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Cile. Preti pedofili, più di 200 denunce per abusi nei collegi, Le scuole cattoliche paradiso dei preti criminali

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view post Posted on 19/1/2018, 14:41

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La linea dura di Bergoglio: prima chiede al vescovo di nascondersi per calmare le acque e poi se la prende coi violentati

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Vescovo BArros

http://www.ilpost.it/2018/01/19/papa-franc...-sessuali-cile/

VENERDÌ 19 GENNAIO 2018
Papa Francesco ha accusato le vittime di abusi sessuali in Cile di calunniare un vescovo
È una storia che coinvolge il vescovo della città di Osorno e sta provocando molte proteste contro la Chiesa cattolica

Papa Francesco celebra una messa alla spiaggia di Lobitos, vicino alla città cilena di Iquique, il 18 gennaio (VINCENZO PINTO/AFP/Getty Images)
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In Cile le polemiche sugli abusi sessuali compiuti da alcuni membri della Chiesa cattolica non sono ancora finite. Ieri papa Francesco, che da qualche giorno si trova in Cile per una visita ufficiale, ha fatto alcune dichiarazioni alla stampa che hanno provocato reazioni furiose: ha accusato le vittime di abusi sessuali di calunniare il vescovo Juan Barros, che è accusato a sua volta di avere coperto in passato le violenze di un altro prete, Fernando Karadima. Di fronte alla richiesta di molte persone di rimuovere Barros dal suo incarico di vescovo della diocesi di Osorno, una città nel sud del Cile, papa Francesco ha detto: «Il giorno che qualcuno mi porterà una prova contro il vescovo Barros allora parlerò. Ma finora non c’è nemmeno l’ombra di una prova. È tutta calunnia. È chiaro?».


La storia a cui si è riferito papa Francesco risale a qualche anno fa. Nel 2011 Fernando Karadima fu condannato dal Vaticano di avere abusato di alcuni adolescenti durante gli anni Ottanta e fu condannato a seguire una «vita di preghiere e penitenza». Lo stesso anno si occupò del caso anche un giudice, che definì le accuse “credibili” anche se ormai cadute in prescrizione. In quel periodo Juan Barros faceva parte del circolo ristretto di Karadima e secondo la testimonianza di una delle vittime, Juan Carlos Cruz, assistette a un episodio di abusi. Ieri, rispondendo alla richiesta di papa Francesco di fornire delle prove della colpevolezza di Barros, Cruz ha scritto su Twitter: «Come se avessi potuto farmi un selfie o delle foto mentre Karadima abusava di me e di altri, con Juan Barros lì di fianco a vedere tutto».

Como si uno hubiese podido sacarse una selfie o foto mientras Karadima me abusaba a mi u otros con Juan Barros parado al lado viéndolo todo. Estas personas desde arriba están locos y @Pontifex_es habla de reparación a las víctimas. Seguimos igual y su perdón sigue siendo vacío. https://t.co/IHWDJUqCie

— Juan Carlos Cruz Ch. (@jccruzchellew) 18 gennaio 2018

Nel 2015 papa Francesco nominò Barros vescovo di Osorno. Le proteste furono molte ma non fecero cambiare idea alla Chiesa cattolica. Questa settimana, però, Associated Press ha pubblicato un articolo aggiungendo un pezzo alla storia. AP ha scritto di avere visto una lettera del 2015 in cui papa Francesco chiedeva a tre vescovi cileni legati a Karadima di prendersi un anno sabbatico prima di successive nomine, di modo da far calmare le acque dopo lo scandalo degli abusi sessuali. Uno dei tre vescovi a cui si riferiva la lettera era proprio Juan Barros. La proposta però non si concretizzò e il Vaticano nominò Barros vescovo di Osorno.

Papa Francesco aveva cominciato la sua visita in Cile chiedendo pubblicamente scusa a nome della Chiesa cattolica per gli abusi sessuali compiuti da preti cileni ed emersi negli ultimi anni: aveva detto di «provare dolore e vergogna» per i «danni irreparabili» fatti alle vittime. Allo stesso tempo, però, si era rifiutato di incontrare le vittime di Karadima e di riconsiderare la nomina di Barros a vescovo di Osorno, provocando molte proteste. Le sue ultime dichiarazioni hanno creato nuove tensioni e sono state molto criticate dalle organizzazioni che si occupano di tutelare le vittime di abusi sessuali compiuti da membri della Chiesa. Per esempio Anne Barrett Doyle, co-direttrice di BishopAccountability.org, ha detto: «L’attacco di papa Francesco alle vittime di Karadima è un’incredibile battuta d’arresto. Ci fa tornare indietro ai giorni più bui di questa crisi. Chi può dire quante vittime decideranno ora di rimanere nascoste, per paura di non essere credute?».
 
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Papa Francesco ha accusato le vittime di abusi sessuali in Cile di calunniare un vescovo

È una storia che coinvolge il vescovo della città di Osorno e sta provocando molte proteste contro la Chiesa cattolica

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In Cile le polemiche sugli abusi sessuali compiuti da alcuni membri della Chiesa cattolica non sono ancora finite. Ieri papa Francesco, che da qualche giorno si trova in Cile per una visita ufficiale, ha fatto alcune dichiarazioni alla stampa che hanno provocato reazioni furiose: ha accusato le vittime di abusi sessuali di calunniare il vescovo Juan Barros, che è accusato a sua volta di avere coperto in passato le violenze di un altro prete, Fernando Karadima. Di fronte alla richiesta di molte persone di rimuovere Barros dal suo incarico di vescovo della diocesi di Osorno, una città nel sud del Cile, papa Francesco ha detto: «Il giorno che qualcuno mi porterà una prova contro il vescovo Barros allora parlerò. Ma finora non c’è nemmeno l’ombra di una prova. È tutta calunnia. È chiaro?».



La storia a cui si è riferito papa Francesco risale a qualche anno fa. Nel 2011 Fernando Karadima fu condannato dal Vaticano per avere abusato di alcuni adolescenti durante gli anni Ottanta e fu condannato a seguire una «vita di preghiere e penitenza». Lo stesso anno si occupò del caso anche un giudice, che definì le accuse “credibili” anche se ormai cadute in prescrizione. In quel periodo Juan Barros faceva parte del circolo ristretto di Karadima e secondo la testimonianza di una delle vittime, Juan Carlos Cruz, assistette a un episodio di abusi. Ieri, rispondendo alla richiesta di papa Francesco di fornire delle prove della colpevolezza di Barros, Cruz ha scritto su Twitter: «Come se avessi potuto farmi un selfie o delle foto mentre Karadima abusava di me e di altri, con Juan Barros lì di fianco a vedere tutto».

Nel 2015 papa Francesco nominò Barros vescovo di Osorno. Le proteste furono molte ma non fecero cambiare idea alla Chiesa cattolica. Questa settimana, però, Associated Press ha pubblicato un articolo aggiungendo un pezzo alla storia. AP ha scritto di avere visto una lettera del 2015 in cui papa Francesco chiedeva a tre vescovi cileni legati a Karadima di prendersi un anno sabbatico prima di successive nomine, di modo da far calmare le acque dopo lo scandalo degli abusi sessuali. Uno dei tre vescovi a cui si riferiva la lettera era proprio Juan Barros. La proposta però non si concretizzò e il Vaticano nominò Barros vescovo di Osorno.

Papa Francesco aveva cominciato la sua visita in Cile chiedendo pubblicamente scusa a nome della Chiesa cattolica per gli abusi sessuali compiuti da preti cileni ed emersi negli ultimi anni: aveva detto di «provare dolore e vergogna» per i «danni irreparabili» fatti alle vittime. Allo stesso tempo, però, si era rifiutato di incontrare le vittime di Karadima e di riconsiderare la nomina di Barros a vescovo di Osorno, provocando molte proteste. Le sue ultime dichiarazioni hanno creato nuove tensioni e sono state molto criticate dalle organizzazioni che si occupano di tutelare le vittime di abusi sessuali compiuti da membri della Chiesa. Per esempio Anne Barrett Doyle, co-direttrice di BishopAccountability.org, ha detto: «L’attacco di papa Francesco alle vittime di Karadima è un’incredibile battuta d’arresto. Ci fa tornare indietro ai giorni più bui di questa crisi. Chi può dire quante vittime decideranno ora di rimanere nascoste, per paura di non essere credute?».

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Le proteste contro il Papa in Cile

Le foto delle manifestazioni seguite al suo arrivo a Santiago, contro le violenze sessuali nella Chiesa e un prete in particolare

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Papa Francesco si trova in questi giorni in visita ufficiale in Cile. Insieme alla cerimonia di benvenuto, però, ieri ci sono state anche molte proteste contro gli abusi sessuali da parte di alcuni membri della Chiesa: tra i manifestanti c’erano anche i cittadini di Osorno, una città del sud del paese, arrivati a Santiago per protestare contro la nomina a vescovo della loro diocesi di un prete che si chiama Juan Barros.

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Papa Francesco si trova in questi giorni in visita ufficiale in Cile. Insieme alla cerimonia di benvenuto, però, ieri ci sono state anche molte proteste contro gli abusi sessuali da parte di alcuni membri della Chiesa: tra i manifestanti c’erano anche i cittadini di Osorno, una città del sud del paese, arrivati a Santiago per protestare contro la nomina a vescovo della loro diocesi di un prete che si chiama Juan Barros.

L’opposizione a Barros, che è stato nominato tre anni fa, è legata alla sua vicinanza a Fernando Karadima, un prete che fu parroco a Santiago e che venne accusato di molti abusi sessuali. Dopo le indagini fatte dal Vaticano, Karadima venne giudicato colpevole e fu costretto al ritiro nel 2011. Barros e altri vescovi vennero accusati di aver coperto Karadima: nonostante questo Barros nel 2015 venne nominato vescovo di Osorno, e già allora ci furono molte proteste.

Sempre ieri il presidente della Camera cilena, Fidel Espinoza, ha consegnato al Papa una lettera firmata dagli abitanti di Osorno nella quale viene chiesto l’annullamento della nomina di Barros, che ha sempre negato di essere stato coinvolto nella vicenda delle violenze sessuali e che ieri ha partecipato alla messa celebrata dal Papa nel parco O’Higgins di Santiago.
 
