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Maddaloni. Buco da 33 mln di € nelle scuole dei Legionari di Cristo, 5 condanne e 5 assoluzioni per violenze al Villaggio dei Ragazzi. Prescrizione salva 3 imputati

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view post Posted on 4/10/2013, 10:08
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http://www.casertace.net/cronaca/esclusiva...e-20131003.html

ESCLUSIVA MADDALONI Villaggio, don Miguel spende e spande, le prof dell’asilo hanno accettato di diventare bidelle e cameriere. Nuovo economo Francesco Grauso. E c’è un perché?



La vicenda della gestione dell’ormai storica struttura educativa, fondata da don Salvatore D’Angelo, ci appassiona sempre di più e più studiamo i fatti e i documenti e più riteniamo che i cittadini e i contribuenti che finanziano la vita del Villaggio, debbano sapere come sono utilizzati i propri quattrini

MADDALONI – Otto ex maestre su nove dell’asilo del Villaggio dei ragazzi, chiuso per crisi economica da don Cavallè, hanno accettato, pur di lavorare, di passare sotto le forche caudine di una retrocessione sul campo dal rango di docenti di scuola materna a quelli di bidelle e di cameriere.

Quella che era la coordinatrice, cioè la direttrice dell’asilo andrà ad occupare la funzione di bidella in un’altra scuola della storica struttura educativa maddalonese fondata da don Salvatore D’Angelo. Solo una tra le 9 licenziate, e questo la dice lunga sulla crisi che le famiglie di questa terra stanno vivendo, ha rinunciato alla proposta certo non decente di don Miguel.

Un epilogo amaro e, allo stesso tempo, incomprensibile in relazione soprattutto alla politica e alle scelte compiute dal Villaggio negli ultimi anni sulla struttura scolastica di base che ha accolto negli anni migliaia e migliaia di bimbi.

Una gestione dall’andamento a dir poco schizofrenica, visto che solo 3 anni fa don Miguel Cavallè, il barcellonese che lo storico e chiacchieratissimo fondatore dei Legionari di Cristo, padre Maciel, scelse per guidare il VIllaggio, in ossequio ad una opzione non semplice e non sofferta, operata da don Salvatore D’Angelo, aveva compiuto ingenti investimenti proprio per rafforzare e consolidare la scuola materna.

Diversi televisori lcd, ma soprattutto 8 mila euro spesi per il piccolo parco giochi che correda la parte esterna della struttura scolastica.

In questa vicenda, amareggia, soprattutto il fatto che il Villaggio è stato costretto a chiudere una delle sue scuole, per fronteggiare difficoltà economiche che non possono essere imputate solo alla crisi o alla difficoltà con cui pur sono arrivati i finanziamenti regionali, ma che affonda le sue radici in una gestione che, con tutto il rispetto della persona di don Miguel Cavallè, è stata dissennata come dimostreremo con fatti e documenti inconfutabili nei prossimi giorni. Una gestione che continua a svilupparsi sulla base di scelte di sicuro opinabili come quella recentissima, attraverso cui, don Miguel, ha promosso al rango di economo un 27enne, precisamente Francesco Grauso, il quale ha come sua unica benemerenza quella di aver ben sorvegliato le 2 onlus , create da don Cavallè, su cui tanto avremo da scrivere nell’immediato futuro.

Rispetto a quell’incarico delicatissimo, in cui l’elemento della riservatezza ha rappresentato un dato cruciale nell’azione del giovane Grauso, don Miguel ha modulato e determinato la sua opzione per il nuovo economo del Villaggio, un 27enne con una laurea triennale eh è andato a sostituire Gianluca Longo, casertano, assunto al ragno di direttore.

Gianluigi Guarino
 
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view post Posted on 9/10/2013, 06:38
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L’INCHIESTA PRIMA PUNTATA – La biografia non autorizzata di don Miguel Cavallè, dominus del Villaggio dei ragazzi e allievo prediletto di padre Maciel, l’uomo che, accusato di pedofila, Papa Ratzinger ha definito “un falso profeta”

Nella foto Maciel e Cavallè

Alla luce delle prime reazioni scomposte e inortodosse seguite ai nostri primi articoli sulla gestione della gloriosa istituzione fondata da don Salvatore D’Angelo, si rende ancora più urgente un serio, circostanziato, argomentato e documentatissimo percorso di analisi di quello che è stato negli ultimi 12 anni e di quello che è oggi la fondazione cara ai Maddalonesi, ma non solo, e finanziata con sostanziosissime risorse pubbliche

MADDALONI - Sarebbe interessante fare un’intervista a don Miguel Cavallè, presidente del Consiglio di amministrazione della fondazione Villaggio dei ragazzi e successore di don Salvatore D’Angelo, creatore e guida della stessa istituzione per lunghi decenni.

Naturalmente l’intervista, per essere una cosa seria, gliela dovremmo fare noi di Casertace. La prima domanda che porremmo a don Cavallè sarebbe la seguente: lei è ancora convinto di quello che ha dichiarato nel 2003 al vaticanista de L’Espresso Sandro Magister (CLICCA QUI PER LEGGERE)sulla origine maligna, calunniatrice delle accuse rivolte al fondatore del suo ordine, padre Marcial Maciel? E lei, Cavallè, alla luce di quello che Papa Ratzinger ha scritto in un suo libro dello stesso padre Maciel, definendolo un falso profeta, ritiene di dover ancora collegare la sua formazione spirituale, il suo cammino culturale e religioso alla traccia di quest’uomo, che la Congregazione della Dottrina della Fede, guidata fino al 2005 dallo stesso Ratzinger, ha sostanzialmente posto fuori dalla Chiesa avallando di fatto le accuse di dissolutezza e di pedofilia che gli erano state rivolte?

Beh, questo non è un modo per prendere alla lontana l’obbiettivo che ci siamo preposti: far luce sulla gestione da parte di don Miguel Cavallè della fondazione Villaggio dei Ragazzi nei 12 anni della sua presidenza, conquistata quando di anni ne aveva poco più di 30 senza una precisa esperienza e senza il bagaglio di cognizioni accademiche relative alle discipline della gestione o anche della pedagogia, al di là della fugace esperienza messicana quando, poco più che imberbe, aveva diretto una non meglio precisata scuola.

Le due domande che vorremmo porre a don Miguel sono, al contrario, assolutamente pregnanti rispetto alla necessità che avvertiamo attraverso quest’inchiesta giornalistica di mettere a disposizione di tutti i maddalonesi, di tutti coloro che restano devoti alla memoria di don Salvatore, di tutti quelli che hanno legato la loro vita all’esperienza di studio, di formazione, condotta all’interno del Villaggio dei Ragazzi, delle precise informazioni documentate, ma anche un profilo, una biografia non autorizzata, dunque indipendente dal punto di vista materiale e morale di chi ha assunto l’onore e l’onere di una eredità tanto ponderosa.

Ma chi è don Cavallè? Quello che si autocelebra certo non con umiltà francescana attraverso una sorta di autobiografia, questa si autorizzatissima, che mette in cima alla sua pagina di Facebook, o è colui che sta portando al disastro le casse e anche l’onore del Villaggio?

Naturalmente ben sappiamo che si tratta di una materia molto delicata e ben sappiamo anche che, come era largamente prevedibile (ma qui casca malissimo) don Cavallè ha iniziato con le solite storie del Guarino avanzo di galere ecc. che in questa provincia sono utilizzate inutilmente, dato che Guarino c’è stato in galera non certo per pedofilia, ma per l’ancor più spaventoso peccato di omesso controllo su articoli scritti da altri giornalisti e considerati diffamatori.

La vicenda, dunque, merita una scrupolosissima attenzione da tradurre in costante citazione dei documenti e degli atti espressi con la firma di don Miguel con cui il Legionario di Cristo ha connotato gli anni della sua gestione da autentico dominus del Villaggio. Ed è esattamente quello che faremo nelle prossime puntate di questa inchiesta.

Riprendendo il discorso di prima, dopo aver spiegato il motivo per cui lo consideriamo tanto importante, sarebbe, quindi, essenziale capire quello che don Cavallè pensa rispetto alla precisa definitiva condanna, irrogata da Papa Bendetto XVI nei confronti di padre Maciel, di quello che don Miguel considera suo maestro, cioè l’uomo e il sacerdote che, nelle sue autobiografie, dichiara di aver conosciuto quando aveva solo 16 anni e di aver convissuto con lui a Roma per ben 10 anni. Anni in cui “Ho avuto – come ancora annota testualmente nel messaggio in cui comunicò la morte di un già in disgrazia padre Maciel - la fortuna e l’immenso dono di conoscere personalmente Maciel, “nostro padre” come noi lo chiamiamo. Addirittura il signore mi ha concesso di vivere con lui dieci anni nella stessa casa a Roma. Ho potuto esperimentare in prima persona e costantemente la santità di questo uomo straordinario, degnissimo figlio di Dio ed esemplare servitore della Chiesa, alla quale ha ubbidito sempre eroicamente per fede e per amore.”

Se Cavallè ha detto queste cose e pensava queste cose di padre Maciel nel 2009 quando la Congregazione della Dottrina della Fede si era già pronunciata, pienamente avallata da Papa Ratzinge, con il fondatore dei Legionari già spedito a vita privata dal Papa e morto negli Usa a Jacksonville, in Florida, allora vuol dire che don Miguel considera le posizione assunte e le decisioni prese dalla Congregazione in un procedimento intentato quando a presiederla era l’allora cardinale Joseph Ratzinger completamente infondate.

Non occorre certo un esperto di dottrina della fede o un esegeta dell’obbligo di obbedienza che ogni sacerdote ha nei confronti del Santo Padre per affermare che queste dichiarazione che don Miguel ha fatto di fronte a una serie di prove schiaccianti sulla dissolutezza del suo maestro non depongono certo bene sulla sua attitudine a dirigere una struttura che ha come sua missione quella dell’educazione prima di tutto cristiana di migliaia e migliaia di giovani.

Mentre il direttore generale dell’ordine dei Legionari, padre Alvaro Corquera, ha più volte preso le distanze dalla vita e dalle opere di padre Maciel, ponendosi al fianco, con atteggiamento allo stesso tempo misericordioso e votato alla richiesta di perdono, delle vittime del fondatore, non c’è una dichiarazione pubblica, una sola, in cui padre Miguel, limitandosi solamente a sovrapporsi alla linea della sua Congregazione prendale distanze da Maciel, l’uomo che il Papa ha messo all’indice dopo le accuse circostanziate e disarmanti di pedofilia e di decine di altre porcherie che hanno fatto affermare a Papa Ratzinger che ha condotto una vita: “al di là di ciò che è morale: un’esistenza avventurosa, sprecata, distorta”.

Gianluigi Guarino
8 ottobre 2013, 19:52, 779 Visite
 
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view post Posted on 11/10/2013, 15:34
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L’INCHIESTA SECONDA PUNTATA – Villaggio dei Ragazzi, in un video don Salvatore metteva i paletti ai Legionari di Cristo. Ma quando arrivò, don Cavallè scelse subito di dormire nella stanza di Andreotti

La nostra approfondita ricerca anatomica delle storie relative alle azioni e alla gestione della storica struttura maddalonese, incrocia oggi le vicende che condussero, dopo la morte del fondatore, alla presa di possesso da parte di quello che al tempo era solo un diacono catalano. GUARDA IL VIDEO







Nella foto, da sinistra, Marcel Maciel, don Miguel Cavallè, don Salvatore D’Angelo e Giulio Andreotti





MADDALONI – Stia tranquillo l’avvocato Michele Marra, legale che accomuna il patrocinio e la procura assegnategli da Don Miguel Cavallè a quella di un grande amico di don Michele, di un altro Michele che di cognome fa Santonastaso e che una volta faceva l’avvocato, prima di incappare nelle maglie di una storia bruttissima di camorra che lo ha proiettato, negli ultimi anni, al centro delle cronache giornalistiche. Stia tranquillo, perché affrontando questa, che è una delle molte inchieste giornalistiche in cui Casertace si produce incrociando temi di ogni genere, ben ci rendiamo conto dell’oggetto che la riguarda. Materia delicatissima che merita il rispetto dovuto alla storia di un’istituzione tanto importante quanto valorosa nella evoluzione formativa di decine e decine di giovani maddalonesi e casertani e che dunque ha inciso pesantemente sui processi sociali e socio-economici di questa terra.

ORA, PER INTIMIDIRE CASERTACE CI MANCAVA SOLO LA COSTITUZIONE - Tralasciando il velletario riferimento ai principi costituzionali che l’avvocato Marra formula, in contestazione del nostro lavoro, prima di procedere a una bizzarra istanza di mediazione in sede civile, tralasciano, per carità di patria, lo rassicuriamo ulteriormente sulla serietà documentale su cui si fonda la nostra inchiesta, vieppiù obbligata proprio dalla cifra storica, dal prestigio purtroppo in declino del Villaggio dei Ragazzi di Maddaloni. La porta di Casertace è sempre aperta per Don Cavallè e per l’avvocato Marra. In questo cenacolo di autentico liberalismo e libertarismo, tutti possono trovare spazio di pubblicazione, anche, anzi, soprattutto, coloro che attaccano con durezza i nostri articoli e le nostre tesi, che esprimiamo senza alcuna edulcorazione e senza alcuna ipocrisia farisaica. Il confronto è una cosa, l’intimidazione e la minaccia alla libertà di stampa e alla libertà di pensiero, questa sì solennemente sancita dalla Carta Costituzionale, all’art. 21, determinerà , al contrario, in noi, un ulteriore iniezione di motivazioni a indagare, a capire e a trovare altre storie e altri documenti a suffragio e prova di quello che noi vogliamo evidenziare, e cioè il racconto della gestione di una fondazione, finanziata non con i soldi di don Cavallè, ma con i quattrini dei campani e dei casertani che pagano le tasse, dato che l’architrave, il respiro vitale della struttura sono rappresentati proprio dai finanziamenti che la regione Campania e l’amministrazione provinciale di Caserta erogano da decenni.

Chiarito che don Cavallè e l’avvocato Marra qui cascano decisamente male, se ritengono di intimidirci attraverso azioni giudiziarie, con le quali conviviamo da anni, passiamo alla seconda puntata della storia, fermo restando che la prima la potrete rileggere cliccando sul link che pubblichiamo in calce a questo articolo.

IL LETTO DI ANDREOTTI - Partiamo da un dettaglio, da una nota di colore che è tale, però, solo apparentemente: don Miguel Cavallè dorme da anni nel letto di Giulio Andreotti, nella stanza che don Salvatore D’Angelo aveva attrezzato per Giulio Andreotti, quando il Divo si fermava, in qualche occasione, dal suo amico sacerdote, a Maddaloni.

Un dettaglio solo apparente, perché tutti gli atti, le decisioni che don Cavallè ha assunto quale presidente della fondazione, rivelano un’attitudine, molto discutibile a considerare sé stesso dentro a un’esistenza in cui non devono mancare né gli agi e nemmeno qualche lusso. Ma, soprattutto, non deve mancare un’espressione plastica, ben esteriorizzata dell’esercizio del potere. E quale migliore sublimazione di questa terrena e secolare vanità se non quella di prendere possesso del luogo che, più di ogni altro, nel perimetro del villaggio, rappresentava il prestigio, ma anche la forza, la potenza raggiunta da questa istituzione: la camera di Giulio Andreotti.

Da don Salvatore D’Angelo ai legionari, una storia poco NOTA - In pochi, in pochissimi, conoscono il vero corso degli avvenimenti che hanno portato i Legionari di Cristo alla guida e al controllo del Villaggio dei Ragazzi. Non si può negare che don Salvatore D’Angelo fu l’autore della scelta. Ma il sacerdote a cui è legata la memoria e l’afflato di riconoscenza di un intero popolo, non considerò i Legionali una “prima scelta”. Prima di cominciare a discutere con il noto Marcial Maciel, l’uomo che come abbiamo raccontato nel corso dell’intera prima puntata della nostra inchiesta, Papa Ratzinger mise definitivamente all’indice, considerandolo in sostanza, un’indegno, a causa del carico impressionante di accuse di ogni genere gravanti su di lui, a partire da quella di pedofilia, aveva provato a esplorare altre strade: i Salesiani, i carmelitani e Comunione Liberazione. Esistono testimonianze convergenti di diverse persone che negli ultimi anni dello scorso millennio affiancarono don Salvatore, già con qualche acciacco, nella gestione del Villaggio e che non hanno avuto difficoltà a confermare queste circostanze.

IL “TRADIMENTO” DELL’ALLIEVO PREDILETTO - Ma l’intenzione più solida, più determinata, più forte, fu quella legata a una convinzione incrollabile che il sacerdote maddalonese aveva maturato. Don Salvatore riteneva che ci fosse un altro sacerdote, un suo allievo, che lui aveva formato, che aveva fatto studiare all’estero proprio per prepararlo alla sua successione, che avrebbe dovuto assumere il timone della fondazione, in totale e pedissequa continuità con l’opera di don Salvatore. Questo sacerdote si chiamava Don Pietro Farina.

