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Morto Georg Ratzinger, custode dei segreti dei 547 bimbi abusati da preti nel coro di Ratisbona, Diocesi offrì 2.500 € a 72 vittime. Ma per il Vaticano sono scherzi da caserma

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view post Posted on 22/3/2010, 20:12
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Ma le stime sono di 700 abusati e picchiati. Diocesi offre 2.500 € a 72 vittime

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www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo477176.shtml

Abusi, accusati 4 preti e due suore
Nuovi casi di pedofilia a Ratisbona

Il portavoce della diocesi di Ratisbona, Clemens Neck, ha reso noti nuovi casi di pedofilia. Si tratta di quattro preti e due suore, accusati di aver commesso abusi dal 1969 al 1970. Tra le persone molestate ci sarebbero anche due ex "voci bianche" del famoso coro del duomo di Ratisbona, diretto dal 1964 al 1994 dal fratello di Benedetto XVI, Georg. Uno dei sacerdoti era già stato sospeso la settimana scorsa dalle autorità ecclesiastiche.
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Ultimo aggiornamento ore 19:50

www.ilvelino.it/articolo.php?Id=1086493

Abusi, relazione diocesi Ratisbona: Accusati sei religiosi


Roma, 22 mar (Velino) - Sei persone - quattro sacerdoti e due suore - sono accusate di abusi sessuali contro minori, per fatti avvenuti nella diocesi di Ratisbona a metà degli anni ’70 (e uno nel 1984): lo ha riferito il portavoce, Clemens Neck, presentando una relazione intermedia della diocesi sulle inchieste relative ai casi di abuso. “Vogliamo ringraziare tutte le vittime per la fiducia con cui si sono rivolte a noi. Il lavoro degli ultimi 14 giorni ci ha mostrato una grave ingiustizia che ha commesso la Chiesa. Tutta la nostra solidarietà va alle vittime di questi crimini e alle loro famiglie. Siamo profondamente dispiaciuti (...) e chiediamo perdono” si legge in una nota della diocesi. Attualmente, “sette persone hanno riferito accuse nei confronti di sei persone”. Tre dei quattro accusati vivono attualmente fuori dalla diocesi di Ratisbona, e le rispettive diocesi sono state avvisate, riferisce una nota. La maggior parte delle accuse riguardano il collegio di Etterzhausen, che ospitava i ragazzi del coro di Ratisbona, anche se tra le due istituzioni non c’è un legame istituzionale, né amministrativo, né di personale.

Le accuse sono mosse in particolare contro padre Sturmius W., 61 anni, che nei giorni scorsi è stato sospeso “con effetto immediato” dai suoi incarichi pastorali. Il sacerdote operava attualmente nella diocesi di Eichstätt, ma i fatti risalirebbero ai primi anni ’70, quando prestava servizio a Ratisbona, come assistente degli studenti nel collegio. L’incarico di W. Sturmius a Ratisbona terminò nel 1972 anche se all’epoca non c’erano denunce a suo carico. Tra gli imputati per abusi ci sono anche due suore di due ordini diversi, di cui una ancora residente in diocesi.Entrambe soffrono di problemi psichici. Nuove accuse sono emerse - anche a mezzo stampa - verso sacerdoti già condannati: Federico Z., che è stato condannato nel 1958, e George Z., condannato nel 1969. Quest’ultimo è stato per otto mesi direttore del Coro della Cattedrale (Domspatzen Regensburger) nel 1959, anche se non ci sono accuse a suo carico per questo periodo. Gli abusi sarebbero avvenuti a Eslarn e non a Ratisbona.

(ban) 22 mar 2010 12:23

Edited by pincopallino1 - 1/7/2020, 12:55
 
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Ma le stime sono di 700 abusati e picchiati. Diocesi offre 2.500 € a 70 vittime

papa_fratello

www.blitzquotidiano.it/cronaca-euro...l-coro-2354747/

Ratisbona, preti abusarono di almeno 231 bimbi del Coro
Pubblicato il 8 gennaio 2016 19:45 | Ultimo aggiornamento: 9 gennaio 2016 01:32

di redazione Blitz
- See more at: www.blitzquotidiano.it/cronaca-euro...h.hXj4cNFc.dpuf

BERLINO – Oltre duecento bambini del famoso Coro dei Passeri del Duomo di Ratisbona, in Germania, sono stati picchiati o violentati dai preti e dagli insegnanti della diocesi. Gli abusi portati alla luce nel 2010, sarebbero andati avanti per quasi 40 anni, dal 1953 al 1992. Quello che non era noto all’epoca era il numero delle vittime coinvolte nello scandalo. Ulrich Weber, l’avvocato incaricato dall’episcopato e dai responsabili del coro di far luce sulla vicenda, parla di almeno 231 casi, molti di più rispetto a quanto sinora ritenuto. “Le aggressioni di tipo sessuale vanno dalle molestie fino a vere e proprie violenze carnali”, ha spiegato Weber secondo il quale però la dimensione reale delle violenze avvenute potrebbe essere ancora maggiore rispetto a quel che è emerso: “Vigeva un sistema di paura”, ha aggiunto. La sua stima è che almeno un terzo dei 2.100 scolari tra il 1953 e il 1992 abbia subito violenze corporali di vario genere. Il periodo degli abusi risale, in parte, all’epoca in cui il coro era diretto dal fratello di papa Benedetto XVI, Georg Ratzinger, che lo ha guidato dal 1964 al 1993. Nel 2010 Ratzinger si era scusato per le percosse inflitte ai bambini ma aveva precisato di non essere a conoscenza di casi di pedofilia. A febbraio dello scorso anno, la diocesi di Ratisbona aveva comunicato che 72 ex scolari del famoso coro erano stati picchiati con tanta violenza da aver subito lesioni corporali. Ad essi la chiesa aveva offerto un risarcimento economico pari a 2.500 euro ciascuno. - See more at: www.blitzquotidiano.it/cronaca-euro...h.hXj4cNFc.dpuf

Edited by pincopallino2 - 18/7/2017, 13:28
 
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SalMessina
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Sempre saputo...e continua nel nome di Satana!
 
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http://tendenzeonline.info/news/2017/07/18...co-di-ratisbona
Germania, abusi su 547 ragazzi del coro cattolico di Ratisbona


Roma, 18 lug. (askanews) - Almeno 547 ragazzi del celebre coro cattolico tedesco di Ratisbona sono rimasti vittime di maltrattamenti e abusi compiuti tra il 1945 e l'inizio degli anni '90. E' quanto si legge in un nuovo rapporto.

Circa 500 ragazzi del coro di "Regensburger Domspatzen" hanno subito maltrattamenti fisici e 47 sono stati fatti oggetto di aggressioni sessuali e abusi, ha indicato l'avvocato Ulrich Weber, incaricato dalla Chiesa di fare luce su questa vicenda assurta agli onori della cronaca nel 2010.

Il Coro di Ratisbona, di antichissime origini, è stato per circa 30 anni (sino al 1964) diretto da Georg Ratzinger, fratello del Papa Emerito Benedetto XVI.

(fonte afp)

www.quotidiano.net/esteri/coro-ratisbona-1.3278131

Coro di Ratisbona, 547 bambini vittime di violenza. La relazione choc
Più che raddoppiati i casi accertati secondo l'avvocato incaricato di indagare sugli abusi
Pubblicato il 18 luglio 2017
Ultimo aggiornamento: 18 luglio 2017 ore 13:19
L'avvocato Ulrich Weber (Ansa)
L'avvocato Ulrich Weber (Ansa)
2 min
Berlino, 18 luglio 2017 - Oltre 500 bambini vittime di abusi nel luogo che più doveva tutelarli, il coro di una chiesa. E' un numero choc che emerge dalla relazione dell'avvocato Ulrich Weber sui fatti accaduti nel corso di decenni nel coro del Duomo di San Pietro, la più grande chiesa Cattolica di Ratisbona (in Baviera), diretto per trent'anni dal fratello di Papa Ratzinger. Stando al documento divulgato dai media, 500 bambini hanno subito violenze corporali, e 67 anche violenze sessuali. Secondo Weber 49 colpevoli sono stati identificati: sono insegnanti ma anche preti.

