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L’INCHIESTA – TERZA PUNTATA. VILLAGGIO DEI RAGAZZI. La storia delle spese milionarie delle suore Carmelitane scalze, di Regnum Christi e di 4 opere d’arte che arredano l’appartamento di don Cavallè
Nella foto don Cavallè e due delle tele di Francesco De Mura
Leggete questa sezione del nostro lavoro e verificare se c’è una sola affermazione che non sia documentata, con tanto di citazioni documentali
MADDALONI – Questa volta non rispondiamo alla lettera, alla seconda lettera ,scrittaci dall’avvocato Michele Marra, in nome e per conto di don Miguel Cavallè. Nella stessa ha usato una frase gravissima che non potrà non trovare la sua verifica e la sua determinazione come verità effettuale se non in un’aula di tribunale.
L’avvocato Michele Marra ha scritto che il nostro sarebbe un accanimento quasi estorsivo. Beh, avvocato, ci vediamo in tribunale e parleremo della storia delle estorsioni in provincia di Caserta in cui magari lei potrà portare la esperienze cognitive ed accademiche acquisite nei rapporti con il suo maestro di giurisprudenze Michele Santonastaso che, per la professione che ha svolto e che ora da innocente ristretto da anni da un regime di carcerazione preventiva legata ad accuse gravissime, non può esercitare.
Fatta la prima premessa e garantito che il sottoscritto e Michele Marra si incontreranno dove è giusto che si incontrino, andiamo avanti con la nostra inchiesta che non è affatto finalizzata a perseguitare la persona Miguel Cavallè, ma si propone solamente di analizzare le tappe della storia recente di un’istituzione di fondamentale importanza, finanziata lautamente con danaro pubblico e rispetto alla quale noi da un alto e don Cavallè dall’altro dovremmo avere lo stesso interesse di garanzia nei confronti delle ragioni della trasparenza e della legalità non solo denunciata ma praticata fino all’ultimo documento amministrativo redatto.
Casertace è a disposizione di don Cavallè qualora questi volesse scrivere una sua nota o qualora volesse rilasciare un’intervista in cui le domande però le faremmo noi.
Questa la prima premessa, ora passiamo alla seconda.
La seconda puntata si chiudeva con l’illustrazione della situazione della fondazione e del Villaggio alla morte di don Salvatore D’Angelo. Il lascito, fortemente condizionato, come dimostra la video intervista che abbiamo sempre pubblicato nella puntata precedente, del sacerdote più caro alla memoria dei maddalonesi, non era stato formalizzato.
In poche parole non esisteva un atto e non esiste un atto, ad esempio, di tipo testamentario o comunque espressione di un negozio giuridico, di una volontà certa, in cui si dice che don Salvatore D’Angelo lascia la gestione, a determinate condizioni, ai Legionari di Cristo.
Una situazione che doveva essere ben conosciuta dai sacerdoti più vicini all’allora vescovo Nogaro che, non a caso, applicavano immediatamente la lettera dell’articolo 7 dello statuto all’epoca vigente nel quale era scritto che sarebbe stato il consiglio d’amministrazione a eleggere il nuovo presidente della fondazione tra una terna di rappresentanti del clero della Diocesi di Caserta.
La Diocesi si espresse attraverso il suo clero e individuò monsignore Antonio Pasquariello, don Antonio Aragosa e don Michele Tagliafierro quali espressione della triade da cui sarebbe dovuto uscire il nuovo presidente. Questo avveniva il 6 giugno dell’anno 2000, dunque, ad una settimana esatta dalla morte di don Salvatore.
Il 12 giugno il consiglio di amministrazione, presieduto nell’occasione proprio da Giulio Andreotti in persona, quale componente anziano, elesse monsignor Pasquariello alla presidenza.
Badate bene lo elesse presidente a vita dato che sempre in base allo statuto di don Salvatore le presidenze non erano a termine, salvo poi diventare pro tempore per effetto di una modifica che lo stesso cda dovette fare gioco forza per aprire la strada all’avvento dei Legionari di Cristo.
LA SEDIA DI DON SALVATORE E IL CUORE DI MONSIGNOR PASQUARIELLO
Monsignor Pasquariello, dunque, iniziò molte mattinate della sua esistenza di allora sedendo sulla storica poltrona utilizzata da don Salvatore D’Angelo. Ed è proprio su quella poltrona che il suo cuore cominciò a fare le bizze.
