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Bologna. Condannato in appello don Andrea Agostini a 4 anni e 2 mesi. Spretato, Abusi nell'asilo di Gallo Ferrarese. Accuse al vescovo Vecchi

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view post Posted on 6/12/2007, 13:02
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Abusi nell'asilo di Gallo Ferrarese. Accuse al vescovo Vecchi

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Notizia inserita il 6/12/2007

E' quanto ha chiesto ieri il pm Di benedetto
''Sei anni per il prete accusato di molestie su minori''

Sei anni. Sei anni per aver molestato sessualmente una decina di bambine della parrocchia a lui affidata. È quanto chiede l’accusa contro un prete che gestiva negli anni passati un asilo in provincia di Ferrara e che nel marzo di due anni fa è stato accusato di violenze sessuali (atti di libidine, molestie, ma senza giungere a rapporti completi) nei confronti di alcuni bambini che gli erano affidati.

Ieri mattina nell’aula B del tribunale di Ferrara c’è stata le requisitoria del pm Filippo Di Benedetto, che ha chiesto sei anni di carcere per colui che, giusto per riportare alcune testimonianze, era stato visto infilare caramelle nelle mutandine di una bambina e averne baciato un’altra sulla bocca.

Il sacerdote, 60 anni, che ora vive in una struttura religiosa del Bolognese, era stato denunciato da una educatrice che lavorava all'interno dell’organizzazione e che insieme ad altre 27 persone aveva testimoniato per l'accusa e per le parti civili nel giugno scorso, quando sono stati sentiti anche i 10 testimoni della difesa.

Dopo la requisitoria del pm di ieri pomeriggio (l’udienza si è svolta a porte chiuse come tutto il resto del processo) la parola è passata agli avvocati di parte civile (Claudia Colombo e Carlo Bergamasco). In gennaio toccherà agli avvocati della difesa (rappresentata da Giuseppe Pavan e Milena Catozzi) sostenere la loro versione dei fatti di fronte al tribunale collegiale (composto da Oliva, Bighetti e Panza), poi la parola passerà ai giudici per la sentenza che presumibilmente arriverà nel marzo prossimo.

Edited by GalileoGalilei - 26/9/2016, 00:09
 
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view post Posted on 25/1/2008, 15:49
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Notizia inserita il 24/1/2008

Ieri in tribunale ha parlato la difesa del sacerdote
''Il prete accusato di violenze sessuali va assolto''

Le accuse non sono fondate e l’imputato va assolto con formula piena. È la richiesta che dopo tre ore di udienza a porte chiuse l’avvocato Milena Catozzi ha chiesto per il suo assistito, il prete che gestiva negli anni passati un asilo in provincia di Ferrara e che nel marzo di due anni fa è stato accusato di violenze sessuali (atti di libidine, molestie, ma senza giungere a rapporti completi) nei confronti di alcuni bambini che gli erano affidati.

Per lui il pm Filippo Di Benedetto aveva chiesto lo scorso 5 dicembre la condanna a sei anni di carcere per colui che, giusto per riportare alcune testimonianze, era stato visto infilare caramelle nelle mutandine di una bambina e averne baciato un’altra sulla bocca. Ieri pomeriggio, nell’aula B del tribunale di Ferrara, ha terminato la sua arringa l’avvocato di parte civile Carlo Bergamasco. Dopo è stato il turno della difesa, che ha ricostruito tassello per tassello dall’inizio della vicenda fino alla formulazione dell’accusa tutti i particolari che hanno portato alla formulazione delle accuse contro il prete, “smontando – sostiene l’avvocato Catozzi – tutti i capi di imputazione – che si rivelano così infondati”.

Il sacerdote, 60 anni, che ora vive in una struttura religiosa del Bolognese, era stato denunciato da una educatrice che lavorava all'interno dell’organizzazione e che insieme ad altre 27 persone aveva testimoniato per l'accusa e per le parti civili nel giugno scorso, quando sono stati sentiti anche i 10 testimoni della difesa.

La prossima udienza è fissata per il 27 febbraio, alle 9, quando di fronte al tribunale collegiale (composto da Caruso, Oliva e Bighetti) parlerà l’altro avvocato della difesa, Giuseppe Pavan.

 
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view post Posted on 10/4/2008, 06:45
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Notizia inserita il 10/4/2008

''Mons. Vecchi mi disse che il nostro incontro non era mai avvenuto''
Prete pedofilo, la curia sapeva?

Mentre per sabato 19 aprile è atteso il discorso di Benedetto XVI nella cattedrale di San Patrizio, a New York, un altro caso di pedofilia rischia di scuotere la Chiesa Cattolica. Questa volta il messaggio di allarme parte dalla nostra città, dove ieri il tribunale ha condannato a sei anni e dieci mesi di reclusione un sacerdote per atti sessuali nei confronti di minori.

Secondo le testimonianze rese in aula da diverse persone che frequentavano la scuola materna all’interno della struttura parrocchiale di cui il prete era responsabile (maestre trimestrali, bidelle, cuoche), l’uomo era stato visto palpeggiare alcune bambine nelle parti intime, accompagnarle in bagno per guardarle orinare, baciarle sulla bocca, infilare una caramella nelle mutandine per poi farla leccare.

Le vittime avevano tutte tra i 3 e i 6 anni e frequentavano la struttura. Una struttura in provincia di Ferrara ma ricadente nella diocesi di Bologna.




La domanda che sorge spontanea è come sia possibile che quei terribili fatti siano accaduti senza che nessuno si fosse accorto di nulla. E invece erano stati in diversi ad accorgersene. Già nel marzo 2004, quando due maestre della struttura iniziano a trovare eccessive certe premure del parroco. Da quanto emerso in dibattimento sembra che siano stati contattati anche altre religiosi che avrebbero promesso di intercedere presso la curia. Su questo non è possibile verificare o sapere altro per il momento. Fatto sta che nel maggio dello stesso anno non si verificano più altri episodi e tutto sembra tornare alla normalità.

Non per le due maestre, che perdono il lavoro. Tra l’altro l’uomo è stato condannato anche per averle palpeggiate in un’occasione. Lui ha ammesso di averle toccate, “per scherzo”.

Verranno riassunte a settembre, con l’inizio del nuovo anno scolastico delle materne, dietro a vivaci proteste dei genitori degli alunni. Con loro, per volontà del “don”, viene assunta anche una direttrice didattica.




Non passano dieci giorni dall’inizio del suo nuovo incarico che la donna assiste ad alcune attenzioni verso le bambine che oltrepassavano chiaramente la soglia della decenza. Si confida con le colleghe che per tutta risposta scoppiano a piangere e raccontano cosa hanno visto nei mesi precedenti.

È sempre lei a convincerle ad andare dalla compagnia dei carabinieri di Ferrara per segnalare il fatto. In via del Campo partono le indagini che, dopo i primi riscontri, portano agli arresti domiciliari dell’uomo. È il 2 marzo del 2005.

Ma prima di allora si registra un altro fatto allarmante.

È l’11 novembre e le educatrici informano i genitori di quanto accade nella struttura. Si decide di avvisare i superiori del prete e la direttrice, insieme a un rappresentante dei genitori, si reca a Bologna per incontrare i responsabili della curia. L’incontro avviene l’8 gennaio 2005 di fronte a mons. Ernesto Vecchi.


Il vescovo ausiliare li riceve. Due frasi in particolare di quel colloquio, due frasi pronunciate dal numero due della curia di Bologna, rimangono impresse nell’educatrice: “quell’uomo è malato” e “questo incontro non è mai avvenuto”.

Le stesse frasi che la donna ha ripetuto in dibattimento senza venire contestata. Anche mons. Vecchi si è presentato davanti ai giudici, affermando però di non ricordare l’oggetto di quella discussione. Anche al telefono il tenore della voce non è dei più collaborativi: “non intervengo sulla questione – ha detto mons. Vecchi – perché non ho ricevuto nessuna comunicazione dal mio avvocato”. Alla richiesta di conferma se quel colloquio sia avvenuto o meno, si limita a rispondere: “queste sono interpretazioni interessate. Io non dico nulla”.

Edited by GalileoGalilei - 15/3/2012, 19:40
 
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view post Posted on 10/4/2008, 10:27
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Notizia inserita il 10/4/2008

Per atti sessuali nei confronti di una decina di bambine
Condannato a sei anni prete pedofilo


Sei anni e dieci mesi. Sei anni e dieci mesi per aver compiuto atti sessuali nei confronti di una decina di bambine della parrocchia a lui affidate. Il giudice del tribunale collegiale Caruso (con a latere Oliva e Bighetti) ha accolto ieri pomeriggio la tesi accusatoria del pm Filippo Di Benedetto (e anzi l'ha aumentata nella quantificazione della pena) che aveva chiesto la condanna del prete di 68 anni che nel marzo di due anni fa, quando gestiva un asilo in provincia di Ferrara, venne visto in diverse occasioni compiere atti certo non consoni a un educatore. A maggior ragione per la tunica che indossava e per la funzione svolta all’interno della parrocchia dal sacerdote, che oggi vive in una struttura religiosa del Bolognese.

L’uomo era stato denunciato da una educatrice che lavorava all'interno dell’organizzazione e che insieme ad altre 27 persone aveva testimoniato per l'accusa e per le parti civili nel giugno dello scorso anno, quando vennero sentiti anche i 10 testimoni della difesa.

Secondo le testimonianze che si sono susseguite in aula il prete era stato visto compiere atti di libidine, come palpeggiare il sedere delle bambine – tutte tra i 3 e i 6 anni - o infilare caramelle nelle mutandine. Un’altra l’avrebbe baciata in bocca. “Con la lingua” come pare abbia specificato lo stesso imputato durante l’interrogatorio di garanzia.

