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Torture, suicidi, abusi, beni spariti. Bergoglio decapita Francescani dell'Immacolata, Processo per falso a p. Stefano Manelli (prescritto per abusi) e altri 2 preti; stralcio per truffa, sospeso a divinis. Chiusi seminari, ritirate ordinazioni

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view post Posted on 10/1/2017, 14:26
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http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/ro...re-2185849.html

Roma, l'aggressore del prete sfregiato a Santa Maria Maggiore: «Ifrati mi hanno rovinato»

di Adelaide Pierucci
Per ora è stato disposto il trasferimento in carcere. Ma i giudici hanno deciso di valutare le capacità mentali di Renzo Cerro, il quarantenne che sabato è entrato nella sagrestia di Santa Maria Maggiore e ha sfregiato al viso con un coccio di bottiglia padre Angelo Gaeta, lo storico sacrestano della basilica. L'arresto è stato convalidato ieri mattina con l'accusa di lesioni gravissime. «Da sempre i preti mi perseguitano. Eppure non mi sono mai vendicato - ha farfugliato Cerro in aula - Solo quello...
 
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view post Posted on 3/2/2017, 18:54
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http://www.marcotosatti.com/2017/02/03/man...dellimmacolata/

MANELLI, LE RAGIONI DEL DECRETO. DIMISSIONATO UN VESCOVO FILIPPINO PERCHÉ AMICO DEI FRANCESCANI DELL’IMMACOLATA.



Marco Tosatti

Sono le resistenze, forti, ancora presenti all’interno dei Francescani dell’Immacolata, e del ramo femminile dell’istituto alla base del “Decreto” di cui abbiamo scritto ieri, e che rende nettamente più severe le condizioni di clausura di padre Stefano Manelli, fondatore dell’istituto stesso, e attualmente http://www.marcotosatti.com/2017/02/02/fra...efice/residente ad Albenga, in un convento dei FFI. E’ lo stesso decreto a spiegarlo: “Due successivi Commissariamenti, decretati dopo una Visita Apostolica, hanno incontrato e tuttora incontrano forti resistenze”.

Le resistenze si spiegano perché molti religiosi ritengono che nulla di quanto è stato voluto dal Fondatore, e già approvato dalla Santa Sede, possa essere modificato, “soprattutto in alcuni elementi ritenuti parte del proprio carisma”. Il documento ammette poi che “le tensioni e le divisioni sono un ulteriore elemento di disgregazione”.

E poi c’è il problema dei soldi. Un problema che “accresce le difficoltà per affrontare i bisogni essenziali della vita quotidiana”. Spiega il Decreto che il gruzzolo dell’Istituto, lasciato da benefattori entusiasti dell’opera creata da Manelli, è gestito da “associazioni composte da persone laiche”. E una “moderna interpretazione del principio nihil possedere di secolare tradizione”. Ma in questo caso “permette un accumulo di beni completamente sottratto ad ogni controllo canonico, in quanto gestito autonomamente dalle associazioni civili”.

La Santa Sede obietta però che “i beni temporali dei quali si tratta sono in sostanza beni ecclesiastici perché donati per la maggior parte non alle associazioni civili ma all’Istituto”. All’Istituto dunque spetterebbe la loro gestione.

Il documento continua con un’ammissione di sostanziale impotenza. “Allo stato delle cose il Commissario e la Commissione si trovano nell’impossibilità di far progredire un cammino, che necessariamente richiede modifiche alle Costituzioni, la cui approvazione è riservata alla Santa Sede che ha concesso la prima approvazione delle medesime”. Il che sembrerebbe voler dire che la bozza delle nuove Costituzioni è già pronta, anche se non è ancora stata resa nota ai diretti interessati.

Fra l’altro, le disposizioni nei confronti di Manelli e dei FFI affermano che l’Istituto non potrà ricevere postulanti per un anno nel ramo maschile, etre anni nel ramo femminile. Sia in un caso che nell’altro si “dovrà organizzare la formazione” delle future formatrici.

Ancora una volta mi chiedo che cosa avranno mai fatto i FFI, e padre Stefano Manelli in particolare. Ai miei pazienti lettori devo anche confessare che la mia frequentazione dei Francescani dell’Immacolata è praticamente nulla. Ho incontrato una volta padre Alfonso Bruno, che non è esattamente un fan di padre Manelli, e ci siamo lasciati come ci eravamo trovati. Cioè con pochissima simpatia reciproca. Ma da un punto di vista professionale mi stupisce che tanta severità sia accompagnata da tanta poca chiarezza nelle accuse. Lasciando da parte, ovviamente, il fango mediatico e televisivo agitato dagli “ex”, che però non ha trovato per ora veste giuridica ufficiale, né sul versante italiano né su quello vaticano. Gli “ex”, come vediamo in altre organizzazioni di Chiesa e non, difficilmente giocano un ruolo di testimoni equilibrati e imparziali.

La Santa Sede vuole chiudere il caso FFI, e l’indizio che l’Anno della Misericordia è davvero finito e dimenticato la abbiamo anche da un’altra decapitazione. Questa volta si tratta di un arcivescovo argentino, che solo pochi giorni fa ha difeso a voce alta l’episcopato dagli attcchi del nuovo Presidente, Rodrigo Duterte. Ieri la Sala Stampa vaticana ha annunciato le dimissioni dell’arcivescovo metropolita filippino di Lipa Mons. Ramon Arguelles. Non è stata data nessuna spiegazione, e come pare ormai sia abitudine (contraria alla trasparenza e all’informazione) non è stato neanche aggiunto, come era buona abitudine fare: “in base all’art. XXX del Codice…”. Arguelles non è malato, ha 73 anni, quindi il suo tempo sarebbe scaduto fra due anni, ma avrebbe una colpa molto grave. Avrebbe incardinato nella sua diocesi dei Francescani dell’Immacolata che avevano lasciato dopo il Commissariamento. Non solo: avrebbe permesso la creazione di un’associazione di “Fratelli dei Francescani e dell’Immacolata”. Il sito Messa in Latino afferma che “nostre fonti riferiscono di un messaggio sul Vescovo stesso. ‘Oggi […] hanno parlato con il Vescovo e ha detto che lui non ha mai dato le dimissioni e ha scoperto questa notizia su internet, lui non sa niente, a lui non è stato comunicato neppure che è stato dimesso’. Altre fonti arrivate ora parlano di una richiesta informale di disponibilità alle dimissioni, senza che sia stata formalizzata alcuna rinuncia”.
 
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view post Posted on 4/2/2017, 09:20
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MANELLI DEVE RESTITUIRE 30 MILIONI ALLA CHIESA

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Loredana Zarrella

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Frigento. Nel convento di Albenga, dove ora risiede, ad oltre 800 chilometri di distanza da Frigento, Padre Manelli stringe tra le mani un nuovo documento, articolato in vari punti, tra cui l’intimazione di restituire tutti i beni alla Santa Sede.

È un decreto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, firmato dal prefetto João Braz de Aviz, che gli è stato consegnato a mano direttamente dai commissari dell’Istituto dei Francescani dell’Immacolata, il salesiano don Sabino Ardito, per il ramo maschile, e Suor Noris Adriana Calzavara, per il ramo femminile.

È una carta riservata, non di pubblico dominio, di cui Il Mattino è venuto a conoscenza attraverso fonti attendibili. Indiscrezioni che trapelano tracciando nuovi capitoli nella storia della Congregazione fondata a Frigento da Padre Stefano Maria Manelli.

Sarebbero quindici i giorni di tempo entro cui il frate 83enne dovrebbe far restituire tutto alla Santa Sede.

Si tratta dei beni delle associazioni Missione dell’Immacolata di Frigento e della Missione del Cuore Immacolato di Benevento, per cui si è aperto un contenzioso anche presso il Tribunale di Avellino. Sotto accusa la sottrazione di beni ecclesiastici all’Istituto dei frati e delle suore dal saio grigio-celeste.

Beni mobili e immobili, per 30 milioni, sotto i riflettori delle Fiamme Gialle. In discussione il cambiamento di gestione del patrimonio, in un primo momento amministrato solo da religiosi, secondo la stessa volontà del frate fondatore.

Padre Manelli avrebbe poi fatto entrare laici di sua fiducia e familiari nel governo di questi averi, procurando un danno all’Istituto ormai commissariato. Nel decreto ingiuntivo consegnato a Manelli anche il divieto di confessare le suore e la richiesta di non fare ostruzionismo alle azioni del commissariamento.

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Per tre anni sarebbe stato posto, inoltre, il blocco dell’ammissione di nuove vocazioni alle suore per impreparazione delle formatrici.

L’indiscrezione sul nuovo documento giunto nella città ligure direttamente dal Vaticano viene rafforzata da quanto affermato da Marco Tosatti sul suo blog «Stilum Curiae» circa la volontà della Congregazione di chiudere a breve la questione legata ai Frati Francescani dell’Immacolata.

Dopo il ricorso alla Segnatura Apostolica, da parte di alcune suore contro il commissariamento- ricorso che aveva depotenziato l’autorità della commissaria e delle sue collaboratrici – adesso si profila una riformulazione del decreto di commissariamento a firma del Santo Padre stesso in modo che il provvedimento risulti inappellabile, come fu per i frati nel 2013.

Troppe, evidentemente, le inosservanze delle Superiori durante questo periodo di ricorso.

Le stesse Suore Superiori che molte ex suore hanno accusato di abuso di potere, con cui le sottoponevano ai marchi a fuoco, a penitenze disumane, a umiliazioni, costringendole all’idolatria del padre fondatore fino a un voto segreto di fedeltà, in alcuni casi vergato a sangue, abolito da Papa Francesco solo lo scorso anno.

Il Mattino, ed. Avellino 1/02/2017
 
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view post Posted on 8/4/2017, 21:21
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Le Francescane dell’Immacolata violate e fatte prostituire. I punti di contatto tra la vicenda di padre Viroche e quella di padre Volpi (di Mario Castellano)
7 APRILE 2017 21:53 / LASCIA UN COMMENTO





07 Apr 2017
by redazione web
Il tema assegnato per la mia relazione non corrisponde esattamente con il suo contenuto, dato che – illustrando la vicenda dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata – mi dedicherò in particolare a descrivere il caso del presunto omicidio del Commissario Apostolico, Padre Fidenzio Volpi.

