Laici Libertari Anticlericali Forum

Il cattolicesimo in Cina. Crollo di vocazioni e battesimi., Con la crescita economica Chiesa ufficiale e clandestina accomunate da identica crisi

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view post Posted on 9/7/2010, 10:47
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http://www.asianews.it/notizie-it/%C3%89-u...gxia-18888.html

09/07/2010 08:13
CINA
É un ex seminarista l’assassino del sacerdote e della suora a Ningxia
di Zhen Yuan
Zhang Wenping, 43 anni, è stato arrestato ieri pomeriggio a Hohhot. Era stato licenziato e aveva promesso di uccidere p. Joseph Zhang. I funerali delle vittime saranno celebrati l’11 luglio.

Pechino (AsiaNews) – É un ex seminarista l’assassino del sacerdote e della suora della diocesi sotterranea di Ningxia, uccisi il 5 luglio scorso a Wuhai (distretto di Wuda, Mongolia Interna). L’ex seminarista, Zhang Wenping, 43 anni, è stato arrestato ieri pomeriggio ad Hohhot. La polizia ha informato i cattolici di Hohhot e di Ningxia ieri sera.

P. Joseph Zhang Shulai, vicario generale della diocesi sotterranea di Ningxia (al centro, nella foto) e sr. Maria Wei Yanhui sono stati trovati la mattina del 6 luglio in un lago di sangue. Il corpo del sacerdote presentava sette ferite profonde di coltello; la suora solo una coltellata. I due religiosi lavoravano in una casa che ospita 60 anziani nel complesso della chiesa locale.

Per i media statali, l’assassino avrebbe confessato l’omicidio, ma i motivi non sono ancora stati resi pubblici. Secondo le voci all’interno della comunità cattolica, Zhang Wenping lavorava nell’ospizio, ma per alcune irregolarità, era stato licenziato da p. Zhang. L’ex seminarista aveva minacciato di uccidere il p. Zhang.

Un giovane cattolico di Ningxia, contattato da AsiaNews, ha espresso “un grande dolore e una profonda tristezza per la tragedia”.

In tutta la diocesi di Ningxia e in altre zone della Cina vi sono funzioni di pregheira per le due vittime. I funerali di p. Joseph Zhang e di sr Maria Wei saranno celebrati insieme il prossimo 11 luglio alle 7 di mattina nella chiesa vicina all’ospizio. I due corpi saranno sepolti e non cremati.

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view post Posted on 9/7/2010, 13:06
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Grazie della rassicurazione che verranno cremati!

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view post Posted on 10/7/2010, 14:09
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http://notizie.virgilio.it/notizie/esteri/...o,25147151.html

Cina: omicidio prete e suora,un arresto
In manette un monaco cattolico per delitto del 6 luglio

(ANSA) - SHANGHAI,10 LUG - La polizia cinese ha arrestato a Hohhot un monaco cattolico dopo l'omicidio di un prete e una suora della chiesa clandestina. Lo scrive la Nuova Cina. Il monaco, 43 anni, e' stato arrestato nella citta' della Mongolia interna giovedi' sera e avrebbe confessato il duplice omicidio del 6 luglio. Lo ha detto all'agenzia di stampa un portavoce dell'ufficio di pubblica sicurezza di Wuhai, la citta' dove e' avvenuto il delitto. La polizia continua pero' ad indagare.
 
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perlanaturale
view post Posted on 25/11/2010, 13:11






Scontro tra Pechino e il Vaticano
"Siete voi a violare la libertà religiosa"
La Cina replica alla Santa Sede, che ieri aveva inviato una dura nota di condanna in seguito all'ordinazione di un vescovo da parte del governo, senza l'autorizzazione del Papa

Scontro tra Pechino e il Vaticano "Siete voi a violare la libertà religiosa" Papa Benedetto XVI
PECHINO - Accuse reciproche tra la Cina e il Vaticano, all'indomani dell'ordinazione 'governativa' del vescovo cinese Giuseppe Guo Jincal, avvenuta senza l'autorizzazione della Santa Sede, e pertanto definita da papa Benedetto XVI "una violazione della libertà religiosa" 1. Pronta la replica di Pechino: è invece la condanna del Vaticano a costituire una "prova di intolleranza e restrizione di libertà religiosa", ha detto il portavoce del ministro degli Esteri cinese Hong Lei.

"Ogni tipo di dichiarazione o intervento - ha affermato il portavoce, rispondendo a Pechino ai giornalisti che gli chiedevano di commentare la posizione della Santa Sede sull'ordinazione del vescovo - costituisce un atto di restrizione della libertà e di non tolleranza". Il Vaticano aveva inviato una nota in cui definiva la nomina un'offesa al Santo Padre e alla Chiesa Cattolica e una "grave violazione della libertà di religione e di coscienza".

L'ordinazione di padre Giuseppe Guo Jincal, nella provincia dell'Hebei, aveva denunciato la Santa Sede, rappresenta una "dolorosa ferita alla comunione ecclesiale e una grave violazione della disciplina cattolica" e il Papa ha appreso la notizia "con profondo rammarico". La Santa Sede aveva denunciato altresì le "pressioni e restrizioni" della libertà di movimento alla quale sono sottoposti i cattolici cinesi, che
"costituiscono una grave violazione della libertà di religione e di coscienza".

Tale pretesa di mettersi al di sopra dei vescovi e di guidare la vita della comunità ecclesiale - si legge ancora nella nota vaticana - non corrisponde alla dottrina cattolica, offende il Santo Padre, la Chiesa in Cina e la Chiesa universale, e rende più intricate le difficoltà pastorali esistenti".

http://www.repubblica.it/esteri/2010/11/25...igiosa-9479824/
 
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view post Posted on 26/11/2010, 17:36
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Ma se dei cinesi si organizzano in un propria chiesa perché il Vaticano interferisce nella nomina dei suoi vescovi?

La chiesa patriottica cinese è una cosa e quella cattolica romana un'altra.

Se ne facciano una ragione in Vaticano.

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view post Posted on 13/6/2011, 18:52
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10-06-11
CINA-S.SEDE: PER VESCOVI 'ILLECITI' POSSIBILI ATTENUANTI (SERVIZIO)


(ASCA) - Citta' del Vaticano, 10 giu - Negli ultimi decenni sono stati ordinati in diversi Paesi numerosi vescovi senza ''mandato pontificio'', ovvero senza l'espressa autorizzazione del papa; e' il caso in particolare della Cina, dove questa settimana e' stata cancellata all'ultimo momento una ordinazione 'illecita'.

L'Osservatore Romano pubblica oggi una Dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi sulla questione, che specifica in particolar modo le pene in cui incorrono i vescovi che prendono parte alle ordinazioni illecite, oggetto di numerose richieste di chiarimento da varie parti del mondo.

Secondo il diritto canonico, infatti, chi viene ordinato e chi ordina senza il mandato pontificio incorre nella scomunica 'latae sententiae', cioe' automatica. Questo ha conseguenze profonde per i fedeli di una diocesi che in questo caso, ad esempio, sono autorizzati a non obbedire al vescovo 'illecito'.