Don Salvatore si sentì tradito quando don Pietro decise di prendere un’altra strada: quella della carriera episcopale. Raccontano alcuni testimoni del tempo, tra quelli che gli stavano accanto in quei giorni, che quando Pietro Farina fu nominato Vescovo della diocesi si Alife, don Salvatore non avrebbe voluto neppure partecipare alla cerimonia di ordinazione, che si svolse al Palamaggiò, e a quella di insediamento nell’antica cittadina nel Sannio matesino. Nei giorni precedenti aveva, addirittura, rilasciato dichiarazioni ai giornali dell’epoca in cui oltre ad esprimere una rituale contentezza per la nomina a vescovo del suo allievo, affermava orgogliosamente, proprio a dimostrazione del suo evidente disappunto, che la carica, la funzione e l’impegno di guida del Villaggio dei Ragazzi erano sicuramente più importanti di quelle che impegnano un Vescovo di una piccola diocesi.

IL RIPIEGO DEI LEGIONARI E LA VIDEOINTERVISTA A TELELUNA- Fu alla fine di questo percorso, denso di delusioni e di disillusioni, che don Salvatore accettò la possibilità che gli era stata prospettata, di affidare il futuro del Villaggio ai Legionari di Cristo.

Ma a dimostrazione del fatto che questa non rappresentasse in animo suo una soluzione di assoluta garanzia, registrò un’intervista dell’allora Teleluna, in cui, non a caso richiamava con forza la necessità di modificare l’allora art. 18 dello Statuto della fondazione, precisando che nel caso in cui i Legionali di Cristo si fossero trovati in difficoltà nel perseguire gli scopi istituzionali, non avrebbero mai potuto affrontare questa difficoltà vendendo il patrimonio del Villaggio dei Ragazzi. Al contrario, avrebbero dovuto fare le valigie e andare via affidando il tutto al sindaco protempore di Maddaloni e al Vescovo protempore di Caserta.

LA MORTE DI DON SALVATORE E LA LETTERA DI MARCIAL MACEL - La morte colse don Salvatore prima di quando lui si aspettasse. Non riuscì, come si dice in questi casi, a “mettere a posto” le carte, di posizionare e consolidare tutte le tessere del mosaico complesso che si sarebbe dovuto completare con il passaggio e la gestione ai Legionali di Cristo, dentro, però, a un reticolato normativo in grado di garantire, con regole stringenti e serie, il patrimonio e l’identità della fondazione e del Villaggio dei Ragazzi.

A dimostrazione di questa che è una verità storica, siamo in grado di citare, ma anche di pubblicare integralmente, qualora dovesse essere necessario, una lettera che quel “brutto ceffo” di padre Maciel scrisse il 7 aprile del 2000, a poco meno di due mesi dalla morte di don Salvatore che avvenne alla fine di maggio. In questa lettera, se da un lato Maciel accettava l’offerta formulatagli di gestire il Villaggio dei Ragazzi, dall’altro segnalava chiaramente che l’operazione avrebbe dovuto realizzare ancora tutte quante le sue procedure formali e giuridiche. “Per definire tutti gli aspetti amministrativi e legali concreti - scriveva testualmente Maciel a don Salvatore - della cessione della fondazione, invierò prossimamente alcuni membri della congregazione affinché sostengano i colloqui necessari, con lei o con le autorità del Villaggio, coi loro rappresentanti.”

Alla prossima puntata
 
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view post Posted on 15/10/2013, 23:29
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AVERSA E AGROCASERTALITORALE DOMIZIOPROVINCIASANTA MARIA CAPUA VETERESANTA MARIA CAPUA VETERIASESSA AURUNCAVERSA E AGRO
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L’INCHIESTA – TERZA PUNTATA. VILLAGGIO DEI RAGAZZI. La storia delle spese milionarie delle suore Carmelitane scalze, di Regnum Christi e di 4 opere d’arte che arredano l’appartamento di don Cavallè


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Nella foto don Cavallè e due delle tele di Francesco De Mura

Leggete questa sezione del nostro lavoro e verificare se c’è una sola affermazione che non sia documentata, con tanto di citazioni documentali

MADDALONI – Questa volta non rispondiamo alla lettera, alla seconda lettera ,scrittaci dall’avvocato Michele Marra, in nome e per conto di don Miguel Cavallè. Nella stessa ha usato una frase gravissima che non potrà non trovare la sua verifica e la sua determinazione come verità effettuale se non in un’aula di tribunale.

L’avvocato Michele Marra ha scritto che il nostro sarebbe un accanimento quasi estorsivo. Beh, avvocato, ci vediamo in tribunale e parleremo della storia delle estorsioni in provincia di Caserta in cui magari lei potrà portare la esperienze cognitive ed accademiche acquisite nei rapporti con il suo maestro di giurisprudenze Michele Santonastaso che, per la professione che ha svolto e che ora da innocente ristretto da anni da un regime di carcerazione preventiva legata ad accuse gravissime, non può esercitare.

Fatta la prima premessa e garantito che il sottoscritto e Michele Marra si incontreranno dove è giusto che si incontrino, andiamo avanti con la nostra inchiesta che non è affatto finalizzata a perseguitare la persona Miguel Cavallè, ma si propone solamente di analizzare le tappe della storia recente di un’istituzione di fondamentale importanza, finanziata lautamente con danaro pubblico e rispetto alla quale noi da un alto e don Cavallè dall’altro dovremmo avere lo stesso interesse di garanzia nei confronti delle ragioni della trasparenza e della legalità non solo denunciata ma praticata fino all’ultimo documento amministrativo redatto.

Casertace è a disposizione di don Cavallè qualora questi volesse scrivere una sua nota o qualora volesse rilasciare un’intervista in cui le domande però le faremmo noi.

Questa la prima premessa, ora passiamo alla seconda.

La seconda puntata si chiudeva con l’illustrazione della situazione della fondazione e del Villaggio alla morte di don Salvatore D’Angelo. Il lascito, fortemente condizionato, come dimostra la video intervista che abbiamo sempre pubblicato nella puntata precedente, del sacerdote più caro alla memoria dei maddalonesi, non era stato formalizzato.

In poche parole non esisteva un atto e non esiste un atto, ad esempio, di tipo testamentario o comunque espressione di un negozio giuridico, di una volontà certa, in cui si dice che don Salvatore D’Angelo lascia la gestione, a determinate condizioni, ai Legionari di Cristo.

Una situazione che doveva essere ben conosciuta dai sacerdoti più vicini all’allora vescovo Nogaro che, non a caso, applicavano immediatamente la lettera dell’articolo 7 dello statuto all’epoca vigente nel quale era scritto che sarebbe stato il consiglio d’amministrazione a eleggere il nuovo presidente della fondazione tra una terna di rappresentanti del clero della Diocesi di Caserta.

La Diocesi si espresse attraverso il suo clero e individuò monsignore Antonio Pasquariello, don Antonio Aragosa e don Michele Tagliafierro quali espressione della triade da cui sarebbe dovuto uscire il nuovo presidente. Questo avveniva il 6 giugno dell’anno 2000, dunque, ad una settimana esatta dalla morte di don Salvatore.

Il 12 giugno il consiglio di amministrazione, presieduto nell’occasione proprio da Giulio Andreotti in persona, quale componente anziano, elesse monsignor Pasquariello alla presidenza.

Badate bene lo elesse presidente a vita dato che sempre in base allo statuto di don Salvatore le presidenze non erano a termine, salvo poi diventare pro tempore per effetto di una modifica che lo stesso cda dovette fare gioco forza per aprire la strada all’avvento dei Legionari di Cristo.

LA SEDIA DI DON SALVATORE E IL CUORE DI MONSIGNOR PASQUARIELLO

Monsignor Pasquariello, dunque, iniziò molte mattinate della sua esistenza di allora sedendo sulla storica poltrona utilizzata da don Salvatore D’Angelo. Ed è proprio su quella poltrona che il suo cuore cominciò a fare le bizze.

Secondo un referto dell’ospedale Civile di Caserta il 13 luglio, alle 19,35, Pasquariello entrava all’utic per una guardatina alle sue coronarie. Rimase per una settimana e durante questo periodo si convinse definitivamente che l’infartino che lo aveva colpito proprio quando era seduto sulla sedia di don Salvatore rappresentava non certo un presagio, dato che stiamo parlando di religiosi, ma di un segnale, di un disegno divino che forse non prevedeva quel tipo di impegno.

Fatto sta che dopo 2 mesi don Pasquariello convoca un consiglio di amministrazione che reca all’ordine del giorno proprio la modifica dello statuto. Evidentemente, durante quell’estate, la Curia casertana spinta, probabilmente, dai dipendenti del Villaggio, i quali vedevano nelle ricchezze e nella forza economica dei Legionari di Cristo , nel successo quasi taumaturgico di cui godevano, una sorta di solidissima polizza in grado di garantire loro uno stipendio e un avvenire sicuri, chiude l’accordo con la congregazione di don Marcial Maciel.

Nell’aprile del 2001 don Miguel viene eletto dal consiglio di amministrazione alla presidenza della fondazione Villaggio dei Ragazzi. Un presidente che, al pari di quello degli Stati Uniti d’America dura in carica 4 anni. Solo che in quel caso si possono fare solo 2 mandati, mentre don Cavallè ha terminato il terzo e, magari, lui ci smentirà e siamo pronti fin da ora a cospargerci la testa di cenere, nulla si sa sulla convocazione del nuovo consiglio di amministrazione del presidente in un presumibile quarto mandato per il pupillo di don Marcial Maciel.

LE PRIME SPESE

Dopo due puntate e mezzo in cui abbiamo esplicitato e declinato quello che è un approccio di tipo storiografico, è il momento di cominciare a esprimere una narrazione attinente alla gestione amministrativa della fondazione.

A differenza di quello di cui farnetica l’avvocato Marra nella sua ultima lettera vergognosamente offensiva noi scriviamo carte alla mano.

Nel pacchetto dei Legionari non arriva solo il nuovo presidente, ma anche un gruppo di personale ausiliario a partire dalle suore prescelte da padre Maciel in persona per gestire l’internato che sarebbe l’area dei convittori, dei ragazzi che usufruivano del collegio, studiando e dormendo all’interno del Villaggio. Si tratta delle “ALLEATE CARMELITANE SCALZE DELLA SANTISSIMA TRINITA’ ”,le quali stanno scalze i primissimi mesi, quelli che vanno dal settembre del 2000 al dicembre dello stesso anno, quando era ancora in atto il passaggio di consegne tra Curia e legionari, e poi le scarpe se le mettono, e che scarpe.

Nel bilancio consuntivo del 2000 si legge: “spese per gestione suore e casa legionaria”, che sarebbe poi l’appartamento di Andreotti, successivamente divenuto l’appartamento di don Cavallè, i primi tre mesi le spese per gestione, 10 mila 964 euro.

Trasferendo la nostra ricerca al conto consuntivo 2001, alla voce “spese per gestione congregazioni religiose” viene segnata una cifra in lire pari a 236 milioni 983 mila 583 vecchie lirette, che equivalgono in linea di massima a 120 mila euro.

Una piccola noticina a margine: come mai il consuntivo del 2000 indica le spese per l’internato in Euro e quello del 2001 in Lire? Come è noto l’Euro entrò in vigore nella primavere del 2002 e scorrendo questi bilanci ci accorgiamo che se quello del 2001 è approvato, tutto sommato, in tempi ortodossi, nel 2002, anche quello del 2000 è approvato due anni dopo. E questo accade perché l’antico Coreco, il 14 marzo 2002, (si chiamava comitato regionale di controllo e aveva funzioni di verifica e ispettiva su tutti gli atti amministrativi degli enti pubblici locali) ricordava a don Cavallè che il consuntivo del 2000, quello del 2001 e il preventivo del 2002 non erano stati ancora approvati e si stava andando evidentemente fuori dai termini.

Esaurita la nota a margine, facciamo due conticini. Se in 3 mesi, gli ultimi 3 mesi del 2000, una decina tra suore e legionari che hanno fatto un voto di povertà, spendono, tutto sommato, morigeratamente poco meno di 11 mila euro, cosa succede nel 2001 per arrivare a 120 mila euro che significano 10 mila euro al mese, quasi il triplo di quello che avevano speso nell’ultimo trimestre del 2000.

No problem, avvocato Marra e don Cavallè, se avete elementi di confutazione su questi documenti che parlano da se, noi siamo qui, ci confrontiamo, dibattiamo, nel supremo interesse della tutela del pubblico danaro che, come scritto prima, è una nostra preoccupazione, ma riteniamo sia anche un vostro imperativo categorico legato all’identità religiosa della missione terrena che don Cavallè ha scelto di testimoniare.

Chiudendo questa parte della nostra analisi contabile, possiamo affermare che quelle del 2001 furono spese eccezionali per l’appartamento legionario che, intanto, era stato occupato da don Cavallè e per la congregazione dell’internato , cioè per le suore e per i legionari che operavano nell’internato, non certo per l’internato inteso come luogo di residenza dei convittori che all’epoca erano centinaia e centinaia. Non furono un eccezione, dicevamo, dato che nei bilanci preventivi del 2002, 2003 e 2004 le spese vengono confermate e per il 2004 arrivano a toccare il tetto di 131 mila 644 euro.

Tutto normale? Non abbiamo motivo di dubitarne, però per chiudere la bocca a questi giornalisti impiccioni, caro don Cavallè e caro avvocato Marra, tirate fuori le minute dalla tesoriera e vediamo come sono stati spesi questi 131 mila euro. Quando ci saremo accorti che non hanno rappresentato uno spreco e un eccesso, i Carmelitani scalzi li facciamo noi e andiamo in Messico a piedi nudi in pellegrinaggio sulla tomba eroica di Maciel.

L’ASSOCIAZIONE TERTIO MILLENNIO

Qui inizia un’altra parte del racconto che studia e analizza la particolare predilezione che don Miguel Cavallè ha per il mondo dell’associazionismo. E’ un pallino fisso quello che ha in testa. Evidentemente ritiene che le associazioni servano a rendere più agevole il proselitismo a incanalare il numero più alto possibile di pecorelle smarrite sulla retta via. Ma questa retta via, come le pantofole delle Carmelitane scalze, costano una cifra.

Si inizia con la costituzione, con sede nell’appartamento di don Salvatore D’Angelo, della Tertio Millennio. D’altronde, il riferimento alla famosa enciclica di Giovanni Paolo II associava questa intrapresa alla necessità di una nuova evangelizzazione, così come era avvertita e sviluppata all’interno di quel solenne documento papale.

Di solito, però, per evangelizzare occorre spirito missionario e un’adesione rigorosa, integrale, al voto di povertà. Ma ognuno ha i suoi metodi e la Tertio Millennio qualcosa, anzi, più di qualcosa costa.

Bilancio consuntivo 2001. Alla voce “spese e gestione associazione culturale Tertio Millennio” la somma utilizzata è 139 milioni 283 mila 256 lire, che se non sono 70 mila euro poco ci manca.

La Tertio Millennio nasce come centro culturale del Villaggio in cui si svolgono attività variamente connotate soprattutto dalle conferenze intorno alla formazione cattolica con relatori di spicco che, evidentemente, non erano animati da spirito missionario e che, dunque, per venire a parlare di Gesù, dei poveri e dei diseredati che tanto amava, si mettevano un bel gettone in tasca.

Parallelamente all’attività dell’associazione nel Villaggio e attorno al Villaggio si anima anche quello del Regnum Christi, braccio secolare dei Legionari di Cristo, che impegna i laici in una attività di testimonianza degli ideali della congregazione.

Beh, Regnum Christi è qualcosa più esterna che interna al Villaggio. Ma questo non impedisce a don Cavallè di determinare una sorta di crasi, di fusione a freddo della Tertio Millennio con il movimento Regnum Christi. Quindi, un’associazione nata per esercitare un’attività interna, organica e funzionale alla missione statutaria del Villaggio diventa una sorta di cinghia di trasmissione, naturalmente di danaro pubblico, attributo per quella missione statutaria, a favore di un movimento comunque esterno alla fondazione e che come capita con le altre cellule sparse nel mondo di Regnum Christi andrebbe finanziato attraverso le offerto di chi a questo movimento partecipa.

E invece no. In ogni bilancio viene appostata una cifra a favore delle associazioni che sostanzialmente la trasla nelle attività del movimento laico.

Nel previsionale del 2002 sono 39 mila 251 euro che nel 2004 arrivano a 40 mila 837 euro. Insomma, circa 100 mila solo per questi tre anni considerati come esempio.