Tuttavia, questo tema possiede nondimeno una rilevanza generale in questa triste storia, in quanto consente di metterne a fuoco una componente fondamentale, e cioè l’immoralità eretta a sistema. La corruzione sessuale delle religiose, accompagnata da pratiche pseudo penitenziali quali la loro marchiatura a fuoco, come si usa fare per il bestiame, e come tristemente si faceva nei campi di sterminio nazisti, nonché dalla pronunzia di un voto di fedeltà riferito personalmente al fondatore dell’Istituto, del tutto estraneo ed anzi contrario alla norma canonica, non era finalizzata a soddisfare occasionali urgenze dello stesso fondatore o di altri religiosi, bensì volta a fare delle monache altrettante prostitute, da offrire ai cosiddetti “benefattori” in cambio di dazioni di denaro o di altri beni, oppure di loro autorevoli “protezioni”.

E’ così che si perviene al completo rovesciamento della norma morale: un religioso che contravviene al Voto di Castità riconosce di commettere un peccato, agisce per debolezza, e non lo fa in modo sistematico e pianificato.

Se invece le suore vengono indotte ad offrirsi a dei laici al solo fine di procurare all’Istituto dei mezzi materiali, o degli appoggi altolocati, non è possibile invocare la debolezza umana come giustificazione, o quanto meno come attenuante per un simile comportamento, che – soprattutto in quanto presentato alle monache come un supposto loro “dovere” – può soltanto appoggiarsi sul principio machiavellico per cui il fine giustifica i mezzi.

Questo stesso principio – come vedremo ora – ispira e regola un poco tutti gli aspetti della vita e del “modus operandi” dell’Istituto.

Si rigetta infatti il Magistero della Chiesa, a partire dal Concilio, si proibisce ai seminaristi perfino la lettura de “L’Osservatore Romano” tacciando questo giornale di “modernismo”, si giunge ad accogliere la teoria sedevacantista per rifiutare l’autorità degli ultimi Sommi Pontefici in materia dottrinale, si asserisce che la Messa in latino ha un presunto maggior valore rispetto alla Messa in lingua volgare, si proibisce addirittura di officiare secondo il “Novus Ordo” nel Seminario, e quando infine – per tutti questi motivi – la Santa Sede decide il commissariamento dell’Istituto, si impugnano sistematicamente tutti gli atti di carattere amministrativo (nessuna sanzione disciplinare viene infatti emanata dal Commissario Apostolico) compiuti da Padre Fidenzio Volpi, non già – si badi – in base ad una loro asserita illegittimità nel merito o ad un “error in procedendo”, bensì mettendo in discussione in linea di principio la legittimità dell’Autorità conferita dalla Santa Sede allo stesso Padre Fidenzio Volpi.

A questo punto, essendo stato emanato l’atto di nomina del Commissario Apostolico da parte della competente Congregazione, e non già da parte del Sommo Pontefice, e risultando dunque tale atto passibile di impugnazione dinnanzi al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, sarebbe stato logico attendersi precisamente questo ricorso alla giurisdizione, che però non venne mai interposto.

Per quale motivo?

Semplicemente per la presunzione che tale ricorso sarebbe stato respinto, ed una volta così sancita la legittimità del potere attribuito al Commissario Apostolico, la sua asserita illegittimità non avrebbe più potuto essere invocata nei ricorsi attinenti ai singoli atti emanati da Padre Volpi.

Queste impugnazioni non si proponevano dunque lo scopo di ottenere giustizia, bensì quello scopo che ho definito “politico”, mettendo beninteso tra virgolette questo termine, consistente nel mantenere uno stato di agitazione permanente nell’Istituto, ricorrendo ad una sistematica contestazione della sua massima Autorità.

E tale contestazione si manifestava – non dimentichiamolo – non soltanto con la presentazione di ricorso contro ogni suo singolo atto, ma anche nella sistematica e dichiarata ed anzi ostentata disobbedienza a quanto tali atti disponevano, e soprattutto in una sistematica azione pubblicistica, condotta da innumerevoli pubblicazioni cartacee ed elettroniche, caratterizzata dalla costante diffamazione, dal costante vilipendio e dalla costante intimidazione contro Padre Fidenzio Volpi.

Ed allora, una volta chiarito che risulta certamente immorale diffondere in modo sistematico la disobbedienza nella Chiesa, chiarito anche che risulta altrettanto immorale diffamare, vilipendere ed intimidire chi è incaricato di esercitare l’Autorità della stessa Chiesa, ci domandiamo di nuovo quale fosse il fine perseguito mediante tali mezzi immorali.

Il fine consisteva in apparenza nel sostituire alla Autorità del Commissario Apostolico, ma in sostanza alla stessa Autorità del Papa, dalla quale Padre Fidenzio Volpi derivava la propria, l’Autorità del fondatore.

Un fine dunque manifestamente scismatico, tale da rendere lo scontro ingaggiato contro il Commissario Apostolico, come egli stesso scrisse rivolgendosi con le sue relazioni periodiche alla Congregazione, una “quaestio stantis vel cadentis Ecclesiae”.

Abbiamo visto prima come questo scopo venisse perseguito sul piano dottrinale; quindi come venisse perseguito sul piano giuridico e disciplinare.

Fin qui, però, non si sarebbe costituito il movente di una possibile eliminazione fisica del Commissario Apostolico.

Questo movente si produsse quando Padre Fidenzio Volpi – senza nemmeno rendersene conto – mise un dito nell’ingranaggio del sistema finanziario costruito nell’Istituto ed intorno all’Istituto: non però da parte dell’Istituto, bensì da parte della camorra.

Alla camorra apparteneva infatti in realtà l’enorme quantità di beni materiali riferiti ai Frati Francescani dell’Immacolata, configurando il loro Istituto allo stesso tempo come una cassaforte ed un prestanome di questa delinquenza organizzata.

Questi beni – riassumo rapidamente – erano attribuiti alla proprietà di due Associazioni munite di personalità giuridica di Diritto Privato, i cui Legali Rappresentanti, in base ai lori rispettivi Statuti, potevano essere soltanto dei Religiosi, sottoposti come tali al Voto di Obbedienza, riferito – per effetto della sua nomina a Commissario Apostolico – a Padre Fidenzio Volpi.

Si provvide dunque, precisamente subito dopo la sua assunzione della carica, ad emendare gli Statuti, rendendo possibile il conferimento della Legale rappresentanza delle due associazioni a dei laici, per i quali, naturalmente non vale il Voto di Obbedienza.

Essendosi però commesso, nella fretta di mantenere il controllo della camorra sui beni, un errore procedurale (mancava – per l’emendamento degli Statuti – l’autorizzazione del Superiore Generale, che costui avrebbe potuto esprimere finché era in carica, anche svolgendosi le Assemblee delle Associazioni in un momento successivo), lo stesso ex Superiore Generale e i due religiosi già Legali Rappresentanti delle stesse Associazioni sono finiti sotto processo per truffa aggravata e falso ideologico.

Al di sotto delle due Associazioni munite di personalità giuridica di Diritto Privato, ne esistono altre tre che ne sono sprovviste, e quindi non sono tenute a redigere le scritture contabili prescritte per i soggetti di Diritto.

Le une passavano – e passano tutt’ora – il denaro ricavato dalla gestione dei beni di loro proprietà alle alte.

E queste ultime lo mandavano – e lo mandano tutt’ora – in gran parte in Nigeria, formalmente al fine di sostenere le Missioni insediate in questo Paese, ma in realtà per acquistare la droga che vi viene commercializzata apertamente (il Presidente della Repubblica è il primo narcotrafficante.

La droga viene poi inviata dalla camorra, presente in Nigeria coi propri affiliati, in Italia per esservi raffinata.

E’ da notare che le Associazioni non munite di personalità giuridica distribuiscono tutt’ora le loro elargizioni ai Frati, e che questi presunti donativi vengono elargiti – da parte dei lori inviati – a nome del fondatore.

In tal modo i Religiosi – ed in particolare i seminaristi – continuano ad oscillare nella loro fedeltà tra i nuovi Commissari Apostolici, rappresentanti della Santa Sede, ed il fondatore.

Risultando impossibile in linea di Diritto Canonico – il riconoscimento da parte della Congregazione di un nuovo Istituto, risulta di conseguenza impossibile tanto scindere l’attuale quanto dare una collocazione giuridicamente fondata nell’ambito della Chiesa a coloro che si sono già distaccati dall’Istituto ma persistono nella loro vita comunitaria in obbedienza al fondatore.

Tuttavia si riesce a proseguire – sempre con mezzi moralmente illeciti, in quanto basati sulla possibilità, asserita in modo menzognero, di costituire un nuovo Istituto, l’opera iniziata con la fondazione stessa di quello originario, opera consistente nella sostituzione dell’autorità di Padre Manelli alla Autorità del Papa.

Ancora una volta, dunque, il fine giustifica i mezzi, mezzi forniti – come si è visto – da attività illecite messe in atto da una organizzazione criminale.

Torniamo però alla vicenda di Padre Fidenzio Volpi.

Dopo la vendita della droga, acquistata nel modo che abbiamo descritto, la camorra elargiva una ulteriore mancia all’Istituto, a saldo dell’operazione.

Questa elargizione veniva inoltrata in Inghilterra, Paese che si qualifica se non come un “paradiso fiscale”, quanto meno come un luogo di transito verso i “paradisi fiscali”.

Per giustificare l’esportazione del denaro, si acquistavano periodicamente dei libri da una ditta inglese, la “Baronius Press”, che provvedeva a sovrafatturarli.

Padre Fidenzio Volpi, una volta insediato quale Commissario Apostolico, rifiutò di pagare una ingente fattura di libri, adducendo il fatto che nessuno – e tanto meno egli stesso, quale Legale Rappresentante dell’Istituto – li aveva ordinati.

Nel braccio di ferro che si instaurò tra la ditta inglese e Padre Fidenzio Volpi, la Congregazione – anziché sostenere, come sarebbe stato giusto e prevedibile, le ragioni del Commissario Apostolico, gli ingiunse di pagare.

A questo punto, il Commissario Apostolico venne a trovarsi un una situazione senza via di uscita.

Da un lato, Padre Fidenzio Volpi era sul punto di scoprire il meccanismo finanziario costituito dalla camorra intorno all’Istituto, ma dall’altro lato – proprio in quel momento – veniva abbandonato a sé stesso, ed anzi osteggiato, da quella stessa Autorità che lo aveva nominato, e che avrebbe dovuto sostenerlo.

Sul presunto, conseguente omicidio di Padre Fidenzio Volpi rinvio al mio libro, ma posso affermare che il mandante fu la malavita organizzata, mentre il sicario va ricercato nelle fila dei tradizionalisti fanatici.

E qui arriviamo al peccato più grave, ed al più grave dei delitti, l’omicidio.

Ancora una volta, però, il fine di mantenere e di sostenere una autorità di fatto, contraria a quella legittima della Chiesa, una autorità sostanzialmente scismatica, giustifica il mezzo, il mezzo più immorale, la violazione del comandamento che vieta di uccidere.