Oltre alla pena detentiva, il sacerdote è stato condannato a provvisionali di migliaia di euro nei confronti delle piccole vittime e dei loro genitori, oltre che al pagamento delle spese processuali.

Per un capo di imputazione il sacerdote è stato assolto, perchè non è stata raggiunta la prova di atti osceni riferiti da una bambina alla madre e alla nonna: la piccola avrebbe dovuto essere chiamata in aula per dire ciò che aveva visto, ma lo stesso magistrato Filippo Di Benedetto ha di fatto rinunciato alla sua testimonianza, per non turbare la bimba stessa.

“Siamo estremamente soddisfatti; è stata una lunga battaglia per la verità ed oggi è stata fatta piena giustizia” affermano all’uscita dell’aula B del tribunale gli avvocati di parte civile Claudia Colombo e Carlo Bergamasco.

Ovviamente di parere opposto i legali della difesa: “rispettiamo la decisione ma non la condividiamo”, dicono Giuseppe Pavan e Milena Catozzi. Entro 90 giorni verrà deposita la sentenza. “Attendiamo le motivazioni del giudice” aggiungono i legali, che anticipano già l’intenzione “di fare opposizione e ricorrere in appello”.

Edited by GalileoGalilei - 10/4/2008, 12:38
 
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view post Posted on 10/4/2008, 10:44
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http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/fe...sacerdote.shtml


LA SENTENZA
Pedofilia, condannato un sacerdote
L'inchiesta era cominciata nel 2005. Il pubblico ministero aveva chiesto sei anni, ma il giudice ha optato per una condanna esemplare: sei anni e dieci mesi al prete accusato da insegnanti e genitori. La difesa: "Faremo appello"



Ferrara, 10 aprile 2008 - Sei anni e dieci mesi: questa la condanna che il tribunale di Ferrara ha inflitto al 68enne sacerdote della Diocesi di Bologna che il 2 marzo del 2005 fu arrestato per presunti abusi sessuali ai danni di dieci bambini dell’asilo parrocchiale del ferrarese che gestiva all’epoca dei fatti. La sentenza è stata emessa ieri pomeriggio dal collegio giudicante (presidente Francesco Caruso, a latere Franca Oliva e Monica Bighetti) dopo sei ore di camera di consiglio e al termine di un processo durato un anno e molte udienze a porte chiuse.



Il sacerdote (difeso dagli avvocati Milena Catozzi di Ferrara e Giuseppe Pavan di Padova) è stato riconosciuto colpevole di abusi sessuali verso bambini minorenni — consistenti in palpeggiamenti nelle parti intime, baci sulla bocca e altre oscenità — e di abusi sessuali (nella fattispecie palpeggiamenti) verso due insegnanti della scuola. Una pena esemplare se si tiene conto del fatto che il pm Filippo Di Benedetto aveva chiesto sei anni. Oltre alla pena principale, che sconterà in carcere, il prete è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una provvisionale tra i due e i tremila euro per ogni bambina molestata sessualmente, anche se l’esatta quantificazione del risarcimento danni sarà effettuata in sede di processo civile.



Il collegio giudicante, che — di fatto — ha accolto in toto l’impianto accusatorio del pm Di Benedetto, ha ritenuto credibili e fondate le accuse contenute nelle testimonianze oculari delle insegnanti, delle cuoche e delle ausiliarie della scuola materna ferrarese, che hanno riferito in aula numerosi episodi verificatisi durante gli anni scolastici 2003-2004 e nei mesi successivi precedenti gli arresti domiciliari. Bocciata, invece, la tesi difensiva, che aveva fatto leva sul rancore provato verso il prete da due insegnanti che, nel settembre del 2004, egli stesso aveva licenziato dalla scuola per poi riassumere pochi mesi dopo su pressione dei genitori dei bambini. Rancore che, secondo la difesa, sarebbe stato alla base delle accuse di molestie.



L’inchiesta della procura ferrarese è iniziata nei primi mesi del 2005 dopo che alcune insegnanti, non senza timori e dubbi, avevano presentato ai carabinieri di Ferrara una denuncia nei confronti del sacerdote, nato a Verona ma attivo nella parrocchia ferrarese dove ha sede la scuola da lui gestita. In quell’occasione, le due donne raccontarono ai militari alcuni episodi circostanziati di molestie ai danni di una decina di bimbi dell’istituto. Si trattava di carezze un po’ troppo spinte, palpeggiamenti e strofinamenti nelle zone intime e baci sulla bocca.



A convincerle a parlare e a vincere gli iniziali timori reverenziali verso l’uomo era stata la direttrice della scuola materna, chiamata alcuni mesi prima dallo stesso religioso per coordinare l’attività didattica e seguire meglio gli aspetti organizzativi. Lei stessa, infatti, non solo era venuta ben presto a sapere dalle maestre e dalle ausiliare (in lacrime) di alcuni episodi emblematici accaduti in passato ma era stata addirittura testimone oculare di numerose attenzioni morbose del prete verso una bimba kosovara, ospite della parrocchia assieme alla madre, al padre e ai fratellini. In particolare, secondo le testimonianze raccolte in aula, l’uomo era solito baciare la minorenne sulla bocca.



Un fatto che era subito sembrato strano alla nuova direttrice, al punto da convincerla a denunciare questo ed altri episodi ai carabinieri assieme alle insegnanti. Ma la curia sapeva? Durante le udienze dibattimentali si è parlato per l’appunto di un incontro tra la stessa direttrice e monsignor Ernesto Vecchi, vicario del vescovo di Bologna Carlo Caffarra, in merito alla condotta del sacerdote ferrarese. In quell’occasione, l’esponente della curia aveva preso atto della situazione dipingendo l’uomo come 'malato'. Circostanza, questa, non confermata poi in aula. Prima della denuncia, altri colloqui erano stati condotti anche con una suora del paese — che aveva promesso il proprio interessamento presso le autorità religiose — e con un responsabile degli asili cattolici della zona. Avvisato o redarguito dai suoi superiori, il sacerdote si era tranquillizzato per alcuni mesi fino a quando non erano ripresi gli atteggiamenti osceni nei confronti della bimba kosovara.



Gli episodi riferiti in aula sono stati molti e molto di più si sarebbe potuto sapere se a parlare fossero state le bambine vittima degli abusi. Tuttavia, proprio per evitar loro un ulteriore trauma, il pm Di Benedetto ha scelto di non convocarle in aula per testimoniare. Stando ai racconti, in un’occasione il sacerdote, per "correggere" alcuni bambini che avevano pronunciato parole oscene, li avrebbe fatti denudare in bagno e avrebbe improvvisato una lezione di anatomia sui loro corpicini. In più occasioni, l’uomo sarebbe stato visto mentre osservava da vicino le bimbe in bagno, per l’accusa segno evidente di una "indole deviata".



Sempre secondo le testimonianze, ritenute fondate dalla corte, il sacerdote si era inserito nel menage coniugale della famiglia kosovara che ospitava in parrocchia: non solo aveva messo la moglie contro il marito, al punto da costringerlo a lasciare casa e a vivere in automobile, ma avrebbe anche minacciato i vicini che, vedendolo affamato e infreddolito, gli avevano prestato soldi e fornito cibo. Per non parlare dei baci osceni alla bimba.


Cristiano Bendin

Edited by GalileoGalilei - 15/6/2010, 14:51
 
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Notizia inserita il 28/7/2008

La lettura dei giudici: ''la vicenda come un tentativo di evitare uno scandalo''
Prete pedofilo, il muro di gomma della Curia

Anche se il tribunale non ritiene di dover sottolineare particolarmente questo passaggio della vicenda, non si esime dallo scrivere che “il silenzio dei vertici ecclesiastici e la loro ritrosia a mettere sul tappeto le notizie sulle accuse che già da tempo circolavano sul conto" del parroco, "e di cui i rappresentanti dei genitori e l'educatrice intendevano discutere, equivale a implicita ammissione di conoscenza di quei fatti da parte delle gerarchie e consente di leggere tutta la vicenda come un tentativo di evitare uno scandalo che si considerava inevitabile perché fondato su fatti inoppugnabili".


I giudici Caruso, Oliva e Bighetti erano chiamati a decidere altro, ma le motivazioni della sentenza che lo scorso 9 aprile condannò a 6 anni e 10 mesi un sacerdote per atti sessuali nei confronti di minorenni contengono anche un accenno a quello che in un nota il tribunale definisce “muro di gomma delle autorità ecclesiastiche”.


I fatti sono noti. La sentenza di primo grado ha riconosciuto colpevole il prete di 68 anni che nel 2003 e 2004, quando gestiva un asilo in provincia di Ferrara (del quale – così come per il nome del “don”- omettiamo ogni indicazione per rispetto della privacy delle piccole vittime), venne visto in diverse occasioni compiere atti di libidine nei confronti di dieci bambine tra i 3 e i 6 anni. La scuola materna era annessa alla parrocchia diretta del sacerdote, rientrante nella giurisdizione della curia di Bologna.


Ed è proprio alla curia felsinea che si rivolge l’educatrice che farà esplodere il caso. Dopo numerosi fax e telefonate (il tentativo di incontro con la Curia bolognese viene definito dall’educatrice “assolutamente improduttivo e connotato da una sostanziale ostilità e da un clima sostanzialmente omertoso”) finalmente riesce ad incontrare mons. Ernesto Vecchi. È l’8 gennaio 2005 a da poco è stata formalizzata la denuncia ai carabinieri. L’educatrice si reca in via Altabella insieme a un rappresentante dei genitori. Sarà lui – la donna non disse nulla per timore di pregiudicare le indagini, come risponderà in aula a una domanda del pm Filippo Di Benedetto – a riferire delle molestie al vescovo vicario.


