http://www.abruzzoweb.it/contenuti/perizia...ione-/657165-4/PER I MEDICI INCARICATI DALLA PROCURA ''E' IMPOSSIBILE CHE UNA PERSONA
SI FACCIA TUTTO QUESTO DA SOLA, PERCHE' IL DOLORE PRODOTTO E' FORTE''
PERIZIA DELL'ACCUSA INCHIODA DON PAOLO,
''ROTTURA OSSO IOIDE SOLO CON PRESSIONE''
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Pubblicazione: 13 maggio 2018 alle ore 09:00
Paolo Piccoli
Paolo Piccoli
L’AQUILA - C'è una perizia, che la procura della Repubblica di Trieste ha affidato al medico legale Fulvio Costantinides e all'esperto di radiologia forense Fabio Cavalli, che inchioderebbe don Paolo Piccoli, l'ex parroco di Pizzoli (L'Aquila) sotto processo in Friuli Venezia Giulia con l'accusa di aver ucciso un altro prelato, don Giuseppe Rocco, 92enne sacerdote triestino trovato morto nella sua camera nella Casa del Clero del capoluogo friulano il 24 aprile del 2014.
Il caso, mentre a Trieste proseguono le udienze, è tornato alla ribalta delle cronache nazionali dopo che la trasmissione Quarto Grado di Rete 4 ha mandato in onda un'intervista ai periti dell'accusa e ha registrato un'intervista all'avvocato aquilano Vincenzo Calderoni, che difende il prelato, 53enne veneto a lungo incardinato nella Curia dell'Aquila, dove ha guidato negli anni diverse parrocchie.
Secondo l'accusa, sostenuta dai pm Lucia Baldovin e Matteo Tripani, don Paolo avrebbe strangolato don Giuseppe per impossessarsi di una collanina e altri oggetti religiosi.
Collanina che, secondo quanto si è appreso, non è mai stata rinvenuta, nonostante le perquisizioni effettuate nei locali dove don Piccoli alloggiava e teneva custoditi i suoi beni.
Ad inchiodare il parroco, oltre alle affermazioni della "grande accusatrice", la perpetua di don Giuseppe Eleonora Laura Dibitonto, ci sarebbero alcune piccolissime tracce ematiche ritrovate sul lenzuolo nella stanza dell’anziano monsignore. Tracce che, come ribadito da don Piccoli, "sono da ascrivere a una patologia di cui soffro da anni. Si trovano su quel lenzuolo, perché una volta venuto a conoscenza della morte di don Pino sono accorso al capezzale per dare l’estrema benedizione".
Elementi che oggi si aggiungono alla perizia: dall'autopsia è emersa la rottura dell'osso ioide, un piccolo ossicino che si trova lungo il collo, che secondo i periti non può rompersi se non con una pressione fatta da terzi, della cartilagine tiroidea e di quella aritenoidea.
"È impossibile che una persona si faccia tutto questo da sola", ha osservato in aula il dottor Cavalli, "perché il dolore prodotto è forte. Quel tipo di lesioni non possono essere auto inflitte".
"Una persona sviene prima, non può fare tutto ciò da sé, perché svenendo molla la mano. Mentre qui si sono rotte tre parti distinte".
Una tesi, quella contenuta nella perizia, che contraddice dunque quella sostenuta fino ad oggi dalla difesa, cioè che il 92enne soffrisse di problemi di respirazione e il fatto che spesso si portava le mani al collo, anche con forza, avrebbe potuto causargli il soffocamento.
L'avvocato Calderoni ha infatti sempre sostenuto che "don Rocco è deceduto per cause naturali, come stabilito dai medici intervenuti il giorno del decesso, mentre le tracce ematiche dell’imputato sono state reperite dai Ris nei pressi della salma, in quanto il prete è intervenuto per dare l’estrema unzione, come attestato da numerose testimonianze".
"Infatti don Piccoli soffriva di una particolare patologia che ha determinato la perdita di minuscole croste di pelle e di questa sua malattia si lamentava da tempo con amici e familiari, come si evince anche dalle testimonianze e dalle intercettazioni".
Per l’avvocato Calderoni, "nel servizio di Quarto Grado di venerdì 4 maggio, l’assistente di don Rocco, sua compagna di vita, ha dimostrato di essere una teste inattendibile, ripetutamente caduta in contraddizione e anzi in alcuni momenti ha riferito circostanze non vere, come quando ha negato di aver tentato di rianimare l’anziano prelato prendendolo a schiaffi, come attestato dalla registrazione della chiamata al 118 che fa parte del fascicolo della procura".
"Un’altra contraddizione in cui la signora è caduta consiste nell’aver negato di aver spedito una sorta di lettera minatoria a don Piccoli, lì dove con una perizia grafica si è dimostrato che l’indirizzo scritto sulla busta della lettera era stato vergato dalla sua mano", aggiunge il legale.
Per Calderoni, che difende don Paolo Piccoli insieme al collega Stefano Cesco del Foro di Pordenone, anche l'autopsia "contiene una serie di contraddizioni e giunge a conclusioni assolutamente incongrue perché mal ricostruisce la manovra con la quale sarebbe stato strangolato don Rocco; perché non spiega la ragione per la quale il corpo sarebbe stato trovato ai piedi del letto o sul perché manchino apparenti segni tipici dello strangolamento".
Per il legale, "il dottor Costantinides non convince allorché tenta di giustificare la palese contraddizione esistente tra le sue due comunicazioni alla Procura della Repubblica dell’8 e 9 maggio del 2014. Nella prima diagnostica una morte per edema polmonare acuto e nella seconda invece a distanza di un giorno senza aver acquisito altri elementi, attesta una morte per evento omicidiario consistente in strangolamento".
"Contraddizioni enormi, che la difesa sottoporrà alla Corte allo scopo di ottenere una nuova perizia commissionata dal giudice e non dal pubblico ministero", conclude Calderoni.
A Quarto Grado, intanto, sono state intervistate anche la mamma di don Piccoli, che ha ribadito "l’assoluta innocenza di mio figlio", e la perpetua di don Rocco, che invece ha parlato di don Piccoli come di un prete alcolista, che era stato a Udine per curarsi, cleptomane e con un sacco di problemi alle spalle, tanto che durante il suo siggiorno nella Casa del Clero prendeva costantemente tante medicine.
Ed è intervenuto il generale in congedo dell’Arma dei carabinieri Luciano Garofalo, ex comandante del Ris di Parma, per il quale si è trattato della "classica morte per asfissia indotta, una diagnosi che non lascia spazio ad altre tesi".
Da ricordare che la perpetua ha escusso una polizza a lei intestata da don Rocco per 150 mila euro, e ha ereditato tramite testamento il conto corrente con i titoli da dividere con i nipoti.
In udienza la donna ha affermato di aver diviso con i nipoti la somma, e di aver trattenuto per se circa 37 mila euro.
L’anziano monsignore ha lasciato inoltre in eredità ai nipoti alcuni appartamenti a Trieste e ha concesso uno di questi immobili in comodato d’uso alla perpetua vita natural durante.
Don Piccoli è stato, tra le atre cose, parroco nei comuni aquilani di Rocca di Cambio (dal 1994 al 1996), Pizzoli (dal 1996 al 2001) e canonico della cattedrale di San Massimo.
Il collegio giudicante è composto da Filippo Gullotta presidente, Enzo Truncellito, giudice a latere, Maurco Cechet, Rosella Bravini, Chiara Mur, Patrizia Pellaschiar, Corrado Cadamuro, Antonia Ciaccia, Nevi Calci e Giuseppe Vario giudici popolari. (red.)