Rimane da ultimo la domanda fondamentale: chi perseguiva il fine?

Nel momento stesso in cui l’Istituto veniva fondato, era chiara l’intenzione di costituirlo come una chiesa nella Chiesa, e se necessario una chiesa contro la Chiesa.

Lo testimoniano tutti gli aspetti che abbiamo esaminato, a partire dall’esigere alle Suore un Voto di obbedienza particolare al fondatore, continuando con l’elaborazione di un Magistero eretico, contrapposto a quello dei Papi e del Concilio, fino alla pratica sistematica della disobbedienza alla Autorità Ecclesiastica, accentuatasi dopo il commissariamento.

Fin dalla costituzione dell’Istituto, esso si era però costituito come cassaforte e prestanome della camorra, e di questo i fondatori erano ben consci.

L’opera di divisione della Chiesa abbisognava però di mezzi economici illimitati, ed ecco dunque la pretesa giustificazione di un simile “pactum sceleris”.

Ancora una volta, il fine giustifica i mezzi.

Proviamo però, in conclusione del nostro discorso, a metterci dal punto di vista dei camorristi.

Qui il discorso si rovescia, e si può formulare in questi termini: i mezzi giustificano il fine.

Nella mentalità mafiosa, l’elargizione di denaro alla Chiesa, e comunque ad un soggetto religioso, crea un’aura di rispetto e di considerazione per il malavitoso.

Le cronache sono piene di manifestazioni di questa mentalità aberrante.

I dirigenti delle Associazioni di cui abbiamo parlato, quelle munite e quelle sprovviste di personalità giuridica, godono di prestigio sociale, precisamente in quanto “aiutano i Frati”.

Che poi questo aiuto venga elargito al fine di dividere la Chiesa e di minare la sua Autorità legittima, si tratta per loro di una necessità, ed al contempo di una garanzia della possibilità di continuare a controllare lo strumento che essi stessi – con la complicità dei fondatori – hanno costituito per perseguire i loro scopi criminali.

Su questo tema, il Papa si è pronunziato in modo molto chiaro.

Riferendoci al nostro caso, ci auguriamo che la Congregazione ed i nuovi Commissari Apostolici ne traggano le conseguenze.

Questo è il debito morale verso la memoria di Padre Fidenzio Volpi: un debito che attende ancora di essere pagato.



Mario Castellano

http://www.farodiroma.it/2017/04/07/le-fra...rio-castellano/

Francescani dell’Immacolata. Oltre agli abusi di Manelli emergono infiltrazioni di camorra
7 APRILE 2017 21:40 / LASCIA UN COMMENTO


04 Apr 2017
by redazione web
Si sarebbe dovuta concludere lo scorso settembre la fase di commissariamento dell’Istituto dei Francescani dell’Immacolata (fondato da padre Stefano Maria Manelli che è stato esautorato dalla Santa Sede nel 2013 a causa dei gravissimi abusi dei quali è accusato). Era attesa infatti la celebrazione di un Capitolo Generale e l’elezione delle nuove Autorità. E Don Ardito, Padre Calloni e Padre Ghirlanda i tre commissari nominati nel 2015 (dopo la morte di padre Volpi, il cappuccino che era stato incaricato di guidare l’Istituto) avrebbero dovuto dire al Papa: “Santità, missione compiuta!”, e sarebbero tornati ai loro impegni pastorali ed accademici anteriori. Così non è stato, ed ancora si brancola nel buio, in cerca di una improbabile via di uscita.

Escluso che i tre Commissari Apostolici protraggano di proposito il proprio incarico, essendosi affezionati ad una posizione di potere in cui gli oneri superano ampiamente gli onori, e tenuto conto che ogni giorno trascorso senza assolvere il compito loro affidato si risolve in un aggravamento dello stallo, o per meglio dire della sconfitta, mi sembra che essi siano ormai dediti ad una fatica di Sisifo. Forse, all’inizio, hanno creduto che bastasse ancora un provvedimento amministrativo, ancora una esortazione rivolta ai Frati per far loro accettare il Magistero della Chiesa, ancora un paterno richiamo all’obbedienza, per potere considerare assolto l’incarico di completare l’opera di Padre Volpi.

In realtà, il nemico che essi fronteggiano assomiglia molto ai Vietcong, i quali avevano eretto davanti agli Americani un muro di gomma, tale da mantenere impantanato il più potente esercito del mondo nelle paludi dll’Indocina. Non sono mancati, è vero i successi tattici, quali le ricollocazioni dei Frati dall’una all’altra sede, o le dichiarazioni formali di obbedienza agli stessi Commissari ed al Papa. E’ invece mancata, e non potrà arrivare – andando avanti di questo passo – la vittoria strategica, che consisterebbe nella adesione piena ed incondizionata dei Religiosi alla Chiesa del Concilio, alla Chiesa degli ultimi Pontefici; e soprattutto allo spirito ed al disegno riformatore proprio dell’attuale Papa.

Il quale viene anzi percepito con malcelato fastidio come un “modernista”: termine con cui si designa nell’Istituto, o meglio si pretende di liquidare, tutto quanto non corrisponde con il cosiddetto “spirito di Padre Manelli”: espressione, quest’ultima, che figura financo negli Statuti delle Associazioni intestatarie delle temporalità riferite ai Frati Francescani dell’Immacolata, ma della quale non siamo mai riusciti a farci dare una interpretazione autentica, o quanto meno attendibile.

Se non quella che lo fa coincidere con la volontà e con l’autorità indiscussa del Fondatore: siccome però costui ha fondato il suo potere spirituale sulla base dell’apporto economico della camorra, ecco come questo “spirito” finisce per materializzarsi molto volgarmente in interessi malavitosi.

I Commissari Apostolici potrebbero dunque assolvere al loro compito se riuscissero a convertire i camorristi: opera che riuscì a San Francesco d’Assisi con il Lupo di Gubbio, il quale simboleggiava dietro le sembianze ferine un noto peccatore, cioè un grassatore, un camorrista, dei suoi tempi. Il Poverello riuscì però nel suo compito non solo in quanto dotato di Santità, ma anche perché non ebbe timore di affrontare personalmente il peccatore, come fece anche – ne è testimone il Manzoni – il Cardinale Federigo Borromeo con l’Innominato (che era in realtà Bernardino Visconti).

I Commissari Apostolici rifuggono sistematicamente da simili incontri ravvicinati, e temono perfino di affrontare la situazione loro affidata nella sua cruda quotidianità. Così avviene che mentre i Frati si proclamano devoti ed obbedienti al Papa, essi continuano a ricevere un sostegno materiale tratto dai beni intestati alla famose Associazioni munite di personalità giuridica di Diritto Privato, controllate dalla camorra.

E poiché l’Istituto ha ben poche altre possibilità di sostentamento, si assiste alla tessitura di una tela di Penelope: un giorno ci si inchina alla legittima Autorità ecclesiastica, e il giorno dopo, avendo ricevuto la “Provvidenza” elargita da solerti incaricati a nome del Fondatore, si disfa quanto era stato poco prima tessuto, ritornando ad un immutabile “status quo antes”. Basterebbe – tanto per cominciare – dare impulso al procedimento civile che verte sulla legittimità delle modifiche apportate agli Statuti delle Associazioni che, permettendo a laici di divenirne soci, hanno riportato i beni riferiti all’Istituto sotto l’effettivo controllo della criminalità organizzata. Ci furono due momenti in cui l’edificio edificato dai camorristi parve vacillare.

Il primo fu quando il Tribunale Penale di Avellino, nell’ambito del processo per truffa aggravata e falso ideologico a carico del Fondatore e dei due Religiosi già Legali Rappresentanti delle stesse Associazioni, dispose il sequestro giudiziale dei beni attribuiti alla loro proprietà. Questa decisione – in seguito alla quale Padre Volpi venne nominato Custode Giudiziale dei beni – fu revocata dal Tribunale del Riesame, la cui decisione venne confermata in Cassazione.

Grande fu l’esultanza dei seguaci del Fondatore per queste sentenze, che essi giunsero a spacciare per una assoluzione degli imputati nel merito delle imputazioni (mentre – per fortuna – il processo penale continua). Il secondo momento fu quello in cui Padre Volpi rifiutò di pagare alla misteriosa Ditta inglese “Baronius Press” una fornitura non richiesta dall’Istituto.

Fu quello il momento in cui il compianto Commissario Apostolico mise il dito nell’ingranaggio del contubernio tra l’Istituto e la camorra; e fu anche il momento in cui – se i sospetti sulla sua fine venissero confermati dalla Giustizia Penale – venne pronunziata la condanna capitale di Padre Volpi. I nuovi Commissari hanno pagato la “Baronius Press”. Ci sarebbe da chiedersi se essi hanno almeno consultato, prima di deciderlo, la corrispondenza intercorsa con l’Inghilterra, da cui risulta chiaramente che il pagamento non era dovuto. Non lo sappiamo, ma conosciamo bene le pressioni esercitate, con assoluto spregio del Diritto, dall’Autorità della Congregazione su Padre Volpi affinché pagasse.

A questo punto, dato che con il povero Padre Volpi ci accomunava l’interesse per il Manzoni, verrebbe spontaneo paragonarlo a Padre Cristoforo, ed anche – di conseguenza – paragonare i suoi successori a Don Abbondio: nell’Italia del nuovo millennio abbondano d’altronde i Don Rodrigo. E, continuando nel paragone con ” Promessi Sposi”, l’intimazione rivolta dai Commissari Apostolici al Fondatore affinché restituisca all’Istituto quanto gli appartiene ricorda le “gride” dei governanti spagnoli di Milano. Non serve fingere di combattere gli epifenomeni del potere camorristico se ci si rifiuta di andare alla sua radice.

Per fortuna, lo Stato, con il Potere Giudiziario e con le Forze di Polizia, combatte la malavita organizzata. Non si chiede ai Commissari Apostolici di improvvisarsi Pubblici Ministeri, né Ufficiali di Polizia Giudiziaria: basterebbe che nei rapporti interni all’Istituto essi chiamassero la camorra con il suo nome, e si dimostrassero coerenti con il richiamo del Papa a combatterla. Questo, però vorrebbe dire fare la Rivoluzione, sentirsi titolari effettivi – e non formali – del proprio ruolo. Altrimenti si continuerà a girare a vuoto, proprio come quel personaggio di Cecov che continuava, disperato, a ripetere: “Ci deve essere una soluzione, ci deve essere una soluzione!”



