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Diocesi di Sorrento e Ischia. Parrocchiani e Comune difendono diritto di patronato, Privilegio popolare medievale di 21 parrocchie (15 in Italia) schiacciato dalla diocesi che fa orecchie da mercante

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view post Posted on 20/6/2022, 09:00

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Piano di Sorrento, lettera di Domenico Cinque al Vescovo sul Giuspatronato: “Le sue scelte ledono i diritti e la Storia della comunità”
di Redazione - 19 Giugno 2022 - 18:58Commenta Stampa Invia notizia 5 min
Più informazioni su ius patronatus domenico cinquemons. francesco alfano penisola sorrentinapiano di sorrento

Monsignor Francesco Alfano
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Piano di Sorrento, lettera di Domenico Cinque al Vescovo sul Giuspatronato: “Le sue scelte ledono i diritti e la Storia della comunità”
Piano di Sorrento, lettera di Domenico Cinque al Vescovo sul Giuspatronato: “Le sue scelte ledono i diritti e la Storia della comunità”
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Piano di Sorrento. Domenico Cinque da 16 anni ha fatto propria la “lotta” per difendere il diritto allo “jus patronatus”. Una voce nel deserto fino a quando il tema non è tornato alla ribalta con prepotenza a seguito dell’annunciato trasferimento di Don Pasquale Irolla che a settembre lascerà la Parrocchia di San Michele Arcangelo per raggiungere l’isola di Capri. Ed in campo è scesa anche l’Arciconfraternita “Morte e Orazione” di Piano di Sorrento che ora affianca Domenico nella sua battaglia per il ripristino di un diritto negato. Domenico Cinque ha scritto una lettera in cui si rivolge al Vescovo dell’Arcidiocesi Sorrento-Castellammare di Stabia e cita innanzitutto il paragrafo 74 della “Gaudium et spes”: “Sia però lecito difendere i diritti propri e dei concittadini contro gli abusi dell’autorità, nel rispetto dei limiti dettati dalla legge naturale e dal Vangelo” e poi il canone 212 §3 del Codice di Diritto Canonico: “In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi (i fedeli) hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità delle persone”.
Ed ecco il testo della lettera: «Eccellenza, chi le scrive non rappresenta altro che se stesso e l’amore per la sua terra e le sue tradizioni, un fedele fra i tanti, ma è convinto di portare l’eco che giunge dai nostri avi vissuti secoli fa. Un popolo di gente umile ma leale, che aveva a cuore la comunità e con essa la parrocchia in cui viveva. Gente seria a cui non servivano contratti o scritture private e che i patti li siglava con una stretta di mano. Questa gente, che spesso faticava a mettere insieme il pranzo con la cena, ha eretto le nostre chiese e curato le esigenze del clero. Il giuspatronato, termine inviso al clero di oggi, non è un privilegio ma è un diritto che quella gente ha conquistato.
Eccellenza guardi le belle chiese della Penisola, su ogni pietra troverà le gocce di sudore del contadino che si spaccava la schiena per vivere eppure donava parte del suo già misero ricavo per abbellire la casa di Dio e, se non aveva abbastanza denaro, contribuiva con parte del raccolto. Guardi i bei dipinti e si renda conto che su ogni tela ci sono le lacrime delle mogli e delle madri che aspettavano il ritorno di chi si guadagnava la vita sul mare e nonostante i sacrifici destinava una quota della paga alla sua parrocchia. Guardi i bei marmi che ornano colonne ed altari e consideri che su ogni lastra di marmo ci sono le notti insonni dei nostri commercianti che dovevano far quadrare i conti della bottega e della famiglia. Ogni chiesa, ogni cappella della nostra bella penisola è intrisa di sudore e lacrime di chi nei secoli ha donato parte del suo lavoro, della sua vita, alla collettività.