Mo’, caro don Cavallé, se questi soldi fossero rimasti nell’ambito di un’attività di formazione rigorosamente legata alla vita interna del villaggio, alla costruzione di un carattere, di un fondamento educativo per i giovani, nulla quaestio. Ma anche in questo caso, per carità, siamo aperti ad un confronto. Ci dica nel dettaglio cosa ci ha fatto Regnum Christi con questi soldi.

L’ARREDAMENTO DELL’APPARTAMENTO DI DON CAVALLE’: QUATTRO CAPOLAVORI DEL ‘700 RITROVATI

Qui don Cavallè e il suo amico avvocato Marra potrebbero tentare la carta di fare in modo che, domani mattina, queste tele di cui andremo a parlare non siano più nel posto dove si trovano stasera. Così facendo l’ottimo Marra potrebbe tentare la strada della querela.

Bene, Marra, non son se don Cavallè abbia mai giocato a poker, ma lei forse una partitina l’ha fatta. Venga a vedere queste carte. Vediamo se noi siamo in grado di dimostrare o meno quello che scriveremo.

Nella chiesa del Villaggio dei Ragazzi, S.Maria della Pace, erano conservate in custodia quattro tele di Francesco De Mura, uno dei pittori più importanti del ‘700 napoletano, allievo di Francesco Solimeno.

Il loro valore, espresso per difetto e controllabile in una qualsiasi casa d’asta che ha venduto opere di quest’artista, è di circa 250 mila euro totale. Dunque, circa 60 mila euro a tela.

Le tele erano in custodia in attesa di tornare nella loro dimora originale che era la parrocchia di S.Bendetto nella zona alta di Maddaloni. Quella chiesa fu sottoposta a marcati lavori di restauro. Don Salvatore D’Angelo non solo prese in custodia le tele, ma le fece restaurare. Questo avveniva alla fine degli anni ‘80 ed era anche testimoniato da una citazione che abbiamo tratto dalla pubblicazione “Maddaloni, archeologia, arte e storia” edita il 1989 dal gruppo archeologico Calatino pag 179-186.

La chiesa di S.Bendetto, di cui è parroco da quaranta anni don Stefano Tagliafierro, allievo di don Salvatore D’Angelo e datato consigliere d’amministrazione della fondazione Villaggio dei ragazzi, aveva completato intanto i suoi lavori di restauro, ma mentre questa chiesa diventava agibile, al contrario, diventava inagibile quella del Villaggio dei Ragazzi.

Non sappiamo che fine fecero le tele, ma sappiamo 2 cose fondamentali. La prima ancor più grave della seconda è che le tele non sono mai tornare dove dovevano tornare, e cioè nella chiesa di cui era ed è parroco don Tagliafierro ; la seconda è che oggi, 15 ottobre, quelle tele sono attaccate alle mura dell’appartamento dove risiede padre Miguel Cavallè con i suoi confratelli, il che, reverendissimo padre Miguel, non è bello, perché quelle tele devono tornare nel tempio in cui trovarono dimora dopo che l’artista le ebbe dipinte.

Potremmo scrivere per tutta la notte, ma ci fermiamo qui, per il momento. Vi garantiamo che non siamo ancora entrati seriamente nella parte, a nostro avviso, più discutibile della gestione della fondazione Villaggio dei ragazzi da parte non di don Miguel Cavallè, di cui come persona, sinceramente, non ci interessa un fico secco, ma del presidente, teoricamente pro tempore, visto che si prepara ad un quarto mandato, don Miguel Cavallè. E questa, non è certo una sfumatura.

Ora, avvocato Marra, vedremo nel momento in cui leggeremo quest’articolo davanti a un giudice della Repubblica Italiana se il medesimo darà ragione a me o a lei. Se darà ragione a lei, mi vado a costituire in carcere mezzo minuto dopo quella sentenza e mi dichiaro prigioniero politico.

Gianluigi Guarino

15 ottobre 2013, 20:26
 
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MADDALONI – Concorsi a cattedra truccati, indagato Legionario di Cristo, membro del Cda del VILLAGGIO DEI RAGAZZI

Nelle foto, da sinistra, Padre Paolo Scarafoni e il Villaggio dei Ragazzi
Si tratta di padre Paolo Scarafoni ex rettore dell’Università Europea di Roma. La decisione assunta dalla Procura di Bari a margine di un’inchiesta della Guardia di Finanza
MADDALONI - La Procura di Bari ha iscritto nel registro degli indagati, a margine di un’inchiesta su presunti concorsi universitari pilotati per l’assegnazione delle cattedre l’ex rettore dell’Università Europea di Roma (la scuola accademica dei Legionari di Cristo), meglio conosciuto a Maddaloni come Consigliere d’Amministrazione della Fondazione Villaggio Dei Ragazzi, padre Paolo Scarafoni.
Scriviamo ex rettore dell’Università Europea, in quanto padre Scarafoni ha lasciato pochi giorni fa l’incarico da rettore. Questo mentre è in corso proprio un’inchiesta della Guardia di Finanza del capoluogo pugliese che avvalendosi di intercettazioni telefoniche, intende verificare come mai il concorso sarebbe stato avviato, ma mai terminato.

La procedura concorsuale in questione è quella pertinente la copertura di un posto da ordinario di diritto pubblico comparato, bandito nel 2008.
red.cro.
17 ottobre 2013, 17:10
 
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L’INCHIESTA – QUARTA PUNTATA. VILLAGGIO DEI RAGAZZI. Una cascata di quattrini (pubblici) buttati letteralmente via per oratori e convegni di Regnum Christi. La gestione fallimentare della Fondazione



Nelle foto a destra, il palazzo lasciato da Don Giovanni Vigliotti al comune di San Felice e da questo dato in gestione alla fondazione Villaggio Dei Ragazzi che lo ha utilizzato per realizzare il suo ennesimo flop. A destra padre Miguel Cavallé



Oggi, sempre attendendo una replica sui contenuti di quello che stiamo scrivendo in questo serissimo lavoro giornalistico ci occupiamo di un mega happening svoltosi al Big Maxi Cinema di Marcianise di un appartamento affittato nella zona di via Settembrini, nel Capoluogo, di un’autorimessa e dell’immobile che il sacerdote di San Felice, don Giovanni Vigliotti aveva donato al comune per finalità assistenziali.

MADDALONI – Nella terza puntata della nostra inchiesta che si preannuncia piuttosto lunga sulla conduzione della fondazione Villaggio dei Ragazzi, ente ricettore di ingenti finanziamenti pubblici, ci siamo a lungo soffermati sull’esperienza delle Suore Carmelitane Scalze, religiose, selezionate dai Legionari di Cristo per gestire, in regime di sobrietà e di frugalità, l’internato, cioè il collegio dei convittori. D’altronde, essendo scalze, le Carmelitane hanno fatto un voto di assoluta povertà, in cui avrebbe dovuto tradursi tutta la loro opera riguardante la conduzione della struttura che era stata loro affidata. E invece, le Carmelitane quando arrivarono nel 2000 erano scalze, nel momento in cui se ne andarono 3 o 4 anni dopo, ci volle un Tir per trasportare tutto quello che dal Villaggio portarono via.

Nel periodo in cui operarono, tra le loro necessità e quelle dei Legionari, diciamo che un 350mila, 400mila euro furono spesi nel bilancio della Fondazione. Ripetiamo non per la gestione materiale del Convitto, che era coperta da un’altra voce del Bilancio, ma solo per il mantenimento delle suore, a quel punto evidentemente non più scalze e dei Legionari, i quali, almeno loro, con i quattrini avevano una certa dimistichezza, dato che quel furbacchione del fondatore Marcial Maciel, in pratica sotterrato negli Inferi da Benedetto XVI aveva costituito questo ordine, con l’obiettivo di dialogare sulla fede con le cosiddette elites.

Sulla carta, le elites variamente connotate, elites culturali, scentifiche, in realtà con le sole elites del quattrino, cioè quelle economiche.



REGNUM CHRISTI: ECCO COME VOLARONO VIA PIU’ DI

100mila euro DELLA FONDAZIONE VILLAGGIO DEI RAGAZZI - Don Miguel Cavallé aveva importato nel Villaggio dei Ragazzi un modello educativo, socio pedagogico che era quello, per stessa ammissione di don Miguel, inventato da padre Maciel. D’altronde nel resto del Mondo aveva funzionato dato che i Legionari di Cristo erano un ordine accreditatissimo e, tutto sommato seppur con qualche ammaccatura lo sono rimasti anche quando la vita e le opere di Padre Maciel sono risultate essere una colossale finzione messa in scena da un inguaribile peccatore, rotto ad ogni vizio e, perchè no anche ad ogni turpitudine.

Ma don Miguel è un tipo estroso. Ci ha voluto mettere anche del suo. Ad un certo punto ha ricordato che esisteva un altro modulo educativo e formativo che, a suo avviso poteva essere associabile a quello dei Legionari. E siccome il Villaggio dei Ragazzi non poteva essere ridotto ad una conventicola di Vip e di elites danarose, che da queste parti non ci sono e se ci sono tendono a nascondersi, in considerazione del nero che più nero non si può, della nostra economia, dicevamo, don Miguel una notte sognò il Piemonte e San Giovanni Bosco, il quale nel Villaggio era anche molto quotato visto che, a suo tempo don Salvatore D’Angelo lo aveva innalzato al rango di patrono della istituzione educativa.

Don Miguel, insomma, si appuntò idealmente un fregio salesiano e cominciò a fondare oratori.

Il primo prese vita all’interno del Villaggio. Un’operazione apripista per esportare il marchio anche all’esterno.

Attenzione, non il marchio della fondazione Villaggio dei Ragazzi, ma dell’associazione Regnum Christi, che, come pure abbiamo raccontato nella terza puntata della nostra inchiesta, rappresenta il braccio secolare dei Legionari di Cristo, formato com’è da laici, che però, a Maddaloni e a Caserta non portavano i quattrini, bensì li prendevano. Giusto per fare un esempio, un mega incontro nazionale di questa associazione fu intitolata “Incontro di gioventù e famiglia missionaria”. Fu lautamente finanziato da soldi della Fondazione, tra i quali ad occhio e croce c’era e ci sono anche i finanziamenti pubblici che gli enti territoriali, Regione e Provincia erogano pescando questi soldini dalle casse rimpinguate dalle tasse pagate dai cittadini campani e casertani.

Quell’incontro che durò 2 giorni, 29 e 30 aprile 2007, e che si svolse tra il Villaggio e il Big Maxi Cinema di Marcianise, costò almeno 100.000 euro e forse la cifra è anche espressa per difetto.

L’happening fu un mezzo flop, mentre i 100mila e passa euro fecero bye bye.



LE SEDI DI CASERTA E DI MARCIANISE – Evviva l’oratorio, dunque. Don Cavallé ne progettò uno per Caserta e un altro per Marcianise, in aggiunta a quello già citato ed operante a Maddaloni. A Caserta si guardava quantomeno alla middle class. Don Miguel affittò un appartamento al primo piano nella zona di via Settembrini. Per due anni di seguito la Fondazione corrispose un canone d’affitto mensile con ovvio acquisto di arredi e vari giochi, dal calciobalilla alla play station, dal Xbox a diversi televisori a colori. Nell’appartamento fu anche definito uno spazio che fungeva da cappellina.

In quella struttura ci hanno messo piede al massimo qualche decina di ragazzi. Fu un fiasco totale, al punto che dopo circa 24 mesi l’appartamento fu lasciato, dopo che, naturalmente il Villaggio ci aveva buttato via diverse decine di migliaia di euro, in quanto all’interno erano stati realizzati anche dei lavori.

Stessa sorte, in linea di massima, per lo pseudo oratorio di Marcianise, dove Don Miguel Cavallé locò, naturalmente non a spese sue, un’autorimessa che fu adattata e arredata di tutto punto. Pure in questo caso durò due anni circa, un po’ di voci strane, più di qualche problemino, con conseguente ritirata strategica.

Ovviamente, il fatto che la fondazione avesse perso un’altra barca di quattrini rappresentava per don Miguel un dettaglio insignificante.



LA COMUNITA’ ALLOGGIO PER RAGAZZE DI SAN FELICE A CANCELLO - Nei primi anni del decennio scorso, quando padre Miguel si era insediato da poco, al Villaggio dei Ragazzi gli era stata offerta, dal vescovo di Acerra, la Casa del Fanciullo di Arienzo. Si trattava di un’antica struttura assistenziale, tutto sommato simile al Villaggio dei Ragazzi, alloggiata in un prestigioso palazzo del 700 in cui, per 7 anni visse Sant’Alfonso Maria De’ Liguori, vescovo di S’Agata dei Goti, il quale trascorreva ad Arienzo, parte integrante di quella diocesi, lunghi periodi per ritemprare le sue forze, già minate dall’artrite deformante che lo avrebbe poi condotto alla tomba.



A DON CAVALLE’ NON PIACQUE – E non si è capito mai perchè, in considerazione del fatto che si trattava di una sede di indubbio prestigio e già avviata. Al presidente della fondazione piacque, al contrario, una dozzinale palazzina, situata al centro di San Felice a Cancello e che un sacerdote defunto aveva donato al comune vincolandola ad un uso per fini assistenziali.

Padre Miguel e il sindaco di allora e di oggi, Pasquale De Lucia si intesero al volo. Naturalmente la fondazione assunse la gestione della casa, la ristrutturò, ovviamente attingendo altre decine di migliaia di euro dalle casse già sofferenti del Villaggio e inaugurando la Comunità Alloggio Santa Bernadette. Una sorta di convitto femminile che doveva diventare speculare al convitto maschile interno al Villaggio.

Grande dispiego di “femmine pittate” durante l’inaugurazione della struttura, manco a dirlo nel bel mezzo della campagna elettorale per le elezioni comunali di San Felice, che avrebbero confermato, a furor di popolo Pasquale De Lucia.

Per l’inaugurazione fu scelta la data del 10 marzo 2007, il giorno del compleanno di padre Maciel, per il quale don Miguel Cavallé nutriva ancora una grande ammirazione e desiderio di emulazione, nonostante il fatto che l’anno prima la Congregazione per la Dottrina della Fede, concludendo un’istruttoria fatta partire dal cardinale Joseph Ratzinger aveva condannato senza appello il fondatore dei Legionari di Cristo, invitandolo a togliersi dalla scena e a dedicarsi completamente ad una vita di penitenza e di preghiera.

Stesso copione, stesso epilogo: l’iniziativa si rilevò un flop. Finita l’inaugurazione, mangiati i pasticcini, andati via tutti gli ospiti, furono immediatamente rimossi tutti quei mobili, quegli arredi e quegli oggetti che erano stati portati in questa sede e che potevano essere soggetti a tentativi di furto. E ciò già dimostrava quanta fiducia don Cavallé nutrisse in merito alla prospettiva di effettivo sviluppo della struttura. Ovviamente, un annetto scarso e la casa chiuse, dopo che era stata frequentata, e non scherziamo da una sola bambina.

La casa è ancora in possesso del Villaggio, ma è completamente abbandonata, con buona pace della volontà del sacerdote san feliciano don Giovanni Vigliotti che l’aveva donata al Comune perchè rifiorisse come struttura a disposizione dei poveri, dei disagiati e dei meno abbienti.



IL CARDINALE VELASIO DE PAOLIS - Tra le decine e decine di migliaia di lettori di Casertace e di questa avvincente inchiesta, annoveriamo, orgogliosamente (capito, avvocato Marra, le sue lettere usciranno domenica con adeguata replica) anche il cardinale Velasio De Paolis, delegato del Papa per la riforma dei Legionari di Cristo, i quali, visto quel popo’ di roba che ha combinato padre Maciel, vanno controllati, controllati a vista e controllati bene, come stanno facendo, ad esempio la Guardia di Finanza e la Procura di Bari, che ieri, giovedì, hanno iscritto nel registro degli indagati, Don Paolo Scarafoni, Legionario di Cristo, consigliere d’amministrazione della fondazione Villaggio dei Ragazzi e rettore, fino ad un paio di settimane fa, dell’Università Europea di Roma, Ateneo privato fondato dagli stessi Legionari.

Il cardinale De Paolis ci legge con attenzione. Probabilmente alcune cose che scriviamo non le condivide. Ma non si sogna nemmeno lontanamente di scriverci lettere intimidatorie come quelle ispirate da don Miguel Cavallé. Per ricompensarlo di questa sua attenzione, che ci onora, forniremo al prelato di tutta la raccolta della nostra inchiesta nel momento in cui la concluderemo. Ma il Cardinale dovrà attendere ancora molto, dato che qui la vicenda e l’intrigo sono lunghi e complicati. Diciamo che, forse, con un’altra decina di puntate, ne verremo fuori.

