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Bologna. Condannato in appello don Andrea Agostini a 4 anni e 2 mesi. Spretato, Abusi nell'asilo di Gallo Ferrarese. Accuse al vescovo Vecchi

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GalileoGalilei
view post Posted on 1/8/2008, 11:32 by: GalileoGalilei
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http://ricerca.quotidianiespresso.it/lanuo...A1PO_UA103.html

«Violenza intimidatrice della curia»
la Nuova Ferrara — 27 luglio 2008 pagina 01 sezione: PRIMA PAGINA

FERRARA. Pedofilia alla scuola materna: pubblichiamo la seconda parte delle motivazioni della sentenza di condanna di un prete, in primo grado, a 6 anni e 10 mesi. I giudici puntano il dito contro la Curia bolognese (la parrocchia dove si è verificato il fatto è sotto la diocesi di Bologna, pur essendo in provincia di Ferrara) colpevole di una «violenza intimidatrice» nei confronti della coraggiosa direttrice dell’asilo parrocchiale che denunciò gli abusi del prete in danno di alcune bambine della scuola materna. A PAGINA 11


http://ricerca.quotidianiespresso.it/lanuo...C3PO_UC302.html

Un intera famiglia di immigrati era in balìa del sacerdote
la Nuova Ferrara — 27 luglio 2008 pagina 11 sezione: CRONACA

Un “ladro di famiglie”. Così viene descritto il prete nel “capitolo” che riguarda il suo rapporto con una famiglia di immigrati che aveva accolto in uno dei locali della parrocchia. Madre, padre e quattro bambini. E’ sulla bimba più piccola che il sacerdote riprende la sua viziosa abitudine all’abuso. Ma con qualcosa in più: arriva a buttar fuori di casa il padre, perché giudicato incapace di provvedere ai suoi cari, e a sostituirsi di fatto come figura maschile all’interno del nucleo. Il padre si riduce a vivere in macchina, covando un rancore sordo nei confronti del “rivale” che sfocia, secondo alcuni testimoni, in minacce di morte. Il sacerdote, da parte sua, dà precise disposizioni perché nessuno lo aiuti. E ad alcune persone che avevano “osato” portargli qualcosa di caldo da mangiare intima minaccioso di «farsi gli affari loro». I bambini chiamano il parroco “papà”. Lui, del resto, viene visto più volte entrare e uscire dalla loro casa, anche in orario notturno. Cosa avvenga tra quelle mura non si sa. Ma all’esterno più di una persona assiste agli ormai tristemente rituali strofinamenti e baci in bocca con la bimba. «Lei era diventata una cosa sua», riferiscono le testimoni. Non solo: il parroco un giorno ha la bizzarra idea di insegnare ai fratellini stranieri l’educazione sessuale. Con un metodo quantomai discutibile: spogliarli tutti quanti per mostrar loro le differenze. E’ a questo punto che i timori della direttrice e delle maestre diventano tali da non poter più rinviare la denuncia. Il prete subodora qualcosa, perché da quel momento in avanti «rifiuta la bambina» e anzi in un’occasione la ammonisce quando la piccola gli porge la lingua: «Lo sai che così non si fa». La famiglia è in sua completa balìa: al prete devono la casa, il cibo, il sostentamento. A cui aggiungere un’ulteriore fragilità per la loro condizione precaria in Italia. Una soggezione che si rivela appieno in aula, quando sia la madre, ma soprattutto il bistrattatissimo padre, prendono le difese del parroco. Il cui comportamento ancora una volta, sottolineano i giudici, si è rivelato «contrario ai canoni della carità cristiana, ai principi di accoglienza delle famiglie e all’unità delle famiglie». (a.m.)



http://ricerca.quotidianiespresso.it/lanuo...C3PO_UC301.html

Le ombre sulla Curia bolognese
la Nuova Ferrara — 27 luglio 2008 pagina 11 sezione: CRONACA