La legge della Chiesa prevede pero' delle circostanze attenuanti e in particolare, recita la Dichiarazione, ''quando la persona, che commette il delitto come ordinante o come ordinato, e' 'costretta da timore grave, anche se soltanto relativamente tale, o per necessita' o per grave incomodo''': e' il caso di molte delle ordinazioni illecite in Cina, in cui i vescovi vengono costretti a partecipare con le minacce, se non con la forza. ''Nel concreto caso di una consacrazione episcopale senza mandato - specifica il Pontificio Consiglio -, l'attenuante del timore grave o del grave incomodo (o l'esimente della violenza fisica) va, dunque, verificata in merito a ciascuno dei soggetti che intervengono nel rito: i ministri consacranti e i chierici consacrati''. Insomma, ''ciascuno di loro conosce in cuor suo il grado del personale coinvolgimento e la retta coscienza indichera' a ognuno se e' incorso in una pena latae sententiae''.

Ad ogni modo, poiche' un'ordinazione illecita ''provoca spontaneamente nei fedeli delle reazioni, anche di scandalo e di confusione, che in nessun modo possono essere sottovalutate'' e' necessario che i ''vescovi coinvolti'' recuperino ''autorevolezza mediante segni di comunione e di penitenza, che possano essere apprezzati da tutti e senza i quali il governo pastorale del Vescovo 'difficilmente potrebbe essere recepito dal Popolo di Dio come manifestazione della presenza operante di Cristo nella sua Chiesa'''.



http://www.asca.it/news-CINA-S_SEDE__PER_V...25324-ORA-.html
 
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view post Posted on 15/7/2011, 08:22
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14/07/2011
Verso uno scisma cinese?

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fedeli cinesi

Tensione Vaticano-Cina per le nuove ordinazioni di vescovi
Tra tensioni, incomprensioni e diffidenze, con canali di comunicazione intermittenti o saltati si preparano le condizioni ideali per far scoccare la scintilla della divisione. Un’analisi storica e culturale della difficile situazione
Gianni Valente
roma

Nemmeno l’irrituale appello del cardinale Joseph Zen al presidente Hu Jintao e al premier Wen Jiabao affinché fermassero i loro «funzionari canaglia» che aiutano «la feccia della Chiesa» è servito a scongiurare l’ennesima, annunciata ordinazione illegittima del nuovo vescovo cattolico di Shanthou, nella provincia del Guandong. Stamattina alle nove, come da programma, il 44enne Joseph Huang Binzhuang è stato consacrato vescovo con l’approvazione del governo, ma senza il consenso del Papa e contro le indicazioni provenienti dalla Santa Sede. Anche per lui è già pronta la nota vaticana che ne proclama la scomunica automatica. Gli otto vescovi che hanno preso parte alla consacrazione sono tutti riconosciuti dal Papa e finora erano in piena comunione con la Sede apostolica di Roma. Nei giorni scorsi alcuni di loro erano stati prelevati dalle ripettive sedi su indicazione degli apparati che gestiscono la politica religiosa del regime, per indurli a partecipare al rito contrario alle leggi canoniche della Chiesa cattolica.





Intanto, dopo Shantou, i funzionari della politica religiosa vanno avanti secondo copione, e già preparano la mossa seguente. Tra qualche giorno toccherà con tutta la probabilità alla diocesi di Harbin. Lì, nella capitale dell’Heilongjiang, hanno già avviato i preparativi per far celebrare la prossima ordinazione episcopale senza il consenso d’Oltretevere. Il candidato a diventare l’ennesimo vescovo illegittimo della Chiesa cattolica cinese è il 47enne Joseph Yue Fu Sheng. Un prete che qualche anno fa fu coinvolto in una rissa e vi perse un orecchio. Lo hanno designato attraverso la consueta elezione pseudo-democratica i rappresentanti della diocesi, sotto stretto controllo degli organismi governativi. Ma non riceverà il mandato apostolico, cioè l’approvazione del Papa. Piuttosto, da Roma potrà arrivare anche per lui l’attestazione di essere incorso nella immediata e automatica pena canonica della scomunica. La stessa già proclamata per Paolo Lei Shiyin, il nuovo vescovo illegittimo consacrato a Leshan lo scorso 29 giugno.





Le tre ordinazioni episcopali illegittime imposte dal regime cinese negli ultimi nove mesi (prima dei casi di Leshan e Shantou c’era stata quella avvenuta a Chengde, lo scorso 20 novembre) e quelle che già si profilano all’orizzonte appaiono a questo punto come l’inizio di uno tsunami politico-ecclesiale dagli esiti potenzialmente devastanti.





Alcuni fattori condizionanti determinano uno scenario in cui ogni mossa spinge la crisi verso il peggio. La dirigenza politica cinese è ormai entrata nella fase istruttoria per la successione a vertici del regime. Tutto è bloccato in attesa dei nuovi dirigenti, tutte le energie sono concentrate nella definizione delle cordate di potere e in questa fase d’instabilità nessuno vuole assumersi pubblicamente la responsabilità di riaprire canali ufficiali di dialogo con il Vaticano, dopo che i negoziati intensi degli ultimi anni si sono arenati senza la firma di un accordo. In questo stato di stand by, i funzionari di medio rango che gestiscono la politica religiosa tornano ad applicare con meccanicità burocratica i protocolli di sempre, quelli che presiedono alle ordinazioni episcopali organizzate senza “interferenze” vaticane, in ossequio agli slogan consunti dell’indipendenza “patriottica” a cui si devono attenere le diverse realtà religiose del Paese. La tabella di marcia da ottemperare è l’assegnazione progressiva delle quaranta sedi episcopali cattoliche vacanti. A Roma non si riesce ad immaginare come superare il black out comunicativo dei canali riservati di contatto che in passato si erano aperti tra l'ambasciata cinese presso l'Italia e i Palazzi d'Oltretevere e che erano stati utili per facilitare le numerose nomine avvenute in tempi recenti col consenso parallelo di Pechino e della Sede Apostolica.

Al contrario, sul versante della comunicazione intra-ecclesiale, hanno abbondato le indicazioni inviate dalla Santa Sede ai pastori della Chiesa cinese in questo frangente traumatico. Col comunicato vaticano seguito alla ordinazione episcopale illegittima di Leshan, per la prima volta la Santa Sede ha dichiarato pubblicamente la scomunica latae sententiae comminata a un vescovo illegittimo della Chiesa di Cina, fin dai tempi delle prime ordinazioni “indipendenti” e autogestite imposte dai maoisti nel 1958. Come già detto, la stessa misura verrà presumibilmente adottata per il vescovo illegittimo di Shantou, per quello di Harbin e per tutti i prossimi consacrati senza approvazione papale. L’altro ieri, un nuovo blog in cinese e inglese inaugurato dall’agenzia Fides – organo della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli – ha pubblicato un vademecum a domande e risposte in cinese e inglese per chiarire nel dettaglio le implicazioni canoniche dei recenti pronunciamenti vaticani sulle ordinazioni illecite. Stando al testo emanato da Fides, anche i vescovi in comunione con Roma che hanno partecipato come consacranti a ordinazioni illegittime sarebbero al momento sospesi a una «presunta imputabilità» e non sarebbe loro consentito nemmeno di amministrare legittimamente i sacramenti tra i propri fedeli, finchè le loro posizioni e le loro eventuali attenuanti non verranno valutate dagli uffici vaticani. Una interpretazione che non trova consenso unanime tra i canonisti, nemmeno in Vaticano.