Mario Castellano

http://www.farodiroma.it/2017/04/04/tempi-...rio-castellano/

PADRE MANELLI A PROCESSO. FINALMENTE (di Mario Castellano)
7 APRILE 2017 21:24 / LASCIA UN COMMENTO


07 Apr 2017
by redazione
Il prossimo 2 novembre il trio di Frati Francescani dell’Immacolata composto dal Fondatore ed ex Superiore Generale, Padre Stefano Maria Manelli, dall’ex Economo, Padre Bernardino Maria Abate, e dall’ex Legale Rappresentante di una delle due Associazioni munite di personalità giuridica di Diritto Privato cui sono intestate le temporalità dell’Istituto, Padre Pietro Maria Luongo, dovranno rispondere come imputati davanti al Giudice Monocratico del Tribunale di Avellino per il reato di falso ideologico.

Così ha deciso il GUP del capoluogo irpino, Dottor Antonio Sicuranza, accogliendo la richiesta avanzata dal Pubblico Ministero, Dottor Fabio Del Mauro.

L’imputazione di truffa è stata stralciata dallo stesso Pubblico Ministero.

Era probabilmente dai tempi delle “Legge Pica”, durante la repressione del cosiddetto “brigantaggio”, che nelle Aule di Giustizia avellinesi non si svolgeva un processo paragonabile a questo, non certo per la rilevanza dei reati di cui si discute, bensì per il significato di una vicenda criminale, il quale trascende la specifica questione di Diritto Penale.

Nel anni immediatamente successivi all’Unità Nazionale veniva infatti messa in discussione la stessa legittimità del nuovo Regno d’Italia, mentre oggi gli imputati hanno messo in atto i comportamenti rimessi all’imminente giudizio nell’ambito di una azione volta a contestare la suprema Autorità della Chiesa.

Non fosse per il nostro disappunto, in qualità di credenti, destato dal vedere dei religiosi protagonisti di una vicenda criminale, verrebbe spontaneo constatare con legittima soddisfazione che oggi lo Stato Italiano, costituito dai nostri antenati con forti venature anticlericali, viene in soccorso alla Chiesa.

I solerti ufficiali e militi della Guardia di Finanza, insieme con gli inflessibili Magistrati irpini, tentano infatti di riuscire dove hanno fallito i non altrettanto solerti ed inflessibili Commissari Apostolici dell’Istituto, nel tentativo di riportare sotto il controllo ecclesiastico quelle temporalità che – subito dopo la nomina del loro Predecessore, il compianto Padre Fidenzio Volpi – erano state in buona sostanza ad esso maliziosamente sottratte.

“Sans vouloir nous flatter”, come si dice nella lingua di Molière, la ricostruzione dei fatti prospettata nelle conclusioni cui è pervenuta la Magistratura Inquirente coincide con quella esposta nel nostro modesto saggio intitolato “Verità e giustizia per Padre Fidenzio Volpi”.

Quando il malcapitato cappuccino bergamasco, poco aduso alle oscure trame malavitose intessute tra le montagne dell’Irpinia e le pianure della “Terra dei Fuochi”, assunse la carica di Commissario Apostolico, si provvide a modificare in fretta e furia gli Statuti delle Associazioni intestatarie delle ingenti temporalità riferite ai Francescani dell’Immacolata.

Se la mancata convocazione dei religiosi presuntamente fedeli alla nuova Autorità si spiega con l’intento malizioso di evitare che qualcuno potesse farsi testimone del “pactum sceleris” e mettere a verbale il proprio voto contrario alla nuova norma statutaria, in base alla quale anche i laici (immuni dal Voto di Obbedienza) potevano divenire Associati (e dunque anche Legali Rappresentanti delle Associazioni), il “Cervello” inventore dell’operazione cadde in una grossolana ingenuità non acquisendo e non includendo nel verbale (redatto tra l’altro con Atto Notarile) il necessario preventivo assenso all’operazione espresso dal Superiore Generale: la classica “buccia di banana” per gli attuali imputati, che conferma la saggezza popolare, secondo cui “la gatta frettolosa fece i gattini ciechi”.

Ora attendiamo che i Legali degli imputati, gli Avvocati Enrico Tuccillo e Gian Franco Antonelli, tuonino contro il complotto “modernista”, presumibilmente ordito nell’Ospizio di Santa Marta con l’adesione di Finanzieri, Magistrati e giornalisti, tutti immancabilmente rei di “progressismo”, che ha fatto incorrere i loro clienti in questa brutta disavventura giudiziaria.

Fedeli al principio costituzionale della presunzione di innocenza, non avanziamo previsioni sull’esito del processo, limitandoci però a ricordare la divina, ammonitrice parola: “Ottavo, non dire falsa testimonianza” e a sottolineare la coincidenza che il processo inizierà nel “Giorno dei Morti” risulta in questo caso molto significativa, sia in quanto richiama i tre imputati al “Sic transit gloria mundi”, sia perché viene spontaneo il paragone con una defunzione morale.

http://www.farodiroma.it/2017/04/07/padre-...rio-castellano/
 
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http://www.ilmattino.it/avellino/manelli_g...re-2370919.html


Lo scandalo del convento di Frigento, Manelli a giudizio a novembre

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Scatta il giudizio su padre Manelli. Dopo due anni esatti dall’avvio dell’indagine della Procura di Avellino.

A novembre il giudizio per Padre Stefano Manelli, fondatore dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata, per l’ex-economo Padre Bernardino Maria Abate, e per Padre Pietro Maria Luongo, in qualità di rappresentante legale dell’associazione “Missione dell’Immacolata” di Frigento, una delle due associazioni munite di personalità giuridica di diritto privato cui sono intestate le temporalità dell’Istituto.

Nell’inchiesta affidata alla Finanza, scandali a sfondo sessuale e testimonianze di ex-suore sulle devianze di Manelli descritto come un guru. Trenta milioni di euro, fra beni mobili e immobili, sarebbero stati sottratti alla Congregazione e trasferiti a soggetti non legittimati.
Domenica 9 Aprile 2017, 16:51 - Ultimo aggiornamento: 09-04-2017 17:15
 
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59 fabbricati, 17 terreni, 5 impianti fotovoltaici, 102 auto, molti conti bancari

cappa-magna-6-2
Padre Manelli col card. Burke (in rosso)


http://www.marcotosatti.com/2017/06/01/il-...-canonicamente/
IL VATICANO A PADRE MANELLI: MANI IN ALTO, FUORI I SOLDI O TI SANZIONIAMO CANONICAMENTE.



MARCO TOSATTI

Non ha fine il calvario per padre Stefano Manelli, fondatore dei Frati Francescani dell’Immacolata (FFI), istituto commissariato ormai da quattro anni, senza che sia stata fornita mai dalle autorità competenti una motivazione chiara del provvedimento. Si parlava di una possibile “deriva lefebvrista”; il che adesso fa un po’ ridere, posto che il Pontefice è più che pronto ad accogliere gli eredi di Marcel Lefebvre con una Prelatura personale nella Chiesa.

L’opinione che si può azzardare dall’esterno è quella di un’identificazione di cause molteplici: Un assalto alla gestione del fondatore da parte di un gruppo di “giovani turchi” che volevano impadronirsi dell’ordine, uno dei più fiorenti –allora – dal punto di vista delle vocazioni (ora devono importarle dalla Nigeria, in spregio alla direttiva vaticana che impone la formazione in loco); e poi i soldi, la “roba”.

E’ un ipotesi che aiuta a capire sia la furibonda, e diffamatoria campagna di stampa che è partita su presunti abusi alle suore ; accuse archiviate nel novembre scorso dalla magistratura. Ma che avranno probabilmente un seguito, pesante dal punto di vista finanziario e professionale, per alcuni siti web spazzatura e giornali che verranno perseguiti civilmente, con richiesta di danni cospicui, dalle vittime. E anche le ultime mosse della Congregazione vaticana per i religiosi. Non tanto il Prefetto, il brasiliano João Braz de Aviz, quanto il segretario della Congregazione, José Rodriguez Carballo, francescano, che tiene un rapporto diretto con il Pontefice. Carballo è direttamente coinvolto nello scandalo finanziario che ha provocato il crack dei Francescani a livello mondiale. Era Ministro Generale all’epoca dei fatti. Uno scandalo che è stato tale da porre “in grave pericolo la stabilità finanziaria della Curia generale”, come scrisse lo statunitense Padre Michael Perry, responsabile dell’ordine, in una lettera indirizzata a tutti i fratelli. Il caso è scoppiato dopo la decisione da parte della Procura svizzera di porre sotto sequestro decine di milioni di euro, depositi – pare – investiti dall’ordine in società finite sotto inchiesta per traffici illeciti di armi e di droga.

Tornando ai Francescani dell’Immacolata. Il patrimonio non è indifferente: si parla di 59 fabbricati, 17 terreni, 5 impianti fotovoltaici, 102 autovetture, più numerosi conti bancari. Posti sotto sequestro all’inizio del commissariamento, la giustizia ha poi deciso che dovevano essere dissequestrati e riaffidati alle associazioni di laici che ne erano titolari, a causa del voto di povertà assoluta praticato dai FFI.

Respinta dalla giustizia ordinaria, la Congregazione vaticana ha aumentato le pressioni sull’83enne padre Manelli, obbligato dal Vaticano a una forma di clausura; che oggettivamente nel 2017 ha un gusto (pessimo) di altri tempi. Fra le altre cose a padre Manelli, di recente, è stato chiesto formalmente a nome del Pontefice, di confermare la sua fedeltà e obbedienza al Pontefice stesso. Il che ha fatto.

Circa quindici giorni fa padre Manelli ha però ricevuto una lettera da parte della Congregazione per i religiosi in cui gli si chiedeva di mettere in disponibilità della Chiesa i beni temporali adesso sotto il controllo delle associazioni di laici.

Ingenuamente il fondatore dei FFI ha risposto che non poteva mettere a disposizione nulla, perché i beni erano sotto il controllo delle associazioni di laici.

Forse avrebbe fatto meglio a chiedere un incontro con i laici stessi e far loro presenti le richieste vaticane; ovviamente poi i laici, che non sono tenuti all’obbedienza avrebbero potuto agire come meglio avrebbero creduto.

Non ha usato questa astuzia, e adesso il Vaticano può usare la sua risposta come una forma di mancata obbedienza al Papa; e quindi ne possono seguire sanzioni canoniche.