La Chiesa di allora, che è anche quella di oggi, con quelle persone strinse un patto, gli garantì che in cambio di quei contributi avrebbero potuto eleggere chi poi quei beni avrebbe gestito e cioè il Parroco e l’amministrazione laica. Un patto codificato dalla Chiesa ed a cui oggi nei fatti la Diocesi viene meno unilateralmente. I fedeli invece quel patto lo continuano ad onorare, dopo il terremoto del 1980 l’allora amministrazione laica della Parrocchia di San Michele, con altri personaggi che godevano della stima della collettività, girò porta a porta per raccogliere o una somma una tantum o un impegno da parte della famiglia a versare periodicamente una cifra, il tutto per restaurare la Basilica rovinata dal sisma. Se poi Ella si troverà in visita a San Michele guardi le porte di bronzo e sappia che sono state finanziate dai fedeli che sono giunti a donare i propri gioielli d’oro per raccogliere la cifra necessaria.
Chi le scrive non è qui a chiedere il ripristino di un privilegio, ma è qui a pretendere un ritorno alla legalità che vuol dire un ritorno al rispetto delle norme e degli impegni. Sì la legalità, bella parola di cui spesso Lei ed altri Vescovi si sono riempiti la bocca ma poi, nei fatti, le norme vengono dalla Diocesi calpestate, ignorate, eluse. Qualche anno fa l’ultimo parroco della Parrocchia di San Michele disse in un’omelia che la Chiesa non è una democrazia ma una monarchia illuminata, si sbagliava! Il monarca illuminato governa rispettando le regole e le norme, il monarca che invece governa eludendo le regole che egli stesso si è dato, che non rispetta gli impegni assunti è semplicemente un despota. In questo momento la nostra diocesi, spiace dirlo, ma si comporta da despota eludendo, non violando (almeno al momento), le regole e considerando i fedeli sudditi e non fratelli.
Eccellenza le chiedo solamente un ripensamento, un atto di amore verso il suo popolo di cui è pastore ma che conosce così poco, un atto che ripristini la legalità da troppo tempo violata nei fatti. Le chiedo di riconoscere un diritto sacrosanto perché conquistato con i sacrifici di generazioni di carottesi, metesi, santanellesi e sorrentini. Le chiedo di indire al più presto libere elezioni in tutte le parrocchie che godono del diritto di “jus patronatus”, tutte da troppo tempo senza parroco. Scelga Lei liberamente le terne da sottoporre al voto, è una Sua prerogativa indiscussa. Scelga, ma poi ci lasci votare, lasci che un popolo eserciti un suo diritto, si comporti da sovrano serio ed illuminato e non da despota rinchiuso nella sua torre d’avorio e nel suo silenzio.
Oggi altre voci ben più autorevoli si stanno unendo alla mia che da 16 anni cerca di diffondere la conoscenza dello “jus patronatus” nella speranza che la conoscenza porti poi a pretendere l’esercizio di quel diritto. Ciò non può che rallegrarmi, discutere della nostra Storia, difendere un diritto che gli avi ci hanno tramandato, non solo è cosa buona e giusta ma è esercizio doveroso come sarebbe doveroso da parte Sua adempiere ad un obbligo specifico da troppo tempo eluso nella convinzione errata che poi il popolo avrebbe dimenticato, avrebbe rimosso e si sarebbe adeguato allo “status quo”. Ultimo gesto sinceramente fuori luogo Lei lo ha fatto in occasione della celebrazione delle Cresime il 17 giugno quando tra tanti sacerdoti con cui concelebrare ha scelto don Marino, scientemente ha voluto sottolineare, affiancandolo a don Pasquale, che il destino di quest’ultimo sarà lo stesso piaccia o no alla comunità dei fedeli. L’esibizione dei due sacerdoti sull’altare di San Michele come una sorta di trofeo in ostentazione del suo potere basato sull’elusione delle regole credo abbia superato il limite del buon gusto e solo l’educazione dei miei concittadini hanno evitato spiacevoli contestazioni. Chi ha capito subito il segnale che Lei ha voluto dare ha preferito lasciare la Basilica per rispetto verso il Padrone di Casa ma a molti è sembrato veramente un guanto di sfida lanciato alla nostra comunità che forse sta alzando la testa per rivendicare un suo sacrosanto diritto.
Eccellenza da fedele non posso che obbedire alle sue indicazioni in tema di dottrina della Fede, da uomo mi permetto di non condividere le sue scelte in tema di giuspatronato ritenendole lesive dei diritti e della Storia di un’intera comunità.
Auspicando un suo ripensamento la saluto distintamente».
 