«Violenza intimidatrice». I giudici Caruso, Oliva e Bighetti, che il 9 aprile scorso hanno condannato a 6 anni e 10 mesi il sacerdote-pedofilo, descrivono così nelle motivazioni della sentenza l’atteggiamento della Curia di Bologna nei confronti della coraggiosa direttrice dell’asilo parrocchiale, che aveva promosso la denuncia contro il prete per gli abusi continuati ai danni di bimbe di età compresa tra i due e i cinque anni. Gli abusi, lo ricordiamo, secondo le testimonianze delle dipendenti dell’asilo avvennero in una prima fase dall’autunno del 2003 alla primavera del 2004. Poi, in seguito a una discreta segnalazione alla Curia di Bologna (su iniziativa di alcuni religiosi a cui le maestre si erano rivolte per chiedere consiglio), il prete (oggi quasi settantenne) era stato richiamato e le molestie alle bimbe erano cessate. Anzi, solamente sospese, perché nel settembre del 2004, con l’arrivo di una famiglia di immigrati che aveva chiesto aiuto al sacerdote (vedi altro articolo), gli abusi erano ripresi con modalità ancora più gravi e inquietanti ai danni di una delle bimbe della coppia. Ma l’arrivo della poverissima famiglia clandestina non è l’unica novità di quell’autunno. L’asilo ha una nuova direttrice, una psicologa, non ancora toccata dal clima di tensione, ricatti e minacce (mantenute) di licenziamento che aveva segnato i rapporti tra le maestre e il sacerdote. A questo proposito, l’estate precedente la Curia era già intervenuta per “consigliare” al prete di riassumere le dipendenti, per placare la crescente protesta dei genitori che chiedevano a gran voce il reintegro delle educatrici. Di abusi, però, per ora non si parla apertamente. Tutto resta confinato tra gli sfoghi delle maestre e i sotterranei rimbrotti della Curia al sacerdote pedofilo che potrebbe provocare uno scandalo. I genitori, in questo momento, sono ignari di tutto. Un argine agli abusi che si rivela debole con l’arrivo di una “nuova” preda che sostituisce di fatto un’altra bambina (una delle sue “predilette” che aveva lasciato l’asilo) nelle perverse attenzioni del parroco. E scoppia la bomba. La neodirettrice, più “indipendente” e forte rispetto alle sue traumatizzate colleghe, prende in mano la situazione. E, quando è sicura dell’autenticità delle accuse, spinge anche le altre ad agire. Prima ancora di sporgere denuncia, tenta di contattare la Curia: ma gli appuntamenti, tra rinvii e rinunce, saltano. In ogni caso ormai non si può più aspettare: si teme che gli abusi sulla bimba straniera possano diventare ancora più gravi. Secondo una delle testimoni, scrivono i giudici nelle motivazioni, «la relazione (tra il prete e la piccola) era particolare ed “esclusiva” e dava adito a forti inquietudini in ordine alla sua effettiva consistenza... si aveva come l’impressione di una relazione di portata assai più ampia». E’ in quel periodo, l’11 novembre, una settimana prima della presentazione della denuncia ai carabinieri, che avviene la drammatica riunione con i genitori a casa di una delle maestre. Drammatica perché l’ordine del giorno doveva riguardare “solo” le prevaricazioni del sacerdote sulle dipendenti. Ma alla fine era stato aperto lo squarcio sugli abusi. Un trauma, per le mamme e i papà. Che in quell’occasione rimproverarono anche aspramente le maestre per non aver parlato prima. Il 19 novembre parte la denuncia e viene aperta l’inchiesta. Un mese e mezzo dopo, l’8 gennaio, avviene il più volte rinviato appuntamento in Curia sollecitato dalla neodirettrice. Le autorità religiose chiedono alla donna di presentarsi da sola. Lei preferisce invece farsi accompagnare da uno dei genitori (un sostegno quanto mai disinteressato perché provieniente dal padre di un bimbo mai sfiorato dalle molestie). L’incontro col provicario Ernesto Vecchi è durissimo. Non appena il genitore lo informa che la donna non può parlare perché ha già reso una deposizione lui si arrabbiò molto, divenne molto rosso e incominciò a urlare perché disse: “Allora che cosa siete venuti a fare”? Cominciò a sbraitare: “Non è un comportamento...”. Poi, informato del resoconto sulla riunione tra genitori e maestre, monsignor Vecchi rimase allibito e inizialmente chiese se eravamo sicuri se queste cose (...) Alla fine lui disse questa frase “Bhe don (***) è molto malato”. Ancora più drammatica la testimonianza della direttrice: Si arrabbiò moltissimo, cominciò a urlare contro di me, dicendo che io ero pagata da loro, che dovevo dirglielo che non sapevano niente e sarei dovuta andare subito da loro (...). Dopo quel terribile colloquio, riferisce ancora la donna io ero ancora più contenta di non aver parlato perché è un posto dove io non potevo comunque ricevere aiuto neanche tre mesi prima. Così entrambi i testimoni ricordano il congedo col monsignore (una circostanza che quest’ultimo ha negato in aula): Ci strinse la mano all’uscita e ci disse che questo incontro non c’era mai stato. Il “commento” dei giudici a questo proposito è netto. La testimonianza del genitore e della direttrice dimostrano «la violenza intimidatrice dell’incontro della direttrice con il rappresentante della Curia mons. Vecchi e chiarisce come la resistenza delle maestre a sporgere denuncia dipendesse essenzialmente dal timore delle conseguenze personali che sarebbero potute derivare dalla reazione della Chiesa. Ed è infatti chiaro, ancora una volta, come solo la forza d’animo della direttrice abbia consentito di portare alla luce i gravi episodi di cui in questo processo ci si è dovuti occupare». Considerazioni importantissime che potrebbero consentire alle parti civili, genitori ed educatrici, di attivare una causa per danni contro la stessa Curia bolognese: parti civili che avevano già chiesto di accogliere, nel processo, la Curia come responsabile civile delle azioni del prete sotto accusa; ma non era quella la sede giusta, dissero i giudici. Ora, con le loro parole, sembrano voler indicare che potrà esserlo il tribunale civile. - Alessandra Mura