Quando mons. Vecchi seppe che era già partita una denuncia “si arrabbiò moltissimo – ricorda la donna in tribunale -, ha cominciato a urlare contro di me, dicendo che io ero pagata da loro, che non potevano immaginare una cosa di questo tipo…”. Il colloquio, secondo l'educatrice, si concluse con la frase di Vecchi: "Questo incontro non è mai avvenuto” (circostanza negata dall’alto prelato durante il suo esame ma confermata dal genitore).


Un tentativo, quello di comunicare con i vertici ecclesiastici, che fu “fallimentare” secondo le toghe estensi. Un “muro di gomma”, per usare le parole della sentenza, che influì anche sulla tempestività delle denunce. Il rappresentante dei genitori che si recò in via Altabella sottolinea nella sua deposizione “la violenza intimidatrice dell’incontro” e “chiarisce come fosse del tutto comprensibile il timore di una delle insegnanti quando spiega che la sua resistenza a denunciare il prete in relazione a fatti che potevano apparire sfuggenti, dipendesse essenzialmente dal timore delle conseguenze personali gravi che sarebbero potute derivare dalla reazione della Chiesa”.


Lo stesso Vecchi venne ascoltato in aula il 28 febbraio 2008. E neppure lui “ebbe a dubitare – secondo il giudice - che i fatti attribuiti al sacerdote integrassero una gravissima violazione delle regole di continenza nei rapporti con i bambini e di astensione da qualunque atto di valenza sessuale”. Anche al genitore, nell’incontro dell’8 gennaio definì il parroco un uomo “molto malato”.


Una storia che per concludersi con le parole verità e giustizia ha avuto bisogno della “forza d’animo” che ha consentito – si legge nella sentenza - di portare alla luce i gravi episodi di cui in questo processo ci si è dovuti occupare”.

Edited by GalileoGalilei - 15/6/2010, 14:56
 
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http://ricerca.quotidianiespresso.it/lanuo...A1PO_UA103.html

«Violenza intimidatrice della curia»
la Nuova Ferrara — 27 luglio 2008 pagina 01 sezione: PRIMA PAGINA

FERRARA. Pedofilia alla scuola materna: pubblichiamo la seconda parte delle motivazioni della sentenza di condanna di un prete, in primo grado, a 6 anni e 10 mesi. I giudici puntano il dito contro la Curia bolognese (la parrocchia dove si è verificato il fatto è sotto la diocesi di Bologna, pur essendo in provincia di Ferrara) colpevole di una «violenza intimidatrice» nei confronti della coraggiosa direttrice dell’asilo parrocchiale che denunciò gli abusi del prete in danno di alcune bambine della scuola materna. A PAGINA 11


http://ricerca.quotidianiespresso.it/lanuo...C3PO_UC302.html

Un intera famiglia di immigrati era in balìa del sacerdote
la Nuova Ferrara — 27 luglio 2008 pagina 11 sezione: CRONACA

Un “ladro di famiglie”. Così viene descritto il prete nel “capitolo” che riguarda il suo rapporto con una famiglia di immigrati che aveva accolto in uno dei locali della parrocchia. Madre, padre e quattro bambini. E’ sulla bimba più piccola che il sacerdote riprende la sua viziosa abitudine all’abuso. Ma con qualcosa in più: arriva a buttar fuori di casa il padre, perché giudicato incapace di provvedere ai suoi cari, e a sostituirsi di fatto come figura maschile all’interno del nucleo. Il padre si riduce a vivere in macchina, covando un rancore sordo nei confronti del “rivale” che sfocia, secondo alcuni testimoni, in minacce di morte. Il sacerdote, da parte sua, dà precise disposizioni perché nessuno lo aiuti. E ad alcune persone che avevano “osato” portargli qualcosa di caldo da mangiare intima minaccioso di «farsi gli affari loro». I bambini chiamano il parroco “papà”. Lui, del resto, viene visto più volte entrare e uscire dalla loro casa, anche in orario notturno. Cosa avvenga tra quelle mura non si sa. Ma all’esterno più di una persona assiste agli ormai tristemente rituali strofinamenti e baci in bocca con la bimba. «Lei era diventata una cosa sua», riferiscono le testimoni. Non solo: il parroco un giorno ha la bizzarra idea di insegnare ai fratellini stranieri l’educazione sessuale. Con un metodo quantomai discutibile: spogliarli tutti quanti per mostrar loro le differenze. E’ a questo punto che i timori della direttrice e delle maestre diventano tali da non poter più rinviare la denuncia. Il prete subodora qualcosa, perché da quel momento in avanti «rifiuta la bambina» e anzi in un’occasione la ammonisce quando la piccola gli porge la lingua: «Lo sai che così non si fa». La famiglia è in sua completa balìa: al prete devono la casa, il cibo, il sostentamento. A cui aggiungere un’ulteriore fragilità per la loro condizione precaria in Italia. Una soggezione che si rivela appieno in aula, quando sia la madre, ma soprattutto il bistrattatissimo padre, prendono le difese del parroco. Il cui comportamento ancora una volta, sottolineano i giudici, si è rivelato «contrario ai canoni della carità cristiana, ai principi di accoglienza delle famiglie e all’unità delle famiglie». (a.m.)



http://ricerca.quotidianiespresso.it/lanuo...C3PO_UC301.html

Le ombre sulla Curia bolognese
la Nuova Ferrara — 27 luglio 2008 pagina 11 sezione: CRONACA

«Violenza intimidatrice». I giudici Caruso, Oliva e Bighetti, che il 9 aprile scorso hanno condannato a 6 anni e 10 mesi il sacerdote-pedofilo, descrivono così nelle motivazioni della sentenza l’atteggiamento della Curia di Bologna nei confronti della coraggiosa direttrice dell’asilo parrocchiale, che aveva promosso la denuncia contro il prete per gli abusi continuati ai danni di bimbe di età compresa tra i due e i cinque anni. Gli abusi, lo ricordiamo, secondo le testimonianze delle dipendenti dell’asilo avvennero in una prima fase dall’autunno del 2003 alla primavera del 2004. Poi, in seguito a una discreta segnalazione alla Curia di Bologna (su iniziativa di alcuni religiosi a cui le maestre si erano rivolte per chiedere consiglio), il prete (oggi quasi settantenne) era stato richiamato e le molestie alle bimbe erano cessate. Anzi, solamente sospese, perché nel settembre del 2004, con l’arrivo di una famiglia di immigrati che aveva chiesto aiuto al sacerdote (vedi altro articolo), gli abusi erano ripresi con modalità ancora più gravi e inquietanti ai danni di una delle bimbe della coppia. Ma l’arrivo della poverissima famiglia clandestina non è l’unica novità di quell’autunno. L’asilo ha una nuova direttrice, una psicologa, non ancora toccata dal clima di tensione, ricatti e minacce (mantenute) di licenziamento che aveva segnato i rapporti tra le maestre e il sacerdote. A questo proposito, l’estate precedente la Curia era già intervenuta per “consigliare” al prete di riassumere le dipendenti, per placare la crescente protesta dei genitori che chiedevano a gran voce il reintegro delle educatrici. Di abusi, però, per ora non si parla apertamente. Tutto resta confinato tra gli sfoghi delle maestre e i sotterranei rimbrotti della Curia al sacerdote pedofilo che potrebbe provocare uno scandalo. I genitori, in questo momento, sono ignari di tutto. Un argine agli abusi che si rivela debole con l’arrivo di una “nuova” preda che sostituisce di fatto un’altra bambina (una delle sue “predilette” che aveva lasciato l’asilo) nelle perverse attenzioni del parroco. E scoppia la bomba. La neodirettrice, più “indipendente” e forte rispetto alle sue traumatizzate colleghe, prende in mano la situazione. E, quando è sicura dell’autenticità delle accuse, spinge anche le altre ad agire. Prima ancora di sporgere denuncia, tenta di contattare la Curia: ma gli appuntamenti, tra rinvii e rinunce, saltano. In ogni caso ormai non si può più aspettare: si teme che gli abusi sulla bimba straniera possano diventare ancora più gravi. Secondo una delle testimoni, scrivono i giudici nelle motivazioni, «la relazione (tra il prete e la piccola) era particolare ed “esclusiva” e dava adito a forti inquietudini in ordine alla sua effettiva consistenza... si aveva come l’impressione di una relazione di portata assai più ampia». E’ in quel periodo, l’11 novembre, una settimana prima della presentazione della denuncia ai carabinieri, che avviene la drammatica riunione con i genitori a casa di una delle maestre. Drammatica perché l’ordine del giorno doveva riguardare “solo” le prevaricazioni del sacerdote sulle dipendenti. Ma alla fine era stato aperto lo squarcio sugli abusi. Un trauma, per le mamme e i papà. Che in quell’occasione rimproverarono anche aspramente le maestre per non aver parlato prima. Il 19 novembre parte la denuncia e viene aperta l’inchiesta. Un mese e mezzo dopo, l’8 gennaio, avviene il più volte rinviato appuntamento in Curia sollecitato dalla neodirettrice. Le autorità religiose chiedono alla donna di presentarsi da sola. Lei preferisce invece farsi accompagnare da uno dei genitori (un sostegno quanto mai disinteressato perché provieniente dal padre di un bimbo mai sfiorato dalle molestie). L’incontro col provicario Ernesto Vecchi è durissimo. Non appena il genitore lo informa che la donna non può parlare perché ha già reso una deposizione lui si arrabbiò molto, divenne molto rosso e incominciò a urlare perché disse: “Allora che cosa siete venuti a fare”? Cominciò a sbraitare: “Non è un comportamento...”. Poi, informato del resoconto sulla riunione tra genitori e maestre, monsignor Vecchi rimase allibito e inizialmente chiese se eravamo sicuri se queste cose (...) Alla fine lui disse questa frase “Bhe don (***) è molto malato”. Ancora più drammatica la testimonianza della direttrice: Si arrabbiò moltissimo, cominciò a urlare contro di me, dicendo che io ero pagata da loro, che dovevo dirglielo che non sapevano niente e sarei dovuta andare subito da loro (...). Dopo quel terribile colloquio, riferisce ancora la donna io ero ancora più contenta di non aver parlato perché è un posto dove io non potevo comunque ricevere aiuto neanche tre mesi prima. Così entrambi i testimoni ricordano il congedo col monsignore (una circostanza che quest’ultimo ha negato in aula): Ci strinse la mano all’uscita e ci disse che questo incontro non c’era mai stato. Il “commento” dei giudici a questo proposito è netto. La testimonianza del genitore e della direttrice dimostrano «la violenza intimidatrice dell’incontro della direttrice con il rappresentante della Curia mons. Vecchi e chiarisce come la resistenza delle maestre a sporgere denuncia dipendesse essenzialmente dal timore delle conseguenze personali che sarebbero potute derivare dalla reazione della Chiesa. Ed è infatti chiaro, ancora una volta, come solo la forza d’animo della direttrice abbia consentito di portare alla luce i gravi episodi di cui in questo processo ci si è dovuti occupare». Considerazioni importantissime che potrebbero consentire alle parti civili, genitori ed educatrici, di attivare una causa per danni contro la stessa Curia bolognese: parti civili che avevano già chiesto di accogliere, nel processo, la Curia come responsabile civile delle azioni del prete sotto accusa; ma non era quella la sede giusta, dissero i giudici. Ora, con le loro parole, sembrano voler indicare che potrà esserlo il tribunale civile. - Alessandra Mura


