http://www.siciliainformazioni.com/redazio...po-di-francescoLa chiave, l’avvocato sfortunato e il prete indaffarato
88Cronaca02 gennaio 2014 - 13:39di REDAZIONE A+A-EMAILPRINT
“Padre, smetta di mettermi le mani addosso!”. Così ripetevo, alzando la voce, all’elegante (solo per abbigliamento) sacerdote, padre Alessandro Minutilla, che mi strattonava violentemente, tentando di spingermi fuori dalla sala da pranzo di uno dei più noti ed eleganti ristoranti di Trastevere a Roma.
Ma, andiamo per ordine.
La vicenda ha inizio a tarda sera di giovedì 26 dicembre all’aeroporto di Fiumicino a Roma, allorché, dopo essere arrivato da Palermo in ritardo, mi avvedevo di non avere (per una serie di sfortunate circostanze che meritano un racconto a parte) le chiavi della mia casa romana. Poiché non avevo con me altro se non un vecchio cellulare, verificavo, in primo luogo, la possibilità di rientrare subito dalla mia famiglia a Palermo, ma l’ultimo volo utile era già partito.
Altrettanto infruttuose le telefonate ai tre alberghi dei quali avevo i numeri in rubrica, stante la particolarità del periodo.
Dal momento che, tra la ricerca di una soluzione e l’altra, si era fatta notte fonda, scartavo la possibilità di disturbare qualcuno dei tanti amici che, nonostante il periodo festivo, potevano essere in città. Telefonavo, invece, ad uno dei miei nipoti, Raffaele, giovane sempre affettuoso e disponibile, chiedendogli se, nelle prime ore del mattino (alle 4,30) potevo svegliarlo nuovamente affinché, dopo aver recuperato la copia delle chiavi della casa di Roma da mia moglie, si fosse recato in aeroporto a Palermo, in tempo utile per affidarle ad uno dei passeggeri del primo volo per Roma (6,30).
Pertanto, non vedevo altra possibilità oltre quella di fermarmi in aeroporto in attesa dell’arrivo del volo da Palermo. L’aeroporto Leonardo da Vinci, di giorno, brulicante di gente di ogni tipo che si affretta o attende o cerca, offre l’immagine della frenesia della vita; di notte, invece, cambia radicalmente aspetto: vi sono due “oasi” rappresentate dai bar (arrivi e partenze) che, solo nella zona voli internazionali, offrono un minimo di vitalità: tutto il resto è un desolato dormitorio, dove passeggeri in transito o in partenza (e non solo) attendono che si faccia giorno.
Le pur poche ore della mia attesa hanno impiegato un tempo incredibilmente lungo a passare. Alle 4,40 ho svegliato Raffaele e, dopo alcuni minuti, ho telefonato a mia moglie che, finora, non avevo avvertito per ridurre il tempo della sua preoccupazione. La avvertivo che sarebbe passato il nipote a ritirare le sue chiavi e le spiegavo, brevemente, quanto era accaduto, rassicurandola col dirle che, ormai, era prossima la risoluzione della vicenda.
Giunto a Punta Raisi, Raffaele si posizionava in prossimità dei varchi ove si effettuano i controlli di sicurezza, ove sopraggiungeva un sacerdote giovane ed elegante. Pensò che non poteva trovare di meglio. Lo avvicinò e, dopo aver avuto conferma che la sua destinazione era Roma, gli spiegò che suo zio, persona anziana, si trovava in condizioni di difficoltà all’aeroporto di Roma, in quanto privo delle chiavi di casa. Gli chiedeva, pertanto, se poteva essere così cortese da portare con sé le chiavi (cui aveva tolto anche il portachiavi per limitarne l’ingombro) e consegnarle al signore con barba e capelli bianchi che lo avrebbe atteso al varco di uscita dell’aeroporto di Roma.
Ottenuta la disponibilità del sacerdote, Raffaele mi chiamò al telefono per dirmi che gli stava affidando le chiavi; risposi pregandolo di ringraziarlo e di assicurargli che lo avrei atteso proprio dinanzi al varco di uscita del terminal 3 ove sarebbero sbarcati i passeggeri del volo Ryanair che si apprestava a prendere; aggiunsi la raccomandazione di rendere possibile un contatto telefonico, in caso di imprevisti o difficoltà.
