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Il 30 settembre la Chiesa festeggia santa Margherita Maria Alacoque, golosa di vomito di malati e feci di dissenterici, Ma Gesù l’ammonì e la dissuase, ricordandole che «non è l'ora della refezione».

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GalileoGalilei
view post Posted on 29/1/2010, 22:16 by: GalileoGalilei
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qualche passo scritto da lei stessa.


piaghe purulente

Mi recai dunque alla messa il giorno della circoncisione dì Nostro Signore, per chiedergli di divenire lui stesso il medico e la cura per la mia povera madre e di mostrarmi quanto dovevo fare. Lui lo fece con tale misericordia che, non appena rientrata, trovai la guancia di mia madre aperta da una piaga grande come un palmo, che emanava un fetore intollerabile, e nessuno voleva avvicinarsi. Non avevo alcuna nozione su come curare le piaghe e non riuscivo a guardarle né a toccarle, prima di allora, e non disponevo di altro unguento che quello della divina provvidenza. Tagliavo tutti i giorni pezzi di carne marcia, ma provavo tale coraggio e fiducia nella bontà del mio Signore, che sentivo sempre presente, che alla fine, contro ogni previsione umana, mia madre guarì in capo a pochi giorni. Durante tutto il tempo della malattia, non mi coricai né dormii quasi per nulla; mangiavo pochissimo e digiunai per giorni interi. Ma il mio divino Maestro mi consolava e mi faceva sentire in perfetta conformità col suo santissimo volere e solo con Lui mi lasciavo andare, dicendogli: «O mio sovrano Maestro, se non lo voleste, tutto ciò non accadrebbe; ma io vi rendo grazie per averlo permesso alfine di rendermi simile a Voi».





si tortura

Non sapevo cosa fosse la vita spirituale, perché non ne ero stata istruita e non ne avevo sentito parlare; sapevo solo ciò che il mio divino Maestro m'insegnava e mi faceva fare con la sua amorosa violenza. E per punirmi in qualche modo delle ingiurie che gli facevo e per riprendere la somiglianza e la conformità con Lui, alleviando il dolore che mi tormentava, legavo questo miserabile e criminale corpo con corde annodate e le stringevo così forte, che a malapena potevo respirare e mangiare. E tenevo le corde strette così a lungo, che s'immergevano profondamente nella mia carne, che vi ricresceva sopra, e riuscivo a strapparle solo con molta violenza e crudeli dolori; lo stesso facevo con le catenelle che legavo alle braccia e che toglievo portandomi via pezzi di carne. Dormivo sopra un asse o sopra bastoni nodosi, e poi mi battevo con la disciplina, cercando rimedio ai conflitti e ai dolori che sentivo dentro me. Tutto quanto potevo soffrire esteriormente, sebbene le umiliazioni e le contraddizioni di cui ho parlato prima fossero continue e aumentassero invece di diminuire, mi pareva un sollievo in confronto alle pene che soffrivo dentro me e che mi facevo violenza per sopportare in silenzio e tenere nascoste, come il mio buon Maestro m'insegnava. Nulla traspariva all'esterno, a parte il fatto che mi vedevano impallidire e disseccarmi. Il timore che avevo di offendere il mio Dio mi tormentava più di tutto il resto, perché i miei peccati mi apparivano continui e così grandi, che mi meravigliavo che l'inferno non s'aprisse sotto i miei piedi per inghiottire una tale miserabile peccatrice.




bacia le piaghe

Tutti questi permessi da chiedere mi attirarono rifiuti e mi resero così prigioniera, che, per via della grande autorità che veniva esercitata su di me, non poteva esserci una monaca più sottomessa. Ma il desiderio ardente che provavo di amare Dio mi faceva superare tutte le difficoltà e mi rendeva attenta a fare tutto quanto più contrastava con le mie inclinazioni e per cui provavo più ripugnanza. Mi sentivo talmente spinta ad agire in tal modo, che confessavo come un peccato il non averlo fatto. Mi disgustava vedere piaghe e mi misi a curarle e a baciarle, pur non sapendo come fare. Ma il mio divino Maestro sapeva supplire così bene a tutte le mie deficienze, che le piaghe guarivano prestissimo senz'altro unguento che quello della Provvidenza e, sebbene fossero molto pericolose, io avevo più fiducia nella sua bontà che nei rimedi umani.