L’effetto presumibile del meccanismo messosi in moto è una crescita esponenziale e rapida del numero di vescovi cinesi illegittimi agli occhi della Santa Sede. Nel 1962, dopo i primi anni di ordinazioni “indipendenti” fatte celebrare dal regime a ritmi industriali, in Cina c’erano solo una ventina di vescovi nominati da Roma prima dell’avvento dei comunisti, mentre i vescovi nominati dagli organismi patriottici con l’approvazione del governo ma senza quella del Papa erano ben 42. Dopo gli anni atroci della Rivoluzione culturale, quella vasta area di illegittimità episcopale era stata lentamente riassobita, anche grazie alla via scelta della sanatio concessa a molti vescovi che dichiaravano di non aver mai rinnegato nel proprio cuore il desiderio di comunione col successore di Pietro. Nel novembre scorso, tra i vescovi cinesi con approvazione governativa, quelli non riconosciuti da Roma erano solo 5 su circa 80. Tutti eletti negli ultimi anni, durante altre recenti fasi travagliate della vicenda sino-vaticana.





Adesso, il numero dei vescovi illegittimi - alcuni dei quali scomunicati coram populo dalla Sede apostolica – torna a crescere a ritmi forzati. In poco tempo potranno presto raggiungere la cifra di 15-20 unità. E potrebbe crescere in fretta anche la quota di vescovi “sospetti” chiamati a giustificare davanti alle istanze vaticane la propria arrendevolezza nei confronti delle pressioni e delle coazioni usate dal regime per convincerli o costringerli a prendere parte come consacranti alle liturgie di ordinazione illegittima.





In una situazione così confusa, carica di tensioni, sofferenze, incomprensioni e montanti diffidenze, con canali di comunicazione intermittenti o saltati anche tra la Santa Sede e gran parte della Chiesa di Cina, si vanno preparando le condizioni ideali per far scoccare la scintilla dello scisma.





Negli anni Cinquanta, davanti agli esordi virulenti della politica religiosa maoista, Pio XII nell’enciclica Ad Apostolorum Principis (1958) aveva ribadito che per la «consacrazione abusiva, la quale è un gravissimo attentato alla stessa unità della Chiesa, è stabilita la scomunica riservata specialissimo modo alla Sede Apostolica». Ma papa Pacelli non aveva mai applicato alla dolorosa vicenda della cattolicità cinese la categoria dello scisma. Lo aveva fatto, sia pur in termini ipotetici, il suo successore Giovanni XXIII. A poche settimane dalla sua elezione, in un discorso pronunciato davanti ai cardinali il 15 dicembre 1958, papa Roncalli trattando la questione cinese si era rivolto «a coloro che si mostrano deboli, vacillanti e titubanti ed espressamente a coloro che, avendo occupato illegittimamente il posto dei sacri pastori, hanno infelicemente aperto la strada ad un funesto scisma. Questa parola “scisma”, mentre la pronunciamo, è come se bruciasse le nostre labbra e angustia il nostro cuore».





Negli anni successivi, diversi missionari espulsi dalla Cina - compreso il grande Lorenzo Bianchi, missionario del Pime e vescovo di Hong Kong - avevano parlato al Papa dei reali sentimenti e delle sofferenze subite dai cristiani cinesi per la loro fede, invitandolo a usare espressioni più calibrate: «ho domandato al Papa» scrive in una lettera il vescovo Karl Van Melckebeke, per trent’anni missionario nelle provincia cinesi «che la parola scisma non sia mai più usata nel caso in cui il Vaticano dovesse mostrare la propria disapprovazione riguardo alle parole o agli atti dell’episcopato di Cina. Giovanni XXIII me l’ha promesso. Dopo, per quanto ne so, il Vaticano non ha più usato quell’espressione».

Sarebbe un amaro paradosso se l’ombra di uno scisma cinese tornasse a incombere durante il pontificato di Benedetto XVI, il Papa che tanto ha fatto per riassorbire tutte le ferite dello scisma lefebvriano.



http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage...os-chinos-4971/
 
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view post Posted on 12/10/2011, 17:25
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10/10/2011
L’esplosione di Dio nella patria dell’ateismo
Cattolici cinesi

Cattolici cinesi
Il governo afferma che sono circa 25 milioni: 18 milioni di protestanti di varia affiliazione, e sei milioni di cattolici. Ma i fedeli sono certamente molti di più
Marco Tosatti
Roma

Molte delle chiese in Cina sono piene ogni domenica di fedeli. Il numero dei cristiani si moltiplica, anche se le statistiche, ufficiali e meno ufficiali, non riescono a dare un’immagine affidabile di quello che sembra un fenomeno di proporzioni straordinarie. Tanto che c’è da chiedersi, come ha fatto una recente inchiesta della BBC, se non sia il capitalismo sfrenato messo in atto dal regime, dopo decenni di repressione ideologica, a provocare quest’ondata di spiritualità.



Sulle cifre il dibattito potrebbe continuare all’infinito; e in realtà è impossibile dire quanti siano i seguaci di Cristo, divisi nelle diverse confessioni, nell’Impero del Drago. Il governo afferma che sono circa 25 milioni: 18 milioni di protestanti di varia affiliazione, e sei milioni di cattolici. Ma le cifre fornite da osservatori e analisti indipendenti fanno pensare che Pechino sia abbondantemente sottodichiarante; e fanno arrivare la cifra totale fino a 60 milioni. Che possono non essere gran cosa, nel mare di cinesi, ma costituiscono comunque una minoranza rispettabile significativa; la popolazione di un Paese come l’Italia. C’è chi dice, in maniera provocatoria, che di domenica ci sono più fedeli alle diverse celebrazioni cristiane che nelle chiese di tutta Europa… I nuovi convertiti passano in maniera trasversale attraverso tutti i vari segmenti della complessa società cinese: dai contadini nelle zone rurali remote ai giovani uomini d’affari delle megalopoli in piena espansione.



I rapporti storici fra Cina e cristianesimo sono molto antichi. Dal Medio oriente nei primi secoli i cristiani nestoriani si spinsero fino alle province occidentali dell’Impero; restano tracce archeologiche della loro presenza, che però non riuscì a mettere radici solide. Il secondo grande momento è legato ai missionari gesuiti (basta il nome di Matteo Ricci) che riuscirono a stabilire rapporti profondi con la società e la cultura cinese. Un momento magico, che l’invidia di altri ordini religiosi, e l’incapacità di Roma di comprendere una realtà così lontana, contribuirono a spegnere; forse uno dei più grandi e amari “avrebbe potuto essere…” della Chiesa cattolica.