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In Cile Francesco si sdoppia. E non si sa quale sia quello vero

Lettera

Pochi giorni prima dell'arrivo di papa Francesco in Cile, la pubblicazione sull'Associated Press di una sua lettera ai vescovi cileni del gennaio 2015 ha complicato non poco la sua visita.

Quella lettera, infatti, genera un autentico rompicapo sul reale pensiero di Jorge Mario Bergoglio riguardo al maggiore scandalo che ha scosso il Cile in questi ultimi anni, quello che ha per protagonista un sacerdote di nome Fernando Karadima.

Karadima, oggi ottantasettenne, è stato per decenni parroco a Santiago, ma soprattutto è stato seguitissimo educatore e guida di folte schiere di giovani e di sacerdoti, dei quali alcuni sono poi diventati vescovi.

Nel 2010, però, numerosi suoi discepoli rivelarono di essere stati abusati sessualmente da lui, quando erano in giovane età o minorenni. La Santa Sede arrivò presto alla conclusione che quelle accuse erano fondate. E il 21 giugno del 2011 dichiarò Karadima colpevole e lo obbligò a ritirarsi a una vita nascosta di penitenza e preghiera.

Successivamente, tuttavia, nuove denunce colpirono anche tre vescovi cresciuti alla scuola di Karadima, accusati di aver assistito o di aver preso parte ad alcuni degli abusi sessuali compiuti dal loro maestro.

Questi tre vescovi erano:

- Juan de la Cruz Barros Madrid, ordinato nel 1995 come ausiliare di Valparaíso, poi vescovo di Iquique e all'epoca ordinario militare del Cile;
- Tomislav Koljatic Maroevic, ordinato nel 1998, vescovo di Linares;
- Horacio del Carmen Valenzuela Abarca, ordinato nel 1995, vescovo di Talca;

Anche su questi tre vescovi la Santa Sede avviò delle verifiche. Che fecero presto maturare la decisione di esonerarli dall'esercizio dei loro uffici.

Questo, infatti, è ciò che si ricava dalla lettera di papa Francesco resa nota pochi giorni fa dall'Associated Press.

Stando a ciò che scrive il papa in quella lettera, nel 2014 il nunzio vaticano in Cile, Ivo Scapolo, chiese a Barros, quello dei tre vescovi che era più nell'occhio del ciclone, di dimettersi e di prendere un anno sabbatico.

Il nunzio disse inoltre a Barros in via confidenziale – sempre stando a quanto scrive il papa – che lo stesso passo sarebbe stato richiesto anche agli altri due vescovi sotto accusa.

Barros, però, nell'atto di rinuncia da lui fatto pervenire alle autorità vaticane verso la fine del 2014, mise per iscritto anche ciò che il nunzio gli aveva detto sotto segreto riguardo agli altri due vescovi. E questa infrazione – scrive il papa nella lettera – "complicò e bloccò" tutto.

Infatti, l'atto di rinuncia di Barros e degli altri due vescovi non ebbe più seguito.

Non solo. Poco dopo, Francesco addirittura promosse Barros da ordinario militare a vescovo di una diocesi, quella di Osorno.

La nomina fu resa pubblica il 10 gennaio 2015 e in Cile scoppiò il finimondo. Il 23 gennaio, il consiglio permanente della conferenza episcopale del Cile scrisse a papa Francesco una lettera per chiedere la revoca della nomina.

E il 31 gennaio Francesco rispose ai vescovi cileni appunto con la lettera ora resa nota dall'Associated Press.

Eccola tradotta integralmente.

Vaticano, 31 gennaio 2015

Ai Signori Vescovi
del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale del Cile
Santiago

Cari fratelli,

Ho ricevuto la vostra e-mail del 23 di questo mese. Vi ringrazio per aver manifestato apertamente l'inquietudine che vivete in questi momenti riguardo alla nomina di Mons. Juan Barros Madrid. Capisco ciò che mi dite e sono consapevole che la situazione della Chiesa in Cile è difficile a causa delle prove che avete dovuto sopportare. Vi assicuro, oltre la mia fraterna comprensione, la mia vicinanza di fratello e la mia preghiera.

Ricordo bene la vostra visita nel febbraio dell’anno passato, come anche le diverse proposte, che mi apparvero prudenti e costruttive.

Tuttavia, verso la fine dell’anno è emerso un problema serio. Il Signor Nunzio chiese a Mons. Barros la rinuncia e lo esortò a prendersi un periodo di sabbatico (un anno, per esempio) prima di assumere un’altra responsabilità pastorale come vescovo diocesano. E gli aggiunse che la stessa procedura si sarebbe fatta con i vescovi di Talca e di Linares, ma lo pregò di non dire niente a costoro. Mons. Barros fa arrivare il testo della sua rinuncia aggiungendovi questa considerazione del Nunzio.

Come voi potete capire, questa considerazione del Signor Nunzio complicò e bloccò ogni eventuale percorso ulteriore, nel senso di proporre un anno sabbatico. Parlammo della questione con il Card. Ouellet e so che lui parlò con il Signor Nunzio.

In questo momento, per espressa indicazione della Congregazione per i Vescovi, Mons. Barros sta facendo il mese di Esercizi Spirituali in Spagna. Non so se una volta conclusi passerà da Roma, ma avviserò il Card. Ouellet di questo e del suggerimento che voi fate.

Vi ringrazio di nuovo per l'apertura e la franchezza nell’esprimere il vostro parere e sentire: è l’unico modo di lavorare per la Chiesa, la cui cura il Signore ha affidato ai Vescovi. Vi chiedo, per favore, di pregare per me perché ne ho bisogno.

Che Gesù vi benedica e la Vergine Santa vi protegga.
Fraternamente.

Franciscus

*



Come si vede, in questa sua lettera Francesco non spiega perché sia bastata una semplice improprietà di scrittura – peraltro correggibile – per annullare l'atto di rinuncia di Barros.

Né tanto meno il papa cita, né spiega, lo stupefacente voltafaccia da lui compiuto con la promozione alla diocesi di Osorno del vescovo che solo poco tempo prima aveva in animo di far dimettere.

Questo è comunque ciò che è avvenuto in seguito.

- Il 6 marzo 2015 Francesco riceve in udienza l'arcivescovo di Concepción Fernando Natalio Chomalí Garib, amministratore apostolico di Osorno nell'attesa che sia insediato il nuovo vescovo.

- Il 21 marzo dello stesso mese Barros fa il suo ingresso ufficiale nella diocesi di Osorno, in un uragano di proteste.

- Dieci giorni dopo, il 31 marzo, un comunicato del vicedirettore della sala stampa vaticana dichiara che "prima della recente nomina di S.E. Mons. Juan de la Cruz Barros Madrid a Vescovo di Osorno (Cile), la Congregazione per i Vescovi ha studiato attentamente la candidatura del Presule e non ha trovato ragioni oggettive che ne ostacolassero la nomina". Il che non spiega perché invece fino a tutto il 2014 la Santa Sede premesse per le dimissioni di Barros.

- In aprile Marie Collins, irlandese, vittima da adolescente di abusi e membro di spicco della pontificia commissione per la protezione dei minori, critica pubblicamente la nomina di Barros. E con altri tre membri della commissione si reca a Roma a incontrare il presidente della stessa, il cardinale Sean O'Malley, affinché egli convinca il papa a revocare la nomina.

- In maggio, al termine di un'udienza generale in piazza San Pietro, Francesco incontra un ex portavoce della conferenza episcopale cilena, Jaime Coiro, con la famiglia, il quale gli dice che in Cile la Chiesa "prega e soffre" per tutto ciò che sta accadendo.

Ed ecco le parole testuali che Francesco gli rivolge, registrate in un video di un minuto e venti secondi messo in circolo il 2 ottobre successivo dalla testata cilena "Ahora Noticias".

Nell'originale spagnolo:

"Es una Iglesia que perdió la libertad dejándose llenar la cabeza por políticos, juzgando a un obispo sin ninguna prueba después de veinte años de servicio. O sea, que piensen con la cabeza, no se dejen llevar por las narices de todos los zurdos que son los que armaron la cosa.

"Además, la única acusación que hubo contra ese obispo fue desacreditada por la corte judicial. O sea, por favor, eh… no pierdan la serenidad. Osorno sufre sí, por tonta, porque no abre su corazón a lo que Dios dice y se deja llevar por las macanas que dice toda esa gente. Yo soy el primero en juzgar y castigar a alguien que tiene acusaciones de ese tipo… Pero en este caso ni una prueba, al contrario… De corazón se lo digo. No se dejen llevar por las narices de estos que buscan lío no más, que buscan calumnias…".

E in italiano:

"È una Chiesa che ha perso la libertà perché si è lasciata riempire la testa dai politici, giudicando un vescovo senza nessuna prova dopo venti anni di servizio. Per cui, che pensino con la testa, non si lascino tirare per il naso da tutti quei sinistrorsi che sono quelli che hanno montato la cosa.

"Inoltre, l'unica accusa che c'è stata contro questo vescovo è stata screditata dalla corte giudiziaria. Per cui, per favore, eh? non perdano la serenità. [La diocesi di] Osorno soffre, certo, perché intontita, perché non apre il suo cuore a quello che Dio dice e si lascia trascinare dalle stupidaggini che dice tutta quella gente. Io sono il primo a giudicare e punire chi è accusato per cose del genere… Ma in questo caso manca la prova, anzi, al contrario… Glielo dico di cuore. Non si lascino tirare per il naso da questi che cercano solo di fare 'lío', chiasso, che cercano di calunniare…".

- In ottobre, dopo la diffusione di queste parole di Francesco tanto assolutorie di Barros quanto umilianti per i suoi accusatori, le proteste esplodono ancor più vigorose. E anche Marie Collins dichiara in un tweet tutto il suo sconforto per questa presa di posizione del papa:

"Quale perdita di tempo è stato quel mio viaggio a Roma riguardo a Barros, visto come sono trattate le proteste delle coraggiose vittime di Karadima".