La vicenda non è nuova. Se ne parlò nel 2010, quando per la prima volta emerse lo scandalo. Ma le dimensioni del fenomeno erano sconosciute. Poi, un anno e mezzo fa, l'avvocato Weber, incaricato dall'episcopato di indagare sulla vicenda, redasse un primo rapporto in cui si citavano oltre duecento casi di bambini picchiati e violentati. L'ultimo aggiornamento, quello di oggi, fa salire il numero a 547. Più del doppio.

"Le vittime hanno descritto i loro anni di scuola come una prigione, come l'inferno e come un campo di concentramento - si lege nella relazione - Molti si ricordano di quegli anni come il periodo peggiore della sua vita, caratterizzato da paura e violenza". Verranno risarcite con non più di 20.000 euro.

Il coro del Duomo di Ratisbona fu diretto dal fratello del papa emerito Benedetto XVI, Georg Ratzinger, tra il 1964 e il 1994. "Se fossi stato a conoscenza dell'eccesso di violenza utilizzato, avrei fatto qualcosa (...) mi scuso con le vittime", disse Georg Ratzinger in un'intervista del 2010 alla stampa tedesca.
 
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/18...muller/3737282/

Violenze sui bambini del Coro di Ratisbona: il 30ennio di Georg Ratzinger e quella promozione del cardinale Müller
Violenze sui bambini del Coro di Ratisbona: il 30ennio di Georg Ratzinger e quella promozione del cardinale Müller
CRONACA
Il fratello di Benedetto XVI e lo stesso Pontefice emerito sono legati a doppio filo al Regensburger Domspatzen, eccellenza mondiale tra i cori maschili di voci bianche. Padre Georg ne è stato il direttore dal 1964 al '94, ovvero quando sono maturati gli abusi, anche sessuali: ha ammesso di essere a conoscenza degli schiaffi. Determinante, in questa storia, la gestione della diocesi: a dirigerla fino al 2012 è stato il cardinale Gerhard Ludwig Müller, poi nominato al vertice dell'ex Sant'Uffizio dal predecessore di Bergoglio. Quest'ultimo, però, qualche settimana fa lo ha silurato. Su di lui le accuse di non aver contribuito a far emergere la verità sui casi di pedofilia nella Chiesa
di Francesco Antonio Grana | 18 luglio 2017
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Più informazioni su: Jorge Mario Bergoglio, Joseph Ratzinger, Papa Francesco, Pedofilia, Vaticano
Il nome di Ratzinger è legato a doppio filo a quello del coro maschile di voci bianche della cattedrale di Ratisbona. I Regensburger Domspatzen, un’eccellenza conosciuta e apprezzata in tutto il mondo come la Cappella Sistina, sono stati diretti per trent’anni, dal 1964 al 1994, da monsignor Georg Ratzinger, fratello maggiore di Benedetto XVI, oggi 93enne. È proprio durante gran parte di questo lunghissimo periodo che sono avvenuti gli abusi di almeno 547 bambini del coro. Una tegola pesantissima per la famiglia Ratzinger e in particolare per Benedetto XVI che ha attuato con coraggio e determinazione la politica della tolleranza zero nel contrasto della pedofilia del clero. Una piaga che, proprio durante il suo pontificato, è deflagrata in modo impressionante, dall’Irlanda agli Stati Uniti d’America, ma anche in tanti altri Paesi del mondo. E già allora non aveva risparmiato il coro dei “Passeri del Duomo” di Ratisbona come viene chiamato in tutto il mondo.

Era il 2010 e mentre Benedetto XVI cercava di arginare lo scandalo della pedofilia scoppiato proprio durante l’anno sacerdotale da lui indetto, il fratello Georg ammise, tra lo stupore generale, di aver dato qualche volta dei ceffoni ai bambini del suo coro. Ma monsignor Ratzinger non si fermò qui, rivelando anche che dai piccoli aveva saputo che il rettore del convitto nel quale vivevano li picchiava sistematicamente con estrema durezza, imponendo loro anche delle punizioni corporali del tutto immotivate. “Io ero felice a ogni prova del coro – raccontò allora Georg Ratzinger – ma devo ammettere che spesso diventavo depresso, perché non raggiungevamo i risultati che volevo. E all’inizio io ho spesso distribuito schiaffi, anche se poi mi rimordeva la coscienza per averlo fatto”.

Il fratello di Benedetto XVI precisò “di non aver mai picchiato nessun ragazzo fino a procurargli lividi o lesioni. I ragazzi – proseguì il presule – mi hanno raccontato cosa succedeva al convitto. Sapevo che il rettore dava loro schiaffi molto violenti e anche che lo faceva per motivi molto futili”. Ma monsignor Georg si giustificò dicendo che il convitto era un’istituzione indipendente, quindi egli, come maestro del coro, non aveva l’autorità di denunciarlo. E comunque non seppe mai di abusi sessuali. In ogni caso, precisò ancora monsignor Georg, “io fui molto felice, mi sentii sollevato quando nel 1980 furono vietate le punizioni corporali. Anch’io, da piccolo, presi dei ceffoni”.

Determinante nella gestione di quella vicenda, che creò non poco imbarazzo a Benedetto XVI, fu l’azione – che all’epoca sembrò risolutiva – dell’allora vescovo di Ratisbona, monsignor Gerhard Ludwig Müller, che da otto anni, ovvero dal 2002, era stato nominato da Giovanni Paolo II alla guida della diocesi. Due anni più tardi Müller, che intanto aveva già iniziato a curare l’Opera Omnia di Benedetto XVI, fu nominato proprio dal Papa tedesco prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, divenendo così il secondo successore di Ratzinger alla guida del più importante dicastero vaticano. Nel 2014 Francesco, in omaggio a Benedetto XVI lo nominò cardinale. Recentemente, però, al termine del quinquennio di Müller al vertice dell’ex Sant’Uffizio, Bergoglio lo ha licenziato mandandolo in pensione a 69 anni e mezzo, ben cinque anni prima dell’età prevista dal Codice di diritto canonico. A puntare il dito contro il porporato è stata l’ex vittima di abusi sessuali, Marie Collins, nominata da Francesco nella Pontificia Commissione per la tutela dei minori. La donna irlandese, infatti, si è dimessa dal suo incarico accusando Müller di aver ostacolato il lavoro dell’organismo vaticano voluto da Bergoglio per sradicare la pedofilia nella Chiesa. Un’accusa che ora, con il riemergere in modo drammatico degli abusi sui bambini del coro di Ratisbona, si fa ancora più inquietante e apre diversi interrogativi sulla gestione della diocesi tedesca da parte di Müller.

I “Regensburger Domspatzen” sono tra i cori di voci bianche maschili più antichi del mondo. La loro origine risale addirittura alla vigilia dell’anno 1000 ma, secondo alcuni storici, potrebbe essere addirittura di tre secoli più antica. Esso è composto attualmente da una quarantina di bambini che curano l’accompagnamento musicale di tutte le liturgie che si svolgono nella cattedrale di Ratisbona. Durante il periodo in cui partecipano al coro, i ragazzi frequentano l’annesso liceo musicale e così hanno la possibilità di conseguire un titolo spendibile nella loro vita una volta che, cambiata la voce con l’età dello sviluppo, sono costretti a dover abbandonare i “Regensburger Domspatzen”. Ma questa eccellenza musicale conosciuta in tutto il mondo è impegnata anche in numerose tournée internazionali: dall’America Latina all’Africa e all’Asia. Le loro incisioni su cd si sono trasformate negli anni in best seller che hanno scalato le classifiche di musica classica del globo. I “Passeri del Duomo” sono, inoltre, ambasciatori dell’Unicef e ambasciatori culturali d’Europa.