Gianluigi Guarino


18 ottobre 2013, 19:18
 
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L’INCHIESTA – QUINTA PUNTATA. LA MANO AMICA. VILLAGGIO DEI RAGAZZI. Una fondazione alla… Matrisciano. Il giochino del 5×1000 e le associazioni onlus di don Cavallè

Nella foto Matrisciano, Cavallè e Santonastaso

Il nostro viaggio all’interno della prestigiosa istituzione maddalonese interseca, oggi, temi molto interessanti e intriganti. L’avvento del commercialista casertano, l’assunzione di alcuni suoi familiari e il meccanismo della associazioni che diventa un sistema che comprende anche significativi contributi che a questi arrivano dalla casse del Villaggio

MADDALONI – “Vince in bono malum” è il motto attraverso cui i Legionari di Cristo esortano i loro studenti universitari a utilizzare lo strumento del bene per battere il male. Esattamente quello che vogliamo anche noi di Caserta. Dunque, continuiamo a non capire, con molta onestà, per quale motivo padre Miguel Cavallè invece di rispondere a nostre domande precise, continua a trincerarsi in temerarie iniziative di diffida rispetto a un’inchiesta giornalistica, sicuramente opinabile, ma che certamente non può essere tacciata di temerarietà, dato che è fondata sul riscontro costante e continuo, che accompagna ogni nostra affermazione, di una documentazione precisa e stringente.

Però, dato che ognuno è libero di fare ciò che vuole padre Miguel potrà anche tranquillamente presentare querele o citazioni e risarcimenti danni.

Potremmo fare anche un patto: oltre a difendersi, Casertace ha intenzione a sua volta di denunciare e di citare in giudizio. I milioni di euro di risarcimento danni che dovessero essere assegnati a padre Miguel o a Casertace li potremmo concordemente devolvere alle vittime della pedofilia, per dare anche un segnale forte rispetto a una vicenda, quella del fondatore dei Legionari, padre Maciel, che certo non ha messo in buona luce quest’ordine del clero ricco e plutocratico al punto che, a quanto pare, la platea dei sacerdoti che vi appartenevano si è ridotta di un terzo e altri stanno per andare via nei prossimi mesi.

Esaurita la premessa, questa volta più breve, veniamo ai contenuti importanti di questa nostra quinta puntata dell’inchiesta.

Nel racconto delle vicende relative alla breve storia del rapporto tra i Legionari di Cristo e la fondazione Villaggio dei ragazzi, abbiamo colto, come abbiamo scritto anche nelle precedenti puntate, un filo conduttore nella particolare predilezione che padre Miguel Cavallè ha nei confronti dello strumento dell’associazione. Non a caso diciamo strumento dell’associazione e non diciamo dell’associazionismo che è una mentalità, un valore collegato a una volontà missionaria di aggregazione.

L’associazione è il soggetto giuridico e non sempre i risultati che produce sono collegabili alla filosofia dell’associazionismo.

Nella terza puntata introducemmo il discorso parlando della Tertio millennio, un centro culturale, complicatamente collegato, da un lato alla fondazione, dall’altro lato al Regnum Christi che, come abbiamo potuto constatare e fotografare in una nostra recente visita, naturalmente in incognito, all’interno dell’Università Europea di Roma dei Legionari di Cristo, non solo è il loro braccio secolare, ma gestisce molta parte delle attività didattiche, come dimostra il fatto che sui fogli contenenti i nomi di coloro che devono sostenere un esame o un master campeggia proprio il logo di Regnum Christi. Ma queste fotografie non ve le faremo vedere oggi, ma in seguito.

L’UOMO DELLE ONLUS – Non è di Tertio millennio che vogliamo occuparci oggi, eventualmente lo faremo se e quando sarà necessario. Vogliamo soffermarci, invece, su una serie di elaborazioni, per carità, tutte rigorosamente no profit, uscite dal fertile ingegno di don Cavallè, il quale, però, non ci ha lavorato da solo, ma ha trovato la collaborazione di un gagliardo commercialista, Pietro Matrisciano, appartenente a quello che Casertace definisce da anni, e non certo con spirito lusinghiero, “il generone casertano”.

Matrisciano, infatti, lavora a stretto contatto di gomito con un altro commercialista che si chiama Massimo Iaselli che a Caserta è un nome che conta e significa. Iaselli, tra le altre cose, redige dietro giusta remunerazione, i bilanci della fondazione .

Insieme a Matrisciano, il presidente barcellonese della fondazione ha costituito, almeno per quelle che ricordiamo noi, 4 onlus: “Sognare ad occhi aperti”, “Sports leaders”, “Vida”, “Vis foundation”.

Il commercialista assume l’importante carica di amministratore del Villaggio dei ragazzi nell’anno 2008. Va ad assumere un posto di rilievo dentro un ambiente che non gli è estraneo, dato che, a diverso titolo, lo frequentava da subito dopo la morte di don Salvatore cavalcando il vettore della Curia casertana.

Siccome si tratta di un vero e proprio Victor Ukmar in salsa casertana, si fa liquidare una bella parcella di 80 mila euro. Arricchisce il gruppo dei consulenti del Villaggio presentando a don Cavallè il noto penalista Michele Santonastaso, oggi in carcere con l’accusa, non ancora riscontrata da una condanna processuale, di essere sostanzialmente un camorrista.

Matrisciano è uno che crede nel gruppo e anche nel metodo dello spoil system, solo che lo applica e l’adatta allo stile nostrano. Sono una trentina e forse di più le persone che entrano a lavorare nel Villaggio dei Ragazzi in base ad una sua legittima segnalazione.

TENGO FAMIGLIA – Nella genia dei Matrisciano non esiste un solo talento, ma diversi. Ad esempio, la sorella del commercialista che per breve tempo ha insegnato nel liceo scientifico del Villaggio. Poi ci sono anche gli estrosi. Il marito della Matrisciano è un professore tanto valente da ottenere un incarico di docenza nel liceo musicale. Però, non esistono solo i Matrisciano anche se la purezza della razza determina una chiara prevalenza delle ragioni dei principali esponenti della famiglia. Ma, giustamente, se un affine, un acquisito come il marito della sorella è diventato prof, non si capisce perché non possa riceve una sistemazione anche il cugino della moglie: Gianluca Longo ha dimostrato di avere un talento indipendente rispetto a quello dei toccatidallagrazia di chiamarsi Matrisciano. Entra nel Villaggio poco dopo la morte di don Salvatore, quando a comandare era la Curia casertana, don Pasquariello e affini.

Entra da semplice impiegato, ma quando il cugino acquisito diventa amministratore la sua è una scalata irresistibile. Prima economo e ultimamente direttore generale, come abbiamo scritto anche in una precedente puntata.

LA MANO AMICA – All’interno della fondazione, intorno al 2005 viene avvertita la difficoltà sempre crescente di attingere a pubbliche risorse e a trasferimenti finanziari di origine istituzionale. Occorre, dunque, rivolgersi al buon cuore di benemeriti che, attraverso le loro donazioni, possano compensare i minori incassi legati ai finanziamenti. Viene fondata per la bisogna l’associazione “Mano amica per il Villaggio”.

Alt: non stiamo in veste arborian-goliardica, ma stiamo scrivendo di cose serie. Quindi niente allusioni e niente accostamenti pecorecci tratti dall’opera di Pietro l’aretino.

Mano amica ha anche i requisiti per accedere al 5×1000. Dunque, in apparenza si configura come uno strumento anche di buona flessibilità, utile comunque allo scopo di far lievitare l’entrate del Villaggio. Ma nonostante questo non decolla mai.

Matrisciano tra le sue tante qualità (è anche presidente dell’antica banca Capasso di Piedimonte) ha anche quella del biologo sperimentale. Mano amica, infatti, subisce una trasformazione genetica, cambiando i suoi connotati in “Sognare ad occhi aperti” che non per fare gli arboriani a tutti i costi, i cultori dell’antico avanspettacolo del salone Margherita, sembra fatto apposta. “Mano amica”, “Sognare ad occhi aperti”, come si suol dire va da se.

Tornando seri il foundraising a favore del Villaggio va a farsi benedire. E d’altronde quest’articolato metodo di finanziamento attraverso il 5X1000 viene cancellato come si può facilmente evincere dal sito internet della fondazione che prevede oggi come forme di contributo finanziario, cose un po’ complesse come l’assegno bancario, bonifico e donazione liberale in denaro

SOGNARE AD OCCHI APERTI, ALTRO CHE SOGNI, QUI I QUATTRINI SONO TANTI E SONO VERI – L’associazione (ed è questo l’elemento, a nostro avviso più serio della vicenda) introita e tiene per se, non passandolo al Villaggio, il 5×1000, a differenza di quello che succedeva con Mano amica.

Sognare ad occhi aperti, a cui il genio del commercialista Matrisciano fornisce vigoroso smalto, e di cui diventa, particolare tutt’altro che irrilevante, presidente, con padre Miguel vice presidente, socio Michele Santonastaso, esisteva già di fatto e, con spirito volontaristico e autenticamente associazionistico (ecco ritornare la distinzione operata nel nostro incipit) conduceva attività interessanti come “Angelo per un giorno” che consisteva in una sorta di adozione di un ragazzo disagiato, molto giovane, da parte di uno studente, di uno più grande che passava l’intera giornata con lui, tra cinema, attività ludiche, pizzerie ecc.

Ron, al secolo Rosalino Cellamare, nel rigore della sua fede, confermava l’evidenza dell’esistenza degli angeli custodi, sancendo in un verso di una sua famosa canzone, “tutti quanti abbiamo un angelo”. Tutti quanti quelli normali, padre Miguel ha un rapporto con il trascendente molto più speciale.

A lui non basta un angelo normale, o al limite in saldo, come quello nero della famosa canzone di Fausto Leali che animò una splendida scenetta tra Gianni Agus e Ugo Tognazzi. Per don Miguel occorre un mega angelo, grande, una super kermesse in cui la ragione e la necessità spirituale di una sobria e riservata manifestazione di carità, come era quella rappresentata dal ragazzino indigente adottato da uno più grande diventa quasi uno show. Addirittura un’edizione del “Mega angelo” si tiene con intervento dell’esercito e di autorità variamente imbellettate, nei giardini della Reggia.

Chi paga? In verità diversi sponsor risposero positivamente all’appello. Nelle diverse occasioni in cui si svolge questa manifestazione, spesso, a carico del Villaggio ci sono comunque significativi costi. Giusto per citarne uno: quello relativo agli alimenti per un esercito di mille persone.

IL GIALLO DELLA LUDOTECA – “Sognare ad occhi aperti” aveva curato, con le solite strombazzanti inaugurazioni, l’allestimento, di fronte alla sala per l’allattamento, tutt’altro che minimalista, di una ludoteca all’interno dell’ospedale civile di Maddaloni, dove all’epoca lavorava un altro autorevolissimo esponente della famiglia Matrisciano: il fratello del commercialista di professione primario oculista.

Si trattava di un finanziamento pubblico relativo ad un progetto che l’associazione “Sognare ad occhi aperti” aveva presentato. Un anno, massimo un anno e mezzo e della ludoteca rimane solo la targa commemorativa dell’inaugurazione. Scompare tutto: televisori al plasma, giochi vari, playstation. E con la ludoteca comincia a smaterializzarsi e a perdere appeal negli estri sempre tesi al cambiamento, alla rielaborazione di don Cavallè anche l’associazione.

Sono altre le passioni dell’allievo di padre Maciel. Ora, il suo orizzonte varca e si distanzia sensibilmente da Maddaloni. Don Cavallè guarda ai bambini poveri dell’India, che sarà anche una potenza economica in ascesa, ma vive ancora stridenti contraddizioni al punto che di bimbi che vivono in condizioni di indigenza ce ne sono decine di milioni.

Questa fase e questa nuova attitudine del ministero sacerdotale di don Cavallè si coglie anche dal contenuto dei suoi discorsi dei quali vanno scomparendo le citazioni del suo maestro Maciel e aumentano quelle della suora albanese premio Nobel, proprio per l’attività svolta in India, la beata madre Teresa di Calcutta che, naturalmente, don Miguel, che è uno importante e un uomo di mondo, di quello spirituale e di quello secolare, dichiara di aver conosciuto in vita.

Per questa grande missione occorre una grande associazione: nasce Vida. Ma di questo vi parleremo nella sesta puntata in cui segnaleremo anche un’altra grande passione del presidente della fondazione: i social network.

Gianluigi Guarino

22 ottobre 2013, 19:45;

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L’INCHIESTA. SESTA PUNTATA. VILLAGGIO DEI RAGAZZI. – Quanti soldi assorbono le associazioni di don Cavallè? Storia di viaggi, cene, concertini e webmaster da importazione

Nella foto Cavallè, Matrisciano e Marra

SESTA PUNTATA. Vida e Vis: altre due gemme, apparentemente extra Villaggio, sbocciate grazie all’innesto e all’infaticabile attività del presidente della fondazione e del suo fedele collaboratore Pietro Matrisciano. GIOVEDI’ SETTIMA PUNTATA

MADDALONI - Nella sesta puntata della nostra lunga inchiesta relativa, lo vogliamo precisare ancora una volta, non a don Miguel Cavallè, ma ai metodi di gestione della fondazione Villaggio dei ragazzi adottati dal presidente pro tempore don Miguel Cavallè, continueremo a trattare il tema interessantissimo delle associazioni.

Questo, nell’ottico di voler comprendere una serie di situazioni che hanno anche a che fare con l’utilizzo di ingenti trasferimenti di risorse pubbliche, ultimo della serie il milione di euro incassato dalla Regione Campania e, dunque, da tutti noi che paghiamo l’irap (perché noi l’irap la paghiamo) e l’accisa aggiuntiva sulla benzina.

Fatta la premessa veniamo subito al sodo. Nella quinta puntata ci siamo soffermati a lungo su questa autentica passione del presidente don Cavallè per le associazioni no profit. L’ultima analisi l’abbiamo dedicata a “Sognare ad occhi aperti” e da questa ripartiamo dato che l’associazione è la genitrice di fatto di un’altra perla della catena di solidarietà costruita dal presidente . Stiamo parlando dell’associazione Vida onlus.

Le prime attività di Vida sono state finanziate proprio da Sognare ad occhi aperti, presidente Pietro Matrisciano e vicepresidente, il presidente Cavallè, socio l’avvocato Michele Santonastaso, oggi al carcere preventivo e sotto processo con l’accusa di camorra.

SINGAPORE, UN PRESIDENTE GLOB TROTTER - Così cantavano, negli anni ’70 i Nuovi angeli: Singapore, vado a Singapore, benedette care signore. Il presidente don Cavallè sgambettava ancora in un asilo della sua Barcellona, ma evidentemente questo motivetto deve averlo conosciuto nella sua ricca formazione culturale impartitagli dal suo maestro padre Maciel e gli è rimasto l’amore per l’antica colonia britannica, visitata con entusiasmo in quest’ultima estate subito dopo una corposa e, a suo dire, proficua missione nella terra del Mahatma Gandhi

Vida ha come sua finalità, piuttosto impegnativa e ambiziosa, la realizzazione di missioni umanitarie in India. Presidente dell’associazione è lo stesso padre Miguel, socio Pietro Matrisciano.

Ora, se è vero che padre Miguel è un sacerdote relativamente giovane, si può anche pensare che questa miriade di associazioni messe in piedi e di cui si occupa direttamente possano sottrargli tempo a quella che è la sua funzione fondamentale di presidente del Villaggio dei ragazzi. Infatti, nelle ultime estati il presidente a Maddaloni, nei mesi di luglio ed agosto, quando ci sono anche importanti necessità di programmazione, non si è quasi mai visto, dato che si trovava in India per mettere in piedi queste missioni umanitarie, oppure nei campi estivi organizzati da Regnum Christi, il braccio secolare dei Legionari di Cristo.

Ma se un’associazione no profit, ambiziosa, come Vida, che padre Miguel aspira addirittura a far diventare prima una ong riconosciuta dal ministero degli esteri per poi farle spiccare il volo verso il palazzo di vetro dell’Onu, deve funzionare sul serio occorrono quattrini, finanziamenti, donazioni.

CENE E CONCERTI. DUE SEMPLICI DOMANDINE AL PRESIDENTE CHE PERO’ NON CI RISPONDE – Avremmo preferito che a scriverci, rispondendo alle molte domande che gli abbiamo posto, fosse don Miguel Cavallè e non l’esimio avvocato Michele Marra che continua ad inondarci di mail.

Michele Marra, legittimamente, fa il tifo per don Miguel, ma non si concentra molto sugli atti del presidente don Miguel. Forse perché è coinvolto anche lui emotivamente nelle azioni dei Legionari di Cristo attraverso il nobile sostegno fornito alle sorti di un’altra associazione, “Bambini di Manina”, con cui ha contribuito ad organizzare una cena insieme a Vida.