Completata la consegna ed avviatosi il sacerdote verso la partenza, Raffaele mi richiamava per fornirmi la descrizione del passeggero: piuttosto giovane, di media corporatura, particolarmente elegante (con cappotto classico nero di buona fattura) e con capelli rasati; mi riferiva, altresì, di aver comunicato il mio numero di telefono cellulare (che, in sua presenza, il sacerdote aveva memorizzato nella rubrica del suo telefono), nonché di avere, a richiesta, riferito anche il mio nome (Avv. Salvatore Traina), ma di non potermi fornire né il nominativo, né il numero telefonico del prete, in quanto lo stesso, dopo aver preso in consegna le chiavi ed aver annotato il mio recapito, affermava che ciò era già sufficiente ad evitare qualsiasi disguido.
La circostanza, naturalmente, non fece sorgere alcun sospetto, in considerazione della “qualità” del passeggero.
Intanto l’aeroporto di Roma tornava, gradatamente, a rivitalizzarsi. Presto, però, man mano che il giorno prendeva il posto della notte, io che avevo tanto atteso che ciò accadesse, non ero tuttavia soddisfatto: l’aeroporto continuava ad essere un deserto, sia pur affollato, le cui “oasi” erano un concentrato di persone che rendeva impossibile trovare anche solo un posto a sedere. Mi rincuorava, però, il pensare che a breve sarebbe partito l’aereo con le mie sospirate chiavi.
L’atterraggio a Roma era previsto in leggero anticipo, poco dopo le 7:30, ma già alle 7:00 mi ero posto in posizione ben visibile proprio dinanzi al varco di uscita dei passeggeri in arrivo, postazione dalla quale non mi sono più mosso, osservando, con molta attenzione tutti coloro che uscivano, alla ricerca di un sacerdote con i capelli rasati che, appena uscito, come immaginavo, si sarebbe guardato intorno per individuarmi.
Alle ore 9:00 lo sconforto (che era andato via via crescendo) aveva preso il sopravvento: diversi sacerdoti avevano varcato l’uscita, ma nessuno mi era sembrato rispondere alle caratteristiche descritte e, soprattutto, aveva prestato un minimo di attenzione a coloro che attendevano.
Scorrendo le numerose immagini che avevano richiamato la mia attenzione, conclusi che il sacerdote con le chiavi non poteva che essere quello con un cappello nero “tipo Borsalino” (che celava l’essere rasato) il quale era uscito dal varco velocemente, attorniato da un gruppo di giovani donne, e si era allontanato altrettanto velocemente, senza alcun tentennamento che potesse far pensare ad una sua ricerca di qualcuno che lo attendeva.
In prossimità del varco di uscita del T3 vi è una postazione di pubblica sicurezza, gestita dalla Guardia di Finanza, alla quale mi rivolsi, riferendo l’accaduto. Il Comandante dell’Ufficio, con molta cortesia e disponibilità, mi accompagnò al banco Ryanair (o, meglio della società che la rappresenta a Roma) ove accertammo che nessuno aveva lasciato delle chiavi o chiesto alcunché e che nessun problema aveva rallentato la consegna dei bagagli da stiva, per cui, certamente, tutti i passeggeri del volo proveniente da Palermo erano già usciti.
A questo punto, convenimmo con il Comandante che l’unica ipotesi plausibile era che il sacerdote, distratto anche dalle sue accompagnatrici, aveva dimenticato l’impegno assunto con mio nipote. Allorché, però, avrebbe solo messo le mani in tasca, si sarebbe accorto della presenza delle chiavi e mi avrebbe, quindi, contattato telefonicamente.
Tuttavia, sempre il Comandante mi suggeriva di recarmi all’Ufficio di Polizia presente in aeroporto, dove, attraverso la lista dei passeggeri ed i relativi numeri telefonici (che gli stessi avevano indicato al momento della prenotazione on line) potevano sollecitare l’attenzione del prete.