si tormenta

In quel momento Lui mi spogliò di tutto e, dopo aver vuotato il mio cuore e messo la mia anima a nudo, accese un desiderio così ardente di amare e soffrire, che non mi dava mai tregua. M'inseguiva così da vicino, che trovavo pace solo pensando a come poterlo amare crocifiggendomi; la sua bontà èsempre stata così grande nei miei confronti, che mi ha sempre fornito i mezzi per farlo. Sebbene non nascondessi nulla alla mia maestra, avevo tuttavia il progetto di intensificare oltre le sue intenzioni il permesso di fare penitenza.





gode a essere umiliata

Io mi gettai ai suoi piedi, ma lei, vedendomi fuori di me, tutta febbricitante e tremante, mi mortificò e mi umiliò con tutte le sue forze, cosa che mi fece un piacere incredibile e mi rese felice.




vede la trinità in persona

Invece, Nostro Signore continuava a tributarmi le sue grazie e ricevetti, in un momento durante il quale avevo perso i sensi, quella incomparabile per cui si presentarono a me le tre persone della Santa Trinità, che riempirono di grande consolazione la mia anima. Non sono in grado di spiegare quel che mi accadde; posso solo dire che mi parve che il Padre eterno, mostrandomi una grandissima croce irta di spine, insieme a tutti gli altri strumenti della passione, mi disse: «Tieni, figlia mia, ti faccio lo stesso dono che ho fatto al mio amato Figlio». « E io», mi disse il mio signore Gesù Cristo, « ti ci crocifiggerò come io sono stato crocifisso e ti terrò compagnia». La terza di quelle adorabili persone mi disse che lui era solo amore e che mi avrebbe consumata purificandomi.




lecca il vomito di una malata e ne gode

Lui mi rimproverò tanto su questo punto, che una volta, volendo pulire il vomito d'una malata, non riuscii a impedirmi di farlo con la lingua e di mangiarlo, dicendogli: «Se avessi mille corpi, mille amori, mille vite, io li immolerei per esservi schiava». E allora trovai in quell'azione tali delizie, che avrei voluto trovarne di simili ogni giorno, per imparare a vincermi, senza altro testimone che Dio.




lecca la piaga del sacro cuore di gesù

la notte successiva, se non mi sbaglio, mi tenne quasi due o tre ore con la bocca incollata sulla piaga del suo sacro Cuore





lecca la diarrea di una dissenterica, ma senza ingoio

una volta in cui ero stata colta da nausea mentre accudivo una malata che aveva la dissenteria, mi rimproverò così aspramente, che, per riparare a questa colpa, mi vidi costretta, mentre andavo a buttare via ciò che quella aveva fatto, a bagnarvi a lungo la lingua dentro e a riempirmene la bocca. Avrei ingoiato tutto se Lui non mi avesse ricordato l'obbedienza, che non mi permetteva di mangiare nulla senza permesso.





vomita tutto ciò che mangia

non mangiavo e ricevetti molti rimproveri dalla superiora e dal confessore, che mi ordinarono di mangiare tutto quanto mi veniva presentato a tavola. Quest'obbedienza era al disopra della mie forze, ma Colui che, nel bisogno, mai faceva mancare il suo aiuto, mi diede anche in quell'occasione la forza di sottomettermi senza repliche e scuse. Dopo che avevo mangiato, però, dovevo vomitare quanto avevo ingerito e, protraendosi a lungo tale situazione, finii per avere sempre mal di stomaco. I dolori erano terribili, al punto che non riuscivo a trattenere quel poco che avevo ingerito.





con un cortellino si incide sul petto il nome di gesù

Ma poiché il suo amore mi aveva spogliata di tutto e non voleva che possedessi altre ricchezze che quelle del suo sacro Cuore, me ne fece in quello stesso momento una donazione, ordinandomi di scriverla col mio sangue, sotto dettatura. Poi la firmai sul mio cuore con un temperino, incidendo il suo sacro nome di Gesù.




sta un mese e mezzo senza bere

Per questo mi chiedeva che, per onorare il suo digiuno nel deserto, trascorressi cinquanta giorni a pane e acqua. L'obbedienza non me lo volle permettere, per timore di farmi apparire stravagante, e Lui mi fece capire che gli sarebbe stato comunque gradito che trascorressi cinquanta giorni senza bere, in onore della sete ardente che aveva sempre sopportato per la salvezza dei peccatori e quella che il suo sacro Cuore aveva sempre patito sull'albero della Croce.