Badate bene, non Manila, la capitale delle Filippine, ma Manina che in lingua malgascia, cioè in lingua del Madagascar, significa “nostalgia di una persona lontana”, forse quella giusta e ugualmente nobile che l’esimio avvocato Michele Marra avverte nei confronti del suo amico avvocato Michele Santonastaso.

E a proposito di cene, una molto importante fu organizzata nell’istituto alberghiero del Villaggio dei ragazzi, precisamente il 12 dicembre del 2011.

Dunque, il Villaggio con le sue strutture organizza cene il cui ricavato finisce a Vida che è un’associazione giuridicamente indipendente dal Villaggio con un suo statuto e con un organigramma, manco a dirlo riempito dalle stesse persone che ricoprono le cariche più importanti della fondazione Villaggio, e cioè don Cavallè, Pietro Matrisciano e il consigliere Antonio Rosario Cerimoniale , responsabile del settore assistenza dell’istituzione fondata da don Salvatore D’Angelo.

Ma non solo con le cene del Villaggio viene finanziata l’attività di Vida. Sempre attraverso l’organizzazione della struttura maddalonese sono state messe in piedi tre edizione del cosiddetto Village Festival.

Il primo si svolse nel maggio 2010. Vida non esisteva ancora, ma i soldi raccolti erano già finalizzati per le missioni umanitarie dell’India. A quella edizione di Village Festival parteciparono molti dei protagonisti della nota trasmissione di Amici, tra cui Pasquale Maione.

Nella seconda edizione della Kermesse svoltasi il 15 giugno del 2011 (noi scriviamo con carte alla mano e non raccontiamo fandonie, capito avvocato Marra) si esibisce Sal Da Vinci.

Nella terza edizione tenutasi poco più di un anno dopo, precisamente l’8 luglio del 2012, a cantare è Gigi Finizio. Il prezzo del biglietto è di 10 euro e sono circa mille quelli che lo pagono per assistere ai concerti per un incasso che si aggira intorno ai 10 mila euro.

Ora, siccome regoliamo le nostre affermazione in base ai documenti che abbiamo diciamo che su questa cosa, proprio per garantire un’eventuale diritto di replica del presidente don Miguel, affermazione non ne facciamo, ma per dindirindina, qualche domanda la possiamo pur porre, dato che il Villaggio esiste grazie ai soldi dei contribuenti : le spese per queste edizioni del Village Festive chi le ha sostenute? C’era un palco, c’erano le sedie, c’era l’assicurazione, la Siae da pagare. Non sappiamo se i cantanti si siano esibiti gratuitamente, anche se ne dubitiamo. Basta rispondere. Formulare un’affermazione precisa a questa nostra domanda, possibilmente circostanziandola e documentandola con lo stesso sforzo garantista che stiamo svolgendo noi di Casertace per essere i più equilibrati possibili. Pubblicheremo a carattere cubitali, ma ovviamente all’interno di eque virgolette, l’eventuale risposta di cui ci vorrà, bontà sua, gratificare il presidente Cavallè.

Giusto per completare questa parte della narrazione, citiamo le due edizioni di Natale al Villaggio, svoltesi la prima, l’8 dicembre del 2010, giorno in cui è stata fondata l’associazione Vida, la seconda, che a quanto pare fu un’edizione non riuscita, , nonostante la presenza dell’archeomelodica, Angela Luce, nel dicembre dell’anno successivo.

In quell’occasione Angelo Luce fu portata a cena in un noto ristorante di Maddaloni, alla presenza di molti invitati, e con un conto pagato da qualcuno di cui vorremo conoscere sommessamente ed educatamente le generalità.

VIS, OVVERO SPERIAMO CHE IL MODELLO DI QUESTO VILLAGGIO NON SIA ESPORTABILE – Ma il presidente della fondazione don Miguel è un vero moto perpetuo. Non si accontenta della ciclopica missione che si è assegnato con Vida e fonda un’altra associazione, anzi una vera e propria fondazione che chiama Vis, indicando, evidentemente, il significato della parola latina , vis, forza.

Da un punto di vista strettamente giuridico, come si può verificare tranquillamente dal sito ufficiale, si tratta di una fondazione privata di padre Miguel. Che poi questa fondazione abbia creato una relazione con il Villaggio è un fatto che attiene, come sempre, al problema della sussistenza, della sopravvivenza e della necessità di risorse di cui la fondazione ha bisogno per seguire il suo obbiettivo che è quello di esportare, così è scritto nel sito già citato, “ la decennale esperienza solidale della fondazione del Villaggio dei ragazzi di Maddaloni, creando una rete mondiale di centri di accoglienza e di fondazione al servizio dei bambini” .

Hai detto niente!!! Questa è una cosa ancora più grossa di Vida. Di questa nuova fondazione don Miguel è presidente come è presidente di Vida e come è vicepresidente di Sognare ad occhi aperti. I Legionari di Cristo potrebbero anche a porsi il problema della iperattività del loro confratello, dato che una regola benedettina, ma anche Francescana, mutuata non da un fesso, ma dal fondatore della filosofia Scolastica, Tommaso d’Aquino, successivamente santo, sostiene che è meglio fare una cosa bene che tante raffazzonate. E come si sa san Tommaso d’Aquino è uno caposaldo degli studi imposti ai legionari di Cristo.

All’inaugurazione di Vis, avvenuta il giorno 2 novembre del 2011, alla presenza del cardinale Crescenzio Sepe, dell’allora vescovo Pietro Farina, il quale, insieme all’arcivescovo di Napoli, inaugura e, naturalmente benedice le nuove camerate dei convittori che, giusto per dire, quel giorno non erano finite, dato che se da un lato c’erano gli arredamenti che fanno look nelle inaugurazioni, mancavano ancora i bagni che di solito, a differenza delle camerate, non vengono benedette.

I giri del globo di don Cavallè si moltiplicano. Della seria: tutta vida, speriamo non mo… vida. Poi ci simette anche Vis che, va detto, trova dei finanziatori anche nel messico, patria di Maciel, maestro del presidente.

Brasile, Tanzania, Costarica, naturalmente Messico: don Miguel, accompagnato spesso dall’immancabile Matrisciano, scende da un aereo e sale su un altro, quasi senza soluzioni di continuità. Anche in questo caso, domanda innocente: i viaggi istituzionale citati che non abbiamo difficoltà a conoscere come tali, da chi sono stati pagati? Non sono domande tendenziose o speciose come sostiene l’esimio avvocato Michele Marra. E mo’ vi spieghiamo anche il perché.

IL TESORIERE - Questa rete di associazioni, Vida, Vis, Sognare ad occhi aperti, e ce ne sono anche altre, che formalmente e giuridicamente non hanno nulla a che vedere con la fondazione Villaggio dei Ragazzi annoverano un unico tesoriere. E fin qui ancora niente di strano, dato che noi siamo ipergarantisti. E diciamo allora, che tutte queste creazioni di don Miguel Cavallè , che nulla centrano con la fondazione retta dal “presidente, pro tempore, don Miguel Cavallè” , si avvalgono di un uomo di fiducia che dà una mano alla gestione economica.

Però, don Miugel, se questa persona è colui che svolge l’attività di tesoriere del Villaggio dei ragazzi, mi spiega perché il suo avvocato continua a sostenere che quest’inchiesta è tendezionsa, è faziosa, è apodittica, è persecutoria, è diffamatoria, è calunniosa? Questo è giornalismo. Rispondete alle domande che una testata formula e avrete un’ampia diffusione. Ma le domande le facciamo noi e noi non siamo un giornale di veline scritte da ammaestratori per ammaestrati.

Pensate che sia finita? No. Oltre alla questione del tesoriere c’è anche quella di un neo assunto nel Villaggio dei Ragazzi. Si tratta del dottor, di laurea breve, Francesco Grauso che svolge l’importante funzione, certo non da impiegato d’ordine o di concetto, di economo.

Il dottor Grauso ha svolto la funzione, ben retribuite, di coordinatore delle associazioni Vida e Vis, con le quali, probabilmente, ancora oggi collabora. Per carità, niente di peccaminoso fino a prova contraria, ma ci potrà pur sorgere qualche dubbio sul modo con cui vengono utilizzate le risorse pubbliche (ha capito bene presidente, pubbliche) della fondazione del Villaggio dei ragazzi?

L’IMPEGNO NEL SOCIALE. SI, NEI SOCIAL NETWORK. IL WEBMASTER SPAGNOLO – Il presidente don Miguel Cavallè fa parte della categoria ampiamente partecipata di coloro ai quali l’avvento dei cosiddetti social network ha cambiato vita e abitudini. La profusione di post pubblicati sulla pagina personale di Facebook, su quella di Twitter, sul blog che reca il suo nome, per non parlare del canale Youtube per i video, rasenta l’incontinenza. E’ molto più facile incontrare don Cavallè su internete che incontrarlo di persona. E’ forse questa la strada che Casertace utilizzerà per ottenere le risposte di merito sulle questioni da noi documentate che don Cavallè continua a non darci.

Tra le altre cose, quest’altra attività , spesso extra Villaggio che si aggiunge a tutte le altre di cui abbiamo parlato è gestita da un webmaster spagnolo. Lavora contemporaneamente al sito del Villaggio, di Regnum Christi nostrano, delle associazioni Vida, Vis e compagnia bella, e anche al blog personale di padre Miguel.

Ultimissima domanda. Quanto guadagna il webmaster spagnolo, chi gli ha pagato i tre viaggi che ha fatto arrivando dalla Spagna? Chi gli corrisponde i legittimi emolumenti? Non si tratta di domande retoriche. Noi la risposta, effettivamente, non l’abbiamo in tasca, ma riteniamo di avere il dritto, frutto della serietà giornalistica di quest’inchiesta, di riceverla da chi all’intero degli organismi della fondazione del Villaggio dei ragazzi gestisce le ingenti risorse pubbliche che servono a farlo vivere e a farlo camminare .

Gianluigi Guarino

29 ottobre 2013, 20:27;
 
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L’INCHIESTA SETTIMA PUNTATA – Quando don Cavallé scrisse una lettera di supplica a Gianni Letta perchè Caldoro scucisse i soldi. TUTTI I DEBITI DEL VILLAGGIO



Nelle foto, Pietro Matrisciano e Don Cavallé





E’ un documento veramente esclusivo quello che pubblichiamo all’interno di questo importante capitolo in cui elenchiamo cifre e i nomi dei creditori più importanti, riservandoci di completare il lungo elenco in un libro che abbiamo intenzione di pubblicare per fine anno

MADDALONI – Siamo stati fin troppo cortesi e disponibili con il presidente della fondazione Villaggio dei Ragazzi Don Miguel Cavallè. Gli abbiamo chiesto ripetutamente di rispondere alle nostre domande, di spiegare, di dar conto. Lui ci ha ripagati con il silenzio e con delle lettere dal tono minaccioso e inaccettabile firmate dall’avvocato Michele Marra.

La porta di Casertace per don Miguel è sempre aperta, ma adesso non glielo chiederemo più.

Stavolta, dunque, niente appelli ulteriori e una premessa, che diventa brevissima e ci incanala immediatamente nella settima puntata della nostra inchiesta, che si occuperà di un tema parimenti importante rispetto a quelli che hanno dato contenuto ai precedenti capitoli di questa vicenda complicata e, per molti versi, inquietante. Scriveremo dei debiti ormai spaventosi della fondazione.

I giornali, a partire da “Il Mattino”, nell’estate scorsa hanno parlato addirittura di 12 milioni di euro. Un buco spaventoso, tenendo conto che il rapporto tra patrimonio e debiti è pari ad un allarmante 1,5, frutto del quoziente che salta fuori dal confronto tra i 18 milioni di euro circa rappresentativi del patrimonio della fondazione, e i 12 milioni, o forse più, rappresentativi dei debiti.

Il che, in termini reali e concreti, relativizzando il tutto alla crisi economica spaventosa che stiamo vivendo, significa garanzie sicuramente inferiori al valore stimato delle proprietà della fondazione e dunque, usiamo di nuovo questo termine, imqietantemente vicino a quello delle esposizioni debitorie. E questo, anche per un masticatore profano di strategia aziendale significa ridotta possibilità di accesso al credito bancario.



UN’ESCALATION IMPROVVISA - Nella richiesta che il presidente Cavallè formula alla Regione Campania per ottenere un finanziamento di poco meno di 5 milioni di euro, precisamente 4 milioni 995 mila 450 euro e un centesimo (Burc n°29 del 18 maggio 2009 parte prima), viene dichiarato testualmente “saldo deficit periodo 2000-2007 è di 816 mila 996 euro e 17 centesimi” . Quest’ultimo è un numero che porta male. Ma naturalmente don Miguel che è un sacerdote integerrimo e incrollabile nella sua fede, a queste stupide superstizioni non crede, dunque, a suo avviso non è stata colpa dei 17 centesimi dichiarati a Bassolino, l’autentico tracollo che si è verificato negli anni successivi al 2007.

Nel rendiconto presentato pochi mesi dopo la lettera spedita a “don Antonio”, nella sezione delle passività, viene indicato in 4 milioni 504 mila 949 euro il debito al 31/12/2009. Un miglioramento rispetto al 2008 di circa 715 mila euro, dato che i debiti al 31/12 dell’anno in questione ammontavano a 5 milioni 219 mila 695 euro.

In poche parole tra il 2007 e il 2008 il debito cresce di circa 4 milioni e mezzo di euro.

Sarà pur un fatto normale, ma qualcuno ce lo dovrà pur spiegare e dimostrare, ma soprattutto dovrà spiegare e dimostrare ai contribuenti campani i motivi di questa lievitazione esponenziale dei debiti.



LA LETTERA A GIANNI LETTA - E qui il nostro scoop ce lo dobbiamo gustare fino in fondo, perché il documento di cui siamo in possesso è di quelli gustosissimi.

Il 23 settembre dell’anno 2011 don Miguel scrive una lettera a Gianni Letta, o meglio il presidente della fondazione Villaggio dei Ragazzi spedisce una lettera al sottosegretario alla presidenza del consiglio.

Scrive testualmente don Cavallè: ” Egregio dottor Letta, mi rivolgo a lei, con il cuore profondamente turbato, dopo giorni di riflessione, perché sono arrivato alla conclusione che così avrebbe fatto il nostro comune amico, l’indimenticabile don Salvatore D’Angelo. La questione è questa: da mesi la fondazione Villaggio dei Ragazzi di Maddaloni si trova in una situazione finanziaria molto precaria fino al punto che questo mese non potrò pagare gli stipendi ai più di 300 impiegati. Ormai le banche non possono darmi più crediti e sono indebitato enormemente anche con Equitalia e coi fornitori. Il motivo di questa situazione è che la regione Campania ancora non liquida il pagamento ultimo del 2010 e del 2011 non mi ha dato niente….Una cosa così non era mai accaduto con il governo regionale del centro-sinistra. Purtroppo, paradossalmente, da quando al governo regionale c’è il centro-destra la situazione è disastrosa perché non ci pagano come dovrebbero. La supplico, caro dottor Letta, che mi aiuti, se può, parlando con l’onorevole Caldoro affinché risolva con estrema urgenza, questa situazione. Grazie infinite! Con affetto e le mie preghiere, padre Miguel Cavallè, LC”.

La lettera sortì l’effetto sperato, dato che Gianni Letta la inoltrò immediatamente al governatore Caldoro, il quale, da grande incassatore qual è, prima, impassibilmente, allargò i cordoni della borsa liquidando il contributo del 2010, salvo però legarsela pesantemente al dito, al punto che, da quel momento in poi, il rapporto tra lui, don Cavallè, e il Villaggio dei Ragazzi, divenne a dir poco gelido.

Ma in questa lettera ci sono anche un paio di spunti interessanti: uno è senz’altro rappresentato da un dato che don Miguel stesso ci fornisce. La Regione Campania non era in arretrato profondo. Nel 2011 don Cavallè chiedeva la liquidazione dell’ultimo contributo del 2010 e di quelli riguardanti l’anno allora in corso. Orbene, nella ricerca, obbligatoriamente empirica, che dobbiamo realizzare per capire i motivi di questo disastro finanziario, non possiamo inserire la ragione di mancati trasferimenti da parte della Regione Campania, dato che, almeno fino al 2011 questi sono stati regolarmente erogati e sono puntualmente registrati in quei bilanci che si chiudono con passivi da record.



ECCO QUANTO “SCUCIONO” REGIONE E PROVINCIA - Tra le altre cose, leggendo con attenzione alcuni bilanci della fondazione, ci accorgiamo che tra le attività vengono annoverati anche i contributi non ancora incassati, con la definizione di “attivo circolante“, che si può paragonare ai cosiddetti residui attivi presenti nelle contabilità complesse degli enti territoriali locali. Solo che nel caso dei residui attivi, l’esigibilità è, almeno per buona parte, incerta, mentre nell’attivo circolante l’esigibilità è in pratica sicura.