- Un anno e mezzo dopo, il 20 febbraio 2017, Francesco riceve i vescovi del Cile in visita "ad limina". Conversa con loro, a porte chiuse, per circa tre ore. Dopo l'incontro, il cardinale di Santiago Ricardo Ezzati Andrello dichiara che il papa ha toccato "con molta sincerità" anche il problema della pedofilia, invitando "a superare questa situazione". Ma niente cambia riguardo al vescovo di Osorno, presente anche lui all'incontro, al pari degli altri due discepoli di Karadima, i vescovi di Linares e di Talca.

*

E siamo all'oggi, cioè all'arrivo di papa Francesco in Cile, proprio ora che è stato scoperchiato – con la pubblicazione di quella sua lettera del 31 gennaio 2015 – il groviglio di contraddizioni che ha fin qui segnato la sua gestione della vicenda.

Contraddizioni tra il dire e il fare. Come anche tra il dire oggi una cosa e la volta dopo il suo contrario.

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POST SCRIPTUM – Il 18 gennaio, a Iquique, ultima tappa del suo viaggio in Cile, papa Francesco ha detto a dei giornalisti che contro il vescovo Barros "non c’è una sola prova e sono tutte calunnie". E il giorno precedente, nel salutare Barros al termine della messa celebrata a Temuco, gli aveva detto: "Vai avanti":

Al papa hanno replicato gli accusatori di Barros, gli stessi ai quali era stato dato credito quando l'imputato era il sacerdote Antonio Karadima, mentre ora la loro testimonianza – lamentano – inspiegabilmente non è più presa per vera.

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Vergogna Papa Francesco. Accusare di calunnia le vittima è la peggiore infamia che potevi fare.
 
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"Lancia il messaggio che se non hai prove non puoi essere creduto


Il cardinale

www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2018/01/..._vaticano.shtml

«FONTE DI GRANDE DOLORE» 21 gennaio 2018

Pedofilia, scontro in Vaticano su Barros
O’Malley critica le parole di Francesco
Salvatore Cernuzio

Città del Vaticano - Non nascondono un certo rammarico le parole del cardinale Sean O’Malley, tra i porporati più vicini a Francesco e presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori, riguardo alle recenti dichiarazioni del Papa sul “caso Barros”. Ovvero la polemica sul vescovo di Osorno i cui fedeli - sacerdoti e laici - chiedono la rimozione immediata da tre anni, esattamente dal giorno in cui Papa Francesco lo ha posto nel 2015 alla guida della diocesi cilena, accusandolo di aver insabbiato i crimini dell’abusatore seriale padre Fernando Karadima. Una polemica incendiaria che ha superato ormai i confini del Cile.

«È comprensibile che le dichiarazioni di Papa Francesco siano state fonte di grande dolore per i sopravvissuti agli abusi sessuali da parte del clero», ha detto il porporato in una nota pubblicata sul sito dell’arcidiocesi di Boston. Due giorni fa, Bergoglio incalzato da alcuni giornalisti cileni che chiedevano conto del pastore di Osorno, “figlioccio” spirituale del carismatico parroco della parrocchia de El Bosque e formatore di gran parte del clero cileno, rispondeva: «Il giorno che avremo una prova contro il vescovo Barros, parlerò. Non c’è una sola prova d’accusa. Le altre sono tutte calunnie, chiaro?».

Parole, secondo O’Malley, facilmente travisabili «che trasmettono il messaggio che “se non puoi provare le tue affermazioni, allora non sarai creduto”» e che suonano come «un abbandono» di «coloro che hanno subito violazioni riprovevoli della loro dignità umana, relegando i sopravvissuti ad un esilio screditato».

Il cardinale, tuttavia, nella medesima nota precisa: «Non essendo stato coinvolto personalmente nei casi oggetto dell’intervista, non posso sapere perché il Santo Padre ha scelto le parole particolari che ha usato in quel momento. Quello che so, comunque, è che Papa Francesco riconosce pienamente gli eclatanti fallimenti della Chiesa e del clero che ha abusato dei bambini e l’impatto devastante che questi crimini hanno avuto sui sopravvissuti e sui loro cari».

Accompagnando il Papa in numerosi incontri con i sopravvissuti come presidente dell’organismo per la tutela dei minori «ho assistito alla sua pena nel conoscere la profondità e l’ampiezza delle ferite inflitte a coloro che sono stati abusati e che il processo di recupero può richiedere una vita intera», spiega il cardinale O’Malley. «Le affermazioni del Papa sul fatto che non c’è posto nella vita della Chiesa per coloro che abusano dei bambini e che dobbiamo seguire una tolleranza zero per questi crimini sono autentiche e sono il suo impegno».

La preoccupazione principale, però, è sempre rivolta alle vittime e ai loro familiari. «Non possiamo mai annullare la sofferenza che hanno vissuto o che il loro dolore sia completamente guarito», sottolinea l’arcivescovo di Boston. «In alcuni casi dobbiamo accettare che anche i nostri sforzi per offrire assistenza possono essere una fonte di disagio per i sopravvissuti e che dobbiamo pregare quietamente per loro mentre provvediamo a fornire un supporto nell’adempimento dei nostri obblighi morali». Il porporato ribadisce il suo impegno costante «per la guarigione di tutti coloro che sono stati così danneggiati» e per fare «tutto ciò che è possibile per garantire la sicurezza dei bambini nella Chiesa in modo che questi crimini non accadano mai più».

La dichiarazione di O’Malley va a suggellare una settimana di accese critiche e manifestazioni di piazza contro il vescovo Juan Barros prima, durante e dopo la permanenza del Papa a Santiago. Un nutrito gruppo di Osorno, approfittando della visibilità internazionale data dalla visita papale, ha sfilato per le strade della capitale cilena con cartelloni e striscioni che mostravano immagini di Karadima (oggi 87enne e ricoverato in ospedale) nell’atto di benedire il vescovo con accanto frasi in spagnolo del tipo: «Osorno soffre. Il vescovo Barros insabbiatore» oppure «Vescovo insabbiatore, non può essere pastore».

Al Palazzo della Moneda, era intervenuto anche il presidente della Camera dei Deputati cilena, Fidel Espinoza, che ha fatto pervenire al Pontefice tramite il cardinale Parolin una lettera della comunità cattolica di Osorno in cui veniva richiesta - ancora una volta - la rimozione del presule.

Ad alimentare poi la rabbia dei manifestanti, guidati da tre ex vittime di Karadima, Juan Carlos Cruz, James Hamilton e José Andre’s Murillo, divenuti negli anni un “simbolo” - come loro stessi si definiscono - della denuncia degli abusi del clero cileno, la presenza di Barros a tutte le messe papali. In prima fila o nelle tribune riservate ai vescovi. Una chiara «provocazione», a detta degli accusatori. Come provocatorie sono state le dichiarazioni rese da Barros - che ha sempre respinto ogni accusa - alla stampa locale sul fatto che il Papa era stato «molto affettuoso» nei suoi confronti e che gli aveva detto «parole di sostegno». Le stesse, probabilmente, che il Pontefice ha pronunciato poi ai giornalisti.

La reazione delle vittime non si è fatta attendere: «Questi sono pazzi», ha commentato Cruz dal suo account Twitter, chiedendosi quali altre prove si debbano ancora fornire sulla complicità di Barros. «Come se avessi potuto farmi un selfie o scattare una foto mentre Karadima mi toccava nelle parti intime e abusava di me con Barros in piedi accanto a lui, vedendo tutto!». «Il vero scandalo nelle parole di Francesco sta nel fatto che sta dando del bugiardo alle vittime e non a chi ha abusato di loro», ha fatto eco il portavoce dell’associazione di laici di Osorno che chiedono l’allontanamento di Barros, Juan Carlos Claret. In questo modo, secondo le vittime, cioè senza alcun provvedimento nei confronti del vescovo ma anzi con una pubblica difesa, la richiesta di perdono espressa dal Papa nel suo primo discorso ufficiale in Cile rimane solo «un gesto vuoto».
 
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Prima li accusa di calunniare un vescovo e poi scusa. Ma non lo ha ancora rimosso. Né denuncia alla magistratura i criminali



Le lacrime di coccodrillo di papa Francesco: "Chiedo scusa se ho ferito vittime di preti pedofili"


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http://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli...prete-pedofilo/