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view post Posted on 24/6/2022, 09:51

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Piano di Sorrento, incontro sul Giuspatronato. Il Priore dell’Arciconfraternita Morte e Orazione: “Adesso è il tempo!” segui la diretta
di Redazione - 23 Giugno 2022 - 22:52Commenta Stampa Invia notizia 1 min
Più informazioni su arciconfraternita morte e orazionegiuspatronato mons. arturo aiellopriore michele gargiulo penisola sorrentinapiano di sorrento

Piano di Sorrento, incontro sul Giuspatronato. Il Priore dell'Arciconfraternita Morte e Orazione: "Adesso è il tempo!"
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Piano di Sorrento, incontro sul Giuspatronato. Il Priore dell'Arciconfraternita Morte e Orazione: "Adesso è il tempo!"
Piano di Sorrento, incontro sul Giuspatronato. Il Priore dell'Arciconfraternita Morte e Orazione: "Adesso è il tempo!"
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Piano di Sorrento. Dopo le parole pronunciate ieri sera da Mons. Arturo Aiello, vescovo di Avellino e per tanti anni parroco presso la Parrocchia di San Michele Arcangelo, con le quali invita a rimandare ad altri tempi i convegni sul Giuspatronato, in tanti hanno cominciato a domandarsi se l’incontro previsto per sabato 25 giugno, organizzato dall’Arciconfraternita Morte e Orazione di Piano di Sorrento per parlare della storia del Diritto di Patronato, sia confermato oppure no.
Ed oggi arriva un post pubblicato da Michele Gargiulo, Priore dell’Arciconfraternita Morte e Orazione, sul suo profilo Facebook: «“C’è un tempo bellissimo, tutto sudato
Una stagione ribelle
L’istante in cui scocca l’unica freccia
Che arriva alla volta celeste
E trafigge le stelle
È un giorno che tutta la gente
Si tende la mano
È il medesimo istante per tutti
Che sarà benedetto, io credo
Da molto lontano
È il tempo che è finalmente …”
Tutto andrà Bene! Affidatevi perché sappiamo che questo tempo non farà del male a nessuno; un tempo che sarà efficace e concorrerà con chi farà silenzio a fare la volontà del Signore.
È il tempo, credetemi anche per non perdere tempo. Adesso è il tempo!».
 
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view post Posted on 26/6/2022, 15:05

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https://www.ottopagine.it/na/attualita/297...l-parroco.shtml

"Morte e Orazione" a Piano di Sorrento: ecco le ragioni per eleggere il parroco
Il priore dell'Arciconfraternita Michele Gargiulo ha illustrato e documentato il valore del voto
Condividisabato 25 giugno 2022 alle 21.14
morte e orazione a piano di sorrento ecco le ragioni per eleggere il parroco


di Vincenzo Califano
Un dibattito, ha precisato Fabrizio d'Esposito, che non è pro o contro qualcuno visto che don Pasquale Irolla è stato trasferito a Capri e don Antonino D'Esposito lascia Castellammare di Stabia per arrivare a Piano di Sorrento.
Piano di Sorrento.
La tutela del diritto di patronato, cioè della prerogativa dei cittadini di una comunità di eleggersi il parroco, è stata al centro di un interessante incontro-dibattito organizzato dall'Arciconfraternita "Morte e Orazione" di Piano di Sorrento diretta dal priore Michele Gargiulo.