A margine c’è da dire che quest’uso dell’obbedienza come un’arma sta diventando frequente. Ricordiamo come fra’ Matthew Festing, Gran Maestro dell’Ordine di Malta, sia stato obbligato dal Pontefice a dimettersi, e a firmare una lettera dai contenuti più che discutibili proprio facendo leva sull’obbedienza. Un brutta abitudine che corre il rischio di cronicizzarsi…
 
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view post Posted on 8/2/2018, 11:35
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http://www.farodiroma.it/tornano-frigento-...oluto-dal-papa/


Tornano a Frigento le francescane dell’Immacolata. Manelli le ha “laicizzate” per sottrarle al commissariamento
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redazione -
06/01/2018

Indossano un abito religioso grigio – celeste e sul capo, sempre chino, è adagiato un velo scuro, blu violaceo. Per i fedeli che frequentano il Santuario del Buon Consiglio di Frigento, in via Piano della Croce, è sembrato solo un cambio di look, un rinnovamento del vestiario delle Suore Francescane dell’Immacolata, sempre viste ricoperte da un velo luminoso, di color celeste.
Nessuno si è accorto, invece, che le dodici donne con l’abito castigato, molto simile a quello dell’Ordine fondato da Padre Stefano Manelli, sono in realtà delle laiche appartenenti a un’associazione cattolica riconosciuta da un vescovo.
Hanno di fatto preso il posto delle Suore dell’Immacolata dal 28 dicembre scorso, andando a ricoprire il ruolo che queste svolgevano nella radio e nella Casa mariana editrice.

Perché allora indossano un vestito religioso completo se non sono suore?
Sotto quel cambio di look, che non è passato inosservato durante la celebrazione delle messe, mandate in onda anche su Tele Radio Buon Consiglio, si nasconderebbe dunque un atto di forza.
“Il Mattino” è venuto a conoscenza che questi personaggi femminili sono ex suore dell’Istituto delle Suore Francescane dell’Immacolata, oggi commissariato, dell’Istituto religioso fondato da Padre Manelli, il frate ultraottantenne, che ora vive ad Albenga, finito sotto processo per le accuse di molestie sessuali, maltrattamenti e falso ideologico in atto pubblico.

Archiviate le prime (ma solo per l’intervenuta prescrizione, ndr), si resta ancora in attesa del giudizio sull’ultimo capo di accusa, intorno a cui ruota il presunto scippo dei beni (30 milioni di euro) alla Chiesa a vantaggio di un trasferimento nelle mani di laici e, in particolare, delle associazioni Missione dell’Immacolata e Missione del Cuore Immacolato.
Ufficialmente, le suore hanno lasciato i conventi di Frigento per motivi di salute, insofferenti agli ambienti freddi che occupavano. La richiesta, avanzata alle commissarie dell’Istituto, è stata accolta e le religiose si sono trasferite in altri conventi.

Quanto alle nuove arrivate si sa che sono state suore, indotte da Padre Stefano a chiedere la dispensa dai voti.
Perché?
La novità nel panorama frigentino, tra le proprietà intestate alle associazioni finite sotto inchiesta, si tinge di giallo. Certo è che le fuoriuscite, ora laiche travestite da suore, con un abito che surroga quello delle Francescane dell’Immacolata, non sono più soggette all’obbedienza dettata dalle commissarie dell’Ordine, ne obbligate a non frequentare il Manelli.
Con la loro laicizzazione decade, cioé, il vincolo imposto dalla Santa Sede a Padre Stefano di non avere contatti con le religiose. Il veto si aggiunge al decreto firmato da Papa Francesco che, dopo la scoperta dei patti di sangue con cui Manelli affiliava le suore, ha dispensato tutti i membri dell’Istituto dal voto privato di speciale obbedienza al fondatore.
Allo scoccare del quinto anno del Commissariamento della Congregazione, una nuova anomalia, dal tocco violaceo, torna ora a scuotere la comunità religiosa e, con molta probabilità, a dare seccature all’autorità vescovile e alla Santa Sede. Si tratta di una vicenda che annuncia sviluppi tutti da verificare.

Loredana Zarrella per Il Mattino
 
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www.marcotosatti.com/2023/04/06/br...toria-infinita/

Breve Cronistoria dei Beni dei Francescani dell’Immacolata. Una Storia Infinita.
6 Aprile 2023 Pubblicato da Marco Tosatti 1 Commento

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, i riflettori si sono spenti da tempo sui Francescani dell’Immacolata, e sul calvario del fondatore, padre Manelli. Ma a quanto sembra, non sono finite, almeno in maniera sotterranea, le polemiche riguardanti i beni della Congregazione, che secondo alcuni avrebbero costituito il bersaglio del “golpe” interno contro il fondatore. Per fare chiarezza su voci e maldicenze che ancora vengono fatte circolare e diffuse anche da personaggi di alto livello curiale, un amico del nostro blog ci ha fatto pervenire una breve cronistoria delle vicende giudiziarie legate ai beni, priva di spunti polemici, ma tesa a fare chiarezza sui fatti. Buona lettura.


Una storia infinita

Ci sono voluti dieci anni per sgretolare il castello di sabbia delle accuse contro i familiari di Padre Stefano Maria Manelli, il fondatore dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata, accusati, senza alcuna legittima ragione, di aver sottratto ai religiosi l’uso dei beni. E poiché della diffamazione resta sempre qualcosa, niente di più facile che ci sia ancora chi continua a ritenere i Manelli coinvolti.

Ecco, allora, una sintesi della lunga storia.

Nel luglio del 2013 l’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata è commissariato e il cappuccino padre Fidenzio Volpi ne assume il controllo. L’anno successivo i familiari di Padre Manelli intentano un procedimento giudiziario contro quest’ultimo per essere stati accusati di essersi appropriati della disponibilità dei beni dell’Istituto dei religiosi.

Il 12 febbraio 2015 si va alla Mediazione obbligatoria nel corso della quale Volpi riconosce l’inconsistenza delle sue affermazioni e accetta di pagare 20.000 euro a titolo di risarcimento, di ritrattare le accuse, diffondere la notizia a mezzo AGI e di informare tutte le comunità religiose della loro infondatezza.

Ma poco dopo l’ex Commissario, ormai deceduto, non ritiene dover soddisfare l’impegno preso e con un nuovo avvocato, nello stesso anno, adisce la questione in Tribunale, chiedendo la nullità della precedente mediazione. Esaminati i fatti, nel 2018, il giudice respinge le motivazioni dei ricorrenti, conferma la validità della mediazione, ribadisce la totale estraneità dei familiari del religioso a qualsiasi operazione illegittima e condanna i ricorrenti alle ulteriori spese.

Il legale del nuovo corso dei Francescani, nell’aprile del 2019, presenta un’istanza di sospensione provvisoria del giudizio a cui si oppongono i Manelli nel settembre dello stesso anno e finalmente, tre anni dopo, è nominato un CTU per assicurare l’esecuzione completa della condanna che prevedeva la pubblicazione della notizia della totale innocenza dei Manelli.

Attualmente la sentenza è stata parzialmente eseguita perché il 17 gennaio di quest’anno il sito ufficiale dei Francescani dell’Immacolata l’ha resa nota.[1] Il giudice che presiede la causa ha rinviato il processo a novembre di quest’anno per verificare se tutte le circostanze della condanna siano state adempiute.

La questione, però, resta ancora aperta in quanto i condannati non hanno ancora ottemperato alla pubblicazione con un lancio a mezzo AGI in cui si dichiarano infondate le accuse nei confronti dei familiari del Fondatore.

Questo, ad oggi, il lungo ed intricato percorso per arrivare a discolpare i familiari di padre Manelli presentati come illegittimi detentori di beni della Chiesa.

[1] www.immacolata.com

1 commento
DON FULVIO
6 Aprile 2023 alle 12:44
Nel decreto di commissariamento le prime due motivazioni scritte dello stesso son : – eccessivo attaccamento al carisma del fondatore . – eccesso di Marianologia .
Ma che ci volete fare ?

https://veritacommissariamentoffi.wordpres.../pietro-luongo/
PADRE STEFANO MANELLI SFIDA I COMMISSARI
16 GIUGNO 2019 19:04

E’ apparso il secondo volume della collana “Un dono dall’alto” edito dalla Casa Mariana Editrice.

E’ la raccolta dei testi legislativi dei Francescani dell’Immacolata e la collezione delle lettere del Fondatore P. Stefano Manelli ai due Istituti di Frati e Suore fino al 2012.

I testi e la presentazione della collana insistono sul carattere “costitutivo” del Voto Mariano indicato come la “ragion d’essere” dell’Istituto.

L’editrice tuttavia non è più espressione dei Francescani dell’Immacolata ma di un raggruppamento di laici vicino a Stefano Manelli. La rappresentanza legale è affidata a tale Claudio Circelli che sembra contare sulla gratuita manovalanza editoriale di pie donne che indossano però velo e abito religioso a confusione del popolo di Dio.

Si tratta di ex suore francescane dell’Immacolata o ragazze figlie di persone vicine al Padre Manelli al quale hanno prestato un voto privato di fedeltà incondizionata che prescinde l’autorità stessa della Chiesa.

Mons. Pasquale Cascio, Vescovo di S. Angelo dei Lombardi sembra che le abbia accolte seppur informalmente o ad experimentum, mentre il confinante Mons. Arturo Aiello, vescovo di Avelino ha avuto qualche perplessità.

Quando le Clarisse di Pietravairano, un tempo legate a Padre Manelli, illuminate finalmente dall’Alto, decisero di prenderne le distanze, lo stesso vendicativo P. Stefano calunniò più volte e pubblicamente l’allora vescovo di Teano-Calvi, passato poi al capoluogo irpino, di avere una tresca con la madre badessa! (sic)

Per rispolverare la memoria ai tanti che hanno seguito la triste vicenda della storia ecclesiale recente e per informare gli ignari, ricordiamo che nel 2009 P. Stefano Manelli strinse un patto scellerato con il famigerato cardinal Raymond Burke per iniziare un virulento attacco contro il Vaticano II prima e il pontificato di Papa Francesco poi associandosi ad ideologi come il fu prof. Brunero Gherardini o il barone Roberto De Mattei.

La belligeranza fu annunciata dai tamburi dell’adozione esclusiva per le suore e per i seminari dei frati dell’usus antiquor della liturgia sotto pretesto – rivelatosi falso – di un’esplicita volontà di Benedetto XVI.

I malesseri creatisi all’interno della famiglia religiosa per un evidente snaturamento del carisma kolbiano e abuso di autorità portò nel 2012 alla visita canonica culminata nel 2013 dal commissariamento.

Nei primi anni del provvedimento disciplinare Padre Manelli fomentò una vera e propria opposizione al governo del cappuccino Padre Fidenzio Volpi che contemperava al gravoso incarico il segretariato della CISM (Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori).

Nel 2015 questo primo commissario apostolico morì tra le invettive e i salmi imprecatori prima e i brindisi poi dei religiosi e religiose idolatri del Padre Manelli.

Subentrò al governo del ramo maschile una troika di commissari: Don Ardito Sabino salesiano e P. Gianfranco Ghirlanda gesuita con P. Carlo Calloni cappuccino.