Chiarito, quindi, che i debiti accumulati sono legati a motivi diversi dalla dinamica dei trasferimenti da parte degli antichi contributori, vanno precisati anche gli importi, che annualmente Regione, Provincia, Comuni ed altri enti pubblici erogano a favore della fondazione.

Giusto per ricordare questa sciocchezzuola: si tratta di soldi pubblici che vengono tirati dalle tasche dei contribuenti.

Nel 2008 la Regione Campania ha trasferito la cifra di 4 milioni 537mila 302 euro, che nel 2009 sono diventati 5 milioni 20mila 450 euro; l’amministrazione provinciale di Caserta ha erogato, nel 2008, 1 milione 701mila 244 euro, mentre nel 2009, dallo stesso ente, sono arrivati 1 milione 717mila 346 euro; dai Comuni di Maddaloni e Viciniori, nel 2008, sono arrivati 255mila 146 euro, nel 2009 solo 34mila 200. Poi ci sono i contributi di altri enti pubblici: nel 2008, 213 mila 361 euro, che nel 2009 sono diventati 78mila 316 euro.

Complessivamente, nelle casse della fondazione nell’anno 2008 sono arrivati 6 milioni 707mila 53 euro, mentre nel 2009 sono entrati 6 milioni 850mila 312 euro, che, per noi nostalgici della lira, sono pur sempre 13 miliardi e mezzo all’anno, in pratica mezzo miliardo in più di quanto, con un’ardita fideiussione, il Napoli pagò Diego Maradona.

Questo solo, per ciò che riguarda i contributi pubblici, dato che un altro paio di milioncini all’anno arrivavano dalle rette scolastiche, dalle donazioni liberali e dai fitti attivi. Ora, si potrebbe anche obiettare che la crisi economica ha ridotto, negli anni successivi al 2009 l’importo delle erogazioni, ma con tutti quei scienziati che sono al timone della fondazione, si trattava di una evoluzione prevedibilissima, tanto è vero che gli scienziati in questione si sono riempiti la bocca di fundraising , salvo poi far sfociare tutto questo in spese discutibili a favore della rete di associazioni costruite da Don Cavallé (Vedi puntate precedenti). Con 9 milioni di euro circa all’anno di entrate, la fondazione ha accumulato un debito che, fonte “Il Mattino”, sarebbe arrivato a circa 12 milioni nell’anno in corso.

Come è successo tutto questo? Beh, se date un’occhiata alle puntate precedenti, un’idea ve la fate.

UN ESERCITO DI CREDITORI – Ma chi sono quelli che devono avere soldi dalla fondazione? Chi sono i creditori che, dopo un tempo di attesa, legato al rispetto per l’istituzione Villaggio sono stati costretti a ricorrere allo strumento spiacevole dell’atto ingiuntivo che sono piovuti a decine e decine, per la maggior parte validati e ammessi dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

L’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero, presidente don Antonio Aragosa, in due lettere del 10 gennaio 2010 e del 6 marzo 2013, ricorda a don Cavallè di alcuni sospesi, di alcuni canoni di locazione relativi all’utilizzo dei locali dell’ex “re burlone”, oggi trasformato in scuola. La fondazione li ha fittati dall’istituto a partire dall’aprile 2011, quando la situazione finanziaria era già tutt’altro che florida. Ad oggi il canone mensile che la fondazione deve corrispondere all’ente di assistenza diocesana è di circa 15mila euro al mese.

Don Aragosa, nella seconda citata lettera ricorda che a marzo 2013 il debito per canoni non pagati è di 250mila 280,76 euro.

Ci si poteva aspettare per una normale ragione legata ad una gestione da buon padre di famiglia che, rimasta lettera morta quella del 2012, rimasta lettera morta la seconda del 2013, l’Istituto per il Sostentamento del Clero si muovesse di conseguenza nel rispetto dei suoi obblighi statutari. Ma chi avrebbe dovuto muovere rilievi e appunti a don Aragosa per il suo approccio soft? Indovinate un po’ chi è il presidente dei revisori dei conti dell’Idsc di Caserta? Il commercialista Pietro Matrisciano, amministratore con delega agli affari esterni della fondazione.

La Teknoimpianti si è occupata dei lavori di ristrutturazione all’ex “Re burlone” e alle camerate del Villaggio, associando a queste opere già realizzate l’attività di manutenzione: da una semplice lampadina ad una riparazione muraria in tutti gli immobili della fondazione. Teknoimpianti vanta un credito di oltre 300mila euro e il titolare Lorenzo Verdicchio, dopo esser stato costretto a chiudere la cooperativa che si occupava delle pulizie che operava all’interno del Villaggio (ora sostituito dalle povere maestre dell’ex asilo chiuso), sta compiendo autentici salti mortali per far sopravvivere la sua azienda.

Esiste a Maddaloni una cartolibreria, molto nota in città, che si chiama Cordioli. Ha fornito per anni, già dai tempi di don Salvatore D’Angelo, libri e volumi al Villaggio dei Ragazzi. Nel 2012, la fondazione e la cartolibreria hanno firmato un atto di transazione in modo da compensare il credito vantato dai titolari della cartolibreria, pari a 167mila 200 euro. A quanto ci risulta, se si eccettuano poche rate, il debito resta lì e sta anche producendo significativi interessi.

I debiti nei confronti di Equitalia, a cui Cavallè fa riferimento nella già menzionata e testualmente citata lettera a Gianni Letta ammontano a svariate centinaia di migliaia di euro.

Ne citiamo uno, giusto per fare un esempio: 237mila 849,35 euro per il mancato pagamento dei contributi Inps.

E qui ci fermiamo, rimandandovi ad una probabile pubblicazione, che onestamente cominciamo a prefigurare. Dato che dal Villaggio minacciano o presentano querele, sapete che facciamo? A Natale, massimo a gennaio, questa inchiesta rappresenterà il corpo principale di un libro che abbiamo intenzione di vendere, così incassiamo i soldi e possiamo pagare i risarcimenti. E nel pubblicheremo tutto il lunghissimo elenco dei creditori.

Sempre a condizione che, come abbiamo scritto in una precedente puntata, questi soldi finiscano in un fondo a favore delle vittime della pedofilia.



Gianluigi Guarino
 
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L’INCHIESTA OTTAVA PUNTATA – Non solo Asl, anche al Villaggio dei ragazzi Polverino & C piazzavano uomini e donne

Nella foto in alto, da sinistra, Cerreto, De Lucia e Petrone. In basso Matrisciano, Cavallè e Polverino


Nella puntata di oggi, dopo una premessa straordinaria, ispirataci dalle ultime vicende giudiziarie e al clamoroso arresto del consigliere regionale, ci soffermiamo sul rapporto tra il comune di Maddaloni e la fondazione raccontandovi un episodio incredibile: per anni il Villaggio si è allacciato abusivamente e senza nessun titolo contrattuale all’illuminazione pubblica comunale per un importo superiore di gran lunga al milione di euro


MADDALONI - Il percorso stabilito sulla nostra inchiesta del Villaggio dei ragazzi deve subire una doverosa, seppur leggera, modifica, perché dopo l’esplosione dello scandalo Asl, è giusto non mortificare certe evocazioni che, in un altro momento, possono rappresentare per un giornalista elementi secondari, accessori, a causa dei quali, gioco forza, si finisce per sacrificare alle priorità della narrazione cronistica.

Se l’Asl è un ente pubblico, gemmato dalla Regione Campania, la fondazione Villaggio dei ragazzi, al di là della sua identità religiosa, proprio in quanto fondazione, risponde significativamente alle norme del diritto civile nazionale, ma, soprattutto, nel caso specifico del Villaggio dei Ragazzi, deve accettare con serenità anche il controllo dell’opinione pubblica che corrisponde a quello dei cittadini contribuenti, i quali sostengono, corrispondendo salatissime imposte e salatissime tasse, i trasferimenti corposi che per anni sono arrivati da via S.Lucia e non solo.

Ecco il motivo per cui sin dai tempi di don Salvatore D’Angelo la politica ha svolto un ruolo importante, ha inciso significativamente sulle scelte e sulle strategie di questa istituzione. Però, mentre ai tempi di don Salvatore il prestigio, il carisma, l’influenza, il peso specifico del fondatore aveva creato un rapporto, tutto sommato, equilibrato tra la fondazione, la politica e le spinte clientelari che da questa arrivavano. Ai nostri tempi anche questo rapporto si è sbilanciato, ma soprattutto si è banalizzato, imbarbarito.

I politici casertani sono passati per il Villaggio dei Ragazzi soprattutto prima delle elezioni regionali del 2010. Sono passati e hanno anche raccolto. Una disponibilità, forse eccessiva, troppo facile e disarmata. Nel perimetro degli uffici del Villaggio in piazza Matteotti, si ricorda ancora la vicenda del preside del liceo musicale, Papa, spiegheremmo meglio se scrivessimo Papa senior, dato che Papa junior è l’ex magistrato della Procura di Napoli divenuto, poi, deputato del Pdl, prima di finire in carcere per una vicenda notissima alle cronache.

Ebbene, quando Papa Junior era recluso a Poggioreale, era il settembre 2011, a Papa senior fu fatta con ben poca eleganza la festa al Villaggio, nel senso che fu invitato a un incontro con la dirigenza, con padre Miguel Cavallè in prima linea, Matrisciano e compagnia cantata e, ritenendo che si trattasse di una normale fase di programmazione dell’anno scolastico che di lì a poco sarebbe cominciato, il 7oenne docente napoletano si accomodò con leggerezza a quel tavolo, non sospettando neppure lontanamente che stava, al contrario, accomodando la sua testa sul patibolo.

Per non farvela lunga, la decisione era stata già presa 2 o 3 mesi prima e al povero preside fu comunicata a brucia pelo. Quasi ci rimaneva secco. Al suo posto fu nominato l’ingegnere Claudio Petrone, esponente del Pdl di Maddaloni. Un ingegnere alla testa di un liceo musicale che, per l’occasione, viene accorpato al liceo scientifico. 35, 36 anni, forse il preside più giovane d’Italia. Quando tanti fattori anomali si mettono insieme intorno a una nomina, di solito, credeteci, che un po’ di esperienza e un po’ di capelli bianchi, su queste cose, li abbiamo fatti, c’è lo zampino di Angelo Polverino.

Petrone è, infatti, notoriamente, esponente della corrente di Polverino. La segnalazione arriva proprio da lui che, in cambio, avrebbe garantito un interessamento corposo per le sorti del Villaggio nell’ambito delle decisive procedure di finanziamento in mano alla Regione.

Naturalmente, come spesso è capitato con le cose di Polverino, quest’interessamento se c’è stato si è schiantato contro gli scogli della dura interposizione del governatore Caldoro, il quale, per i motivi già raccontati nella precedente puntata, con don Cavallè, dopo la lettera che questo ha scritto a Gianni Letta, non vuole avere più a che fare.

Matrisciano e company sii sono accorti solo successivamente di aver puntato su un cavallo sbagliato e di essersi presi degli impegni importanti, troppo importanti rispetto a una resa quasi pari a zero. Sempre nello stesso liceo scientifico, neo unificato al musicale, entra la leggiadra figura di Maria Abbate, anche essa, a quanto si sa, molto, ma molto considerata da Polverino.

Ma anche Massimo Grimaldi, altro consigliere regionale, si è visto, in qualche occasione, sempre a cavallo delle elezioni regionali del 2010, dalle parti del Villaggio. Anche lui viene accolto bene, dato che l’equazione Grimaldi uguale Caldoro, è accattivante. Alla fine, però, non è che il politico di Carinola ne ricavi qualcosa di grosso. Pare, solo poche ore di lezione, a una persona, per giunta, non abilitata.

Badate bene, che i professori non abilitati che insegnano nelle scuole del Villaggio, utilizzando, in verità in maniera estrema e molto estensiva, l’autonomia degli istituti parificati, sono presenti in forze.

I REGALI DI NATALE - Prima che i debiti della fondazione, come abbiamo scritto con chirurgica precisione nella settima puntata della nostra inchiesta, debordassero e indicassero incrementi esponenziali da un anno all’altro, i politici, a partire da quelli della Regione, ma anche quelli dell’amministrazione provinciale, alcuni nazionali, fino ad arrivare ai dirigenti degli uffici preposti alle relazioni istituzionali tra enti e fondazione, venivano gratificati di regali non certo peregrini.

Oddio, non a tutti veniva riservato lo stesso trattamento. E la cosa non era nemmeno gestita in maniera discreta, dato che dalle parti dell’economato si parlava esplicitamente di regali di seria A, di serie B e pare anche di serie C. Tonnellate di argenti confluivano verso le stanze, sulla carta chiuse, inespugnabili, ma in realtà ampiamente espugnate (come dimostreremo nella decima ed ultima puntata di questa inchiesta) della clausura dei Legionari di Cristo.

C’era un fiduciario di don Cavallè, il solerte signor Del Prete, un nome, una garanzia, che, diligentemente, all’interno della clausura, smistava i regali, naturalmente previa classificazione di quelli da spedire ai vip, ai vippini, ai galoppini e, infine, a qualche schiavo o servo della gleba affrancato, che i romani chiamavano liberti.

Giusto per fare un esempio tra i tanti possibli, a una persona di riguardo come Sandra Lonardo Mastella, la quale, fino al 2010, è stata anche presidente del Consiglio regionale, arrivava nel suo ufficio in Regione un centrotavola in argento cesellato di un chiletto buono . Mentre a un semplice dirigente di distretto Asl, o a uno del banco alimentare, spedivano un gingillino di pochi grammi.

IL RAPPORTO CON IL COMUNE DI MADDALONI- Rientriamo nel percorso già programmato della nostra inchiesta dopo questo piccolo debordaggio che, comunque, non è avulso da quello che andremo a dire, dato che sempre di rapporti tra fondazione e politica parliamo.

Galeotto fu il contratto tra il comune e la fondazione Villaggio dei ragazzi, datato anno 2004. Già da tempo alcune scuole comunali, una primaria e una scuola media, “abitavano” in locali di proprietà del Villaggio all’interno del perimetro che raccoglieva le altre sue strutture. Però, ai tempi di don Salvatore e anche nei primi anni del presidente Cavallè, la cosa è andata via liscia, al punto che non siamo riusciti neppure noi a stabilire se esisteva o meno un contratto.

Nel 2004,invece, possiamo dire, senza tema di smentita, che il contratto si fa. 200 mila euro all’anno: tanto avrebbe dovuto pagare il comune a titolo di canone di locazione. In realtà, nelle casse del Villaggio è arrivata solo una piccola parte di questi canoni. Ad oggi, il debito che il comune ha nei confronti della fondazione ammonta a oltre 1 milione di euro.

QUESTA E’ ROBA DA CORTE DEI CONTI - Ma non è che gli uffici comunali abbiano trascurato la questione sulla quale ha inciso anche il tracollo delle casse pubbliche che ha, poi condotto al dissesto. Una cosa, infatti, l’hanno dovuta sempre pagare: la corrente elettrica, poiché, se non l’avessero fatto, gli scolari e gli studenti delle due scuole pubbliche, in fitto in immobili del Villaggio, avrebbero dovuto chiudere bottega. Ed è in questa circostanza che i funzionari comunali si accorgono che il consumo di energia elettrica del plesso pubblico “Villaggio dei ragazzi” è pari a più del doppio di quanto viene consumato nel plesso più grande che esiste in città.

Il mistero è subito sciolto: da anni il Villaggio si attaccava sulla linea pubblica del comune. Ora, su questa cosa, non c’è molto da scherzare, dato che, nella routine giornaliera, quotidiana dei giornali, compaiono centinaia di veline di carabinieri e di polizia che raccontano di arresti effettuati proprio per allacci abusivi alla rete elettrica pubblica.

Se il comune di Maddaloni si è prima accorto e poi ha proceduto a staccare l’energia, non prima, però, che il Villaggio si dotasse, finalmente, di un impianto fotovoltaico, in verità molto costoso, vuol dire che non esisteva, che non è mai esistito un titolo contrattuale che permetteva alla fondazione di utilizzare l’energia elettrica pubblica. Ci hanno impiegato 2 anni al comune dal momento in cui la magagna è stata scoperta .

Il 13 ottobre del 2011, infatti, con nota n° 28699 “si sollecita il distacco dell’utenza Enel n° 889 131535.” A questo sollecito, ne segue un secondo datato 20 febbraio 2012, protocollo n° 560, proveniente dell’area tecnica del comune, nella persona dell’architetto Vincenza Pellegrino. “Si avverte – così scrive testualmente la Pellegrino – che in caso di inerzia, in mancanza di riscontri entro 7 giorni dalla data di ricevimento della presente, si procederà d’ufficio con azione di rivalsa in danno delle spese sostenute”.