Il terzo momento è quello dei missionari, negli ultimi secoli; e naturalmente i sacerdoti occidentali che venivano a predicare sono stati associati alla politica delle potenze occidentali. In particolare nel XX secolo, quando la spinta nazionalista si è fatta più forte. Dopo la vittoria comunista nel 1949 i missionari stranieri sono stati espulsi immediatamente. Ma il seme era gettato; esistevano già Chiese autoctone, cattoliche e protestanti. E immediatamente si creò la frattura fra una Chiesa legata e sottomessa al regime, e quanti invece volevano mantenere la loro indipendenza, in particolare per quei cattolici, poi soprannominati Chiesa clandestina, o Chiesa delle catacombe che desideravano mantenere la loro fedeltà al Papa e a Roma, cioè alla cattolicità universale. Da un punto di vista ideologico naturalmente i cristiani erano considerati più o meno come dei residui di un passato che il futuro rosso e trionfante avrebbe provveduto a cancellare. Mao descriveva la religione come un “veleno” sulla falsariga dell’oppio dei popoli di marxiana memoria. E la Rivoluzione culturale degli anni ’70 cercò semplicemente di sradicare la religione, e con essa il cristianesimo dalla Cina. Senza riuscirci, ovviamente; ancora una volta il sangue dei martiri – e in Cina non mancano – si è rivelato fruttuoso.



Nel 1980 credere in Dio è sostanzialmente tornato a essere legale, in Cina. Almeno fino a quando le varie Chiese fanno riferimento all’Amministrazione degli Affari religiosi, non compiono attività religiosa al di fuori dei loro luoghi di culto e sottoscrivono lo slogan “Ama il Paese – ama la tua religione”.

E adesso si è venuta a creare una situazione inedita. Lo storico conflitto fra Chiesa patriottica e Chiesa clandestina cattolica, un conflitto che ha creato martiri ed eroi, e ha alimentato speranze e delusioni, alternativamente, fino a pochi mesi fa, quando la Cina, per ragioni che forse sono anche economiche (le proprietà della Chiesa fanno gola a funzionari e burocrati) ha deciso di gelare le promesse di un possibile modus vivendi, ricominciando a nominare vescovi senza l’accordo con la Santa Sede, è stato in una certa misura superato da altri fenomeni, come la crescita al di fuori di ogni controllo delle Chiese domestiche. Piccoli – o neanche tanto piccoli – gruppi di cristiani evangelici che sull’esempio dei Pentecostali si riuniscono, pregano, rifiutano ogni organizzazione burocratica e statale e affrontano con coraggio e determinazione carcere e maltrattamenti. Anche in assenza di statistiche ufficiali è opinione comune, e piuttosto indiscussa che la Chiesa protestante cresce più velocemente di quella cattolica; anche quella ufficiale, con un fenomeno ignoto nei Paesi di tradizione evangelica.

Secondo Carl Moeller, presidente di “Open Doors” “la Chiesa non prospera ma è sotto persecuzione; il movimento cristiano cinese dal tempo della Rivoluzione culturale ad oggi è in questa condizione. I cristiani cinesi sono i “grandi maestri”, che insegnano alle Chiese occidentali in quest’area il segreto per una Chiesa sana, robusta e in crescita sia pure non ricca, che ha imparato a sopportare ogni genere di difficoltà a causa della verità del suo messaggio”.

Ma si addensano nuvole, su questo orizzonte epico di fede. Quelli che Moeller definisce “i semi di una futura debolezza”, la simpatia verso una “teologia della prosperità”. Il cristianesimo in Cina sta sperimentando una crescita esplosiva, e secondo Moeller questo accade soprattutto fra i giovani. “La generazione giovane infatti vede qualche cosa di più nella dinamica spirituale della teologia cristiana; vede una dinamica pratica del cristianesimo che si trasforma in un vantaggio economico”. E spiega: “C’è un’evidenza reale, tangibile, secondo cui gli uomini di affari cinesi che seguono la dottrina cristiana nei loro affari tendono ad avere più successo degli altri. Credo che qui abbiamo una dinamica spirituale ed economica unica, che facilita la crescita delle Chiese in Cina”.



Ma c’è un pericolo, in questo successo: “La dinamica della teologia della prosperità è molto attraente, in superficie; ma sfortunatamente lascia dietro di sé un’onda di delusione e sconforto, per coloro che credono che la teologia cristiana si riduca a ciò che possiamo materialmente avere qui sulla terra”.


http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage...h-iglesia-8722/
 
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FutureLoop foundation
view post Posted on 13/10/2011, 16:32




Fortunatamente questi cattolici non dipendono dal Vaticano.
Dipendono dal governo cinese: non so quale delle due autorità sia preferibile.
 
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Rinascimento
view post Posted on 13/10/2011, 16:37




Comunque non andranno lontano.
La cultura e la mentalità cinesi sono troppo lontane dal cristianesimo, che non riuscirà ad attecchire oltre una certa misura.
Lo stesso si può dire per l'India, dove, malgrado una presenza missionaria antichissima, i seguaci di questa religione sono sempre rimasti una piccolissima minoranza.
 
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FutureLoop foundation
view post Posted on 13/10/2011, 16:40




Meglio così: tra cristianesimo e induismo, o tra cristianesimo e buddhismo; sono sicuramente meglio i secondi.
 
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view post Posted on 28/4/2012, 05:29
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www.eilmensile.it/2012/04/28/il-vaticano-visto-da-hong-kong/

benedetto-cina

Il Vaticano visto da Hong Kong

28 aprile 2012versione stampabile

Gabriele Battaglia,
da Pechino

“Un’organizzazione che domina su un miliardo e trecento milioni di anime. Autoritaria e senza i vincoli imposti dalle tornate elettorali, le si accredita la mitica capacità di pianificare con anni, se non decenni, di anticipo. La sua autorità si basa sulla rigidità dottrinale e sulla capacità di imporla, si dedica periodicamente a purghe di seguaci sospettati di essere diventati troppo indipendenti. No, non sto parlando del Partito comunista cinese, ma del Vaticano. Possono essere nemici spirituali ma, come organizzazioni politiche, a volte sembrano gemelli”.

Inizia così, con un paragone piuttosto suggestivo, l’editoriale di Alex Lo – columnist del South China Morning Post – sulle ultime vicende che riguardano la chiesa di Roma: la “repressione” delle suore statunitensi e l’espansione a Oriente.
Nelle ultime settimane, il Vaticano si è dedicato a un giro di vite che ha colpito una delle manifestazioni più progressiste della chiesa cattolica: la Leadership Conference of Women Religious, un’associazione che riunisce molte suore Usa. Le monache sono state accusate di coltivare “temi femministi radicali” e di dedicarsi troppo alla povertà e all’ingiustizia economica, mentre non sarebbero sufficientemente dedite alla lotta contro l’aborto e il matrimonio gay. La grande chiesa di Roma ha le sue belle gatte da pelare – sostiene Lo – con gli scandali dei preti pedofili e “gli insabbiamenti diocesani”, e potrebbe ben accogliere le monache progressiste. “Ma gli uomini del Vaticano dovrebbero fare una riforma”, per cui “è meglio zittire le donne”. E per farlo, è stato appositamente nominato un vescovo.