A introdurre il tema e a moderare il confronto ci ha pensato Fabrizio d'Esposito, giornalista de "Il Fatto Quotidiano", ma anche uno dei componenti dell'amministrazione dell'Arciconfraternita che ha inquadrato la discussione a prescindere dalla circostanza del trasferimento di don Pasquale Irolla, da 16 anni amministratore parrocchiale, a Capri e dalla nomina di Don Antonino D'Esposito che lascia Castellammare di Stabia per assumere la guida di una delle più antiche e prestigiose basiliche penisulari.

Un diritto però negato in quanto don Irolla successe all'attuale Vescovo di Avellino Mons. Arturo Aiello senza essere eletto, il primo della lunga storia dei parroci della San Michele a non passare attraverso il voto popolare, così come il suo successore don D'Esposito che a breve si insedierà a Piano di Sorrento.

Una discussione che non è stata pro o contro qualcuno, ma l'occasione per proseguire un confronto su un tema identitario della storia di Piano, ha evidenziato il priore Gargiulo ricostruendo i passaggi storici e le azioni compiute dai cittadini per l'edificazione e il mantenimento della Basilica, sin dalle origine ai giorni nostri.

E Gargiulo ha documentato significativamente le ragioni della legittimità della rivendicazione di questo diritto che deve smuovere le coscienze a salvaguardia della storia del paese. Tra le proposte, oltre a quella di coinvolgere anche le altre congregazioni delle chiese che conservano questo diritto, anche di rivolgere un'istanza al consiglio comunale di Piano di Sorrento affinchè sostenga le ragioni di un diritto sacrosanto e si è approfittato della presenza del presidente del consiglio comunale Giovanni Ruggiero per strappargli l'impegno a far esaminare la tematica dal civico consesso.

Insomma per chi ne voleva capire qualcosa di più su un argomento anche tecnicamente complesso l'iniziativa della "Morte e Orazione" ha rappresentato certamente un importante approfondimento in grado di sensibilizzare un'opinione pubblica distratta, ma soprattutto inconsapevole delle storie che stanno alla base di questo diritto di fatto "negato" dalla gerarchia ecclesiastica, ma che rischia di essere "rinnegato" se non si assume consapevolezza del suo valore.
 
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view post Posted on 12/7/2022, 04:55

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www.ilfattoquotidiano.it/in-edicol...al-500/6656932/

Sorrento. Se anche papa Francesco fa il clericale e abolisce l’elezione del parroco (vigente dal ’500)
11 LUGLIO 2022

Per oltre cinque secoli nella basilica di San Michele Arcangelo, a Piano di Sorrento (chi scrive è originario di questo paese del Napoletano), il parroco è stato scelto dai fedeli. Ne abbiamo scritto un paio di volte in questa rubrica: si chiama diritto di patronato e consente ai laici, in virtù di antichi oneri e

Edited by pincopallino1 - 10/4/2024, 15:19
 
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www.ilgiornaledivicenza.it/territo...aesi-1.10673847

Asiago, i capifamiglia eleggeranno il parroco. È lo "Jus Patronatus"
Gli asiaghesi sceglieranno l’arciprete in una lista di candidati fatta dal vescovo. Unico caso nella diocesi di Padova e sull'Altopiano
10 aprile 2024

Don Roberto col vescovo Cipolla. Il parroco lascia Asiago dopo 18 anni

Non ci saranno solo le elezioni amministrative ed europee nei prossimi mesi per gli asiaghesi. I cittadini di Asiago sono infatti chiamati alle urne anche il 26 maggio per eleggere il nuovo parroco. L’attuale arciprete don Roberto Bonomo si ritira per sopraggiunti limiti d’età e dopo 18 anni alla guida della comunità cristiana locale e quindi, come vuole la procedura dello “Jus Patronatus”, i capifamiglia del capoluogo altopianese e gli aventi di uso civico saranno chiamati a eleggere il nuovo parroco.