http://ricerca.quotidianiespresso.it/lanuo...X1PO_UX104.html

Perché non c è il nome del prete
la Nuova Ferrara — 27 luglio 2008 pagina 16 sezione: AGENDA E LETTERE

Mi sia permesso esprimere un forte senso di disagio, amarezza, delusione, provato nel leggere l’articolo sul caso/i di pedofilia alla scuola materna. Articolo di certo ben fatto, molto dettagliato, ecc, ecc, ma se è pienamente condivisibile - per ovvi motivi - la volontà di non citare la scuola in questione, prima di tutto il rispetto alla privacy di tutte le bimbe, è d’altro canto inaccetabile non trovare riferimento alcuno dell’animale - difficile mi risulta definirlo in altro modo!- già giudicato colpevole. Mi sembra veramente eccessiva la linea di tutela che un quotidiano d’informazione come il vostro (quotidiano locale da sempre di ottimo livello) ha deciso di tenere per questo singolo caso. L’informazione è un valore da difendere e solo mantenedola libera potrà rimanere un valore per tutti. Cristiano Zagatti Gentile signor Zagatti, nella sua lettera lei riconosce come giusta la volontà (e aggiungiamo la necessità morale e giudiziaria) di tutelare l’identità delle vittime di violenza sessuale. Un dovere ancora più inflessibile quando le vittime sono minorenni, come impone il codice di deontologia dei giornalisti e sancisce la “Carta di Treviso” sulla tutela dei minori coinvolti in fatti di cronaca: il giornalista ha l’assoluto dovere di omettere ogni particolare che possa ricondurre all’identità della vittima. E’ vero che la “disinvoltura” con cui sono stati trattati da stampa e tv altri casi di pedofilia vera o presunta (il caso dell’asilo di Rignano su tutti) ha creato confusione sui confini tra diritto di cronaca e dovere di tutela. Confini che, al di là di troppe libere interpretazioni, restano quelli imposti dalla legge e dalla deontologia professionale, e che “la Nuova” intende rispettare. Questo per sgombrare il campo dai dubbi e, mi pare, dalle insinuazioni che cogliamo nella sua lettera a proposito dei «valori della stampa libera». Qui non si tratta di libertà di stampa, ma di regole sacrosante. Non c’è nessun “timore reverenziale” nei confronti dell’imputato condannato in primo grado: la “Nuova” ha sempre pubblicato i nomi dei condannati e continuerà a farlo. E lo avrebbe fatto (volentieri, precisiamo malignamente) anche questa volta, se non ci avesse frenato il giusto e doveroso rispetto per la privacy delle bimbe abusate (tra l’altro in un periodo di tempo ben precisato) e delle loro famiglie. Dunque, il nome del sacerdote pedofilo è stato omesso solo ed esclusivamente perché avrebbe consentito di identificare l’asilo, (un piccolo asilo parrocchiale) e, di conseguenza, le vittime. Là dove questi vincoli si sciolgono, non esitiamo a fare nomi e cognomi, anche importanti, come dimostra l’articolo sull’atteggiamento della Curia di Bologna che trova pubblicato in questo numero. (a.m.)
 
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