Papa: chiedo scusa se ho ferito vittime di prete pedofilo


di Askanews
Roma, 22 gen. (askanews) - "Chiedo scusa se ho ferito le vittime di abusi con le mie parole sul caso Barros". Papa Francesco rispondendo alle domande dei giornalisti sul volo che da Lima lo riporta a Roma ammette di aver sbagliato termini nell'esprimersi sul caso di Juan Barros, il vescovo cileno di Osorno, contestato da gruppi di fedeli della sua diocesi i quali ritengono che fosse a conoscenza degli abusi sessuali commessi dal suo mentore padre Fernando Karadima e che li abbia coperti. A margine della messa celebrata giovedì scorso a Iquique, Francesco aveva risposto in modo secco alla domanda di una cronista locale, affermando di essere disposto a valutare "prove" su Barros se gli verranno presentate e aggiungendo di considerare "calunnie" le accuse finora rivolte contro il vescovo. Parole che hanno provocato una reazione forte da parte delle vittime di abusi in Cile e una dichiarazione di comprensione nei loro confronti da parte del cardinale Sean O'Malley. Jorge Mario Bergoglio ribadisce che, dopo lunghe indagini, non ci sono "evidenze" - e "se condannassi senza evidenza o senza certezza morale, commetterei io un delitto di cattivo giudizio" - e precisa: "Se però arriva una persona e mi dà delle evidenze io sarò il primo ad ascoltarla"."Per quanto riguarda il caso Barros", ha detto il Papa a quanto riportato da Vatican Insider, "l'ho fatto studiare, investigare. Davvero non ci sono evidenze di colpevolezza. Chiedo che vi siano delle evidenze per cambiare la mia posizione. A Iquique, quando mi hanno chiesto di Barros, ho detto: il giorno in cui avrò la prova parlerò. Ho sbagliato a usare la parola 'prova', parlerei piuttosto di 'evidenze': so che molta gente abusata non può avere delle prove. Non le ha e non può averle, o se le ha ne prova vergogna: il dramma degli abusati è tremendo, prosegue il Papa che ribadisce l'impegno alla linea di "tolleranza zero" avviato da Benedetto XVI. "La parola 'prova' non era la migliore, direi piuttosto 'evidenza'. Nel caso di Barros, ho studiato e ristudiato, non ci sono evidenze per condannarlo. E se condannassi senza evidenza o senza certezza morale, commetterei io un delitto di cattivo giudizio". Lo stesso vescovo, rivela Jorge Mario Bergoglio, "è venuto a Roma e io ho detto no, perché questo significava ammettere una colpevolezza previa. Ho respinto le dimissioni. Poi quando è stato nominato a Osorno è sorto questo movimento di protesta: Ho ricevuto da lui le dimissioni per la seconda volta. E ho detto: no, tu continui! Si è continuato a indagare su Barros, ma non emergono le evidenze. Non posso condannarlo, non ho evidenze, e mi sono convinto che sia innocente".Ma "su ciò che provano gli abusati, devo chiedere scusa. La parola 'prova' ha ferito molti di loro. Dicono: devo forse andare a cercare una certificazione? Chiedo scusa a loro se li ho feriti senza accorgermi, l'ho fatto senza volerlo. E mi provoca tanto dolore, perché io li ricevo: in Cile due incontri si sanno, altri ci sono stati di nascosto. In ogni viaggio sempre c'è qualche possibilità di incontrare le vittime, si è pubblicato l'incontro di Filadelfia, altri casi no. Sentire che il Papa dice loro: portatemi una lettera con la prova è uno schiaffo! Mi accorgo che la mia espressione non è stata felice e capisco, come scrive Pietro in una delle sue lettere, che l'incendio si sia sollevato. E' quello che posso dire con sincerità". Sull'accusa di avere coperto gli abusi "non ci sono evidenze... Ho il cuore aperto a riceverne", afferma ancora il Papa. "Se dico: lei ha rubato, e lei non ha rubato, allora sto calunniando, perché non ho l'evidenza. Era un'espressione infelice. Ma io non ho sentito alcuna vittima di Barros. Non sono venuti, non si sono presentati, non hanno dato l'evidenza in giudizio. E' rimasto per aria. E' vero che Barros era nel gruppo dei giovani di Karadima. Ma dobbiamo essere chiari: se si accusa senza evidenze con pertinacia, questa è calunnia. Se però arriva una persona e mi dà delle evidenze io sarò il primo ad ascoltarla. La dichiarazione di O'Malley è stata molto giusta, l'ho ringraziato. Ha detto del dolore delle vittime in generale".



22 gennaio 2018
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http://www.ilmessaggero.it/primopiano/vati...os-3499990.html

Pedofilia, il Papa chiede scusa alle vittime: «Ho usato parole sbagliate»

di Franca Giansoldati
Da bordo dell'aereo papale – Papa Bergoglio è dispiaciuto per avere arrecato dolore alle vittime dei preti pedofili, per averli feriti con una frase infelice che ha fatto il giro del mondo (mi devono portare delle prove altrimenti sono calunnie). Di ritorno a Roma chiarisce quello che intendeva dire e chiede scusa. Poi ricorda che sta portando avanti la linea della tolleranza zero sulla pedofilia iniziata con Benedetto XVI, dice di non avere mai firmato una richiesta di grazia di un prete orco e che nella Chiesa c'è corruzione.

Cosa si porta a casa dal viaggio in Perù?
«L’impressione di un popolo credente che attraversa molte difficoltà e che le ha attraversate storicamente, ma che ha una fede che impressiona. Una terra di santi, è il popolo latinoamericano che ha più santi. Mi porto via dal Perù un’impressione di allegria, di fede, di speranza, e soprattutto molti bambini! La stessa immagine che ho visto nelle Filippine e in Colombia, papà e mamme che alzano i bambini… e questo dice futuro, dice speranza. Custodite la ricchezza, non solo quelle del museo, della santità e delle sofferenze, ma anche questa ricchezza».

La classe politica in Perù ha defraudato il popolo, c'è stato l'indulto per Fujimori, che risposte dà?
«C’è il problema della corruzione. So che anche in alcuni paesi d’Europa c’è corruzione. In America Latina però ci sono tanti casi. Si parla molto di Odebrecht, ma è soltanto un esempio. L’origine della corruzione direi che è il peccato originale che ognuno porta in sé. Ho scritto un libro piccolo tanti anni fa che si chiama “Peccato di corruzione”. Il tema è peccatori sì, corrotti no. Tutti siamo peccatori. Il peccato non mi fa paura, ma la corruzione sì, la corruzione vizia l’anima e il corpo. Una persona corrotta è così sicura di sé che non può tornare indietro. Anche l’imprenditore che paga la metà ai suoi operai è un corrotto. E una mamma di casa che tratta la governante in un certo modo è una corrotta. Una volta ho parlato con una persona che trattava il personale domestico in modo non nobile. Gli dissi: “È peccato”. E lui: “Non si può paragonare questa gente a me, questa gente è lì per questo”. Ecco, questa persona è corrotta. Nella Chiesa c’è corruzione? Sì, ci sono i corrotti. Nella storia della Chiesa sempre ci sono stati. Donne e uomini di Chiesa sono entrati nel gioco della corruzione».

Cosa pensa della vicenda del Sodalizio, l’istituto di vita consacrata peruviano il cui fondatore è stato riconosciuto colpevole di abusi?
«Il caso del Sodalizio è iniziato con una denuncia di abuso non solo sessuale, ma anche di manipolazione di coscienza. Il processo è arrivato presso Santa Sede, si è data una condanna senza che la persona venisse espulsa. Ora vive da sola, con una persona che lo aiuta. Questa persona si dichiara innocente e ha fatto appello alla Segnatura apostolica che è la suprema corte di giustizia: ora è in appello. Il processo è stata l’occasione perché altre vittime aprissero un loro processo civile ed ecclesiale. È intervenuta anche la giustizia civile che in questi casi di abuso è sempre conveniente, è un diritto. Sono emerse anche cose sfavorevoli nei confronti della figura del fondatore. Insomma, c’erano tante cose non chiare e infatti ho mandato un visitatore nella persona del cardinale Tobin, che sta a sua volta scoprendo cose non chiare, a livello economico. Uno studio ha quindi raccomandato di commissariare il Sodalizio. Tanto che oggi è commissariato. Un caso simile è quello dei Legionari di Cristo che già è stato risolto: Benedetto XVI non tollerava queste cose e io ho imparato da lui a non tollerarle».

Però parlando del vescovo di Osorno, Juan Barros, ha accusato di calunnia le vittime. Perché non crede alle vittime e crede a Barros?
«Sugli abusi proseguo la linea della tolleranza zero iniziata da Benedetto XVI. In cinque anni non ho firmato alcuna richiesta di grazia. Quando si toglie a un prete abusatore lo stato clericale la sentenza è definitiva, tuttavia questa persona ha il diritto di fare appello. Se anche l’appello conferma la prima sentenza può appellarsi al Papa e chiedere la grazia. In cinque anni ho ricevuto venticinque richieste di grazia, ma non ne ho firmata nessuna. Il caso del vescovo Barros l’ho fatto studiare, investigare. Devo dire che non ci sono evidenze di colpevolezza. Aspetto alcune evidenze per cambiare posizione, altrimenti non posso che applicare il motto “nemo malo nisi probetur”. A Iquique ho risposto alla domanda di un giornalista su Barros. Ho detto che il giorno che avrò una prova parlerò. So che molta gente abusata non può mostrare delle prove, non le ha e non può averle o se la ha si vergogna. Il dramma degli abusati è infatti. tremendo. E così non parlerei più di prove ma di evidenze. Recentemente, ad esempio, mi è toccato di incontrare una donna abusata di 40 anni, sposata con tre figli. Questa donna non riceveva più la comunione perché nella mano del prete vedeva la mano dell’abusatore. Insomma, la parola prova non è stata la migliore da usare. Ora direi evidenze. Nel caso di Barros, studiato e ristudiato, non ci sono evidenze per condannarlo. Se condanno senza evidenza o senza certezza morale, commetterei io un delitto di mal giudizio».

Il cardinale O Malley ha fatto una dichiarazione su Barros dicendo che le sue parole sono state fonte di dolore...
«Ho visto la dichiarazione. Sono state parole giuste. Con questa mia espressione non felice – la prova - ho arrecato dolore. La parola calunnia poi mi ha fatto pensare. Io non ho sentito alcuna vittima di Barros. Non sono venuti, non ho potuto parlare con loro, non si sono presentati. Su una cosa dobbiamo essere chiari che chi accusa senza evidenza e con pervicacia è calunnia. Se viene una persona con una evidenza sono il primo ad ascoltarlo».

Perché ha lasciato scadere la Pontificia Commissione per la tutela dei minori?

«La commistione durava tre anni. E’ scaduta ma ora è allo studio la nuova commissione che verrà rinnovata. La scorsa settimana mi è arrivato l'elenco delle persone da nominare. Ci sono alcune cose da chiarire, perché le persone nuove si studiano. O'Malley ha lavorato bene».

È stata pubblicata una lettera ai vescovi cileni che anticipa la possibilità per Barros di avere un anno sabbatico e allontanarsi dalla sua diocesi. Cosa dice?

«Devo spiegarla questa lettera, perché è a favore della prudenza. Quando è scoppiato lo scandalo Karadima - il prete condannato per abusi sessuali di cui Barros è stato segretario - si incominciò a valutare quanti sacerdoti che erano stati formati da lui ed erano stati abusati o sono diventati a loro volta abusatori. Ci sono in Cile quattro vescovi che Karadima ha seguito quando erano seminaristi. Qualcuno della conferenza episcopale cilena ha suggerito che rinunciassero, che dessero le dimissioni, che si prendessero un anno sabbatico, per evitare accuse, perché sono vescovi bravi, buoni vescovi. Anche a Barros si diceva di chiedergli le dimissioni. Quando tuttavia è venuto a Roma ho detto no: così non si gioca, perché questo è ammettere una colpevolezza previa, e ho respinto le dimissioni. Poi quando è stato nominato vescovo di Osorno sono continuate le proteste. Ho ricevuto le dimissioni una seconda volta: e ho detto ancora “no, tu continui”. Intanto si continuò a indagare su di lui, ma non sono arrivate evidenze. Non posso condannarlo, non ho le evidenze, e sono convinto che è innocente. Cosa provano le vittime? A loro devo chiedere scusa, perché la parola prova li ha feriti. Chiedo scusa se le ho ferite senza accorgermi, ma l’ho fatto senza volerlo, e mi fa tanto dolore. Sentire che il Papa dice loro “portatemi una lettera con la prova” è uno schiaffo. Mi sono accorto che la mia espressione non è stata felice. È quello che posso dire con sincerità. Barros resterà lì se non trovo il modo di condannarlo, se non trovo evidenze».

