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Abusi su 15enne con disagio psichico, solo 3 anni a don Galli nell'appello bis: "denunciò tardi". E la diocesi lo assolve, Li sconterà ai domiciliari. L'arcivescovo Delpini lo trasferì a contatto coi bambini: "abusi abominevoli"

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pincopallino2
view post Posted on 23/2/2019, 06:25 by: pincopallino2

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Il dolore di una mamma: «Mio figlio abusato dal prete, denunce inutili in Vaticano»

Sabato 23 Febbraio 2019 di Franca Giansoldati
«La denuncia va fatta alla polizia o ai carabinieri. Mai alla giustizia vaticana: quella non funziona, peggiora solo le cose. Lo voglio dire a quelle mamme che, come me, vivono l’incubo di un figlio abusato da un prete». Accanto alla madre c’è il padre, entrambi sulla cinquantina, lui cuoco e lei infermiera. Ci tengono a dire che la vendetta non fa parte del loro vissuto di credenti.

«Abbiamo perdonato quel prete, ma ora vogliamo giustizia per nostro figlio che da cinque anni non è più lo stesso». Tutta la famiglia in questi giorni si trova a Roma per seguire, dall’esterno, il summit sugli abusi. «La nostra via crucis cominciò alla fine del 2011».

Che accadde?
«Uno dei nuovi sacerdoti della nostra parrocchia, don Mauro Galli, ci chiese se quella sera nostro figlio poteva dormire in oratorio. Fece intendere che c’era tutto il gruppo degli adolescenti. Per noi non vi erano pericoli, non ci ha sfiorato alcun dubbio. Abbiamo sempre frequentato la parrocchia. Io ho tenuto anche corsi di catechismo. Nostro figlio in quel periodo faceva parte del coro e del gruppo scout. Il giorno dopo però sono stata chiamata dalla scuola. Mi chiedevano di andare a prenderlo perché stava male».

Si è preoccupata?
«Relativamente. Ho pensato che forse non aveva studiato ed era un modo (scorretto) per saltare un’interrogazione. Così sono andata trovando mio figlio in uno stato di choc. Sguardo perso nel vuoto, muto, rigido, le braccia lungo i fianchi, non reagiva. Ho firmato l’uscita, l’ho preso sotto braccio e l’ho portato in macchina. In quel momento mi sono resa conto che era accaduto qualcosa di brutto. Non lo avevo mai visto così. Gli chiedevo se avesse fumato, preso qualcosa. Abbiamo fatto tutto il tragitto in silenzio. Poi una domanda lo ha scosso. Cosa è accaduto stanotte? A quel punto si è girato. Piangeva. Gli occhi suoi non li potrò più dimenticare. Mamma è accaduto quello che si può immaginare. E ho subito immaginato cosa».

Choccante...
«A casa si è messo a letto, con le persiane abbassate, io ho chiamato mio marito e mio fratello che si sono precipitati. Da quel momento è stato un incubo per tutti noi».

Avete fatto la denuncia?
«Volevamo prima capire. Per prima cosa siamo andati dal nostro parroco, il quale interpella don Galli che però nega tutto, affermando che hanno dormito assieme ma non è mai accaduto nulla. Qualche tempo dopo però viene spostato in un’altra parrocchia, a Legnano, tra l’altro ad occuparsi di 4 oratori. La decisione di spostarlo fu presa dall’attuale arcivescovo di Milano, Delpini che all’epoca era vicario episcopale. Mio figlio stava sempre peggio. Noi eravamo disperati. La psicologa di un istituto religioso che contattammo ci suggerì di aspettare a fare la denuncia alla polizia e di lasciare che del caso se ne occupasse la Chiesa. Così facemmo e siamo stati ingenui. A quel punto andammo a parlare con un prelato della curia di Milano che era responsabile della formazione dei giovani preti. Ci disse che non si poteva rovinare così un sacerdote. Si rende conto? Nostro figlio aveva persino tentato il suicidio, e lui ci parlava in quel modo. Più tardi quel vescovo è stato promosso a Brescia. Eravamo disperati. Abbiamo anche mandato a Papa Francesco una lettera per chiedergli perché, al di là delle belle parole, non vengono ascoltati davvero i patimenti delle vittime».

Il processo canonico è iniziato nel 2015, mentre nel 2014 si è aperto quello al tribunale a Milano dal quale don Galli è stato poi condannato a 6 anni e quattro mesi...
«Esatto. Abbiamo perso tanto tempo inutile seguendo la giustizia del Vaticano. Le denunce vanno subito fatte alla polizia o ai carabinieri. Mai ai tribunali della Chiesa perché lì c’è ancora un sistema che tende a demolire le vittime, denigrarle, svergognarle, umiliarle inutilmente per proteggere il potere clericale. Non trovo la misericordia verso chi ha sofferto. E la Chiesa su questo punto si gioca la sua credibilità».

