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Gli affari del clan di don Verzé. Truffa da 28 mln di €. Indagato il medico di Berlusconi, Spalleggiato a destra e a sinistra, da Berlusconi a Vendola a Formigoni

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GalileoGalilei
view post Posted on 7/3/2011, 09:08 by: GalileoGalilei
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Don Verzè sommerso dai debiti

di Luca Piana

Un documento rivela che il San Raffaele deve a banche e fornitori 800 milioni di euro. Se non ci fosse l'amico Berlusconi, probabilmente sarebbe già fallito. Invece il prete che sta ai vertici dell'ospedale continua allegramente a spendere
(07 marzo 2011)
L'ambulatorio nelle favelas? In Brasile, a Salvador de Bahia. Il resort quattro stelle con piscina d'acqua di mare? Si trova a Porto San Paolo, in Sardegna. I laboratori scientifici? Beh, li conoscono tutti: stanno a Milano, l'ultima notizia è che hanno svelato uno dei misteri di un brutto male, il tumore al pancreas. Il jet personale? Sì, c'è anche quello: è un Challenger immatricolato in Nuova Zelanda che però viene utilizzato soprattutto qui, nei cieli di casa. L'università privata? Non manca davvero: è di nuovo a Milano, vi si è laureata perfino Barbara Berlusconi.

È difficile dire quale sfizio non si sia tolto nella sua lunga vita don Luigi Verzé, conosciuto ai più come fondatore dell'Ospedale San Raffaele, nella primissima cintura milanese, un colosso dove lavorano 700 medici e 1.300 infermieri. Giunto a 91 anni, il compleanno è il prossimo 14 marzo, l'infaticabile sacerdote è in realtà il creatore di un impero che, al di là di nuove strutture sanitarie come l'ospedale di Cefalù o la Cittadella della Salute di Taranto, spazia fino agli alberghi chic e alle piantagioni di frutta esotica nel Nord-est brasiliano. Fino a qualche tempo fa, era lui stesso a bacchettare gli scettici che guardavano con occhio critico le inaugurazioni a raffica. "Non chiedetemi dove trovo i soldi: noi sappiamo come incastrare la Provvidenza", disse in una memorabile giornata di primavera del 2005, dedicata a posare la prima pietra in quattro diversi cantieri, alla presenza del premier Silvio Berlusconi, un caro amico.

A qualche anno di distanza, tuttavia, la crescita senza confini del gruppo San Raffaele e i debiti accumulati qualche problema gestionale e finanziario lo starebbero creando. Certezze è difficile averne: i conti della Fondazione Monte Tabor, fulcro dell'opera religiosa fondata da don Verzé, sono da sempre coperti dal massimo riserbo. A suggerire l'idea che il momento non sia d'oro è però una precisa serie di indizi: alcuni cambiamenti che si sono verificati al vertice della Fondazione, con il recente ingresso nel consiglio d'amministrazione di un banchiere di lungo corso, Carlo Salvatori, estraneo alla cerchia dei fedelissimi che da sempre circonda don Verzé; il fatto che diversi fornitori lamentino ritardi nei pagamenti; e, infine, un'inedita radiografia dei crediti vantati dal sistema bancario nei confronti delgruppo, che mostra un livello di indebitamento nell'ordine degli 800 milioni di euro. Un tris di fatti che avvalora quella che, per ora, resta un'indiscrezione: il mandato verbale che alcuni banchieri, e in particolare Gaetano Miccichè di Intesa Sanpaolo, avrebbero avuto di studiare soluzioni.

Partiamo dai conti. Alcuni fornitori hanno raccontato a "l'Espresso" che negli ultimi anni i pagamenti dell'istituto si sono fatti più lenti. Sorprendentemente, in un sistema come quello italiano dove gli ospedali pubblici regolano le loro fatture in tempi biblici (in Calabria si arriva a 877 giorni), a Milano è il San Raffaele a far soffrire di più. In Lombardia, infatti, gli ospedali pubblici pagano a 113 giorni, mentre don Verzè, dicono alcuni fornitori che preferiscono non essere citati, può farti aspettare anche cinque volte tanto.
Una scelta amministrativa dettata dalla posizione di forza di una struttura d'eccellenza? Un problema di liquidità? Difficile dirlo. Quel che pare certo è che la colpa non sia della Regione Lombardia, di gran lunga il maggior "cliente" del San Raffaele, con contributi - stando a fonti sanitarie - di circa 340 milioni l'anno. La Lombardia, infatti, ha da tempo equiparato il trattamento degli ospedali pubblici con quelli convenzionati. E si fa un vanto di versare in modo tempestivo i contributi previsti per esami diagnostici, visite, ricoveri e interventi, garantendo agli ospedali un flusso di cassa regolare.