Perché per lei la testimonianza delle vittime non è un’evidenza?

«La testimonianza delle vittime è sempre un’evidenza, ma nel caso di Barros non c’è evidenza di abuso. Non c’è evidenza che abbia coperto. Sono disponibile a ricevere un’evidenza ma al momento non c’è».

Come risponde a chi dice che la sua visita in Cile sia stato un fallimento, per la poca gente che c’era e per il fatto che la Chiesa è più divisa di prima?

«Per quanto riguarda il Cile: sono contento, non mi aspettavo tanta gente per strada, e questa gente non è stata pagata per venire!».

In Amazzonia ha parlato della minaccia dei gruppi economici sulla foresta e i suoi abitanti ma anche della perversione di alcune politiche ambientaliste. Cosa pensa?

«Sì, in quella zona per proteggere la foresta alcune tribù sono state tagliate fuori. La stessa foresta è finita per essere sfruttata. Ci sono statistiche. Alcune tribù sono rimaste fuori dal progresso reale».

Per quanto riguarda la celebrazione del matrimonio sull’aereo, cosa direbbe ai parroci?

«Uno di voi mi ha detto che sono matto a fare queste cose. La cosa è stata semplice. Il signore era presente anche nel volo precedente il matrimonio. Lei non c’era, c’era solo lui. Ho parlato con lui, abbiamo fatto una bella chiacchierata. Il giorno dopo sul volo c’erano tutti e due. Quando abbiamo fatto le foto, mi hanno raccontato che erano sposati civilmente e che volevano sposarsi in chiesa ma che il giorno prima del matrimonio la chiesa crollò per il terremoto. Questo accadde otto anni fa. “Domani lo facciamo”, si sono detti, ma poi la vita prosegue, arriva una figlia, un’altra… “ma sempre abbiamo avuto nel cuore questo desiderio”, mi hanno detto. Li ho interrogati un po’ e le risposte erano chiare. Mi hanno raccontato che hanno fatto i corsi prematrimoniali, erano preparati, ho giudicato che lo erano. Le condizioni erano chiare e allora perché non fare oggi quello che si può rimandare a domani. Quindi direi ai parroci che il Papa li ha interrogati bene, che era una situazione regolare».
 
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view post Posted on 28/1/2018, 21:46

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PEDOFILIA
"Inaccettabile l'appoggio del Papa al vescovo cileno"
ECCLESIA28-01-2018
Il vescovo Barros
Il Papa ha lasciato da più di una settimana il Cile, ma nel Paese andino tiene ancora banco la vicenda del vescovo di Osorno Juan Barros, finito al centro di polemiche a causa della sua vicinanza ad un sacerdote della diocesi pesantemente coinvolto in atti di abusi sessuali. Le parole di Francesco – ribadite anche nel viaggio di ritorno sull’aereo papale – sulla mancanza di prove per procedere formalmente contro Barros hanno indispettito il cardinal O’Malley, ma anche buona parte del clero cileno. Perché? Per comprenderlo è necessario cercare tra le pieghe di questa vicenda ecclesiale chi ha cercato in tutti i modi di informare la Santa Sede sull’inopportunità di inviare Barros come vescovo della diocesi.

E proprio nei giorni scorsi ha tenuto banco sui giornali cileni una lettera aperta di un sacerdote che conosce molto bene la vicenda ed è stato uno dei primi ad accusare pubblicamente Barros. Si tratta di Peter Kliegel, sacerdote della stessa diocesi di Barros che ha consegnato al quotidiano El Mostrador una lettera ai vescovi dalla quale traspare lo psicodramma di una diocesi intera che ha vissuto il dramma della pedofilia e contemporaneamente l’inerzia dei vertici ecclesiastici nell’affrontarlo.

“Sento la necessità di rivolgermi a voi vescovi dopo questi giorni intensi della visita del Santo Padre”, ha esordito.

Kliegel, ha 52 anni di messa nella città di Osorno. Una città la cui diocesi “negli ultimi tre anni ha vissuto una crisi enorme” che la accomunano a quell’ospedale da campo di cui parlava il Santo Padre nel 2014.

E ha proseguito: “Fratelli vescovi, la mia coscienza di cristiano mi obbliga a parlare con onestà e sobbarcandomi il dolore e i sentimenti di molti fedeli, mi ero imposto il silenzio, ma la discrepanza tra le parole e i comportamenti della gerarchia è arrivata a tal punto che non è più concesso accettarla.

In questi tre anni, la Nunziatura e il Vaticano, attraverso molte segnalazioni, non ci ha mai dato una risposta. Ci siamo stati ascoltati e nemmeno il Santo Padre lo ha fatto. Sento che siamo stati trattati come pedine. Non ho il diritto di giudicare nessuno, ma non prendere in considerazione le voci delle vittime di abusi sessuali e non prendere le misure conseguenti è gravissimo. Alle vittime bisogna credere, sia quelle che si sono incontrate con il Papa privatamente sia quelle che lo hanno fatto pubblicamente. Considerare una calunnia una testimonianza da parte di una vittima, affermata in un giudizio pubblico, è gravissimo. Soprattutto se viene dalla bocca del cardinal Errazuriz (il cardinale Arcivescovo di Santiago ndr.)”. Secondo il sacerdote con questo comportamento si non si sono offesi solo alcuni laici, ma è stata colpita fortemente la comunità diocesana e la Chiesa di tutta la nazione”.

Poi dopo aver citato il discorso di Francesco nel Palazzo della Moneda, nel quale manifestava dolore e vergogna per il danno irreparabile causato ai bambini da parte di ministri, il prete ha accusato il vescovo Juan Barros di essersi rifugiato per tutto il viaggio papale “ma in questi tre anni non è mai stato capace di incontrare don Juan Carlos Cruz, vittima di Karadima, per un dialogo chiarificatore in presenza di noi sacerdoti e diaconi. Un vescovo desaparecido, fa star male questo”.

E ancora: “Un pastore che evita le situazioni scomode e critiche non ha a cuore il suo gregge. Mi è per questo incomprensibile e inaccettabile l’appoggio del Santo Padre a un pastore che si comporta così. Una Chiesa che si è autodefinita esperta in umanità ha l’obbligo morale di applicare criteri di maggiore evidenza”.

Ma Barros, sempre stando a questo duro atto d’accusa, manca anche di molti criteri per poter esercitare il suo ruolo di pastore tanto che la sua nomina viene definita “sottovalutata” perché “l’ambiente storico nel quale il nostro vescovo si è mosso per più di 30 anni è lo stesso ambiente che ha lodato pubblicamente come edificante e nel quale una guida pederasta ha provocato danni alla nostra Chiesa gettandola nello scandalo”.

Questo Kliegel rimprovera a Barros: “Non aver visto niente in 30 anni indica incapacità di uno sguardo del mondo reale, uno sguardo critico sulla realtà dei fatti”. E – sempre sulla verità dei fatti – ha imputato a Barros di aver presentato in maniera errata la situazione della diocesi, come traspare dalla lettera del Papa recentemente resa pubblica. Come? “Voi vescovi avevate chiara conoscenza della situazione personale e storica dell’attuale vescovo di Osorno e di che cosa si aspettava la diocesi intera. Ma avete deliberatamente preservato il santo padre da una fatale equivoco, sapendo che il Papa si può sbagliare, come lui stesso ha ammesso in un’intervista”.

Perciò l’autorità della Chiesa ha invece “puntato più sulla convenienza del potere amministrativo che alla regola aurea della pastorale: salvare le anime. Questo fa star male” perché “la dignità è un diritto umano inalienabile, lo stesso Papa lo ha registrato nelle nostre coscienze. Seguire questa premessa è un obbligo morale”.

Le parole di questo sacerdote aprono uno squarcio su quello che è accaduto in Cile e spiegano per quale motivo la difesa d’ufficio di Barros fatta da Francesco sia stata considerata inaccettabile. E forse, grazie a questo atto d’accusa, si potrebbe fare maggiore luce sulle responsabilità effettive e agire poi di conseguenza.

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Andrea Zambrano



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view post Posted on 7/2/2018, 14:06

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http://www.lastampa.it/2018/02/05/vaticani...chM/pagina.html

Abusi in Cile, il Papa avrebbe ricevuto una lettera dalle vittime nel 2015
L’Associated Press rende nota una missiva inviata al Pontefice da Juan Carlos Cruz, abusato da padre Karadima, e consegnata dal cardinale O’Malley. Nel documento si descrivono nel dettaglio le violenze subite e le responsabilità del vescovo Barros

Salvatore Cernuzio
Città del Vaticano

Sembrava che l’invio dell’arcivescovo Scicluna, tra i massimi esperti in Vaticano nella investigazione dei casi di abusi su minori, avesse in qualche modo posto fine alla turbolenta bagarre sul “caso Barros” che ha accompagnato tutto il viaggio del Papa in Cile dello scorso 15-18 gennaio. Sulla vicenda del vescovo di Osorno, di cui da tre anni viene richiesta dai fedeli l’immediata rimozione per aver «coperto» i crimini del suo “padre spirituale” Fernando Karadima, emergono invece nuovi dettagli con una lettera di otto pagine – resa nota dall’Associated Press (AP) - che una delle ex vittime, Juan Carlos Cruz, avrebbe inviato nell’aprile del 2015 a Papa Francesco. Il documento sarebbe stato consegnato, sembra personalmente, al Pontefice dal cardinale Sean O’Malley, presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori.