Secondo un referto dell’ospedale Civile di Caserta il 13 luglio, alle 19,35, Pasquariello entrava all’utic per una guardatina alle sue coronarie. Rimase per una settimana e durante questo periodo si convinse definitivamente che l’infartino che lo aveva colpito proprio quando era seduto sulla sedia di don Salvatore rappresentava non certo un presagio, dato che stiamo parlando di religiosi, ma di un segnale, di un disegno divino che forse non prevedeva quel tipo di impegno.
Fatto sta che dopo 2 mesi don Pasquariello convoca un consiglio di amministrazione che reca all’ordine del giorno proprio la modifica dello statuto. Evidentemente, durante quell’estate, la Curia casertana spinta, probabilmente, dai dipendenti del Villaggio, i quali vedevano nelle ricchezze e nella forza economica dei Legionari di Cristo , nel successo quasi taumaturgico di cui godevano, una sorta di solidissima polizza in grado di garantire loro uno stipendio e un avvenire sicuri, chiude l’accordo con la congregazione di don Marcial Maciel.
Nell’aprile del 2001 don Miguel viene eletto dal consiglio di amministrazione alla presidenza della fondazione Villaggio dei Ragazzi. Un presidente che, al pari di quello degli Stati Uniti d’America dura in carica 4 anni. Solo che in quel caso si possono fare solo 2 mandati, mentre don Cavallè ha terminato il terzo e, magari, lui ci smentirà e siamo pronti fin da ora a cospargerci la testa di cenere, nulla si sa sulla convocazione del nuovo consiglio di amministrazione del presidente in un presumibile quarto mandato per il pupillo di don Marcial Maciel.
LE PRIME SPESE
Dopo due puntate e mezzo in cui abbiamo esplicitato e declinato quello che è un approccio di tipo storiografico, è il momento di cominciare a esprimere una narrazione attinente alla gestione amministrativa della fondazione.
A differenza di quello di cui farnetica l’avvocato Marra nella sua ultima lettera vergognosamente offensiva noi scriviamo carte alla mano.
Nel pacchetto dei Legionari non arriva solo il nuovo presidente, ma anche un gruppo di personale ausiliario a partire dalle suore prescelte da padre Maciel in persona per gestire l’internato che sarebbe l’area dei convittori, dei ragazzi che usufruivano del collegio, studiando e dormendo all’interno del Villaggio. Si tratta delle “ALLEATE CARMELITANE SCALZE DELLA SANTISSIMA TRINITA’ ”,le quali stanno scalze i primissimi mesi, quelli che vanno dal settembre del 2000 al dicembre dello stesso anno, quando era ancora in atto il passaggio di consegne tra Curia e legionari, e poi le scarpe se le mettono, e che scarpe.
Nel bilancio consuntivo del 2000 si legge: “spese per gestione suore e casa legionaria”, che sarebbe poi l’appartamento di Andreotti, successivamente divenuto l’appartamento di don Cavallè, i primi tre mesi le spese per gestione, 10 mila 964 euro.
Trasferendo la nostra ricerca al conto consuntivo 2001, alla voce “spese per gestione congregazioni religiose” viene segnata una cifra in lire pari a 236 milioni 983 mila 583 vecchie lirette, che equivalgono in linea di massima a 120 mila euro.
Una piccola noticina a margine: come mai il consuntivo del 2000 indica le spese per l’internato in Euro e quello del 2001 in Lire? Come è noto l’Euro entrò in vigore nella primavere del 2002 e scorrendo questi bilanci ci accorgiamo che se quello del 2001 è approvato, tutto sommato, in tempi ortodossi, nel 2002, anche quello del 2000 è approvato due anni dopo. E questo accade perché l’antico Coreco, il 14 marzo 2002, (si chiamava comitato regionale di controllo e aveva funzioni di verifica e ispettiva su tutti gli atti amministrativi degli enti pubblici locali) ricordava a don Cavallè che il consuntivo del 2000, quello del 2001 e il preventivo del 2002 non erano stati ancora approvati e si stava andando evidentemente fuori dai termini.