Papa Francesco vi ha risposto?
«Mai»
E la curia di Milano?
«Ci sono stati versati a titolo di risarcimento 100 mila euro. Praticamente quello che finora abbiamo speso tra avvocati e spese mediche. Abbiamo anche saputo che la Chiesa ha richiesto l’appello con la motivazione che oggi la figura di un sacerdote appare, a priori, un soggetto potenzialmente colpevole in materia di abuso a danno di minori. A questo punto noi non possiamo più permetterci di sostenere le spese processuali e ci siamo costituiti parte civile. In un primo momento avevamo pensato di vendere la nostra casa ma dobbiamo pensare ai ragazzi, a farli studiare, non possiamo permettercelo».

Cosa pensa di questo summit sugli abusi?
«Glielo ho detto prima. Credo che sia l’ultima chance per la Chiesa per dimostrare veramente di essere credibile e trasparente. Al momento non è così. Tante belle parole e pochi fatti. Almeno in Italia dove tutto è davvero opaco».

www.bresciatoday.it/attualita/don-...HeitpOC5gI32Ri4
Rozzano (MI): ex parroco condannato a 6 anni e 4 mesi, il ruolo del vescovo di Brescia

"Questa cosa resti tra noi": quando il vescovo cercò di coprire un prete pedofilo
Pochi mesi fa la condanna in primo grado per don Mauro Galli, ex parroco di Rozzano: una vicenda oscura che ha coinvolto anche il vescovo di Brescia

Redazione
22 febbraio 2019 11:25

Il vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada e don Mauro Galli

Una vicenda oscura, dalla provincia milanese: la storia di don Mauro Galli, ex parroco di Rozzano, condannato a 6 anni e 4 mesi lo scorso settembre con l'accusa di tentata violenza sessuale su minore. I fatti risalirebbero al dicembre del 2011: la vittima (tale o presunta) è un ragazzo che all'epoca aveva soltanto 15 anni. Il tribunale ha decretato per don Galli anche il divieto di contatto con minori e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici: la difesa ha già annunciato che ricorrerà in Appello.

Ma non tutti sanno che questa strana storia coinvolge in qualche modo anche la nostra provincia. O meglio, l'attuale vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada, all'epoca vescovo vicario di Milano e responsabile della formazione del clero. Da alcune registrazioni telefoniche, realizzate da un familiare della vittima e pubblicate da Fanpage (gli audio sono ascoltabili per intero a questo link), sarebbe emersa una certa conoscenza di quanto accaduto, di fronte ai familiari del ragazzo.

Le parole del vescovo
“Noi non vogliamo dare l'impressione di minimizzare le cose, ma dall'altra parte abbiamo davanti delle persone e dobbiamo anche in qualche modo tutelarle”, dice Tremolada con riferimento a don Galli. E ancora, in merito al trasferimento di don Galli a Legnano: “E' vero, lo abbiamo destinato a Legnano, in oratorio, e di questo siamo stati imprudenti. Ma lo diremo se ci verrà chiesto perché lo avete fatto”.

La terza registrazione entra nel dettaglio di quanto successo: era la notte tra il 19 e il 20 dicembre 2011 quando don Galli avrebbe abusato del ragazzino, nel letto matrimoniale della sua abitazione. Il giovane ha raccontato di essere stato “toccato”, e quindi abusato; don Galli ha invece sempre negato questa circostanza, ma ha comunque ammesso di aver dormito con lui in quel letto.

“Gli ho raccontato quello che è successo – dice ancora Tremolada – però questa cosa ce la teniamo per noi”. Nel dibattito interviene un familiare, chiede a cosa si riferisca. La risposta del Vescovo di Brescia sembra lasciare pochi dubbi: “A questa cosa qui del letto”.

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Gli sviluppi giudiziari
I genitori di Fausto, nome di fantasia, denunciano l'accaduto nel 2014. Nei mesi successivi verrà sentito anche Mario Delpini, che oggi è arcivescovo di Milano. Sarà lui ad ammettere davanti ai familiari di aver voluto trasferire don Galli da Rozzano a Milano. La condanna in primo grado per don Galli arriverà quattro anni più tardi, nel settembre del 2018.

Nel mezzo la tribolata esistenza del ragazzo vittima dell'abuso. “Sono un sopravvissuto – avrebbe detto il giovane – perché ho tentato il suicidio ben quattro volte”. Circostanza poi confermata dalla madre, intervistata ancora da Fanpage: “Mio figlio ha lasciato la scuola, ha cominciato a stare male. Fino a decidere di pensare di togliersi la vita, con quattro tentativi di suicidio”.

Seguiranno dei ricoveri in ambito psichiatrico protetto, e nuovi percorsi terapeutici. “Siamo sempre stati una famiglia cattolica – ha detto ancora la madre – e inserita in parrocchia. Ma anziché essere riconosciuti come vittime dalla Chiesa, siamo diventati la loro controparte al processo. Ed è questa forse la cosa più dolorosa, e incomprensibile”
 
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