Si tratta di una lettera nella lettera, datata 3 marzo 2015, nella quale Cruz - che oggi vive e lavora a Philadelphia e che in Cile è considerato insieme a James Hamilton e José Andres Murillo, un “simbolo” della denuncia degli abusi del clero cileno – trascrive al Pontefice la missiva inviata un mese prima al nunzio apostolico in Cile, Ivo Scapolo, che però non avrebbe mai avuto risposta.

Nel testo, tutto in spagnolo - pubblicato integralmente dal sito de La Tercera, uno dei più importanti e diffusi quotidiani cileni - l’uomo descrive fino al minimo dettaglio le violenze subite da Karadima, quasi sempre alla presenza di terzi, e la «macchina di distruzione» messa in moto dal sacerdote e dal suo “cerchio magico” per scoraggiarlo a denunciare quanto subito. Ad esempio la minaccia di isolamento o di inviare «un esercito di avvocati» nel caso lui o altri abusati avessero mai rivelato quanto accaduto, le varie pressioni psicologiche, o la lettera di credenziali inviata al cardinale Fresno e al rettore del seminario che Cruz frequentava da giovane (abbandonato dopo due anni per sua volontà) in cui veniva indicato come omosessuale. Un segreto che il giovane aveva confidato a Karadima durante una confessione, e che viveva con «grande sofferenza» al punto da spingerlo al suicidio qualora fosse stato reso pubblico.

Nella lettera Juan Carlos Cruz denuncia anche i presunti insabbiamenti da parte dei vertici della Chiesa cilena che non avrebbero in nessun modo ascoltato le richieste di aiuto, sue e degli altri ragazzi. Alcuni dei quali, dice, sono morti suicidi o vivono nell’angoscia di non essere riusciti a rivelare «l’orrore» subito alle loro mogli.

Il dito viene puntato non solo contro Barros ma anche verso Andrés Arteaga, Tomislav Koljatic e Horacio Valenzuela, oggi vescovi in Cile, ieri membri del “gruppo giovani” che faceva capo al carismatico parroco di El Bosque, legato alle élite del paese e formatore di buona parte del clero cileno. Nelle righe scritte al Papa, Cruz parla anche di «atteggiamenti sconvenienti» tra Karadima e i sacerdoti suoi collaboratori. «Loro stavano vicino e a volte dal nostro lato mentre Karadima abusava di noi. Anche, Santità, sono stati toccati in modo inopportuno da Karadima», si legge.

«Santo Padre, ho deciso di scrivere questa lettera perché sono stanco di combattere, piangere e soffrire» afferma ancora Cruz, che definisce «uno shock» la nomina di Barros come vescovo di Osorno. Lui e tante altre persone avevano «immediatamente» scritto «un reclamo formale» al nunzio «che abbiamo cercato di incontrare» ma che «non ha mai avuto la cortesia di riceverci».

«La sua “tolleranza zero” contro gli abusi non si applica in Cile…», è scritto ancora nella missiva. «Il sentimento generale di tanti cileni è che loro (i sacerdoti) si proteggano a vicenda e ignorino qualsiasi richiesta di aiuto o di rimedio». «Santo Padre, una cosa è il tremendo dolore e l’angoscia dell’abuso, tanto sessuale quanto psicologico al quale siamo stati sottoposti, ma forse ancora peggio è il terribile trattamento che abbiamo ricevuto dai nostri pastori», aggiungeva Cruz. «Per favore ci aiuti», era quindi il suo appello al Papa: «Voglio disperatamente credere in lei e mantenere la mia fede. Tutto quello che è successo negli ultimi anni e negli ultimi giorni mi dice il contrario».

La lettera – sottolinea Associated Press - sembra smentire le dichiarazioni dello stesso Papa Francesco, che, nell’intervista in aereo di ritorno dal Perù, affermava ai giornalisti di non aver mai avuto «evidenze» sul coinvolgimento di Barros nei crimini di Karadima, né di aver mai ascoltato direttamente alcuna vittima. «Non sono venuti, non si sono presentati, non hanno dato l’evidenza in giudizio. È rimasto per aria». Parole che seguivano le dichiarazioni rese alla stampa in difesa del presule di Osorno che avevano «provocato dolore nelle vittime» come aveva affermato il cardinale Sean O’Malley in una nota e per le quali il Papa aveva chiesto pubblicamente scusa.

Proprio O’Malley avrebbe consegnato la lettera di Cruz al Pontefice dopo averla ricevuta brevi manu da Marie Collins, membro di spicco dell’organismo dal quale si è volontariamente dimessa lo scorso anno in polemica con il Vaticano, come testimonia una fotografia del 2015 scattata a Santa Marta da Catherine Bonnett, psicologa francese, anche lei membro della Commissione. «Quando abbiamo dato» al cardinale Sean O’Malley, «la lettera per il Papa, lui ci ha assicurato che la avrebbe data al Papa e avrebbe parlato delle nostre preoccupazioni», ha commentato oggi all’AP la Collins, «in un secondo momento, ci ha assicurato che era stato fatto».

Quasi un enigma. Da parte sua, l’arcivescovo di Boston, interpellato sulla vicenda, ha replicato con un «no comment». Anche il Vaticano non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale.

http://lanuovabq.it/it/barros-la-lettera-c...entisce-il-papa
Barros, la lettera choc che smentisce il Papa
EDUCAZIONE06-02-2018

L’Associated Press ha pubblicato ieri una lettera esclusiva (QUI), redatta da Juan Carlos Cruz, una delle vittime del sacerdote cileno Fernando Karadima, una missiva che di fatto smentisce il Papa sul caso della pedofilia nel clero cileno e la copertura di alcuni vescovi. Il documento, secondo diverse testimonianze di membri della commissione pontificia per la tutela dei minori, sarebbe stato recapitato nelle mani di Francesco nell’aprile 2015 dal cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, presidente della stessa commissione.

Juan Carlos Cruz non denuncia soltanto Fernando Karadima, già condannato sia a livello civile che canonico, ma sottolinea la “copertura” che l’attuale vescovo di Osorno, Juan Barros, e altri vescovi (in particolare Andrés Arteaga, Tomislav Koljatic e Horacio Valenzuela) avrebbero al tempo offerto. Si tratta di alcuni sacerdoti, oggi appunto vescovi, che avevano come mentore proprio il Karadima e che, a detta di Cruz, erano «vicini» mentre le vittime venivano abusate e in qualche modo partecipavano, perché venivano a loro volta «toccati» in modo «inappropriato» dal Karadima. La lettera chiede al Papa di prestare ascolto a queste denunce e di restare fedele alla sua “tolleranza zero”.

Il “caso Barros” era esploso durante il recente viaggio di Francesco in Cile (vedi QUI e QUI), quando il pontefice fece una difesa appassionata del monsignore. «Il giorno in cui qualcuno mi porterà delle prove contro il vescovo Barros, allora parlerò», disse Francesco prima di celebrare la messa fuori dalla città cilena di Iquique. «Ma non c'è una singola prova. È tutto calunnia. È chiaro?».

Nella conferenza stampa sull’aereo di ritorno verso Roma, pur portando delle scuse e distinguendo tra la parola “prova” e quella “evidenze”, il Papa di fatto confermava che il vescovo Barros rimaneva al suo posto finché, appunto, non si fossero manifestate queste «evidenze» per inchiodarlo. Non solo. La giornalista Nicole Winfield, dell’Associated Press, presente sull’aereo fece notare a Francesco che «ci sono le vittime di Karadima che dicono che Barros fosse lì...», ma il Papa rispose: «Lei, con buon volontà, mi dice ci sono delle vittime, ma io non le ho viste perché non si sono presentate» (vedi QUI).

Ma la lettera spuntata ieri sembra appunto smentire queste affermazioni. A questo punto poi troverebbe una ragione anche il comunicato piuttosto inusuale che il cardinale O’Malley (vedi QUI) ha fatto circolare dopo la difesa che Francesco ha fatto di Barros in terra cilena, prima della conferenza stampa sull’aereo. Il cardinale statunitense, con parole molto esplicite, si metteva dalla parte delle vittime e stigmatizzava le parole del Papa, ritenendole, di fatto, poco sensibili rispetto alla testimonianza delle vittime. C’è da pensare che il cardinale di Boston, che aveva consegnato al Papa la missiva di Juan Cruz nell’aprile 2015, fosse un po’ deluso dalle parole del pontefice di cui, tra l’altro, è vicinissimo collaboratore, in quanto membro del gruppo di nove cardinali che supportano da vicino il pontefice nel governo della chiesa universale.

Di certo la faccenda mostra una certa confusione nella gestione di un caso delicato. Mentre scriviamo il cardinale di Boston si trincera dietro a un «no comment» e dal Vaticano tutto tace, l’ultimo atto ufficiale dalla Santa Sede è di qualche giorno fa, quando il 29 gennaio è arrivata la nomina papale del vescovo maltese Charles Scicluna come inviato in Cile, «per ascoltare coloro che hanno espresso la volontà di sottoporre elementi in loro possesso» sul caso Barros. Tanti avevano salutato questa notizia come l’indicazione che alcune novità, scriveva ad esempio il vaticanista Andrea Tornielli, «sono finalmente arrivate in mano al pontefice». C’è da chiedersi però come fossero state considerate le informazioni contenute nella missiva di Juan Cruz e che verosimilmente erano nella mani del pontefice dal 2015, tra l’altro proprio in quell’anno Francesco approvava il reato “di abuso di ufficio episcopale” e nel 2016 con un Motu proprio ne ratificava la procedura per colpire appunto i vescovi “negligenti”.

Tra l’altro Barros è stato nominato vescovo di Osorno proprio da Francesco nel 2015. Ma il Vaticano, attraverso la Congregazione per la Dottrina della fede, aveva già condotto su Barros e gli altri vescovi vicini a Karadima un’istruttoria che aveva portato alla decisione di esonerarli dai loro uffici. Ma con una lettera firmata dal Papa nel gennaio 2015 e inviata ai vescovi cileni quella richiesta di esonero viene bloccata e poco dopo Barros viene promosso da ordinario militare a vescovo di una diocesi, quella di Osorno.