Esaurita la nota a margine, facciamo due conticini. Se in 3 mesi, gli ultimi 3 mesi del 2000, una decina tra suore e legionari che hanno fatto un voto di povertà, spendono, tutto sommato, morigeratamente poco meno di 11 mila euro, cosa succede nel 2001 per arrivare a 120 mila euro che significano 10 mila euro al mese, quasi il triplo di quello che avevano speso nell’ultimo trimestre del 2000.
No problem, avvocato Marra e don Cavallè, se avete elementi di confutazione su questi documenti che parlano da se, noi siamo qui, ci confrontiamo, dibattiamo, nel supremo interesse della tutela del pubblico danaro che, come scritto prima, è una nostra preoccupazione, ma riteniamo sia anche un vostro imperativo categorico legato all’identità religiosa della missione terrena che don Cavallè ha scelto di testimoniare.
Chiudendo questa parte della nostra analisi contabile, possiamo affermare che quelle del 2001 furono spese eccezionali per l’appartamento legionario che, intanto, era stato occupato da don Cavallè e per la congregazione dell’internato , cioè per le suore e per i legionari che operavano nell’internato, non certo per l’internato inteso come luogo di residenza dei convittori che all’epoca erano centinaia e centinaia. Non furono un eccezione, dicevamo, dato che nei bilanci preventivi del 2002, 2003 e 2004 le spese vengono confermate e per il 2004 arrivano a toccare il tetto di 131 mila 644 euro.
Tutto normale? Non abbiamo motivo di dubitarne, però per chiudere la bocca a questi giornalisti impiccioni, caro don Cavallè e caro avvocato Marra, tirate fuori le minute dalla tesoriera e vediamo come sono stati spesi questi 131 mila euro. Quando ci saremo accorti che non hanno rappresentato uno spreco e un eccesso, i Carmelitani scalzi li facciamo noi e andiamo in Messico a piedi nudi in pellegrinaggio sulla tomba eroica di Maciel.
L’ASSOCIAZIONE TERTIO MILLENNIO
Qui inizia un’altra parte del racconto che studia e analizza la particolare predilezione che don Miguel Cavallè ha per il mondo dell’associazionismo. E’ un pallino fisso quello che ha in testa. Evidentemente ritiene che le associazioni servano a rendere più agevole il proselitismo a incanalare il numero più alto possibile di pecorelle smarrite sulla retta via. Ma questa retta via, come le pantofole delle Carmelitane scalze, costano una cifra.
Si inizia con la costituzione, con sede nell’appartamento di don Salvatore D’Angelo, della Tertio Millennio. D’altronde, il riferimento alla famosa enciclica di Giovanni Paolo II associava questa intrapresa alla necessità di una nuova evangelizzazione, così come era avvertita e sviluppata all’interno di quel solenne documento papale.
Di solito, però, per evangelizzare occorre spirito missionario e un’adesione rigorosa, integrale, al voto di povertà. Ma ognuno ha i suoi metodi e la Tertio Millennio qualcosa, anzi, più di qualcosa costa.
Bilancio consuntivo 2001. Alla voce “spese e gestione associazione culturale Tertio Millennio” la somma utilizzata è 139 milioni 283 mila 256 lire, che se non sono 70 mila euro poco ci manca.
La Tertio Millennio nasce come centro culturale del Villaggio in cui si svolgono attività variamente connotate soprattutto dalle conferenze intorno alla formazione cattolica con relatori di spicco che, evidentemente, non erano animati da spirito missionario e che, dunque, per venire a parlare di Gesù, dei poveri e dei diseredati che tanto amava, si mettevano un bel gettone in tasca.
Parallelamente all’attività dell’associazione nel Villaggio e attorno al Villaggio si anima anche quello del Regnum Christi, braccio secolare dei Legionari di Cristo, che impegna i laici in una attività di testimonianza degli ideali della congregazione.
Beh, Regnum Christi è qualcosa più esterna che interna al Villaggio. Ma questo non impedisce a don Cavallè di determinare una sorta di crasi, di fusione a freddo della Tertio Millennio con il movimento Regnum Christi. Quindi, un’associazione nata per esercitare un’attività interna, organica e funzionale alla missione statutaria del Villaggio diventa una sorta di cinghia di trasmissione, naturalmente di danaro pubblico, attributo per quella missione statutaria, a favore di un movimento comunque esterno alla fondazione e che come capita con le altre cellule sparse nel mondo di Regnum Christi andrebbe finanziato attraverso le offerto di chi a questo movimento partecipa.