Il nuovo parroco di Asiago votato dai capifamiglia
La votazione viene preceduta dalla presentazione in consiglio comunale dei candidati ad arciprete di Asiago da parte del vescovo, o di un suo delegato. Successivamente il Consiglio comunale, attraverso il prefetto, indice delle consultazioni cui vengono invitati tutti i capifamiglia, voto a scrutinio segreto. L’elezione sarà valida solamente se il candidato scelto dal vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, raggiungerà la maggioranza assoluta dei voti favorevoli.

Una volta che i capifamiglia raggiungeranno la maggioranza, la procedura del diritto patronale prevede che il sacerdote scelto si presenti alla comunità e in quel momento firmi il contratto stilato dal Comune, divenendo difatti un dipendente comunale. Il contratto prevede, tra le altre cose, il dovere del prelato a visitare i malati, benedire le case, eseguire le rogazioni e dire messa almeno due volte al giorno. Il Comune, dal canto suo, dovrà provvedere ai bisogni del sacerdote fornendogli una casa, viveri, un salario ed eventualmente anche un mezzo per raggiungere i bisognosi di conforto spirituale.

Asiago è l’unica parrocchia dell'Altopiano in cui vige lo "Jus Patronatus"
Asiago è l’unica parrocchia della diocesi di Padova, e tra le poche in Italia, in cui vige ancora il giuspatronato comunitativo, istituto che perdura dal 1580, data in cui vene concesso ad Asiago dal pontefice Gregorio XIII. L’avvicendamento del parroco alla guida della comunità prevede questa particolare procedura oggi inconsueta ma presente in molte realtà nel passato. Tutti i Comuni altopianesi avevano questo diritto ma poi negli anni ’40 e ‘50 i capifamiglia hanno deciso di rinunciarvi e solo Asiago ha mantenuto il diritto.

Una procedura che risale al XIV secolo
«Le sue radici risalgono al XIV secolo e si legano ai concetti di proprietà delle chiese e al loro mantenimento comprensivo del sostentamento del parroco da parte della comunità che doveva persino fornirgli il cavallo per poter raggiungere gli angoli più remoti della parrocchia - spiega lo storico Emanuele Cunico -. A tutt’oggi il mantenimento e la gestione di spesa ordinaria e straordinaria del duomo dedicato a San Matteo è a carico delle casse comunale; così come il parroco risulta “dipendente” del Comune in quanto stipendiato dalla comunità».
 
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Asiago, i capifamiglia eleggeranno il parroco. È lo "Jus Patronatus"
Gli asiaghesi sceglieranno l’arciprete in una lista di candidati fatta dal vescovo. Unico caso nella diocesi di Padova e sull'Altopiano
10 aprile 2024

Don Roberto col vescovo Cipolla. Il parroco lascia Asiago dopo 18 anni
Non ci saranno solo le elezioni amministrative ed europee nei prossimi mesi per gli asiaghesi. I cittadini di Asiago sono infatti chiamati alle urne anche il 26 maggio per eleggere il nuovo parroco. L’attuale arciprete don Roberto Bonomo si ritira per sopraggiunti limiti d’età e dopo 18 anni alla guida della comunità cristiana locale e quindi, come vuole la procedura dello “Jus Patronatus”, i capifamiglia del capoluogo altopianese e gli aventi di uso civico saranno chiamati a eleggere il nuovo parroco.

Il nuovo parroco di Asiago votato dai capifamiglia
La votazione viene preceduta dalla presentazione in consiglio comunale dei candidati ad arciprete di Asiago da parte del vescovo, o di un suo delegato. Successivamente il Consiglio comunale, attraverso il prefetto, indice delle consultazioni cui vengono invitati tutti i capifamiglia, voto a scrutinio segreto. L’elezione sarà valida solamente se il candidato scelto dal vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, raggiungerà la maggioranza assoluta dei voti favorevoli.