http://ricerca.quotidianiespresso.it/lanuo...X1PO_UX104.html

Perché non c è il nome del prete
la Nuova Ferrara — 27 luglio 2008 pagina 16 sezione: AGENDA E LETTERE

Mi sia permesso esprimere un forte senso di disagio, amarezza, delusione, provato nel leggere l’articolo sul caso/i di pedofilia alla scuola materna. Articolo di certo ben fatto, molto dettagliato, ecc, ecc, ma se è pienamente condivisibile - per ovvi motivi - la volontà di non citare la scuola in questione, prima di tutto il rispetto alla privacy di tutte le bimbe, è d’altro canto inaccetabile non trovare riferimento alcuno dell’animale - difficile mi risulta definirlo in altro modo!- già giudicato colpevole. Mi sembra veramente eccessiva la linea di tutela che un quotidiano d’informazione come il vostro (quotidiano locale da sempre di ottimo livello) ha deciso di tenere per questo singolo caso. L’informazione è un valore da difendere e solo mantenedola libera potrà rimanere un valore per tutti. Cristiano Zagatti Gentile signor Zagatti, nella sua lettera lei riconosce come giusta la volontà (e aggiungiamo la necessità morale e giudiziaria) di tutelare l’identità delle vittime di violenza sessuale. Un dovere ancora più inflessibile quando le vittime sono minorenni, come impone il codice di deontologia dei giornalisti e sancisce la “Carta di Treviso” sulla tutela dei minori coinvolti in fatti di cronaca: il giornalista ha l’assoluto dovere di omettere ogni particolare che possa ricondurre all’identità della vittima. E’ vero che la “disinvoltura” con cui sono stati trattati da stampa e tv altri casi di pedofilia vera o presunta (il caso dell’asilo di Rignano su tutti) ha creato confusione sui confini tra diritto di cronaca e dovere di tutela. Confini che, al di là di troppe libere interpretazioni, restano quelli imposti dalla legge e dalla deontologia professionale, e che “la Nuova” intende rispettare. Questo per sgombrare il campo dai dubbi e, mi pare, dalle insinuazioni che cogliamo nella sua lettera a proposito dei «valori della stampa libera». Qui non si tratta di libertà di stampa, ma di regole sacrosante. Non c’è nessun “timore reverenziale” nei confronti dell’imputato condannato in primo grado: la “Nuova” ha sempre pubblicato i nomi dei condannati e continuerà a farlo. E lo avrebbe fatto (volentieri, precisiamo malignamente) anche questa volta, se non ci avesse frenato il giusto e doveroso rispetto per la privacy delle bimbe abusate (tra l’altro in un periodo di tempo ben precisato) e delle loro famiglie. Dunque, il nome del sacerdote pedofilo è stato omesso solo ed esclusivamente perché avrebbe consentito di identificare l’asilo, (un piccolo asilo parrocchiale) e, di conseguenza, le vittime. Là dove questi vincoli si sciolgono, non esitiamo a fare nomi e cognomi, anche importanti, come dimostra l’articolo sull’atteggiamento della Curia di Bologna che trova pubblicato in questo numero. (a.m.)
 
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Il ridicolo tentativo della curia di Bologna di attaccare la stampa rea di aver pubblicato le motivazioni della sentenza.

Il legale della curia cade nell'errore di attribuire al giornale i severi giudizi sul "muro di gomma" della curia da parte del Tribunale.

Una figuraccia che del resto è evidente nel mal riuscito tentativo di smentire le accuse della Direttrice di aver riferito al vescovo delle accuse contro l'anonimo prete.

La difesa crede che siano idonee a smentire le accuse della Direttrice l'autodifesa del mons. Vecchi, che, ovviamente, non può far altro che difendere se stesso.



http://stage7.presstoday.com/_Standard/Articles/5000632

IL GIORNALE DI OGGI, MARTEDÌ 5 AGOSTO 2008 › AGENDA E LETTERE



Pagina 17 - Agenda e Lettere Stampa questo articolo



La curia bolognese: «Nessuna omertà sugli asseriti casi di pedofilìa»





Nella qualità di consulente legale della Curia Arcivescovile di Bologna e del Vicario Generale dell’Arcidiocesi bolognese, il Vescovo Mons. Ernesto Vecchi, a norma dell’art. 8 L. 47/1948 (disposizione sulla stampa), invito il quotidiano in indirizzo a pubblicare la presente rettifica alle notizie - ritenute infondate e tendenziose - pubblicate il giorno 27 luglio del corrente anno e relative al comportamento dei “vertici ecclesiastici” in relazione ad un processo penale deciso con sentenza dal Tribunale di Ferrara per asseriti fatti di pedofilia ascritti ad un sacerdote.
Nell’articolo in oggetto viene ripetutamente sottolineato il preteso atteggiamento reticente, omertoso e noncurante della Curia Bolognese nei confronti delle insegnanti, della direttrice didattica e dei genitori dei minori che sarebbero stati vittime di violenze sessuali attribuite al sacerdote condannato in primo grado dal Tribunale Collegiale di Ferrara.
In particolare, dal tenore letterale degli articoli - compresi i titoli ed i trafiletti - emerge in maniera evidente l’intenzione del giornale di rilevare il cosidetto “muro di gomma intorno al prete pedofilo” costituito dal preteso atteggiamento di indifferenza assunto dalla Curia Bolognese di fronte al tentativo della Direttrice Didattica di denunciare i fatti oggetto dell’imputazione per la quale è stato ritenuto responsabile il sacerdote.
L’accusa si fonda su circostanze non rispondenti al vero desunte unicamente dalla testimonianza resa dalla Direttrice Didattica che - peraltro - è stata smentita in sede di esame testimoniale avanti al tribunale di Ferrara dalla deposizione di Mons. Vecchi, oltre che da documenti inoppugnabili.
Il 21 luglio 2004 il Vicario Generale ricevette, presente il Provicario, insegnanti e genitori di alunni della scuola ed i temi esposti dai presenti, poi riassunti in una lettera consegnata al prelato, riguardarono esclusivamente la conduzione della parrocchia e la gestione - didattica ed amministrativa - della scuola, con particolare riguardo al licenziamento degli insegnanti.
Null’altro emerse e, all’esito di questo incontro, Mons. Vecchi persuase il sacerdote a sospendere e poi revocare il licenziamento del personale docente.
Due mesi dopo il personale della scuola ed alcune famiglie di alunni scrissero al Vicario ed al Provicario ringraziando per il risultato dell’intervento.
Il 15 novembre 2004 la Direttrice Didattica chiese con urgenza a mezzo fax un appuntamento per discutere le accuse rivolte al sacerdote e contenute in una lettera dei genitori allegata al fax: in tale lettera, si muovono numerose accuse di natura pastorale, didattica, amministrativa e null’altro.
Fissato l’appuntamento con Mons. Vecchi per il 22 novembre successivo, la Direttrice Didattica non si presentò accusando indisposizione.
Da allora, il Vescovo Ausiliare non ha mai più ricevuto alcuna richiesta di incontro e/o colloquio.
L’incontro fra Mons. Vecchi e la Direttrice Didattica (unitamente ad un rappresentante dei genitori) avvenne in data 8 gennaio 2005, come confermato dai diretti interessati in sede di esame dibattimentale allorché l’Arcidiocesi era stata informata delle denunce sporte.
Non è pertanto vero che la Curia Bolognese si mostrò ostile ed omertosa rispetto alla vicenda in oggetto; la Curia ed il Suo Vicario Generale - contrariamente a quello che si legge nell’articolo contestato - nulla sapevano della vicenda perché nessuno, tanto meno l’anzidetta Direttrice, aveva denunciato le circostanze: i fax e le telefonate (non ne è impossibile la documentazione) sono pure asserzioni tendenti a gettare discredito sul presule e l’Arcidiocesi.
Fu proprio l’avere omesso ogni segnalaizone degli episodi poi denunciati all’autorità Giudiziaria, in occasione dell’incontro tenutosi in Curia il 21 luglio 2004 (che fu incentrato esclusivamente su problemi gestionali della scuola) e nella successiva lettera del 15 novembre 2004 (cui seguì - si ripete - l’appuntamento alla Direttrice Didattica, da questa poi dissertato per malattia), a provocare le manifestazioni di disappunto del Vescovo Vicario Generale per essere stato lasciato all’oscuro delle accuse rivolte al sacerdote.
Si tenga presente che fu proprio Mons. Vecchi, dopo aver acquisito notizia delle accuse, ad invitare in Curia la Direttrice per ricevere da costei i riferimenti sui fatti mai in precedenza avuti.
La deposizione di Mons. Vecchi avanti al tribunale di Ferrara ha puntualmente chiarito tutte queste circostanze.
Il tono complessivo, i titoli ed i sottotitoli dell’articolo di cui sopra, tendono a spostare l’attenzione del lettore dai fatti oggetto del processo - pur non definitivamente accertati- e pretese indifferenze o addirittura ad atteggiamenti omertosi dell’Autorità ecclesiastica che conobbe le accuse solamente allorché la Polizia giudiziaria le portò a conoscenza della stessa.
Ho ritenuto doveroso scendere nel dettaglio, anche oltre i limiti della rettifica, per dare all’Istituzione ed all’uomo l’onorabilità che discende dalla verità.
Avv. Giuseppe Coliva