Alla guida del coro di Ratisbona monsignor Ratzinger ha effettuato numerosi concerti in tutto il mondo partecipando anche alle rassegne corali internazionali di musica sacra negli Stati Uniti, in Scandinavia, Canada, Taiwan, Giappone, Irlanda, Polonia, Ungheria, Italia e ovviamente in Vaticano, oltre a esibizioni in Germania e Austria. Furono proprio i “Regensburger Domspatzen” ad accompagnare l’ingresso nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga dell’allora monsignor Joseph Ratzinger, nel 1977. Il 22 ottobre 2005 il coro si esibì nella Cappella Sistina per omaggiare Benedetto XVI, che pochi mesi prima era stato eletto Papa, e il loro storico direttore Georg Ratzinger. “Ascoltandovi – disse il Pontefice tedesco al termine dell’esibizione – mi sono sentito riportato nei miei anni di Ratisbona, tempi belli quando mediante il mio fratello ho potuto integrarmi anch’io un po’ nella famiglia dei ‘Domspatzen’. Alla fine dei trent’anni di lavoro con il vostro coro, egli ha detto: ‘Il buon Dio non avrebbe potuto affidarmi un compito più bello’. Questo non è stato soltanto un ringraziamento personale per una chiamata meravigliosa; è stato al contempo un augurio: che i ‘Domspatzen’ continuino ad essere messaggeri del bello, messaggeri della fede, messaggeri di Dio in questo mondo, e trovino sempre, secondo la loro chiamata principale, il centro della loro attività nel servizio liturgico per la gloria di Dio”.

Twitter: @FrancescoGrana

di Francesco Antonio Grana | 18 luglio 2017

http://www.lastampa.it/2017/07/18/vaticani...fhN/pagina.html

Ratisbona, 547 bambini del coro del Duomo vittime di abusi
Il rapporto finale presentato dall’avvocato Ulrich Weber e divulgato dai media tedeschi: 49 colpevoli sono stati identificati. George Ratzinger, fratello di Benedetto XVI, fu direttore dell'ensemble per trent'anni. Il legale: «Lui sapeva e ha chiuso gli occhi»
ANSA
Germania, 547 bambini del coro del Duomo di Ratisbona vittime di abusi

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Pubblicato il 18/07/2017
Ultima modifica il 18/07/2017 alle ore 20:16
SALVATORE CERNUZIO
CITTÀ DEL VATICANO
Violenze corporali, dagli schiaffi alle punizioni fisiche. E violenze sessuali, dalle carezze agli stupri. Circa 547 bambini del coro del Duomo di Ratisbona, diretto per 30 anni dal fratello del Papa emerito, George Ratzinger, ne sono state vittime nel corso di quattro decenni. Lo sconcertante risultato emerge dal rapporto finale presentato dall’avvocato Ulrich Weber, incaricato nel 2016 dalla diocesi tedesca di far luce su questa drammatica vicenda gravata per anni sui piccoli membri del coro Regensburger Domsplatzen, meglio conosciuti come i “Passeri del Duomo”.

Weber aveva denunciato lo scorso anno che tra il 1953 e il 1992, circa un terzo degli alunni del coro e della scuola adiacente subirono una qualche forma di violenza fisica, citando anche fatti come percosse, maltrattamenti, privazione di cibo o aggressioni carnali. Decine di vittime erano state ascoltato dall’avvocato, come pure i responsabili dell’istituzione, e tutti utilizzavano le medesime parole per denunciare il clima interno: «Una prigione», «un inferno», «un campo di concentramento».

Sarebbero oltre 500 i bambini del coro di Ratisbona vittime di violenze

ANSA

In un primo momento l’indagine parlava di 231 casi di maltrattamenti: 40 minorenni erano stati stuprati, come dichiarava l'avvocato al quotidiano Bbc Mundo. Una cinquantina di bambini avevano fatto pure i nomi di dieci responsabili del coro, la maggior parte dei quali già morti. I reati tuttavia erano caduti in prescrizione, quindi non sarebbero comunque stati condannati. Il rapporto finale evidenzia ora un numero di vittime duplicato e conferma che 49 colpevoli sono stati identificati.

Nel 2010 gli abusi nel coro erano stati ammessi dall’allora vescovo di Ratisbona il cardinale Gerhard Ludwig Müller, fino al 1° luglio scorso prefetto della Congregazione per la Dottrina delle Fede, accusato peraltro da Marie Collins, membro dimissionario della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori e vittima lei stessa di abusi in passato, di aver fatto poco per la lotta alla pedofilia in Vaticano, anzi, a volte di aver intralciato il lavoro del team istituito da Papa Francesco. Ed anche su questa vicenda Müller era stato accusato di mala gestione, nonostante sette anni fa avesse ammesso pubblicamente i crimini. Con una precisazione: che gli episodi di violenza non coincidevano con il periodo dell’incarico del maestro Ratzinger, direttore dell’ensemble dal 1964 al 1993.

Da parte sua, monsignor Georg precisava di non essere a conoscenza di episodi di violenza sessuale, anche se, in una intervista al quotidiano conservatore bavarese “Passauer Neue Presse”, dichiarava che alcuni ragazzi gli avevano raccontato certi strani episodi che avvenivano nella scuola di preparazione che, tuttavia, non lo avevano indotto a pensare di dover intervenire in qualche modo: «Se fossi stato a conoscenza dell’eccesso di violenza utilizzato, avrei fatto qualcosa».

Ratzinger chiedeva comunque perdono per aver dato qualche schiaffo o “tirata d’orecchio” ai ragazzi negli anni ’70, quando si usava - anche nelle scuole - dare qualche ceffone agli allievi in quanto funzionale a ottenere «disciplina e rigore», requisiti necessari «per raggiungere un livello musicale e artistico superiore». Anche lui stesso diceva di averne ricevuto qualcuno da piccolo. Assicurava poi di non aver mai provocato lividi o lesioni a nessuno e confidava di essere stato «sollevato» quando le punizioni fisiche vennero vietate dalla legge all’inizio degli Anni 80.

Weber aveva messo in discussione le dichiarazioni del fratello di Benedetto XVI: «Secondo, me non dice tutta la verità», affermava. Oggi nella conferenza stampa di presentazione del report gli attribuisce delle «corresponsabilità», perché - ha detto - «ha fatto finta di non vedere, o comunque ha mancato di intervenire».

In ogni caso non è Georg Ratzinger il principale accusato della vicenda. Nel rapporto viene indicato il nome di Johan Meier, direttore della scuola adiacente al coro (del cui consiglio di sovrintendenza era membro anche Ratzinger) tra il 1953 e il 1992, morto poco dopo il pensionamento in circostanze tuttora misteriose. Nell’indagine risulta che sia stato Meier il principale responsabile delle molestie. Testimoni riferivano di sgabelli lanciati contro i suoi allievi - una volta ne aveva rotto uno sulla spalla di un bambino - o dell’abitudine a portare due o tre bambini, solitamente tra gli 8 e i 9 anni, nella sua stanza per offrirgli dell’alcol e poi punirli. Un sistema dal quale traeva piacere sessuale.

Alle vittime la diocesi di Ratisbona - che lo scorso anno ammetteva in un comunicato che 72 ex allievi del famoso coro erano stati picchiati con tanta violenza da aver subito lesioni corporali - ha offerto un risarcimento economico pari a 2550 euro ciascuno. Il portavoce diocesano Clemens Neck assicurava la piena collaborazione con l’avvocato Weber, i cui colloqui con le vittime erano di vitale importanza. Ribadiva inoltre che il lavoro di indagine sarebbe proseguito in maniera autonoma e che sarebbe stato decisivo solo il rapporto finale. Quello pubblicato oggi che mostra il volto più orribile del coro che, con oltre mille anni di storia, è probabilmente il più antico del mondo.
 
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Germania. La Chiesa: «Punizioni violente per più di 500 bambini del coro di Ratisbona»
Redazione Esteri martedì 18 luglio 2017
Le denunce nel 2010, oggi il rapporto: dal 1945 al 1990 era come «una prigione». La diocesi risarcirà. In «67 subirono anche abusi sessuali». L'avvocato: «Georg Ratzinger chiuse gli occhi».
L'avvocato Ulrich Weber ieri mentre presenta il rapporto sul coro della cattedrale di Ratisbona (Ansa)
L'avvocato Ulrich Weber ieri mentre presenta il rapporto sul coro della cattedrale di Ratisbona (Ansa)

Almeno 547 bambini membri del coro maschile del Cattedrale di Ratisbona sono stati vittime di abusi fisici e psicologici tra il 1945 e i primi anni '90. Fra loro 67 subirono abusi sessuali. È quanto si legge nel rapporto finale sullo scandalo che ha investito il Regensburg Domspatzen, il famoso coro della cattedrale cattolica della città tedesca, a partire dalle prime denunce del 2010.