qualche passo scritto da lei stessa.


piaghe purulente

Mi recai dunque alla messa il giorno della cirÂconcisione dì Nostro Signore, per chiedergli di diveÂnire lui stesso il medico e la cura per la mia povera madre e di mostrarmi quanto dovevo fare. Lui lo feÂce con tale misericordia che, non appena rientrata, trovai la guancia di mia madre aperta da una piaga grande come un palmo, che emanava un fetore inÂtollerabile, e nessuno voleva avvicinarsi. Non avevo alcuna nozione su come curare le piaghe e non riuÂscivo a guardarle né a toccarle, prima di allora, e non disponevo di altro unguento che quello della diÂvina provvidenza. Tagliavo tutti i giorni pezzi di carne marcia, ma provavo tale coraggio e fiducia nella bontà del mio Signore, che sentivo sempre preÂsente, che alla fine, contro ogni previsione umana, mia madre guarì in capo a pochi giorni. Durante tutto il tempo della malattia, non mi coriÂcai né dormii quasi per nulla; mangiavo pochissimo e digiunai per giorni interi. Ma il mio divino MaeÂstro mi consolava e mi faceva sentire in perfetta conformità col suo santissimo volere e solo con Lui mi lasciavo andare, dicendogli: «O mio sovrano Maestro, se non lo voleste, tutto ciò non accadrebÂbe; ma io vi rendo grazie per averlo permesso alfine di rendermi simile a Voi».





si tortura

Non sapevo cosa fosse la vita spirituale, perché non ne ero stata istruita e non ne avevo sentito parlare; sapevo solo ciò che il mio divino Maestro m'inseÂgnava e mi faceva fare con la sua amorosa violenza. E per punirmi in qualche modo delle ingiurie che gli facevo e per riprendere la somiglianza e la conforÂmità con Lui, alleviando il dolore che mi tormentaÂva, legavo questo miserabile e criminale corpo con corde annodate e le stringevo così forte, che a malaÂpena potevo respirare e mangiare. E tenevo le corde strette così a lungo, che s'immergevano profondaÂmente nella mia carne, che vi ricresceva sopra, e riuÂscivo a strapparle solo con molta violenza e crudeli dolori; lo stesso facevo con le catenelle che legavo alle braccia e che toglievo portandomi via pezzi di carne. Dormivo sopra un asse o sopra bastoni nodoÂsi, e poi mi battevo con la disciplina, cercando rimeÂdio ai conflitti e ai dolori che sentivo dentro me. Tutto quanto potevo soffrire esteriormente, sebbeÂne le umiliazioni e le contraddizioni di cui ho parlaÂto prima fossero continue e aumentassero invece di diminuire, mi pareva un sollievo in confronto alle pene che soffrivo dentro me e che mi facevo violenÂza per sopportare in silenzio e tenere nascoste, come il mio buon Maestro m'insegnava. Nulla traspariva all'esterno, a parte il fatto che mi vedevano impalliÂdire e disseccarmi. Il timore che avevo di offendere il mio Dio mi torÂmentava più di tutto il resto, perché i miei peccati mi apparivano continui e così grandi, che mi meraÂvigliavo che l'inferno non s'aprisse sotto i miei piedi per inghiottire una tale miserabile peccatrice.




bacia le piaghe

Tutti questi permessi da chiedere mi attirarono rifiuti e mi resero così priÂgioniera, che, per via della grande autorità che veniÂva esercitata su di me, non poteva esserci una monaÂca più sottomessa. Ma il desiderio ardente che proÂvavo di amare Dio mi faceva superare tutte le diffiÂcoltà e mi rendeva attenta a fare tutto quanto più contrastava con le mie inclinazioni e per cui provavo più ripugnanza. Mi sentivo talmente spinta ad agire in tal modo, che confessavo come un peccato il non averlo fatto. Mi disgustava vedere piaghe e mi misi a curarle e a baciarle, pur non sapendo come fare. Ma il mio diÂvino Maestro sapeva supplire così bene a tutte le mie deficienze, che le piaghe guarivano prestissimo senz'altro unguento che quello della Provvidenza e, sebbene fossero molto pericolose, io avevo più fiduÂcia nella sua bontà che nei rimedi umani.