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Tutto quanto abbiamo riportato sulla Nuova nei giorni scorsi è unicamente la fedele descrizione di brani e citazioni delle motivazioni della sentenza del Tribunale di Ferrara che in primo grado ha condannato il sacerdote per abusi sessuali. Omertà, muro di gomma, ecc.: tutte le parole, senza aggiunta alcuna, sono nelle motivazioni della sentenza. A questo per noi prezioso documento ci siamo attenuti con estremo scrupolo, come cerchiamo di fare sempre.

Edited by GalileoGalilei - 21/12/2009, 19:09
 
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http://lanuovaferrara.gelocal.it/dettaglio...dofilia/1805478

Processo bis al prete per pedofilia
l sacerdote venne condannato a 6 anni e 10 mesi per molestie sessuali su bambine dell’asilo che gestiva
di Daniele Predieri
FERRARA. Non è affatto un «processo breve». Perchè dopo la condanna dell’aprile 2008, inflitta dal tribunale di Ferrara, la causa per molestie sessuali a 10 bambine di un asilo della provincia, contestate ad un prete 65enne che da tempo vive nel Bolognese, si celebrerà solo dal 20 gennaio 2012 in poi. Aspettando la possibile nuova legge sul «processo breve» - che non dovrebbe mettere comunque a rischio il lentissimo procedimento (perchè il reato è comunque grave, violenza sessuale su minori) -, il sacerdote sarà processato dai giudici della Corte d’appello di Bologna che dovranno confermare o smentire la condanna di primo grado a 6 anni e 10 mesi. Una pena inflitta dai giudici Caruso, Oliva e Bighetti per gli atti di chiara matrice sessuale ai danni di 10 bambine che frequentavano la scuola materna che lui gestiva in un paese della nostra provincia.

Tra quasi due anni, dunque, il prete sarà sottoposto al processo per fatti accaduti tra il 2003 e il 2004, per fatti che lo portarono all’arresto nel marzo 2005, e poi al processo davanti al tribunale di Ferrara tra il 2006 e il 2008: alla faccia, vien da dire, del «processo breve» che sta accendendo polemiche a non finire; alla faccia della tempistica dei processi, che la dice lunga sui carichi pendenti non solo dei tribunali ma dell’imbuto della Corte d’appello, dove arrivano tutti i processi della nostra regione. Ma questa è altra questione.

Tornando al processo, ieri l’avvocato Giuseppe Coliva di Bologna, nuovo legale del prete (di cui ripetiamo non vengono fornite generalità solo per non collegare l’asilo e il paese in cui gestiva la attività) ammetteva che questo è «un processaccio, di cui non va dato per scontato nulla: è una causa molto delicata e dunque occorre la massima cautela nella trattazione per non distruggere una persona. Ho letto con attenzione gli atti e ho depositato un appello di 80 pagine che discuteremo davanti ai giudici».


Il sacerdote, dunque dovrà attendere il suo «processo breve» per affermare l’estraneità ai fatti che gli vengono contestati, come aveva fatto in primo grado davanti ai giudici di Ferrara, sostenendo - di fatto - di essere vittima di una macchinazione, una sorta di complotto da parte delle sue ex dipendenti che aveva licenziato e poi riassunto. Ma che licenziò di nuovo «senza giusta causa» dopo che lo denunciarono: altro dettaglio di questa vicenda che lascia l’amaro in bocca, perchè le educatrici dell’asilo che fecero venire alla luce lo scandalo (presunto, visto che la sentenza non è definitiva) non sono state mai reintegrate nell’a silo.

E hanno cambiato lavoro. Solo per aver detto ciò che ritenevano la verità. Una verrità finora accolta dai giudici di Ferrara. La parola, ora, ai colleghi della Corte d’appello.
(16 dicembre 2009)
 
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www.estense.com/la-curia-risarcisca...lia-021513.html

La curia risarcisca le vittime di pedofilia
Lettera a Caffarra sul prete condannato per abusi su una decina di alunne

La curia ripaghi le piccole vittime di pedofilia per gli abusi compiuti dal suo sacerdote. È questo il senso della lettera aperta che l’avvocato del foro di Ferrara Claudia Colombo invia al cardinale della diocesi di Bologna, Carlo Caffarra.

E lo fa proprio nel giorno in cui Benedetto XVI lancia la sua dura condanna contro i preti pedofili, in concomitanza con il XX anniversario della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia.

Gli episodi cui il legale, che in processo ha assistito numerose parti civili, fa riferimento riguardano la condanna in primo grado inflitta dal tribunale di Ferrara a 6 anni e 10 mesi di reclusione a un prete (Condannato a sei anni prete pedofilo) per aver commesso, in veste di educatore e responsabile di un asilo parrocchiale, reiterati atti di pedofilia su numerose piccole alunne.

Della vicenda Estense.com si è occupato in più occasioni, mettendo in luce anche alcuni inquietanti retroscena (Prete pedofilo, la curia sapeva?), che videro – secondo le motivazioni della sentenza depositata dal giudice Caruso – la curia essere a conoscenza delle voci che circolavano su quanto stava succedendo in quella struttura (Prete pedofilo, il muro di gomma della Curia) di un piccolo paese dell’Alto ferrarese (che ricade nella diocesi felsinea).

Oggi, a quasi due anni dalla condanna, le piccole vittime e loro famiglie attendono ancora un risarcimento e una dichiarazione di scuse o quantomeno di conforto. Il tutto è spiegato nei dettagli della lettera che pubblichiamo integralmente.

Egregio cardinale Caffarra,

ho letto sulla pagina locale del 32 gennaio del “Carlino” edizione di Ferrara, l’articolo sulla sua visita pastorale alla scuola materna cattolica “beata Elisabetta Renzi” di Cento. Nel corso della visita lei ha ringraziato i genitori presenti per avere “dimostrato tanta fiducia nei confronti della Chiesa affidandole i loro figli”, affermando che “un popolo senza impegno educativo non ha futuro”. È stato evidente il suo richiamo alla Carta formativa della Scuola Cattolica dell’infanzia di cui lei stesso è stato estensore e promotore nel settembre 2009.

In tale documento sono ben espressi i principi secondo i quali:

1. il gestore e gli insegnanti delle scuole materne parrocchiali debbono condurre un’esemplare vita cristiana;
2. i bambini vanno trattati ed educati con rispetto ed amorevolezza;
3. la scuola cattolica richiede una stretta connessione con la chiesa locale e con la diocesi.

La Chiesa, insomma, è presente accanto ai genitori nel loro impegno educativo verso i figli e, attraverso i suoi ministri, i sacerdoti, cui lo delega, assume tale impegno quale momento pregnante del suo magistero.

Ricorderà bene, egregio cardinale, che nell’aprile del 2008 un sacerdote, parroco della sua curia, che rivestiva altresì le cariche di direttore, gestore ed insegnante di una scuola materna parrocchiale cattolica di un paese non distante dalla città di Cento ove lei ha partecipato alla inaugurazione riportata nell’articolo del quotidiano, è stato condannato in primo grado dal tribunale a 6 anni e 10 mesi di reclusione per aver commesso, in quella veste di educatore, reiterati delitti di pedofilia su numerose piccole alunne.

Il sacerdote, inoltre, è stato condannato a pagare immediatamente alle vittime ed ai loro genitori la somma di 28mila euro a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva.

Ebbene, ad oggi, sebbene avesse dovuto farlo immediatamente, come appunto sentenziato dal tribunale ferrarese, quel prete nulla ha pagato alle vittime degli atti di pedofilia e, temiamo, nulla pagherà; ma, prima e più ancora, ad oggi la Curia bolognese non ha avuto per le piccole vittime di quegli aberranti delitti e per i loro genitori alcuna parola di partecipazione e di contrizione e, soprattutto, alcuna assunzione di responsabilità.