Che la repressione possa disilludere molti cattolici non sembra infastidire il papa: “L’uomo ha un tocco spietato. Nel mese di luglio, ha preso la straordinaria decisione di richiamare l’ambasciatore vaticano a Dublino, per protesta contro un aspro attacco del Primo ministro irlandese a proposito del ruolo del Vaticano nel coprire gli abusi sessuali sui bambini da parte di sacerdoti irlandesi”.

I paragoni tra il Partito comunista cinese e il Vaticano non sono nuovi. Alcuni studiosi tendono ad assimilare la stessa Cina alla chiesa romana: nonostante il loro essere anche “Stato”, infatti, le si ritiene soprattutto due civiltà, probabilmente le ultime, che pretendono di rappresentare valori universali. È inevitabile quindi che cozzino. In Cina c’è “un solo imperatore sotto il cielo” e quindi anche i cattolici devono obbedire a lui in via esclusiva, non a un anziano signore biancovestito che sta a Luo Ma. D’altra parte, il papa non può concepire la Cina come universalismo, pena il proprio ridimensionamento (vi ricordate la tirata contro il “relativismo”?). Per lui la Cina non è che un “Cesare” a cui dare ciò che gli spetta, riservandosi il controllo delle coscienze.

Se a Pechino la via della riforma interna è lunga, accidentata, e spesso fa un passo avanti e due indietro, a Roma si preferisce esportare il problema adottando il metodo mercantilista: conquistare nuovi mercati.
Di nuovo Lo: “Per arrestare il declino della fede e dell’autorità cattolica in Occidente, a Roma sono necessarie riforme – ma questa è eresia. Al contrario, la via d’uscita per il papa è di concentrarsi su paesi come la Cina e altri mercati emergenti, luoghi dove i fedeli sono meno critici verso l’autorità e più ignoranti dei crimini della chiesa. Come ha detto John Allen, biografo di Papa Benedetto, il Santo Padre ha il ‘grande dono di pensare in termini di secoli’. Per il 21° secolo, il papa sa che il futuro è in Oriente”.
 
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view post Posted on 24/8/2016, 08:47
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Chiesa ufficiale e clandestina accomunate da identica crisi

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Fedeli cinesi ad una pocessione

www.asianews.it/theme-it/Vaticano-2.html

23/08/2016 - CINA
Il calo della popolazione cattolica in Cina e il suo impatto sulla Chiesa

Il dottor Anthony Lam Sui-ky, ricercatore all'Holy Spirit Study Centre della diocesi di Hong Kong e grande esperto della Chiesa in Cina, analizza il “fenomeno del Plateau” che ha colpito i fedeli nel Paese. Dopo un grande fiorire di battesimi e di vocazioni, i numeri dimostrano un rallentamento che mantiene stabile – ma stagnante – il numero della comunità cattolica: i fedeli oggi sono circa 10,5 milioni. La Chiesa ufficiale e quella non ufficiale hanno lo stesso dilemma e devono lavorare insieme per superarlo. Per gentile concessione di Tripod, traduzione a cura di AsiaNews.


di Anthony Lam Sui-ky

Edited by GalileoGalilei - 2/9/2016, 15:48
 
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view post Posted on 2/9/2016, 14:45
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http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351366

Primavera diplomatica tra Roma e Pechino. Ma per la Chiesa cinese è inverno
Calano i battesimi, crollano le vocazioni. I numeri descrivono un cattolicesimo in pieno declino. E intanto il negoziato procede. Due interventi rivelatori del cardinale Parolin

di Sandro Magister





ROMA, 1 settembre 2016 – Le anticipazioni su un possibile accordo tra la Santa Sede e Pechino riguardo alla nomina dei vescovi hanno trovato una conferma indiretta in due interventi consecutivi del segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, numero uno della diplomazia pontificia.

Il primo è l'intervista rilasciata il 24 agosto dal cardinale al quotidiano della conferenza episcopale italiana "Avvenire":

> Parolin: con l'accoglienza si costruisce la pace

Il secondo e più corposo intervento è la conferenza tenuta da Parolin il 27 agosto a Pordenone, tutta dedicata all'opera del cardinale Celso Costantini, primo delegato apostolico in Cina dal 1922 al 1933 e ardente fautore di relazioni diplomatiche in piena regola tra la Santa Sede e l'allora regime repubblicano cinese, relazioni effettivamente allacciate nel 1946 ma poco dopo annichilite dall'avvento di Mao Zedong al potere.

Parolin s'è guardato dall'entrare nel vivo della polemica tra gli ottimisti e i pessimisti riguardo al negoziato in corso, ai quali hanno dato voce rispettivamente – tra altri – i due cardinali cinesi John Tong e Joseph Zen Zekiun, ultimo e penultimo vescovo di Hong Kong:

> Nella nomina dei vescovi il papa si inchina a Pechino

Il segretario di Stato ha cercato piuttosto di gettare acqua sul fuoco e di assicurare che la Santa Sede farà il possibile per "arrivare a un accordo che sia soddisfacente per tutti".

*

Ad "Avvenire", interpellato circa i negoziati in corso, Parolin ha risposto così:

"I contatti tra la Santa Sede e la Cina continuano con spirito di buona volontà da entrambe le parti. Alla Santa Sede sta particolarmente a cuore che i cattolici cinesi possano vivere in modo positivo la loro appartenenza alla Chiesa e, nello stesso tempo, essere buoni cittadini e contribuire a rafforzare l’armonia dell’intera società cinese. E questo proprio perché i cattolici in Cina sono pienamente cinesi e, al contempo, pienamente cattolici. Il cammino della conoscenza e della fiducia reciproca richiede tempo, pazienza e lungimiranza da entrambe le parti. Si tratta di trovare soluzioni realistiche per il bene di tutti".

E circa le "due" Chiese presenti in Cina, quella subalterna al regime e quella senza riconoscimento ufficiale ed esposta a ogni vessazione, ha detto:

"Sostenere che in Cina esistono due differenti Chiese non corrisponde né alla realtà storica né alla vita di fede dei cattolici cinesi. Si tratta piuttosto di due comunità entrambe desiderose di vivere in piena comunione con il Successore di Pietro. Ciascuna di esse porta con sé il bagaglio storico di momenti di grande testimonianza e di sofferenza, il che ci parla della complessità e delle contraddizioni di quell’immenso Paese. La Chiesa in Cina conosce figure di eroici testimoni del Vangelo, un fiume di santità spesso nascosta o sconosciuta ai più. L’auspicio della Santa Sede è di vedere, in un futuro non lontano, queste due comunità riconciliarsi, accogliersi, donare e ricevere misericordia per un comune annuncio del Vangelo, che sia veramente credibile. A papa Francesco sta a cuore che si superino le tensioni e le divisioni del passato, per poter scrivere una pagina nuova della storia della Chiesa in Cina. Ho fiducia che questo cammino possa essere un esempio eloquente per il mondo intero, costruendo dappertutto ponti di fraternità e di comunione".

*

Meno centrata sull'attualità ma ancor più eloquente è stata poi la conferenza tenuta dal cardinale Parolin a Pordenone.