Il rapporto: quella scuola era come un lager
Nel presentare il rapporto Ulrich Weber, l'avvocato incaricato dalla Chiesa di far luce sulla vicenda e che ha guidato l'inchiesta, ha detto che le vittime hanno subito abusi da parte di preti ed insegnanti della scuola che veniva descritta come «una prigione, un inferno ed un campo di concentramento». Secondo Weber, molte delle vittime intervistate per il rapporto hanno descritto gli anni trascorsi nel coro «come i peggiori della loro vita, caratterizzati da paura, violenza e mancanza di aiuto». Lo scandalo aveva sollevato negli anni scorsi molto interesse a livello internazionale dal momento che il fratello di Benedetto XVI, Georg Ratzinger, è stato il direttore del coro dei "Passeri del Duomo", tra il 1964 e il 1994.

Il logo del Regensburg Domspatzen, il coro della cattedrale di Ratisbona (Ansa)
Il logo del Regensburg Domspatzen, il coro della cattedrale di Ratisbona (Ansa)


Dopo le denunce degli anni scorsi, la diocesi ha iniziato a cooperare con l'inchiesta sugli abusi lo scorso anno e dovrà pagare un indennizzo di 20mila euro a ciascuna vittima, in maggioranza, alunni della terza e quarta elementare. Subito dopo le prime denunce sette anni fa, Georg Ratzinger chiese scusa affermando però di essere stato all'oscuro di quei fatti: «Se avessi saputo degli eccessi di violenza che avvenivano, avrei fatto qualcosa. Chiedo perdono alle vittime» disse in un'intervista alla stampa tedesca, ammettendo comunque di aver anche lui dato qualche schiaffo durante i primi anni da direttore.

«Georg Ratzinger non prese misure a riguardo»
Nella conferenza stampa l'avvocato Weber ha attribuito a Georg Ratzinger la responsabilità di «aver chiuso gli occhi e non aver preso misure a riguardo». I principali responsabili delle violenze e degli abusi sono stati individuati nel direttore della scuola e nel suo vice, ma nel rapporto si punta il dito contro una «cultura del silenzio» che ha spinto molti della gerarchia ecclesiastica a tacere sulle aggressioni nei confronti dei minori per difendere il nome dell'istituzione. Nel rapporto viene poi criticato il modo in cui il cardinale Gerhard Ludwig Müller, che era vescovo di Ratisbona nel 2010, ha gestito la vicenda subito dopo le prime denunce, criticando in particolare il fatto di non aver cercato il dialogo con le vittime.
 
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view post Posted on 19/7/2017, 16:26
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Coro Ratisbona, parla Adinolfi: "Storia torbida. L'intenzione è sporcare anche Benedetto XVI"

adinolfi


http://www.intelligonews.it/le-interviste-...-benedetto-xvi/

"E' evidentemente una storia torbida", spiega Mario Adinolfi sulla vicenda del Coro di Ratisbona a IntelligoNews. Parliamo con lui del rapporto finale dell'avvocato U. Weber in cui vengono analizzate le violenze a 547 vittime tra il 1945 e il 1990. Le aggressioni sarebbero state perpetuate nei confronti di minorenni e l'accusa è quella di un silenzio complice degli uomini di Chiesa. Inoltre Georg Ratzinger, il fratello di Benedetto XVI, ha diretto il coro per quasi trent'anni e oggi viene accusato di "aver chiuso gli occhi e non aver preso misure a riguardo". Cresce un sentimento di rabbia, i numeri questa volta sono decisamente alti.

Coro Ratisbona, parla Adinolfi: 'Storia torbida. L'intenzione è sporcare anche Benedetto XVI' Si parla di più di 500 vittime di violenza. E' inutile parlare adesso che si è ancora in una fase di indagine?
"Bisogna capire bene i contorni, la vicenda, i numeri sono talmente alti che si può pensare anche ad un'enfatizzazione, bisogna aspettare e leggere i fatti, leggere bene le carte dell'inchiesta e cercare di capire meglio, non vorrei che si facessero commenti dettati da un'ondata emotiva".

Per 30 anni ha diretto il coro di Ratisbona proprio il fratello di papa Ratzinger. Georg si è scusato con le vittime e ha ammesso che se avesse saputo avrebbe denunciato subito il fatto. Secondo lei stanno gettando fango su di lui?
"Beh, il tentativo è certamente quello: sporcare l'immagine di Georg e di riflesso anche di Papa Benedetto, sicuramente c'è questa intenzione. Credo assolutamente alle parole di Georg, se avesse avuto conoscenza dei fatti avrebbe sicuramente denunciato. D'altronde non c'era interesse di nessuno a coprire un'evidenza del genere, se non da parte di eventuali cospiratori, ma non potendo annoverare decisamene Georg tra costoro, credo assolutamente alle sue parole".

A chi accusa Georg di non aver preso misure e a chi accusa il silenzio complice della Chiesa cosa vuole rispondere?
"Direi di leggere bene le carte e di sviscerare con attenzione i fatti legati a una storia delicata come questa. E' necessario mettere in luce alcuni punti prima di indicare sommariamente dei colpevoli che potrebbero essere totalmente innocenti".

Ratzinger in occasione del funerale di Meisner ha parlato di una crisi della Chiesa. Secondo lei non è una strana coincidenza che proprio adesso colpiscano suo fratello Georg?
"Sì c'è qualcosa che non funziona, qualcosa che non va, è evidentemente una storia torbida. Le intenzioni sono quelle di arrivare a Benedetto XVI, questo credo sia qualcosa da leggere tra le righe in maniera molto evidente. Ovviamente poi i fatti vanno accertati, vanno comprese davvero le dimensioni di questo fenomeno: se fosse realmente della portata che viene indicata dalla stampa di oggi, si tratterebbe sicuramente di un fatto tragico".
 
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http://www.ilmessaggero.it/primopiano/este...se-2573173.html

Abusi sui bambini del coro di Ratisbona, il cardinale Muller: «Contro di me false accuse»

«Ho iniziato di persona il processo di investigazione, nei miei due ultimi anni di episcopato a Ratisbona, tra il 2010 - quando per la prima volta la Diocesi è venuta a conoscenza di questi avvenimenti - e il 2012. Prima non ne avevamo saputo nulla». Lo ha detto il cardinale Gerhard Ludwig Muller, prefetto fino a pochi giorni fa della Congregazione per la dottrina della fede e in precedenza, tra 2002 e 2012, vescovo di Ratisbona, in un'intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, in merito al caso di abusi e violenze subite da oltre 500 bambini del Coro del Duomo di Ratisbona.

Oltre alle 400 pagine del rapporto stilato dall'avvocato Ulrich Weber, il cardinale ha affermato che «è importante leggere anche la nostra cronologia degli avvenimenti pubblicata dal 2010 in avanti sul sito della Diocesi e dalla quale emerge chiaramente che da quella data è stato fatto tutto il possibile, sulla base dei fatti conosciuti». «Era l'unica strada per la diocesi - ha spiegato il card. Muller -. Sono stati impiegati tanti mezzi finanziari e pagate diverse persone per dare giustizia alle vittime, nonostante il tanto tempo trascorso. Ho istituito un'equipe di esperti e ho dato la possibilità a tutte le vittime fino ad allora sconosciute di rivolgersi a loro. Purtroppo non possiamo fare processi ai morti, ma ciò che era possibile fare, sul piano sia giuridico che pastorale, la diocesi lo ha fatto, e così come lo fa oggi».