A fronte dei principi richiamati nella Carta formativa della Scuola Cattolica dell’infanzia e dello stretto legame che in essa viene richiamato fra la scuola cattolica e la “Chiesa locale” quale “garanzia” non solo spirituale che la Chiesa presta ai genitori che le affidano la crescita materiale e religiosa – dunque anche etica – dei propri figli, il meno che ci si sarebbe potuti attendere era un segno tangibile di partecipazione per il completo fallimento di quel patto e di riparazione per quella “garanzia”.

Il silenzio ed il disinteresse che la curia bolognese ha dimostrato a quelle piccole vittime dei delitti di pedofilia (ed alle loro famiglie) rattristano ed offendono.

Comprende bene, egregio cardinal Caffarra, che non è tanto sul piano giudiziario che attendevamo il suo intervento: su quello, infatti, la curia aveva già espresso tutto il suo disimpegno fieramente opponendosi alla sua chiamata nel processo quale responsabile civile; è, invece, sul piano pastorale, sul quale si era consolidato il fiducioso affidamento dei bambini al suo sacerdote da parte dei genitori, che invece la curia ha mancato ad una “obbligazione” per lei ancora più cogente di quella strettamente giuridica.

Ha sorpreso anche il fatto che un tale abbandono dei genitori che io rappresento e dei loro bambini sia avvenuto in un momento nel quale invece l’attenzione della Chiesa verso le vittime di atti di pedofilia nel mondo da parte di sacerdoti e prelati verso minori si è manifestata alta e partecipata: pensiamo, infatti, alle parole, anche durissime, del Santo Padre per episodi accaduti in Irlanda, alle sue commosse parole di scuse e, perché no, anche alle riparazioni economiche delle vittime; pensiamo alla attività investigativa della Chiesa sugli episodi denunciati (cd. rapporto Murphy e rapporto Rayan); pensiamo all’ormai famoso comunicato finale dell’incontro del 23 aprile 2002 del Santo Padre coi cardinali statunitensi nel quale la Chiesa ha avuto parole di dura condanna e di concreta partecipazione.

Che farà la curia bolognese? Si limiterà a ringraziare i genitori che “… hanno dimostrato tanta fiducia nei confronti della Chiesa affidandole i loro figli…” (dal suo discorso alla inaugurazione della scuola centese di cui il “Carlino” ha dato notizia il 23 gennaio scorso) o, una volta tradita tale fiducia per colpa di un suo sacerdote, si attiverà anche per ricucire il legame fiduciario interrotto e a risarcirne le gravissime conseguenze?

Se così non fosse la vicenda che le ho segnalato assumerebbe per le vittime i contorni di un insopportabile tradimento.

Ma ciò che più addolora di questa triste e squallida vicenda è che in questi quasi due anni dalle sentenza di condanna in primo grado del tribunale di Ferrara, né il parroco condannato, né la curia di Bologna, della quale lei monsignor Caffarra è cardinale, hanno mai rivolto alle piccole vittime di quegli aberranti delitti di pedofilia ed ai loro genitori parole di scuse e di rammarico. Alcun conforto la Chiesa, ad oggi, ha saputo (e voluto) manifestare a quelle vittime ed alle loro famiglie che con incondizionata fiducia avevano consegnato ed affidato i propri piccoli figli alla scuola materna parrocchiale, affinché li educasse, custodisse e preservasse secondo una morale ed etica cristiano cattolica di fratellanza, solidarietà e rettitudine.

Ad oggi, dunque, ed è cosa altrettanto grave, dopo quasi due anni dalla sentenza di condanna, alle vittime non sono ancora stati pagati (contrariamente a quanto stabilito dai giudici) i risarcimenti provvisoriamente esecutivi che il tribunale ha statuito in sentenza a carico del parroco imputato. Quest’ultimo, vale la pena ricordarlo ancora, è stato condannato per aver commesso, quale direttore gerente di una scuola materna cattolica parrocchiale, gli atti di pedofilia all’interno della struttura scolastica durante gli orari di scuola e, dunque, tradendo quella fiducia dei genitori che a lui ed alla sua struttura avevano affidato i propri figli.

Il silenzio (nel senso sopra accennato) che la Curia bolognese ha riservato alle piccole vittime di quel processo (ed alle loro famiglie), offende, stupisce e rattrista, tanto quanto i delitti di pedofilia attribuiti in sentenza al parroco condannato.

La invito quindi egregio cardinal Caffarra, anche in ossequio agli stessi principi della “Carta” da lei emanata, ad attivarsi affinché a quelle famiglie vengano effettivamente pagate le provvisionali immediatamente esecutive decretate in sentenza!

La invito dunque, laddove il parroco condannato persistesse ulteriormente a non pagare alle vittime i risarcimenti dovuti a titolo di provvisionali immediatamente esecutive, ad attivarsi affinché la curia di Bologna si sostituisca al prete debitore, provvedendo a versare quanto decretato in sentenza a favore delle vittime. Sono certa, cardinale, che dopo queste considerazioni ed in nome degli stessi principi di fratellanza e solidarietà cristiana da lei invocati nella sua Carta, che alle numerose bambine vittime dei deplorevoli atti di pedofilia del parroco condannato verranno, quanto prima, pagate le provvisionali immediatamente esecutive decretate in sentenza dal tribunale ferrarese.

La curia di Bologna, ci contiamo tutti, sono certa che anticiperà alle piccole vittime quanto loro spettante; del resto i delitti di pedofilia sono stati commessi da un parroco che al’epoca dei fatti la curia di Bologna aveva “preposto” ad una parrocchia della diocesi bolognese. Ma, intanto, che la curia bolognese anticipi quanto spettante alle vittime. La curia, egregio cardinal Caffarra, potrà poi richiedere il tutto al suo sacerdote.

Così facendo la curia di Bologna darebbe un bell’esempio di solidarietà e fratellanza cristiana, principi già messi a dura prova dai delitti contestati al parroco condannato.

Avv. Claudia Colombo (difensore di numerose parti civili)
 
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Manifesto, Il
"La curia di Bologna ci ha abbandonati"

Data: 09/02/2010
Stampa
Interni / Politica
PEDOFILIA/2
«La curia di Bologna ci ha abbandonati»
«Deplorazione» e «condanna». Le chiede - e le assi-
Cinzia Gubbini
«Deplorazione» e «condanna». Le chiede - e le assicura - il Papa nei confronti dei preti che «violano i diritti dei minori». Ma nella pratica può accadere l'esatto contrario. Succede ad esempio a Ferrara dove quasi due anni fa un parroco che gestiva un asilo è stato condannato a sei anni e dieci mesi per aver commesso reiterati delitti di pedofilia su decine di piccole alunne. Ma da allora né dal parroco, né dalla curia di Bologna è mai arrivato nulla alle famiglie delle vittime: né dal punto di vista spirituale - per esempio, conforto - né da un punto di vista materiale. Eppure il prete (di cui non è mai stato reso noto il nome, come anche è rimasto anonimo il comune dell'alto ferrarese in cui avvennero i fatti, nel rispetto della privacy delle bambine) è stato condannato dal tribunale a pagare una provvisionale immediatamente esecutiva: un riconoscimento iniziale, in attesa del terzo grado di giudizio e, qualora fosse confermata la condanna, della causa civile per i risarcimenti. Per ora il prete dovrebbe versare alle famiglie circa 28 mila euro: si tratta di poco più di 3 mila euro a nucleo famigliare. Ma dal giorno della condanna il parroco non ha versato nulla. A quanto sembra non ha soldi sufficienti, cosa che può capitare nel caso di preti che vivono davvero soltanto del loro lavoro parrocchiale. Ci si aspetterebbe, però, che nello spirito di unità e fratellanza della Chiesa in un caso del genere siano i più alti in grado a intervenire. Che le alte sfere battano quanto meno un colpo. Macché, silenzio totale. Tanto da convincere uno degli avvocati di parte civile, Claudia Colombo, a prendere carta e penna e a scrivere al cardinale di Bologna Carlo Caffarra. Lo spunto viene da una recente inaugurazione di un asilo cattolico a Cento, paesino in provincia di Ferrara. In quell'occasione il cardinale ha ringraziato i genitori «per aver dimostrato tanta fiducia nei confronti della Chiesa affidandole i propri figli». «E' stato evidente il suo richiamo - scrive Colombo - alla Carta formativa della scuola cattolica dell'infanzia, di cui lei stesso è stato estensore e promotore nel settembre del 2009». Un documento, fa notare l'avvocato, in cui tra le altre cose si riconosce esplicitamente come «la scuola cattolica richieda una stretta connessione con la chiesa locale e con la diocesi». Insomma, ciò che accade in una scuola cattolica nel bene e nel male dovrebbe essere considerata una diretta responsabilità dal potere centrale: «Il meno che ci si sarebbe potuti attendere - continua Colombo - era un segno tangibile di partecipazione per il completo fallimento di quel patto». E' vero, riconosce l'avvocato, sul piano giudiziario non c'è da attendersi alcun intervento visto che la curia si era opposta «fieramente» alla chiamata in causa come parte civile e i suoi avvocati l'avevano avuta vinta. Ma è «sul piano pastorale che ha mancato a una obbligazione per lei ancora più cogente di quella strettamente giuridica».
«Non sono abituata a questi gesti - spiega l'avvocato Colombo dal suo studio di Ferrara - ma in questo caso sento la necessità di aprire un dibattito: si tratta di fatti molto gravi e dolorosi, avvenuti in un contesto che dovrebbe essere di assoluta protezione, ma come è possibile che di fronte a un episodio così aberrante se il diretto responsabile non ha disponibilità economiche allora nessuno paga?». E non si tratta solo di soldi, come tiene a ribadire l'avvocato: alle famiglie non è arrivata neanche una lettera o un qualsiasi segno di scusa e vicinanza.
L'atteggiamento della curia di Bologna stupisce fino a un certo punto. Perché in tutta questa vicenda, che ha poco interessato le cronache nazionali, il comportamento della chiesa non ha brillato. I giudici non hanno mancato di sottolinearlo nella motivazione della sentenza, chiamando in causa il comportamento delle gerarchie ecclesiali: hanno fatto di tutto per mettere a tacere una vicenda di cui conoscevano precisamente i contorni. Tanto da parlare di «muro di gomma delle autorità ecclesiali». In particolare nel corso del processo è emerso il ruolo di monsignor Ernesto Vecchi, il «vice» di Caffarra, a cui si rivolse una delle educatrici per denunciare i comportamenti del prete. Per tutta risposta inveì contro di lei ricordandole che «ero pagata da loro», come ha testimoniato la donna in aula. Vecchi è ancora al suo posto. Il parroco condannato non ha fatto un giorno di galera. La curia, almeno, potrebbe mettere mano al portafogli.
 