Erano le 10,30 ed io ero ancora in aeroporto, nelle condizioni di stanchezza che lascio immaginare; mi decisi a disturbare una cara amica di famiglia che, poco dopo, si dirigeva in aeroporto per prelevarmi.
Nel frattempo, ritenni più utile, invece che recarmi all’Ufficio di Polizia dell’aeroporto, informare mia moglie, cui quella copia delle chiavi appartenevano, affinché la stessa contattasse la Questura di Palermo.
Poco prima delle 14,00 quando ormai disperavo di poter recuperare le chiavi e mi apprestavo ad anticipare il mio rientro a Palermo per quel pomeriggio, ricevevo una telefonata da mia moglie (la quale aveva informato della vicenda l’Ufficio di gabinetto della Questura di Palermo che aveva avviato le opportune indagini) che mi comunicava di avere il recapito telefonico del prete e mi anticipava che mi avrebbe dettagliatamente informato dopo pochi minuti.
Appresi, quindi, che la Questura di Palermo, dopo aver ottenuto la lista dei passeggeri del volo Ryanair, aveva individuato, con la collaborazione della Curia, il prete delle chiavi, lo aveva contattato e questi aveva chiesto, intanto, di parlare con mia moglie.
Ero stupefatto! Mi sarei atteso che il sacerdote, ricevuta la telefonata della Questura di Palermo, si fosse affrettato, finalmente, a telefonarmi per consegnarmi le chiavi; invece lo stesso continuava a comportarsi in maniera assolutamente anomala.
A mia moglie aveva raccontato una frottola e cioè che il nipote aveva capito male e che l’appuntamento era davanti il banco Ryanair: sì, proprio quello dove io avevo accertato, insieme alla Gdf, che lui non si era mai recato!
Dopo aver ricevuto le scuse da parte di mia moglie per il fantomatico disguido, il prete consentiva che la stessa mi comunicasse il suo numero telefonico, affinché io lo contattassi.
Finalmente componevo il numero e mi rispondeva il sacerdote al quale, con cortesia, mi presentavo e chiedevo dove avrei potuto ritirare le chiavi. Il prete, mi rispondeva testualmente: “Attualmente sono a pranzo e non desidero essere disturbato. Mi tratterrò a Roma solo fino alle 18, quindi non so se avrò il tempo….” Lo interrompevo e, con tono deciso, lo invitavo a dirmi dove si trovasse, in modo che lo potessi raggiungere immediatamente e ritirare, finalmente, le chiavi.
Pur con qualche resistenza, mi fornì il nome del ristorante e, appena pochi minuti dopo, io vi facevo ingresso.
Su indicazione del titolare del locale, mi recai in un’ampia sala ed ebbi modo di notare una grande tavolata con a capotavola un sacerdote (che, senza cappello, rispondeva perfettamente alla descrizione di mio nipote), composta da numerose giovani donne (almeno una trentina) che si pascevano (oltre che dei piatti offerti dal raffinato locale), della presenza della loro “guida spirituale” che guardavano, tutte, con evidente ammirazione.
Mi avvicinai al sacerdote, lo salutai con cortesia, salutai la platea delle giovani donne con le quali mi scusai per l’intrusione, quindi, con il palmo della mano teso e rivolto verso l’alto, gli chiesi che mi consegnasse le chiavi.
Inaspettatamente, costui, invece di darmi le chiavi (in tal caso, l’incomodo si sarebbe ridotto al minimo, dal momento che, dopo aver ringraziato, avrei tolto il disturbo) mi disse: “Ma a me chi me lo dice che lei sia lei?” e mi invitava ad appartarmi con lui per un colloquio privato.
Risposi che erano le circostanze e le telefonate intercorse con me, con mia moglie e con la Questura di Palermo a dirgli che io ero io, che non avevo nulla da dire a da ascoltare in privato e lo sollecitai, più volte e sempre invano a darmi le chiavi. Il prete, invece, insisteva perché la consegna avvenisse in privato a seguito di un colloquio riservato.
A questo punto, perdurando il rifiuto delle chiavi, mi rivolsi alla platea di giovani donne (che, evidentemente, non comprendevano cosa stesse accadendo) alle quali rappresentai la mia condizione, la mia stanchezza e raccontai, sinteticamente, quanto era accaduto nella mattinata.