Se la Dottrina della fede non aveva condotto una buona istruttoria sui vescovi cileni, chi ha fornito informazioni rassicuranti al Papa? Come mai la lettera consegnata dal cardinale O’Malley nella primavera 2015 non è stata considerata degna di attenzione? Quali novità hanno determinato la nomina del vescovo Scicluna? La faccenda diventa un rompicapo e uno scoglio molto difficile per il pontificato di Francesco.

Lorenzo Bertocchi

http://www.latercera.com/nacional/noticia/...ros-2015/57844/
La carta al Papa Francisco en que Juan Carlos Cruz denunciaba al obispo Barros en 2015

Autor: Carlos Reyes y Sebastián Rivas
Actualizado: 05 Feb 2018

Según ha relatado Cruz, el documento, de ocho páginas, habría sido entregado al Pontífice por el cardenal estadounidense Sean O'Malley.
“Santo Padre, me animé a escribirle esta carta porque estoy cansado de pelear, llorar y sufrir”. Así comienza una carta fechada el 3 de marzo de 2015 y cuyo remitente es Juan Carlos Cruz, uno de los denunciantes de los abusos cometidos por el sacerdote Fernando Karadima.

El destinatario era el Papa Francisco, que por esos días recibía críticas tras designar a Juan Barros, uno de los sacerdotes cercanos a Karadima, como obispo de Osorno.

El motivo de la carta -y de su envío directo al Pontífice-, según explica Cruz en el mismo texto, era que exactamente un mes antes había enviado una misiva al nuncio apostólico en Chile, Ivo Scapolo, en que hacía denuncias contra Barros de sus años junto a Karadima.

“En enero se conoció la designación de Juan Barros Madrid como obispo de Osorno. Santo Padre, para mí y muchísima gente fue un verdadero shock que se hiciese ese nombramiento. Sabiendo todo lo que se sabe. Inmediatamente escribí una denuncia formal al nuncio Ivo Scapolo, a quien hemos tratado de ver y jamás ha tenido la cortesía de recibirnos”, asegura Cruz.

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“Santo Padre, una cosa es el tremendo dolor y angustia del abuso tanto sexual como psicológico al que fuimos sometidos, pero quizá hasta peor es el terrible maltrato que hemos recibido de nuestros pastores”, dice Cruz en la carta, para luego cuestionar la conducta tanto de Barros como de los actuales obispos Andrés Arteaga, Tomislav Koljatic y Horacio Valenzuela. “Ellos estaban cerca y a veces parados a nuestro lado cuando Karadima nos abusaba. Incluso, Santo Padre, ellos eran tocados en forma muy inapropiada por Karadima”, afirma, para luego transcribir de forma íntegra la carta enviada al nuncio Scapolo donde hacía estas denuncias.

Luego de eso, Cruz continúa planteándole al Papa Francisco su mirada sobre la situación de los sacerdotes chilenos, a los que critica por la actitud ante las denuncias de abusos sexuales. “Su ‘tolerancia cero contra el abuso’ no se aplica en Chile. No es necesario que me detenga acá, puesto que es cosa de ver lo que ha pasado en el país en este tema (…) El sentimiento general de muchos chilenos es que ellos se protegen entre ellos e ignoran cualquier llamada de auxilio o de reparación”, plantea.

Finalmente, cierra la carta con un pedido concreto al Pontífice: “Por favor ayúdenos. Quiero desesperadamente creer en usted y mantener mi fe. Todo lo que ha pasado en los últimos años y en los últimos días me dice lo contrario”, señala.

Según la versión de Cruz y otros testimonios, dicha carta habría sido entregada en abril de 2015 al cardenal estadounidense Sean O’Malley, el máximo asesor de Francisco en la lucha contra los abusos. Los mismos testimonios aseguran que O’Malley les señaló posteriormente a Cruz y a miembros de la comisión contra los abusos constituida por el Vaticano que había hecho llegar la carta al Papa.
 
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view post Posted on 7/2/2018, 14:14

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Bergoglio accusa le vittime di calunniare il vescovo Barros: "Non ci sono evidenza di colpevolezza"

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"Incontrerò le vittime". Come se le chiacchierate sostituissero le denunce, i risarcimenti, gli spretamenti

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http://www.askanews.it/esteri/2018/04/11/l...0180411_204432/

PAPAMercoledì 11 aprile 2018 - 20:44La svolta del Papa sul Cile: a Roma vescovi e vittime di pedofiliaCaso Barros-Karadima, polemiche del viaggio, missione SiclunaLa svolta del Papa sul Cile: a Roma vescovi e vittime di pedofiliaCittà del Vaticano, 11 apr. (askanews) – L’atto di accusa di 64 testimoni ascoltati dal suo inviato speciale tra Santiago del Cile e New York sono contenute in 2300 pagine che Papa Francesco invita i vescovi cileni ad accogliere “con il cuore e umilmente”.Papa Francesco volta pagina sul Cile. Il suo viaggio, a gennaio, era stato costellato di polemiche che affondavano le radici negli anni passati. E ora Jorge Mario Bergoglio ha preso carta e penna per scrivere ai vescovi, convocarli a Roma, esprimere “vergogna e dolore”, chiedere “perdono” per gli errori di valutazione e proporre alle vittime di venire anch’esse a Roma per poter comunicare di persone le sue scuse. Nel corso del viaggio cileno il Papa ha pubblicamente difeso un vescovo accusato da molti cileni di avere insabbiato le accuse contro un prete pedofilo. Il sacerdote è Fernando Karadima, influente sacerdote della borghesia di Santiago sin dai tempi di Pinochet, con amicizie in Vaticano nella cerchia wojtyliana, condannato nel 2011 dal Vaticano. Tra i suoi pupilli c’era Juan Barros, che ha poi fatto carriera e che Papa Francesco stesso ha nominato vescovo di Osorno. Innescando in molti fedeli delusione, indignazione, aperte manifestazioni di protesta. Anche durante il suo recente viaggio, però, il Papa ha difeso questo presule, sostenendo che le accuse fossero calunnie. Una presa di posizione che gli ha guadagnato una raffica di critiche da parte dei suoi amici e collaboratori: dal cardinale Sean O’Malley, presidente della commissione pontificia per la tutela dei minori, ai gesuiti cileni e statunitensi, dal sito specializzato in informazione vaticana Il Sismografo al Centro per la tutela dei minori della Pontificia Università Gregoriana. Ascoltate tutte queste voci critiche, Jorge Mario Bergoglio si è corretto e ha deciso di mandare in Cile mons. Charles Scicluna, arcivescovo della Valletta a Malta, in passato procuratore generale vaticano nei casi di pedofilia e ora a capo del collegio di appello nei casi di abusi, uomo di Chiesa notoriamente poco incline ai compromessi. Scicluna ha incontrato le vittime di Karadima, che si sono dette molto soddisfatte e finalmente ascoltate. Ora, a quanto emerge, Francesco, ricevuto il rapporto dall’arcivescovo maltese, ha scritto una lettera ai vescovi cileni che verrà resa nota questa sera. Nella missiva il Papa esprime “dolore e vergogna” per “i gravi abusi di coscienza e di potere e, in particolare, gli abusi sessuali” su minori da parte di sacerdoti, in una lettera inviata ai vescovi cileni dopo aver inviato nel paese un suo inviato, mons. Charles Scicluna, per ascoltare le vittime e convoca l’episcopato cileno a Roma “per dialogare sulle conclusioni” della visita. “Mi rivolgo a voi, riuniti nella 115esima assemblea plenaria, per chiedere umilmente la vostra collaborazione e assistenza nel discernimento delle misure a corta, media e lunga scadenza che dovrebbero essere adottate per ripristinare la comunione ecclesiale in Cile con lo scopo di riparare il più possibile lo scandalo e ristabilire la giustizia”. “Penso di convocarvi a Roma per dialogare sulle conclusioni della citata visita (di mons. Scicluna, ndr.) e le mie conclusioni. Ho pensato in questo incontro come un momento fraterna, senza pregiudizi ne idee preconcette, con il solo scopo di far rispendere la verità nelle nostre vite. Per quanto riguarda la data chiedo al vostro Segretario generale di farmi conoscere le possibilità”. “Riconosco e desidero che lo trasmettiate fedelemente che sono incorso in gravi errori di valutazione e percezione della situazione, specialmente per mancanza di informazione veritiera ed equilibrata”: lo scrive Papa Francesco in una lettera ai vescovi cileni. Nella lettera non si menzionano esplicitamente i destini del vescovo Barros. Ma Il Papa scrive: “Sin da ora chiedo perdono a tutti quelli che ho offeso e spero di poterlo fare personalmente, nelle prossime settimane, nella riunione che avrò con i rappresentanti delle persone intervistate” da Scicluna. si tratterebbe in particolare di James Hamilton, Juan Carlos Cruz e José Andrés Murillo, vittime di Karadima che secondo i media cileni avrebbero già confermato il viaggio a Roma. La Conferenza episcopale cilena in una nota ha subito confermato di essere pronta ad accettare la decisione del Papa. Ska/int5
 
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Quelli italiani se la ridono su comode poltrone

Pedofilia. Si dimettono in blocco tutti i 34 vescovi del Cile


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www.ilfattoquotidiano.it/2018/05/1...ssioni/4365156/

Pedofilia, si dimettono tutti i vescovi cileni: “Chiediamo perdono, abbiamo commesso gravi errori ed omissioni”

Prima di congedarli, Bergoglio ha consegnato una lettera ai 34 vescovi cileni. “Voglio ringraziarvi - ha scritto Francesco - per il fatto di aver accolto il mio invito per fare insieme un discernimento franco di fronte ai gravi fatti che hanno danneggiato la comunione ecclesiale e indebolito il lavoro della Chiesa in Cile negli ultimi anni". Le vittime avevano puntato il dito contro quattro vescovi

di Francesco Antonio Grana | 18 maggio 2018

Dimissioni in blocco per i vescovi cileni. Dopo lo scandalo della pedofilia che ha travolto l’episcopato del Paese latinoamericano e i tre giorni di incontri con Papa Francesco in Vaticano, tutti i vescovi cileni hanno rimesso i loro mandati nelle mani di Bergoglio. Una decisione a dir poco clamorosa e che non ha precedenti nella storia recente della Chiesa cattolica perché mai prima d’ora l’episcopato di un intero paese era stato azzerato di colpo. “Vogliamo comunicare – hanno affermato i presuli cileni – che tutti noi vescovi presenti a Roma, per iscritto, abbiamo rimesso i nostri incarichi nelle mani del Santo Padre, affinché decida lui liberamente per ciascuno”.