Ad esempio, nel ripercorrere gli insuccessi di Celso Costantini nell'allacciare i rapporti diplomatici con la Cina, insuccessi dovuti alle resistenze delle autorità vaticane, Parolin ha contrapposto alle diffidenze di allora la buona volontà dell'attuale papa, molto più in "sintonia" – ha detto – con i lungimiranti propositi dell'allora delegato apostolico:

"Costantini prese atto del fallimento dei due tentativi negoziali, considerandoli battaglie perdute che non pregiudicavano il conseguimento della vittoria finale: stabilire rapporti diplomatici tra Chiesa e Stato in Cina. Mi viene in mente la sintonia di questo atteggiamento con quanto indicato da Papa Francesco su 'la santità del negoziato'. Nella sua omelia a Santa Marta del 9 giugno 2016, il pontefice affermò: 'Bisogna vivere 'la santità piccolina del negoziato', ossia quel 'sano realismo' che 'la Chiesa ci insegna': si tratta, cioè, di rifiutare la logica del 'o questo o niente' e di intraprendere la strada del possibile per riconciliarsi con gli altri".

E giunto alla conclusione, nel trarre una lezione per oggi da quel grande precursore che fu Costantini, il cardinale Parolin ha detto:

"Oggi, come allora, molte sono le speranze e le attese per nuovi sviluppi e una nuova stagione nei rapporti tra la Sede Apostolica e la Cina, a beneficio non solo dei cattolici nella terra di Confucio, ma dell’intero Paese, che vanta una delle più grandi civiltà del pianeta. Oserei dire che tutto ciò sarà a beneficio anche di una ordinata, pacifica e fruttuosa convivenza dei popoli e delle nazioni in un mondo, come il nostro, lacerato da tante tensioni e da tanti conflitti.

"Considero importante sottolineare con forza questo concetto: le auspicate nuove e buone relazioni con la Cina – comprese le relazioni diplomatiche, se così Dio vorrà! – non sono fine a sé stesse o desiderio di raggiungere chissà quali successi 'mondani', ma sono pensate e perseguite, non senza timore e tremore perché qui si tratta della Chiesa, che è cosa di Dio, solo in quanto 'funzionali' – ripeto – al bene dei cattolici cinesi, al bene di tutto il popolo cinese e all’armonia dell’intera società, in favore della pace mondiale.

"Papa Francesco, come già i suoi predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, conosce bene il bagaglio di sofferenze, di incomprensioni, spesso di silenzioso martirio che la comunità cattolica in Cina porta sulle proprie spalle: è il peso della storia! Ma conosce pure, insieme alle difficoltà esterne ed interne, quant’è vivo l’anelito alla comunione piena con il successore di Pietro, quanti progressi sono stati compiuti, quante forze vive agiscono testimoniando l’amore a Dio e l’amore al prossimo, soprattutto alle persone più deboli e bisognose, che è la sintesi di tutto il cristianesimo. E conosce e incoraggia, soprattutto nel contesto del Giubileo della Misericordia, il perdono reciproco, la riconciliazione tra fratelli e sorelle che sperimentano la divisione, lo sforzo di crescere nella comprensione, nella collaborazione, nell’amore!

"Siamo tutti chiamati ad accompagnare con affettuosa vicinanza, rispetto, umiltà e, soprattutto con la preghiera, questo cammino della Chiesa in Cina. Si tratta di scrivere una pagina inedita della storia, guardando avanti con fiducia nella Provvidenza divina e sano realismo, per assicurare un futuro in cui i cattolici cinesi possano sentirsi profondamente cattolici, ancor più visibilmente ancorati alla salda roccia che, per volontà di Gesù, è Pietro, e pienamente cinesi, senza rinnegare o sminuire tutto quello che di vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato (cfr. Fil. 4, 8) ha prodotto e continua a produrre la loro storia e la loro cultura. Nulla vi è di genuinamente umano, ci ripete il Concilio Vaticano II, che non trovi eco nel cuore dei discepoli di Gesù! (cfr. GS n. 1).

"Va realisticamente accettato che i problemi da risolvere tra la Santa Sede e la Cina non mancano e possono generare, spesso per la loro complessità, posizioni ed orientamenti diversi. Ma tali problemi non sono del tutto dissimili da quelli sorti ed affrontati positivamente 70 anni fa. Il cardinale Celso Costantini rimane, pertanto, una fonte di ispirazione e un modello di estrema attualità".

*

Il giorno dopo, da Pechino, il portavoce del ministero degli esteri cinese, Hua Chunying, ha così commentato la conferenza del cardinale Parolin:

"Siamo positivi e sinceri nel migliorare le relazioni col Vaticano e col nuovo papa, ma abbiamo naturalmente alcuni principi su cui insistiamo. Abbiamo visto progressi tra Cina e Vaticano. Manteniamo tranquilli, amichevoli ed efficaci canali di comunicazione. Ci sono progressi nelle nostre relazioni. Speriamo di lavorare insieme col Vaticano per continuare a migliorare le nostre relazioni".

Una differenza rispetto ai tempi di Costantini è che oggi le parti sono rovesciate. A resistere alle profferte della controparte era allora la Santa Sede, mentre oggi è il governo cinese che è più restio a cedere dalle sue posizioni di forza e resta fermo – come ha detto il suo portavoce – su alcuni suoi "principi" praticamente non negoziabili, tutt'altro che facili ad essere smussati e accettati dalla Chiesa.

Un'ennesima conferma di tale ritrosia è un articolo pubblicato il 29 agosto su "Global Times", il magazine internazionale del governativo "Quotidiano del Popolo", dal titolo "Ostacoli continuano a tenere in stallo i rapporti sino-vaticani", nel quale si rivanga l'annosa richiesta al Vaticano di "tagliare i suoi canali ufficiali con Taiwan":

> "Global Times": Ostacoli e pessimismo nei rapporti fra Cina e Vaticano

E si legge:

"La Cina non è così impaziente di stabilire relazioni formali con il Vaticano, unica nazione europea che non ha questo tipo di rapporti con la Cina, perché non è una questione urgente che potrebbe danneggiare lo status internazionale del Paese se non viene risolta subito".

Ma poi c'è anche un'altra differenza, più di sostanza. Negli anni in cui Costantini fu delegato apostolico in Cina, la Chiesa cinese ebbe una fioritura straordinaria, che lui stesso riassunse così, come ricordato dal cardinale Parolin:

"Quando, nel 1922, andai in Cina le missioni, cioè le circoscrizioni ecclesiastiche erano 57 e nessuna era affidata a prelati indigeni. Quando partii, nel 1933, le circoscrizioni ecclesiastiche erano 121. E di esse 23 erano affidate a superiori cinesi".

Oggi accade il contrario. Lo stato di salute della Chiesa cinese è tutt'altro che florido. È una Chiesa in ripiegamento, invecchiata, senza più la spinta propulsiva di anni addietro, afflitta da un netto calo dei battesimi e delle vocazioni, sia maschili che femminili.

