti di casa. Per fortuna che c’è lei, la Santa. Bedda” e mi indica la curva giù in fondo, da cui, piano piano, in mezzo ai fumi delle braci e dei ceri delle mandorle mescolate allo zucchero e alla cannella per fare i torroni, in uno strano silenzio, spuntano le colonnine argentate della vara. Poi un ragazzo vicino a me ne solleva un altro per la vita, prendendolo dalle spalle e stringendogli la pancia, e quello grida: “Cittadini! Evviva Sant’Agata”, e tutti “Cettu, cettu”.

Prestigio, visibilità, immagine, impatto sociale – spiega Carmelo Petraia, sostituto procuratore della Dda Catanese – cercavano più questo che il guadagno…A Giuseppe Mangion, detto “U zù Pippu”, uscito dal carcere nell’edizione 2004 della festa, venne fatto l’omaggio della sosta del percolo sotto la sua abitazione di piazza Risorgimento. La festa sarebbe servita anche a lanciare dei messaggi. Come l’eliminazione dello stendardo donato alla candelora del Circolo cittadino S. Agata (il più antico) da Natale Di Raimondo, appena pentitosi (La Sicilia, 02-02-2008)

“Io vivevo in via Plebiscito, ci ho vissuto per quarant’anni, e non c’erano banconi di carne a ogni passo, non c’erano macchine sui marciapiedi, e non c’erano vigili davanti alle candelore. Che è successo? Di che ci stupiamo poi se la mafia controlla Sant’Agata? La legge, durante la festa, va a farsi benedire”. E’ l’alba del 6 stavolta e io sono in via di San Giuliano. Il caffè è poco cremoso e le suore del convento di via Crociferi, che una volta aspettavano la Santa per intonare un coro notturno suggestivo, capita ormai l’antifona, ronfano ancora. Apro la Sicilia e leggo la lettera della moglie di A. Santapaola che si chiede perché tutto questo baccano a tre giorni dalla festa, e difende il marito, che sta in galera da tre anni ed è un semplice devoto. Un avvocato lì, in piedi, con la tazzina in mano sottolinea che le indagini sono preliminari, e fin quando il gip non rinvia a giudizio, la magistratura non può parlare: “E poi qui la procura catanese non vuole un procuratore capo esterno come quel Di Natale, che verrebbe da Caltanissetta, e che il CSM ha tutta l’intenzione di insediare. Dicono che solleverebbe il coperchio, che gli scompiglierebbe le carte. Allora questi, i catanesi, che invece vogliono uno di loro, ci hanno paura e si fanno belli, e tutto a un tratto si svegliano, diventano antimafiosi, e s’indignano, e sequestrano parcheggi, e comandando blitz…” Riccardo Orioles, direttore dei giornali antimafia catanesi Casablanca e I Cordai, con cui avevo appuntamento al bar, con una brioche a metà mi dice: “Tu sei un magistrato che ha scoperto una cosa gravissima e sai che se la racconti adesso ne parlano tutti e pensi che è giusto che tutti sappiano. Non lo faresti al posto suo? Io sì”. Intanto la vara è ancora lontana e davanti a noi, appeso a un balcone, l’attende uno striscione, su cui sta scritto, con lo spray: “Sant’Agata liberaci dalla mafia. Addiopizzo”.

Giuseppe Scatà
 
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