Quanto ai numeri enormi di abusi documentati nel rapporto Weber, il card. Muller ha spiegato che «adesso abbiamo il numero complessivo, che fa sembrare che si tratti di un unico avvenimento. Invece tutto è avvenuto in un arco di tempo di 70 anni». Il cardinale ha ricordato anche che già nel 1958 un sacerdote della scuola dei “passeri” di Ratisbona venne processato e condannato per pedofilia dalla giustizia civile. Un altro caso di abusi risale ad inizio anni settanta: a commetterli fu un assistente laico della scuola che dopo alcuni anni fu ordinato sacerdote. Di lui si seppe nel 2010, e fu il card. Muller a fare avviare il processo canonico a suo carico. «I responsabili di abusi - ha proseguito Muller - sono relativamente pochi. E diversi di loro sono morti».

Quanto al fatto che lo scandalo, risalente al periodo tra '45 e '92, sia pienamente venuto alla luce soltanto nel 2010, il cardinale ha ribadito che la scuola primaria dove studiavano i piccoli cantori del famoso coro del Duomo «era un'istituzione molto chiusa, nessuno poteva entrare. L'ho imparato io stesso quando divenni vescovo a Ratisbona. Può darsi che ci fossero voci, ma non erano arrivate alla diocesi». E la scuola è «istituzionalmente indipendente dalla diocesi di Ratisbona, come Fondazione di diritto statale», ha sottolineato il porporato. In merito alle accuse di avere sì ammesso i fatti, nel 2010, ma senza agevolarne come vescovo di Ratisbona l'accertamento, ha concluso il card. Muller «è tutto documentato, il processo di investigazione l'ho iniziato io. Queste accuse esistono ma sono false» aggiungendo che quando investigazioni di questo genere si faranno presso tutte le istituzioni scolastiche, non solo quelle della Chiesa, la verità non sarà facile da sopportare, dato che «solo in Germania, per 80 milioni di abitanti, abbiamo ogni anno 16.000 processi per pedofilia».
Giovedì 20 Luglio 2017 - Ultimo aggiornamento: 12:27
 
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L'Osservatore Romano fa la vittima della persecuzione mediatica. Senza spiegare perché allevano criminali in serie

coro-ratisbona-ratzinger-1
Coro coi due Ratzinger

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/2...aserma/3752613/


Preti pedofili, per l’Osservatore Romano le violenze di Ratisbona sono cose da caserma
di Marco Marzano | 25 luglio 2017

L’autorevole organo ufficiale della Santa Sede è intervenuto, con un commento significativamente intitolato “Due pesi e due misure”, sui fatti di Ratisbona, lamentando l’eccessiva durezza con la quale i media (e in particolare il mio pezzo sul Fatto Quotidiano di venerdì scorso) tratterebbero gli scandali della Chiesa Cattolica. Nelle caserme, si legge nell’articolo, si commettono crimini analoghi e nessuno pare indignarsi. Quando invece il problema riguarda la Chiesa Cattolica, come per i fatti di Ratisbona, la pietà per l’istituzione sarebbe accantonata e la crudeltà giornalistica esaltata. E poi, a Ratisbona, puntualizza L’Osservatore Romano, si sarebbe trattato soprattutto di “interventi maneschi” (547 casi accertati) più che di abusi sessuali (67 casi). I primi sarebbero, per l’Osservatore Romano, bontà sua, “deprecabili”, “ma certo meno gravi degli stupri”.

Consiglio ai giornalisti dell’autorevole testata di leggere meglio il rapporto dell’avvocato Weber: vi troveranno, oltre a quella dei tanti abusi sessuali, la descrizione di ragazzini delle elementari tempestati di pugni sul volto o costretti a ingoiare il proprio vomito o picchiati selvaggiamente con bastoni e mazze, infilati sotto docce bollenti o gelidi e tante altre azioni del genere. Non di simpatici buffetti o di “interventi maneschi” si è trattato dunque, ma di torture da lager compiute su bambini terrorizzati e impotenti. I crimini non si commettono solo a letto, se c’è di mezzo il sesso, come forse pensa qualche perbenista.

La gravità dei fatti di Ratisbona, nel merito solo rapidamente accennati nell’articolo senza pronunciare una sola parola di vicinanza alle vittime, sarebbe stata esagerata ad arte da inveterati nemici della Chiesa, che avrebbero approfittato dell’occasione per sparare contro il loro bersaglio prediletto, secondo una consumata abitudine a criminalizzare il cattolicesimo.

L’Osservatore Romano ha insomma scelto la linea del vittimismo, dell’ingiusta persecuzione. Lo dico di nuovo con chiarezza: se questa rimarrà la linea vaticana, la Chiesa andrà incontro a grossi guai. Piangersi addosso potrà sortire l’effetto di compattare i fedelissimi più tradizionalisti, i credenti meno maturi, quelli per i quali ogni critica alla Chiesa Cattolica equivale ad un atto di lesa maestà, ma non impedirà che sull’istituzione si riversi un’immensa quantità di discredito e di disaffezione popolare, come è avvenuto ad esempio in Irlanda, dove una Chiesa un tempo potentissima è oggi ridotta al lumicino anche in ragione degli scandali legati alla pedofilia. E poi quale credibilità può provenire dalla posizione puerile di chi, accusato di una colpa grave, si lamenta del fatto che un altro non abbia subito la stessa sorte? Chi può credere che la più antica, ricca e potente istituzione religiosa dell’Occidente sia una creatura ingiustamente maltrattata, debole e bisognosa di protezione? E infine chi non comprende che se si dà il risalto che meritano a notizie come quelle di Ratisbona si incoraggiano altre vittime a venire finalmente allo scoperto, a denunciare gli aguzzini?

La verità è che la Chiesa Cattolica ha alle sue spalle una vicenda millenaria che, al pari di ogni altra storia umana, ha prodotto azioni magnifiche ed edificanti e crimini orrendi. La pedofilia è uno di questi ultimi. Per capire da dove essa provenga, per comprendere come sia stato possibile che a Ratisbona, e in altri luoghi simili, vi fosse un’enorme concentrazione di sadici e perché nessuno li abbia fermati e denunciati, perché cioè la violenza, anche sessuale, e l’abuso siano diventati, lì e altrove, sistema, cultura condivisa, per far luce su tutto questo è necessario avviare una spietata indagine autocritica, è indispensabile incominciare davvero a riflettere, senza paure, sulla mostruosità di quei gesti e sulla ragione per la quale sono stati compiuti proprio lì e proprio da preti e casomai sollecitare l’emersione di nuovi casi, mettere in moto un gigantesco processo di pulizia morale e spirituale che deve inevitabilmente riguardare anche il passato: un’azione terrificante e spaventosa, me ne rendo conto, per un’istituzione poco incline al cambiamento e agli esami di coscienza collettivi come la Chiesa Cattolica e però anche l’unico modo per combattere lo “spirito di Ratisbona”, ovvero il sentimento di onnipotenza, il percepirsi come creature autorizzate a fare di tutto, ad usare e abusare del prossimo trattandolo come un mero strumento per il proprio piacere, a governare i corpi e le coscienze con la brutalità, l’inganno e l’arbitrio, senza riconoscere l’umanità e la sofferenza dei deboli e degli indifesi e senza la capacità di ammettere le proprie responsabilità, di riconoscersi colpevoli, di fare autocritica.

In ogni caso, invocare brutture analoghe commesse altrove, ad esempio nelle caserme, non aiuta e rappresenta un penoso tentativo di distogliere l’attenzione dal problema, di far concentrare il pubblico sul dito che la indica e non sulla luna. E’ chiaro che verso le illegalità commesse nelle caserme in un regime democratico bisogna usare, anche da parte della stampa, un’inflessibile severità, ma va anche ricordato che le chiese non sono eserciti (e non solo perché nei primi sono assenti le vittime più deboli, cioè i bambini): esse, soprattutto ai giorni nostri, nel clima di libertà nel quale per fortuna viviamo, prosperano se le persone si convincono che al loro interno soffia un vento di autenticità, di bellezza e di amore. Esattamente il contrario di quello, lugubre, criminale e malvagio, che spirava a Ratisbona e in tanti altri luoghi simili, quelli che abbiamo già scoperto e quelli che probabilmente verremo a conoscere presto (perché di storie come queste rimaste nell’ombra ce ne sono ancora tante). Non capirlo significa lanciarsi verso il precipizio senza paracadute.

www.osservatoreromano.va/it/news/due-pesi-e-due-misure

Due pesi
e due misure
· ​I media e il caso di Ratisbona ·
21 luglio 2017
Giorni fa sul «Corriere della Sera» è stata ricostruita con un certo rilievo la storia di un uomo che raccontava di avere subito all’inizio degli anni ottanta in una caserma romana violenze e stupri. Così pesanti da ridurlo per lungo tempo privo di sensi. Nonostante la gravità del caso e la difficile ripresa fisica e psichica, la vittima era stata invitata dai superiori militari a tacere, per non infangare il buon nome dell’esercito. E aveva obbedito, disperando di essere ascoltata.