A tratteggiare questa diagnosi è Anthony Lam Sui-ky, grande esperto della Chiesa in Cina, in un articolo fitto di dati apparso sull'ultimo numero di "Tripod" la rivista dell'"Holy Spirit Study Center" di Hong Kong:

> Catholic Population in China Since 2000 and Its Impact

Eccolo riprodotto qui di seguito. La traduzione italiana è quella pubblicata da "Asia News" il 23 agosto.

Una lettura da non perdere. Perché l'avventura della Chiesa cinese non è fatta solo di diplomazia, sia pure con la sua "santità piccolina".

__________



Il calo della popolazione cattolica in Cina e il suo impatto sulla Chiesa

di Anthony Lam Sui-ky


A partire dall’anno 2000, la Chiesa cattolica di Cina ha affrontato tutta una serie di sfide. Tra queste, il calo dei numeri relativi alla popolazione cattolica è di sicuro una delle più significative. La stagnazione della crescita nella popolazione cattolica si affianca all’invecchiamento dei fedeli. E questo porta con sé anche una crisi nel numero delle vocazioni.

Nel 2000 nessuno si preoccupava delle vocazioni. A quel tempo le persone erano impegnate soltanto a trovare un modo per costruire campus e seminari sempre più grandi, in modo da accogliere un numero di seminaristi in costante crescita. Ma nei dieci anni successivi, questo numero è crollato in maniera significativa.


La crescita della popolazione cattolica e il suo declino


L’Accademia cinese delle scienze sociali ha pubblicato nel 2010 un “Libro blu sulle religioni”, apparso l’11 agosto di quell’anno. Il testo conteneva statistiche sull’appartenenza alla Chiesa cattolica e a quelle protestanti. All’epoca, quella di pubblicare tali numeri fu una decisione importante, e quindi ne parlai con i nostri lettori. Secondo la pubblicazione:

"Fino al 10 dicembre 2010 vi erano in Cina 3.397 membri del clero cattolico (vescovi, sacerdoti e diaconi). In questo numero rientrano i 3.268 sacerdoti residenti in circa 100 diverse diocesi. Nella Cina continentale vi erano 10 seminari maggiori con 628 iscritti; 106 conventi con 5.451 sorelle che hanno già pronunciato i propri voti; 30 seminari di preparazione con 630 partecipanti. Vi erano circa 350 membri di congregazioni religiose maschili; 5.967 chiese o centri di preghiera sparsi per tutta la nazione. Secondo statistiche non complete, la Cina ha circa 5.714.853 fedeli cattolici” (p. 98).

Ciò che rende questo testo diverso dal passato è il fatto che i ricercatori che lo hanno curato “hanno preso in considerazione alcune circostanze speciali. Quindi il numero reale di cattolici nella Cina continentale dovrebbe superare i 6 milioni di unità” (ivi). E aggiunge ancora il “Libro blu” che dopo 400 anni di sviluppo [ovvero dall’arrivo di Matteo Ricci e compagni - ndt] “il numero potrebbe oscillare fra i 6 e i 12 milioni” (p. 107).

È interessante notare che la differenza fra i nostri dati e quelli ufficiali rimane abbastanza stabile. Nel 1998 proposi per la prima volta un numero per la popolazione cattolica in Cina: circa 8 milioni. Il governo lo fissava invece intorno ai 3,5 milioni. Quindi la proporzione fra le due previsioni era di 2,3 cattolici contro 1. Nel 2005 ho fissato la presenza cinese intorno ai 12 milioni mentre per il governo essa era di 5,3 milioni. La proporzione era rimasta uguale.

I dati presentati dimostrano che anche oggi la proporzione fra i nostri numeri e quelli ufficiali rimane stabile. È presumibile che in entrambi i casi si siano usati metodi di ricerca validi: la discrepanza fra i numeri è dovuta ad altre questioni. Vi sono infatti “diverse definizioni di Chiese ufficiali e non ufficiali”, ma anche il “mercato nero della popolazione” [i nati non registrati che vivono nel Paese - ndt] e altre ancora. È comunque una buona cosa che il “Libro blu” del 2010 sia d’accordo nello stabilire che “il numero reale di cattolici in Cina potrebbe superare i 6 milioni”. Dimostra che vogliono affrontare la realtà in un modo più pragmatico.


Il “fenomeno del Plateau”


Con il termine “fenomeno del Plateau” si indica una comunità che ha vissuto un rapido sviluppo ma non è riuscita a mantenerlo stabile. E quindi i nuovi membri di questa comunità vanno semplicemente a rimpiazzare quelli che si perdono, senza far crescere il gruppo.

Grazie a una serie di dati che ho raccolto, si può dire che non più tardi dell’anno 2000 la Chiesa cattolica in Cina era già entrata nel “fenomeno del Plateau”.

Se prendiamo come base il numero di 12 milioni di fedeli e consideriamo che l’aspettativa di vita media in Cina è di 75,6 anni – presumendo che l’età media di ogni battesimo sia a 18 anni – allora si può calcolare che ogni anno la Chiesa ha bisogno di 210 mila nuovi battesimi soltanto per coprire le “perdite” naturali. Questo non include il drenaggio di fedeli da altre religioni o sette, come la famigerata “Oriental Lighting”.

La Chiesa ufficiale di Cina sostiene che ogni anno – nel periodo fra il 2004 e il 2010 – si sono celebrati fra i 90 mila e i 100 mila battesimi. Se a questi aggiungiamo i numeri della Chiesa non ufficiale, allora arriviamo a un numero totale di nuovi fedeli che arriva appena a coprire il necessario. Lo schema che segue rappresenta i dati di Faith Press.

Numero di nuovi battesimi celebrati a Pasqua:

2011: 20.000

2012: 22.000

2013: 16.000

2014: 24.000

2015: 19.554

Se a questi numeri aggiungiamo gli altri battesimi celebrati nel resto dell’anno vediamo che nella Chiesa ufficiale potrebbero entrare fra i 30 mila e i 35 mila nuovi cattolici l’anno. Comparati con i dati del periodo fra il 2004 e il 2010 – fra i 90 mila e i 100 mila battesimi ogni anno – si nota un'evidente decrescita della popolazione cattolica.

Prendendo in considerazione varie statistiche, e dopo una serie di interviste che ho condotto nell’estate del 2014, possiamo dire che oggi i cattolici in Cina siano circa 10,5 milioni (ovvero lo 0,77 per cento del totale della popolazione). Un mio collega ha condotto un altro calcolo, su parametri diversi, arrivando a fissare “fra i 9 e i 12 milioni” i fedeli cinesi. Questi dati convivono bene.

Il 13 aprile 2015 la Gallup International – che raggruppa 75 organizzazioni indipendenti che operano nel mondo dei sondaggi – ha pubblicato un rapporto su una ricerca condotta in 65 aree o nazioni nel periodo fra settembre e dicembre 2014. Il tema era il fattore religioso.

Secondo questo rapporto, la nazione meno religiosa fra quelle prese in considerazione era la Cina: qui il 61 per cento degli intervistati si è definito “ateo convinto”, circa il doppio rispetto a ogni altra nazione, mentre il 29 per cento si è definito “non religioso”. Soltanto il 7 per cento degli intervistati cinesi si è definito religioso.