Nel 2016 esplose giudiziariamente e mediaticamente sui media nazionali e locali il caso di P. Manelli come palpeggiatore seriale delle sue religiose e manipolatore di vecchiette e figlie spirituali dalle quali otteneva lasciti testamentari con la promessa-premio della tumulazione nella cripta del santuario mariano di Frigento nell’Alta Irpinia dove nel frattempo aveva seppellito i genitori.

Lo scopo era creare per la numerosa famiglia naturale gloria e denaro, strumento che nel passato gli aveva permesso approvazioni ecclesiali e nel presente impunità giudiziaria e canonica.

Lo scorso 19 marzo 2019 da fonti certe abbiamo saputo del decreto di sospensione a divinis per Padre Stefano Manelli.

Il religioso, dopo aver risposto alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica che le disposizioni del Papa di non avere più contatti con le suore, di incoraggiare alla collaborazione con i commissari i frati disidenti, di obbedire all’autorità della Chiesa, di restituire i beni sottratti all’Istituto “sono un’obbedienza ingiusta”, ha finto – per opportunismo – col tornare a più miti consigli.

Quale novello Federico II a Canossa – terra non lontana dal luogo di origine del Commissario Sabino Ardito – Padre Manelli ha fatto credere di voler collaborare “per sospendere la sospensione” e contare sulla corruttibilità degli officiali e minutanti del Dicastero Vaticano pronti a nascondere le carte sotto pile di altri documenti “più urgenti” da trattare.

Da allora sono passati quasi tre mesi senza un nulla di fatto.

Sono però passati soprattutto sei anni dal commissariamento senza un nulla di fatto.

Le suore commissariate in epoca più recente hanno praticamente mantenuto le stesse superiore al potere e sono completamente disinformate sulla vicenda.

Come per i frati esiste un governo ombra parallelo che però è universalizzato rispetto a uno zoccolo duro di meno di trenta fraticelli su trecento che credono di continuare a mantenere in ostaggio l’intero Istituto.

Il processo penale nel quale Padre Manelli è imputato insieme all’ex economo P. Bernardino al secolo Maurizio Abate e P. Pietro Luongo andrà presto in prescrizione e il partito del fondatore con i suoi familiari, profittando dell’ignoranza giuridica delle masse, annuncerà “che giustizia è fatta”.

I procedimenti civili per il dirottamento dei beni a mezzo falso ideologico andranno a sentenza, ma saranno messi in sordina salvo le sorprese di magistrati corrotti.

Nel frattempo, grazie a quei personaggi che non riescono a mantenere i segreti o che hanno due piedi in una scarpa, abbiamo appreso che il Manelli conta sulla successione di governo al Dicastero con un Prefetto e Segretario in scadenza di mandato. Il prossimo anno, inoltre, don Sabino Ardito sarà ottantunenne quindi potrebbe essere rimosso per raggiunti limiti di età senza aver risolto il caso malgrado la sua perizia giuridica.


Padre Manelli dal longevo genoma familiare se la ride dalla soddisfazione annunciando ai fedelissimi anche la prossima morte di Papa Francesco e l’avvento di un pontefice a lui favorevole.

“Questo Papa non mi farà niente, tanto non mi possono fare niente… faremo uscire altri scandali nella Chiesa… li ricatteremo…” è la spavalda litania che pronuncia insieme alla calunnia del “… sono tutti massoni e modernisti”.

A questa si aggiunge: “sono degli incapaci, non capiscono nulla”.

In realtà il Manelli sta solo incoraggiando sé stesso più che la truppa di soggetti ideologizzati o semplicemente psicotici che lo segue.

Come da sempre il Manelli divide per imperare.

Dovrà farsene comunque una ragione del suo clamoroso fallimento malgrado il suo volgo fanatizzato raccolga testi di scritti e documenti, pubblichi libri a sua firma, benché sconfessato dalla Chiesa istituzionale.

Diabolos non è forse sinonimo di Divisore?

M.L.C.

Edited by pincopallino1 - 26/2/2024, 08:56
 
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PADRE STEFANO MANELLI E LA SOSPENSIONE A DIVINIS

Dal 1 Febbraio 2019 a P. Stefano Maria Manelli è stata comminata dal Commissario Apostolico Mons. Ardito Sabino la “sospensione a divinis” cioè una sanzione prevista dal canone 1333 del Codice di Diritto Canonico che gli vieta l’esercizio di tutti gli atti relativi al ministero sacerdotale.

La storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa.
Questa frase attribuita al “comunista” Karl Marx rappresenta bene il “ventennio fascista” di Padre Stefano Manelli al governo dei Francescani dell’Immacolata dal 1990 al 2013.
Idolatrato da alcuni e disprezzato da altri ha saputo nel corso degli anni entrare nel sistema della corruzione vaticana senza riuscire per questo ad evitare la deposizione e il commissariamento finale.
Vocazioni distrutte e vite disilluse di uomini, donne e famiglie a cui si aggiungono altri fattori di imputabilità come scandali finanziari e abusi sessuali.
La consumazione di questi delitti protratti in parte nel tempo e in parte ancora in atto, ha definitivamente siglato il fallimento del “progetto Manelli” sulla vita religiosa.
Dallo studio del Diritto pubblico e dei sistemi costituzionali comparati abbiamo imparato e insegnato che il dittatore si propone di costituire stabilmente un nuovo ordine.
Fu questa la velleità del Manelli che nel suo narcisismo patologico e le ossessioni paranoiche finì col prendere di mira la Chiesa stessa per fondare un “nuovo Ordine” sul nostalgico modello degli anni Cinquanta, quando da novello sacerdote la vita gli irrideva intorno.
Erano gli anni del baby boom nei quali Domenico Modugno allargava le braccia e cantava “Volare” per osannare a quella generazione che avrebbe egoisticamente succhiato ogni risorsa ai posteri.
Erano gli anni della corte di Pio XII e dei fasti vaticani.
Si sfruttò il bene e il male del Novecento ubriacandosi di sogni di vita e costruendo incubi per i giovani.
Il culmine fu raggiunto dal Manelli con l’esplicita critica al Vaticano II del 2009 attraverso il suo patrocinio a un convegno che in quella sede definì la grande assise vaticana un “conciliabolo pastorale”.
Benché il Manelli non ebbe mai il coraggio di far stampare l’integrità degli Atti, la Casa Mariana Editrice diffuse tuttavia il libello anticonciliare “Un discorso da fare” di Mons. Brunero Fiorello Gherardini mentre agli Istituti dei frati e delle suore venne pedissequamente e integralmente imposta la liturgia tridentina.
La parola d’ordine era: “lo vuole il Papa!” (Benedetto XVI ndr) cosa che si rivelò falsa.
In quegli anni il Manelli attribuì anche a San Pio da Pietrelcina la frase “tutte tenebre” riferita al Vaticano II liquidato come il Concilio dalle “quattro T”.
La menzogna ha sempre imperato nella retorica manelliana con il ricorso alla calunnia e ai santi, non quali intercessori ma come prova ad hominem delle sue fantasie.
Peccato che la “protezione speciale” di Padre Pio a più riprese ostentata dal Manelli su se stesso e la sua famiglia biologica sia ormai da tempo contraddetta dai fatti per l’evidente indignazione del santo stesso come riferito da una pia anima piemontese – in odore di santità – con dichiarazioni anche recenti.
Fondatore e sedicente “Padre Comune” di frati, suore e laici, Manelli volle realizzare un ideale restaurazionista di vita religiosa verso il quale nei fatti lui stesso ne fu costantemente distante.
La sua dottrina era condita inevitabilmente da pelagianesimo e montanismo e veniva così impartita all’interno della prassi formativa e la condotta conventuale dei suoi Istituti.
E’ curioso notare come la vita spesso sia come una ruota.
Ieri il Manelli si lamentava dei religiosi da lui definiti “rilassati”, oggi lui stesso ripete le stesse scelte che poco prima contestava ai cosiddetti “rilassati” specie se membri di altre congregazioni religiose, meglio ancora se Francescani e Conventuali in particolare.
A un mese dal commissariamento, con la complicità dei padri economi Abate e Longo – con i quali condivide ad oggi l’attesa di giudizio penale – Padre Manelli fece cambiare gli statuti delle due Associazioni pubbliche di Diritto privato alle quali facevano capo le temporalità dell’istituto.
Il controllo di cui fino a quel momento godeva il Superiore Maggiore pro tempore veniva ex novo attribuito “allo spirito di Padre Manelli” mentre la compagine associativa eliminava i religiosi e integrava laici amici, parenti e conoscenti di fiducia del padre Manelli.
Lo scopo era duplice:
Creare un nuova realtà canonica affrancata dal commissariamento e continuare a contare sugli appoggi di alti prelati e curiali corrotti grazie al “nervo della guerra” che è il denaro.
All’uopo Padre Manelli indusse allo scioglimento dai voti numerose suore e frati contando sul contingente appoggio di qualche vescovo disposto ad accogliere dei pii uomini o delle pie donne che volevano menare vita in comune continuando a portare un abito religioso molto simile a quello dei Francescani dell’Immacolata per indurre fedeli e “benefattori” in errore.
Il Santo Padre Francesco in persona indicò nel 2018 quattro punti sui quali Padre Stefano Manelli e il suo vice Padre Gabriele Pellettieri avrebbero dovuto assolutamente obbedire:


1) Collaborazione e obbedienza ai commissari;
2) Interruzione di contatti con le suore;
3) Fine della contaminazione ideologica ai frati;
4) Restituzione dei beni sottratti all’Istituto.