All’articolo non ha fatto seguito alcuna indignazione collettiva, nessuna richiesta di denuncia degli stupratori né di reprimenda all’esercito con conseguente apertura di indagine sul caso, notoriamente non isolato, ma parte di una deplorevole ma inveterata abitudine di praticare violenze e umiliazioni nel corso dei rituali di iniziazione. Fatti simili sono accaduti, ed esiste fondato timore che accadano ancora, in altre istituzioni “forti”, persino accademiche, come per esempio nei più celebri collegi inglesi, ma anche in scuole d’élite italiane. Proprio quei riti di iniziazione perversi che un commento del «Fatto Quotidiano» attribuisce invece ai seminari, liquidati nientemeno che come fabbriche di pedofili.

Ben diversa è stata l’attenzione che i media hanno rivolto alla triste vicenda dei piccoli cantori di Ratisbona: ampio spazio e titoli che, denunciando 547 casi di violenze, hanno spesso lasciato intendere che si sia trattato di quasi seicento stupri, mentre i casi di abusi sessuali nell’arco di quasi mezzo secolo sono stati 67. E bisognava approfondire per capire che sono stati soprattutto deprecabili interventi maneschi — ma certo meno gravi degli stupri — da parte di docenti, peraltro non di rado sadici. E soprattutto per capire che non era uno scoop, ma il risultato di una rigorosa indagine voluta dal vescovo della diocesi, quindi dalla Chiesa stessa, decisa ad andare a fondo di voci e denunce su questo scandalo.

Nessuno dubita che si tratta di atti ignobili e vergognosi, che dovevano essere puniti e soprattutto prevenuti, ma colpisce il livello di manipolazione mediatica del caso, e soprattutto la percezione diversa che l’opinione pubblica ha di episodi simili: da una parte tolleranza verso la vita militare e gli eccessi di un nonnismo che degenera in violenza, dall’altra estrema severità verso l’istituzione ecclesiastica.

Del resto, l’abitudine a indicare la Chiesa cattolica come fonte di tutti i mali fa ormai parte dell’esperienza quotidiana e prepara l’opinione pubblica a considerare questo normale. Un recente esempio italiano: sulla televisione pubblica, in prima serata, un programma ha presentato il caso di una famiglia composta da due mamme con quattro bambini dai tre ai dieci anni. L’intervistatore pronto ad accogliere con evidente compiacimento ogni aspetto positivo — la coppia viveva immersa in una perfetta felicità e i bambini erano allegri e buonissimi — e con palese dolore quelli negativi, cioè che le due donne in Italia non possono considerare i quattro bambini come figli di entrambe, anche se ripetevano accoratamente che si trattava in realtà di fratelli. E di chi la colpa di questa evidente ingiustizia? Del Vaticano, ovviamente. Il fatto che si tratta di una legge dello stato italiano e che vi siano anche molti laici contrari al riconoscimento legale delle famiglie omosessuali era abilmente dimenticato: più facile, e da gran parte del pubblico presumibilmente condiviso, il vecchio trucco di dare la colpa di tutto alla Chiesa.

Certo, lo sappiamo bene, la Chiesa è un’istituzione speciale, e a essa viene giustamente richiesta un’esemplarità assoluta, ma questo ricorso costante a due pesi e due misure nel giudicare i suoi comportamenti e nell’attribuire responsabilità non giova a nessuno. Non giova alla chiarezza delle questioni, e non giova soprattutto quando si tenta di eliminare ingiustizie, di punire i colpevoli di violenze, di impedire che queste si ripetano.

di Lucetta Scaraffia

http://www.cinquantamila.it/storyTellerThr...ARAFFIA+Lucetta
Biografia di Lucetta Scaraffia

da Paolo Paiusco
• (Lucia) Torino 23 giugno 1948. Storico. Insegna all’Università La Sapienza di Roma. È membro del Comitato nazionale per la bioetica. Scrive sull’Osservatore romano.
• Cattolica, studiosa delle donne, soprattutto sotto la specie religiosa (Santa Rita, Francesca Cabrini). Ha curato con Eugenia Roccella il volume Italiane, 247 ritratti femminili (Poligrafico, 2004). Altri libri, più di recente: Due in una carne. Chiesa e sessualità, con Margherita Pelaja (Laterza 2008), Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati, con Eraldo Affinati (Lindau 2012), Per una storia dell’eugenetica. Il pericolo delle buone intenzioni (Morcelliana 2013).
• Sorella di Giuseppe Scaraffia, moglie di Ernesto Galli Della Loggia.
• Un primo matrimonio, con un compagno di università della Statale di Milano, dichiarato nullo dal Tribunale del vicariato di Roma: «“Mi sposai in chiesa solo per accontentare mia madre. Era il 1971. A celebrare le nozze fu il cappellano di San Vittore”. Nel 1982 ebbe una figlia con lo storico Gabriele Ranzato, anch’egli reduce da un matrimonio fallito» (a Stefano Lorenzetto) [Pan 1/9/2009].
• Già vicepresidente di Scienza e Vita (associazione in cui milita tra l’altro la senatrice teodem Paola Binetti); nel 2008 si candidò a Roma con una lista civica pro Rutelli (non eletta). «Non sono una ex femminista, ma una femminista che si batte da tempo contro “il pensiero unico femminista”».
• Un suo articolo sull’Osservatore romano del 3 settembre 2008 proponeva (implicitamente) di riconsiderare la possibilità di definire la morte in base all’arresto cardiocircolatorio (come si faceva prima del 1968) invece che in base all’encefalogramma piatto, come avviene dopo il rapporto di Harvard (1968). Una decisione di questo genere avrebbe conseguenze enormi, per esempio, sulla disciplina dei trapianti e sulle decisioni relative agli interventi di eutanasia o di non accanimento terapeutico (vedi anche Eluana Englaro e Mina Welby). Dopo l’uscita dell’articolo, la Santa sede precisò che non rappresentava l’attuale punto di vista della Chiesa (che accetta il rapporto di Harvard).
• «M’ero limitata a recensire due libri sul fine vita. L’Unità è arrivata a sostenere che per colpa mia sono morti alcuni pazienti in attesa di trapianto. Persino The Economist e Le Monde hanno riconosciuto che ho posto un problema reale, che la discussione su questo tema spinoso è aperta in tutto il mondo. Solo in Italia sembra proibito parlarne» (a Lorenzetto, cit.). «Le polemiche divamparono. Molte vennero dai più autorevoli esponenti del mondo cattolico. Ma qui occorre dire una cosa: anche se l’articolo portò il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, a precisare che non si trattava di “un atto del magistero della chiesa né un documento di un organismo pontificio” e che le riflessioni ivi espresse erano “ascrivibili all’autrice del testo e non impegnano la Santa Sede”, probabilmente quella volta il pensiero espresso dalla Scaraffia non era tanto lontano da ciò che pensa Joseph Ratzinger in merito» (Paolo Rodari) [Fog 13/2/2010].
• Ammette di sentirsi poco a suo agio nell’Italia di oggi, e di trovare i giovani sempre più incolti e smarriti: «L’altro giorno citavo un passo della Divina commedia. Alza la mano un ragazza: “Professoressa, mi può ripetere titolo e autore?”. Io, pronta a tutto, ripeto. E lei: “Mi può ricordare per favore la trama?”. Lo spreco della gioventù è tristissimo» (a Lorenzetto, cit.).
GIORGIO DELL’ARTI, scheda aggiornata al 19 agosto 2014
 
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https://www.ilriformista.it/e-morto-georg-...tto-xvi-124729/

Redazione — 1 Luglio 2020
È morto Georg Ratzinger, fratello del Papa emerito Benedetto XVI

Un grave lutto ha colpito il Papa emerito Benedetto XVI. È morto nelle scorse ore all’età di 96 anni il fratello Georg Ratzinger, che l’ex Pontefice tedesco era andato a visitare lo scorso 25 giugno a Ratisbona, accompagnato dal suo segretario, monsignor Georg Gaenswein, dal medico, un infermiere, una delle memores domini che se ne prendono cura e dal vice comandante del Corpo della Gendarmeria.