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http://retelaicabologna.wordpress.com/2010...ria-di-bologna/


Prete pedofilo. Esigiamo trasparenza sulle responsabilità della Curia di Bologna | J febbraio 2010
Comunicato stampa, 02 Febbario 2010
(Scarica e diffondi)

PRETE PEDOFILO. CECCONI: “ESIGIAMO TRASPARENZA
SULLE RESPONSABILITA’ DELLA CURIA.
INAMISSIBILE L’ASSENZA DI AIUTO
ALLE VITTIME MINORENNI”

Maurizio Cecconi, portavoce della Rete Laica Bologna,
in merito al prete accusato di molestie sessuali
nei confronti delle bambine di un asilo cattolico
e al comportamento tenuto dalla Curia di Bologna.

“Secondo le testimonianze rese in aula da diverse persone che frequentavano la scuola materna all’interno della struttura parrocchiale di cui il prete era responsabile (maestre trimestrali, bidelle, cuoche), l’uomo era stato visto palpeggiare alcune bambine nelle parti intime, accompagnarle in bagno per guardarle orinare, baciarle sulla bocca, infilare una caramella nelle mutandine per poi farla leccare. Le vittime avevano tutte tra i 3 e i 6 anni e frequentavano l’asilo in provincia di Ferrara, ma ricadente nella diocesi di Bologna“.

“In primo grado di giudizio, il tribunale di Ferrara ha condannato il prete a 6 anni e 10 mesi di reclusione, per aver commesso, in veste di educatore, reiterati atti di pedofilia su numerose piccole alunne”.

“Il giorno 11 Novembre 2004 le educatrici informarono i genitori di quanto accadeva nell’asilo. Decisero di avvisare i superiori del prete e la direttrice, insieme a un rappresentante dei genitori, si recarono a Bologna per incontrare i responsabili della Curia. L’incontro avvenne il giorno 8 Gennaio 2005, alla presenza di Mons. Ernesto Vecchi, numero due della Chiesa bolognese”.

“Secondo quanto riportato dall’educatrice, Vecchi disse: “Quell’uomo è malato e questo incontro non è mai avvenuto“. Quando Mons. Vecchi seppe poi che era già scattata una denuncia, si arrabbiò moltissimo, urlò contro la maestra, sostenendo che era pagata da loro”.

“I giudici Caruso, Oliva e Bighetti, nella sentenza di condanna del prete pedofilo, hanno precisato che “il silenzio dei vertici ecclesiastici e la loro ritrosia a mettere sul tappeto le notizie sulle accuse che già da tempo circolavano sul conto del parroco, e di cui i rappresentanti dei genitori e l’educatrice intendevano discutere, equivale a implicita ammissione di conoscenza di quei fatti da parte delle gerarchie e consente di leggere tutta la vicenda come un tentativo di evitare uno scandalo che si considerava inevitabile perché fondato su fatti inoppugnabili”“.

“Per i giudici ferraresi siamo di fronte a un “muro di gomma delle autorità ecclesiastiche”, che influì anche sulla tempestività delle denunce e quindi direttamente sul numero di bambine che sono rimaste vittime di molestie sessuali”.

“Alla luce dei fatti riportati e che hanno trovato conferma nel processo di primo grado, a cui vanno aggiunti i documenti vaticani “Crimen sollicitationis” e “De delictis gravioribus”, che indicano alle diocesi cattoliche di tutto il mondo come comportarsi nei casi di pedofilia tra i sacerdoti”, così Maurizio Cecconi, portavoce della Rete Laica Bologna, che continua: “Chiediamo che la Curia di Bologna, responsabile dell’asilo in cui lavorava il prete condannato, risponda alle seguenti domande di fronte all’opinione pubblica:

* Il “De delictis gravioribus” impone che la diocesi che apprende di casi di pedofilia al proprio interno informi tempestivamente la “Congregazione per la Dottrina della Fede” in Vaticano. Quali direttive hanno trasmesso dal Vaticano alla Curia di Bologna?

* Nel 2009 il Cardinale Caffarra ha curato e pubblicato la “Carta formativa della Scuola Cattolica dell’infanzia”, in cui si legge che “il gestore e gli insegnanti delle scuole materne parrocchiali debbono condurre un’esemplare vita cristiana”. Un’esemplare vita cristiana comprende anche le molestie sessuali sui minori?

* Il “Crimen sollicitationis” impone a “tutti coloro che a vario titolo entrano a far parte del tribunale o che per il compito che svolgono siano ammessi a venire a conoscenza dei fatti sono strettamente tenuti al più stretto segreto, su ogni cosa appresa e con chiunque, pena la scomunica “latae sententiae”, per il fatto stesso di aver violato il segreto”. E’ stato imposto il silenzio, dalla Curia di Bologna, alle educatrici, dipendenti della Curia stessa, e ai genitori delle vittime, con la minaccia della scomunica?

* Dove si trova attualmente il prete pedofilo condannato?

* Esercita ancora una professione a contatto con minori?

* Perché la Curia non paga le provvisionali alle famiglie delle bambine vittime di molestie, come richiestoLe, anche ieri, dal loro avvocato?

* Ci sono stati altri casi di pedofilia nelle scuole cattoliche della diocesi di Bologna?

* Non ritiene la Curia doveroso informare la famiglie e la cittadinanza in questi casi?”

“Come Rete Laica e come cittadini riteniamo che il comportamento omertoso della Curia di Bologna sia gravissimo e la qualifica come un’istituzione che protegge chi commette un reato piuttosto che le vittime del reato stesso. Non si potrà non tener conto di questa vicenda”, conclude Cecconi, “quando si andrà a discutere del possibile rinnovo della convenzione tra il Comune e le scuole private cattoliche“.
 
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view post Posted on 11/2/2010, 09:31
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Quella lettera a Caffarra Paghi lei per il suo prete

Repubblica — 10 febbraio 2010 pagina 1 sezione: BOLOGNA
CARDINALE, paghi lei per il peccato (anzi, il reato) del suo prete. «È un dovere morale», dice Claudia Colombo, l' avvocato ferrarese che due anni fa fece condannare per molestie sessuali su minori il parroco di un paese vicino a Cento, ma che non è ancora riuscita a far risarcire le piccole vittime. Così ha deciso di scrivere un' amarissima lettera aperta al cardinale Carlo Caffarra, dalla cui diocesi dipende il sacerdote: « La invito, anche in ossequio ai principi della "Carta formativa della scuola cattolica dell' infanzia" da lei emanata, ad attivarsi affinché alle famiglie vengano pagate le provvisionali immediatamente esecutive decretate in sentenza». Tutto accadde, infatti, tra 2003 e 2004 in un asilo religioso, di cui il sessantottenne parroco era direttore ed insegnante. A denunciare le sue pesanti attenzioni nei confronti di dieci bambine tra i tre e i sei anni era stata un' educatrice scandalizzata, dopo inutili tentativi di avvisare i superiori del prete. Al processo, testimoni confermarono carezze improprie e giochi morbosi. Nell' aprile 2008 la sentenza: 6 anni e 10 mesi di carcere, più risarcimento di 28 mila euro alle dieci famiglie. «Piccola cosa, ma almeno il riconoscimento materiale di un danno psicologico gravissimo». Sennonché il prete risulta «non abbiente», e quei soldi non sono mai stati versati. QUANTO alla Curia, benché chiamata a testimoniare (si presentò il vicario mons. Vecchi), «si oppose risolutamente al riconoscimento della propria responsabilità civile», e i giudici le diedero ragione. Dunque non può essere legalmente obbligata a far fronte al risarcimento. Ma moralmente sì, rivendica Colombo. Che si è decisa al clamoroso appello pubblico dopo la visita del cardinal Caffarra proprio a un asilo cattolico di Cento, nel corso della quale l' arcivescovo di Bologna ha illustrato i principi della "Carta" da lui stesso promulgata in settembre. Dove si legge che gli insegnanti devono «vivere un' esemplare vita cristiana», i piccoli vanno trattati «con lo sguardo con cui Cristo guardava i bambini», e ogni scuola ha «stretta connessione con la Chiesa locale». In nome di questa connessione, l' avvocato chiede al cardinale di «dare un segno di fratellanza» alle famiglie «tradite» dal sacerdote molestatore. Di farsi carico degli errori di chi ha «violato dignità e diritti dei bambini», per dirla con le recenti parole di papa Ratzinger sulla pedofilia nella Chiesa. Purtroppo, ricorda con amarezza l' avvocatessa, «a due anni dalla condanna nonè giunta dalla Curia di Bologna una sola parola di rammarico: un atteggiamento che offende e rattrista». Da via Altabella, fino a ieri sera, nessuna risposta all' appello. - MICHELE SMARGIASSI
 