“Ci mettiamo in cammino, – proseguono i presuli – sapendo che questi giorni di dialogo onesto hanno rappresentato una pietra miliare di un profondo processo di cambiamento guidato da Papa Francesco. In comunione con lui, vogliamo ristabilire la giustizia e contribuire alla riparazione del danno causato, per dare nuovo impulso alla missione profetica della Chiesa in Cile, il cui centro sarebbe sempre dovuto essere in Cristo. Desideriamo che il volto del Signore torni a risplendere nella nostra Chiesa e ci impegniamo per questo. Con umiltà e speranza chiediamo a tutti di aiutarci a percorrere questa strada”.

Nel comunicato finale, per la prima volta, i vescovi fanno finalmente mea culpa: “Dopo tre giorni di incontri con il Santo Padre e molte ore dedicate alla meditazione e alla preghiera, seguendo le sue indicazioni, desideriamo comunicare che anzitutto ringraziamo Papa Francesco per il suo ascolto paterno e la sua correzione fraterna. Ma soprattutto vogliamo chiedere perdono per il dolore causato alle vittime, al Papa, al popolo di Dio e al nostro Paese per i gravi errori e le omissioni da noi commessi. Ringraziamo le vittime per la loro perseveranza e il loro coraggio, nonostante le enormi difficoltà personali, spirituali, sociali e familiari che hanno dovuto affrontare, unite spesso all’incomprensione e agli attacchi della stessa comunità ecclesiale. Ancora una volta imploriamo il loro perdono e il loro aiuto per continuare ad avanzare sul cammino della guarigione delle ferite, perché possano rimarginarsi”.

Prima di congedarli, Bergoglio ha consegnato una lettera ai 34 vescovi cileni. “Voglio ringraziarvi – ha scritto Francesco – per il fatto di aver accolto il mio invito per fare insieme un discernimento franco di fronte ai gravi fatti che hanno danneggiato la comunione ecclesiale e indebolito il lavoro della Chiesa in Cile negli ultimi anni. Alla luce degli eventi dolorosi rispetto agli abusi di minorenni, di potere e di coscienza, abbiamo approfondito sulla gravità di tali fatti così come sulle tragiche conseguenze che hanno patito in particolare le vittime. Ad alcune di esse io stesso ho chiesto di cuore perdono e voi vi siete uniti in una sola volontà, con il fermo proposito di riparare i danni provocati”.

“Vi ringrazio – prosegue il Papa – per la vostra piena disponibilità, e per quella che ciascuno ha manifestato nel voler aderire e collaborare in tutti i cambiamenti e risoluzioni che dovremmo portare a compimento nel breve, medio e lungo termine, necessari per ristabilire la giustizia e la comunione ecclesiale. Dopo questi giorni di preghiera e riflessione vi invito a continuare nella costruzione di una chiesa profetica che sappia mettere al centro ciò che è importante: il servizio al suo Signore nell’affamato, nel carcerato, nel migrante e nell’abusato”.

Parole che preludono a delle decisioni concrete. Le tre vittime degli abusi sessuali di padre Fernando Karadima, in rappresentanza di tantissime altre che hanno subito la pedofilia del clero cileno, quando hanno recentemente incontrato Bergoglio hanno precisato che ciò che farà fede non saranno le parole, bensì i provvedimenti concreti che saranno presi per punire i cardinali e i vescovi che hanno coperto questi reati. Le vittime, infatti, non puntano il dito solo contro il vescovo di Osorno, monsignor Juan Barros, accusandolo di aver coperto l’abusatore seriale padre Karadima, ma anche contro altri tre vescovi. Stesse accuse rivolte anche ai due cardinali cileni, ovvero l’arcivescovo di Santiago, Riccardo Ezzati Andrello, che ha ricevuto la berretta rossa proprio da Bergoglio, e il suo predecessore, Francisco Javier Errázuriz Ossa, nominato da Francesco nel suo “C9”, il consiglio di cardinali che lo aiuta nella riforma della Curia romana. Ora è molto probabile che la prima testa a cadere sarà quella del nunzio in Cile, monsignor Ivo Scapolo, che non ha partecipato all’incontro in Vaticano dei vescovi cileni con il Papa.

Twitter: @FrancescoGrana
 
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view post Posted on 25/5/2018, 17:06
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Era l'incaricato a ricevere le denunce sui crimini dei suoi colleghi pedofii e molestatori

oscar_munoz
Il prete

www.adista.it/articolo/58898

Si autodenuncia per abusi il cancelliere della diocesi di Santiago
Eletta Cucuzza 25/05/2018, 09:59
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VaticanoCileDon Óscar Muñoz ToledoAbusi SessualiPapa FrancescoFernando Karadima
SANTIAGO DEL CILE-ADISTA. Il Cancelliere dell'arcivescovado di Santiago del Cile, don Óscar Muñoz Toledo (56 anni), prete dal 2000, si è autodenunciato per abusi davanti alle autorità ecclesiastiche dell'arcidiocesi. Il fatto emerge solo ora, ma risale al 2 gennaio scorso. La notizia dell'autodenuncia è stata data il 24/5 sul sito web dell'arcivescovato della capitale cilena che precisa che il sacerdote, che era anche parroco, è stato subito sospeso, allontanato e interdetto dall'esercizio pubblico del suo ministero. Tutti gli atti relativi sono stati trasmessi al dicastero vaticano competente, la Congregazione per la Dottrina della Fede.

Particolarmente grave, osserva Il Sismografo, il sito diretto da Luis Badilla, è che don Óscar Muñoz, in quanto cancelliere, è colui che ha ricevuto le dichiarazioni di Juan Carlos Cruz, José Andrés Murillo, James Hamilton ed altri in merito alle loro denunce contro Fernando Karadima, il prete pedofilo seriale. Sarà stato lui a distruggere documenti relativi alle denunce, fatto reso noto da papa Francesco nella sua lettera ai vescovi cileni a chiusura dell’incontro avuto con loro in vaticano dal 14 al 17 maggio (v. Adista online, 18/5/18 e Adista online 18/5)?

*Foto di http://Robert Cutts tratta da Wikipedia Commons immagine origi
 
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view post Posted on 8/6/2018, 16:19

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Infuria la contestazione dopo le finte dimissioni dei 24 vescovi non accettate da papa Francesco

gmain

https://www.ilmessaggero.it/primopiano/vat...ni-3780278.html

Fantocci vestiti da vescovi pendono impiccati, in Cile l'ennesima protesta per la pedofilia nella Chiesa

di Franca Giansoldati
Santiago del Cile - Una brutta immagine sta facendo il giro del mondo e mostra tre fantocci con gli abiti vescovili impiccati da un ponte, che dondolano sotto una scritta che invoca la pena di morte per impiccagione per i preti pedofili. Il Cile continua ad essere attraversato da fortissime polemiche dopo che un gruppo di vittime ha scoperchiato un inferno fatto di omertà, coperture di una rete di vescovi conniventi che di fatto garantivano protezione ai parroci pedofili. Il Papa (che inizialmente aveva dato fiducia ad uno dei vescovi insabbiatori) ha fatto retro marcia e fatto partire due inchieste supplementari, affidandole a due persone di sua fiducia che rispondono solo a lui. L'inchiesta ha prodotto 2000 pagine di dossier.

Due settimane fa ha convocato al Roma l'intero episcopato per un confronto per capire chi ha coperto, chi ha mentito (anche al Papa), chi sapeva e non ha fatto nulla. Il risultato di quella drammatica riunione è che il pontefice non ha indicato alcun colpevole da punire, anche perchè si aspettava le dimissioni volontarie dei responsabili. Cosa che non è avvenuta. L'episcopato per protesta si è invece dimesso in blocco per prostesta e ora toccherà a Papa Bergoglio decidere chi punire e chi lasciare al suo posto.
Mercoledì 6 Giugno 2018 - Ultimo aggiornamento: 18:36
 
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view post Posted on 9/6/2018, 06:31
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http://globalist.it/world/articolo/2018/06...te-2025825.html

Pedofilia in Cile, sarà rimosso il vescovo Barros: ha coperto gli abusi di un prete
La decisione ufficiale dovrebbe arrivare la prossima settimana. Ad aprile Papa Francesco ha inviato una lettera ai vescovi cileni per esprimere "dolore e vergogna" per il trattamento riservato dalla Chiesa alle vittime di abusi

8 giugno 2018


Sarebbe imminente la fine dell'incarico di vescovo di Osorno, in Cile, di Juan Barros Madrid, accusato di aver coperto gli abusi di padre Fernando Karadima.
Secondo quanto riferito dal quotidiano cileno La Tercera, che cita fonti della Chiesa, la rimozione di Barros dall'episcopato diventerà ufficiale prima dell'inizio della nuova missione dell'arcivescovo Charles Scicluna in Cile, in programma tra martedì 12 e mercoledì 19 giugno prossimi.
Una decisione che, secondo la Tercera, arriva dopo l'incontro con il Papa a Roma, avvenuto a metà maggio, e "la cattiva valutazione data in Vaticano sul modo in cui i vescovi hanno gestito tutto questo caso".
Il giornale riporta che, insieme alla rimozione di Barros dall'episcopato, il passo successivo del Vaticano sarebbe quello di accettare le dimissioni di altri due prelati Horacio Valenzuela, di Talca, e Tomislav Koljatic, di Linares.
Entrambi sono considerati, come lo stesso Barros e il vescovo ausiliare di Santiago, Andrés Arteaga, vicini all'ex parroco di El Bosque Fernando Karadima, condannato dalla Chiesa per abusi.
La rimozione di Barros farebbe parte delle misure di breve, medio e lungo termine annunciate da Papa Francesco l'11 aprile scorso, quando ha inviato una lettera ai vescovi cileni nella quale ha espresso "dolore e vergogna" per il trattamento riservato dalla Chiesa alle vittime di abusi.
 
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