Il 22 giugno scorso Ratzinger era rientrato quindi a Roma e poi in Vaticano dopo la visita al fratello, gravemente malato. I sei giorni trascorsi da Benedetto XVI a Ratisbona sono stati i primi del Papa emerito fuori dall’Italia dal 2013, quando il Pontefice diede le “dimissioni”.
 
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Diocesi offrì 2.500 € a 72 vittime. Ma per il Vaticano sono scherzi da caserma

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Redazione — 1 Luglio 2020
È morto Georg Ratzinger, fratello del Papa emerito Benedetto XVI

Un grave lutto ha colpito il Papa emerito Benedetto XVI. È morto nelle scorse ore all’età di 96 anni il fratello Georg Ratzinger, che l’ex Pontefice tedesco era andato a visitare lo scorso 25 giugno a Ratisbona, accompagnato dal suo segretario, monsignor Georg Gaenswein, dal medico, un infermiere, una delle memores domini che se ne prendono cura e dal vice comandante del Corpo della Gendarmeria.

Il 22 giugno scorso Ratzinger era rientrato quindi a Roma e poi in Vaticano dopo la visita al fratello, gravemente malato. I sei giorni trascorsi da Benedetto XVI a Ratisbona sono stati i primi del Papa emerito fuori dall’Italia dal 2013, quando il Pontefice diede le “dimissioni”.



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Preti pedofili, per l’Osservatore Romano le violenze di Ratisbona sono cose da caserma
di Marco Marzano | 25 luglio 2017

L’autorevole organo ufficiale della Santa Sede è intervenuto, con un commento significativamente intitolato “Due pesi e due misure”, sui fatti di Ratisbona, lamentando l’eccessiva durezza con la quale i media (e in particolare il mio pezzo sul Fatto Quotidiano di venerdì scorso) tratterebbero gli scandali della Chiesa Cattolica. Nelle caserme, si legge nell’articolo, si commettono crimini analoghi e nessuno pare indignarsi. Quando invece il problema riguarda la Chiesa Cattolica, come per i fatti di Ratisbona, la pietà per l’istituzione sarebbe accantonata e la crudeltà giornalistica esaltata. E poi, a Ratisbona, puntualizza L’Osservatore Romano, si sarebbe trattato soprattutto di “interventi maneschi” (547 casi accertati) più che di abusi sessuali (67 casi). I primi sarebbero, per l’Osservatore Romano, bontà sua, “deprecabili”, “ma certo meno gravi degli stupri”.

Consiglio ai giornalisti dell’autorevole testata di leggere meglio il rapporto dell’avvocato Weber: vi troveranno, oltre a quella dei tanti abusi sessuali, la descrizione di ragazzini delle elementari tempestati di pugni sul volto o costretti a ingoiare il proprio vomito o picchiati selvaggiamente con bastoni e mazze, infilati sotto docce bollenti o gelidi e tante altre azioni del genere. Non di simpatici buffetti o di “interventi maneschi” si è trattato dunque, ma di torture da lager compiute su bambini terrorizzati e impotenti. I crimini non si commettono solo a letto, se c’è di mezzo il sesso, come forse pensa qualche perbenista.

La gravità dei fatti di Ratisbona, nel merito solo rapidamente accennati nell’articolo senza pronunciare una sola parola di vicinanza alle vittime, sarebbe stata esagerata ad arte da inveterati nemici della Chiesa, che avrebbero approfittato dell’occasione per sparare contro il loro bersaglio prediletto, secondo una consumata abitudine a criminalizzare il cattolicesimo.

L’Osservatore Romano ha insomma scelto la linea del vittimismo, dell’ingiusta persecuzione. Lo dico di nuovo con chiarezza: se questa rimarrà la linea vaticana, la Chiesa andrà incontro a grossi guai. Piangersi addosso potrà sortire l’effetto di compattare i fedelissimi più tradizionalisti, i credenti meno maturi, quelli per i quali ogni critica alla Chiesa Cattolica equivale ad un atto di lesa maestà, ma non impedirà che sull’istituzione si riversi un’immensa quantità di discredito e di disaffezione popolare, come è avvenuto ad esempio in Irlanda, dove una Chiesa un tempo potentissima è oggi ridotta al lumicino anche in ragione degli scandali legati alla pedofilia. E poi quale credibilità può provenire dalla posizione puerile di chi, accusato di una colpa grave, si lamenta del fatto che un altro non abbia subito la stessa sorte? Chi può credere che la più antica, ricca e potente istituzione religiosa dell’Occidente sia una creatura ingiustamente maltrattata, debole e bisognosa di protezione? E infine chi non comprende che se si dà il risalto che meritano a notizie come quelle di Ratisbona si incoraggiano altre vittime a venire finalmente allo scoperto, a denunciare gli aguzzini?

La verità è che la Chiesa Cattolica ha alle sue spalle una vicenda millenaria che, al pari di ogni altra storia umana, ha prodotto azioni magnifiche ed edificanti e crimini orrendi. La pedofilia è uno di questi ultimi. Per capire da dove essa provenga, per comprendere come sia stato possibile che a Ratisbona, e in altri luoghi simili, vi fosse un’enorme concentrazione di sadici e perché nessuno li abbia fermati e denunciati, perché cioè la violenza, anche sessuale, e l’abuso siano diventati, lì e altrove, sistema, cultura condivisa, per far luce su tutto questo è necessario avviare una spietata indagine autocritica, è indispensabile incominciare davvero a riflettere, senza paure, sulla mostruosità di quei gesti e sulla ragione per la quale sono stati compiuti proprio lì e proprio da preti e casomai sollecitare l’emersione di nuovi casi, mettere in moto un gigantesco processo di pulizia morale e spirituale che deve inevitabilmente riguardare anche il passato: un’azione terrificante e spaventosa, me ne rendo conto, per un’istituzione poco incline al cambiamento e agli esami di coscienza collettivi come la Chiesa Cattolica e però anche l’unico modo per combattere lo “spirito di Ratisbona”, ovvero il sentimento di onnipotenza, il percepirsi come creature autorizzate a fare di tutto, ad usare e abusare del prossimo trattandolo come un mero strumento per il proprio piacere, a governare i corpi e le coscienze con la brutalità, l’inganno e l’arbitrio, senza riconoscere l’umanità e la sofferenza dei deboli e degli indifesi e senza la capacità di ammettere le proprie responsabilità, di riconoscersi colpevoli, di fare autocritica.

In ogni caso, invocare brutture analoghe commesse altrove, ad esempio nelle caserme, non aiuta e rappresenta un penoso tentativo di distogliere l’attenzione dal problema, di far concentrare il pubblico sul dito che la indica e non sulla luna. E’ chiaro che verso le illegalità commesse nelle caserme in un regime democratico bisogna usare, anche da parte della stampa, un’inflessibile severità, ma va anche ricordato che le chiese non sono eserciti (e non solo perché nei primi sono assenti le vittime più deboli, cioè i bambini): esse, soprattutto ai giorni nostri, nel clima di libertà nel quale per fortuna viviamo, prosperano se le persone si convincono che al loro interno soffia un vento di autenticità, di bellezza e di amore. Esattamente il contrario di quello, lugubre, criminale e malvagio, che spirava a Ratisbona e in tanti altri luoghi simili, quelli che abbiamo già scoperto e quelli che probabilmente verremo a conoscere presto (perché di storie come queste rimaste nell’ombra ce ne sono ancora tante). Non capirlo significa lanciarsi verso il precipizio senza paracadute.

www.osservatoreromano.va/it/news/due-pesi-e-due-misure

Due pesi
e due misure
· ​I media e il caso di Ratisbona ·
21 luglio 2017
Giorni fa sul «Corriere della Sera» è stata ricostruita con un certo rilievo la storia di un uomo che raccontava di avere subito all’inizio degli anni ottanta in una caserma romana violenze e stupri. Così pesanti da ridurlo per lungo tempo privo di sensi. Nonostante la gravità del caso e la difficile ripresa fisica e psichica, la vittima era stata invitata dai superiori militari a tacere, per non infangare il buon nome dell’esercito. E aveva obbedito, disperando di essere ascoltata.