MANELLI CON L’EX VESCOVO OLIVERI AD ALBENGA

Mentre il cofondatore Padre Gabriele Pellettieri dalla Teano del Nord, cioè Monghidoro, rispondeva “obbedisco”, Padre Manelli tergiversava, temporeggiava e parlava di “obbedienza ingiusta”, proprio lui che esigeva un’obbedienza alla “luce dell’Immacolata” e parlava di “obbedienza del cadavere” (sic).
Visto il rifiuto delle proposte benevole dei commissari di ricomposizione pacifica della questione con la mediazione dell’avv. Artiglieri “il farfugliatore”, ad ottobre 2018 ci fu un incontro dei Commissari con il Cardinale Braz de Aviz e Mons. José Carballo.
Preso atto della somma di ammonizioni canoniche del padre Manelli, si passò al “cartellino rosso” consegnato brevi manu ad Albenga il 1 febbraio 2019.
Il Manelli, dopo la defenestrazione degli avvocati Artiglieri e Tuccillo, tipica dei sovrani tiranni che per paranoia uccidono i collaboratori, si fece redigere da un terzo soggetto una memoria difensiva molto approssimata con il solo scopo di guadagnare tempo in attesa che i suoi messi raggiungessero nuovi alleati, come le corti europee prima del Congresso di Vienna.
Se in quel contesto di XIX secolo il principe Joseph de Ligne poteva denunciare l’immobilismo dei congressisti presi da danze mondane coniando l’espressione “si le congrès danse, il ne marche pas, mutatis mutandis nel 2019 si può dire lo stesso delle pastoie vaticane.
L’officiale di Dicastero che seguiva la vicenda dei Francescani dell’Immacolata era il passionista Padre Diego Di Odoardo. Sostituito lo scorso anno per limiti di età da Padre Orlando Manzo barnabita, la condizione sanzionatoria per il padre Manelli si è ammorbidita.
Il Dicastero ha risposto a Padre Manelli ignorando il Commissario al quale era stato invece richiesto di redigere e firmare la sospensione a divinis.
Da fonti certissime sappiamo che alla recente richiesta del Commissario Mons. Ardito di una copia del testo di risposta al Manelli, il nuovo sottosegretario di Dicastero, Padre Pierluigi Nava ha effettivamente reagito. Al ricevimento della busta era scomparso al suo interno l’allegato della lettera “accomodatrice” al Manelli.
Furto o leggerezza di un Dicastero Vaticano?
Si tratta di fatti gravi che minano l’integrità morale degli uomini al servizio di Papa Francesco la cui posizione è stata chiara sin dall’inizio.


IL DELFINO GIOVANNI MANELLI

Padre Stefano Manelli è in stato di disobbedienza canonica formale, ha dei carichi pendenti civili e penali, c’è un’inchiesta canonica presso Dottrina della Fede per accuse sulle sua moralità, un decreto di sospensione a divinis del suo superiore diretto, numerose ammonizioni canoniche, ma continua a fare ciò che vuole.
Alcuni blog tradizionalisti lo presentano come il perseguitato di Papa Francesco agli arresti domiciliari nel convento di Albenga.
In realtà padre Manelli si muove come e quando vuole lui con il suo autista personale, continua a visitare e permanere nelle clausure femminili e ha recentemente celebrato a Roma le nozze del nipote omonimo.

Ognuno si chiede se dei suoi delitti si fosse macchiato un chierico qualunque, cosa sarebbe stato di costui.

La regola dei due pesi e delle due misure è presente in uno dei più corrotti dei dicasteri vaticani dove i soldoni delle Congregazioni religiose bloccano il corso della giustizia e della correzione come già successo anni fa con Maciel Degollado fondatore dei Legionari di Cristo, protetto dai Cardinali Sodano e Dziwisz che stavano compromettendo per questo la causa di canonizzazione di Giovanni Paolo II, il pontefice omologatore del Manelli ma criticato da quest’uomo cinico e ingrato ipercritico per alcune sue posizioni teologiche e il Giubileo del Duemila, proprio come l’Accusatore.

MLC

www.farodiroma.it/trisulti-la-mess...paola-rolletta/
Trisulti. La Messa con i nemici di Papa Francesco (di Paola Rolletta)
Di red -27/08/2020
Foto di archivio
“Chi lo ha detto che a Trisulti non si celebra la Messa? Guarda questa foto: sono frati che hanno fatto la richiesta, sono venuti dalla Campania e hanno celebrato la Messa in cappella”.

Benjamin Harnwell non resiste e mi mostra la foto dei frati che hanno celebrato la Messa nella cappella della certosa, domenica scorsa, quasi un anno dopo l’addio del vecchio priore cistercense, don Ignazio, l’unico monaco rimasto a Trisulti dopo che il Ministero dei beni culturali, nel 2018, ha affidato la gestione dell’importante sito religioso alla Dignitatis Humanae Institute, a seguito di una contestatissima gara le cui macroscopiche anomalie sono adesso all’esame del Consiglio di Stato. Il massimo organo della giustizia amministrativa dovrà pronunciarsi nelle prossime settimane (ma l’udienza non è stata ancora fissata) sull’annullamento della concessione disposto dallo stesso Ministero, convinto da circostanziate denunce giornalistiche a tornare sui suoi passi per le numerose irregolarità emerse nella documentazione inviata alla commissione giudicatrice dall’associazione ultracattolica, legata a Steve Bannon.

Padre Ignazio, nell’ottobre dello scorso anno, si è ritirato, suo malgrado, nell’abbazia cistercense di Valvisciolo, e da allora le messe a Trisulti sono state rarissime, un vero privilegio spesso ottenuto dietro il pagamento alla nuova gestione di un lauto compenso. Chi decide chi sì e chi no è Harnwell che evidentemente si sente onnipotente nella cittadella di Trisulti: è lui stesso, infatti, ad autorizzare di fatto le messe senza interpellare – come abbiamo appurato – il vescovo locale, che è l’unica autorità religiosa che abbia il potere di consentire la celebrazione della Messa nella diocesi.

Una conferma di questa prassi tutt’altro che in linea con le disposizioni del diritto canonico la dà anche la responsabile del Centro guide Cicerone, Francesca Casinelli, che, sentita al telefono, ribadisce candidamente: “Chiunque può celebrare la Messa. La chiesa non è stata sconsacrata. Basta richiederlo”. Ma a chi? Se poi si tratta di matrimoni e altre liturgie basta pagare.

La foto mostra sei frati, con la medaglietta della Madonna sul lato sinistro del saio cinerino, che posano sorridenti sulle scale della farmacia della Certosa, insieme a Benjamin Harnwell, un paio di giorni dopo l’arresto per frode e riciclaggio di denaro del suo mentore Bannon, prelevato dalle autorità di polizia sullo yacht del dissidente miliardario cinese Guo Wengui, negli Stati Uniti. Chissà se è lo stesso natante che il teorico del sovranismo in tutte le salse si vantava, ammiccando ai sostenitori confluiti in una sua kermesse, di aver acquistato con i soldi raccolti con una delle sue campagne di fundraising. Era una battuta, ma il comico inglese John Oliver ne ha fatto il cavallo di battaglia di un suo sketch di successo dopo il clamoroso arresto per truffa proprio sull’utilizzazione dei fondi destinati alla costruzione del grande Muro tra Stati Uniti e Messico.

Ma torniamo ai frati che dalla Campania sono arrivati a Trisulti per celebrare Messa grazie alla singolare dispensa concessa da Harnwell. La loro carta di identità rivela un altro aspetto inquietante della vicenda, che sembra offrire sempre nuove sorprese che vanno tutte nel senso di delineare i veri contorni della “manovra” anti papa Francesco (e non solo) di cui si intendono porre le basi nel prestigioso complesso abbaziale.

Si tratta, infatti, di frati fuoriusciti dall’Istituto dei Francescani della Immacolata, una congregazione commissariata dal 2013 sulla quale pesano inchieste per scandali finanziari e l’accusa di praticare una scarsa ortodossia cattolica. La storia ha riempito le cronache dei giornali sul tentativo illecito del fondatore, Stefano Manelli, di imporre a tutta la sua famiglia religiosa il rito antico di San Pio V, che la Santa Sede (a norma del motu proprio “Summorum pontificum” di Benedetto XVI) concede solo alle famiglie religiose che sono nate con questa caratteristica. Non si può – suggerisce il documento del papa emerito, che pure viene ora utilizzato come bandiera dai gruppi del conservatorismo cattolico – diventare tradizionalisti in corsa, “à la carte”, magari per ragioni di convenienza; non a caso si parla di un contenzioso che riguarda traffici economici di milioni di euro in denaro e proprietà immobiliari.

Prima del commissariamento – deciso da Bergoglio subito dopo la sua ascesa al soglio pontificio – il cardinale Raymond Leo Burke, amico del fondatore e superiore generale Stefano Manelli, era un assiduo frequentatore dell’Istituto dei frati dove celebrava la Messa con il rito tridentino. Anche l’altro cardinale tradizionalista Walter Bradmuller era solito celebrare la Messa in latino nella comunità dei Frati Francescani dell’Immacolata. Fino a che lo stesso papa Benedetto XVI aveva deciso di inviare un’ispezione. E oltre alla scarsa ortodossia, numerose denunce dall’interno della stessa congregazione hanno fatto saltare il tappo degli scandali finanziari che hanno portato al suo commissariamento da parte dell’attuale pontefice; per Stefano Manelli la “sospensione a divinis” – una sanzione prevista dal canone 1333 del Codice di Diritto Canonico che gli vieta l’esercizio di tutti gli atti relativi al ministero sacerdotale; e alle inchieste su irregolarità amministrative da parte della Procura della Repubblica di Avellino, un’indagine per truffa aggravata e falso ideologico, che portò al sequestro di 30 milioni di euro a due associazioni legate all’istituto, beni, tuttavia, dissequestrati successivamente dalla Cassazione.

Strano destino per la Certosa di Trisulti che, da centro propulsore del monachesimo occidentale, con questa messa “scismatica” celebrata all’insaputa del vescovo e della comunità, viene ridotta a un “doloroso ostello”.

Paola Rolletta

https://veritacommissariamentoffi.wordpres...R8ZIzYdGtWcDc48
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Padre Stefano Manelli vuole disporre per fine agosto 2020 del complesso conventuale di via Boccea, 590 per insediarvi religiosi fuoriusciti dai Francescani dell’Immacolata insieme a suoi nuovi adepti che continuano a seguirlo nella sua visione sul mondo e sulla Chiesa in contrasto con il pontificato di Papa Francesco e il Vaticano II.

Non posso tacere alle confidenze ricevute da un Frate Francescano dell’Immacolata perché “cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità”.

La storia



Nel 2006 i Frati Minori della Custodia di Terra Santa decisero di lasciare la parrocchia Santa Maria di Nazaret e il loro collegio nel quartiere di Casalotti in via Boccea, 590.

Il mantenimento della grande struttura e l’impegno pastorale erano infatti sproporzionati alle nuove esigenze di apostolato e all’organico dei religiosi della Custodia concentrata soprattutto in Medio Oriente.

I Frati Francescani dell’Immacolata rilevarono i luoghi e la parrocchia grazie all’accoglienza dell’Ordinario del luogo, Mons. Gino Reali vescovo della diocesi suburbicaria di Porto Santa Rufina.

La stessa diocesi stipulò un contratto di comodato d’uso degli ambienti a titolo gratuito.

L’ecletticità dell’allora Fondatore e Ministro Generale Stefano Manelli avvicendò cinque parroci in sei anni di cui il nipote Fra’ Settimio Manelli fu impegnato per due mandati discontinui: guardiano, rettore e parroco.



Da zelante pastore e con creativo senso ecclesiologico, il Manelli jr. durante la Settimana Santa lasciava la parrocchia con il carrozzone dei suoi studenti e svolgeva i sacri riti presso la casa contemplativa delle Suore Francescane dell’Immacolata a Città di Castello (PG).