Una volta che i capifamiglia raggiungeranno la maggioranza, la procedura del diritto patronale prevede che il sacerdote scelto si presenti alla comunità e in quel momento firmi il contratto stilato dal Comune, divenendo difatti un dipendente comunale. Il contratto prevede, tra le altre cose, il dovere del prelato a visitare i malati, benedire le case, eseguire le rogazioni e dire messa almeno due volte al giorno. Il Comune, dal canto suo, dovrà provvedere ai bisogni del sacerdote fornendogli una casa, viveri, un salario ed eventualmente anche un mezzo per raggiungere i bisognosi di conforto spirituale.

Asiago è l’unica parrocchia dell'Altopiano in cui vige lo "Jus Patronatus"
Asiago è l’unica parrocchia della diocesi di Padova, e tra le poche in Italia, in cui vige ancora il giuspatronato comunitativo, istituto che perdura dal 1580, data in cui vene concesso ad Asiago dal pontefice Gregorio XIII. L’avvicendamento del parroco alla guida della comunità prevede questa particolare procedura oggi inconsueta ma presente in molte realtà nel passato. Tutti i Comuni altopianesi avevano questo diritto ma poi negli anni ’40 e ‘50 i capifamiglia hanno deciso di rinunciarvi e solo Asiago ha mantenuto il diritto.

Una procedura che risale al XIV secolo
«Le sue radici risalgono al XIV secolo e si legano ai concetti di proprietà delle chiese e al loro mantenimento comprensivo del sostentamento del parroco da parte della comunità che doveva persino fornirgli il cavallo per poter raggiungere gli angoli più remoti della parrocchia - spiega lo storico Emanuele Cunico -. A tutt’oggi il mantenimento e la gestione di spesa ordinaria e straordinaria del duomo dedicato a San Matteo è a carico delle casse comunale; così come il parroco risulta “dipendente” del Comune in quanto stipendiato dalla comunità».
 
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https://www.difesapopolo.it/Diocesi/Asiago...uolo-di-parroco

Asiago, è don Antonio Guarise il candidato al ruolo di parroco
Lo ha presentato il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, nella serata di venerdì 3 maggio al consiglio comunale riunito in seduta straordinaria. Secondo le norme del Giuspatronato comunitativo, di cui la parrocchia di Asiago gode dal sedicesimo secolo, domenica 26 maggio i capifamiglia si recheranno alle urne per votare il nuovo parroco.

Asiago, è don Antonio Guarise il candidato al ruolo di parroco
03/05/2024
Il vescovo della Diocesi di Padova, mons. Claudio Cipolla, è intervenuto nella serata di venerdì 3 maggio alla seduta straordinaria del Consiglio comunale di Asiago per presentare, nel contesto dell’applicazione del giuspatronato comunitativo, il nome del candidato parroco per la comunità di San Matteo di Asiago.

Nel suo discorso il vescovo Claudio, dopo aver ringraziato mons. Roberto Bonomo per il servizio prestato in questi anni, ha ripercorso la particolarità del giuspatronato di Asiago che fa emergere l’impegno, tra parrocchia e amministrazione comunale, alla collaborazione e al dialogo costruttivo per il bene comune, nel rispetto delle reciproche competenze.
Il vescovo prima di presentare il candidato ha ricordato anche il ruolo e i compiti del parroco e il profilo che deve avere.

E infine il nome proposto: è don Antonio Guarise, attuale parroco di Conca di Thiene.
thumbnail_guarise don antonio_DSC4377 (1)
Originario di Varese, don Guarise è cresciuto a Rossano Veneto ed è stato ordinato nel 1984; ha 65 anni. È stato vicario parrocchiale nella parrocchia della Madonna Incoronata a Padova, quindi Santi Angeli in zona Guizza, sempre nel capoluogo e infine nella parrocchia del Duomo di Monselice.