Un altro dato rilevante emerge da un documento che circola a livello bancario, e che "l'Espresso" ha potuto vedere. Raccoglie il livello di esposizione nel dicembre 2010 dei diversi istituti nei confronti della Fondazione Monte Tabor. Si tratta di voci molto diverse fra loro: ci sono, ad esempio, circa 67 milioni di crediti vantati dal San Raffaele, che se li è fatti anticipare dalle banche, senza dover aspettare l'incasso delle relative fatture. Denari certissimi, agli occhi degli istituti di credito, che li potranno recuperare facilmente quando i pagamenti arriveranno.

Ma c'è anche un flusso inverso: fatture e pagamenti per 110 milioni che, al contrario, sono i fornitori del gruppo ospedaliero ad aver girato alle banche e alle società specializzate. Scaricando su queste ultime la responsabilità di farsi pagare dall'ospedale, quando avrà i quattrini per farlo.
La "mappa del rischio San Raffaele", come si può definire, mostra poi finanziamenti per 180 milioni legati a operazioni di leasing, che vedono in primo piano banche quali Intesa Sanpaolo, Unicredit e Monte dei Paschi. Infine ci sono i prestiti: i fidi di conto corrente, utilizzati per 18 milioni, i prestiti più a lungo termine (170 milioni), nonché le operazioni sostenute da consorzi, il cui valore è calcolabile in 165 milioni, suddiviso tra Intesa, Mps e Unicredit, e poi Bnl, Cariparma, le Popolari di Milano e Sondrio.

Sommando queste voci si arriva a una cifra di circa 710 milioni. Se però si aggiungono i più modesti debiti disseminati nelle varie società partecipate, è lecito ipotizzare un'esposizone complessiva nell'ordine degli 800 milioni. Tanti? Certamente non pochi. Stando ai rari dati disponibili, a fine 2008 la Fondazione dichiarava una voce generica di debiti complessivi per 689 milioni, non differenziati fra prestiti bancari e altre forme. Un valore che, ora, sembrerebbe superato.

In mancanza di un bilancio ufficiale che aiuti a comprendere meglio la situazione del San Raffaele, il quale - interpellato - non ha voluto commentare questi numeri, ci si può limitare a un'osservazione un po' generica. E dire che gli investimenti effettuati si sono rivelati piuttosto onerosi. L'allargamento del gruppo, inoltre, semrerebbe non aver dato dal punto di vista finanziario i risultati sperati. Diverse società partecipate sono in rosso. Alcune avventure sembrano poi non denotare grande disciplina finanziaria.

Il primo esempio è quello dei 10,9 milioni utilizzati nel 2009 per far fronte alle perdite di una società controllata di Auckland, in Nuova Zelanda, che aveva acquistato il jet Challenger utilizzato per "i trasporti privati richiesti dalla Fondazione", recita il bilancio. Il secondo è proprio quello dell'albergo Don Diego, in Sardegna. La società del San Raffaele che l'aveva in carico (la Costa Dorata srl) ha girato la gestione a una società terza, nel cui capitale figurano una serie di privati, fra i quali due consiglieri della Fondazione Monte Tabor: il vice-presidente Mario Cal, erede designato da don Verzé alla guida del gruppo, e l'imprenditore Roberto Cusin. Finora, tuttavia, gli incassi del contratto di affitto non hanno permesso alla Costa Dorata, che solo di terreni, fabbricati e impianti ha speso 17,2 milioni, di chiudere in utile.

È forse per farsi aiutare nel processo di riordino che, un anno fa, don Verzè ha chiamato in consiglio il banchiere Salvatori. Gli scossoni, però, potrebbero non essere finiti. Qualche mese fa, infatti, è stato sollevato dalla direzione generale della Fondazione un manager molto considerato all'interno dell'ospedale, Renato Botti, 53 anni, che pure conserva incarichi in altre società partecipate. Alla guida è rimasto così solo Cal, 72 anni. Un piccolo segnale che, al San Raffaele, le prove di futuro sono già iniziate. E che i fedelissimi di don Verzé non sono disponibili a cedere posizioni di potere.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/do...ebiti/2145968/8
 
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