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Molestie sessuali. Morto don Gelmini: "E' un complotto ebraico", 4 anni in galera per truffa, bancarotta fraudolenta, assegni a vuoto

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GalileoGalilei
view post Posted on 3/5/2014, 09:14 by: GalileoGalilei
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Don Pierino, droga e altre storie

2 maggio 2014 di DB

Un piccolo dossier con l’introduzione allo spettacolo teatrale (monologo con chitarra) «La comunità perversa, don Pappòn e i suoi figli dell’amore» di e con Angelo Maddalena, con una nota su don Gelmini e i molti buoni affari dei falsi “preti di strada” e con le altre proposte “vagabonde” – libri auroprodotti e spettacoli di strada – dell’infaticabile Angelo.
«E ti rialzerà, ti solleverà su ali d’aquila,

ti reggerà sulla brezza dell’alba, ti farà brillar come il sole, così come le ali vivrai». Eravamo in tanti a cantare questa canzone: avevo diciassette anni, eravamo in un teatro tenda e c’era il Raduno Festa Giovani a Piazza Armerina, la sede della diocesi… Accanto a me c’era una ragazza, gli occhi neri e grandi, la pelle liscia e bella, come la Nutella ma di colore chiaro, come la Nutella bianca. Io volevo dirle qualcosa, parlare con lei, ma Gesù non voleva, cioè mi avevano insegnato che Gesù non vuole, perché se ci parli poi ti viene da fare altre cose, ma come? così in automatico? sì così, è una cosa collegata, automatica, come un interruttore, se lo accendi accendi tutto, tutta la luce della stanza, non solo in un punto, che metafora di minchia, comunque in quel periodo credevo che Gesù fosse l’amico dei deboli, dei timidi e dei rincoglioniti e che potesse dare senso a tutte le rinunce, aveva rinunciato alla vita e preferito la morte di croce, in confronto, evitare di parlare con una ragazza di Gela o di Piazza Armerina o di Butera (queste alcune città della diocesi) che era? niente, anzi, avrei potuto anche fare di più, flagellarmi, o no? comunque, quasi era una flagellazione, perché a diciassette anni non riuscire a parlare con una ragazza seduta accanto a te per tre ore… minchia se è una flagellazione, devi darti martellate sugli ormoni a ritmi impensabili! Al centro della scena, nel palco del Teatro Tenda, fortunatamente c’era un uomo che mi aiutava a dimenticare ogni tanto la flagellazione: un uomo vestito di nero, con un microfono in mano, al centro di tutto, del mondo, del teatro, e parlava, i capelli bianchi tirati indietro, e gridava ma lievemente, la sua voce tonante e forse un po’ rauca diceva così: «Mario è andato via dalla Comunità, ma dalla Comunità non si va via, perché dentro la comunità si vive, fuori dalla comunità si muore». Che cazzo voleva dire? non lo capivo ma mi piaceva la sua voce e i suoi capelli alla Rodolfo Valentino però bianchi! «Mario è andato via dalla Comunità e gli ho dato un carillon prima che andasse via, e gli ho detto: “Mario, se lascerai questo carillon a casa di tuo madre e andrai via da casa di tua madre, vuol dire che non tornerai più”». Ma che minchia c’entra il carillon, sua madre e il fatto che lui non sarebbe tornato più? Non lo capivo, ma la sua voce e il suo capello alla Valentino ci stregavano e quando finì di parlare eravamo commossi. La ragazza era andata via nel frattempo e la flagellazione… continua!
Al ritorno con gli altri compagni di parrocchia, sull’autobus, sapevamo che c’erano comunità dove stavano ragazzi drogati e quell’uomo lì, don Gelmini o don Pappon, li curava, li guariva e li salvava dalla droga.
Passarono un po’ di anni, e io sto sempre in comunità: non uscivo mai perché fuori dalla comunità si muore e dentro si vive, o viceversa, ma no no, fuori si muore e dentro si vive, è giusto così. E non ci confondiamo perché se no poi comincio a entrare e a uscire e… mi metto a spendere soldi! meglio stare in comunità che lì si mangia bene e non si spendono soldi per minchiate tipo andare al pub e bere gin e coca o coca e gin, ma meglio gin e coca perché con gin e coca esci, coca e gin entri e poi entra Gino ed esce coca.
Un mio amico mi ha portato un giorno un foglio che aveva stampato da internet e io, che dentro la comunità non guardo internet e non guardo giornali, gli ho detto «che mi porti queste cose qui pericolose».
«Come pericolose?» mi ha detto lui: «sono notizie, i giornali ne stanno parlando in questi giorni».
«Ecco vedi che sei pericoloso! tu mi preoccupi» gli ho detto: «perché leggi troppi giornali».
«Ma come?» disse lui e pensava “sei tu che mi preoccupi quando dici ‘ste cose” ma lo tenne per sé e invece mi disse: «Sai che a don Gelmini lo stanno accusando, lo stanno processando, di fare cose che non si possono dire con i ragazzi drogati che stanno nelle sue comunità».
«Ma sì, lo accusano sempre perché lui è troppo bravo e lo vogliono fare diventare meno bravo perché quando uno è troppo bravo ci sono tanti poco bravi invidiosi che lo vogliono debravizzare» gli ho detto
Allora lui mi ha detto che non solo i giornalisti ma anche tanta gente su internet scriveva lettere su don Gelmini Pappò, per esempio un barbone scriveva una lettera che lui mi voleva leggere.
«Sono un barbone, che la notte vado nei pachistani per connettermi a internet, di solito vado nei siti a luci rosse che ormai non mi fanno più manco effetto, me fanno addormentà, ma ieri notte me so svegliato di brutto a vedere su google news la notizia che l’hanno preso col sorcio in bocca a don Gelmini. Conosco da ‘na vita quel vecchio marpione di don Pierino, da quando negli anni ’60 veniva nel parco di Roma dove io andavo, a piazza de Spagna e piazza Navona, e arrivava col suo macchinone nero targato Vaticano. Faceva salire sulla macchina qualche ragazzo di quelli belli, coll’occhi azzurri, i cherubini, me capite, quelli più bisognosi de cure. Poi alcuni raccontavano che gli faceva le seghe e diceva che anche Gesù le faceva agli apostoli per fare l’unione spirituale. e qualcuno raccontava ridendo che proponeva di fare la comunione col cazzo al posto dell’ostia».
Allora io gli dico al mio amico: «Ma come ti permetti? e come si permette sto barbone di dire cose così orrende e tu che ci credi e le le leggi. Don Pierino è un Santo, salva le vite di tanti giovani e anche di alcuni amici miei e anche la mia».
«Ma tu non sei drogato» mi dice il mio amico.
«Va bè ma che c’entra, lo potrei diventare, e per prevenire… sto in comunità».
Senti però che dice il barbone dopo, mi dice il mio amico: «Poi non se fece più vedere don Pierino, erano gli anni fine ’60 inizio ’70. In quegli anni uscirono notizie che il don era stato arrestato, nel ’69 tipo, per alcuni affari legati a una cooperativa di costruzioni e traffici illeciti di latte e formaggio tra Parma e l’Argentina e altre cose che non so, però so e si seppe in quel periodo ‘na cosa terribile. Io sono de Frascati, don Pierino abitava all’Infernetto, vicino Frascati, lo trovarono nella sua villetta con la Jaguar e le cameriere e i cani dobermann quando lo arrestarono, però c’è n’artra cosa terribile: un suo collega, un prete come lui, magari suo amico, si prese il cianuro e si suicidò in quel periodo per non parlare, e con tutto ciò sul “Messaggero” non si fece il nome del don Pierino, andate a cercare negli archivi, ci vuole un cane d tartufi per scovà ‘sta notizia, e mo ve saluto, me ne vado. E comunque ai barboni don Gelmini manco li guarda, guarda quelli come il Berlusca, pieni di soldi, che gli venga un colpo».