Nel 1996 è nominato parroco a Carmignano di Sant’Urbano, al confine sud della Diocesi, incarico che si allarga, poi, alle vicine parrocchie di Balduina e Ca’ Morosini, fino a quando nacque l’unità pastorale di Sant’Urbano, di cui divenne parroco moderatore. Dall’autunno 2007 è parroco alla Conca di Thiene. In questi anni don Guarise è stato membro del Consiglio presbiterale per il Vicariato di Villa Estense (2003-2008) e vicario foraneo del Vicariato di Thiene dal 2013 al 2018.

Il Giuspatronato comunitativo
La parrocchia di Asiago è l’unica in Diocesi di Padova in cui vige ancora il giuspatronato comunitativo, particolare istituto le cui radici risalgono al XVI secolo e prevede che il vescovo proponga il candidato parroco, ma che siano poi i capifamiglia di Asiago ad approvarne l’elezione.

Diciotto anni fa, il 6 settembre 2006, fu l’allora vescovo mons. Antonio Mattiazzo a portare la candidatura di mons. Roberto Bonomo, tuttora alla guida della parrocchia, ma che ha presentato nei mesi scorsi al vescovo le dimissioni per raggiunti limiti di età.

I prossimi passi
Il vescovo Claudio – che per l'occasione era accompagnato dal vicario generale, mons. Giuliano Zatti, dal vicario foraneo e parroco dell’unità pastorale di Gallio, don Federico Zago e dai preti in servizio ad Asiago: lo stesso mons. Roberto Bonomo, arciprete uscente di San Matteo, e don Nicola Cauzzo, vicario parrocchiale – ha annunciato che sabato 11 maggio parteciperà alla Grande Rogazione e celebrerà l’Eucaristia al Lazzaretto, affidando al Signore il bene della comunità Asiaghese e dello stesso don Antonio Guarise, in attesa della votazione dei capifamiglia che si terrà domenica 26 maggio.

https://www.lavocedellevalli.it/elezioni-i...o-fino-al-1940/

Elezioni? In Valle Imagna anche il parroco veniva “votato”, a Sant’Omobono fino al 1940
La domanda e l’offerta si confrontavano, inaugurando trattative impensabili tra la Curia e i parrocchiani.
di Luca Bugada
3 Maggio 2024



La Valle Imagna e la sua particolare forma di devozione religiosa, un legame identitario e caratteristico, una chiave di lettura preziosa per comprendere usanze e costumi secolari: “Soprattutto nel passato […] dominava forse un rigore eccessivo, presente soprattutto nelle persone anziane, quasi un giansenismo, che si tramandava per tradizione e si esprimeva con una valutazione di fatti ed eventi negativa” (M. Frosio, Preti di Valle Imagna. Esperienze pastorali raccolte da un sacerdote della comunità, in Gente e terra d’Imagna, Collana di cultura valligiana, ed. Centro Studi Valle Imagna, 2004).

Un’interpretazione della storia e della realtà segnata da un pessimismo antropologico, da una sfiducia nei confronti del prossimo, nonché da un continuo riferimento, particolarmente esplicito nella predicazione, alla presenza del male, al “concetto del peccato e [al] senso di colpa”. Gli uomini coltivavano abitualmente lo scrupolo e lo zelo, accostandosi con difficoltà “alla Comunione durante la messa quotidiana e domenicale” e solo dopo “avere prima fatto una buona confessione e praticato un profondo esame di coscienza”.