E invece no. In ogni bilancio viene appostata una cifra a favore delle associazioni che sostanzialmente la trasla nelle attività del movimento laico.
Nel previsionale del 2002 sono 39 mila 251 euro che nel 2004 arrivano a 40 mila 837 euro. Insomma, circa 100 mila solo per questi tre anni considerati come esempio.
Mo’, caro don Cavallé, se questi soldi fossero rimasti nell’ambito di un’attività di formazione rigorosamente legata alla vita interna del villaggio, alla costruzione di un carattere, di un fondamento educativo per i giovani, nulla quaestio. Ma anche in questo caso, per carità, siamo aperti ad un confronto. Ci dica nel dettaglio cosa ci ha fatto Regnum Christi con questi soldi.
L’ARREDAMENTO DELL’APPARTAMENTO DI DON CAVALLE’: QUATTRO CAPOLAVORI DEL ‘700 RITROVATI
Qui don Cavallè e il suo amico avvocato Marra potrebbero tentare la carta di fare in modo che, domani mattina, queste tele di cui andremo a parlare non siano più nel posto dove si trovano stasera. Così facendo l’ottimo Marra potrebbe tentare la strada della querela.
Bene, Marra, non son se don Cavallè abbia mai giocato a poker, ma lei forse una partitina l’ha fatta. Venga a vedere queste carte. Vediamo se noi siamo in grado di dimostrare o meno quello che scriveremo.
Nella chiesa del Villaggio dei Ragazzi, S.Maria della Pace, erano conservate in custodia quattro tele di Francesco De Mura, uno dei pittori più importanti del ‘700 napoletano, allievo di Francesco Solimeno.
Il loro valore, espresso per difetto e controllabile in una qualsiasi casa d’asta che ha venduto opere di quest’artista, è di circa 250 mila euro totale. Dunque, circa 60 mila euro a tela.
Le tele erano in custodia in attesa di tornare nella loro dimora originale che era la parrocchia di S.Bendetto nella zona alta di Maddaloni. Quella chiesa fu sottoposta a marcati lavori di restauro. Don Salvatore D’Angelo non solo prese in custodia le tele, ma le fece restaurare. Questo avveniva alla fine degli anni ‘80 ed era anche testimoniato da una citazione che abbiamo tratto dalla pubblicazione “Maddaloni, archeologia, arte e storia” edita il 1989 dal gruppo archeologico Calatino pag 179-186.
La chiesa di S.Bendetto, di cui è parroco da quaranta anni don Stefano Tagliafierro, allievo di don Salvatore D’Angelo e datato consigliere d’amministrazione della fondazione Villaggio dei ragazzi, aveva completato intanto i suoi lavori di restauro, ma mentre questa chiesa diventava agibile, al contrario, diventava inagibile quella del Villaggio dei Ragazzi.
Non sappiamo che fine fecero le tele, ma sappiamo 2 cose fondamentali. La prima ancor più grave della seconda è che le tele non sono mai tornare dove dovevano tornare, e cioè nella chiesa di cui era ed è parroco don Tagliafierro ; la seconda è che oggi, 15 ottobre, quelle tele sono attaccate alle mura dell’appartamento dove risiede padre Miguel Cavallè con i suoi confratelli, il che, reverendissimo padre Miguel, non è bello, perché quelle tele devono tornare nel tempio in cui trovarono dimora dopo che l’artista le ebbe dipinte.
Potremmo scrivere per tutta la notte, ma ci fermiamo qui, per il momento. Vi garantiamo che non siamo ancora entrati seriamente nella parte, a nostro avviso, più discutibile della gestione della fondazione Villaggio dei ragazzi da parte non di don Miguel Cavallè, di cui come persona, sinceramente, non ci interessa un fico secco, ma del presidente, teoricamente pro tempore, visto che si prepara ad un quarto mandato, don Miguel Cavallè. E questa, non è certo una sfumatura.
Ora, avvocato Marra, vedremo nel momento in cui leggeremo quest’articolo davanti a un giudice della Repubblica Italiana se il medesimo darà ragione a me o a lei. Se darà ragione a lei, mi vado a costituire in carcere mezzo minuto dopo quella sentenza e mi dichiaro prigioniero politico.
Gianluigi Guarino
15 ottobre 2013, 20:26