Ho chiesto ad Angelo Maddalena di presentarmi il testo e lui ha risposto così.
«“La comunità perversa” è una metafora? Una parodia? Un pezzo di verità? Nel 1989, la prima volta che vidi don Pierino Gelmini-Pappòn, ero rimasto preso dalle sue parole, io giovane cattolico fra tanti altri affascinati o forse anche “affatturati”, come direbbero mia nonna o mia madre. Nel 2004 è uscito il romanzo di Marco Salvia, “Mara come me, omicidio in comunità” (Stampa Alternativa). Nel 2005, a gennaio, Marco Salvia dichiara che il suo romanzo è un libro-verità e il prete che lì si chiama don Luigi è in realtà don Pierino Gelmini… Dall’agosto 2007, “Mara come me” fa parte del materiale probatorio nell’inchiesta su don Gelmini che comprende 5 faldoni depositati alla Procura di Terni. Dunque il mio testo si collega a storie vere, indagando limiti e oscurità delle comunità terapeutiche per tossicodipendenti… per andare oltre. L’ho presentato nel 2014 a Pistoia, Firenze, Genova e (pochi giorni fa) a Bologna. Per approfondimenti consiglio anche «Gabbie metropolitane» di Emilio Quadrelli (Deriveapprodi editrice). Il mio racconto vuole aprire una serie di narrazioni e riflessioni per far luce sulle Comunità Incontro di don Gelmini, punta di iceberg di un mondo sconosciuto e volutamente non raccontato se non in chiave apologetica. Storia di potenti: don Gelmini e i suoi compagni di merenda Berlusconi, Casini, Giovanardi, Amedeo Minghi e il generale Speciale fra gli altri. L’impero di don Gelmini ha origini lontane, anche perché non è solo un’avventura sua ma di tanti altri preti sedicenti di strada e affaristi del “volontariato” e della sedicente cooperazione sociale: vedi l’ultimo romanzo di Luca Rastello, «I buoni» (Chiarelettere). In libreria da pochi mesi c’è anche «La Collina» (Fandango) di Andrea De Logu che parla di San Patrignano. Inquieta e sconvolge che sulle comunità terapeutiche per tossicodipendenti, a parte i già citati e recenti, non si hanno analisi critiche dagli anni ’80, cioè dai due libri di Riccardo D’Este, «Quel ramo del lago di NArco» e «Intorno al Drago» (entrambi editi da 415), oppure si deve andare ancora più indietro per trovare «Gli ostelli dello sciamano» edizioni Senzagabbie. Il mio progetto è scavare in questi meandri per fare analisi del presente, delle politiche, degli sconvolgimenti antropologici. Per farlo chiedo sostegno e contributi a chi vorrà, aiutarmi da diversi punti di vista (medico, giornalistico, letterario, politico). Gli spunti di partenza li ho chiari e ne parlerò con piacere con chi vorrà collaborare. Mi trovate qui oppure qui 388 1973465».
 
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