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In quel momento ivi convergevano i tradizionalisti dell’asse Umbro-marchigiano per assistere il Venerdì Santo al teatrino in chiesa del catafalco e delle tamburellate per rappresentare il terremoto dell’Ora Nona.

In quel monastero degli orrori dove la Suor Maria Francesca Marcella Perillo si faceva flagellare a sangue e marchiava a fuoco il petto delle consorelle si recavano e si firmavano nel registro come visitatori e conferenzieri personaggi come Mons. Bernard Fellay superiore generale della Fraternità San Pio X (Lefebvriani) e il prof. Roberto De Mattei (nobiltà nera romana).



Ad inizio 2013 i Frati Francescani dell’Immacolata acquistarono l’ex Collegio di Terra Santa di via Boccea, 590 perché la situazione in Iraq e in Siria sollecitava liquidità ai Frati Minori della Custodia di Terra Santa per sovvenire a rifugiati e disastrati di guerra.



I Frati Minori proprietari non potevano tenersi un grande immobile a Roma in ozio redditizio e ne sollecitavano l’alienazione.

Il Padre Manelli all’inizio non era molto entusiasta dell’acquisto perché nel frattempo aveva sistemato gli studenti a Sassoferrato in un conventone sempre dei Frati Minori di cui l’allora padre Provinciale Ferdinando Campana, Provinciale delle Marche, non vedeva l’ora di affibbiarlo a qualche ingenua congregazione che avrebbe allievato la spesa manutentiva e ovviato il danno da prevedibile disuso.

L’Istituto dei Francescani dell’Immacolata era all’epoca in piena tridentinizzazione e dopo l’infelice convegno contro il Vaticano II del dicembre 2009, aveva innestato progressive retromarce mettendo l’acceleratore a tavoletta nel 2011.

Le Figlie di Maria Ausiliatrice della vicina università AUXILIUM di Casalotti avevano offerto formazione ai numerosi studenti e qualche monsignore avveduto si chiedeva come mai a Roma gli studenti dei Frati Francescani dell’Immacolata non andassero in una delle tante Università pontificie per una cattolica formazione al sacerdozio.

Manelli si intimorì, anche perché lo studio interno denominato S.T.I.M., chiuso “per volontà del Santo Padre”, non aveva una vera e propria struttura accademica, un corpo docenti decente e sufficiente, affiliazioni con facoltà in grado di rilasciare diplomi di laurea e soprattutto i permessi canonici affidati a un decreto degli anni Novanta ad experimentum del fu Mons. Antonio Forte, vescovo di Avellino, per il convento di Frigento (AV).

“Il Padre Comune” così si decise per la minore visibilità dello STIM nelle Marche dove la coppia Manelli jr. rettore e fra Paolo Siano vicario, marcarono l’apice della paranoia sul complotto pluto giudaico bolscevico massonico all’interno della Chiesa. Il primo a cadere sotto la mannaia della censura fu “L’Osservatore Romano”. In refettorio, al posto del Papa e del Vescovo, campeggiava il ritratto del “Padre Comune” Stefano Manelli con lo scudiero “Gabriele Pellettieri”. Due “semidei” onnipresenti come i ritratti dei tiranni.

La casa generalizia sita a Rocca di Papa stava però venendo a pezzi, anzi era stata messa in vendita, ma il Manelli con il suo fido avvocato Bruno Lucianelli, non si accontentò di mezzo milione di euro, ne voleva uno tutt’intero.

Da premettere che quella casa di via Palazzolo, 2 venne ceduta all’istituto dei Francescani dell’Immacolata da suore di una Congregazione locale fattesi anziane e che la lasciarono a condizione che rimanesse casa religiosa e non oggetto di asta immobiliare.

Nel tira e molla della negoziazione, in piena crisi del settore case, il padre padrone Manelli si decise di acquistare il complesso di Terra Santa di via Boccea, 590 a Casalotti.

Fino al 2013 tutti gli immobili dell’Istituto e le opere, appartenevano all’Associazione “Missione dell’Immacolata” con sede a Frigento (AV).

Il portafoglio dell’Associazione era talmente pieno di beni che la suora Consiglia Carmela De Luca consigliò (nomen omen) di non appesantirla troppo e di creare un’altra associazione ad hoc.

Questo rivelerà due cosette: la prima è l’ingerenza e il totale dominio delle suore dell’Immacolata nelle attività anche economiche dei frati, essendo la suora De Luca l’economa generale a vita.

La seconda cosa, un po’ più birbante, è la debolezza che avesse questa suorina per il superiore di Benevento, stimato “per come celebrava il rito tridentino”. La seconda associazione di cui stiamo parlando, infatti, creata appositamente per il complesso di via Boccea, ha la sua sede a Benevento dove P. Pietro Luongo, imputato con Maurizio Abate (P. Bernardino) e Stefano Manelli al processo penale per frode e falso ideologico, era padre guardiano! I conti tornano.

In quel di Benevento, inoltre, P. Manelli ha molti seguaci: figlie spirituali che invita ad avere tanti figli da mettere in convento; vecchie signore nubili dalle quali farsi prestare automobili e intestare terreni ed appartamenti; preti “leporini” della lobby gay in servizio alla Segreteria di Stato Vaticana per le protezioni e last but not least, un manipolo di tradizionalisti come il prof. Corrado Gnerre, uno dei tanti illusi che crede di essere più cattolico del Papa.

Il nome dato all’Associazione è “Missione del Cuore Immacolato”.

Di questa associazione facevano parte sei Frati francescani dell’Immacolata. Così come per l’Associazione “Missione dell’Immacolata”, solo i religiosi potevano esserne soci sotto il veto finale decisionale del Superiore Maggiore dei Frati Francescani dell’Immacolata.

La nascente e nullatenente associazione venne nel febbraio 2013 alimentata da bonifici in provenienza fattuale dei Frati Francescani dell’Immacolata. La neonata associazione aveva il conto corrente all’Unicredit di via dei Rettori a Benevento.

Con due assegni circolari di suddetta banca si pagò il complesso di via Boccea per 2.700.000 euro e ivi si trasferì la Curia Generalizia.

La negoziazione, stando alle testimonianze, venne fatta con P. Ferrario l’allora delegato per l’Italia della Custodia. Suor Consiglia De Luca, ricorda il frate minore, tentò anche di far dichiarare un prezzo inferiore, ma stavolta non ci riuscì così come era invece successo pochi anni prima per l’hotel “L’Abbazia” di Frigento, dove continua a nascondersi il P. Manelli credendo che nessuno sappia il suo segreto di Pulcinella.

C’è da chiedersi a questo punto perché tutte le temporalità dei Francescani dell’Immacolata venissero intestate a delle associazioni pubbliche di diritto privato.

E’ presto detto.

Manelli nelle sue fantapoesie faceva credere che questo significasse vivere secondo povertà francescana.

In realtà i frati e le suore si ritrovavano ad essere soci proprietari di beni da decine di milioni di euro!

Manelli persino nel suo commento alla “Traccia Mariana di Vita francescana”, un testo spirituale sulla vita religiosa privo di linguaggio canonico e da lui per primo non osservato, dichiara che i soci devono essere sempre frati e suore con i rispettivi economi generali come referenti.

L’11 luglio 2013 i Frati Francescani dell’Immacolata vengono commissariati e padre Manelli rimosso dall’incarico.


Dopo poco più di un mese, appena si rende conto della serietà di P. Volpi e della volontà di vederci chiaro su tutto si reca presso due notai; uno per associazione: il 29 e il 30 agosto 2013.

Lo scopo, facendo credere che è ancora il Superiore Generale, poiché ne conservava il titolo nominale ma non l’autorità, è lo scompaginamento societario: via i religiosi e dentro i laici.

Per l’Associazione “Missione del Cuore Immacolato” dell’immobile di Boccea tra i soci figura il cognato Antonio Allocca. Anche la cognata, Annamaria Sancioni, moglie di Pio Manelli, mamma di Manelli jr. è all’interno delle compagini associative.

Sono atti pubblici redatti per Avellino dal notaio Edgardo Pesiri e per Benevento dal notaio Elena Calice.

Il papà della signorina notaio, dopo mesi di inattività, beneficierà poco dopo dell’appalto per la costruzione di un albergo tra S. Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo che il Manelli motiva come “luogo nel quale, essendo entro 30 Km da San Giovanni Rotondo, quando l’asteroide che sta per cadere sulla terra farà danno (sic), nessuna vittima lì ci sarà”.

Da premettere che anche la ditta di costruzioni della famiglia di Suor Consiglia Carmela De Luca, rifugiatasi in Francia, aveva ricevuto anni prima un appalto per la costruzione del convento delle suore a Frigento. Altro che gli scandali della Regione Lombardia!

Disponiamo inoltre di testimonianze su falsificazioni di testamenti a Fontanarosa (AV), luogo dove oggi si sono stanziati nell’ex convento delle suore, dei pii uomini adepti del Manelli che escono con l’abito religioso dei Frati Francescani dell’Immacolata pur essendo fuggitivi e ridotti allo stato laicale.

Il defunto Padre Fidenzio Volpi in una lettera circolare all’Istituto dell’8 Dicembre 2013 farà presente la sottrazione fraudolenta di beni ecclesiastici, patrimonio stabile di un Istituto religioso di Diritto Pontificio sottoposto alla disciplina ecclesiastica per le temporalità e non all’arbitro di P. Manelli. Sullo statuto modificato delle associazioni, infatti, non c’è più scritto come finalità le opere e le missioni dei Francescani dell’Immacolata, ma “lo spirito di padre Manelli”.

Volpi sarà denunciato in sede civile dai familiari di P. Stefano Manelli per queste sue rivelazioni.

E’ la vendetta di Stefano Manelli e la bile del nipote Settimio che ad ogni piè sospinto vuole querelare pure gli spaventapasseri dell’orto.

Volpi vorrebbe trattare in sede di mediazione civile ma poi viene insultato da Maria Guerini, un’inavvenente che poteva solo sposare la causa del tradizionalismo sul blog Chiesa e post Concilio, avverso a Papa Francesco e seguita a ruota da un certo don Camillo, amante di merletti e sottane che quando incontra i frati per strada si dice pentito poiché se la fa sotto. Entrambi infatti saranno subito querelati ma la morte prematura di P. Volpi interromperà il processo a loro carico mentre la famiglia Manelli continua a chiedere indennizzo agli eredi di Padre Volpi, ai Cappuccini di Milano e ai Francescani dell’Immacolata permettendosi anche di far scrivere sui soliti blog che la “Legge” ha dato ragione a Padre Manelli. (continua…)
 
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68 replies since 1/8/2013, 06:33   26601 views
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