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view post Posted on 11/2/2010, 10:37
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Repubblica, La
""vecchi disse: questo incontro non esiste" - michele smargiassi"

Data: 11/02/2010
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Cronaca Locale
Pagina VI - Bologna "Vecchi disse: questo incontro non esiste" La denuncia dei genitori e di un´educatrice. Il vescovo al processo ha smentito Il sacerdote fu arrestato in marzo, due mesi dopo le denunce. Prima nessuno fece nulla Il caso riaperto da una lettera dell´avvocato delle vittime: la Curia risarcisca MICHELE SMARGIASSI (segue dalla prima di cronaca)
I legali della Curia giudicano «tendenziosi e sbagliati» i passaggi della sentenza che riguardano l´atteggiamento della Chiesa bolognese, e annunciano battaglia in appello (molto lontano: primavera 2012). Difficile comunque negare che quello scandalo continui a imbarazzare la Curia bolognese, che nei due anni successivi alla sentenza non ha mai avvertito il bisogno di inviare due righe di rammarico alle famiglie delle dieci bambine (dai tre ai sei anni) palpeggiate e sottoposte a squallidi "giochi" dal sacerdote-insegnante di un asilo parrocchiale in un paese del ferrarese (ma nella diocesi bolognese) di cui, per ovvi motivi, tacciamo ogni elemento di identificazione. Un silenzio riportato alla luce dalla lettera aperta che l´avvocato di molte delle piccole vittime, Claudia Colombo, ha inviato due giorni fa al cardinale Carlo Caffarra per invitarlo, anche se la legge non lo obbligherebbe, a pagare il risarcimento di 28 mila euro fissato dal tribunale, che il sacerdote "nullatenente" non può versare, e che dunque le famiglie rischiano di non ricevere mai.
Non è una coincidenza che quella vecchia storia torni oggi di attualità. Pochi giorni fa papa Ratzinger ha ammesso dolorosamente le colpe dei tanti suoi ministri che hanno «violato i diritti dei minori», e un mese fa il cardinale Hummes, prefetto della Congregazione del clero, ancora più nettamente ha disposto che i preti pedofili vengano denunciati alla giustizia ordinaria, non solo a quella ecclesiastica. Ma quando un´educatrice dell´asilo degli scandali, dopo aver raccolto le allarmanti testimonianze di alcune colleghe, tentò di avvisare le gerarchie, le cose non andarono proprio così. «Ho inviato diversi fax, ho fatto diverse telefonate, non ho avuto risposta», testimoniò al processo. «Mi rispondeva il segretario di monsignor Vecchi (...) al quale dicevo: mi rivolgo a voi nella speranza che possiate essere dei buoni genitori nei confronti di don ...». Era il novembre del 2004. Infine, dopo appuntamenti fissati e rinviati, quell´incontro avvenne, ma ormai i genitori avevano già denunciato i loro sospetti ai carabinieri. E questo, riferirono i due "ambasciatori", fece infuriare Vecchi: «Si arrabbiò moltissimo, cominciò a urlare contro di me dicendo che io ero pagata da loro, che dovevo dirglielo, che loro non sapevano niente, che non potevano immaginare (...) al che incominciai a dire che avevo fatto richiesta diverse volte (...) ma non c´è stato verso, nel senso che lui era arrabbiatissimo e la conversazione si chiuse lì». Commento dei giudici in sentenza: dopo questo «fallimentare estremo tentativo delle insegnanti e dei genitori di avvertire la Curia», «il silenzio dei vertici ecclesiastici e la loro ritrosia a mettere sul tappeto le notizie sulle accuse che già da tempo circolavano (...) equivale a implicita ammissione di conoscenza di quei fatti da parte delle gerarchie e consente di leggere tutta la vicenda dei rapporti con i vertici come un tentativo di evitare uno scandalo che si considerava inevitabile perché fondato su fatti inoppugnabili».
Dal lungo e sofferto processo emerge che in Curia nessuno negò l´esistenza di un problema in quell´asilo. Proprio Vecchi, nel burrascoso colloquio, secondo i suoi interlocutori riconobbe che «don ... è molto malato». Del resto, quando all´inizio del 2004 i genitori insospettiti si erano rivolti ad altri parroci della zona e anche a una suora, almeno per un certo periodo il prete molestatore si era tenuto a freno, verosimilmente ammonito dall´alto. Se non mancò la consapevolezza, per i giudici mancò semmai il coraggio della trasparenza e dell´intervento tempestivo. Del resto il sacerdote fu arrestato in marzo, due mesi dopo l´incontro informativo in Curia, ma neppure allora la diocesi prese alcun provvedimento cautelativo nei confronti del sacerdote, che continuò a frequentare l´asilo. Mancò poi, accusa l´avvocato delle vittime, quel tratto di umana compassione che avrebbe dovuto rendere moralmente necessario un gesto di scuse verso le vittime di chi tradì i doveri dell´abito e del ruolo che la Chiesa stessa gli aveva affidato.

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Repubblica, La
"prete pedofilo "in curia clima ostile e omertoso" - michele smargiassi"

Data: 11/02/2010
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Cronaca Locale
Pagina III - Bologna L´inchiesta Prete pedofilo "In Curia clima ostile e omertoso" MICHELE SMARGIASSI «Questo incontro non è mai avvenuto». L´educatrice dell´asilo degli scandali se lo ricordò, invece, e tre anni dopo fece mettere a verbale quell´ultima frase del monsignore, così com´era rimasta scolpita nella sua memoria, cioè pronunciata sulla soglia dell´ascensore della Curia. Anche il genitore di una delle bimbe molestate dal parroco-maestro di quell´asilo del ferrarese riferì al tribunale quasi le stesse parole del prelato: «Ci strinse la mano all´uscita e ci disse che questo incontro non c´era mai stato». Era l´8 gennaio 2005, il luogo era la Curia arcivescovile bolognese di via Altabella, e il monsignore pregato di intervenire su un caso di desolante pedofilia all´ombra di un campanile era il vicario generale della diocesi, il vescovo Ernesto Vecchi. Si legge nelle motivazioni della sentenza con cui il prete fu poi condannato in primo grado, nell´aprile 2008, a sei anni e dieci mesi di carcere, che quel «tentativo di comunicare con la Curia» si rivelò, almeno per chi sperava nell´intervento delle gerarchie, «assolutamente improduttivo e connotato da una sostanziale ostilità e da un clima sostanzialmente omertoso». Al processo monsignor Vecchi rilasciò una diversa versione dell´incontro: mai saputo nulla prima, e nessun invito a tacere, «che bisogno ne avevo, c´era già la denuncia», scatta spazientito al telefono.
SEGUE A PAGINA IV
 
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view post Posted on 11/2/2010, 11:24
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La torta del monsignore


Di chi sono le scuole materne cattoliche? A chi appartengono, chi ne è responsabile, chi le gestisce e ne assicura il buon funzionamento? Dipende dalla direzione che prendono i soldi. Se si tratta di chiederli, attingendo alle casse dello Stato, cioè alle tasche dei contribuenti, compresi i non-cattolici e i cattolici che credono nella scuola pubblica, allora gli asili parrocchiali e delle suorine sono a pieno titolo della Chiesa. Che batte cassa ormai senza più eufemismi e giri di parole: “Se c’è una torta, il 30% di quella torta va messo per le scuole cattoliche”, questa è una dichiarazione di monsignor Ernesto Vecchi, vescovo e vicario generale della Diocesi di Bologna, e risale a soli quattro mesi fa.

Se invece i soldi c’è da darli, allora gli asili parrocchiali non sono più di nessuno, solo solo del prete che li gestisce, la Chiesa non c’entra più e non ne è più responsabile. Com’è accaduto nel caso di quell’asilo del ferrarese, dipendente dalla diocesi di Bologna, il cui sacerdote-maestro, condannato in primo grado per molestie di tipo pedofilo sulle bambine a lui affidate, fu obbligato a risarcire le famiglie delle piccole vittime con 28 mila euro di provvisionale, che risultando nullatenente non pagherà mai. Ma la sua Diocesi neppure: dopo essersi strenuamente opposta (con successo) nel corso del processo ad essere riconosciuta come responsabile civile per i danni, ora rifiuta anche, con un silenzio imbarazzato e fragoroso, di dare una risposta purchessia all’appello dell’avvocata delle famiglie, che chiede al cardinale Caffarra se non senta almeno il dovere morale, in mancanza dell’obbligo legale, di risarcire quelle bambine che furono messe fiduciosamente nelle mani di un sacerdote traditore del suo abito.

La Chiesa di Bologna, al momento in cui scriviamo queste righe, non ha trovato neppure il coraggio (vogliamo dire la dignità?) di rispondere con un sincero “no” a quella richiesta, così come no ha trovato in due anni la sensibilità di scrivere due righe di rammarico e scuse a quelle famiglie che di madre Chiesa si erano fidate. Il pontefice chiede di aprire le porte alla verità sui casi di pedofilia nella Chiesa, ma a Bologna si chiudono le finestre (e le bocche) e si spera che nessuno ne parli. Ora che qualcuno ne ha parlato, attendiamo l’inevitabile corsivo indignato su Bologna Sette di domenica prossima contro le falsità dei laicisti. Se serve uno spunto, ricordiamo che, sempre quattro mesi fa, monsignor Vecchi dichiarò testualmente che “la parità si fa coi soldi”. Il rispetto per gli altri anche, almeno qualche volta, eccellenza.
 
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39 replies since 6/12/2007, 13:02   3956 views
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