Sappiamo che nel primo sollecito non c’era un out out, ma abbiamo letto e pubblicato il contenuto del secondo sollecito. Altro che 7 giorni! E’ trascorso più di un anno dal momento della diffida e dell’annuncio di rivalsa prima che il Villaggio fosse in grado di diventare autonomo nella produzione e nell’utilizzo dell’energia elettrica.

Prima abbiamo fatto riferimento all’implicazione penale relativa all’atto di utilizzare abusivamente l’energia elettrica, ora, ancora più solidamente, poniamo un problema di danno erariale. A nostro avviso, in questo atteggiamento dilatorio, che si inchioda da solo proprio attraverso la profusione di lettere e atti amministrativi, che poi non trovano riscontro nel comportamento reale del comune, esistono gli elementi per un intervento serio e oculato da parte della Corte dei conti nei confronti del comune di Maddaloni.

LA NUOVA POLITICA DI ROSA DE LUCIA – Tra Rosa De Lucia e don Miguel Cavallè esiste una stima reciproca e una visione, per molti aspetti sostanziali e sostanziosi, comune del mondo. Ad esempio, entrambi sono cultori dei social-network. Insomma, tra la De Lucia e don Cavallè esistono evidenti affinità, anche perché il rapporto è tenuto vivo dalla presenza di Michele Cerreto, vicesindaco, senza essere stato eletto e per voler di Zinzi, e contemporaneamente capo ufficio delle veline ( chiamarla comunicazione è eccessivo. Michele Cerreto sta alla comunicazione come Casertace sta alla marchetta), all’interno del Villaggio.

Appena eletta la De Lucia impugna in una mano le forbici e in un’altra la cesoia e si trasforma nella nuova pulzella della spending review. Nel trita spese finisce anche il fitto passivo del Villaggio dei ragazzi.

In pratica la scuola elementare e la scuola media pubblica del Villaggio vengono smembrate e trasferite in altri immobili di proprietà del comune. Poco male. Buona idea per risparmiare. Però c’è sempre quel debituccio da 1 milione di euro e più, e poi c’è anche quel credituccio relativo all’utilizzo “improprio” dell’energia elettrica che l’ufficio tecnico del comune quantifica in una cifra superiore a quella del debito relativo ai canoni non pagati dal comune per gli immobili scolastici.

Della storia, dall’estate in poi, non si è saputo più nulla. Un’altra ombra, dunque, su cui noi, ovviamente, lavoreremo negli articoli, diciamo così, ordinari, del nostro giornale.

Va detto, per ragioni di completezza cronistica, che il comune di Maddaloni, non è un’istituzione esterna, estranea, al Villaggio, come, con una certa leggerezza sostiene il sindaco Rosa De Lucia, ma è parte integrante, formale e sostanziale della gestione, in considerazione del fatto che, per statuto, esprime un componente nel Consiglio di amministrazione.

E poi, vi spiegheremo, perché questa cosa non è affatto irrilevante.

Appuntamento alla nona puntata.

Gianluigi Guarino

8 novembre 2013, 13:40;
 
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L’INCHIESTA NONA PUNTATA – Ma a MADDALONI lo sapevate che la fondazione Villaggio dei ragazzi può essere liquidata? L’originale risparmio dei Legionari di Cristo

Nella foto Cavallè, Matrisciano, Elizalde e Cuesta

Come sempre documenti alla mano sveliamo aspetti della gestione della storica istituzione maddalonese conosciute da pochissime persone. Delle 5 auto rimaste nelle dotazioni dell’ente, ben 3 sono nella piena disponibilità di don Cavallè e di altri 2 sacerdoti. E i prezzi della mensa sono aumentati del 670%

MADDALONI – Si tratta di un caso tipico di sdoppiamento della personalità: da un lato la sindaca Rosa De Lucia afferma, testualmente, che il comune non può occuparsi delle vicende interne al Villaggio, perché il Villaggio è una cosa e il comune di Maddaloni è un’altra cosa; dall’altro, nomina o medita di nominare Domenico Cortese, ci dicono responsabile della comunicazione nel comune di Maddaloni, nel Consiglio di amministrazione del Villaggio.

La De Lucia ha smentito le voci su Cortese, ma non può certo smentire che, seppur in senso lato, il comune di Maddaloni è una sorta di azionista del Villaggio, dato che statutariamente nomina un suo componente del Consiglio di amministrazione.

In poche parole, la De Lucia non sa che pesci pigliare. Vorrebbe, ma non può. Le piacerebbe forse utilizzare la visibilità che il Villaggio può dare a lei e all’amministrazione, ma è ben consapevole dei problemi enormi di cui la fondazione è investita, a partire da quello legato al contenzioso in nuce che si potrebbe sviluppare sulla vicenda della compensazione tra quello che il comune deve dare al Villaggio, a titolo di canone per gli immobili utilizzati per ospitare scuole pubbliche, e quello che il Villaggio deve dare al comune per quella vicenduccia irrilevante legata al fatto che, per anni e anni, le strutture della fondazione si sono “attaccate” alla pubblica illuminazione e per l’altra faccenda, di cui non abbiamo parlato nella puntata precedente, dell’acqua ugualmente non pagata per anni.

Ecco perché la De Lucia, quando si tratta del Villaggio si trasforma in una sorta di Amleto che interroga un teschio, ma in questo caso non vi diciamo di quale “buffone di corte”.

IL MEMORABILE CDA DEL 21 GIUGNO – Con tutto il rispetto per la congregazione per i Legionari di Cristo, se permettete, anche per una sorta di umana umanità onomastica, i gesuiti sono tutta un’altra cosa. Sarebbe stato, dunque, opportuno che non fosse stata scelta la data del 21 giugno, solstizio d’estate, ma soprattutto giorno di uno dei santi gesuiti più importanti, e cioè il Gonzaga. Perché i gesuiti erano e sono, basta vedere quello che dice e fa Papa Francesco, persone di grandissimo vigore morale e materiale.

I gesuiti non avrebbero redatto un verbale un po’ raffazzonato, corredato da 1 sola firma del segretario del Cda, e cioè quella di Pietro Matrisciano, per assumere e per far dispiegare gli effetti di 5 decisioni, importantissime, contenute in 5 delibere, affisse all’albo pretorio del Villaggio 6 giorni dopo, con 5 firme sempre del solo Matrisciano.

Da queste delibere, almeno per quello che riguarda la loro prima versione (da noi mostrata nei link in calce), si vedeva che sono 4 su 5 i consiglieri di amministrazione presenti. L’assente è padre Paolo Scarafoni, indagato di recente dalla Procura di Bari e, per questo, “dimissionato” dalla carica di rettore della Università Europea di Roma, parimente gestita dai Legionari di Cristo.

Ma il mistero non è questo: dopo aver impiegato 6 giorni per l’affissione in bacheca, dopo ulteriori 3 o 4 giorni, sugli stessi verbali viene apposto un tratto di penna sul nome di padre Paolo Cerquitella, anche lui Legionario di Cristo, con tanto di indicazione postuma di una sua assenza susseguente alla registrazione della propria presenza.

Per ricordarsi che il buon Cerquitella era assente e non presente, Matrisciano dovette riflettere a lungo, precisamente più o meno 10 giorni.

Un contenuto su cui c’è poco da scherzare, su cui c’è poco da gigioneggiare su firme, su presenze che prima ci sono e poi non ci sono. Si tratta, infatti, del famoso Consiglio di amministrazione che sancisce la chiusura della scuola dell’infanzia, o materna che dir si voglia, con contestuale licenziamento delle 9 maestre, costrette, poi, a riciclarsi come donne delle pulizie, cameriere ed aiuto cuoca. Stiamo parlando, giusto per la precisione della delibera n° 4 del 2013.

Il secondo atto deliberativo rilevante è contrassegnato con il numero 2/2013, ed è quello attraverso cui viene dato il via libera alla trasformazione da Ipab ad Asp che detta così sembra di leggere un fumetto.

In realtà è una robina molto importante, dato che la fondazione chiede alla Regione Campania di abbandonare lo status di istituto pubblico di assistenza e beneficenza per abbracciare quello di azienda per i servizi alla persona.

L’obbiettivo da un lato è ambizioso e dall’altro esprime un segnale sinistro. La trasformazione in Asp, infatti, significa che la fondazione diventerebbe un ente pubblico a tutti gli effetti, con la possibilità offerta ai suoi dipendenti, di trasferirsi in altri enti della pubblica amministrazione. Essere Asp vuol dire anche poter saltare su altre forme di finanziamento pubblico, visto che l’accesso ai vecchi canali, con la Regione in perenne bolletta, sta diventando sempre più problematico.

Quindi, qualora la fondazione dovesse andare a gambe all’aria i dipendenti sarebbero salvi, e questo fa capire che all’interno della stanza dei bottoni del Villaggio, l’idea che la montagna di debiti possa rendere in prospettiva impossibile la gestione non è considerata del tutto fantascientifica.

Ovviamente l’ambizione è una cosa, la realtà è un’altra. La Regione Campania, infatti, non si è ancora pronunciata sull’istanza presentata a fine giugno per effetto della delibera 2.

L’ESPEDIENTE – Va sottolineato che il riconoscimento dello status di azienda per i servizi alla persona esclude categoricamente le scuole confessionali, religiose. Dunque, esclude anche le scuole cattoliche. Sempre in quel fatidico 21 giugno viene approvato anche il nuovo statuto proposto alla Regione come strumento normativo della futura formazione targata Asp.

In questo statuto scompaiono tutti gli storici riferimenti alla natura religiosa del Villaggio dei ragazzi. Non si tratta di bazzecole, ma, in pratica, della negazione di se stessi, dell’identità fondativa, del tessuto connettivo della creatura di don Salvatore D’Angelo che, non a caso, continua ad essere gestita da religiosi.

Il fatto che gli studenti continuino a celebrare il primo venerdì del mese, come capita nella stragrande maggioranza degli istituti scolastici cattolici che possiedono un cappellano, il fatto che a turnazione gli studenti facciano un ritiro spirituale mensile, in cui si parla di Dio, di dottrina, di fede, speranza e carità e non della borsa di Milano, diventa una espressione sgradevole di una gestione che non indugia nel ricorrere ad espedienti che, in tutta onestà, sono disonorevoli da un punto di vista istituzionale in funzione della storia e, ripetiamo, della precisa identità del Villaggio

FONDAZIONE “REA CONFESSA”: SIAMO SOTTERRATI DAI DEBITI – Rimaniamo sempre alla fatidica giornata del 21 giugno e alla terza delibera, precisamente la n° 6/2013 che, in pratica, è una dichiarazione un po’ disperata e un po’ di più disperante, per chi è legato alla storia del Villaggio dei ragazzi.

Si tratta dell’adesione alla procedura “composizione della crisi da sovraindebitamento”.

La legge 3 del 2012 prevede espressamente che questa procedura possa essere attuata da enti che non sono assoggettabili alle procedure concorsuali, e la fondazione, almeno in teoria, non può dichiarare fallimento a eventuale conclusione di una procedura concorsuale.

Vediamo se qualcuno dal Villaggio, sempre pronto ad accusarci di attacchi strumentali e di altre stupidaggini del genere, contesterà questa nostra affermazione.

Quella delibera, secondo noi, è il riconoscimento di una situazione di prefallimento da parte di un ente che non può fare fallimento per legge .

Recita la delibera: “La fondazione, a detta del Presidente, trovandosi in stato di sovraindebitamento, può, quindi, proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi, un accordo[...] Tale proposta di accordo o di piano prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri. Il piano può anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori”

Se non è un pre-fallimento ci assomiglia molto e si tratta di un paracadute rispetto a una condizione economica tanto drammatica da far mettere nero su bianco l’ipotesi della liquidazione del soggetto giuridico. Questa procedura, sempre secondo la delibera citata, si innescherebbe attraverso la sospensione del consiglio di amministrazione e il conferimento di “ogni potere al presidente in ordine all’adesione alla procedura”

Lo sapevate questo maddalonesi? La citazione di atti di tenore pubblico, non i pettegolezzi, non le indiscrezioni, prefigurano, per il momento, solo in uno stadio di ipotesi, la liquidazione della fondazione Villaggio dei ragazzi. Ecco perché il testo di questa delibera, insieme al testo della altre due citate lo pubblichiamo integralmente come link in calce a questa puntata della nostra inchiesta.

L’ORIGINALE SPENDING REVIEW DI DON CAVALLE’ – Quante auto ha in dotazione il Villaggio dei ragazzi? Cinque. Ne ha cinque. Un numero non esorbitante tenendo conto che devono servire alle necessità di circa 1200 studenti e di circa 300 dipendenti. Si è portati, allora, a pensare, che questo numero limitato di auto, venga utilizzato per operazioni strettissimamente legate ai servizi nell’immediato riconducibili alle necessità del personale e degli studenti. Tanto più che per tirare la cinghia e per neutralizzare le legittime rimostranze e rivendicazioni di un creditore, precisamente Ardolino di Maddaloni, a questo furono venduti, a prezzo concorrenziale, due pullman più grandi e un Fiat Ducato da 9 posti.

Cinghia stretta, ma non per i legionari. Delle 5 auto sopravvissute, infatti, 3 sono nella disponibilità esclusiva di don Cavallè, che guida una Opel Zafira, del dimissionato ex direttore generale padre Francisco, coordinatore non di attività del Villaggio, ma di quelle di Regnum Christi in Campania (come scritto più volte, in questa nostra lunga inchiesta, braccio secolare dei legionari di Cristo) anche lui viaggiante in Opel Zafira. La terza auto, in questo caso una Peugeot, la utilizza padre Bonifacio, cappellano delle scuole. E alle necessità dei 1200 studenti e dei 300 dipendenti cosa rimane? Una vecchia, ormai usurata e non più trendy, Opel Zafira di padre Miuel e una piccola 600.

MANGIARE COSTA CARO, MA NON PER I LEGIONARI – Fino a un anno fa il ticket mensa era fissato a 60 centesimi di euro per i dipendenti e a 1 euro per gli studenti non assistiti. La crisi economica della fondazione indusse padre Miguel, Matrisciano e padre Francisco a stabilire un ritocchino di circa il 670%.

Si passò in un solo colpo da 60 centesimi a 4 euro, unificando l’importo del ticket per i dipendenti e per gli studenti. Inutile dire che l’operazione non si è tradotta in un successo economico, in un aumento esponenziale del gettito legato all’utilizzo della mensa. Si è assistito, infatti, a un fuggi fuggi generale, a una vera e propria ritirata poco strategica al punto che qualcuno ha iniziato a ipotizzare che un aumento di queste dimensioni non fosse tanto finalizzato a fare entrare più soldi nelle casse della fondazione, ma a chiudere la mensa, la quale, evidentemente, aveva costi addirittura esorbitanti rispetto anche a una super copertura come quella dei 4 euro.

Basta dire che il giovedì e il venerdì tutti i dipendenti, prenotandosi per tempo, potevano, e possono, mangiare al ristorante dell’istituto alberghiero con gli stessi 4 euro, ma, in questo caso, a differenza di quello che capitava alla mensa, molto più dozzinale e parca, con tanto di pranzo completo, serviti dagli studenti-camerieri.

Ora la mensa interna è diventata un fatto esclusivo per i convittori, circa un’ottantina, e per i legionari, ai quali i pasti sono serviti nella cosiddetta “saletta vip”.

Nei mesi estivi, sempre in esclusiva per i legionari, visto che i ragazzi non ci sono, la mensa è a disposizione, così come la lavanderia, nonostante i sacerdoti della congregazione fondata da don Maciel, vivano all’interno del Villaggio, e ovviamente a spese del Villaggio, in un appartamento fornito di cucina, lavastoviglie e frigo all’americana.

Se questa è una spending review?

Si chiude qui la nona puntata. Per il gran finale della decima vi promettiamo sin da ora una sorpresa clamorose e un video veramente sensazionale.

Gianluigi Guarino

I
12 novembre 2013, 18:31;

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Violenze e pedofilia. Tutti rinviati a giudizio i 10 indagati del Villaggio

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L’INCHIESTA DECIMA ED ULTIMA PUNTATA – La pedofilia, lo spettro di Marcial Maciel lambisce il Villaggio dei ragazzi. Le carte giudiziarie, gli interrogatori e un video d’appendice

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Nella foto, padre Miguel Cavallè nelle sue riflessioni all’interno degli appartamenti di clausura del Villaggio dei ragazzi

Si chiude oggi questo lungo percorso di approfondimento sulle vicende interne della fondazione di don Salvatore D’Angelo. Ma se l’inchiesta termina, non si arresterà certo la nostra attività di controllo giornalistico sulle attività di questa che un tempo fu una grande istituzione educativa

MADDALONI - I Legionari di Cristo non riescono ancora a scrollarsi di dosso l’ipoteca del sospetto, quella particolare esposizione a diventare oggetto di voci, di illazioni, ma purtroppo anche di vere e proprie inchieste giudiziarie che riguardano l’angoscioso problema della pedofilia.