Il limitato e procrastinato accostarsi alla particola non è da intendersi come sintomo di una disaffezione comune alla gente del tempo, ma di un diffuso timore riconducibile all’immagine veterotestamentaria propria di un Dio severo e vendicativo (Dio ti vede): “Era la concezione di una divinità onnipresente, pronta a castigare l’uomo, specialmente quando sbagliava e peccava, rendendo difficile il perdono”. La catechesi, infatti, “era poco orientata a trasmettere negli uomini il concetto di Dio-padre, o Dio-amore” privilegiando la presentazione e l’esemplarità della virtù eroica della purezza, da viversi nella rettitudine costante tanto di pensiero quanto di azione. Il senso del dovere, in sintesi, precedeva e fondava la carità stessa, non viceversa. La liturgia domenicale preconciliare “non era molto partecipata”. Il sacerdote, celebrando in latino e rivolgendo le spalle ai fedeli presenti, “impediva che la gente fosse coinvolta”.

visini desktop 2 - La Voce delle Valli
Voce delle valli Trony Zogno dal 2 al 22 maggio 2024 - La Voce delle Valli
Ad accostarsi al Sacramento, “dopo l’Elevazione […] [e] le litanie della Madonna” erano perlopiù le donne, timorose e tremanti. La messa “terminava, dopo la benedizione eucaristica, con la recita mnemonica del prologo del vangelo di San Giovanni; seguivano poi le tre Ave Maria, la Salve Regina e la preghiera dell’Arcangelo San Michele, invocando la protezione sul nemico maligno”. La presenza del male rappresentava, pertanto, una compagnia e un pensiero costanti in ogni ambito del vissuto valdimagnino: una paura da esorcizzare, con cui confrontarsi e battagliare quotidianamente, nel foro interno ed esterno. Il sacerdote rivestiva un ruolo decisivo, facendo da tramite tra il mondo terreno e quello soprannaturale, divenendo una figura imprescindibile per esortare i fedeli alla buona battaglia, riprendendoli, sferzandoli ed educandoli, dosando con cura severità e magnanimità.

Il presbitero doveva sapere incarnare tutte quelle qualità richieste al fedele: il gregge, quindi, non solo si mostrava intransigente con se stesso, ma anche nei confronti del proprio pastore. Non è un caso che “alcune parrocchie [godessero di] un diritto in base al quale, ad ogni elezione del nuovo parroco, fosse proposta ai capi famiglia una terna di sacerdoti candidati a concorrere a quella parrocchia, diventando titolari della Prebenda del Beneficio Parrocchiale”. Nonostante le parrocchie di montagna comportassero meno guadagni e prestigio per i prelati incaricati, rispetto a quelle più ricche della pianura, “i concorrenti non mancavano” e “il clero era abbondante”.


La domanda e l’offerta si confrontavano, inaugurando trattative impensabili tra la Curia e i parrocchiani: “Non sempre il prete che era stato provvisoriamente mandato dalla Curia come amministratore, per non lasciare scoperta la parrocchia, ha avuto vittoria nel ballottaggio con altri concorrenti e, in molti casi, era costretto a fare le valigie”. Si trattava di un privilegio antico, mantenuto sino al 1940 a Sant’Omobono, cioè la possibilità per il popolo di eleggere il proprio parroco. Fu il vescovo Adriano Bernareggi (1884-1953) “a persuadere la gente delle poche parrocchie, in cui i capi famiglia mantenevano questo diritto, a rinunciare al diritto di voto, per lasciare al vescovo diocesano la designazione”. Solo la personalità e il carisma dell’alto prelato riuscirono a sradicare una pratica ben congeniata e disciplinata, che “si svolgeva [mediante] un regolare concorso ufficiale”, “valutato da sacerdoti esaminatori, con l’assistenza anche di un rappresentante dell’autorità dello Stato, i quali garantivano che il candidato vincitore ave[sse] doti idonee per guidare la parrocchia”. Il voto popolare (in taluni casi “introduce[ndo] in un bussolotto fagioli bianchi e neri”, i primi per i voti favorevoli, i secondi per quelli contrari) “dava adito a divisioni” e suscitava la nascita di “partiti contrapposti” in seno alla comunità.

Foto: Centro Studi Valle Imagna
 
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