All’articolo non ha fatto seguito alcuna indignazione collettiva, nessuna richiesta di denuncia degli stupratori né di reprimenda all’esercito con conseguente apertura di indagine sul caso, notoriamente non isolato, ma parte di una deplorevole ma inveterata abitudine di praticare violenze e umiliazioni nel corso dei rituali di iniziazione. Fatti simili sono accaduti, ed esiste fondato timore che accadano ancora, in altre istituzioni “forti”, persino accademiche, come per esempio nei più celebri collegi inglesi, ma anche in scuole d’élite italiane. Proprio quei riti di iniziazione perversi che un commento del «Fatto Quotidiano» attribuisce invece ai seminari, liquidati nientemeno che come fabbriche di pedofili.

Ben diversa è stata l’attenzione che i media hanno rivolto alla triste vicenda dei piccoli cantori di Ratisbona: ampio spazio e titoli che, denunciando 547 casi di violenze, hanno spesso lasciato intendere che si sia trattato di quasi seicento stupri, mentre i casi di abusi sessuali nell’arco di quasi mezzo secolo sono stati 67. E bisognava approfondire per capire che sono stati soprattutto deprecabili interventi maneschi — ma certo meno gravi degli stupri — da parte di docenti, peraltro non di rado sadici. E soprattutto per capire che non era uno scoop, ma il risultato di una rigorosa indagine voluta dal vescovo della diocesi, quindi dalla Chiesa stessa, decisa ad andare a fondo di voci e denunce su questo scandalo.

Nessuno dubita che si tratta di atti ignobili e vergognosi, che dovevano essere puniti e soprattutto prevenuti, ma colpisce il livello di manipolazione mediatica del caso, e soprattutto la percezione diversa che l’opinione pubblica ha di episodi simili: da una parte tolleranza verso la vita militare e gli eccessi di un nonnismo che degenera in violenza, dall’altra estrema severità verso l’istituzione ecclesiastica.

Del resto, l’abitudine a indicare la Chiesa cattolica come fonte di tutti i mali fa ormai parte dell’esperienza quotidiana e prepara l’opinione pubblica a considerare questo normale. Un recente esempio italiano: sulla televisione pubblica, in prima serata, un programma ha presentato il caso di una famiglia composta da due mamme con quattro bambini dai tre ai dieci anni. L’intervistatore pronto ad accogliere con evidente compiacimento ogni aspetto positivo — la coppia viveva immersa in una perfetta felicità e i bambini erano allegri e buonissimi — e con palese dolore quelli negativi, cioè che le due donne in Italia non possono considerare i quattro bambini come figli di entrambe, anche se ripetevano accoratamente che si trattava in realtà di fratelli. E di chi la colpa di questa evidente ingiustizia? Del Vaticano, ovviamente. Il fatto che si tratta di una legge dello stato italiano e che vi siano anche molti laici contrari al riconoscimento legale delle famiglie omosessuali era abilmente dimenticato: più facile, e da gran parte del pubblico presumibilmente condiviso, il vecchio trucco di dare la colpa di tutto alla Chiesa.

Certo, lo sappiamo bene, la Chiesa è un’istituzione speciale, e a essa viene giustamente richiesta un’esemplarità assoluta, ma questo ricorso costante a due pesi e due misure nel giudicare i suoi comportamenti e nell’attribuire responsabilità non giova a nessuno. Non giova alla chiarezza delle questioni, e non giova soprattutto quando si tenta di eliminare ingiustizie, di punire i colpevoli di violenze, di impedire che queste si ripetano.

di Lucetta Scaraffia

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Biografia di Lucetta Scaraffia

da Paolo Paiusco
• (Lucia) Torino 23 giugno 1948. Storico. Insegna all’Università La Sapienza di Roma. È membro del Comitato nazionale per la bioetica. Scrive sull’Osservatore romano.
• Cattolica, studiosa delle donne, soprattutto sotto la specie religiosa (Santa Rita, Francesca Cabrini). Ha curato con Eugenia Roccella il volume Italiane, 247 ritratti femminili (Poligrafico, 2004). Altri libri, più di recente: Due in una carne. Chiesa e sessualità, con Margherita Pelaja (Laterza 2008), Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati, con Eraldo Affinati (Lindau 2012), Per una storia dell’eugenetica. Il pericolo delle buone intenzioni (Morcelliana 2013).
• Sorella di Giuseppe Scaraffia, moglie di Ernesto Galli Della Loggia.
• Un primo matrimonio, con un compagno di università della Statale di Milano, dichiarato nullo dal Tribunale del vicariato di Roma: «“Mi sposai in chiesa solo per accontentare mia madre. Era il 1971. A celebrare le nozze fu il cappellano di San Vittore”. Nel 1982 ebbe una figlia con lo storico Gabriele Ranzato, anch’egli reduce da un matrimonio fallito» (a Stefano Lorenzetto) [Pan 1/9/2009].
• Già vicepresidente di Scienza e Vita (associazione in cui milita tra l’altro la senatrice teodem Paola Binetti); nel 2008 si candidò a Roma con una lista civica pro Rutelli (non eletta). «Non sono una ex femminista, ma una femminista che si batte da tempo contro “il pensiero unico femminista”».
• Un suo articolo sull’Osservatore romano del 3 settembre 2008 proponeva (implicitamente) di riconsiderare la possibilità di definire la morte in base all’arresto cardiocircolatorio (come si faceva prima del 1968) invece che in base all’encefalogramma piatto, come avviene dopo il rapporto di Harvard (1968). Una decisione di questo genere avrebbe conseguenze enormi, per esempio, sulla disciplina dei trapianti e sulle decisioni relative agli interventi di eutanasia o di non accanimento terapeutico (vedi anche Eluana Englaro e Mina Welby). Dopo l’uscita dell’articolo, la Santa sede precisò che non rappresentava l’attuale punto di vista della Chiesa (che accetta il rapporto di Harvard).
• «M’ero limitata a recensire due libri sul fine vita. L’Unità è arrivata a sostenere che per colpa mia sono morti alcuni pazienti in attesa di trapianto. Persino The Economist e Le Monde hanno riconosciuto che ho posto un problema reale, che la discussione su questo tema spinoso è aperta in tutto il mondo. Solo in Italia sembra proibito parlarne» (a Lorenzetto, cit.). «Le polemiche divamparono. Molte vennero dai più autorevoli esponenti del mondo cattolico. Ma qui occorre dire una cosa: anche se l’articolo portò il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, a precisare che non si trattava di “un atto del magistero della chiesa né un documento di un organismo pontificio” e che le riflessioni ivi espresse erano “ascrivibili all’autrice del testo e non impegnano la Santa Sede”, probabilmente quella volta il pensiero espresso dalla Scaraffia non era tanto lontano da ciò che pensa Joseph Ratzinger in merito» (Paolo Rodari) [Fog 13/2/2010].
• Ammette di sentirsi poco a suo agio nell’Italia di oggi, e di trovare i giovani sempre più incolti e smarriti: «L’altro giorno citavo un passo della Divina commedia. Alza la mano un ragazza: “Professoressa, mi può ripetere titolo e autore?”. Io, pronta a tutto, ripeto. E lei: “Mi può ricordare per favore la trama?”. Lo spreco della gioventù è tristissimo» (a Lorenzetto, cit.).
GIORGIO DELL’ARTI, scheda aggiornata al 19 agosto 2014
 
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