si tormenta

In quel momento Lui mi spogliò di tutto e, dopo aver vuotato il mio cuore e messo la mia anima a nudo, accese un desiderio così ardente di amare e soffrire, che non mi dava mai tregua. M'inseguiva così da vicino, che trovavo pace solo pensando a coÂme poterlo amare crocifiggendomi; la sua bontà èsempre stata così grande nei miei confronti, che mi ha sempre fornito i mezzi per farlo. Sebbene non nascondessi nulla alla mia maestra, avevo tuttavia il progetto di intensificare oltre le sue intenzioni il permesso di fare penitenza.





gode a essere umiliata

Io mi gettai ai suoi piedi, ma lei, vedendomi fuori di me, tutta febbricitante e tremante, mi mortificò e mi umiliò con tutte le sue forze, cosa che mi fece un piacere incredibile e mi rese felice.




vede la trinità in persona

Invece, Nostro Signore continuava a tributarmi le sue grazie e ricevetti, in un momento durante il quale avevo perso i sensi, quella incomparabile per cui si presentarono a me le tre persone della Santa Trinità , che riempirono di grande consolazione la mia anima. Non sono in grado di spiegare quel che mi accadde; posso solo dire che mi parve che il PaÂdre eterno, mostrandomi una grandissima croce irta di spine, insieme a tutti gli altri strumenti della pasÂsione, mi disse: «Tieni, figlia mia, ti faccio lo stesso dono che ho fatto al mio amato Figlio». « E io», mi disse il mio signore Gesù Cristo, « ti ci crocifiggerò come io sono stato crocifisso e ti terrò compagnia». La terza di quelle adorabili persone mi disse che lui era solo amore e che mi avrebbe consumata purifiÂcandomi.




lecca il vomito di una malata e ne gode

Lui mi rimproverò tanto su questo punto, che una volta, volendo pulire il vomiÂto d'una malata, non riuscii a impedirmi di farlo con la lingua e di mangiarlo, dicendogli: «Se avessi mille corpi, mille amori, mille vite, io li immolerei per esÂservi schiava». E allora trovai in quell'azione tali delizie, che avrei voluto trovarne di simili ogni giorÂno, per imparare a vincermi, senza altro testimone che Dio.




lecca la piaga del sacro cuore di gesù

la notte successiva, se non mi sbaglio, mi tenne quasi due o tre ore con la bocca incollata sulla piaga del suo sacro Cuore





lecca la diarrea di una dissenterica, ma senza ingoio

una volta in cui ero stata colta da nausea mentre accudivo una malata che aveva la dissenteria, mi rimproverò così aspramente, che, per riparare a queÂsta colpa, mi vidi costretta, mentre andavo a buttaÂre via ciò che quella aveva fatto, a bagnarvi a lungo la lingua dentro e a riempirmene la bocca. Avrei inÂgoiato tutto se Lui non mi avesse ricordato l'obbeÂdienza, che non mi permetteva di mangiare nulla senza permesso.





vomita tutto ciò che mangia

non mangiavo e ricevetti molti rimÂproveri dalla superiora e dal confessore, che mi ordiÂnarono di mangiare tutto quanto mi veniva presenÂtato a tavola. Quest'obbedienza era al disopra della mie forze, ma Colui che, nel bisogno, mai faceva mancare il suo aiuto, mi diede anche in quell'occaÂsione la forza di sottomettermi senza repliche e scuÂse. Dopo che avevo mangiato, però, dovevo vomiÂtare quanto avevo ingerito e, protraendosi a lungo tale situazione, finii per avere sempre mal di stomaÂco. I dolori erano terribili, al punto che non riuscivo a trattenere quel poco che avevo ingerito.





con un cortellino si incide sul petto il nome di gesù

Ma poiché il suo amore mi aveva spogliata di tutto e non voleva che possedessi altre ricchezze che quelle del suo sacro Cuore, me ne fece in quello stesso momento una donazione, ordinandomi di scriverla col mio sangue, sotto dettatura. Poi la firÂmai sul mio cuore con un temperino, incidendo il suo sacro nome di Gesù.




sta un mese e mezzo senza bere

Per questo mi chiedeva che, per onorare il suo digiuno nel deserto, trascorÂressi cinquanta giorni a pane e acqua. L'obbedienza non me lo volle permettere, per timore di farmi apÂparire stravagante, e Lui mi fece capire che gli saÂrebbe stato comunque gradito che trascorressi cinÂquanta giorni senza bere, in onore della sete ardente che aveva sempre sopportato per la salvezza dei pecÂcatori e quella che il suo sacro Cuore aveva sempre patito sull'albero della Croce.
 
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