Purtroppo per loro, i legionari pagano un dazio ancora più grande, rispetto a quello che altri ordini, altre congregazioni, altri sacerdoti sono costretti a sopportare per quella che è diventata una vera e propria piaga dolorosissima della chiesa cattolica, una piaga, quella della pedofilia, che ha imbarazzato, ma ha anche determinato gravi difficoltà agli ultimi pontefici.

Sui legionari il riflesso è doppio perché su di loro incide quella sorta di marchio di infamia, quella sorta di damnatio memoriae che ha colpito il loro fondatore Marcial Maciel. Ecco perchè all’interno di questa ricca congregazione il tema rappresenta ancora oggi un nervo scoperto che induce i maggiorenti a essere o almeno ad apparire inflessibili anche su casi presunti di pedofilia, non ancora acclarati.

IL COMUNICATO DELL’ANNO SCORSO - I casi di pedofilia esistono. E questo è dimostrato dal fatto che sono gli stessi legionari a metterlo nero su bianco. Nella tarda primavera dell’anno scorso un comunicato della legione così tratta il caso di 7 loro confratelli accusati di questo grave reato. “Tra le denunce ricevute dai superiori maggiori, – così è scritto testualmente nel comunicato -da quando la responsabilità dei casi di abuso di minorenni da parte di chierici è stata assunta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, sette sono risultate verosimili dopo l’indagine interna e la Legione le ha rimesse alla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede. (…) Durante l’indagine delle autorità civili - scrivono ancora i legionari -, (se è necessario) o durante l’indagine canonica previa e mentre si studia il caso nella CDF, i direttori territoriali o il direttore generale hanno applicato misure cautelari restringendo il ministero sacerdotale dell’accusato perché la protezione dei bambini e delle comunità è prioritaria per la congregazione, senza per questo anticipare una decisione sulla sua colpevolezza”.

Questo comunicato dimostra o quantomeno dà l’idea che l’argomento sia in cima ai pensieri e alle attività di vigilanza svolte, internamente, dalla congregazione dei legionari di Cristo. Se è così, non è così per gli eventi variegati, complessi e inquietanti, che si sarebbero consumati all’interno delle mura del Villaggio dei Ragazzi di Maddaloni.

L’INCHIESTA GIUDIZIARIA – Nel 2009, la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere apre un fascicolo su alcuni fatti denunciati, riguardanti le azioni di alcuni educatori. L’indagine, durante la quale viene anche verificata la possibilità che si siano consumati eventuali casi di pedofilia, si chiude con una richiesta di rinvio a giudizio a carico di 10 educatori, per l’amministratore dell’epoca, Nunzio Cappuccio e per una docente della scuola Statale che operava sempre all’interno del Villaggio.

A 9 indagati vengono contestati i reati di maltrattamento e di lesioni personali, aggravate su minori. Alla docente viene addirittura contestato il reato di violenza sessuale. Per quanto riguarda l’amministratore Cappuccio il reato ipotizzato è quello di violenza privata, per una presunta minaccia, formulata ai danni di una mamma allo scopo di intimidirla in modo che non fosse presentata una denuncia per un caso di, ovviamente, sempre presunti maltrattamenti.

Questo gruppo di indagati successivamente è stato rinviato a giudizio in blocco
, dopo che 4 di loro hanno subito anche una restrizione preventiva della libertà personale, in quanto ridotti, per qualche mese, agli arresti domiciliari.

Ma l’inchiesta, come scritto prima, è stata ampia e larga. In più di un’occasione (e se qualcuno ci chiederà di dimostrarlo in ogni eventuale sede, quello che asseriamo, lo faremo inflessibilmente), durante le indagini alcuni dipendenti del Villaggio sono stati ascoltati dalla Questura di Caserta per riferire sull’eventuale conoscenza dei fatti relativi ai rapporti impropri tra padre Miguel e alcuni ragazzi.

Qualche anno prima erano stati i carabinieri di Maddaloni, sulla scorta di un paio di lettere anonime, a porre le stesse domande ad alcuni ragazzi. Questa attività di indagine non portò a nessun addebito e, dunque, si concluse col pieno riconoscimento dell’integrità di Padre Miguel su un terreno che aveva, al contrario, rovinato in vita la reputazione e in morte la memoria del suo maestro Marcial Maciel.

Probabilmente, però, quella ipoteca, collegata proprio ai clamorosi crimini di cui era stato accusato il fondatore, continuava a produrre un riflesso sulle vicende della vita di don Cavallé. Ed ecco perchè forse, nel periodo di Pasqua 2010 l’avvocato Michele Santonastaso, che al tempo assisteva padre Miguel, prima di entrare in carcere con l’accusa di essere in pratica un camorrista, chiamò alcune persone legate al Villaggio, perchè fornissero informazioni ed ausilio alle sue indagini difensive. Le domande, in linea di massima, sempre le stesse. “Hai mai visto padre Miguel appartarsi con qualche ragazzo, ecc, ecc?”.

Non si è mai saputo se questa indagine dell’avvocato Santonastaso fosse finalizzata a dare corpo ad un fascicolo difensivo nell’ambito di un’inchiesta della magistratura civile o se il fascicolo servisse all’interno di un procedimento canonico da parte della Congregazione della Dottrina della Fede.

L’OUTING DI UN GIOVANE legionario dei Legionari – Il nome non lo facciamo per ovvi motivi. Questa è una storia apparentemente decontestualizzata dal filo logico del racconto di quest’ultima puntata. Nel Villaggio c’è stato un ragazzo di Maddaloni che negli anni ha assunto un rango e un peso dentro all’esplicazione delle attività istituzionali di Regnum Christi, braccio secolare dei Legionari di Cristo. Padre Miguel aveva una grande stima nei confronti di questo valente giovane, al punto da avergli affidato la formazione di decine e decine di ragazzini.

Un formatore che assisteva gli ospiti imberbi del club giovanile del Regnum Cristi e che aveva anche libero accesso alle stanze private dei padri, con i quali pranzava abitualmente nella cosiddetta saletta vip della mensa. Il ragazzo ha cominciato a svolgere questa sua attività mentre frequentava la scuola superiore da convittore, all’interno del Villaggio, in cui era entrato in fasce, ad un anno e mezzo di età.

Subito dopo il diploma, invece di andare via come capita con tutti i convittori, il giovane maddalonese, insieme ad una altro suo coetaneo, rimane ad operare nel Villaggio, a dormire nel Villaggio, inquadrato come collaboratore volontario nell’attività di Regnum Cristi coordinata da Padre Miguel.

Ai due viene attribuita anche una borsa di studio. Passa un anno, i risultati universitari sono tutt’altro che lusinghieri, ma il giovane in questione ancora una volta non va per la sua strada, ma inizia a lavorare fuori dal Villaggio, pur continuando a vivere all’interno di esso, che, non l’abbiamo fatto mai in questa puntata, ma è sempre giusto ricordarlo, è un ente che vive grazie a finanziamenti pubblici.

Improvvisamente, il giovane parte. Manco a dirlo, destinazione Messico, cioè verso la patria di Maciel e verso il luogo che ancora oggi rappresenta il centro direzionale delle attività dei Legionari di Cristo.

In pochi capiscono il motivo di questa decisione drastica. Qualche tempo dopo, sul suo profilo facebook (sfidiamo, se volete smentire fate con comodo, sempre là dove c’è scritto la legge è uguale per tutti, vi aspettiamo), il ragazzo, ora cresciuto, fa outing e dichiara orgogliosamente di essere gay e di voler vivere, aggiungiamo noi, come è giusto che sia, con la sua sessualità.

L’APPENDICE DI DOMANI - Come ogni buon libro che si rispetti, anche questa lunga inchiesta giornalistica, che potrebbe diventare presto un libro, ha una sua appendice. Uno, forse 2, forse 3 video, in cui si vede quale fosse l’attività di padre Miguel, dei Legionari di Cristo, nelle ore serali o notturne, all’interno dei loro appartamenti. Mo’ uno può dire, cavoli loro. Come ti permetti di sbirciare dal buco della serratura. Cavoli loro fino ad un certo punto. La congregazione dei Legionari di Cristo come molte altre congregazioni e forse più di altre congregazioni si fonda su norme molto restrittive e rigide, soprattutto per quel che concerne l’attività di raccoglimento, di riflessione e di preghiera che deve imporre ai confratelli un atteggiamento che rasenta quello dei frati di clausura.

Queste regole, giusto per farvi un esempio, imporrebbero ai legionari la visione di un film e di un evento sportivo al mese. Difficile conciliare queste regole con un abbonamento full di Sky come quello di cui padre Miguel usufruisce. Difficile conciliare la regola che impone ai legionari di andare a dormire alle 10 di sera subito dopo le preghiere con quello che vedrete nel video e nelle foto durante la giornata di domani.

Il tutto sarà completato da un bellissimo intervento, scritto dall’ex sindaco di Maddaloni, Franco D’Angelo a commento della nona puntata di questa inchiesta.

Franco D’Angelo, ex sindaco di Maddaloni e nipote di don Salvatore D’Angelo, fondatore del Villaggio dei Ragazzi.

Gianluigi Guarino
 
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view post Posted on 23/11/2013, 15:56
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ESCLUSIVA – Poker, fiches e anche fumate di narghilé. ECCO IL VIDEO DELLE SERATE DI Don Cavallé e dei legionari nel Villaggio dei Ragazzi di MADDALONI

Istruzioni per l’uso: travisate le facce dei privati cittadini, massima trasparenza sull’utilizzo di stanze di proprietà della Fondazione, finanziata con danaro pubblico

MADDALONI – Se la scena breve di questo video si fosse svolta in un’abitazione privata, per esempio nella casa barcellonese di don Miguel Cavallé, mai ci saremmo permessi di pubblicarla, dato che, pur trattandosi di un personaggio noto, che si relaziona all’utilizzo del danaro pubblico, quello che il personaggio stesso fa nella sua casa privata sarebbe stato assolutamente inviolabile.

Ma siccome questa scena si è consumata in una stanza, in un appartamento di proprietà della Fondazione Villaggio dei Ragazzi, partecipata da enti di diritto pubblico e, soprattutto, finanziata lautamente con i soldi dei cittadini, ci permettiamo senza remore di farvi vedere come questi ambienti venivano utilizzati dai loro ospiti pro – tempore, capito bene? Pro – tempore. In poche parole, quello che fa il Presidente della Fondazione Villaggio dei Ragazzi, si chiami esso Don Cavallé, Carlo Magno, Genoveffa o Pinco Pal, è giusto che diventi oggetto di sindacato ispettivo. E siccome i Legionari di Cristo gli ispettori non li mandano, siccome il comune di Maddaloni dorme sonni profondi, siccome la regione Campania che scuce due o tre milioni di euro all’anno non sembra fregarsene un tubo, nonostante le dieci puntate della nostra inchiesta, corredato da documenti inoppugnabili, al limite del definitivo, allora ci deve pensare CasertaCe.

Chiaramente, abbiamo travisato le facce dei personaggi non appartenenti al novero dei dirigenti della Fondazione, dato che la presenza di questi estranei non è significativa in funzione di quello che vogliamo dire e comunicare pubblicando questo video. Carte da gioco, fiches, e anche qualche goliardica narghilé (stiamo parlando della tipica pipa turca) in un luogo che la regola dei Legionari di Cristo pretende che sia dedicato alla riflessione, alla preghiera e al riposo. Magari è capitato solo una volta, e dunque non si tratta di “more solito”. Ma il documento audio – visivo c’è ed esiste come testimonianza dell’utilizzo di un territorio, in cui si esplica un’attività finanziata dalla res publica. Dunque, è cosa buona e giusta pubblicare questo video.

Gianluigi Guarino
22 novembre 2013, 18:40

Villaggio-dei-Ragazzi1

www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=PYp83YZ0kMY
 
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MADDALONI – VILLAGGIO DEI RAGAZZI, che dispetto don Cavallè al cardinale Sepe: il nipote del prelato dall’economato retrocesso a telefonista di reception

Nella foto Sepe e Cavallè

C’è chi scende e c’è chi sale. Il nipote del nunzio apostolico, monsignor Russo, assunto come psicologo. Niente più contratto per un padre di 4 figli, che rimane disoccupato

MADDALONI – Prima di partire per il suo lungo viaggio in Messico, don Cavallè ha effettuato qualche spostamento e qualche assunzione interessanti.

Ben inteso, se i Legionari di Cristo pagassero i dipendenti della fondazione con soldi loro o con introiti che la stessa fondazione è in grado di autoprodurre, allora saremmo di fronte a una non notizia, almeno per quanto ci riguarda e per quanto riguarda il nostro modello giornalistico tutt’altro che gossipparo. Ma siccome, come abbiamo scritto cento volte, ma, evidentemente, occorre ribadirlo sempre, questi nuovi assunti, questi dipendenti non rinnovati o trasferiti da una mansione all’altra, sono pagati con i soldi nostri, cioè di tutti i cittadini, allora è cosa buona e giusta occuparsene.

Si chiama Francesco Barretta e scritta così la notizia vale meno di zero. Ma siccome Francesco Barretta non è uno qualsiasi, ma è un aversano o un agroaversano, nipote del cardinale Crescenzio Sepe, allora quello che gli accade ultimamente da dipendente della fondazione non è certo irrilevante.

Quando Crescenzio Sepe era uno che contava non poco nelle gerarchie vaticane, sia quando operava a Roma, ma anche a Napoli, sotto Papa Ratzinger, Francesco Barretta era trattato con i guanti bianchi; da quando Sepe è in declino nella valutazione di un Papa differente rispetto a quelli precedenti, allora, quasi specularmente, anche Barretta ha cominciato a perdere colpi. Oggi non lavora più nell’economato, ma risponde al telefono alla reception. Ed è spesso impegnato anche nei punti notturni. Insomma, è come se Cavallè avesse fiutato l’aria, visto che si parla, ultimamente, addirittura, anche di un trasferimento di Sepe dall’arcidiocesi di Napoli.

Siccome il clero, come la politica e come altre molte categorie professionali, è sottoposto alle diverse alee, accade che per un prelato “down”, ce ne sia un altro “up”: monsignor Russo è nunzio apostolico in un paese africano, al contrario di Sepe è un casertano molto considerato di questi tempi. Per pura coincidenza, ultimamente, suo nipote (d’altronde con i preti sono i nipoti quelli che fruiscono dell’influenza degli zii) è stato assunto con un ruolo importante: quello di psicologo.

Potremmo terminare questa breve trattazione degli ultimi avvenimenti interni al Villaggio dei ragazzi, rimandandovi ad un altro momento di narrazione già fissato per i prossimi giorni. Ma un’ultima notiziola la dobbiamo dare: al signor A.S. non è stato rinnovato il contratto, a tempo determinato, nell’area mensa. A.S., maddalonese, ha 4 figli e una moglie con qualche difficoltà. Il suo posto è stato preso dalla signora C., cioè da una delle famose insegnanti di scuola materna prima licenziate e poi riciclate come bidelle o cameriere.

Come si suol dire: una vera e propria guerra tra poveri.

G.G.
26 novembre 2013, 19:18;
 
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ESCLUSIVA MADDALONI – SOS AL VILLAGGIO DEI RAGAZZI: la Regione Campania, per il 2014-15 non ha stanziato nemmeno un euro. Si rischia il default



In calce al nostro articolo i link della delibera della giunta regionale e del Burc





MADDALONI - Si fanno sempre più problematiche le prospettive della Fondazione “Villaggio dei ragazzi”. In tempo di vacche magre, di sempre incombente spending review, la Regione Campania, non prevede, per il momento, alcun finanziamento relativo all’esercizio 2014-2015.

Questo si può evincere chiaramente dalla consultazione del Burc, che pubblichiamo nel link in calce. Zero euro per le fondazioni ed altre istituzioni simili.

Dunque, milioni di euro, giunto quest’anno dalla Regione e assommato ai due milioni di residui non versati negli esercizi di euro, rischiano di diventare una sorta di canto del cigno dell’impegno istituzionale dell’ente di via Santa Lucia a favore della storica fondazione di don Salvatore D’Angelo.

Coincidenza paradossale vuole che i due milioni dei residui degli scorsi esercizi siano, manco a dirlo, erogati a favore degli “Interventi per l’infanzia e i minori e per asili nido”.

Una vera e propria beffa, visto che, proprio all’inizio di quest’anno scolastico, don Miguel Cavallè, queste strutture per l’infanzia le ha chiuse, licenziando le maestre, poi riassunte come cameriere e donne delle pulizie.



CLICCA QUI PER LEGGERE LA DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE

CLICCA QUI PER VISIONARE IL BURC
28 novembre 2013, 20:44;
 
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