Mentre, con calma, parlavo alla platea il sacerdote (evidentemente nella speranza di fermarmi) mi consegnava le chiavi, invitandomi sempre ad uscire dalla sala per parlare in privato. Tuttavia io continuavo il mio racconto, concludendolo con l’invito a non seguire l’esempio della loro guida spirituale, almeno allorché (come nella mia vicenda), difettava del tutto la “cristiana solidarietà” dovuta a chi si trova in difficoltà.
Il sacerdote, indispettito dalle mie accorate parole e dal fragoroso applauso che mi giungeva da molte delle giovani donne, passava dalle parole ai fatti, tentando, con la forza, di spingermi fuori dalla sala da pranzo.
Una delle giovani donne, a questo punto, si alzò dal suo posto a tavola, si avvicinò a me e disse: “Le chiedo scusa io per tutto quello che è successo”. Io la ringraziai e mi allontanai.
Sono fermamente convinto che ogni esperienza – ed ancor di più, forse, quelle negative – sia comunque utile. Ma, in quella narrata, mi rimane un cruccio: non saprò mai cosa il prete volesse dirmi o chiedermi in privato. Peccato!
Al sacerdote, tuttavia, formulo i miei più fervidi auguri perché l’anno nuovo lo aiuti a meglio comprendere i principi e gli insegnamenti della religione in cui crede al punto da farsi prete e che impari (anche dall’esempio del magnifico Pontefice che l’anno appena trascorso ci ha regalato) ad aiutare il prossimo e ad usare… la colazione a sacco nelle sue gite fuori porta.
http://palermo.blogsicilia.it/padre-minute...o-perche/15046/Padre Minutella: “Perseguitato, ma non so perché”
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09/11/2010
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CONDIVISIONI
Momento difficile per la Parrocchia San Giovanni Bosco di via Messina Marine nel quartiere Romagnolo, a Palermo.
Da molto, troppo tempo, infatti, don Alessandro M. Minutella, parroco trentasettenne, subisce atti intimidatori di varia natura. BlogSicilia lo ha intervistato.
Padre, cosa sta succedendo?
Mercoledì mattina ho trovato il mio ufficio forzato. Qualcuno è entrato, rompendo la finestra con una pietra. Non hanno rubato nulla. Quindi, si è trattato di un chiaro segno d’intimidazione che va collegato ad episodi occorsi alla mia persona nei mesi scorsi.
Ci spieghi meglio.
Ho subito tre aggressioni fisiche tra il mese di Luglio e Settembre. Di sera, ero in bici e qualcuno, arrivato da dietro, ha tentato di farmi cadere per terra.
Quale pensa possa essere il motivo di queste azioni contro la sua persona?
Questa è una domanda legittima che però non ha un’immediata risposta. Non mi definisco un prete “anti-mafia” o un parroco “di frontiera” in quanto ho sempre contestato queste figure.
Chi mi conosce sa bene che ho sempre cercato di fuggire dal clamore mediatico perché adotto uno stile sacerdotale “mariano”, incentrato sulla forza della preghiera. Non è facile capire il movente ma quello che posso dire è che nel mondo Satana opera per muovere le forze del male.
La Chiesa l’è stato accanto?
Beh, ho fatto presente che sono stato lasciato solo. Il Vescovo non mi ha né cercato né telefonato. Comunque, immediatamente dopo l’ultima intimidazione, sono stato contattato, non però da Mons. Romeo ma dall’Ausiliare, Mons. Cuttitta.
Quale messaggio vorrebbe lanciare, da parroco, ai responsabili di questi atti?
Non mi sento di fare proclami. Quanto ho da dire, lo dico ogni giorno nelle predicazioni. Invito, comunque, alla riscoperta del primato della preghiera nella propria vita, come da molti anni ormai domanda la Regina della Pace a Medjugorje.
Cosa le sta lasciando quest’esperienza?
Queste sono state vicende che hanno maturato e approfondito la mia fede. Mi hanno fatto comprendere maggiormente le parole di Gesù: “vi mando come pecore in mezzo ai lupi”(Mt 10,16).