Un’altra fonte di dati che merita attenzione è il sondaggio sul panorama religioso condotto nel 2007 dall’americano Pew Forum on Religion & Public Life. Pubblicato nel 2008, il testo indicava che il 14 per cento degli adulti cinesi intervistati si definiva religioso, e che i cattolici rappresentavano l’1 per cento della popolazione. Secondo il sondaggio Gallup 2014, i fedeli cattolici sono invece lo 0,5 per cento.


Declino e crollo delle vocazioni


Il calo della popolazione cattolica porterà a un calo nel numero delle vocazioni, anche se ci vorranno alcuni anni prima di vedere il fenomeno in tutta la sua ampiezza. Negli ultimi 15 anni le vocazioni sacerdotali e religiose in Cina hanno subito duri colpi. Lo schema che segue riflette il declino delle vocazioni fra i giovani.

Seminaristi maggiori e minori della Chiesa ufficiale:

1996
Maggiori 1000
Minori 600

1998
Maggiori 1000
Minori 600

2000
Maggiori 900
Minori 700

2002
Maggiori 870
Minori 800

2004
Maggiori 710
Minori 740

2006
Maggiori 650
Minori 530

2008
Maggiori 610
Minori 550

2010
Maggiori 630
Minori 600

2012
Maggiori 533
Minori 490

2014
Maggiori 560
Minori 400

Seminaristi della Chiesa non ufficiale:

1996: 700

1998: 800

2000: 800

2002: 800

2004: 800

2006: 400

2008: 400

2010: 550

2012: 450

2014: 300

Totale seminaristi:

1996: 2300

1998: 2400

2000: 2400

2002: 2470

2004: 2250

2006: 1580

2008: 1560

2010: 1780

2012: 1473

2014: 1260

Passiamo ora alle vocazioni religiose femminili. La situazione è persino peggiore.

Suore in formazione, Chiesa ufficiale:

1996: 1500

1998: 1500

2000: 1500

2002: 900

2004: 600

2006: 320

2008: 200

2010: 100

2012: 50

2014: 50

Suore in formazione, Chiesa non ufficiale:

1996: 1000

1998: 1000

2000: 1000

2002: 900

2004: 600

2006: 230

2008: 200

2010: 100

2012: 100

2014: 106

Totale suore in formazione:

1996: 2500

1998: 2500

2000: 2500

2002: 1800

2004: 1200

2006: 550

2008: 400

2010: 200

2012: 150

2014: 156


I numeri delle ordinazioni


In Cina non è facile preparare statistiche complete e concrete per le comunità cattoliche non ufficiali. Durante il decennio fra il 1999 e il 2008, il numero totale delle ordinazioni nelle comunità non ufficiali è stato stimato intorno alle 280 unità.

Dal punto di vista della Chiesa ufficiale, durante lo stesso periodo, le ordinazioni sono state 560. In media ogni anno sono stati ordinati circa 50 giovani uomini. Il dato non è enorme ma non è neanche troppo piccolo. Quello che rende questi numeri preoccupanti è che negli anni precedenti le ordinazioni erano di più. Dal 1999 al 2004 ogni anno se ne sono contate in media fra le 70 e le 80. Da allora i numeri sono calati in maniera costante.

Il numero delle ordinazioni dipende dal numero delle vocazioni. Il “fruttuoso” risultato relativo alle ordinazioni dei primi anni del XXI secolo è soltanto il fanalino di coda del fiorire religioso che si è verificato alla fine del XX secolo. Proseguendo il declino, possiamo prevedere per il futuro un numero di ordinazioni di sicuro non ottimistico.

Ordinazioni nelle comunità ufficiali e sotterranee celebrate dall’anno 2000.

2000: 134

2001: 110

2002: 171

2003: 87

2004: 164

2005: 89

2006: 76

2007: 82

2008: 40

2009: 47

2010: 65

2011: 46

2012: 78

2013: 66

2014: 78


Conclusioni


Di certo il calo delle vocazioni è il risultato di diverse cause, fra cui alcune di natura politica. Tuttavia i dati presentati mi inducono a fare attenzione a questi punti:

1. Mentre cala il numero delle vocazioni, dovremmo rafforzare il lavoro di formazione dei giovani sacerdoti. In passato i seminari dovevano affrontare questioni educative molto complicate e non si risparmiavano sforzi per ottenere una migliore formazione. Oggi dobbiamo recuperare questo dislivello.

2. Dovrebbe essere migliorata anche la formazione dei laici. Mentre diminuiscono i nuovi sacerdoti, una parte del lavoro in tante comunità cattoliche potrebbe essere assegnato a loro. Quindi hanno il bisogno e il diritto di una buona preparazione.

3. Dovrebbero essere incoraggiate anche le vocazioni adulte. Trovare seminaristi è un lavoro a tutto campo, non si dovrebbe puntare soltanto sui giovani. Mentre la Cina si trasforma in una società “middle-class”, tanti professionisti potrebbero riprendere in esame la propria vita e forse considerare un nuovo percorso. In questo gruppo di persone forse è stato piantato qualche seme di vocazione. La Chiesa dovrebbe dare loro il sostegno necessario, fornendo aiuto spirituale e discernimento vocazionale.

1.9.2016

Edited by GalileoGalilei - 7/9/2016, 09:20
 
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http://www.fides.org/it/news/60687-ASIA_CI...si#.V8-64vmLSUk

ASIA/CINA - Le “Sale della preghiera” si diffondono negli aeroporti internazionali cinesi
martedì, 6 settembre 2016

hen Zhen (Agenzia Fides) – Circa 30 metri quadrati di superficie, con la decorazione sobria ed essenziale di una cappella, con i banchi e le copie della Bibbia a disposizione, per permettere ai passeggeri di potersi concedere un momento di preghiera o di meditazione: è stata definita “oasi spirituale”, la sala di preghiera aperta da poco nel trafficato aeroporto internazionale di Shen Zhen, zona di libero commercio nel sud della Cina popolare.
Secondo le notizie raccolte da Fides, la stampa locale ha riportato che “l’apertura della sala della preghiera è un segno di riconoscimento della cultura cristiana, di rispetto per gli ospiti internazionali, facilitando le loro esigenze morali e spirituali. Essendo una città con un grande afflusso di stranieri, l’iniziativa aiuta anche ad una conoscenza della cultura cristiana, promuovendo l’evangelizzazione”.
Negli ultimi anni, diversi aeroporti internazionali cinesi hanno allestito una sala della preghiera, destinata a cristiani, musulmani e fedeli di varie religioni, come l’aeroporto internazionale di Pechino (con due sale); l’aeroporto internazionale Shuang Liu di Cheng Du, capoluogo della provincia di Si Chuan; l’aeroporto internazionale di Xian Yang di Xi An; quello di Kun Ming, capoluogo della provincia di Yun Nan; l’aeroporto internazionale di Ordos nella Mongolia interna.
I cristiani cinesi apprezzano molto l’iniziativa, e secondo alcuni di loro, “devono cogliere questa opportunità per promuove la fede”. (NZ) (Agenzia Fides 2016/09/06)
 
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